Dicembre 2013 | Anno XXIII n.62 PAROLE E FATTI DALLE...

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::: ANGELITA VEZZOLI L’invito a mettere a tema i nuovi mezzi di comunicazione nasce dal desiderio di guardare a questi strumenti come a una ri- sorsa educativa per aiutare bam- bini e ragazzi ad avvicinarsi ad essi e utilizzarli con una maggior consapevolezza critica. Nella sua introduzione, il rettore prof. Rosario Mazzeo ha inserito que- sto momento nell’ambito di un lavoro iniziato tre anni fa, accet- tando la provocazione dei vesco- vi italiani a favorire una serie di iniziative affinché l’educazione possa diventare preoccupazione di fatto, perché senza educazio- ne non si cresce, non crescono i nostri figli e non crescono i no- stri alunni. Il primo momento di lavoro ini- zia con un simpaticissimo video delle Iene in cui l’intervistatore pone le sue “ingenue” domande ai “nativi digitali”, cioè bambini e ragazzi che hanno una pratica molto intensa degli strumenti di- gitali. A questo video si aggancia la professoressa di matematica Cristina Botta per illustrare un segue a pag 2 New Media: inganno o risorsa? Questo è il titolo del Convegno che si è svolto sabato 9 Novembre nell’Auditorium dell’Istituto “L’Aurora”, in collaborazione con il Decanato di Cernusco e diverse altre scuole e associazioni della città. RIFLESSIONI SUL MODO DI GUARDARE E DI UTILIZZARE LE NUOVE TECNOLOGIE L'educazione nell'era digitale “C’è un senso in tutto. La realtà è positiva. Ha un cuore, cioè è dono di un grande amore. Per accorgersene bisogna tenere gli occhi aperti, spalancare la ragione, essere disponibili a vedere.” EDITORIALE Guardiamo al cuore delle cose La vista è il senso più usato, o perlomeno, più provocato nella nostra società. Siamo infatti conti- nuamente bombardati da stimoli visivi; frastornati dallo scorrere vorticoso di in- numerevoli immagini. Di fatto, però, che cosa vediamo? A che cosa guardiamo? Civiltà dell’immagine si diceva una volta. Vale ancora oggi? Sembra di no, questa espressione non definisce la peculiarità del mondo in cui viviamo. Quell’era è stata superata, dopo l’invasione dei me- dia vecchi e nuovi, dalla multimedialità ovvero da un composto potentemente espressivo di immagini, parole e suoni che pretende di imporsi come lente per guardare ogni cosa e ciò che accade. Arrendersi? Far finta che non stia suc- cedendo nulla nel nostro modo di vede- re noi stessi, gli altri, le cose? Fermarsi all’apparenza e alle prime sensazioni? Lasciarsi travolgere dall’effimero e da sentimenti indotti, privi di intelligenza? No. C’è un’altra possibilità. Quella indi- cata da Aslan, il mitico leone protagoni- sta delle Cronache di Narnia: “Non fer- matevi! – esorta i suoi nel bel mezzo della battaglia– Non fermatevi. Guardate al cuore delle cose e abbiate fede”. Sono parole dell’ultimo romanzo fantasy di C. Lewis, ripetute più volte; slogan segue a pag. 2 PAROLE E FATTI DALLE SCUOLE LIBERE. Dicembre 2013 | Anno XXIII n.62

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::: AngelitA Vezzoli

 L’invito a mettere a tema i nuovi mezzi di comunicazione nasce dal desiderio di guardare a questi strumenti come a una ri-sorsa educativa per aiutare bam-bini e ragazzi ad avvicinarsi ad essi e utilizzarli con una maggior consapevolezza critica. Nella sua introduzione, il rettore prof.

Rosario Mazzeo ha inserito que-sto momento nell’ambito di un lavoro iniziato tre anni fa, accet-tando la provocazione dei vesco-vi italiani a favorire una serie di iniziative affinché l’educazione possa diventare preoccupazione di fatto, perché senza educazio-ne non si cresce, non crescono i nostri figli e non crescono i no-stri alunni.

Il primo momento di lavoro ini-zia con un simpaticissimo video delle Iene in cui l’intervistatore pone le sue “ingenue” domande ai “nativi digitali”, cioè bambini e ragazzi che hanno una pratica molto intensa degli strumenti di-gitali. A questo video si aggancia la professoressa di matematica Cristina Botta per illustrare un

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New Media: inganno o risorsa?Questo è il titolo del Convegno che si è svolto sabato 9 Novembre nell’Auditorium dell’Istituto “L’Aurora”, in collaborazione con il Decanato di Cernusco e diverse altre scuole e associazioni della città.

Riflessioni sul modo di guARdARe e di utilizzARe le nuoVe tecnologie

L'educazione nell'era digitale“C’è un senso in tutto. La realtà è positiva. Ha un cuore, cioè è dono di un grande amore. Per accorgersene bisogna tenere gli occhi aperti, spalancare la ragione, essere disponibili a vedere.”

editoRiAle

Guardiamo al cuore delle cose  La vista è il senso più usato, o perlomeno, più provocato nella nostra società. Siamo infatti conti-nuamente bombardati da stimoli visivi; frastornati dallo scorrere vorticoso di in-numerevoli immagini. Di fatto, però, che cosa vediamo? A che cosa guardiamo? Civiltà dell’immagine si diceva una volta. Vale ancora oggi? Sembra di no, questa espressione non definisce la peculiarità del mondo in cui viviamo. Quell’era è stata superata, dopo l’invasione dei me-dia vecchi e nuovi, dalla multimedialità ovvero da un composto potentemente espressivo di immagini, parole e suoni che pretende di imporsi come lente per guardare ogni cosa e ciò che accade. Arrendersi? Far finta che non stia suc-cedendo nulla nel nostro modo di vede-re noi stessi, gli altri, le cose? Fermarsi all’apparenza e alle prime sensazioni? Lasciarsi travolgere dall’effimero e da sentimenti indotti, privi di intelligenza?No. C’è un’altra possibilità. Quella indi-cata da Aslan, il mitico leone protagoni-sta delle Cronache di Narnia: “Non fer-matevi! – esorta i suoi nel bel mezzo della battaglia– Non fermatevi. Guardate al cuore delle cose e abbiate fede”. Sono parole dell’ultimo romanzo fantasy di C. Lewis, ripetute più volte; slogan

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per il corrente anno scolastico che campeggia nell’atrio nell’Istituto L’Aurora di Cernusco. Invitano a mettersi in movimento, a darsi da fare. Non, però, a quel genere di movimento tipico di chi si agita, quasi fosse nelle sabbie mobili. Incitano, invece, a mettersi in cammino verso la meta, guardando tutto ciò che accade, puntando al nocciolo delle cose. “C’è un senso in tutto – ricorda la frase del grande scrittore inglese - La realtà è positiva. Ha un cuore, cioè è dono di un grande amo-re. Per accorgersene bisogna tenere gli occhi aperti, spalancare la ragione, essere disponibili a vedere.” È possibile? Sì! Anche nell’era della realtà vir-tuale, della digitalizzazione, della multimediali-tà. È una risorsa l’immagine con il suo corteo di suoni e testi scritti ed orali. Non possiamo, però, dimenticare che essa rimanda ad altro, che la virtualità suppone altro, che la realtà che essa e il suo corteo rappresentano è segno di Altro. Guardare e vedere fino a questo livello è usare la ragione, tenere aperta la mente e doci-le il cuore, come i bambini, senza mai spegnere il desiderio di conoscere e di amare, di essere conosciuto ed amato. Ma che cosa c’entra “abbiate fede” con il muo-versi, il guardare e il vedere nella società mul-timediale? La risposta a questa domanda, nell’attesa del Natale , è nelle straordinarie parole di Benedet-to XVI e di Papa Francesco insieme: “Chi cre-de, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramon-ta” (Enciclica Lumen fidei, 1). Certo, non ac-cade automaticamente. Comporta che ciò che caratterizza l’uomo, cioè il cuore e la libertà, si metta in moto. Infatti come sottolineano i due grandi Papi “La fede "vede" nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla Parola di Dio” (Enciclica Lumen fidei, 9). Camminare guardando all’essenziale, dunque. Non fermarsi mai nella ricerca della verità e della bellezza di cui ha sete il nostro cuore. È questo anche il nostro augurio di Buon Natale e di Felice anno nuovo.

