Distribuzione e fattori a rischio - dors.it · è maggiormente associato a rischi per la salute...

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obesità è considerata un epidemia globale che coinvolge principalmente i paesi più sviluppati. Da un rapporto del 2002 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità si legge che in molti Paesi europei più della metà della popolazione adulta si trova al di sopra della soglia di “sovrappeso” e circa il 20-30% degli individui adulti rientra nella categoria degli obesi. Gli indicatori dell'Obesità sono essenzialmente due: L'indice di massa corporea (ICM o BMI) che si calcola dividendo il peso in kg per l'altezza al quadrato espressa in metri e i valori della circonferenza della vita. Ad esempio una donna alta 1,73 m che pesa 72 kg, ha un BMI di 24,05. Una persona si definisce sovrappeso quando ha un BMI compreso tra 25 kg/m2 e 29,9 kg/m2 e obesa quando ha un BMI 30 kg/m2. La classificazione è basata primariamente sull'associazione tra BMI, morbilità e mortalità (minima quando è compreso tra 18,5 kg/m2 e 24,9 kg/m2; massima quando è maggiore di 40 kg/m2). L'altro fattore importante è il grasso addominale. Numerose ricerche hanno dimostrato che questo valore è maggiormente associato a rischi per la salute rispetto a quello concentrato in altre parti del corpo. Una circonferenza vita maggiore o uguale a 102 cm negli uomini e di 88 cm nelle donne si associa a rischi maggiori per quanto riguarda il diabete tipo 2, la dislipidemia, l'ipertensione e le malattie cardiovascolari. Oltre ai problemi di carattere medico dobbiamo considerare tutti gli aspetti di natura più psicologica legati alla differenza tra il proprio peso reale e quello ideale "estetico" richiesto continuamente dalla nostra società, dai media per essere OK. Cosa si può fare per migliorare la situazione medica e psicologica? Prima di tutto occorre imparare ad accettare il proprio peso "ragionevole". Numerose ricerche hanno dimostrato che un calo del peso del 10% è realistico e porta benefici alla salute, contrariamente a dimagrimenti eccessivi, e può essere mantenuto nel tempo. Un calo del 10% permette infatti di raggiungere il peso ragionevole, cioè quel peso che può essere ragionevolmente raggiunto e mantenuto e che permette buone condizioni di salute, fisiche, psicologiche e sociali. In ogni modo consigliamo di rivolgersi al proprio medico di famiglia o a uno specialista e di non improvvisarsi in diete "fai da te" che spesso provocano frustrazione, scarsi risultati e ulteriori danni fisici. Ricordiamo inoltre che l’obesità è una malattia, non è perciò semplice riuscire a guarire senza un supporto specialistico, non è quindi questione di volontà o determinazione come spesso purtroppo ancora sentiamo dire. Con queste poche righe speriamo di aver raggiunto alcuni obiettivi: Dare una breve descrizione – non esaustiva – dei sintomi dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità. Qualche cenno sui fattori che mettono a rischio la nostra popolazione, in particolare i giovani. Infine quali possono essere le conseguenze di questi patologici comportamenti alimentari, spesso sottovalutati dai famigliari ma anche dai medici di famiglia. Negli ultimi anni si è cercato di fare un lavoro capillare di prevenzione, in linea anche con le indicazioni del Ministero della Sanità. E’ infatti molto importante mettere a conoscenza sia i ragazzi che i genitori di questi rischi per la salute sia fisica che psichica. “Prevenire è meglio che curare” recitava uno spot di qualche anno fa. Se avete dei dubbi su questi disturbi e voi o qualche conoscente temete che possa aver cominciato ad applicare diete rigide o condotte di eliminazione (vomito, lassativi…) e siete preoccupati per lei/lui, la cosa migliore è rivolgersi ad uno specialista. Come sempre è molto più efficace e veloce l’intervento terapeutico se intrapreso all’esordio del disturbo, è quindi molto importante intervenire al più presto. E’ utile inoltre sottolineare che il colloquio con uno specialista può essere anche solo di valutazione /consulenza.

