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1 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Diritto
Commerciale
Corso P-Z – 2012/13
Appunti lezioni con la prof. Vercellino integrati con il libro Campobasso
Parte 1 per il compitino:
l’imprenditore – libro 1 pag 1-160
le società in generale e le società di persone – libro 2 pag 1 - 139
A cura di Ilaria Tranquillo
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Introduzione al diritto commerciale
Nel nostro sistema giuridico privato possiamo individuare un articolato insieme di norme che
riguardano l’imprenditore e l’attività da lui svolta (vedi dopo pag. Per la definizione di
imprenditore)
La complessità è da ricercare nel fatto che numerosi interessi meritevoli di tutela gravatano intorno
alla realtà di impresa.
Lavoratori dipendenti dell’impresa imprenditore: interessi legati all’esercizio
dell’attività
impresa
consumatori/clienti che finanziatori: garanzie sui loro crediti
acquistano i prodotti dell’impresa
chi risiede vicino all’attività produttiva
(tutela ambientale)
Il legislatore deve tener conto di questi interessi che variano continuamente nel tempo.
Altro elemento di complessità della disciplina è il fatto che la normativa non proviene unicamente
dalla stessa fonte (codice civile, leggi speciali, regolamenti di soggetti privati come la consob...)
Inoltre la materia ha una vocazione ultranazionale perchè i rapporti derivati dagli scambi
intercorrono spesso tra soggetti di diversi stati. Hanno grosso peso le normative europee e le fonti di
diritto internazionale.
La Costituzione riconosce la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica. Ciò inserisce il
nostro paese tra quelli che prescelgono un modello di sviluppo economico basato sull’economia
di mercato. Tale modello presuppone
a) La tendenziale libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di quanto
necessario per il soddisfacimento dei bisogni della collettività
b) Libertà di competizione economica fra quanti operano sul mercato
Sono libertà relative, strumentali alla realizzazione del benessere collettivo, quindi indirizzate
controllate e coordinate dalla trama degli interventi pubblici legittimati dalla Costituzione.
Il diritto commerciale moderno è frutto di un percorso evulutivo di molti secoli
La nascita del diritto commerciale si colloca attorno l’XI secolo, momento in cui si chiude l’epoca
feudale; precedentemente ogni feudo bastava a sè stesso, produceva tutto ciò che era
necessario al sostentamento degli abitanti; gli scambi erano sporadici e effettuati per ottenere ciò
che era impossibile ottenere nel proprio feudo, erano solo funzionali al sostentamento.
Col nascere delle città gli scambi si intensificano e emerge la figura del mercante, colui che si
dedica professionalmente agli scambi per ottenere un profitto. Il sistema normativo prevedeva
però solo fonti di diritto romano e canonico, inadatti alla materia perchè aveva per oggetto la
conservazione della ricchezza, non la sua creazione. La classe mercantile rispose tramite la lus
mercatorum, un diritto di classe creato e amministrato dagli stessi mercanti. Le controversie che
sorgevano venivano decise all’interno delle corporazioni di cui i mercanti facevano parte. In
questo periodo vengono introdotti strumenti come la lettera di cambio e le scritture contabili e
principi giuridici come quello del possesso in buona fede vale titolo, finalizzato ad aumentare la
certezza degli scambi commerciali.
Con la nascita degli stati nazionali nel XV-XVI secolo aumenta l’intervento statale e go
radualmente avviene una trasposizione maggiore della normativa a livello nazionale: questo
passaggio non è stato traumatico perchè mercanti e sovrani avevano interessi simili o che
comunque vanno nella stessa direzione. Nella stessa epoca emergono gli antenati delle società di
capitali, le Compagnie delle Indie Occidentali: raccoglievano gli ingenti capitali necessari per
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finanziare le spedizioni; Ciò consentiva ai partecipanti alle compagnie una limitazione della
responsabilità, dato che si rischiava solo la parte di capitale conferito, non l’intero patrimonio.
Ciò era una concessione, un privilegio accordato dal sovrano.
Dopo la rivoluzione francese vengono adottati i codici Napoleonici: questi sistemi di raccolta di
norme erano concepiti separando i diversi ambiti di riferimento delle norme. In italia avevamo il
codice civile e il codice di commercio.
Il fulcro della normativa del codice di commercio non è lo stesso della normativa precedente: non
è più chi svolge l’attività ma gli atti di commercio. Le regole si applicano a tutti gli atti di
commercio.
Nel sistema italiano questa ripartizione è durata fino al 1942, quando è stato indrodotto il codice
civile che unifica i due codici precedenti e risposta l’accento sull’imprenditore.
Ancora oggi adottiamo il codice civile del 1942 con variazioni più o meno significative nel corso
degli anni: oggi alla normativa del codice si affianca il TUIB, la legge fallimentare, ecc.
L’imprenditore
Art. 2082 Imprenditore
E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi
Dal punto di vista economico è imprenditore colui che svolge funzione di intermediazione fra chi
dispone dei necessari fattori produttivi e chi domanda prodotti e servizi, mettendo in atto un
processo di trasformazione che trasforma i fattori produttivi nei prodotti domandati. L’imprenditore
è colui che corre il c.d rischio di impresa, ovvero che i ricavi derivanti dalla gestione non siano
sufficienti a coprire i costi dei fattori impiegati. Il rischio giustifica il fatto che all’imprenditore spetti
una remunerazione, il profitto, e il potere decisionale strategico.
La norma presa in esame qui identifica dei parametri precisi per identificare l’imprenditore sotto il
profilo giuridico e comprendere i requisiti necessari per l’acquisto della qualità di imprenditore. In
particolare i requisiti minimi necessari e sufficienti che devono ricorrere perchè un soggetto sia
esposto alla disciplina dell’imprenditore (la distinzione tra chi è e chi non è imprenditore è utile per
comprendere se siano o meno applicabili le norme che studieremo):
È imprenditore chi svolge un'attività : serie coordinata di atti unificati da una funzione
unitaria, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È un attività produttiva.
Per qualificare un attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni e servizi prodotti o
scambiati e il tipo di bisogno destinati a soddisfare (è impresa anche l’attività di produzione
di servizi di natura assistenziale, culturale o ricreativa).
1. Parliamo di attività, non mero godimento di beni: essere imprenditore
comporta svolgere attivamente delle operazioni e non semplicemente
godere dei frutti di un bene. Il godimento non dà luogo alla produzione di
nuovi beni o servizi. Esempio: chi da in affitto un appartamento e riceve un canone di locazione sta svolgendo un mero godimento del suo bene. Chi nell’immobile predispone camere e le affitta in formula bed &breakfast è imptrenditore perchè svolge una serie coordinata di operazioni per la sua attività (colazioni, pubblicità, gestione prenotazione, check in)
L’impiego di proprie disponibilità finanziarie nella compravendita di strumenti
finanziari con intento di investimento o speculazione è godimento. Sono imprese le
società di investimento, che hanno per oggetto l’impiego del proprio patrimonio
nella compravendita di titoli secondo il criterio della diversificazione e frammentazioni
di rischi. Anche le holding sono imprese commerciali: società che hanno per oggetto
l’acquisto e la gestione di partecipazioni di controllo in altre società, sono a capo del
gruppo di società.
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2. Si deve trattare di una serie coordinata di atti e non un singolo atto.
È imprenditore chi svolge un'attività economica: il concetto economicità è molto
diverso dalla definizione aziendalistica: comporta che l’attività sia volta tendenzialmente
alla copertura dei costi coi ricavi. Ed assicurino l’autosufficienza economica. Ciò che
qualifica un attività come economica non è solo il fine produttivo a cui essa è organizzata
ma anche il modo il metodo con cui è condotta; il metodo è economico quando è
perseguito con modalità che nel lungo termine consentono la copertura dei costi coi ricavi.
Volutamente non è richiesto lo scopo di lucro per non escludere dalle definizione il settore
no profit e le aziende mutualistiche. Non svolgono un’attività economica i soggetti che
realizzano le attività per spirito di liberalità, erogando beni e servizi a titolo gratuito o
richiedendo un prezzo simbolico per cui non è immaginabile coprire i costi coi ricavi
conseguiti. È imprenditore invece chi gestisce il medesimo servizio con metodo economico
anche se le condizioni non consentono poi di fatto di remunerare i fattori produttivi
Il requisito valutato su base di indici oggettivi esteriori percepibili dai terzi.
È imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata : non è concepibile
un’attività di impresa senza programmazione e serie di atti in cui essa si sviluppa, senza
l’impiego coordinato di fattori produttivi. Il concetto di organizzazione è inteso come
eterorganizzazione, ovvero la combinazione di diversi fattori in modo da servire
unitariamente allo scopo di produrre il prodotto. Normalmente l’impresa si concretizza nella
creazione di un apparato produttivo stabile e complesso, formato da persone e da beni
strumentali. Non è essenziale, affinchè un attività possa dirsi organizzata, l’organizzazione
del lavoro altrui: è imprenditore anche chi opera solo il fattore capitale e il proprio lavoro.
Non è inoltre necessario un apparato strumentale, i mezzi materiali possono ridursi al solo
impiego di mezzi finanziari (il caso di attività di investimento/finanziamento). Siamo davanti
quindi a un attività di impresa anche se non c’è organizzazione del lavoro altrui nè un
complesso aziendale materialmente percepibile
Il lavoro autonomo
È colui che organizza autonomamente il proprio lavoro. In concreto anche l’autonomo ha
una propria organizzazione. Inoltre secondo alcuni teorici l’organizzazione è implicita nello
svolgimento di un’attività. Semplici lavoratori autonomi restano i prestatori d’opera manuali,
i mediatori, gli agenti di commercio fin quando usano mezzi inespressivi (telefono, pc,
strumentali all’utilizzo di ogni attività) o strettamente necessari alle esplicazione della propria
attività lavorativa (attrezzi dell’indraulico)
È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività : dal punto di vista giuridico
reputiamo un’attività svolta in modo professionale se non presenta caratteri di
occasionalità. Deve essere quindi svolta con una certa continuità nel tempo; tuttavia ciò
non implica che l’attività sia
1. Ininterrotta: sono professionali le attività stagionali
2. Esclusiva: sono professionali attività svolte come secondo lavoro
3. Principale: sono professionali attività a cui non viene dedicata la maggior
parte del tempo o da cui si trae principalmente sostentamento.
Indice espressivo di professionalità, in caso di mancanza di reiterazione nel tempo degli atti
di impresa, può essere anche la creazione di un complesso aziendale idoneo allo
svolgimento di un’attività potenzialmente stabile e duratura (esempio: impresa che ha
appena aperto)
L’unico affare
A seconda del caso concreto si può ritenere l’unico affare un attività di impresa. Ciò in
particolare quando, per la sua rilevanza economica/per la sua complessità, implichi il
compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un apparato produttivo
idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici.
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È imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi : con questa specificazione il
legislatore esclude gli speculatori in borsa/differenziali, perchè non offrono servizi di
intermediazione.
L’impresa per proprio conto
In questo caso lo svolgimento dell’attività imprenditoriale è finalizzata alla produzione di
beni e servizi al fine di essere utilizzati dallo stesso imptenditore. Sono imprese per proprio
conto la coltivazione del fondo diretta al soddisfacimento dei bisogni familiari e la
costruzione di appartamenti non destinati alla vendita (costruzione in economia). È attività
di impresa? Il punto è controverso in dottrina, anche perchè si rende necessario tutelare le
posizioni dei terzi che entrano in contatto col soggetto. Il costruttore in economia è
qualificato come imprenditore indipendetemente dalla sua intenzione che motiva l’atto
dato che lo è anche chi costruisce un singolo immobile (l’unico affare). Il soggetto sarà
imprenditore se ricorrono i requisiti oggettivi del 2082: il requisito di economicità è verificato
perchè i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da un incremento del patrimonio del
produttore
ANALISI DI ALCUNI ELEMENTI NON AFFRONTATI NEL 2082 CC liceità dell’attività
non si specifica che l’attività svolta dall’imprenditore debba essere lecita.
Un attività è considerata illecita quando viola una o più norme imperative, (quando non è
conforme ai regolamenti, agli obblighi di concorrenza, quando l’attività non ha le
concessioni/licenze/autorizzazioni prescritte per lo svolgimento dell’attività) è contraria all’ordine
pubblico, è contraria al buon costume, è immorale.
Per stabilire se possiamo considerare un’attività illecita attività di impresa ci dobbiamo rifare al
principio per cui da un attività illecita non possono sorgere benefici: ciò comporta che chi svolge
un’attività illecita sarà sottoposto a tutti gli obblighi previsti per l’imprenditore commerciale (quindi
è esposto a fallimento) ma non riceverà i benefici derivanti dal suo status.
Impresa illegale
= senza autorizzazioni concessioni
Impresa immorale
= oggetto dell’attività illecito
Tale illecito non esclude l’acquisto della qualità di
imprenditore con pienezza di effetti sia sfavorevoli
che favorevoli e tutte le sanzioni del caso
amministrative e penali. È esposto al fallimento
Non potrà ricavare assolutamente i benefici derivanti
dalla qualifica di imprenditore (pretese del titolare
d’azienda, agire per chiedere tutela della
concorrenza, ecc) ma sarà sottoposto
esclusivamente agli obblighi ed esposto a fallimento
le professioni intellettuali
Per le professioni intellettuali la qualifica di imprenditore è esclusa dal legislatore. I liberi professionisti
in quanto tali non sono imprenditori: lo sono soltanto quando la professione intellettuale è
esercitata nell’ambito di un’altra attività qualificabile come impresa (medico che dirige la sua
clinica privata); diventa imprenditore quando l’apparato di cui si serve non è più strumentale
rispetto all’attività della professione, ovvero della sua attività personali. Se il libero professionista ha
dei dipendenti non è imprenditore: l’esercizio di una professione non costituisce di per sè attività di
impresa, neppure quando l’attuazione di tale attività comporti l’impiego di mezzi materiali e
dell’opera di qualche ausiliario.
Perchè? Ciò è un beneficio concesso ad alcune attività, volutamente volto a tutelare, almeno
inizialmente, le attività protette, ovvero quelle disciplinate da un ordine professionale, per il cui
esercizio è richiesto il superamento di un esame e l’iscrizione all’albo. L’ordine assolve infatti a
funzioni di vigilanza qualitativa della prestazione erogata, imponendo esami d’accesso,
aggiornamenti e effettuando controlli a tutela dei clienti. Attualmente però, molti liberi
professionisti esercitano attività non regolate da nessun ordine professionale, quindi non sono
sottoposti nè al controllo dell’ordine nè alle regole volute per l’imprenditore. Non sono sottoposti al
fallimento ma non godono nemmeno degli strumenti di difesa a tutela della concorrenza, della
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disciplina del marchio e dell’azienda. Erogano le loro prestazoni per mezzo del contratto d’opera
intellettuale che prevede l’esecuzione personale della prestazione.
Chi sono? Si usa un criterio sostanziale dato che non tutte le professioni sono iscritte all’albo, basato
sul carattere eminentemente intellettuale della prestazione: non è libero professionista (anche se
iscritto all’albo apposito) ma imprendotore commerciale il farmacista perchè vende specialità
farmaceutiche acquistate dalle case produttrici.
ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITORE
imputazione dell’attività
l’articolo 2082 non richiede esplicitamente che l’attività sia svolta direttamente dall’imprenditore:
egli può avvalersi di collaboratori che operano in suo nome e per suo conto.
Tra questi numerosi soggetti, occorre individuare precisamente dal punto di vista giuridico chi è
l’imprenditore: ci viene in aiuto il principio della spendita del nome, che identifica come
imprenditore colui che spende il suo nome nell’esercizio dell’attività di impresa.