Guardiamo al cuore delle cose ::: segue dAllA PRimA

“Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta”

New Media: inganno o risorsa?

lavoro fatto con le terze medie sulla base di un questionario riguardante l’utilizzo perso-nale delle nuove tecnologie. “I ragazzi - spiega la professo-ressa - hanno lavorato sui dati raccolti imparando lo scopo, il linguaggio e gli strumenti della statistica. Le domande del questionario spaziavano dall’uso e presenza in casa dei computer, all’uso di Internet o della posta elettronica, al possesso di un cellulare, utiliz-zo del cellulare per collegarsi ad Internet e utilizzo degli al-tri strumenti tecnologici, con una particolare attenzione alla quantità del tempo de-dicata all’uso di questi stru-menti”.

La sedia, la torta o la porta?Per aiutarci a contestualizzare e ampliare l’insieme di questi dati e rispondere alla doman-da “risorsa o inganno”, in-terviene il professor Matteo Tarantino, sociologo all’Uni-versità Cattolica di Milano. Scorrendo varie slides, ci vie-ne proposta una riflessione sul modo in cui le diverse genera-zioni pensano alle tecnologie, sintetizzato attraverso l’uso di tre metafore: la sedia per i nativi digitali, la torta per gli immigrati digitali, cioè co-loro che prima facevano uso di altre tecnologie, ed infine la metafora che più di tutte induce a pensare in modo produttivo alla nostra rela-zione con i media, e cioè la porta, proposta da Benedetto XVI. La metafora della sedia (presa da Facebook) ci con-sente di immaginare le nuove tecnologie come qualcosa di assolutamente ordinario; per i nativi digitali non esiste un mondo on-line e uno off-line, un mondo reale e uno digita-

le, ma un solo mondo. Non era così per le precedenti tec-nologie, come la televisione, per cui il mondo lì rappre-sentato era ben separato dalla nostra realtà quotidiana. Per i nativi digitali Facebook o i suoi affini non sono più degli strumenti, ma dei veri e pro-pri spazi, ambienti nei quali loro vivono, che diventano quasi indistinguibili a livello della loro esperienza da qual-cosa di effettivamente reale, come potrebbero essere i giar-dinetti dove andare a giocare. E’ un ambiente dove i nativi digitali si sentono totalmente a loro agio, cosa che non è sempre così per gli immigra-ti digitali. La metafora della torta usata per questi ultimi lascia capire che per loro i social network sono sì attra-enti ma di essi bisogna fare un uso limitato: come le torte, ti saziano molto ma sono cibi malsani. Ogni generazione, afferma Tarantino sulla base di studi sociologici, guarda ai mezzi della generazione che è venuta dopo di lei facendo un investimento nostalgico su quelli della propria giovinez-za o infanzia: così gli stessi di-scorsi che oggi si fanno su Fa-cebook (i rischi, la salute…) si facevano già ai tempi del tele-grafo e del telefono (pensiamo al fenomeno dei numeri 144 negli anni ’90 e al rischio ad esso legato di poter socializza-re con persone che fingevano di essere ciò che non erano). Questo non vuol dire allora prendere l’ambiente digitale alla leggera, fingendo che non ci siano rischi e lasciando tut-to alla buona volontà del ra-gazzo o di altri agenti educa-tivi. Il rischio estremo è quello “dell’idiota tecnologico”, cioè di chi subisce in modo total-mente passivo i media con cui si relaziona, senza capirne i meccanismi di significato e

funzionamento. Ma i rischi veri non sono relativi al mez-zo tecnico, sottolinea Taran-tino, ma soprattutto alla re-lazione tra il mezzo tecnico e la persona, cioè al fatto che i ragazzi spesso sono all’in-terno di questi spazi da soli, perché la generazione dei ge-nitori non ha familiarità con essi o perché la geografia di questi mezzi cambia di con-tinuo e diventa una grande fatica per genitori o educatori star dietro alla loro evoluzio-ne tecnologica. Il problema è quindi veramente di una que-stione educativa. La posizione degli “immigrati digitali”, che pensano alle nuove tecnologie con la metafora della torta, può essere fuorviante in base a quelle che vengono definite da Tarantino le 3 D: il dua-lismo digitale, cioè l’idea che esista una vita on-line e una vita off-line e che quindi il problema sia limitare l’ambi-to on-line e tenere il ragazzo ancorato il più possibile alla “vita reale”; il divario gene-razionale, cioè il fatto di to-gliere le mani dal rapporto con questi new media perché non si capiscono, lasciando così il compito dell’educazio-ne a qualcun altro o peggio ancora lasciando che le cose vadano per loro conto. E in-fine il determinismo tecnolo-gico, cioè l’idea che gli effetti di una tecnologia dipendano da come è fatto il mezzo tec-nologico; questo spesso por-ta a una condanna totale di questi strumenti per i loro impatti negativi. Ma come invece Benedetto XVI ha inquadrato la questione dei nuovi mezzi di comunicazio-ne? Alla Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali il Papa emerito ha sottolinea-to come “L’ambiente digitale non è un mondo parallelo o virtuale, ma è parte della re-

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New Media: inganno o risorsa?altà quotidiana di molte per-sone, specialmente dei più gio-vani”. Questo dimostra come la Chiesa sia molto più avanti di quello che generalmente si pensa nell’approcciare le nuo-ve tecnologie e di come metta in guardia dal non sottovalu-tare il loro impatto come se fossero realtà esterne e non invece parte della fibra della società. Ecco perché decisiva è ancora una volta l’educazione. Ed ecco come si pone la meta-fora della porta in merito alle nuove tecnologie, come qual-cosa che collega vari mondi, vari ambienti, molti dei quali non sono i nostri, consenten-do anche di liberarci da alcuni pregiudizi quali il considerare le relazioni on-line sempre non vere: la questione è che ogni ambiente ha le sue rego-le e quindi dobbiamo essere educati e educare all’auten-ticità cioè all’idea che essere se stessi è la cifra fondante di ogni sana relazione umana. In un mondo che sembra sempre più andare verso un maggior individualismo, le nuove tec-nologie sono spazi primaria-mente relazionali. L’interven-to si conclude con lo sviluppo delle implicazioni positive che comunque già sono in atto: il fatto che l’altro sia fondamen-tale e la cura dell’altro può permettere allo spazio dato dalle nuove tecnologie di di-ventare spazio di testimonian-za e alleanza fra le persone e consentire un’educazione al valore del rapporto con gli al-tri esseri umani.

Il compito degli educatoriLa parola passa al professor Luca Pozzi, insegnante di let-tere e webmaster dell’Asso-ciazione Diesse, che racconta del suo personale approccio alle tecnologie digitali e ai new media, considerandone sia le opportunità offerte sia gli aspetti problematici ad essi connessi. Attraverso una serie di slides, si passano in rassegna i vari strumenti, evidenziando soprattutto la sempre maggior personalizzazione e possibilità di convergenza di funzioni. Si parte così dal vecchio PC fisso passando attraverso i telefoni cellulari, l’arrivo di Internet e la possibilità di raggiunge-re persone distanti con le e-mail, la scoperta dei forum e dei blog, i social media come Facebook o Twitter fino ad arrivare agli smartphone e ai tablet, e più in là ancora all’invenzione dell’Internet da indossare (orologi, scarpe…) e

dell’Internet delle cose. Il pro-fessor Pozzi ci mette in guar-dia da una serie di inganni legati all’uso di queste nuove tecnologie: se pensiamo per esempio alla limitata capaci-tà di resistere alla lettura di un messaggio arrivato, ben capiamo che esse possono diventare ostacoli alla nostra concentrazione. Anche la let-tura di testi on-line porta a volte a una maggior difficoltà rispetto alla lettura tradiziona-le; questo perché il contesto di lettura può essere creato tutto per portare l’oggetto (foglio o libro) oppure, come in Inter-net, il contenuto può essere ospitato da un ambiente che è pieno di tanti altri stimo-li. Molti altri sono gli aspetti problematici affrontati: l’illu-sione del multitasking, ovvero la possibilità di fare più cose contemporaneamente, che rivela però ancora una volta una possibilità di decadimento dell’attenzione; l’illusione su di sé e sull’altro: il bisogno di essere amato ed ascoltato può portare il ragazzo a cercare una scorciatoia per dare di sé un’immagine che gli consenta di avere più facilmente quan-to desidera. E così via: il prof. Pozzi illustra una serie di altri rischi che ci vengono da que-sto nuovo mondo, come l’ar-rivo di immagini non appro-priate, i problemi di salute, la dipendenza, fino ai reati con-tro la persona. Ma allora come guardare questi strumenti se tanti possono essere i rischi? Criterio fondamentale è non dimenticare che essi possono portare un bene che mi soddi-sfa e quindi diviene necessario un approccio ai new media attraverso una riflessione an-tropologica su cosa sia l’uomo e cosa voglia dire la ricerca del gusto e della soddisfazione. Su questo si basa la grande scom-messa anche per i nostri figli: che ricerchino lo stesso gusto e la stessa soddisfazione che cerchiamo noi, per cui vale la pena stimare i loro tentativi e coinvolgerci con essi.Dopo le due relazioni, il terzo momento dell’incontro si pro-pone di fare un ulteriore passo avanti nel cammino, cioè indi-viduare piste di lavoro comu-ni affinché questi new media possano essere sempre più ri-sorsa e sempre meno inganno. Il professor Bellina interviene raccontando quale sia la pro-vocazione destata da tutti que-sti aspetti su chi è educatore e