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obesità è considerata un epidemia globale che coinvolgeprincipalmente i paesi più sviluppati. Da un rapporto del

2002 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità si legge che inmolti Paesi europei più della metà della popolazione adulta sitrova al di sopra della soglia di “sovrappeso” e circa il 20-30%degli individui adulti rientra nella categoria degli obesi.Gli indicatori dell'Obesità sono essenzialmente due:

L'indice di massa corporea (ICM o BMI) che si calcoladividendo il peso in kg per l'altezza al quadrato espressain metri e i valori della circonferenza della vita. Ad esempiouna donna alta 1,73 m che pesa 72 kg, ha un BMI di 24,05.Una persona si definisce sovrappeso quando ha un BMIcompreso tra 25 kg/m2 e 29,9 kg/m2 e obesa quando haun BMI 30 kg/m2. La classificazione è basataprimariamente sull'associazione tra BMI, morbilità emortalità (minima quando è compreso tra 18,5 kg/m2 e24,9 kg/m2; massima quando è maggiore di 40 kg/m2).

L'altro fattore importante è il grasso addominale.Numerose ricerche hanno dimostrato che questo valoreè maggiormente associato a rischi per la salute rispettoa quello concentrato in altre parti del corpo. Unacirconferenza vita maggiore o uguale a 102 cm negliuomini e di 88 cm nelle donne si associa a rischi maggioriper quanto riguarda il diabete tipo 2, la dislipidemia,l'ipertensione e le malattie cardiovascolari.

Oltre ai problemi di carattere medico dobbiamo considerare tuttigli aspetti di natura più psicologica legati alla differenza tra ilproprio peso reale e quello ideale "estetico" richiestocontinuamente dalla nostra società, dai media per essere OK.Cosa si può fare per migliorare la situazione medica e psicologica? Prima di tutto occorre imparare ad accettare il proprio peso"ragionevole". Numerose ricerche hanno dimostrato che un calodel peso del 10% è realistico e porta benefici alla salute,contrariamente a dimagrimenti eccessivi, e può essere mantenutonel tempo. Un calo del 10% permette infatti di raggiungere il

peso ragionevole, cioè quel peso che può essereragionevolmente raggiunto e mantenuto e che permette buonecondizioni di salute, fisiche, psicologiche e sociali.In ogni modo consigliamo di rivolgersi al proprio medico difamiglia o a uno specialista e di non improvvisarsi in diete "faida te" che spesso provocano frustrazione, scarsi risultati eulteriori danni fisici. Ricordiamo inoltre che l’obesità è unamalattia, non è perciò semplice riuscire a guarire senza unsupporto specialistico, non è quindi questione di volontà odeterminazione come spesso purtroppo ancora sentiamo dire.

Con queste poche righe speriamo di aver raggiunto alcuniobiettivi:

Dare una breve descrizione – non esaustiva – dei sintomi deidisturbi dell’alimentazione e dell’obesità.Qualche cenno sui fattori che mettono a rischio la nostrapopolazione, in particolare i giovani.Infine quali possono essere le conseguenze di questi patologicicomportamenti alimentari, spesso sottovalutati dai famigliarima anche dai medici di famiglia.

Negli ultimi anni si è cercato di fare un lavoro capillare diprevenzione, in linea anche con le indicazioni del Ministerodella Sanità. E’ infatti molto importante mettere a conoscenzasia i ragazzi che i genitori di questi rischi per la salute sia fisicache psichica. “Prevenire è meglio che curare” recitava unospot di qualche anno fa. Se avete dei dubbi su questi disturbie voi o qualche conoscente temete che possa aver cominciatoad applicare diete rigide o condotte di eliminazione (vomito,lassativi…) e siete preoccupati per lei/lui, la cosa migliore èrivolgersi ad uno specialista.Come sempre è molto più efficace e veloce l’interventoterapeutico se intrapreso all’esordio del disturbo, è quindi moltoimportante intervenire al più presto. E’ utile inoltre sottolineareche il colloquio con uno specialista può essere anche solo divalutazione /consulenza.