Tale esercizio può avvenire
In modo diretto: l’imprenditore esercita direttamente l’attività o delega a un soggetto in
possesso di un mandato con rappresentanza l’esercizio/la conclusione di alcuni atti
In modo indiretto: in questo caso non vi è rappresentanza, il soggetto agisce per conto
dell’imprenditore senza spendita del nome. Crea dissociazione tra chi è formalmente
considerabile imprenditore e chi è il reale interessato
in questa seconda ipotesi si può verificare il caso DELL’IMPRENDITORE OCCULTO, ovvero
l’esercizio di un attività di impresa per interposta persona, detta prestanome, che opera
come imprenditore apparente: egli segue le direttive dell’imprenditore occulto (colui
che somministra i mezzi monetari necessari, dirige di fatto l’impresa e fa propri i
guadagni corrispondendo eventualmente un compenso al prestanome) e risponde
delle obbligazioni derivanti dall’esercizio dell’attività di impresa, ed è soggetto a
fallimento in caso di insolvenza. Spesso il prestanome è un soggetto che non ha nulla da
perdere, senza un proprio patrimonio personale da rischiare oppure è una società per
azioni o a responsabilità limitata con capitale irrisorio (società di comodo): ciò comporta
che il rischio venga traslato sui creditori perchè non esiste un patrimonio su cui essi
possono rivalersi.
È fuori dubbio che i creditori possano provocare il fallimento del prestanome, in quanto
egli, attraverso la spendita del suo nome, è reputabile imprenditore. È altrettanto fuori
discussione che date le esigue/inesistenti dimensioni del patrimonio del prestanome, i
creditori trarranno ben poco dal fallimento di questi. Se si ammette che sia coinvolto nel
fallimento esclusivamente il prestanome, il risultato sarà che il rischio di impresa sarà in
realtà sopportato dai creditori (almeno quelli più deboli, non in grado di garantirsi dal
dissesto del prestanome costringendo il reale interessato a garantire personalmente i
debiti del primo).
Quali rimedi?
RIMEDIO EFFICACIA E MOTIVAZIONI
Superamento del principio della spendita
del nome: dimostrando l’esistenza
dell’imprenditore occulto, è possibile
coinvolgerlo nel fallimento, escludendo il
principio della spendita del nome ai fini
dell’imputazione della resposabilità per
debiti di impresa.
Non è una soluzione praticabile perchè
oltre a superare un principio essenziale del
nostro ordinamento crea pregiudizo ai
creditori personali dell’imprenditore
occulto che vedranno il patrimonio a
garanzia del loro credito diviso tra i
creditori dell’impresa occulta.
teoria del potere di impresa: avanzando
l’idea dell’inscindibilità del rapporto potere-
responsabilità, per cui chi esercita il potere
di direzione di un impresa se ne assume il
rischio e risponde delle obbligazioni relative
all’attività.
Non praticabile perchè comunque
l’imprenditore occulto non è qualificabile
come imprenditore senza spendita del
nome e fallisce. Inoltre è la stessa legge in
alcuni casi a non ammettere questo
legame
Teoria di Bigiavi, dell’imprenditore occulto:
partendo dal principio contenuto nella
Nel fallimento del socio occulto di società
palese è fuori discussione l’esistenza di
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legge fallimentare per cui fallisce il socio
occulto di società palese per cui
estendiamo il fallimento al socio occulto
possiamo applicarlo al nostro caso?
Se abbiamo di fronte a un imprenditore
occulto e a un prestanome, possiamo dire
di avere davanti una società occulta con
socio occulto?
Possiamo utilizzare l’analogia perchè ciò
che cambia è solo il numero dei soci
occulti. Ma se fallisce la società occulta
fallisce anche l’imprenditore occulto e per
ciò arriviamo a dire che non importa che
chi appare si palesi come esclusivo titolare
dell’impresa.
una società a responsabilità illimitata e
che gli atti sono stati posti in essere nel
nome della società. Il socio occulto
fallisce perchè fa parte della società. In
caso di socio occulto di società occulta, il
socio occulto è chiamato a rispondere di
atti posti in essere in nome del prestanome
e fallisce perchè fa parte di una società di
persone con soci illimitatamente
responsabili. In caso invece di rapporto
imprenditore occulto-prestanome
siccome non esiste nessuna società tra i
due per definizione, quindi la regola non
può essere applicata.
Teoria dell’impresa fiancheggiatrice:
provando il rapporto tra impresa e
prestanome si può affermare che in realtà
l’imprenditore occulto è titolare di una
propria attività di impresa occulta che
consiste nel finanziare ed organizzare
l’attività del prestanome. Di conseguenza
quando il prestanome fallisce fallisce anche
l’imprenditore occulto perchè il
prestanome è insolvente perchè
l’imprenditore non gli ha più fornito i mezzi
finanziari perchè a sua volta insolvente
In realtà il collegamento tra l’insolvenza
dell’impresa apparente e quella
dell’impresa occulta non è così diretto:
semplicemente l’imprenditore occulto
potrebbe essersi stancato di finanziare
l’attività. Inoltre anche questo
stratagemma non tutela i creditori del
prestanome perchè prenderanno parte a
una procedura concorsuale distinta dal
fallimento dell’imprenditore occulto visto
che le imprese insolventi sono 2.
esatto momento di inizio e fine dell’attività
inizio dell’attività a) Impresa individuale: un attività di impresa si considera iniziata quando c’è effettività
dell’esercizio dell’attività di impresa. Un soggetto si considera imprenditore al compimento
dell’insieme atti che servono ad organizzare l’attività d impresa: non occorre aspettare fino
al termine del primo ciclo produttivo nè basta una semplice manifestazione di intenti.
L’effettività porta a considerare iniziata un’attività anche se esercitata in violazione di
norme amministrative abilitanti
b) Società: l’attività inizia al momento della loro costituzione perchè nascono finalizzate
all’esercizio dell’attività di impresa. Le società di capitali sono imprenditori a partire
dall’iscrizione nel registro delle imprese, le società di persone esistono a partire dalla stipula
del contratto di società anche se non iscritte nel registro delle imprese, come società
irregolari.
fine dell’attività a) Impresa individuale: un attività di impresa si considera cessata quando c’è effettività della
cessazione dell’attività di impresa. L’attività si considera cessata al momento della
cancellazione dal registro delle imprese. Nel concreto l’effettiva cessazione si verifica con
la disgregazione dell’apparato produttivo, la cancellazione è un punto di riferimento
formale.
b) Società: l’attività cessa di esistere nel momento della cancellazione dal registro delle
imprese. Il momento della cessazione è molto importante perchè a partire da quel
momento incomincia a decorrere un anno in cui l’impresa può essere ancora soggetta a
fallimento.
Un tempo, con la vecchia disciplina, si riteneva conclusa l’attività di una società solo
quando tutti i rapporti giuridici che interessano la società erano chiusi (niente più debiti,
crediti, proprietà). Questo, insieme all’estensione del fallimento fino ad un anno dopo la
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cessazione dell’attività comportavano che, dato che fallisce l’impresa insolvente, ovvero
che ha dei debiti che non riesce a saldare, l’impresa insolvente è assoggettabile al
fallimento all’infinito, fin chè non salda i debiti aperti perchè finchè non sono conclusi
l’attività non si reputa cessata. Dal 2007 si adotta la nuova normativa che risolve il
problema.
capacità giuridica di chi svolge l’attività di impresa
Svolgere un attività di impresa comporta lo svolgimento di una serie di attività come concludere contratti per cui è richiesta la capacità giuridica. Tuttavia l’incapace può avere la qualifica di
imprenditore: il suo rappresentante legale svolgono le attività in suo nome e per suo conto e
all’incapace spetta la qualifica di imprenditore.
In casi di attività agricola non ci sono regole precise. L’impresa agricola viene
trattata alla stregua di tutti i beni dell’incapace/inabilitato.
In caso di impresa commerciale c’è un divieto assoluto di inizio dell’attività di
impresa, ad eccezione del caso del minore emancipato. È possibile che
l’incapace continui l’attività di impresa (magari a causa di una successione la
eredita) a due condizioni:
1. La prosecuzione di tale attività deve essere utile, arrecare
beneficio all’incapace
2. È necessaria l’autorizzazione del tribunale
Nel caso dell’inabilitato (diverso da minore e interdetto) può essere richiesta
l’autorizzazione al giudice a svolgere l’attività di impresa commerciale sotto la
sorveglianza del tutore osservando le disposizioni dettato.
Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno potrà liberamente iniziare o
proseguire un’attività di impresa senza assistenza (infatti conserva la capacità
d’agire), salvo che il giudice tutelare disponga diversamente nel decreto di
nomina dell’amministratore di sostegno o in un successivo decreto motivato
L’incapace resta esposto quindi a tutte le conseguenze del suo status di imprenditore
commerciale, compreso il fallimento. È fuori dubbio che sull’incapace ricadranno gli effetti
patrimoniali del fallimento. Le sanzioni penali derivanti dal caso ricadranno però sul rappresentante
legale. Le incapacità personali invece investiranno il minore perchè esse derivano
automaticamente dalla dichiarazione di fallimento.
prosecuzione
dell’attività da parte
del rappresentante
legale
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CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE
IN BASE ALL’OGGETTO DELL’ATTIVITA’: due diverse discipline
L’impresa civile /il tertius genius esiste? Nel codice di commercio esisteva la figura dell’imprenditore civile, sparita dal codice civile del 42.
Tesi favorevole Tesi contraria Il requisito di industrialità deve essere inteso nel significato
tecnico- economico: è industriale un’attività che implichi impiego
di materie prime e loro trasformazione. Sono per tanto imprese
civili le imprese di caccia e pesca, quelle che producono servizi
diverse dai punti 3, 4, 5 del 2195 cc, chi aliena beni propri ed
eroga credito con mezzi propri. Inoltre il legislatore non definisce
l’imprenditore commerciale come categoria residuale destinata
ad accogliere tutto ciò che non è agricolo
L’attività è detta industriale intendendo come “non agricola”. È
imprenditore commerciale ogni imprenditore non agricolo, le
categorie del 2195 servono solo da specificazione. Non c’è
quindi spazio per le imprese civili. Inoltre non sarebbero
sottoposte alla disciplina rigida dell’imprenditore commerciale
senza alcuna giustificazione sostanziale (come il rischio naturale
per l’imprenditore agricolo)
NON ESISTE QUINDI L’IMPRESA CIVILE, DISTINGUIAMO SOLO IMPRESA AGRICOLA E COMMERCIALE
Imprenditore agricolo 2135 cc
Siamo di fronte a un imprenditore agricolo quando
1. Svolge un attività agricola essenziale (coltivazione del fondo, silvicultura, allevamento di animali) strettamente connessa al ciclo biologico o a una fase di sviluppo dello stesso. Note terminologiche: parliamo di coltivazione del
fondo e non di coltivazione della terra perchè
esistono anche coltivazioni fuoriterra, in gel nutritivi, in
cassette, etc. L’imprenditore agricolo quindi non è
più strettamente legato alla terra ma al ciclo
biologico. Per lo stesso motivo si parla di allevamento
di animali e non di bestiame, perchè sempre più
spesso si allevano cani, bachi da seta, ecc animali
che non sono bestiame
2. Svolge un attività agricola connessa, ovvero un attività di trasformazione, manupolazione e commercio di prodotti agricoli che presenta
una connessione soggettiva (stesso soggetto
che svolge anche l’attività agricola essenziale)
e oggettiva (si utilizzano prevalentemente i
prodotti dell’attività agricola essenziale ottenuti
quindi prevalentemente utilizzando attrezzature
e risorse dell’azienda agricola). L’attività
agricola connessa non deve prevalere per
rilievoeconomico sull’attività agricola essenziale.
La coltivazione del fondo prima del 1942 non era
considerata attività di impresa ma diritto di
godimento del bene. Ora l’impresa agricola è
comunque sottoposta a una disciplina diversa e
non è sottoposta alle norme dello statuto
dell’imprenditore commerciale. Queste regole
sono state volute perchè l’imprenditore agricolo
sopporta anche il rischio naturale: alcuni eventi
naturali possono distruggere il prodotto senza che
ciò dipenda da scelte errate dell’imprenditore.
Imprenditore commerciale 2195 cc
È imprenditore commerciale colui che svolge una
o più delle seguenti categorie di attività:
1. Attività industriale di produzione di beni e servizi: con industriale si intende “non agricola”, non in
senso tecnico di trasformazione
2. Attività intermediaria della circolazione di beni e servizi: commercio. Il commerciante acquista
beni e li rivende ad altri intermediari o ai
consumatori dando vita a operazioni di
scambio
3. Attività di trasporto per terra, per acqua o per aria. Le imprese di trasporto producono un
servizio consistente nello spostare persone o
cose da un luogo ad un altro.
4. Attività bancaria e assicurativa: raccolta di risparmio e finanziamento. L’attività bancaria è
intermediazione nella circolazione del denaro,
l’attività assicurativa produce specifici servizi.
5. Altre attività ausiliarie alle precedenti. In
quest’ultima categoria rientrano tutte le attività
ausiliare ad altre attività, sia di impresa
commerciale, sia di impresa agricola, sia
agenzie matrimoniali, investigative, etc.
Rientrano in questa categoria le imprese di
agenzia, mediazione, deposito, commissione,
spedizione, pubblicità, marketing.
Chi svolge queste attività è sottoposto allo statuto
dell’imprenditore commerciale.
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CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLE DIMENSIONI DELL’ATTIVITA’
Le dimensioni dell’impresa sono il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli
imprenditori. L’articolo 2083 identifica la piccola impresa; essa gode di ausilio e sostegno
Art. 2083 Piccoli imprenditori Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Rientrano nella categoria coloro che esercitano l’attività di impresa prevalentemente col lavoro
proprio e dei propri famigliari. L’articolo fa’ alcuni esempi di categorie che potrebbero soddisfare
la condizione essenziale/il criterio generale di prevalenza: i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i
piccoli commercianti. La prevalenza deve verificarsi nei confronti di tutti i fattori produttivi (Non solo
i l lavoro altrui, ma anche sui capitali investiti). Per aver una piccola impresa è necessario che:
a) L’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa
b) Il suo lavoro e quello dei suoi familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispeto al
lavoro altrui sia rispetto al capitale. Non è per ciò mai piccolo imprenditore chi investe
ingenti capitali nell’impresa senza avvalersi di nessun collaboratore.
La prevalenza è intesa in senso quantitativo-funzionale: occorre accertare se l’apporto personale
dell’imprenditore e dei suoi familiari abbiano rilievo preminente nell’organizzazione dell’impresa e
caratterizzano i beni o i servizi prodotti.
Il piccolo imprenditore è esonerato, anche se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle
scritture contabili, dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.
Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare
Il codice civile afferma che il piccolo imprenditore è esonerato dal fallimento.
Tutta via la legge fallimentare fornisce una legge di piccolo imprenditore diversa, e conciliare
queste definizioni è stato un problema fino alla riforma del 2007.
Prima l’articolo 1 definiva come piccolo imprenditore dettando tre requisiti: era piccolo
imprenditore chi aveva un reddito minore al limite imponibile per l’imposta di ricchezza mobile (poi
abrogata) o chi avesse investito un capitale inferiore a 900.000 lire (questo requisito non era
attuabile perchè mai adeguato). Per lungo tempo poi non sono state considerate piccoli
imprenditori ai fini fallimentari le società.
Con la riforma del 2006 vengono reintrodotti limiti quantitativi: per essere piccoli imprenditori
occorreva:
- attivo medio nei 3 anni precedenti minori di 400.000 €
- ricavi medi nei 3 anni precedenti minori di 200.000 €
- indebitamento minore di 500.000 €
Il problema restava siccome le due definizioni si basavano su elementi diversi: i problemi sono stati
parzialmente risolti togliendo dalla legge fallimentare il riferimento ai piccoli imprenditori; si danno
solo parametri dimensionali.