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::: cRistinA BottA

Ai 109 ragazzi di terza media (58 femmine e 51 maschi) è stato presentato un questionario di quattordici domande cui, a seguito di discussioni sorte in classe, ne sono state aggiunte altre. Ogni classe, al suo interno, ha elaborato e commentato i dati raccolti, dati che, uniti, mostrano come l’uso delle nuove tecnologie sia la normalità per i ragazzi, tanto che spesso fanno fatica a distinguere quando le stiano o meno utilizzando.I ragazzi hanno dimestichezza con la maggior parte degli strumenti tecnologici che spesso possiedono o che hanno la possibilità di utilizzare abitualmente.

Cominciando dal computer, emerge che ogni famiglia ne possiede almeno uno; la media è 2,8:

Ragazzi, come utilizzate le nuove tecnologie?

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Il Convegno sui New Media ha fatto nascere il desiderio di meglio comprendere l’uso che i ragazzi fanno della tecnologia. Da qui è nata l’idea di avvicinare gli alunni di terza media alla statistica attraverso un’indagine “sul campo” che li coinvolgesse. Ecco i risultati.

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Il 94% degli alunni possiede poi un cellulare e, indagando a che età lo hanno ricevuto, si scopre che la maggior parte di loro, il 76%, a 11 anni possedeva già il cellulare. Evidentemente l’ingresso alla scuola media coincide con la “con-quista” di questo strumento anche se il 41% dei ragazzi lo possiede già prima degli 11 anni:

Anche l’uso di altri dispositivi tecnologici (console, tablet, fotocamera digi-tale, iPod, …) è molto diffuso: la percentuale in ogni classe è maggiore del 75%.

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Per lo stesso motivo la stima del tempo medio giornaliero di connessione/utilizzo di Internet ha creato non poche difficoltà: il 50% dichiara “circa un’ora” e il 38% “circa due tre ore”. E’ vero infatti che tanti ragazzi sono sempre connessi ma l’utilizzo è molto frammentario come si capisce dalle attività che vengono abitualmente condotte in Internet:

Parlando inoltre con i ragazzi è emerso che essi fanno un utilizzo massic-cio di Internet per comunicare, soprattutto tramite messaggi inframmezzati continuamente alle loro attività pomeridiane e serali.

L’indagine ha infine evidenziato alcune differenze tra ragazzi e ragazze: i vi-deogiochi sembrano essere una prerogativa maschile, mentre il possesso del cellulare è un’esigenza che le ragazze manifestano prima dei loro coetanei.

Qui finisce la statistica. Ma qui si apre la lettura di questi dati alla luce di quanto appreso al Convegno e con la fatica di chi, “immigrato digitale”, si trova a dover fare i conti con i “nativi digitali”.

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Il 97% degli alunni utilizza Internet e il 78% utilizza il cellulare per colle-garsi a Internet. Da qui è evidente che la domanda “Mediamente quante volte ti colleghi a internet in una settimana?” Ha creato qualche problema perché la maggior parte dei ragazzi è sempre connessa:

in particolare su come si pone la nostra scuola. Vari sono i livelli di lavoro e di coscienza che competono agli educato-ri: innanzitutto un continuo aggiornamento verso le nuove tecnologie, un lavoro persona-le degli educatori che compor-ta un’osservazione sempre più acuta di questo pezzo di realtà così significativa per i ragazzi

per poterli aiutare a starci di fronte. E infine un lavoro più legato alla didattica, che permetta ai ragazzi di cogliere i cam-biamenti (per esempio il con-fronto proposto tra i giornali cartacei e i quotidiani on-line) e imparare le regole di questi loro nuovi ambienti. Le domande finali che pongo-no termine al Convegno, sono occasione per il Rettore di

rilanciare la possibilità di ap-profondire queste tematiche, sottolineando che nostro com-pito è semplicemente, se così si può dire, quello di essere vera-mente adulti ed essere se stessi, avendo cura del rapporto con i nostri ragazzi e affrontando anche questi nuovi luoghi di-gitali da uomini, senza paure o banalizzazioni. In gioco c’è il bene di ogni persona. Quin-di… buon lavoro a tutti!

Ragazzi, come utilizzate le nuove tecnologie?

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letteRA AllA RedAzione

Caro “Aquilone”Vorrei ringraziare la scuo-la per il convegno sui “New Media” dello scorso 9 no-vembre. Mi ha colpito e sor-preso molto la questione posta dal prof. Tarantino a proposi-to dei social network che, per i ragazzini d’oggi, sono luo-ghi e non strumenti. Diceva, all’incirca, che: Facebook o Myspace, per i “naviti digita-li” (nati con questi strumenti in mano) sono degli spazi all’interno dei quali i ragazzi vivono e sono spazi del tutto indistinguibili, a livello di esperienza, dai giardinetti. Io, personalmente, pur es-sendomi laureato in Scienze dell’informazione, sono su-bito preso da prurito quando (di rado) accedo a Facebook e mi trovo davanti la domanda “A cosa stai pensando?” Ho creato un mio profilo su Face-book solo perchè mio cognato voleva la mia amicizia per ingrandire l’or-to su Farmville (Farmville, per i non nativi come me che però non ha un cognato come il mio, è un’applicazio-ne ... o un luogo ... su Fa-cebook dove si costruisce una fattoria virtuale). In effetti mi ritrovo molto ben descritto dal prof. Tarantino quando dice che, per quelli nati negli anni ’70, questi so-cial network sono degli stru-menti. Proprio perchè la vedo in questo modo, ai miei figli ho detto che Facebook a loro non serve: “Non avete bisogno di un profilo, se proprio vole-te dire a cosa state pensando, potete dirlo direttamente ai vostri amici quando li vedete a scuola!”Ma, se Facebook e Whatsapp e Myspace sono dei “luoghi” per i miei figli ed i loro amici, allora io devo riconsiderare un po’ di cose e lavorarci su. Perchè allora, esasperando un po’ il paragone, è come se io

avessi chiesto a mio padre di poter andare in cortile per sta-re con gli amici e lui mi avesse risposto che il cortile serviva per parcheggiare l’auto (uno strumento, quindi) e con gli amici avrei potuto parlarci in classe.Ecco, mi è stato utile l’incon-tro a scuola perchè mi per-mette di non ridurre il tutto a puri strumenti. Non che da oggi ai miei figli darò Facebo-ok e Internet illimitato ... però voglio andare più a fondo su questa tematica che pensavo di conoscere e di poter liqui-dare immediatamente con un “non necessario”. Certamente anche i miei figli hanno biso-gno di luoghi in cui vivere e, se oggi tra questi luoghi c’è an-che ... Myspace, io non posso non tenerne conto. L’educatore deve partire dal punto di vista dell’educando (si diceva al convegno).Così, mentre io inizio il mio

lavoro di appro-fondimento (cre-do che comincerò col rispolverare il mio profilo Face-book) mi auguro

che ci siano ulteriori occasioni di dialogo sul tema, perchè faccio abbastanza fatica, oggi, a vedere un social net-work come un luogo equiva-lente al mio strepitoso cortile (quante corse in bici e partite a pallone) o all’oratorio. Fino a che punto sono equivalenti? E poi non posso dimenticare i timori che mi prendono quan-do mio figlio Tommy di 10 anni mi dice che ha bisogno di Internet per giocare: io lo so che lui gioca ma so quanto è facile fare un click sbagliato e trovarsi ... in un luogo ... non adatto ad un bambino o ad un ragazzino.Per tutte queste provocazioni ad approfondire e a non ri-durre la realtà che ho davanti, ringrazio e saluto!Cordialmente, Massimo Sciascia