Quindi i criteri diagnostici sono: abbuffate ricorrenti; comportamentidi compenso (vomito, uso di lassativi, diuretici, enteroclismi…);abbuffate due volte alla settimana per un periodo non inferiore a tremesi; preoccupazione per il peso e le forme corporee. Spesso questidue disturbi compaiono associati nella stessa persona che alternaperiodi di "digiuno assoluto" a periodi di "grandi abbuffate".

Distribuzione e fattori a rischio:Nei paesi occidentali, compresa l’Italia, nella fascia d’età 12-25 anni,su 100 ragazze 8-10 soffrono di un Disturbo del ComportamentoAlimentare. Fino a una decina di anni fa erano disturbi tipicidella classe più benestante, mentre oggi possiamodire che questa distinzione non è più vera. Vi sonoalcuni fattori specifici che più facilmente mettonoa rischio la popolazione. Vediamoli: Innanzituttol’età. Come abbiamo detto la fascia più colpita

è quella fra i 12 e 25 anni, ma la frequenza maggiore la troviamo piùprecisamente fra i 14 e i 18 anni. In questo periodo il corpo si trasforma– ed è quindi oggetto di attenzione – e nel contempo cominciano adessere particolarmente interessanti e di “feroce efficacia” icomplimenti o le critiche dei coetanei. Un momento della vita delicatoe difficile per diversi motivi, ormai ben noti alla psicologia. Ancoraa rischio sono maggiormente le ragazze: il 90-95% dei pazientiappartiene infatti al sesso femminile. Sembrano maggiormente arischio i giovani con famiglie all’interno delle quali si vivono situazioni

difficili, come malattie croniche, disturbi psichici, relazionifamiliari critiche, altri casi di Disturbi dell’alimentazione all’interno

della famiglia, oppure diete, ma anche una particolare attenzioneal peso e alle forme corporee da parte dei genitori o dei

fratelli/sorelle. La cultura è fattore predisponente: sonoinfatti disturbi tipici della cultura occidentale, sono rari,i casi in oriente. Risulta evidente che vi è una

multifattorialità di cause che intervengono all’insorgere del disturbo.Secondo gli esperti vi sarebbero “fattori predisponenti”(individuali, famigliari e culturali) che appunto agevolanol’insorgere del disturbo. L’esordio avverrebbe in concomitanzaa “fattori precipitanti” come per es. l’insoddisfazione per ilpeso e le forme corporee dovuta alle critiche di amici o asituazioni difficili di confronto nell’ambiente scolastico. A questopunto la decisione più frequente è quella di iniziare una dieta.Solitamente la dieta funziona molto bene e la ragazza, o ilragazzo, comincia a ricevere complimenti e apprezzamenti,che da una parte nutrono la propria autostima, dall’altra“rinforzano” la convinzione che la dieta è la cosa giusta dafarsi: “fattore perpetuante” . Questo circolo vizioso rendeoltremodo difficile l’interruzione della malattia. In un primomomento è evidente che le pazienti ritrovano nella dieta unabuona alleata e le conseguenze di un comportamentoalimentare scorretto non sono ancora così evidenti. Per questomotivo la motivazione al trattamento arriva solitamente moltotardi, quando ormai il disturbo è cronicizzato e complesso.

Le conseguenze negative sia psicologiche che organiche nontardano tanto ad arrivare ed è a questo punto che anche lapaziente non è così euforica come nei primi mesi della dieta,ma allo stesso tempo sa bene che non vuole riprendere il suopeso che la renderebbe “orribile”, inaccettabile , nonadeguata… come prima... Si ritrova spesso in una situazionedi isolamento, non riesce più ad ascoltare il proprio corpo persapere quando ha fame e quando è sazia (né sa quando èfelice e cosa la potrebbe rendere felice), vive allora nel terroredi aver sempre mangiato troppo. Si pesa continuamente o evitadi pesarsi per paura di deludere se stessa e gli altri, di nonessere così brava come prima. Ogni riferimento/valutazionedella propria vita diventa ed è solo il cibo. Oltre a questeconseguenze psicologiche che alimentano il disturbo, spessola paziente può arrivare a un livello tale di denutrizione, per ilquale è assolutamente necessario il ricovero ospedaliero conalimentazione forzata.