Dunque non è soggetto a fallimento, secondo la nuova norma del 2007 chi non supera nessuno di
questi 3 limiti indicati:
a) Chi dimostra di aver avuto nei tre anni precedenti al deposito di un istanza di fallimento un
attivo patromoniale sotto i 300.000 €
b) aver realizzato nei tre anni precedenti al deposito di un istanza di fallimento ricavi lordi non
superiori a 200.000 €
c) aver un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 €
Anche le società commerciali possono essere esonerate da fallimento se rispettano questi limiti
dimensionali.
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L’impresa artigiana
Non troviamo nel codice nessuna definizione specifica di artigiano, dobbiamo ricercarla nella
legge quadro sull’artigianato .La legge del 1956 definiva le imprese artigiane a tutti gli effetti di
legge, in qualsiasi circostanza, civilistica, fallimentare, ecc. Con la successiva legge dell’85 non
propone quell’inciso, quindi la definizione è valida ai soli fini della legge quadro. Quindi la qualifica
di artigiano non è da sola sufficiente a sottrarre l’artigiano alla disciplina dell’imprenditore
commerciale, a meno che non rispretti il requisito della prevalenza.
È artigiano colui che svolge una qualsiasi attività di beni e servizi (salvo limitazioni) svolgendo prevalentemente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. (prevalenza nel ciclo
produttivo, non sugli altri fattori produttivi). Essa è quindi contraddistinta da:
il ruolo preponderante dell'artigiano, che deve prestare in misura prevalente il proprio
lavoro anche manuale nel processo produttivo (art. 2, 1° comma); deve comunque essere
in possesso di tutti i requisiti tecnico-professionali previsti dalle leggi speciali;
l'oggetto dell'impresa, che oggi può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di
beni, anche semilavorati o di prestazioni di servizi; sono escluse le attività agricole e le
attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o
ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.
Molto probabilmente l’impresa artigiana integra la caratteristica essenziale del 2083 cc ma non c’è
equivalenza automatica perchè non è detto che il lavoro sia un fattore prevalente sugli altri.
La legge del 1985 considera artigiane anche le imprese costituite in società cooperativa o in nome
collettivo a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche
manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul
capitale. Titolare di un'impresa artigiana può essere anche una società, purché sia organizzata in
forma di società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società a responsabilità
limitata, sia unipersonale che pluripersonale, o società cooperativa, con esclusione pertanto delle
sole società per azioni e società in accomandita per azioni.
L'impresa artigiana non può oltrepassare i limiti dimensionali fissati dall'art. 4 della legge quadro e
deve iscriversi in un apposito albo previsto dal successivo art. 5 al fine di godere delle provvidenze
ed agevolazioni previste dalla disciplina di dettaglio.
L’IMPRESA FAMILIARE
L’istituto dell’impresa famigliare è volto non tanto all’individuazione di una specifica categoria quanto a
disciplinare alcuni rapporti familiari.
È impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo dell’imprenditore. È frequente che un’impresa familiare ispetti anche i requisiti della piccola impresa ma non c’è
coincidenza tra le due fattispecie.
È un istituto nato nel 1975 per tutelare i familiari dallo sfruttamento da parte dell’imprenditore del lavoro
dei familiari, senza costringere il capofamiglia a formare una società o ad assumere e familiari come
dipendenti. È una forma di impresa che ha origine dalla situazione di fatto (il fatto che i familiari prestano
lavoro nell’impresa).
I familiari beneficiano di diritti patrimoniali e amministrativi:
- partecipazione agli utili proporzionalmente al lavoro prestato (qualitativamente e quantitativ)
- diritto mantenimento
- diritti sui beni acquistati con gli utili
- in caso di cessione dell’attività hanno, a parità di condizioni, una prelazione rispetto ai terzi
- possono partecipare ad alcune decisioni amministrative di straordinaria amministrazione
l’impresa familiare resta pur sempre un impresa individuale. Solo il titolare è autorizzato alla
gestione e si occupa delle decisioni di ordinaria amministrazione. Solo il titolare risponde delle
obbligazioni dell’impresa ed è soggetto a fallimento (se l’impresa famigliare non rientra nei
parametri sopra indicati parlando di fallimento).
12 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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CLASSIFICAZIONE IN BASE AL SOGGETTO CHE ESERCITA L’ATTIVITA’
Impresa:
♥ individiale
♥ collettiva: più soggetti agiscono in modo coordinato nello svolgimento dell’attività,
utilizzando lo strumento apposito previsto dal diritto, la società. La società semplice è
utilizzabile solo per lo svolgimento di attività non commerciali, gli altri tipi di società, dette
società commerciali, possono avere oggetto agricolo o commerciali
impresa
privata: esercitata da privati cittadini
pubblica: quando l’attività di impresa è svolta da un soggetto pubblico. Distinguiamo
diversi tipi di impresa pubblica a seconda del grado di intervento pubblico:
imprese organo: svolgono attività di impresa in modo servile a una certa
funzionalità pubblica. Lo stato o un altro ente pubblico svolgono attività di impresa
direttamente avvalendosi di proprie strutture organizzative dotate di più o meno
ampia autonomia decisionale e contabile
Aziende municipalizzate:
Enti pubblici economici: il loro scopo principale è lo svolgimento dell’attività di
impresa
Società a partecipazione pubblica: società, ovvero soggetti di diritto privato i cui i
soci (tutti o alcuni) sono soggetti di diritto pubblico. Si adottano le regole del diritto
privato.
LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE
Regole che riguardano solo le imprese commerciali, che rientrano tra le attività indicate nel 2195.
Alcune imprese commerciali possono essere sottoposte a statuti settoriali specifici dell’attività in cui
operano.
LA PUBBLICITA’ LEGALE
Le imprese commerciali sono tenute alla registrazione presso il registro delle imprese, tenuto presso
la camera di commercio e contenente informazioni su di esse.
Il sistema di pubblicità legale assolve alla necessità degli operatori economici di disporre di
informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in
contatto. Le informazioni contenute non sono solo accessibili a terzi ma anche ad essi opponibili
per la conoscibilità legale.
Il registro delle imprese era previsto sin dal 1942, ma attuato solo di recente: è operativo infatti dal
1997, prima le funzioni del registro delle imprese venivano svolte dalle cancellerie dei tribunali.
L’attuale registro delle imprese è strumento di informazione sui dati organizzativi di tutte le imprese
anche non commerciali ed è tenuto con tecniche informatiche per rendere le informazioni
tempestivamente accessibili a tutti.
Chi è iscritto nel registro delle imprese? Il registro delle imprese si divide in diverse sezioni:
Nella sezione ordinaria sono tenuti ad iscriversi gli imprenditori commerciali, le società
commerciali, gli enti pubblici economici, le società estere con sedi in italia e i consorzi con
attività esterne.
Nelle sezioni straordinarie/speciali troviamo i piccoli imprenditori, gli artigiani, le società
semplici, gli imprenditori agricoli, le società di professionisti
Cosa viene iscritto nel registro delle imprese? Nel registro vengono iscritti tutti gli atti e i fatti riguardanti l’impresa, tutte le informazioni utili ai terzi
che interagiscono con essa.
13 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Che effetti ha l’iscrizione? L’iscrizione può avere 3 diversi gradi di efficacia:
1) efficacia dichiarativa, per quasi tutte le iscrizioni
a. positiva: tutto ciò che è iscritto nel regostro delle imprese è opponibile a terzi
b. negativa: tutto ciò che non è iscritta non è opponibile a terzi
2) efficacia normativa: l’iscrizione è il presupposto per applicare certe regole, una certa
normativa. Un esempio di questa efficacia la troviamo nella disciplina della snc: l’iscrizione
è obbligatoria ma se dovesse mancare siamo di fronte a una snc irregolare per cui
applichiamo, anzichè la normativa dell’snc le regole previste per la società semplice.
3) efficacia costitutiva:
a. totale: un esempio è nella disciplina delle società di capitali; esse esistono solo se il
loro atto costitutivo viene iscritto nel registro delle imprese
b. parziale: l’iscrizione consente di reputare l’atto come esistente solo nei confronti di
un certo soggetto. È il caso della riduzione del capitale sociale: la decisione va
iscritta e a partire da quel momento decorrono 3 mesi in cui i creditori possono fare
opposizione (sono preoccupati per la riduzione di garanzie dei loro crediti). Dato
che la mancata iscrizione comporta la mancata possibilità di fare opposizione, la
riduzione non iscritta non avrà efficacia nei confronti dei creditori antecedenti.
LE SCRITTURE CONTABILI
Le norme civilistiche impongono alcune regole in materia di scritture contabili. Le scritture contabili
sono appunto i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o
monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato
economico dell’attività svolta (trasposizione degli avvenimenti di gestione): sono importanti per
valutare l’andamento dell’impresa sia da parte dell’imprenditore sia da parte dei terzi che
vengono a contatto dell’impresa. Esse contribuiscono a rendere razionale ed efficente
l’organizzazione e la gestione dell’impresa e perciò sono di regola tenute da qualsiasi imprenditore.
È obbligatoria la loro tenuta per tutti gli imprenditori commerciali. I piccoli imprenditori non hanno
questo obbligo, anche se esercitano attività commerciali. L’esclusione dell’obbligo dal punto di
vista civilistico per piccoli imprenditori e imprenditori agricoli non escludono obblighi di natura
fiscale e tributaria.
Chi deve
tenerle
Quali scritture Modalità in cui
vanno tenute
Conseguenze per
mancata tenuta delle
scritture/tenuta in modo
errato
Sono
obbligati
tutti gli iscritti
alla sezione
ordinaria del
registro delle
imprese
Scritture obbligatorie e inderogabili
libro degli inventari dove si
annota il bilancio
periodicamente, contiene le
valutazioni delle attività e
passività dell’impresa.
il libro giornale dove si
annotano cronologicamente le
operazioni realizzate,
nell’ordine in cui sono compiute
+ tutte le altre scritture necessarie
a seconda della tipologia,
dimensioni, modalità di
realizzazione dell’attività
Devono essere
tenute in
modo
ordinato,
senza
cancellature e
abrasioni, su
pagine
numerate
Tralasciando le
conseguenze di tipo
fiscale/ tributario e penali
(bancarotta
semplice/fraudolenta), il
codice civile sanzions
l’imprenditore
impedendogli di usare le
scritture contabili come
mezzo di prova a suo
favore. potranno essere
usate come prova contro di
lui
LE PROCEDURE CONCORSUALI
Nel momento in cui l’impresa è in crisi vengono toccati gli interessi di numerosi soggetti: per gestire
queste situazioni complesse sono state eleborate procedure ad hoc che sostituiscono i classici
rimedi di diritto privato per insolvenza. Esse realizzano la parità di trattamento tra tutti i soggetti
14 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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coinvolti e sono volte a salvaguardare il valore dell’impresa (nuovo orientamento: prima era più
orientato a estromettere l’impresa dal mercato)
Le procedure consensuali sono fallimento, liquidazione coatta amministrativa, il concordato
preventivo, l’amministrazione straordinaria della grande impresa in crisi. Queste procedure
concursuali sono applicabili solo agli imprenditori commerciali.
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
L’imprenditore, nell’esercizio della sua impresa può avvalersi di collaboratori che agiscono in
rappresentanza, in nome e per conto dell’imprenditore. Nel diritto privato esiste l’istituto della
rappresentanza legale: il terzo che entra in contatto col rappresentante deve accertarsi che questi
sia in possesso di un mandato/procura realmente esistente, che l’atto rientri nei limiti della procura,
ecc. Per non rallentare le trattative a causa dei controlli che i terzi devono efettuare il diritto privato
ha elaborato figure tipiche con diversi poteri di rappresentanza per gli ausiliari intrerni
dell’imprenditore. Chi conclude affari con tali ausiliari dovrà solo verificare se l’imprenditore ha
modificato con atto espresso e reso pubblico i loro naturali poteri previsti per legge; non dovrà
verificare se la rappresentanza è stata loro conferita.
definizione poteri limiti altro
INSTITORE È colui che è
preposto dal titolare
all’esercizio di un
impresa, di una sua
sede secondaria o di
un ramo di essa. Si
sostituisce in tutto e
per tutto
all’imprenditore
nell’esercizio delle
sue funzioni.
Ha potere di
gestione generali
che abbraccia tutte
le operazioni della
struttura alla quale è
preposto. Ha sia la
rappresentanza
sostanziale (gestione
dell’impresa, poteri
decisionali) sia la
rappresentanza
processuale attiva e
passiva (può stare in
giudizio al posto
dell’imprenditore
come attore o
convenuto). Può
concludere contratti
con i terzi.
La nomina viene
iscritta nel registro
delle imprese.
Imposti dalla legge:
- non può vendere in
blocco l’azienda
- non può alienare e
ipotecare beni
immobili (a meno
che l’attività di
impresa sia
compravendita di
immobili)
L’imprenditore può
derogare a questi
limiti autorizzando
l’institore a compiere
lo stesso questi atti e
imporre limiti che
vanno iscritti nel
registro delle imprese
(altrimenti non sono
opponibili a terzi).
In mancanza di
pubblicità legale la
rappresentanza si
reputa generale,
salvo provare che i
terzi erano a
conoscenza dei limiti
non iscritti.
Dall’iscrizione dei
limiti e dalla
spendita del nome
dipende la
responsabilità
dell’imprenditore per
gli atti compiuti
dall’imprenditore:
- se non c’è spendita
del nome se l’atto è
palesemente
relativo all’impresa
gli effetti giuridici
ricadono
sull’imprenditore
- se c’è spendita del
nome distinguiamo
a. se l’operazione
rispetta i limiti ne
risponde
l’imprenditore
b. se l’operazione
non rispetta i limiti e
tali limiti sono iscritti
ne risponde
l’institore
c. se l’operazione
non rispetta limiti
non iscritti ne
risponde anche
l’imprenditore
perchè non sono
opponibili a terzi
15 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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definizione poteri limiti altro
PROCURATORE
In base a un
rapporto
continuativo
compiono per
l’imprenditore atti
pertinenti all’esrcizio
di impresa pur non
essendo preposti ad
essi. È preposto
all’attività di impresa
con un ambito
d’azione limitato a
uno specifico settore,
circoscritto a un
determinato settore
operativo.
Poteri limitati a singoli
settori (ad esempio
un ramo d’azienda).
In mancanza di
specifica iscrizione sul
registro delle imprese
sono investiti da un
potere generale
rispetto alla specie di
operazioni per le
quali sono stati
investiti di autonomo
potere decisionale.
Non ha la
rappresentanza
processuale
Non è soggetto agli
obblighi di iscrizione
nel registro delle
imprese e di tenuta
delle scritture
contabili
Non sono previste
deroghe al principio
della spendita del
nome: se non
avviene la spendita
del nome, dell’atto
ne risponde il
procuratore
COMMESSO Ha mansioni
meramente
esecutive, esegue
direttive e mansioni
materiali che li
pongono in contatto
con terzi. Hanno
potere di
rappresentanza
senza specifico atto
di conferimento
Possono concludere
gli atti per cui sono
stati incaricati, che
ordinamente
comporta la specie
di operazioni di cui
sono stati incaricati,
ricevere osservazioni
e reclami in merito al
contratto,
possono compiere
atti conservativi e
cautelati nei
confronti
dell’imprenditore,
possono chiedere
provvedimenti
cautelari
nell’interesse
dell’imprenditore
Non possono
derogare alle
condizioni di
contratto
predisposte
dall’imprenditori o
alle clausole
stampate nei moduli
di impresa,
concedere sconti e
dilazioni al di fuori
delle indicazioni
dell’imprenditore,
non possono esigere
il prezzo delle merci
al di fuori del locali o
che non
consegnano
Non è richiesta una
forma specifica di
pubblicità: spetta
all’imprenditore
renderlo noto con
mezzi idonei quali
divise, targhette,
elementi distintivi.