Social Network: cortile del villaggio?

c o n t R i B u t o di un genitoRe

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La statistica, un mezzo per conoscere::: gli studenti delle clAssi teRze

Durante l’ora di matematica, gli stu-denti delle classi terze hanno trattato l’argomento della statistica. Questa parola deriva dal nome “stato”, inte-so come stato politico, così come stato delle cose, “status rerum”. Quando nella storia sono nati gli stati, è emersa la necessità di sapere il numero degli abitanti e così è nato il censimento.Come documentato dalla Bibbia, an-che popoli antichi come gli ebrei e i romani facevano il censimento. Il pri-mo in Italia avvenne il 31 Dicembre 1861; attualmente vengono fatti ogni dieci anni.La statistica ha il compito di rilevare i dati riguardanti un qualsiasi argomen-to facendo riferimento a un gruppo di persone o a un campione scelto in base a dei criteri. Dopo aver compreso di cosa tratta e come tale materia si svolge, gli alun-ni delle classi terze hanno affrontato un questionario sull'uso che i coeta-nei della loro scuola fanno dei social network e degli strumenti tecnologici. Ad esempio si sono chiesti: “Quanti ragazzi e ragazze possiedono un com-puter proprio?”. Dopo aver raccolto i dati, li hanno analizzati e sintetizzati. Al termine di tali attività, dopo aver sperimentato le fasi di un lavoro di sta-tistica, Simone e Francesca raccontano di aver capito che sono in maggioran-za le ragazze a possedere un computer proprio e di aver quindi concluso che

probabilmente i ragazzi di questa età tendono a svagarsi in altri modi. I due studenti hanno, inoltre, osserva-to che i social network maggiormente frequentati sono circa gli stessi per tutti gli alunni e che, rispetto a due anni fa, molti di loro si sono interessati di più all’uso di questi.Le conclusioni del lavoro sono state esposte anche al professor Rosario Mazzeo, rettore dell’istituto L’Auro-ra, e il confronto con lui ha permesso loro di approfondire maggiormente potenzialità e rischi connessi all’uso dei social network e in generale delle tecnologie.Benedetta racconta: "Una domanda

che ci ha fatto riflettere è stata: - Per quanto tempo stai connesso a internet durante il giorno in media? -. Abbia-mo incontrato difficoltà a rispondere a questa domanda, poiché il tempo in cui rimaniamo collegati a internet è frammentato in diversi momenti della giornata. Quindi abbiamo calcolato il tempo con fatica. Alla fine, attraverso un grafico abbiamo dedotto che la maggior parte degli alunni sta connes-so a internet circa 2/3 ore durante la giornata".Kalkidan aggiunge: "Nell’incontro con il professor Mazzeo è stata ripresa la domanda riguardo al tempo dedica-to a internet, domanda sulla quale si

è discusso molto. Il professor Mazzeo ci ha aiutato a chiarire il problema chiedendoci quali sono, secondo noi, i criteri per usare il computer in manie-ra adeguata. A questa domanda molti hanno dato risposte diverse. Qualcuno ha osservato che l'uso diventa più o meno corretto a seconda dello scopo che si ha. Altri hanno osservato che stare al computer in modo "esagerato" potrebbe influire in modo negativo sul comportamento nei confronti delle al-tre persone e anche sul comportamen-to scolastico. Al termine di questo lavoro ho capito il valore della statistica perché l’ho vis-suto in prima persona".

Da una lezione normale... un'indagine in piena regola!

i new mediA tRA i nAtiVi digitAli

::: A cuRA dellA RedAzione

Henkel Italia ha approvato il finan-ziamento a un progetto per l’acquisto di 15 notebook da destinare ai ragazzi con disabilità che frequentano il nostro Istituto. Si tratta in prevalenza di bambini e ragazzi con problemi di dislessia, discalculia e di-sortografia che con l’aiuto di speciali ap-plicazioni possono più facilmente colmare il divario che li separa dai loro compagni di classe.«L’iniziativa, proposta da un genitore della

scuola che lavora alla Henkel – spiega la si-gnora Letizia Sanvito del Consiglio di Am-ministrazione della Cooperativa che gesti-sce l’istituto - si inserisce nel progetto M.I.T. (Make an Impact on Tomorrow), un elemento significativo della politica di Responsabilità Sociale d’Impresa con cui Henkel sostiene i propri dipendenti nel volontariato sociale.»Nell’augurarci che altri genitori che lavora-no in grandi aziende sensibili alle proble-matiche sociali possano proporre progetti a sostegno delle nostre scuole, non ci resta che dire grazie con tutti i nostri alunni.

quindici noteBook All’istituto l’AuRoRA

Un regalo da Henkel

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::: fABRizio cARemoli

Probabilmente, in que-sto caso, la definizione non ci è nuova; anche solo osser-vandoli, perennemente con lo sguardo incollato ad ogni tipo di display, viene naturale pen-sarlo; come viene spontaneo domandarci se questi new media, ove impegnano molto del loro tempo, sono “ingan-no o risorsa” ? Finché considereremo i new media come strumenti, non potremo mai essere efficaci nell’educare i “nativi”, non tanto all’uso (...non è uno strumento...) ma quanto a come ci si comporta (...è un ambiente, uno spazio... sono la versione moderna dei no-stri “giardinetti”.)Il primo, importantissimo, passo da compiere per noi “migranti” è prendere co-scienza che il mondo offline non è separato dal mondo on-line; entrambi sono articolati e legati fra loro. Ne volete la prova? …uno smartphone, un tablet, un pc, nel momento in cui han-no attiva una connessione di qualsiasi tipo (e sempre lo è) di fatto ci proiettano in questo spazio che è la rete, il “cyber-spazio”; pensate a quante volte ne beneficiamo, per consultare le previsioni del tempo, le news, o addirittura per programmarci le vacanze.

“[...] il cosiddetto ‘cyber-spazio’ è un luogo emotiva-mente caldo e non tecnolo-gicamente algido [...]”(Antonio Spadaro)

Evitiamo di cadere nell’ er-rore di guardare come po-tenzialmente “cattivo” tutto ciò che è “nuovo”; è lo stesso sguardo che i nostri progeni-tori avevano verso il telegrafo, verso il telefono, verso la tele-visione e, se vogliamo andare più indietro nel tempo, quan-do gli antichi pensavano che la scrittura avrebbe distrutto la memoria dell’uomo.I new media non cancelleran-no le relazioni ma le cambie-ranno e le potenzieranno.

Benedetto XVI ci insegna che: “[...] i media sono parte della realtà quotidia-

na di molte persone, parte del tessuto stesso della so-cietà [...]”

Antonio Spadaro nel libro “Cyberteologia” ci spiega che: “[...] i social network

non sono un insieme di individui, ma un insieme di relazioni tra individui [...]”“[...] i media digitali non sono porte di uscita dalla realtà, ma estensioni capaci di arricchire la nostra ca-pacità di vivere le relazioni e scambiare informazioni [...]”

Jonah Lynch dal suo libro “Il profumo dei limoni”: “[...] i social network rispondono a un desiderio profondissi-mo, il desiderio di comu-nione [...]”

L’argomento è troppo impor-tante per ridurlo a semplice tecnicismo, moda del tempo; scusa perfetta per rifugiarsi nel: “Non è cosa mia, non ca-pisco niente”; è la via giusta per essere “idiota digitale”, cioè colui che subisce passiva-mente i media e non ne capi-sce il meccanismo, le regole, il significato.Dobbiamo compiere un grandissimo sforzo, innan-zitutto a educarci, in stretta collaborazione con la scuola e gli insegnanti, rimettendo-ci umilmente in gioco con responsabilità e buon senso, sforzandoci di capire, aiutan-doci e facendosi aiutare, con-frontandoci con chi queste esperienze le sta già vivendo.

“[...] E’ necessario com-prendere la grammatica

della rete [...]” (Antonio Spadaro).