er spiegare l’insorgere dei Disturbi dell’alimentazione,appare condivisa l’idea di un adeguamento a quei modelli

culturali che prospettano ideali di bellezza improntati a standardesagerati di magrezza. Sotto il profilo psicologico e sociale, ifattori che sono ritenuti più frequentemente implicati nell’insorgenzadei disturbi alimentari riguardano la bassa autostima, ilperfezionismo, la depressione, l’impulsività, la distorsionedell’immagine corporea, la carenza di rilevanti rapporti sociali, irapporti familiari e le difficoltà nelle relazioni interpersonali.

I primi studi sull’anoressia nervosa risalgono a diversi anni fa.Le prime descrizioni di pazienti con i sintomi che oggi potrebberoessere diagnosticati più precisamente, risalgono addirittura al1873, ma fu il medico inglese Richard Norton che nel 1964descrisse i sintomi dell’anoressia nervosa. Da allora sono statifatti diversi studi e ricerche in grado non solo di tracciare unquadro più preciso di questi disturbi, ma anche di stabilire frale psicoterapie quali siano le più efficaci.

Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSMIV-TR) definisce analiticamente i sintomi che noi abbiamoriportato più sotto in una sintesi descrittiva.I principali Disturbi dell’alimentazione sono:

L’Anoressia Nervosa che porta a un costante rifiuto dimantenere il peso corporeo al di sopra del livello minimo normaleper l’età e la statura, si è pervasi da un’intensa paura di ingrassaree da una visione distorta delle proprie forme corporee.Quindi i criteri diagnostici sono: severa perdita di peso; pauradi ingrassare; preoccupazione per il peso e le forme corporee;amenorrea per le ragazze (assenza del ciclo mestruale).

La Bulimia Nervosa porta invece a un costantebisogno/impulso di assumere grandi quantità di cibo, eliminatesuccessivamente attraverso condotte ‘compensatorie’ quali ilvomito auto-indotto, l’abuso di lassativi o l’esercizio fisico intenso.

Le Associazioni di Volontariato,soprattutto la Croce Blu di Modena,sono negli ultimi anni luoghi diaggregazione privilegiati per igiovani, e sempre di più sedi diconfronto anche in merito aproblematiche personali erelazionali. Inoltre l’associazione,come promotrice di cultura, hal’opportunità di isolare e iniziare asgretolare questi “pseudo-valori”così pervasivi e inquinanti per igiovani, per sostituirli conc o n o s c e n z e , a t t i t u d i n i ecomportamenti che promuovanoauto-accettazione, benessere fisicoe psichico. I programmi di

educazione sanitaria, per laprevenzione primaria dei Disturbidell’alimentazione, sono finalizzatia combattere le influenze negativedella nostra cultura sulla salute deigiovani, utilizzando strategiecomunicative che stimolano iragazzi a pensare “ con la propria testa “, nel rispetto di sé e delledifferenze interpersonali. Gliobiettivi dei progetti di prevenzioneprimaria si possono riassumere inquesti punti:

l Dare informazioni sui Disturbidell’alimentazione;l Fornire elementi per lo sviluppo

di un atteggiamento critico suimessaggi pubblicitari e mediali el Sugli inganni dell’industria delladieta;l Far emergere il disagios o m m e r s o r i s p e t t o a datteggiamenti psicologici ecomportamenti disfunzionali cor-relati ai disturbi dell’alimentazione;l Dare una consulenza di primoascolto sia ai genitori che airagazzi;

Abbiamo quindi ritenuto importanteaderire alla proposta della Provinciadi Modena per un Progetto diInformazione e Prevenzione sui

Disturbi dell’alimentazione rivoltoai volontari giovani ma anche ai piùadulti genitori o futuri genitori.A questo proposito abbiamoprogrammato due incontri info-formativi annuali.Dai 2003 inoltre è stato attivato loSportello Informativo e di primoascolto - per i volontari - il mercoledìpomeriggio dalle 15.00 alle 18.30presso la sede.Per appuntamenti telefonare aClaudia Venturi, oppure inviare unae-mail a:[email protected]