Di conseguenza le
limitazioni sono
opponibili ai terzi solo
se portate a
conoscenza degli
stessi mezzi idonei
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L’azienda
Art. 2555
L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.
L’azienda costituisce l’apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale nello svolgimento della
sua attività. I beni organizzati ad azienda consentono la produzione di unità nuove, diverse e
maggiori di quelle traibili dai singoli beni isolatamente considerati.il valore di scambio dell’azienda
è maggiore della somma del valore di scambio dei singoli beni che la compongono presi
singolarmente: Tale maggior valore è detto “avviamento”.
In dottrina ci sono due diverse teoria (che nella pratica non incidono)
- teoria atomistica: l’impresa è l’insieme dei beni che la compongono.
- Teoria unitaria: l’azienda è un universalità di beni, un bene distinto dai beni che la
compongono, un bene untario
Disciplina dell’azienda: finalizzata alla conservazione dell’apparato organizzativo, cercando di non smembrarlo
Da cosa è composta l’azienda? L’azienda è composta da tutti i beni strumentali materiali e immateriali di cui l’imprenditore ha
facoltà di utilizzo (non occorre che sia proprietario, è irrilevante il titolo giuridico reale o obbligatorio
che conferisce la facoltà di utilizzo). Un bene fà parte dell’azienda se è utilizzato nello svolgimento
dell’attività di impresa: ciò che conta è lo scopo funzionale del bene.
Il trasferimento d’azienda: regole L’azienda può essere venduta, conferita in società, donata e su di essa possono essere costituiti
diritti reali (usufrutto) o personali(affitto) di godimento a favore di terzi.
L’imprenditore può trasferire l’azienda o singoli beni aziendali: siamo di fronte a un trasferimento
d’azienda (e applichiamo la relativa disciplina) quando il trasferimento riguarda un insieme di beni
di per sè potenzialmente idonei a essere utilizzati per una determinata attività di impresa (non
necessariamente la stessa del trasferente); è necessario che i beni esclusi dal trasferimento non
alterino l’unità economica e funzionale di quella data azienda, devono essere trasferiti tutti gli
elementi determinanti.
Norme riguardanti il trasferimento d’azienda
Forma negoziale: il contratto di trasferimento d’azienda non richiede forme particolari per
la validità del contratto: devono osservare le forme richieste per il trasferimento dei singoli
beni componenti l’azienda (se comprende immobili è necessaria la forma scritta ad
esempio) e eventualmente per il particolare tipo di negozio traslativo(il conferimento di un
azienda in una società di capitali dovrà sempre avvenire per atto pubblico). le regole
antiriciclaggio impongono limiti diversi. Solo per le imprese soggette a registrazione nella
sezione ordinaria del registro delle imprese è poi previsto che ogni atto di disposizione
dell’azienda deve essere provato per iscritto: la forma è richiesta ai soli fini probatori.
Sempre per la registrazione può essere richiesta una forma specifica (atto pubblico/scrittura
privata autenticata) e deve essere depositato dal notaio entro 30 giorni per la trascrizione.
L’avviamento: il valore dell’azienda non è pari alla somma dei valori dei beni che la
compongono esaminati singolarmente, ma superiore perchè i beni sono già organizzati e
coordinati in un apparato idoneo a produrre valore economico. Dipende sia da fattori
soggettivi (capacità dell’imprenditore di coordinare nel modo più efficente i beni,
capacità dell’imprenditore di attrarre e fidelizzare i clienti ) che oggettivi (sinergie positive
ottenute combinando due beni, sono suscettibili di rimanere anche se muta il titolare in
quanto insiti nel coordinamento funzionale dell’azienda)
17 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Effetti dell’operazione:
Sull’alienante: divieto di concorrenza In capo a chi trasferisce l’azienda è imposto un divieto
di concorrenza: per 5 anni l’alienante deve astenersi per al massimo 5 anni (periodo riducibile
dalle parti) dall’aprire un’attività che per oggetto e/o per luogo possa sviare la clientela
dell’azienda alienata. Questo divieto è un tentativo di conciliare due interessi opposti:
l’interesse dell’alienante a non vedere troppo limitata la sua libertà di iniziativa economica
(ecco perchè il limite non può essere aumentato) e l’interesse dell’acquirente di non subire
uno sviamento della clientela involontario. Lo sviamento involontario della clientela comporta
che il cliente continui erroneamente a intrattenere rapporti col precedente titolare
dell’azienda pensando di aver a che fare con la stessa azienda che in realtà è stata alienata.
Inoltre l’acquirente ha pagato l’avviamento per goderne, e lo sviamento pregiudicherebbe
ciò in quanto non potrebbe godere del pacchetto clienti incluso nell’avviamento.
Il divieto si applica sia alla vendita volontaria, sia alla vendita coattiva (vendita in blocco
dell’impresa da parte degli organi fallimentari).
Su debiti dell’azienda A tutela della posizione dei terzi i debiti vengono sì trasferiti in modo
automatico se risultano dalle scritture contabili ma l’alienante non è liberato salvo che il
creditore non abbia acconsentito espressamente alla sua liberazione. Nel caso in cui i creditori
non abbiano espressamente accosentito a liberare l’alienante egli risponderà in solido
all’acquirente inadempiente.
Sui crediti dell’azienda nel diritto privato la cessione deve essere notificata al debitore
ceduto. In questa frangente il provvedimento di notifica è stato sostituito con l’iscrizione nel
registro delle imprese come metodo di informazione . se il debitore ceduto paga al vecchio
titolare, il vecchio titolare egli deve pagare l’indebito al nuovo titolare.
Sui contratti in corso di esecuzione In caso di contratti a prestazioni corrispettive in cui
entrambe le parti non hanno terminato l’esecuzione (altrimenti sarebbe un credito/debito)
stipulati dall’alienante per assicurarsi i fattori produttivi necessari all’organizzazione
dell’impresa, allo svolgimento dei cicli produttivi, per dar sbocco ai suoi prodotti (esempio:
contratto di lavoro, di fornitura, di trasporto, di somministrazione dei prodotti dell’impresa ai
clienti). I manuali in questo caso distinguono spesso tra
Contratti di impresa: tutti gli atti necessari all’attività di impresa
Contratti aziendali: per poter disporre dei beni dell’azienda
La distinzione è irrilevante ai fini della disciplina perchè è uguale per le due categorie perchè
entrambi i contratti sono funzionali all’attività di impresa e quindi vengono trasferiti
automaticamente all’acquirente dell’azienda, salvo il caso di contratti personali ovvero in cui
l’identità di una delle parti è stata determinante nella conclusione del contratto perchè la
prestazione è legata all’abilità / capacità dell’esecutore.
Queste regole sono derogabili dalle parti: alienante e acquirente possono stabilire quali
contratti trasferire e quali no, la vontà delle parti è sovrana, la disciplina standard si applica se
non si è disposto nulla. Nel trasferimento d’azienda, a differenza del diritto privato, non viene
quindi richiesto il consenso della controparte ceduta, ma ella può recedere dal contratto
entro 3 mesi dalla cessione per giusta causa.
Regole specifiche sono previste per i contratti particolari come il contratto di lavoro.
Per i contratti personali come già detto non vengono trasferiti automaticamente e, in caso le
parti optino per trasferire il contratto serve il consenso del contraente ceduto, si torna alla
disciplina di diritto comune riguardante la cessione del contratto.
Usofrutto e affitto dell’azienda.
usofrutto: l’usofruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. L’usofruttuario deve disporre
dell’azienda senza modificarne la destinazione economica e in modo da conservarne l’efficenza dell’organizzazione e
degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Può disporre dell’azienda nei limiti delle esigenze di gestione. Al termine
dell’usofrutto l’azienda sarà mutata e risulterà composta da beni diversi: verranno redatti un inventario a inizio usofrutto e un
inventario alla fine e la differenza verrà regolata in denaro. La stessa disciplina si applica anche all’affitto di azienda (da
non confondere con la locazione di un immobile per l’attività di azienda). Si applicano alle stesse fattispecie il divieto di
concorrenza e la successione nei contratti aziendali. Si applica all’usofrutto ma non all’affitto la disciplina dei crediti
aziendali. Dei debiti aziendali anteriori alla concessione dell’usofrutto o dell’affitto risponderanno solo il nudo proprietario o
il locatore salvo che per i debiti di lavoro espressamente accollati anche al titolare del diritto di godimento.
18 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Le società
La società è una possibile forma di esercizio dell’attività economica (non
necessariamente realizzato in forma collettiva).
Evoluzione storica Nel diritto civile esisteva l’istituto della Società civile, consistente nella coproprietà di alcuni beni. La
prima forma societaria moderna che si afferma è la società in accomandita, caratterizzata da due
tipologie di soci, gli accomandanti che apportano capitali e beneficiano di una responsabilità
limitata e gli accomandatari che si occupano della gestione e rispondono illimitatamente delle
obbligazioni sociali. Con le esplorazioni geografiche si affermano le Compagnie Delle Indie, un
modello precursore della moderne SPA, finalizzate alla raccolta dei capitali necessari per
organizzare i viaggi commerciali nelle nuove terre. Per concessione sovrana godevano di
responsabilità limitata, i soci rischiavano solo l’importo apportato nella compagnia. Il beneficio di
responsabilità limitata è stato poi esteso e tutte le imprese rispondenti a certi requisiti. Le
partecipazioni in queste imprese sono caratterizzate da una crescente mobilità.
Art. 2247 Contratto di società
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili.
N.B. Fino al 1993 la definizione del contratto di società era idonea a definire le società, perchè
l’unico modo possibile per costituirle era appunto il contratto di società. A partire dal 1993 per
la SRL e dal 2004 per la SPA è possibile costituire una società unipersonale mediante un atto
unilaterale.
ANALISI DEL CONTRATTO DI SOCIETÀ
1) Contratto di tipo associativo/con comunione di scopo
2) Con specifiche caratteristiche:
a) Numero di parti variabili: è pluralaterale e aperto. Può essere stipulato da un numero
variabile di parti anche durante lo svolgimento del rapporto
b) Può sopravvivere alle parti iniziali, fondatrici
c) Le prestazioni delle parti possono essere di varia natura e di diverso ammontare: i
soci si obbligano a un conferimento che può essere eterogeneo sia in termini
quantitativi che qualitativi (beni, denaro, prestazioni d’opera). Le prestazioni non
sono destinate a scambiarsi in un rapporto di corrispettività, ma alla realizzazione di
uno scopo comune.
d) Il contratto non esaurisce la sua efficacia con la prestazione delle parti in quanto
fissa le basi per lo svolgimento della futura attività economica in comune e
predetermina le modalità individuali di partecipazione alla stessa. Il suo fine è quello
di organizzare un attività futura. Dal contratto nascono situazioni strumentali, non
finali.
e) L’invalidità, i vizi, la nullità, la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta o per
inadempimento del singolo vincolo associativo non si trasferiscono sull’intero
contratto, comportano solo la annullabilità/nullità/risoluzione della partecipazione
oggetto del vizio. (salvo che la partecipazione non sia da ritenersi essenziale)
3) Caratteristiche del contratto che contraddistinguono la società da altre forme associative
(associazione, comunioni, consorzi, ecc)
a) Conferimenti
I conferimenti sono le prestazioni a cui le parti del contratto si obbligano. La loro
funzione è quella di dotare la società del capitale di rischio/capitale sociale iniziale
per lo svolgimento dell’attività di impresa. Il capitale sociale ammonta al valore in
19 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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denaro dei conferimenti, rappresenta ciò che è espressamente destinato allo
svolgimento dell’attività di impresa. Inoltre è il metro con il quale attribuire diritti ai
soci e con cui valutare l’andamento della società *. Col conferimento il socio
destina stabilmente (per tutta la durata della società) parte della propria ricchezza
e si espone al rischio di impresa: corre il rischio di non ricevere remunerazione per il
suo capitale apportato, corre il rischio di perdere il valore del conferimento se la
società subisce perdite. N.B. non confondere il concetto di capitale sociale (valore in denaro dei conferimenti) col concetto di patrimonio sociale: con cui si intende l’insieme delle posizioni giuridiche attive e passive dell’impresa in un dato momento; ha una funzione di garanzia per i creditori, esclusiva in alcuni casi (società di capitali che beneficiano di limitazioni della resonsabilità) principale in altri (società di persone); esso varia costantemente durante la vita della società, a differenza del capitale sociale che varia poco di frequente, seguendo gli specifici iter dettati dalla legge per gli aumenti e le diminuizioni. Al momento della Costituzione patrimonio sociale e capitale sociale coincidono perchè l’unico rapporto in capo alla società sono i conferimenti: basta la prima operazione e non coincidono più. Si definisce “Patrimonio Netto” la differenza positiva tra attività e passività. *Il capitale sociale assolve due funzioni
I. Funzione vincolistica: indica l’ammontare dei conferimenti dei soci, il valore delle attività sociali che i soci hanno vincolato all’attività di impresa e che non possono liberamente ripartirsi per la durata della società. Indica la frazione di patrimonio sociale non distribuibile tra i soci : i soci possono distribuirsi durante l’attività solo la parte di patrimonio netto che eccede il capitale sociale.
II. Funzione organizzativa: permette di valutare l’andamento della gestione ( siamo di fronte a un utile se attività + patrimonio netto > passività, a una perdita se attività + patrimonio netto < passività). Inoltre funge da base misurativa per situazioni soggettive dei soci come il diritto di voto, agli utili e alla quota di liquidazione
Sono conferibili beni e servizi: denaro, beni in natura (mobili/immobili,
materiali/immateriali) trasferiti in proprietà o concessi in godimento, prestazione di
attività lavorativa: può costituire oggetto di conferimento ogni entità suscettibile di
valutazione economica che le parti ritengono utile per lo svolgimento in comune
dell’attività di impresa.
b) Scopo – mezzo: esercizio in comune di un’attività economica
È l’obiettivo che costituisce anche lo strumento volto al raggiungimento del fine di
redditività. È l’oggetto sociale, ovvero l’attività economica organizzata che i soci si
propongono di svolgere. Tale attività è predeterminata dall’atto costitutivo.
L’attività della società è attività di impresa? In tutte le società l’oggetto sociale deve consistere nello svolgimento di un attività
economica, ovvero di un’attività a contenuto patrimoniale, condotta con metodo
economico e finalizzata alla produzione o allo scambio di beni e servizi. L’elemento
essenziale che identifica una società è l’esercizio in comune dell’attività. Come
identificare questo requisito? Utilizzare un punto di vista soggettivo che si focalizza
sul potere del singolo socio di partecipare all’attività di gestione non è praticabile;
alcuni requisiti minimi possono però essere fissati dal punto di vista oggettivo:
possiamo ritenere un attività economica comune se volta alla realizzazione di un
risultato unitario e comune, imputabile al gruppo, in modo che tutti siano partecipi
in misura diversa al suo raggiungimento. È quindi il modo di svolgimento che la
consente di identificare come comune; è anche necessario che i singoli atti di
impresa nei confronti dei terzi avvengano con la spendita del nome del gruppo
unitariamente considerato. Non dobbiamo quindi confondere la società con
l’associazione in partecipazione, fattispecie in cui all’associato l’associante attribuisce una
partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di uno
specifico apporto: il titolare dell’impresa resta solo l’associante, gli atti sono compiuti in suo
nome e sono a lui imputabili anche se compiuti dall’associato; la gestione dell’impresa è
riservata all’associante e l’associato partecipa al rischio economico solo per la perdita del
valore del suo apporto. proprio la mancanza di attività in comune impedisce che l’apporto
dell’associato dia vita a un capitale sociale.