L’unico modo per compren-derla è esserci, frequentarla, entrarci, con sguardo critico e curioso, senza pregiudizi.Educare all’autenticità, essere se stessi è fondamentale.

“[...] determinante appa-re la categoria e la prassi della testimonianza. Oggi l’uomo della rete si fida delle opinioni in forma di testimonianza [...]” (An-tonio Spadaro)

C’è un altro aspetto da non sottovalutare; molto spesso noi genitori non sappiamo se i nostri figli hanno avuto espe-rienze negative online (cyber bullismo per citarne una); queste esperienze le tengono per sé o al limite le condivido-no nel loro gruppo di amici.

“[...] Non esiste una solu-zione su larga scala. Ogni luogo è unico, e ogni per-sona pure. L’unica strada aperta è quella dell’edu-cazione dell’intelligenza e della libertà [...]” (Jonah Lynch)

La rete non è tutto, c’è un “fuori”; educhiamoli a que-sto, a riscoprire il gusto, il 100% dei sensi: “[...] Tatto, olfatto, gusto; tre dei cinque sensi non possono essere trasmessi attraverso la tec-

nologia; i 3/5 della realtà [...]” (Jonah Lynch)

La rete collega, ma come ogni rete può fare prigionieri; edu-chiamoli a bucarla questa rete ed incontrare realmente gli altri.

“[...] sarebbe triste se il nostro desiderio di soste-nere e sviluppare online le amicizie si realizzasse a spese della disponibilità per la famiglia, per i vici-ni, per coloro che si incon-trano nella realtà di ogni giorno, sul posto di lavoro, a scuola, nel tempo libero. Quando il desiderio di con-nessione virtuale diventa ossessivo, la conseguenza è che la persona si iso-la, interrompendo la reale interazione sociale [...]” (Antonio Spadaro)

La nostra testimonianza, la nostra azione, sarà fonda-mentale anche in prospettiva futura, quando verrà il tempo in cui i nostri figli saranno a loro volta “migranti di ciò che verrà” ed i loro figli “nativi di ciò che verrà”.

Fonti e citazioni: • Cyberteologia di Antonio Spadaro

ed. Vita e pensiero• Il profumo dei limoni di Jonah

Lynch ed. Lindau• New media, inganno o risorsa?

http://www.youtube.com/user/aurorawtv

migRAnti, nAtiVi digitAli, cyBeRsPAzio, sociAl netwoRk: un mondo dA conosceRe

Alzi la mano chi di voi ha mai sentito la definizione di “migrante digitale” ! Ebbene, siamo tutti noi, quelli nati in-torno agli anni ’70 (ed anche prima) del secolo scorso; e quanti di voi sanno che i nostri figli sono “nativi digitali”?

La grammatica della rete

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::: AlessAndRA fAscendini

L'occasione della pi-giatura dell'uva in classe si è dimostrata per i bambini di seconda utile per scoprire una delle più antiche trasforma-zioni mai effettuate dall'uo-mo. Dopo aver nominato tut-te le parti che compongono la vite si è passati a pigiare i grappoli all'interno di una ti-nozza. I bambini scalzi e con i pan-taloni arrotolati fino al ginoc-chio hanno schiacciato l'uva esprimendo con il sorriso sul-le labbra le loro osservazioni: "L'uva è viscida, è fredda, è scivolosa, è morbida, i raspi e i vinaccioli pungono i piedi e si incastrano fra le dita, il suc-

lA cuRiosità e il ViVo inteResse dei BAmBini fAcilitAno l'APPRendimento

Cronaca di una trasformazione vissuta con gli occhi e... con i piedi.

Dall'uva al vino

le classi raccontano

::: sARA dottoRi

A seguito di un gioco che ha introdotto la nuova consonante R, i bambini hanno scritto sul loro qua-derno la frase: Abbiamo ritrovato le vocali sotto le ruote del trattore. Quando in classe prima si scrive alla lavagna, la maestra legge la fra-se, poi ogni parola e sillaba a voce alta. Nello scrivere la parola TRAT-TORE un bambino si accorge che

finisce con il nome del passerotto protagonista di un racconto letto insieme all'inizio dell'anno, "Tore". Dopo di lui altri bambini notano che in questo nome ci sono altre due parole "ore" e "re". La curiosità si accende e iniziamo a guardare la parola "trattore" come ad una borsa piena di sorprese. Ed ecco che una dopo l'altra si svelano altre paro-le nascoste, "tra", "ratto","attore". Conosciamo termini nuovi, come

un “tRAttoRe” fuoRi PRogRAmmA

Otto parole in una

co è appiccicoso...”L'entusiasmo degli alunni non è stato da meno nell'os-servare quello che è accaduto all'interno della bottiglia in cui era stato versato il mosto a fermentare: dopo un giorno le impurità si erano deposita-

te sul fondo rendendo di un colore più chiaro il succo e due giorni dopo erano com-parse numerose bollicine che dal basso salivano verso l'alto.Durante le fasi del lavoro dal-la curiosità di un compagno è scaturita una domanda:

"Che cosa sarebbe successo al mosto se avessimo tappato la bottiglia invece di coprirla con una garza?"Questa richiesta non ha lasciato indifferente l'inse-gnante che ha deciso di as-secondare il vivo desiderio dell'alunno, avendo però l'ac-cortezza di porre la bottiglia in cortile.Ogni mattina i bambini si re-cavano a vedere cosa stava ac-cadendo ancor prima dell'ini-zio delle lezioni e con gran fervore correvano in classe a raccontare. Grazie a un loro interesse ora i bambini hanno ben chiaro che durante la tra-sformazione del mosto in vino si produce tanta anidride car-bonica perché la bottiglia era gonfissima, quasi deformata e una mattina nell'aprirla il li-quido é "letteralmente esplo-so" provocando lo stupore di tutti. Passate alcune settima-ne il nostro vino era pronto e dopo averlo imbottigliato i bambini hanno deciso di re-galarlo a Don Giuseppe.

Nelle piccole vicende quotidiane i bambini sanno compiere grandi scoperte.E' affascinante seguirli nelle loro osservazioni per giungere insieme al cuore delle cose.

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::: dAnielA BeRnARdi

Nella scuola L'Aurora è ormai tradizione che i bambi-ni delle classi prime vengano affidati ai "grandi" di classe quinta. Per tutto l'anno si fan-no compagnia, i piccoli guar-dano ai grandi e giocano con loro nel momento dell'inter-vallo e i grandi li consigliano e li aiutano.Anche questa volta il quinto anno è iniziato con i metico-losi preparativi per curare il gesto dell'affido: i ragazzi di classe quinta si concentrano sulla scelta e sulla realizzazio-ne del dono da offrire ai pic-coli e si dedicano alle prove dei canti, che accompagnano il momento.Si tratta di un evento unico e interessante che ogni alun-no de L'Aurora attende dalla prima elementare quando anche a lui viene affidato "un grande" a cui guardare. I testi e le foto che seguono lo docu-mentano.

“Prima del gesto ci sono stati momenti dedicati ai prepara-tivi. Sin dal primo giorno di scuola l'argomento delle no-stre mattinate è stato l'affido. Per questo importante evento abbiamo deciso di cantare ai primini i canti che già aveva-mo imparato: "La nave nera", "Se sei felice", "L'inno degli sco-pritori", e di preparare un can-to nuovo. La base che abbia-mo usato é quella di “Scale e arpeggi” degli Aristogatti, cui

un gesto significAtiVo dellA scuolA PRimARiA

Grandi e piccoli: la scoperta che ci somigliamo.