20 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Di certo possiamo affermare che l’attività oggetto dell’articolo 2247 c.c. non
manca del requisito di organizzazione perchè i conferimenti costituiscono appunto
un apparato organizzativo. Dato che l’articolo non menziona l’attività di impresa
quindi possono esserci società che
Mancano del requisito di professionalità società occasionali
L’esercizio in comune di un’attività occasionale è sufficiente per dar vita ad
una società, ma non da vita all’impresa per mancanza della professionalità.
Alle società occasionali si applica la disciplina del tipo di società prescelto.
Esse sono però escluse dal fallimento anche se l’attività è commerciale.
Possiamo considerare come società occasionale se si formalizza un
contratto per uno scopo oggetivamente non duraturo, ovvero se la società
costituita è volta all’esercizio di un’attività oggettivamente non duratura
che si esaurisce nel compimento di pochi atti elementari coordinati, che non
richiedono la predisposizione di alcun apparato produttivo oggettivamente
apprezzabile (quindi non il compimento di un unico atto in comune perchè
si difetta del requisito dell’attività inteso come serie di atti coordinati, nè
tanto meno nel caso di un affare complesso, perchè non vi è incompatibilità
tra professionalità e singolo affare).
Esempio: due tipi si accordano per l’acquisto in pianta di una partita di
agrumi, per la loro raccolta personale e la vendita della stessa. Questo
fenomeno è ammissibile ma ha un rilievo pratico marginale. Nella pratica
inoltre, dato i costi e l’iter necessario per la costituzione di una società non
ha senso compiere questi sforzi per uno scopo non duraturo, considerando
anche che lo scioglimento della stessa non è agevole.
Svolgono un attività non di impresa società di professionisti
l’attività economica svolta dai professionisti non è ritenuta attività di impresa.
Una società fra professionisti per l’esercizio in comune della loro attività è
considerata ammissibile solo dal 1997, a patto che rispetti specifiche regole
disposte appositamente da regolamenti ministeriali: tutti i soci devono essere
abilitati all’esercizio della prestazione che svolgono, il cliente può scegliere
chi deve eseguire la prestazione, la forma societaria è un snc. Definiamo
come società tra professionisti che hanno per oggetto unico ed esclusivo
l’esercizio in comune dell’attività ad essi stessi riservata per legge. esempio:
società tra avvocati (Campobasso – volume 2 pag 21)
Non bisogna confondere la società di professionisti con le società di mezzi
che hanno per oggetto la gestione di beni utilizzati in comune dai
professionisti, con l’assunzione congiunta di un incarico, con gli studi
associati e le società di servizi imprenditoriali (esempi società di ingegneria che oltre
a occuparsi della progettazione si occupano di ricerche di fattibilità, reperimento di fondi fino
alla realizzazione e vendita degli impianti realizzati) e società di revisione contabile)
c) Scopo – fine: scopo di divisione degli utili
Lo scopo fine di una società è la divisione degli utili, uno scopo di lucro
- Oggettivo: obiettivo per la società di massimizzare i profitti
- Soggettivo: successiva distribuzione degli utili ai soci
Questo è lo scopo tipico che il legislatore assegna alla società di persone e di
capitali, definite società lucrative. Per legge sono ammessi anche altri scopi:
Scopo mutualistico perseguito dalle società cooperative: consiste nel fornire
ai soci beni, servizi, occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle
di mercato. Procurano ai soci un vantaggio patrimoniale diretto che potrà
consistere in un risparmio di impresa o in una maggiore remunerazione del
lavoro prestato in cooperativa. La società opera in modo economico per
garantire questi vantaggi, realizzando uno scopo economico dei soci.
Scopo consortile perseguito da società consortili, società di imprenditori: è
volto ad organizzare fasi del processo produttivo delle proprie imprese in
modo da ottimizzare il processo produttivo fornendo beni e servizi.
21 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Scopo non di lucro: l’impresa sociale svolge attività di produzione di beni e
servizi di utilità sociale (assistenza sociale, sanitaria, socio-sanitaria,
educazione, formazione, tutela dell’ambiente, servizi culturali, ecc) ed è
obbligata a reinvestire nell’attività gli utili prodotti.
DISTINZIONI
SOCIETÀ ≠ ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI
Formalmente la distinzione risiede nella nomenclatura del contratto.
Sostanzialmente le associazioni e le fondazioni hanno un fine ideale e l’eventuale attività
economica è solo strumentale alla realizzazione di tale fine.
SOCIETÀ ≠ COMUNIONE
SOCIETÀ COMUNIONE
costituzione Deriva dall’espressione di volontà delle
parti, da un negozio giuridico, è un
contratto
Deriva da una situazione giuridica,
quando la proprietà o un altro diritto
reale spetta in comunione a più
persone; può essere involontaria (eredi
che in sede di successione si trovano
coproprietari di un impresa)
oggetto Svolgimento in comune di un attività
economica
Godimento della cosa comune, diretto
o indiretto
Rapporto tra i beni
e l’esercizio
dell’attività
Nelle società i beni sono il mezzo
mediante il quale realizzare l’attività
economica
L’attività esercitata è funzionale al
mantenimento del godimento dei beni
Vincolo di
destinazione
I soci non possono usare a fini personali i
beni sociali, essi sono vincolati
esclusivamente allo svolgimento
dell’attività economica (vincolo di
stabile destinazione)
I beni possono essere utilizzati dai
partecipanti personalmente, purchè il
loro utilizzo non pregiudichi l’altrui
facoltà di godimento. Non c’è vincolo
di destinazione nè nei rapporti interni nè
in quelli esterni
Finalità della
diversa disciplina
Regolare i rapporti tra soci e coi terzi Tutelare la facoltà di godimento di tutti i
partecipanti
Comunione
d’azienda: quale
disciplina
se i proprietari svolgono attività di
impresa c’è una società di fatto, non
esternalizzata dal vincolo di società
si applicano le regole della società
Se l’azienda viene concessa in
godimento a terzi (affittata)
si applicano le regole della
comunione
caso dell’impresa coniugale: essa è stata introdotta dal diritto di famiglia nel 1975. Rientrano nella
comunione legale tra i coniungi in regime di comunione dei beni anche le aziende gestite da
entrambi i coniugi costituite dopo il matrimonio. Si applica la disciplina della comunione familiare,
sia per la gestione dell’impresa comune, sia per il regime patrimoniale (Campobasso – volume 2 –
pag 38).
SOCIETÀ ≠ CONSORZI
con il contratto di consorzio gli imprenditori organizzano particolari fasi della loro attività, cercando
attraverso la collaborazione di migliorare l’efficenza collaborando con altri imprenditori. Possono
riguardare solo attività interne oppure relazionarsi con terzi esterni
SOCIETÀ ≠ GRUPPI EUROPEI DI INTERESSE ECONOMICO
SOCIETÀ ≠ ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE (JOIN VENTURE)
22 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Classificazione delle società
Secondo lo scopo
Società lucrative
Società mutualistiche e consortili
Secondo il tipo di attività
Società commerciali (attività del 2195)
Società non commerciali società semplice
Secondo la responsabilità per le obbligazioni sociali
Risponde solo la società col suo patrimonio: spa, srl
Risponde la società col suo patrimonio e alcuni soci: sas, sapa, ss
Risponde la società col suo patrimonio e tutti i soci: snc, ss
Secondo la personalità giuridica: avere personalità giuridica significa essere considerati un
soggetto di diritto a sè stante, nettamente distinto dai soci che lo compongono
Società con personalità giuridica società di capitali
Società senza personalità giuridica società di persone
Analizziamo a confronto le società di persone e le società di capitali
SOCIETA’ DI PERSONE (s.s, s.n.c, s.a.s) SOCIETA’ DI CAPITALI (s.p.a, s.r.l, s.a.p.a) Responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali
La responsabilità è
ILLIMITATA: il socio risponde con tutto il
suo patrimonio personale, non solo con
la quota conferita
SOLIDALE: il creditore sociale può
richiede il pagamento a un socio,
indipendentemente dalla quota di
partecipazione che egli ha nella
società. Spetterà al socio esercitare
successivamente azione di regresso nei
confronti degli altri soci per l’importo
della loro quota.
SUSSIDIARIA: qualora la società
(obbligato principale) non abbia un
patrimonio sufficientemente capiente
all’adempimento beneficio della
preventiva escussione
La responsabilità illimitata riguarda tutti soci,
eccetto nella s.a.s dove i soci accomandanti
sono responsabili solo per la quota conferita
(solo gli accomandatari hano resposabilità
illimitata) e nella società semplice dove
possono essere stipulati patti di limitazione della
responsabilità da parte dei soci non
amministratori. È inderogabile nella snc.
La responsabilità è LIMITATA: i soci non
rispondono delle obbligazioni col loro
patrimonio in via sussidiaria, rispondono solo
con la quota conferita in società
responsabilità limitata alla quota conferita
Eccezione: nella S.a.p.a c’è una categoria di
soci, gli accomandatari con responsabilità
illimitata; solo gli accomandanti beneficiano
della limitazione della responsabilità.
Inoltre in caso di società unipersonali, qualora
non fossero rispettati certi requisiti e certe
regole, l’unico socio può perdere la limitazione
di responsabilità
Organizzazione
Non è prevista un organizzazione di tipo
corporativo basata su una pluralità di organi.
L’attività si fonda su un principio che riconosce
poteri di amministrazione e controllo ai soci
Organizzazione di tipo corporativo, ovvero
basata su una pluralità di organi ciascuno
investito per legge di specifiche funzioni e
competenze. lI funzionamento di tali organi è
23 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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investiti della responsabilità illimitata, e richiede
il consenso unanime per le modifiche all’atto
regolato dal principio maggioritario,
l’assemblea delibera a maggioranza anche
SOCIETA’ DI PERSONE (s.s, s.n.c, s.a.s) SOCIETA’ DI CAPITALI (s.p.a, s.r.l, s.a.p.a) Organizzazione (continua)
costitutivo. Il singolo socio, data la
responsabilità illimitata, è investito del potere di
amministrazione e rappresentanza
indipendentemente dall’ammontare del
capitale conferito e del suo capitale personale.
È quindi di particolare rilievo la figura della
persona del socio nell’organizzazione e
funzionamento della società, nonchè il
rapporto fiduciario tra i soci stessi
modifiche dell’atto costitutivo. Il singolo socio
non ha potere diretto di amministrazione e
controllo (eccetto srl) ha solo il diritto di
concorrere col suo voto in assemblea, alla
designazione dei membri dell’organo
amministrativo e/o di controllo. Il peso di
ciascun socio in assemblea è proporzionale al
capitale conferito.
Amministrazione
La qualifica di socio integra la qualifica di
amministratore. L’amministrazione spetta a tutti i
soci, salvo deroghe nell’atto costitutivo che
affidano la gestione solo ad alcuni soci.
È ammissibile che la gestione sia affidata a un terzo? È un punto la cui legittimità è controversa
in dottrina perchè si consente al terzo di fare
operazioni di cui lui non sarà responsabile, ma
che investono sia il patrimonio sociale che il
patrimonio personale dei soci. D’altra parte
però sono i soci che scegliendo di affidare la
gestione a un terzo si assumono
consapevolmente le conseguenze. I soci privi
del diritto di amministrazione sono sottoposti a
specifiche regole
Eccezione: nella s.a.s l’amministrazione è
affidata ai soci accomandatari, illimitatamente
responsabili.
L’amministrazione è totalmente disgiunta dalla
qualifica di socio. La qualità di socio non
integra la qualità di amministratore.
L’amministrazione è affidato a un organo
specifico a cui è affidata la gestione della
società. I soggetti che fanno parte di questo
organo possono essere soci oppure no.
Eccezione: nella s.a.p.a l’amministrazione è
affidata ai soci accomandatari, illimitatamente
responsabili.
Trasferimento della qualifica di socio
È una libertà limitata, subordinata
all’accettazione dei soci restanti perchè la
persona che ricopre la figura del socio è molto
rilevante. Siccome il trasferimento implica una
modifica dell’atto costitutivo ci vuole la
maggioranza/unanimità
Il trasferimento è libero e veloce, salvo
limitazioni imposte nell’atto costitutivo o casi
previsti dalla legge che limitano/vietano la
circolazione.
Nella S.p.A si diventa soci acquistendo azioni,
titoli di credito con una rapida velocità di
circolazione.
Autonomia patrimoniale
Non hanno personalità giuridica: l’autonomia
patrimoniale è imperfetta, c’è una separazione
imperfetta tra patrimonio sociale e patrimonio
dei soci: in caso di insufficienza di quest’ultimo i
creditori societari possono, in via sussidiaria
aggredire il patrimonio dei soci. I creditori
personali dei soci non possono aggredire il
patrimonio sociale: non c’è confusione tra i due
patrimoni
Hanno personalità giuridica: autonomia
patrimoniale perfetta. Il patrimonio della
società è nettamente distinto, separato e
autonomo da quello dei soci. In quanto
persone giuridiche queste società sono trattate
come soggetti di diritto formalmente distinte. I
beni conferiti diventano formalmente beni di
proprietà della società e i creditori dei soci non
possono soddisfarsi sul patrimonio della società
perchè esso è un patrimonio giuridicamente
appartenente a un altro soggetto, la società.
24 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Tipi di società e autonomia privata quanti costituiscono una società possono liberamente scegliere fra tutti i tipi di società per esercitare un
attività non commerciale, escludendo la società semplice se si tratta di un attività commerciale.
Se l’attività è non commerciale la scelta di un determinato tipo societario non è essenziale per la valida
costituzione di una società: se i soci non decidono nulla si applicano le norme della società semplice.
Se l’attività è commerciale, in caso di silenzio delle parti sul tipo di società si applicano le norme della snc.
s.s e s.n.c sono i regimi residuali dell’attività societaria commerciale e non commerciale
scelto un determinato tipo di società le parti possono, con apposite clausole contrattuali, designare un
assetto organizzativo delle società parzialmente diverso da quello risultante dalla disciplina legale del tipo
prescelto. È necessario che le clausole atipiche inserite nell’atto costitutivo non siano incompatibili con la
disciplina del tipo societario prescelto, non violino aspetti espressamente dichiarati inderogabili o ritenuti tali
perchè fissano i caratteri essenziali del tipo societario. È inammissibile la creazione di un tipo di società del
detutto inconsueto e stravagante, che non corrisponde cioè per nome e per caratteri organizzativi a nessuno
dei modelli legislativi previsti: le società sono un numero chiuso. La società atipica è nulla.
I patti parasociali sono accordi stipultati al di fuori dell’atto costitutivo volti a regolare i rapporti interni o verso
la società. Restano formalmente distinti dall’atto costitutivo. Hanno efficacia solo tra i soci che li stipulano,
non vincolano, come le clausole dell’atto costitutivo, anche i soci futuri. La loro invalidità non investe la
società e la loro violazione obbliga solo al risarcimento dei danni così arrecati.
contratto di società e organizzazione la società è un contratto ma è nel contempo una forma di organizzazione giuridica di una futura attività
economica. Con la stipula del contratto di società le parti contraenti diventano membri della struttura
organizzativa così creata; acquistano la qualità di soci e diventano titolari di una serie articolata di situazioni
soggettive (diritti, poteri, facoltà, obblighi, divieti, responsabilità), di natura amministrativa e patrimoniale.. il
socio è investito di diritti sociali. I diritti di cui ciascun socio gode vanno inseriti e valutati nell’ambito
dell’organizzazione di gruppo creata col contratto di società. (vedi p 53 – campobasso – volume 2)
Le società di persone:
Società semplice e Società in Nome Collettivo
Analizziamo insieme società semplice e s.n.c. date le analogie nella disciplina, che forma una sorta
di “statuto generale delle società di persone” : la disciplina per la s.s. è disciplina di base anche per
le altre società di persone, è il prototipo normativo. Le s.s., utilizzabili solo per attività non
commerciali, sono poco impiegate nel concreto.
Analizzeremo successivamente la Società in Accomandita Semplice, data la particolarità dovute
alla presenza di due tipi di soci con diverse peculiarità.
25 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Le società di persone: Società semplice e Società in Nome Collettivo Disciplina comune Società Semplice Società in Nome Collettivo
Costituzione
Può avvenire solo per contratto, non sono ammessi atti
unilaterali. Per l’iscrizione nel registro delle imprese è
richiesta la forma scritta. Per quanto riguarda il
contenuto ci sono alcuni elementi essenziali. La
grande autonomia delle parti permette l’inserimento di
elementi che regolano i rapporti interni, ecc (vedi p.25
appunti di diritto commerciale integrali).
Se un vizio che causa invalidità del contratto di società
applicheremo le norme previste dal diritto privato.
L’invalidità del contrato porta allo scioglimento della
società. Cause di invalidità sono quelle di nullità (1418
c.c.) e annullabilità (1425 c.c)previste in materia di
contratti dal codice civile. Possono investire l’intero
contratto o il singolo vincolo associativo: l’invalidità del
singolo vincolo associativo non si riflette sull’intero
contratto. In caso di invalidità i soci non sono
comunque liberati dall’obbligazione di effettuare i
conferimenti nonostante lo scioglimento. L’invalidità
non travolge gli atti compiuti fino a quel momento.
La società di fatto: nascono non da un contratto di
società ma da comportamenti concludenti di fatto. Se
l’attività è non commerciale supponiamo sia una s.s.,
se l’attività è commerciale supponiamo sia una s.n.c,
per forza do cose irregolare perchè se non c’è un
contratto non formalizzato non è possibile l’iscrizione La società occulta: costituita con l’espressa volonta di non
rivelare la sua esistenza all’esterno (p. 61 Campobasso –
volume 2)
Non è prevista una forma particolare
(la disciplina è meno rigida dato che
la società semplice è utilizzabile solo
per attività non commerciali). La
forma richiesta dipenderà dalla
natura dei beni conferiti. Le società
semplici si iscrivono nella sezione
speciale del registro delle imprese: se
manca l’iscrizione le s.s. non potranno
far valere la pubblicità dichiarativa
È richiesto l’atto pubblico o una
scrittura privata autenticata.
L’articolo 2295 c.c indica gli
elementi contenuti nell’atto:
generalità dei soci, ragione
sociale (nome della società),
oggetto sociale, prestazioni dei
soci d’opera, durata (non più
obbligatorio
specificarla)conferimenti*, soci
che hanno la rappresentanza*,
criteri per la ripartizione degli utili
e delle perdite* ; questi ultimi tre
elementi segnati dall’asterisco
possono anche mancare e in tal
caso si applica la disciplina
standard prevista. In caso di
mancanza degli altri elementi o
della forma prescritta la società
non può iscriversi al registro delle
imprese.
Se la snc non viene iscritta nel
registro delle imprese si
configurerà una s.n.c irregolare a
cui si applicheranno le norme
della s.s (l’iscrizione ha efficacia
normativa), salvo il fatto che tutti i
soci hanno responsabilità illimitata
(no limitazioni previste per la s.s)
Partecipazione
dei soci (solo libro)
Partecipazione degli incapaci: il minore, l’interdetto e l’inabilitato non possono iniziare un attività di società ex novo, con l’autorizzazione del tribunale possono
conservare la partecipazione che pervenga loro per donazione/successione (stessa disciplina vista con l’imprenditore) sempre che gli altri soci non deliberino
l’esclusione. Il minore emancipato può partecipare alla costituzione o adervi successivamente con l’autorizzazione del giudice. Il beneficiario dell’amministrazione di
sostegno può partecipare a una società o aderirvi senza autorizzazione, salvo diverse disposizioni nel decreto di nomina.
Partecipazione di società in società di persone: la società di capitali può ma a specifiche condizioni (campobasso vol 2 p 68), una società di persone può
partecipare anche (v dettagli sul libro, argomento non affrontato a lezione)
26 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Disciplina comune Società Semplice Società in Nome Collettivo Obbligazioni dei soci
Si vincolano a comportarsi in modo collaborativo, ad agire in modo concorde e omogeneo per raggiungere il fine comune.
Obbligazioni
dei soci: i conferimenti
Ciò che conferisce a un soggetto la qualifica di socio
sono i beni o i crediti apportati da esso nella società.
L’obbligo di conferimento è essenziale per acquisire la
qualifica di socio. Se nell’atto costitutivo non viene
specificato nulla al riguardo, si presume che tutti i
conferimenti siano eseguiti in denaro e in parti uguali
tra i soci per l’importo necessario allo svolgimento
dell’oggetto sociale. Non c’è un ammontare minimo
obbligatorio del Capitale Sociale.
Sono conferibili beni, crediti e prestazioni d’opera I beni possono essere conferiti in proprietà (la titolarità
del bene passa alla società: si adottano le regole della
vendita, per cui il conferente è tenuto alla garanzia
per vizi e evizione fino al passaggio di proprietà è
responsabile del perimento della cosa) o in godimento
(la proprietà del bene rimane al socio, alla società
viene trasferita la facoltà di godimento: si applicano le
regole della locazione, il rischio del perimento del
bene resta a carico del socio salvo che non sia dovuto
a negligenza, dolo, colpa degli amministratori della
società.) in caso di perimento dei beni il socio può
essere escluso.
I crediti sono conferibili a patto che il trasferimento
avvenga pro solvendo: se il debitore non paga
risponde il conferente.
Il conferimento di una prestazione d’opera configura
un socio d’opera: egli si impegna a prestare lavoro
presso la società. Non è un dipendente (non ha diritto
quindi al trattamento salariale e previdenziale) e il suo
lavoro è remunerato dalla partecipazione agli utili
indicata nell’atto costitutivo. In caso di silenzio essa
verrà stabilita dal giudice secondo equità. (vedi da p
75 a p 77 – campobasso volume 2).
Questi conferimenti costituiscono il CAPITALE SOCIALE.
Non sono previste particolari regole
riguardanti il capitale sociale: nessuna
norma ad esempio garantisce che il
patrimonio netto abbia un eccedenza
posuitiva almeno uguale al capitale
sociale. Non è richiesta la valutazione
iniziale dei conferimenti.
C’è una disciplina particolare
riguardante il CAPITALE SOCIALE:
è necessario indicare nell’atto
costitutivo il valore dei
conferimenti e i criteri utilizzati per
la valutazione di questi importi (se
non è indicato vedi a lato).
Inoltre:
- l’art 2303 vieta la ripartizione di
utili fittizzi (che non corrispondo a
un eccedenza del patrimonio
netto sul capitale sociale) e la
distribuzione di utili in presenza di
perdite finchè il capitale sociale
non è stato ridotto o reintegrato.
- l’art 2306 prevede che si
possano liberare gli associati
dall’obbligazione dei
conferimenti o ricevere la
restituzione di quelli già effettuati
solo mediante il procedimento di
riduzione del capitale sociale. A
questa procedura possono
opporsi i creditori sociali: la
delibera può essere eseguita solo
se passati 3 mesi dal momento in
cui è stata depositata nel registro
delle imprese nessuno dei
creditori anteriori all’iscrizione
abbia fatto opposizione.
27 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Disciplina comune Società Semplice Società in Nome Collettivo Obbligazioni
dei soci: Divieto di utilizzo dei beni
sociali ...
per finalità personali I beni sono destinati stabilmente all’attività
Obbligazioni dei soci: Divieto di concorrenza
Salvo deroghe: se gli altri soci sono a conoscenza della situazione possono acconsentire che il socio svolga un attività concorrente .
Il socio che violi questo divieto può essere escluso ed è tenuto a risarcire il danno. È vietato l’esercizio per conto proprio o altrui di
attività concorrente (come amministratore di una spa concorrente ad esempio). il divieto non impedisce al socio di partecipare
come socio limitatamente responsabile in altre società concorrenti, lo svolgimento di attività di impresa non concorrenziale.
Partecipazione agli utili e alle
perdite
Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione sociale. C’è piena autonomia nel
determinare i criteri di partecipazione, eccetto il divieto di patto leonino: è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da
ogni partecipazione agli utlili o alle perdite. Nulli vanno ritenuti anche i criteri di ripartizione che mirano alla sostanziale esclusione di
uno o più soci alla partecipazioni agli utili o alle perdite.
Se l’atto costitutivo non prevede un criterio di riparto, si considerano i criteri legali, che prevedono che la partecipazione alle perdite
sia proporzionale alla partecipazione agli utili e quest’ultima si presume proporzionale ai confeimenti. La valutazione della
partecipazione può essere anche richiesta a un soggetto esterno detto arbitratore
Il diritto di ripartizione degli utili sorge in capo al socio con l’approvazione del rendiconto. Per rinunciare al riparto occorre la rinuncia
espressa dal socio: tale rinuncia può essere desunta da un comportamento concludente per la giurisprudenza. Per non ripartire gli
utili la rinuncia deve essere presa con decisione unanime, salvo deroghe.
Non si possono distribuire gli utili in presenza di perdite non coperte riducendo o reintegrando il capitale sociale.
Le perdite incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendola proporzionalmente con la
conseguenza che in sede di liquidazione il socio si vedrà rimborsare una quota inferiore al valore originario del capitale
conferito(salvo reintegro, in cui soci conferiranno proporzianalmente il denaro per coprire la perdita)
Responsabilità dei soci
Delle obbligazioni risponde innanzitutto la società col
proprio patrimonio. In via sussidiaria rispondono
personalmente e illimitatamente i singoli soci.
La responsabilità per le obbligazioni sociali
precedentemente contratte è estesa anche ai nuovi
soci.
Il non essere più socio non fa venire a mancare la
responsabilità per le obbligazioni sorte anteriormente
all’uscita dalla società.
sono responsabili i soci che hanno
agito e, salvo patto contrario, gli altri
soci. La responsabilità illimitata di tutti i
soci è parzialmente derogabile:
1. I soci investiti dall’amministrazione
sono sicuramente e illimitatamente
responsabili col loro patrimonio
2. I soci non investiti del potere di
amministrazione possono limitare la
loro responsabilità con apposito
patto sociale alla sola quota
conferita. Il patto è opponibile a
terzi se portato a loro conoscenza
con mezzi idonei
La responsabilità è inderogabile.
L’eventuale patto contrario non
ha effetto nei confronti dei terzi. Il
patto ha efficacia soltanto
interna nei rapporti tra i soci. Il
creditore può chiedere il
pagamento a chiunque
28 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Disciplina comune Società Semplice Società in Nome Collettivo
Responsabilità dei soci:
beneficio della preventiva escussione
i creditori sociali vantano un credito nei confronti della
società e possono soddisfarsi sul patrimonio sociale e
dei singoli soci.
Vale il beneficio della preventiva escussione: prima di
aggredire il patrimonio personale del socio, deve
aggredire il patrimonio sociale. I soci sono responsabili
in via sussidiaria, qualora il patrimonio sociale sia
insufficiente. I creditori sono tenuti a provare a
soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter
aggredire il patrimonio dei soci.
Il socio che ha pagato interamente può esercitare
azione di regresso verso gli altri soci, secondo la misura
di ciascuno di partecipazione alle perdite.
Il creditore può rivolgersi direttamente
al socio illimitatamente responsabile e
sarà questi a dover invocare il
beneficio della preventiva escussione
e indicare i beni del patrimonio
sociale dove il creditore può
soddisfarsi agevolmente. Opera in via
d’eccezione e il socio sarà tenuto a
pagare ove non provi che nel
patrimonio esistono beni sifficienti e
prontamente e agevolmente
aggredibili dal creditore istante.
Si applica anche alle snc irregolari
Il beneficio della preventiva
escussione opera
automaticamente. I creditori non
possono pretendere il
pagamento dai singoli soci se
non dopo l’escussione del
patrimonio sociale. È necessario
che l’azione esecutiva sul
patrimonio sociale si sia rivelata
inefficace prima di poter
aggredire il patrimonio sociale.
Responsabilità
dei soci: il creditore
particolare del socio
Il creditore particolare del socio potrà aggredire il
patrimonio personale del socio, non il patrimonio
sociale. Può però:
- rivalersi sugli utili spettanti al socio
- compiere atti conservativi sulla quota del socio
(impedire che la quota venga regalata, venduta
senza un adeguato corrispettivo)
- può chiedere alla società la liquidazione della quota
del socio
- può chiedere alla società la
liquidazione della quota del socio
la liquidazione può essere chiesta in
ogni momento, qualora dimostri che il
patrimonio personale del socio non è
sufficente.
- può chiedere alla società la
liquidazione della quota del socio
solo alla scadenza della
società. In caso di proroga può
opporsi entro 3 mesi
- nella sas la quota dei soci
accomandanti è liberamente
aggredibile, per gli
accomandatari valgono queste
regole.
Modifiche dell’atto
costitutivo
Occorre l’unanimità, salvo deroghe che dispongono diversamente nell’atto costitutivo richiedendo la maggioranza. Modificare un
socio è una modifica dell’atto, quindi serve il consenso unanime dei soci. Nelle snc le modifiche sono soggette a pubblicità legale e
finchè non sono iscritte nel registro delle imprese non sono opponibili a terzi. La modifica tuttavia produce effetti indipendentemente
dall’iscrizione.
Nelle società semplici e irregolari le modifiche devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei e non sono opponibili
a quei terzi che le abbiano senza colpa ignorate
Amministrazione
e rappresentanza
L’amministrazione è l’attività di gestione dell’impresa sociale. Il potere di amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che
rientrano nell’oggetto sociale, finalizzati allo svolgimento dell’attività di impresa. Dobbiamo considerare non solo le operazioni
strettamente connesse all’oggetto sociale ma anche tutte le operazioni indirettamente funzionali all’attività. Non incorre nei limiti
previsti per l’institore o per mandatario generale: l’amministratore può vendere o ipotecare gli immobili sociali. Non possono
compiere atti di modifica del contratto sociale come cambiare radicalmente l’oggetto sociale (essi vanno deliberati dai soci)
29 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Amministrazione e
rappresentanza
(continua)
Secondo il modello legale, ogni socio illimitatamente responsabile è amministratore della società.
L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci. Normalmente la qualifica di socio
integra la qualifica di amministratore, salvo queste deroghe contenute nell’atto costitutivo.
Quando l’amministrazione spetta a più soci, tutti o alcuni, possono essere adottati due diversi modi d’esercizio del potere d i
amministrazione:
tipologia Aspetti positivi Aspetti negativi Correttivi dei problemi Amministrazione Disgiuntiva
Tutti gli amministratori possono compiere atti
di gestione in modo autonomo, ciascun
amministratore può da solo compiere le
operazioni rientranti nell’oggetto sociale senza
essere tenuto a chiedere il consenso o parare
degli altri amministratori, nè a informarli
preventivamente (salvo che non lo imponga
l’atto costitutivo)
Rapido, veloce
nel prendere
decisioni
L’eccessiva
autonomia può
essere pericolosa:
il singolo
amministratore
può mettere in
atto decisioni non
proficue per la
società
Gli altri soci possono esercitare il
potere di opposizione prima che
l’operazione venga compiuta:
paralizza il potere decisorio
dell’amministratore e si deciderà a
maggioranza dei soci per quote di
interesse. In alternativa l’atto
costitutivo può stabilire che tali
controversie vengano definite da uno
o più terzi in qualità di arbitrariatori. Amministrazione Congiuntiva
È necessario il consenso di tutti i soci
amministratori(sistema all’unanimità)/ della
maggioranza dei soci amministratori (sistema
a maggioranza, calcolata in base alla
partecipazione agli utili) per il compimento
delle operazioni sociali. Il principio
maggioritario deve essere espressamente
dichiarato, altrimenti si intende all’unanimità
Rigida, lento nel
prendere
decisioni
Più certo, ogni
decisione è
ponderata da tutti
gli amministratori
L’amministratore può agire
individualmente quando vi sia urgenza
di evitare danni gravi e irreparabili
alla società
Nell’atto costitutivo è possibile adottare uno di questi sistemi, o un mix tra i due tarato sulle esigenze dell’attività (per alcune
operazioni congiuntiva, per altre disgiuntiva). Nel silenzio trova applicazione il modello legale dell’amministrazione disgiuntiva.