L’affido: che meraviglia!

se al cuore delle cose guarderai tanto impegno e tanta gioia metteraiÈ il segreto dello studio ed ora che lo sai un bambino più felice tu sarai

Rit. Arte storia geografia mate scienze geometria

Anche se all'inizio ti emozioneraiPrima o poi vedrai che ti appassionerai l'affidato poi avrai che ti accompagneràe un cammino in compagnia si farà

Se al cuore delle cosecAnto dell’Affido

abbiamo cambiato le parole e il titolo. L'altro preparativo riguarda il dono che in seguito avremmo dato ai primini. Il regalo è un vasetto in cui abbiamo messo il passerotto Tore, il protago-nista del libro letto loro dalla maestra. Poi abbiamo costru-ito per il passerotto una bor-setta contenente i semi che avremmo piantato il giorno dell'affido. Sabato 28 settembre abbiamo così cantato e atteso che ci consegnassero i piccoli. Men-tre cantavo ero tranquilla ma, quando mi hanno chiamata, ho sentito un po' di agitazione. Mi hanno affidato due bambi-ne ed io ho dato ad entrambe il dono.Mentre aspettavamo le mie due affidate, mi hanno detto i loro nomi: Camilla ed Elisa-betta. In seguito siamo salite nelle loro classi dove abbiamo piantato i semi e loro ne sono state felicissime. Nel tempo che ci era rimasto mi hanno raccontato molto di loro. Camilla mi ha detto i suoi colori preferiti e così ha fatto anche Elisabetta. Mi sono accorta che, quando sto con le mie affidate, sono più responsabile, perciò avere delle piccole di cui occuparsi è davvero un'esperienza fanta-stica.” (Alice 5A)

“Per ciascuno dei piccoli è stato preparato un dono. Con-siste in un fondo di bottiglia decorato, che funge da vaso, pieno di terra, nel quale è in-serita una cannuccia colorata. Attaccata ad essa c'è un uccel-lino, fatto di carta e rinforzato dal cartone, di nome Tore, che è il protagonista della storia scelta per loro dalle maestre. La storia l'abbiamo letta an-che noi per capire come rea-lizzare il regalo. Tore ha inoltre una borsetta fatta di stoffa, dove abbiamo inserito i semi di viola o mar-gherita, che pianteremo nel vaso alla fine dell'affido. Terminati i preparativi, io ero tranquillo e pronto. Ci siamo disposti in cerchio e al centro si sono sistemati i bambini di prima. Dopo alcuni canti che tutti sa-

pevamo, abbiamo cantato la “nostra” canzone. E’ nostra perché alla canzo-ne degli Aristogatti, intitolata “Scale e arpeggi”, abbiamo cambiato le parole e il titolo. Tutti hanno voluto ascoltare il bis! Il momento della conse-gna dei doni è stato il più bel-lo e il più emozionante della mattinata. Quando siamo andati nelle loro classi, i banchi erano così mini che io sono dovuto stare in ginocchio. Dopo aver pian-tato il seme, l'abbiamo annaf-fiato e l'abbiamo deposto con cura sul davanzale. Ho scoperto che i miei affidati sono molto simpatici e uno è perfino juventino. Ci sono molte somiglianze fra i due e mi hanno fatto ricor-dare quando avevo la loro età e giocavo con i miei amici: mi divertivo "un sacco". Ho anche scoperto che sono diventato più responsabile. Ed è più divertente di quello che mi aspettavo giocare con loro, anche se sono più piccoli di me. Questa è stata una giorna-ta favolosa!” (Mattia 5A)

“Nella lezione di arte, abbia-mo realizzato Tore, il passe-rotto viaggiatore, protagonista della storia.Oltre a questo ci siamo dedi-cati a preparare i canti e tra questi ce n’è uno cui abbiamo modificato le parole. Arrivato sabato 28 settembre, siamo scesi in cortile con tut-te le classi elementari e, dopo avere fatto i canti, è venuto il momento che tanto desidera-vo, l'affido.I miei piccoli si chiamano Pie-tro, il chiacchierone e Michele, il simpaticone. Quando siamo entrati insieme nelle classi prime, abbiamo seminato e abbiamo sistemato Tore in un vasetto di plastica. Io ero felicissimo. Ho notato che i miei due pic-coli sono arzilli e simpatici ed ho scoperto che ci somigliamo. Ho capito quanta fatica fanno i miei genitori a tenere me e mia sorella: non vorrei esse-re nei loro panni! Conosce-re Pietro e Michele è per me un'esperienza fantastica.” (Stefano 5A)

"atto" e "tratto" e ci soffermiamo sul loro significato. Per i bambini tutto ha sapore di novità e la sem-plicità con cui guardano le cose ci ha regalato questo gradito "fuori programma", ripreso nei giorni seguenti sul quaderno di italiano. È stato entusiasmante accompa-gnare i miei alunni in questa loro ricerca e scoperta genuina, non indotta e non prevista e forse per questo, ancor più interessante!

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::: A cuRA delle PRofessoResse d’inglese

Il cielo d' IrlandaOggi, 19 novembre, appe-na sveglia apro la finestra e alzo lo sguardo: bellissime onde di nuvole, dalle infinite sfumature di grigio, coprono il cielo sopra di me. In un attimo mi viene in mente la canzone di Fiorella Mannoia "Il cielo d'Irlanda" e il pensie-ro torna alla vacanza-studio fatta a Dublino questa estate con studenti e insegnanti del-la Bachelet, dove una serie di sorprese hanno costellato quei giorni che non potrò di-menticare.Devo essere sincera, dopo un iniziale e grande entusia-smo seguito alla proposta del viaggio, i giorni prima della partenza mi hanno provocato non poca tensione: non ero stata bene e, comunque, la-sciavo a casa una figlia sola, in pieno esame di maturità....tuttavia, già al momento dell' arrivo in aeroporto davanti ai ragazzi emozionati e radiosi, i miei pensieri si sono rimpic-cioliti all'istante e il desiderio per questa nuova esperienza ha preso il sopravvento.Non ero mai stata in Irlanda ma conoscevo la grande tra-dizione popolare musicale che ha sempre contraddistin-to questo popolo: melodie semplici, mai banali, ritmi ballabili e particolarmente dotati di un grande potere di coinvolgimento. Ero deside-rosa di vivere in prima perso-na tutto questo.Una volta arrivati, una serie di cose mi hanno colpito e sorpreso: innanzitutto il cli-ma straordinariamente pia-cevole e caldo oltre che so-leggiato, che ci ha permesso attività e giochi all' aperto sui prati ( ma....il cielo d' Irlanda descritto nella canzone??); le famiglie irlandesi che ospita-vano i ragazzi erano partico-larmente gentili e premurose; la serietà e la professionalità dello staff della Emerald che ho potuto constatare perso-nalmente avendo preso lezio-ni con insegnanti madrelin-gua; il rapporto con i colleghi anche di altre scuole; le uscite

tRA studio, Bellissimi PAesAggi e un PoPolo osPitAle

Le vacanze–studio all’estero nel mese di luglio sono un appuntamento ormai tradizionale per la Bachelet. L’estate scorsa molti alunni hanno deciso di parteciparvi. Sono così partiti 36 ragazzi con due docenti di inglese e… la prof. di musica! Nei loro racconti riecheggia la bellezza di quella terra e delle due settimane trascorse insieme.

The Study Holiday Experience: Ireland, summer 2013

culturali, le danze e i canti, i giochi serali ( dove ci diverti-vamo molto anche noi inse-gnanti) e il weekend in quel pezzetto di paradiso terrestre che sono le Isole Aran, dove è impossibile descrivere ciò che si vede se non si è un poeta o un pittore. O se non ci si è stati di persona.L'ultima sera, prima di par-tire, è successa un' altra cosa inaspettata. Io, proprio io, che per una sorta di inibi-zione, ho sempre demandato alle colleghe le conversazioni in inglese nelle quali talvolta mi trovavo occasionalmente, ho dialogato con una signora del pub dove siamo stati per

::: AnnAlisA RuffAto

Lo studio delle prime civiltà affascina e provoca l’intelligenza dei bambini. Quan-do in terza inizia lo studio sistematico del-la storia, occorre che essi siano introdotti e sostenuti nella ricostruzione del passato, in-nanzitutto attraverso la narrazione. Si rive-lano poi utili le storie ambientate nel perio-do, le immagini, la realizzazione di disegni, la produzione di cartine e mappe che aiuti-no a fissare lo sguardo su quanto studiato. Dopo l’uscita didattica presso il Parco delle incisioni Rupestri di Naquane, in Val Camo-nica, è stato proposto alle classi un tema di immedesimazione con i Camuni: "Sono un Camuno preistorico. Racconto come nelle mie giornate cerco di rispondere alle esi-genze della vita come nutrirmi, ripararmi, difendermi e stare in compagnia". Il primo dato interessante è stato registrato al momento della proposta. Dopo la lettura della prima parte del tema i bambini sono stati guidati a completare la traccia rifletten-do sulla propria esperienza. E’ stato chiesto di pensare a quali fossero secondo loro le esigenze primarie della vita: sono emersi il bisogno di mangiare, di avere un luogo in cui stare, di sentirsi protetti e di avere degli amici. Essi hanno mostrato quindi di avere colto la similitudine tra le proprie esigenze e quelle dei primi abitanti del nostro pianeta, vissuti migliaia di anni prima di noi.Lo svolgimento dei temi si è rivelato uno strumento di valutazione, in quanto i gio-

vani scrittori hanno utilizzato tutte le cono-scenze acquisite:“Mia mamma Masapit mi aveva detto che avrei dovuto prendere le pietre focaie perché ormai era notte e quindi dovevamo accen-dere un fuoco per allontanare le bestie feroci e per riscaldarci. Mio papà Musciò era ap-pena tornato dalla caccia... Abbiamo cerca-to di accendere un fuoco impiegando tanto tempo. Poi ho guardato mia mamma e mio papà che toglievano la pelliccia di un anima-le con un coltello ciascuno. Li aveva costruiti mio zio Sciaput: con una pietra aveva limato un’altra pietra meno appuntita”. (Anna)

“E’ stato emozionante quando sono andato a fare una prova di coraggio nel labirinto. Io e il mio amico dovevamo uccidere un cin-ghiale e avevamo una lancia per attaccare e uno scudo per difenderci...”(Francesco)

“Avevo fame. Presi un sasso appuntito e lo legai ad un bastone e costruii una lancia. Poi andai a cercare un animale. Da lontano vidi un grosso lupo, mi avvicinai lentamente, presi la mira e lo colpii. Poi torni alla tenda, presi due bastoni e iniziai a sfregarli per ac-cendere il fuoco, come avevo visto fare dallo sciamano…” (Gaia)

“Io sono Roti. La mia famiglia per nutrirsi coltiva il terreno e va a caccia. Coltivare il terreno non è facile, soprattutto prendere i chicchi. Oggi ne ho presi più del solito e la

mamma mi ha detto: “Brava, così possiamo fare più farina...” (Sofia)

“... Stavo andando a prendere un po’ d’ac-qua ma a metà strada incontrai un animale

feroce. Iniziai a correre, ma proprio allo-ra mi accorsi di avere il mio arco dietro la schiena. Allora scoccai una freccia dritta nel cuore dell’animale che cadde a terra. Poi con il flauto, che avevo costruito con un os-sicino di animale, suonai e arrivarono i rin-forzi” (Rebecca)

“Aiuto! Un lupo mi sta rincorrendo!”. Si

Lo studio sistematico della storia in terza elementare è sempre atteso con grande inte-resse. Un’esperienza di immedesimazione con gli uomini della preistoria ha offerto agli alunni la possibilità di mettere in gioco in modo originale le proprie conoscenze. Che bella la storia!• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •l’esPeRienzA di unA teRzA PRimARiA

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The Study Holiday Experience: Ireland, summer 2013

una cena tra canti e danze. Indovinate cosa mi ha detto? Che era sorpresa per come i nostri alunni cantavano e par-tecipavano! In effetti, ciò che mi ha col-pito di più, sono stati proprio i ragazzi che hanno seguito, partecipato e si sono lasciati guidare in modo maturo e consapevole. Stare con loro, in questa nuova, coinvolgen-te dimensione è stata sicura-mente l'esperienza più bella ed emozionante.Sono d' accordo con te, Fio-rella: "Il cielo d' Irlanda ha i tuoi occhi se guardi lassù... Il cielo d'Irlanda è dentro di te..." (Anna Beltrami, inse-gnante appassionata di musica e affascinata dalla lingua inglese)

Contributi degli alunniQuest’estate i miei genitori mi hanno dato la possibilità di partecipare alla vacanza-studio in Irlanda. E’ stata un’ esperienza di vita molto ricca sia a livello personale, che culturale e paesaggistico!! Il famoso cielo d’Irlanda che spesso nelle foto si vede co-perto di grossi nuvoloni neri, quest’estate era invece illumi-nato da uno splendido sole e il paesaggio sembrava ancora più bello di quanto già fosse. Le persone erano sempre al-legre e nelle strade c’era chi cantava, suonava, rideva e scherzava e questo ti riempiva davvero di allegria. Durante queste vacanze abbiamo visi-

tato moltissimi luoghi, alcuni piu’ culturali come i musei, altri un po’ più “gustosi“ come la fabbrica del cioccola-to e la fabbrica della birra. La gita che abbiamo fatto e che mi è piaciuta di più è stata quella alle isole Aran. E’ stata un’esperienza meravigliosa; quel giorno non c’era nem-meno una nuvola e l’oceano brillava e ondeggiava sotto un sole da deserto. Ci sono sco-gliere a picco sull’oceano così ripide da togliere il respiro. Abbiamo persino visto delle foche durante il tragitto.Que-sta esperienza è stata molto utile anche da un punto di vista personale ed è servita a correggere alcuni miei difetti. Io so infatti di essere molto schizzinosa e faccio fatica ad assaggiare qualcosa di nuovo; qui invece mangiavo qua-si tutto anche se ogni tanto rimpiangevo la pastasciut-ta di casa! Spero di avere la possibilità di rivivere questa fantastica avventura anche il prossimo anno! (Claudia, II)

The study-holiday in Ireland was very interesting because, living with the family, I had to speak English necessarily and it was very inspiring and it was a way to learn new words in a conversation, too. I enjoyed all the activities and excursions we have done in Ireland. Particularly, I loved the Aran Islands: they are a fabulous place that I never imagined could exist, and

that I only see in documen-taries. The boat trip to reach them was very nice, too. Now, after my stay in the land of Ireland, I am more aware of her beauty and her nature and I'm very happy I visited those unforgettable places. Now I wish to see them again soon. (Maria Cristina, IID)

Con le lezioni mattutine a scuola ho approfondito di più la mia esperienza con l'ingle-se. È stato un metodo efficace anche perché poi, la sera, po-tevamo mettere in atto le cose imparate alla mattina con la nostra famiglia, sempre pron-ta ad aiutarci e correggerci. Oltre all'inglese, questa va-canza mi ha aiutato a legare di più con i ragazzi della mia stessa scuola che magari pri-ma non conoscevo. Ho anche fatto amicizia con spagnoli, russi e tedeschi, ovviamente comunicando come meglio potevo in inglese. L’Irlanda è una terra fantastica e consi-glio a tutti la vacanza-studio: la rifarei assolutamente. (Nicole, IID)

Che bella la storia!• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

quello ero io, uno dei tanti Camuni. Ma ritorniamo a quel gior-no. Per mia fortuna i guerrieri arrivarono sempre più numerosi perché ero il figlio del capo tribù. “Mentre stavamo per venirti a prendere”, mi dissero “Abbiamo visto un cervo”. Carne per tutta la tribù, pensai. (Giovanni)

“Un giorno io e miei amici stavamo camminando. Ad un tratto, da un cespuglio, uscì un lupo che cominciò ad avvici-narsi lentamente. Per fortuna ci portavamo dietro le armi, prendemmo l’arco e lo colpim-mo” (Luca)

“Sono un bambino Camuno. Di solito mio papà va a caccia per prendere cibo. Intanto la mamma mi insegna ad accen-dere il fuoco”. (Marianna)

“Sono un bambino camu-no. Oggi sono andato per la prima volta a caccia con mio padre ed è stato bellissimo”. (Tommaso)

“Un giorno, mentre stavo andando a prendere l’acqua, vidi un lupo e scappai. Ma dopo un po’ mi fermai e vidi che era ancora là. Mi avvicinai e vidi che era ferito alla zampa. Allora dissi: “Po-verino, vieni che te la curo io la zampa”. Poco dopo un animale feroce mi voleva assalire ma il lupo lo attaccò per difendermi…Dopo un po’ il lupo guarì ma non se ne andò. Rimase al villaggio e, quando andavo a prendere l’acqua al fiume, veniva con me e di notte faceva la guardia fuori dalla capanna” (Misia)

Altri contributi sul sito www.aurorabachelet.it

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::: dAnielA BeRnARdi e chiARA sPessi