Nell’atto costitutivo si sceglie, oltre al sistema di amministrazione, i soggetti investiti di tale potere.
DOVERI DEGLI AMMINISTRATORI:
- Obbligo di tenuta delle scritture contabili e di redazione del bilancio d’esercizio
- Obbligo a provvedere alle necessarie iscrizioni nel registro delle imprese
- Obbligo a agire con diligenza, la diligenza del buon mandatario. Essa non è valutata in relazione al risultato ottenuto ma al
comportamento adottato.
30 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI
Gli amministratori sono tenuti a risarcire il danno arrecato alla società con comportamenti non diligenti ad esempio. la responsabilità
patrimoniale sorge se il comportamento in violazione degli obblighi arreca danno alla società. Il risarcimento è volto al reintegro del
Capitale Sociale, non il patrimonio dei soci promotori dell’azione di responsabilità
Nelle società di capitali è previsto l’apposito strumento dell’ azione di responsabilità per imputare la responsabilità agli
amministratori. Nelle società di persone essa può essere promossa dagli altri soci. Per individuare le responsabilità occorre che
qualcuno controlli l’operato degli amministratori: nelle società di capitali c’è un organo apposito, nelle società di persone il controllo
è interno è esercitato dai soci e da ogni amministratore sugli altri amministratori. Infatti la responsabilità degli amministratori è
solidale, salvo dimostrando che con l’ordinaria diligenza non si poteva evitare il comportamento dannoso messo in atto dall’altro
amministratore. Ciò spinge gli amministratori a realizzare un forte controllo reciproco.
Specifiche sanzioni per gli amministratori son previste in caso di fallimento della società.
I soci amministratori avranno diritto a un compenso per il loro compito, salvo che la prestazione dell’amministratore sia oggetto di
conferimento del socio d’opera questa ipotesi si verifica se tutti i soci sono amministratori (si suppone che conferiscano anche la
prestazione) o quando risulti dall’atto costitutivo che l’attività di alcuni soci amministratori è da ritenersi tale attribuendo loro una
partecipazione maggiore agli utili.
LA REVOCA
Amministratori nominati nell’atto costitutivo: revocabili solo per giusta causa. L’amministratore può ricorrere all’autorità
giudiziaria perchè sia accertata l’ingiusta causa e in tal caso viene reintegrato. La revoca comporta una modifica dell’atto
costitutivo e deve essere quindi disposta all’unanimità salvo deroghe contenute nello stesso atto.
Amministratori nominati in un altro atto apposito: revocabili secondo le regole previste dal mandato; è revocabile anche
senza giusta causa (avrà diritto al risarcimento dei danni in questo caso)
La revoca della qualifica di amministratore a un socio/amministratore non comporta la perdita della qualifica di socio: il rapporto di
amministrazione è un rapporto autonomo e distinto del rapporto sociale. La revoca per giusta causa più essere anche chiesta
giudizialmente da ciascun socio
POTERI DEI SOCI NON AMMINISTRATORI
Poteri di informazione: chiedere informazioni in ogni momento. Gli amministratori non possono eccepire il segreto aziendale.
Poteri di controllo: hanno diritto a consultare i vari documenti sociali e contabili e di ottenere il rendiconto.
Funzione consultiva: può essere loro attribuita dall’atto costitutivo per certe operazioni
AMMINISTRATORI NON SOCI
si ritiene che non sia ammissibile la presenza di amministratori non soci, nonostante le controversie in dottrina. La tesi del no è
motivata dall’estensione per analogia alle snc e ss del divieto previsto per le sas di avvalersi di amministratori esterni e dal desiderio
di mantenere inalterato il binomio potere-responsabilità (l’amministratore esterno non sarebbe responsabile).
La società può avere collaboratori esterni qualificati come procuratori, che quindi possono agire in nome e per conto della società.
31 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Amministrazione e
rappresentanza
(continua)
Tuttavia il procuratore è configuirabile come un ausiliario della società che esegue direttive o decide autonomamente senza
negare però la possibilità ai soci di amministrare. Requisito essenziale è infatti che non venga meno la possibilità dei soci di
amministrare.
Campobasso ritiene che nella snc sia ammissibile perchè il terzo amministratore opera nell’interesse dei soci ed è da essi revocabile
ed è tenuto a rispettare le direttive imposte dai soci al pari di qualunque terzo preposto all’esercizio dell’altrui impresa: la sua
posizione può essere assimilata a quella di un mandatario o di un istitore con poteri estesi al compimento di tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale; in conclusione il terzo non priva i soci del potere di direzione dell’impresa comune è solo un modo di esercitare
questo potere.
LA RAPPRESENTANZA
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società dando luogo all’acquisizione di diritti e
all’assunzione di obblighi da parte della stessa. Si distingue quindi dal potere di gestione che consiste nel potere di decidere il
compimento di atti sociali.
La rappresentanza normalmente è attribuita insieme al potere di amministratori, ma può anche accadere che alcuni amministratori
non abbiano la rappresentanza.
Amministrazione: assumere decisioni per la gestione dell’attività
Rappresentanza: modo in cui le decisioni vengono attuate rapportandosi con l’esterno in nome e per conto della società
Di norma tutti gli amministratori hanno la rappresentanza piena sia per gli atti di ordinaria che di straordinaria amministrazione, salvo
patto contrario. La rappresentanza in oggetto è sia sostanziale che processuale (rappresentare la società in giudizio). Le limitazioni
alla rappresentanza sono opponibili a terzi, per la snc, se iscritti nel registro delle imprese. Se non cè tale iscrizione spetta alla società
che il terzo ne era a conoscenza e ha agito in mala fede. In caso di società irregolari non iscritte nel registro delle imprese la
limitazione non sarà opponibile a terzi. Nel caso della s.s. è richiesto che tale limitazione venga portata a conoscenza con mezzi
idonei (questo perchè una volta le ss non si iscrivevano nel registro delle imprese)
Decisioni dei
soci
Il codice civile richiede esplicitamente l’unanimità per le modifiche dell’atto costitutivo, salvo deroghe previste nello stesso e per lo
scioglimento della società. Il principio maggioritario per teste o per quote è invece richiesto per la soluzione dei conflitti tra
amministratori in regime di amministrazione disgiunta sul veto posto (maggioranza per quote), esclusione di un socio (per teste), ecc.
In molti casi il codice non specifica se la decisione debba essere presa a maggioranza o all’unanimità: come interpretarlo?
Secondo Campobasso è da ritenersi che l’unanimità è necessaria quando si toccano le basi organizzative della società
(cambiamento del metodo di amministrazione) e la maggioranza è richiesta per delibere che attengono alla gestione dell’impresa
comune.
La disciplina base è quella dell’unanimità delle decisioni salvo deroghe contenute nell’atto costitutivo o disposte dalla legge (detto
in classe)
Un dibattito riguarda la controversia sul fatto di come debbano essere prese le decisioni: in metodo collegiale o può decidere solo il
socio che detiene la maggioranza delle quote in caso di decisioni maggioritarie per quote? Sebbene molti ritengano la decisione
collegiale più saggia, la giurisprudenza ritiene che il socio di maggioranza può decidere senza interpellare le maggioranze.
(discussione interpretativa approfonditamente affrontata p 107-109 campobasso volume 2)
32 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Scioglimento del singolo
vincolo associativo
Il singolo socio può cessare di far parte della società. Il venire meno di questo rapporto non determina lo scioglimento della società
(principio di conservazione della società): di per sè porta solo la necessità di definire i rapporti patrimoniali fra i soci superstiti ed il
socio uscente o gli eredi del defunto attraverso alla liquidazione della quota sociale. È rimesso ai soci superstiti decidere se porre fine
alla società o continuarla. Anche quando resta un solo socio questo principio opera dando al socio superstite 6 mesi per associare a
sè altre persone: la causa di scioglimento per venir meno della pluralità dei soci opererà solo se in questo periodo non subentrano
nuovi soci.
3 ipotesi di scioglimento:
1) Morte di un socio: 3 possibilità. L’atto costitutivo può prevedere in anticipo quale strada percorrere nel caso senza rimettere
la decisioni ai soci in sede del decesso di uno di loro. La decisione di quale opzione adottare deve pervenire entro i 6 mesi
che i soci hanno per la liquidazione della quota come previsto nel caso a)
a) Liquidazione della quota agli eredi: disciplina legale. I soci hanno tempo 6 mesi.
b) La clausola di consolidazione inserita nell’atto di costitutivo prevede che la quota del socio defunto resterà acquisita
dagli altri soci mentre agli eredi sarà liquidato solo il valore della stessa (non si riduce il capitale sociale con la
liquidazione, i soci coprono la quota venuta a mancare)
c) Scioglimento anticipato della società: il socio morto era l’anima dell’attività, colui che la portava avanti, talmente
importante che la sua mancanza rende priva di senso la continuazione. In tal caso gli eredi non hanno più diritto alla
liquidazione entro 6 mesi della quota ma dovranno attendere il concludersi dell’iter di liquidazione della società
(vedi dopo). Devono attendere la chiusura di tali operazioni per partecipare con gli altri soci al riparto dell’attivo che
residua dopo l’estinzione di tutte le obbligazioni
d) Continuare la società con gli eredi del socio defunto: è necessario sia il consenso di tutti i soci superstiti, sia il consenso
degli eredi anche per fatti concludenti. Nell’atto costitutivo è possibile inserire la clausola di continuazione: essa può
essere facoltativa, lasciando libera scelta agli eredi se proseguire l’attività, o obbligatoria che vincola anche gli eredi
a un risarcimento danni qualora non prestino il proprio consenso alla prosecuzione. La clausola di successione
prevede invece l’automatico subingresso dei soci per effetto dell’accettazione dell’eridità. L’ammissibilità di queste
ultime 2 clausole è dubbia perchè vincola la libertà decisionale degli eredi costringendoli ad accollarsi una
responsabilità illimitata per tutte le obbligazioni sociali, anche precedenti al decesso del de cuius. Ecco perchè alcuni
sollevano dubbi di legittimità. Le tesi a favore dell’ammissibilità della clausola si fondano sul fatto che è possibile
rifiutare l’eredità, ma questa motivazione è insoddisfacente perchè il rifiuto investe l’intera eredità e non parte di essa.
2) Recesso: scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio. Distinguamo due ipotesi
a) Società a tempo indeterminato: il socio può recedere liberamente, dando un preavviso di almeno 3 mesi. Il recesso
diventa produttivo trascorso tale termine. Se è per giusta causa il socio non è tenuto a attendere il decorso dei 3
mesi, opera immediatamente.
b) Società a tempo determinato: è possibile recedere prima del termine per giusta causa (ovvero quando costituisce
reazione a un illegittimo comportamento degli altri soci tale da incrinare la reciproca fiducia: in tal caso il recesso ha
effetto immediato), in caso di proroga tacita (che rende incerta la durata della società), e in altri casi previsti
dall’atto costitutivo.
33 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Disciplina comune Società Semplice Società in Nome Collettivo 3) Esclusione: l’esclusione del socio dalla società può avvenire per casi di diritto o per decisione dei soci nel caso sia facoltativa.
a) Esclusione di diritto il socio che sia dichiarato fallito in un altra attività da lui esercitata(deve essere un imprenditore non piccolo
quindi soggetto a fallimento nell’altra attività o membro di una società di persone commerciale perchè
fallisce il socio illimitatamente responsabile di una società fallita). Opera dal giorno stesso della dichiarazione
di fallimento il creditore personale del socio ha ottenuto la liquidazione della quota
b) Esclusione facoltativa È deliberata a maggioranza calcolata per teste e deve essere comunicata al socio; egli entro 30 giorni può far
opposizione. Se il giudice accoglie la sua domanda e ordina il reintegro perchè i motivi dell’esclusione non sono
ammissibili, esso avrà efficacia dal momento dell’esclusione come se essa non fosse mai avvenuta. Se la società è
composta da due soci il tribunale deciderà sulla domanda di esclusione e essa sarà efficace quando la sentenza
passa in giudicato.
Casi di esclusione facoltativa:
gravi inadempienze delle obbligazioni stabilite dalla legge o nell’atto costitutivo (mancata esecuzione dei
conferimenti, violazione del divieto di concorrenza). In questa categoria rientrano anche il comportamento
ostroziunistico del socio (opposizione sistematica a ogni operazione sociale che mette in pericolo la società)
perchè discende dall’obbligo di esecuzione del contratto sociale secondo buona fede. socio dichiarato interdetto/inabilitato/ interdetto dai pubblici uffici: questi eventi possono gettare discredito
sulla società e provocare ingerenze di terzi (tutore o curatore). Sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile agli amministratori:
perimento della cosa che il socio si era obbligato a conferire in proprietà, perimento della cosa conferita in
godimento, inidoneità sopravvenuta del socio d’opera a compiere l’attività conferita. La liquidazione della quota: in tutti i casi occorrà calcolare la valutazione della quota: il socio o i suoi eredi hanno diritto a una somma di denaro che rappresenti
il valore della quota. Il socio non può pretendere la restituzione dei beni di cui era proprietario prima di conferirli in società in
proprietà o godimento (in qusto caso la restituzione avviene a cessazione dell’attività). Tale valore è determinato in base alla
situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento, considerando l’esito di operazioni ancora in corso.
La situazione va redatta attribuendo ai beni il valore effettivo, non quello prudenziale. Il pagamento della quota deve essere
effettuato entro 6 mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto (cessa se si delibera lo scioglimento della società
inter ordinario). La liquidazione è proporzionale alla percentuale di partecipazione del socio. Il socio uscente o gli eredi
rispondono delle obbligazioni fino alla data di scioglimento. Se la liquidazione è negativa sono tenuti a versare alla società la
somma corrispondente alla parte di perdite.
34 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Scioglimento della società
Cause di scioglimento:
Decorso del termine fissato nell’atto costitutivo, salvo proroghe. La proroga può essere espressa (deliberano all’unanimità la
modifica dell’atto costitutivo) o tacita. La società si intende tacitamente prorogata a tempo indeterminato quando,
decorso il termine, i soci continuano a compiere le operazioni sociali. la proroga in ogni caso va iscritta nel registro delle
imprese in modo da permettere al creditore personale del socio di una snc di chiedere la liquidazione della sua quota.
Conseguimento dell’oggetto sociale: è stato raggiunto l’obiettivo specifico. L’oggetto sociale deve consistere in un affare
specifico, ben delineato. Questa causa non ricorre se l’oggetto sociale è mero svolgimento dell’attività.
Impossibilità di conseguire l’oggetto sociale: una norma vieta lo svolgimento dell’attività, insufficienza dei mezzi, venir a
mancare di un socio determinante per il raggiungimento dell’oggetto sociale ad esempio titolare del brevetto.
Insanabile discordia tra i soci: solo se determina la paralisi assoluta dell’attività sociale e che quest’ultima non sia imputabile
a gravi inadempienze di uno dei soci tale da giustificare la sua esclusione
Decisione dei soci, la volontà unanime salvo che l’atto costitutivo non disponga diversamente
Il venir meno della pluralità dei soci: se nei 6 mesi non viene ricostituita (decorrono da quando essa viene a mancare) I soci
devono essere almeno 2, non è ammessa la s.s o snc unipersonale.
Ulteriori cause di scioglimento individuate dall’atto costitutivo
Per la snc (la ss non fallisce perchè non svolge attività commerciale) il fallimento/altra procedura concorsuale (liquidazione
coatta amministrativa): in questo caso la liquidazione seguirà le apposite regole previste appositamente e non secondo la
disciplina esposta qui di seguito
Verificatasi una causa di scioglimento la società entra automaticamente in liquidazione e nella snc questa situazione deve essere
esplicitamente indicata negli atti e nella corrispondenza. La società non si estingue immediatamente ma entra in quest’ultima fase
che consiste nel monetarizzare l’attivo per coprire il passivo (incassare i crediti, vendere i beni dell’attivo per realizzare la liquidità
necessaria per saldare i debiti della società). Attraverso il processo di liquidazione si provvede al soddisfacimento dei creditori sociali
e alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo.
A partire dal verificarsi della causa di scioglimento i soci possono accordarsi in che modalità eseguire la liquidazione. Il
procedimento di liquidazione è regolato dal codice, ma è derogabile dai soci.
Gli amministratori possono compiere solo operazioni urgenti o funzionali alla liquidazione. Non possono intraprendere nuove
operazioni e rispondono personalmente e solidarmente degli affari realizzati in violazione del divieto. I soci nominano i liquidatori,
soggetti incaricati di seguire questo iter finalizzato a definire i rapporti che si ricollegano all’attività sociale (in caso di disaccordo dei
soci sono nominati dal tribunale): con questa decisione si apre la liquidazione. La nomina dei liquidatori è soggetta a iscrizione nel
registro delle imprese e in caso di società irregolari deve essere portata a conoscenza del terzo con mezzi idonei per rendere
opponibile il mutamento intervenuto nella gestione e nella rappresentanza della società. Con l’accettazione della nomina i
liquidatori (possono essere soci o non soci) prendono il posto degli amministratori. Gli amministratori consegnano ai liquidatori i beni
sociali, i libri sociali e contabili e un rendiconto che illustra le operazioni intercorse dalla data dell’ultimo rendiconto alla data di
scioglimento. Redigono insieme ai liquidatori un verbale di consegna e l’inventario (bilancio di apertura della liquidazione) dal quale
risulta lo stato attivo e passivo del capitale sociale. I liquidatori compiono tutte le operazioni necessarie a raggiungere il finedi
35 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Scioglimento della società
monetarizzare l’attivo: possono vendere l’azienda in blocco (salvo limitazioni poste dai soci) o singolarmente i beni aziendali e
risquotere i crediti. Ad essi compete la rappresentanza della società anche in giudizio Non possono realizzare nuove operazioni ma
solo provvedere alla liquidazione del patromonio sociale. La liquidazione comporta per i soci l’obbligo di realizzare i conferimenti
ancora dovuti se i fondi presenti sono insufficienti per il pagamento del debito sociale.
A seguito della liquidazione muta la posizione del creditore personale del socio: non potà più chiedere la liquidazione della quota
ma dovrà attendere il completamento della fase per soddisfarsi sulla quota di liquidazione.
I soci possono autorizzare e ratificare gli atti non urgenti compiuti dagli amministratori in fase di liquidazione e potranno revocare lo
stato di liquidazione con il conseguente ritorno alla continuazione della vecchia società. La decisione di revoca avviene
all’unanimità.
In sede di liquidazione possono aprirsi due scenari
a) L’attivo è insufficiente a coprire i debiti: i liquidatori chiedono ai soci i versamenti ancora dovuti e eventualmente
versamenti aggiuntivi in proporzione alla loro partecipazione alle perdite se i fondi disponibili non sono sufficienti
b) L’attivo è sufficiente a coprire i debiti e residua una certa somma: tale residuo è distribuibile tra i soci. I liquidatori non
possono distribuire ai soci i beni sociali finchè i creditori sociali non sono stati pagati o non siano state accantonate le
somme necessarie per pagarli. La violazione di tale divieto espone i liquidatori a responsabilità civile nei confronti dei
creditori sociali ed è anche sanzionata penalmente.l’attivo è destinato innanzitutto al rimborso dei conferimenti (del
loro valore nominale se non è stato disposto la restituzione in natura). L’eventuale eccedenza residua viene distribuita
secondo i criteri di partecipazione agli utili.
Nelle snc è obbligatorio redarre il bilancio finale di liquidazione contenente anche il piano di riparto. Il bilancio finale
di liquidazione viene comunicato ai soci che hanno 2 mesi di tempo per fare opposizione. Se decorre il termine senza
opposizione il bilancio si ritiene approvato e i liquidatori sono liberati nei confronti dei soci.
Il procedimento di liquidazione ha termine compiute tutte queste operazioni riassunte qui schematicamente
1. Manifestarsi della causa di scioglimento
2. Nomina dei liquidatori da parte dei soci o del tribunale
3. Accettazione della nomina e passaggio si consegne: si redige il bilancio di apertura della liquidazione
4. Procedimento di liquidazione: si compiono le operazioni necessarie per la liquidazione dell’attivo
5. Eventuale richiesta dei conferimenti ancora dovuti se i fondi disponibili non sono sufficienti più eventuali versamenti
Distribuzione del residuo attivo, restituzione dei trasferimenti e ripartizione dell’eccedenza
6. Redazione del bilancio di liquidazione nell snc e del piano di riparto. Se non avviene l’opposizione entro 2 mesi termina il
procedimento. Per la ss non è prevista una regola specifica per la chiusura della liquidazione
cancellazione della società dal registro delle imprese: approvato il bilancio di liquidazione della snc i liquidatori devono chiedere
la cancellazione della società dal registro delle imprese. In caso di collettiva irregolare col chiudersi della liquidazione si determina
l’estinzione della società se tutti i creditori sono stati soddisfatti.la cancellazione può essere disposta d’ufficio in alcuni casi come
irreperibilità presso la sede legale, mancato compimento degli atti di gestione per 3 anni, ecc.
36 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Scioglimento della società
La cancellazione dal registro delle imprese è condizione necessaria per l’estinzione della società.
Se dopo la cancellazione dovesse emergere un creditore sociale rimasto insoddisfatto, egli può:
1) Rivalersi sui liquidatori nel caso in cui il mancato pagamento sia a loro imputabile
2) Rivalersi sui soci perchè essi sono illimitatamente responsabili
3) In presenza degli estremi richiesti per legge può richiedere il fallimento della società entro 1 anno dalla data di cancellazione
dal registro delle imprese. (p 126-127 Campobasso volume 2)
37 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Le società di persone:
La Società in Accomandita Semplice (s.a.s.) La Società in accomandita semplice è una società di persone che si differenzia dalla s.n.c. per la
presenza di due categorie di soci
I soci accomandatari che al pari dei soci della snc sono illimitatamente e solidalmente per
le obbligazioni sociali, si occupano della gestione della società.
I soci accomandanti conferiscono le risorse ma non si occupano della gestione e sono
responsabili limitatamente alla quota conferita. Sono obbligati solo verso la società ad
eseguire i conferimenti promessi mentre i creditori sociali non hanno azione diretta nei loro
confronti.
Questo tipo di società risponde alla specifica funzione economica di consentire l’aggregazione di
soggetti che intendono gestire l’attività e soggetti che intendono soltanto finanziarla con rischio e
poteri limitati. L’accomandita semplice è il solo tipo di società che consente l’esercizio in comune
di un’impresa commerciale con limitazione del rischio e non esposizione al fallimento personale per
alcuni soci (gli accomandanti).
Il nodo cruciale della normativa di questo tipo societario è quello di prevenire gli abusi (servendosi
di un accomandatario di paglia i soci accomandanti potrebbero esercitare il potere di direzione
dell’impresa beneficiando di responsabilità limitata). Si cerca di conciliare l’esigenza di evitare un
uso distorto di questo tipo societario e l’esigenza di non estraniare del tutto i soci accomandanti
dall’attività di società.
La discisplina è modellata sul modello previsto per l’snc, con i debiti adattamenti opportuni imposti dalla presenza di due categorie di soci. C’è quindi una disciplina particolare per i soci accomandanti: I creditori sociali non possono aggredire il patrimonio degli accomandanti
I liquidatori non possono chiedere ad essi ulteriori versamenti
Un incapace può assumere la qualifica di accomandante dato cheil rappresentante
legale dell’incapace non può assumere legittimamente la qualifica di amministratore
Non vale il fallimento per estensione: falliscono solo i soci illimitatamente responsabili della
società fallita
L’atto costitutivo dovrà indicare distintamente quali sono i soci accomandanti e
accomandatari: per la costituzione della sas valgono le stesse regole esposte per la snc.
Nella ragione sociale deve figurare il nome di almeno un socio accomandatario: se figura il
nome di un socio accomandante agli verrà sanzionato con la perdita della limitazione di
responsabilità: risponderà illimitatamente e solidalmente coi soci accomandatari per le
obbligazioni sociali. l’accomandante diventa di fronte ai terzi ma non nei rapporti interni un
socio a responsabilità illimitata. Questa norma è una forma di tutela di carattere generale,
per prevenire abusi della forma societaria. Visto che le qualità personali
dell’accomandante sono irrilevanti, non ha senso che appaia il suo nome nella ragione
sociale.
L’amministrazione è riservata ai soci accomandatari illimitatamente responsabili. I soci
accomandanti che violino il divieto di immissione/ingerenza sono sanzionati con la
responsabilità illimitata non solo per l’operazione di amministrazione compiuta ma per tutte le obbligazioni sociali sorte dalla nascita della società. Questo non significa che il socio
diventa accomandatario: resta un accomendante ma illimitatamente responsabile. Non
acquisisce il diritto di amministrare (lo farà comunque tanto ormai è incorso nella sanzione,
ma illegittimamente). Inoltre resta accomandante per non causare il mancare di una
categoria di soci, causa di scioglimento della società.
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A livello di sanzione non si fanno distinzioni tra compiere un piccolo atto di gestione e
ingerire sistematicamente nella gestione: la valutazione del giudice può però considerare
l’ingerenza sistematica come evidenza di simulazione di contratto e riqualificare il contratto
di società (se l’accomandante era uno la società diventa una snc, se gli accomandanti
erano più di uno quel singolo accomandante diventa accomandatario).
Divieto di immissione
Amministrazione interna Amministrazione esterna
L’accomandante è privo di ogni potere
decisionale autonomo in merito alla
condotta degli affari sociali: non può
decidere da solo nè partecipare alle
decisioni degli amministratori o
condizionarne l’oprerato. I pareri e
autorizzazioni che possono rilasciare
secondo l’atto costitutivo possono
riguardare solo operazioni determinate e
non sono vincolanti.
L’accomandante può trattare affari in
nome della società in forza di una procura
speciale per singoli affari. Sono
predeterminati affari per cui ha la
rappresentanza. Ha margine decisionale
proprio di ogni mandatario nella fase
esecutiva dell’operazione decisa dagli
accomandatari. Non può agire come
procuratore generale o institore.
L’acccomandante può compiere atti di gestione se lo fà in forza di una procura speciale
per singoli affari, per un singolo affare specificato, solo per l’operazione indicata, non
gruppi di operazioni. Possono prestare la loro opera solo sotto la direzione degli
amministratori, mai in posizione autonoma e indipendente.
L’accomandante che violi il divieto di ingerenza può essere escluso perchè violando il
divieto di ingerenza viola una norma imperativa di legge, rientrando nel caso di esclusione
facoltativa. Tuttavia i soci possono trovare conveniente avere un socio illimitatamente
responsabile in più, sempre che l’ingerenza non sia avvenuta alle loro spalle.
Non sono ammessi amministratori esterni.
Controllo interno sulla gestione
Gli accomandanti controllano l’operato degli accomandatari: possono chiedere
l’esibizione di documenti contabili e sociali, la revoca giudiziale degli amministratori. Hanno
diritto ad avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite
e verificarne l’esattezza controllando i libri e i documenti della società.
Possono approvare il bilancio? - Secondo Galgano no perchè l’approvazione del bilancio è un atto di
amministrazione.
- Secondo Campobasso (dottrina prevalente) invece lo approvano tutti i soci
accomandanti e accomandatari
Il bilancio è impugnabile per falsità e violazione dell’atto costitutivo.
In forza dell’articolo 2221 i soci accomandanti non sono tenuti alla restituzione di utili riscossi
in buona fede. Il divieto di distribuzione di utili fittizzi resta, ma gli accomandanti che non
erano a conoscenza dell’irregolarità della distribuzione non saranno tenuti a restituirli.
Gli accomandanti partecipano ad alcune decisioni:
- Nomina e revoca degli amministratori quando avviene con atto separato: è
richiesta l’unanimità degli accomandatari e la maggioranza per quote degli
accomandanti. Possono chiedere giudizialmente la revoca per giusta causa degli
amministratori nominati con atto separato o nell’atto costitutivo: sarà questa la sola
via praticabile quando il socio accomandatario è uno solo.
- Trasferimento delle quote degli accomandanti.
- Possono dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni previste nell’atto
costitutivo.
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Trasferimento delle quote del socio accomandante (per gli accomandatari regole della
snc)
A causa di morte Il trasferimento è automatico, gli eredi subentrano automaticamente. Non occorre il
il consenso degli eredi perchè sono limitatamente responsabili alla quota apportata
dal de cuius. Non occorre il consenso degli altri soci perchè non è rilevante la
posizione personale del socio accomandante dato che non risponde col suo
patrimonio. Questo subentro non comporta una modifica dell’atto costitutivo come
il variare di un accomandatario. Cessione della quota tra vivi
È possibile il passaggio con la semplice maggioranza dei consensi dei soci
accomandanti e accomandatari per quote. Non occorre l’unanimità.
Cause di scioglimento
Tutte le cause dell’snc + venir meno della pluralità delle categorie di soci
Se restano solo soci accomandanti o accomandatari viene a mancare la pluralità delle
categorie di soci. La legge accorda un lasso di tempo di 6 mesi per ristabilire la mancata
pluralità. Distinguiamo due ipotesi:
Se viene a mancare la categoria degli accomandanti, gli accomandatari si
occupano dell’amministrazione in questi mesi.
Se viene a mancare la categoria degli accomandatari, si dovrà nominare un
amministratore provvisorio, scelto tra i soci restanti o affidato a un soggetto esterno.
Egli non diventa accomandatario, assume una qualifica diversa per massimo 6
mesi. Nulla vieta che l’amministratore provvisorio acquisisca la qualifica di
accomandatario con il consenso di tutti i soci restanti. L’amministratore provvisorio
può compiere tutte le operazioni ordinarie: se eccede il limite
Se è socio perde il beneficio della responsabilità limitata
Se non è socio ricadrà su di lui la responsabilità da fatto illecito
N.B. la SAS irregolare
Abbiamo fin qui parlato della s.a.s regolarmente iscritta nel registro delle imprese. Le s.a.s non iscritte applicano le norme della s.s; tuttavia si cerca di mantenere la distinzione tra le due categorie di soci sfruttando una presunzione
Se il nome del socio appare nella ragione sociale, se il socio agisce e compie atti di gestione si presume accomandatario
Se il socio non amministra si presume accomandante Il divieto di immissione ha carattere assoluto, neppure il rilascio di una procura limitata esonera l’accomandante dalla responsabilità illimitata verso i terzi. Per il resto:
1) I creditori sociali possono agire nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e cade su quest’ultimi l’onere di richiedere il beneficio della preventiva escussione. (non è automatico come in snc e sas irregolare)
2) I creditori possono chiedere in ogni momento la liquidazione del socio loro debitore personale, provando che gli altri beni sono stati insufficienti a soddisfarli.
3) Ogni socio si presume abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio
Fine 1 parte compitino