“Arrivati a destinazio-ne, con la nostra guida Anna abbiamo percorso le strade di Aosta. Passo dopo passo ci siano imbattuti nel maestoso arco di Augusto, una costru-zione imponente alta 11, 5 metri, a cui è sospeso il San-to Volto. Si tratta di un cro-cefisso formato da tre triglifi necessari a sostenere il corpo di Gesù Cristo. Successiva-mente abbiamo osservato la Porta Praetoria, fatta in parte di marmo e con meravigliose sculture. In seguito siamo en-trati nella necropoli, una città dei morti, usata per ospitare i defunti. Mi ha colpito sco-prire che un tempo benda-vano i morti e li mettevano nella posizione del neonato, perché, così come per la na-scita, anche con la morte si passa ad una nuova vita. Poi abbiamo sostato e pranzato in un parco giochi e subito dopo ci siamo rimessi in cammino con Donato, la nuova guida. Abbiamo visto il magnifico teatro che poteva ospitare 3000 persone, formato da quattro arcate e dai gradini per gli spettatori: insomma un signor teatro. Per finire siamo andati, tra boschi autunnali e strade ripide, al ponte di Pon-del che si usava come acque-dotto, lungo 10 m e alto 50. Armati di coraggio, abbiamo attraversato, al buio pesto, il canale che un tempo era usato per trasportare l'acqua ed è stata una vera avventura all'Indiana Jones”. (Aurora 5ºA)

“Dopo aver mangiato e gio-cato abbiamo ripreso l'esplo-razione. La nuova guida ci ha mostrato i pochi resti del tea-tro romano che ospitava circa 3000 persone, invece l'anfite-atro ne aveva ben 15.000. Nel pomeriggio abbiamo lasciato Aosta e ci siamo diretti in un piccolo paesino di nome Pondel, abitato da quaranta persone. Qui c'è un grande

ponte acquedot-to romano, così alto che a guar-dare giù vengo-no i brividi. La guida ci ha fatto attraversare un tunnel piccolo stretto e buio, dove prima pas-sava l'acqua. Questa uscita è stata bella e inte-ressante”. (Stefano 5ºA)

“Al termine della mattinata abbiamo salutato la guida e ci siamo diretti ad un parco giochi per mangiare. Dopodiché è arrivato Dona-to, la nostra seconda guida; con lui ci siamo diretti al te-atro, alto 22 m: prima ospi-tava nove arcate, adesso ne vediamo solo quattro. Dietro il palco ci dovevano essere i camerini e si presuppone che fosse al coperto. Dopo poco ci siamo diretti in una cittadina di nome Pondel. Lì abbiamo visitato il ponte acquedotto romano che misura 50 metri dal letto del fiume. Questo monumento si chiama così perché prima era un acque-dotto ed ora è solo un ponte. A Pondel abbiamo costruito un modellino del ponte ro-mano e così si è conclusa la nostra uscita che è stata bel-lissima. (Matilde 5ºA)

“Dopo una camminata nella città arriviamo alla Porta Pra-etoria. Ha tre porte ed era ricoperta di marmo. Nel po-meriggio ci rag-giunge Donato, la nuova guida. Ci porta al tea-tro romano e nel criptoportico, che aveva fun-zioni religiose. In seguito giun-giamo a Pondel, dove si trova il

ponte acquedotto di epoca romana. Mentre lo attraverso ho una paura tremenda, per-ché ci troviamo su una gola profondissima in cui scorre un torrente dalle acque agi-tate. Attraversatolo, entriamo in una bassa stretta e buia gal-leria nel bosco. Infine Donato ci illustra la costruzione di un ponte con un modellino di legno. È stata una bellissima gita! (Gabriele 5ºA)

Aosta: una città che racconta la storia romana agli alunni di 5^ B

Un po' di curiosità Diecimila anni fa la Valle d’Aosta era abitata dai Celti. I Celti erano chiamati Salas-si perché commerciavano il sale. I Romani fondarono una città in onore di Ottaviano Augusto: Augusta Pretoria e da quel nome deriva quello

della città di Ao-sta. La città fon-data dai Romani era situata tra la Dora Baltea e il torrente Buthier e conserva in parte le antiche mura, alcune torri e l’Arco di Augusto.In epoca suc-cessiva, quando iniziò la costru-zione delle chie-se, esse erano a forma di croce

come deciso da San Ambro-gio; l’altare era nel centro e le persone si disponevano in cerchio. Esso era rivolto a est perché sorge il sole e perché Gesù era nato a oriente.Nella città era presente anche una zecca, dove si produceva-no i soldi. La zecca ora non è più usata, neanche come mu-seo, per motivi di sicurezza.Una curiosità: la temperatura di Aosta all'epoca romana era di due gradi più di oggi. (Elena R, Francesca DB e Andrea)

L’Arco di AugustoL’Arco di Augusto s’innalza nella parte orientale di Aosta. Costruito nel 25 a.C., è fatto con blocchi di conglomerato (materiale grossolano) di pud-dinga e rivestito di marmo. È alto 11,50 m e largo 9 m.In cima alle colonne ci sono i capitelli decorati con foglie di acanto, pianta corinzia

(Grecia). Aveva scritte in bronzo, successivamen-te utilizzate per statue ed altro. Sulla sommità, inoltre, troviamo i triglifi pietre a tre che si alter-navano con le metope (bassori-lievi).In età medioe-vale è stato ag-giunto Il Santo Volto (crocifis-so nel centro

dell’arco).Nel 1700 è stato aggiunto il tetto spiovente.Il restauro è avvenuto nel 1912, ma ora l'Arco è nero per lo smog. Infine l’Arco è il simbolo di Aosta insieme al leone che c’è al centro delle sue bandierine.(Michele, Jacopo, Lisa Marie)

La necropoliLa necropoli, in antichità, era la città dei morti che cor-risponde al nostro cimitero; l'unica differenza è che le tombe erano poste in tante casette.La necropoli romana di Ao-sta, che abbiamo visitato, fu costruita di fianco alla stra-da proveniente da Eporedia (Ivrea). In epoca romana si sviluppò, quindi, di fianco a questa strada, un'importante necropoli, in un'area utilizza-ta a scopo funerario già nella tarda Età del Ferro.La necropoli ha 288 tombe e misura 800 metri quadrati. Le tombe erano decorate ispi-randosi alla vita del defunto. Nelle tombe sono stati ritro-vati corpi di vescovi: Agnel-lus (Agnello), sepolto nel 228 d.C., Gratus (Grato), sepolto nel 470 d. C., Gallus (Gallo), sepolto nel 546 d. C.Su questa necropoli, senza conoscere l'esistenza di tom-be sotterranee, fu costruita la chiesa di San Lorenzo che, in antichità, era chiamata Con-cilium Sanctorum. Sull'altare della chiesa erano poste le reliquie dei santi. Fuori dalla chiesa, che è a forma di croce, c'erano le tombe di persone morte prima di veder realiz-zato il loro desiderio di essere battezzate.(Greta, Chiara, Michela)

La Porta PraetoriaLa Porta Praetoria è fatta di puddinga ed è rivestita con marmo bianco di Carrara e marmo grigio.Le torri che si innalzavano ai lati delle porte servivano per la difesa.

conosceRe i RomAni come indiAnA Jones: AttRAVeRso Ponti dA BRiVidi e tunnel misteRiosi

In numerosi angoli della città di Aosta rivive la civiltà ro-mana: dalle mura alle porte, dal teatro al cripto portico, per non parlare dell'imponente arco di Augusto all'in-gresso della città. La valle inoltre ospita numerosi ponti e acquedotti, tra cui lo spettacolare ponte acquedotto romano di Pondel.

L'uscita didattica di fine ottobre – unitamente allo studio in classe della civiltà romana - ha permesso ai ragazzi di quinta di incontrare le testimonianze di questo luogo e di soffermarsi su alcuni aspetti di grande interesse. Gli alunni si trasformano in guide ed illustrano le parti più interessanti di Aosta.

A spasso per la “Roma delle Alpi”

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Aveva una porta interna e una esterna ciascuna compo-sta da tre archi.La strada che giungeva dall’Arco di Augusto arrivava fino alla Porta Praetoria.Oggi possiamo vedere che questa strada è alta 3 metri più di quella attuale.(Samuele, Tommaso C., Nicolò, Matteo)

Il TeatroIl teatro è tra le costruzioni romane.Nel teatro si mettevano in scena commedie, tragedie e balli, ma recitavano solo gli uomini e dovevano essere solo persone importanti. Invece nel mimo anche le donne po-tevano fare le attrici.Gli spettacoli erano gratuiti perché era usanza che pa-gasse un ricco tutte le spese: i costumi, gli attori, l'ingresso.La facciata è alta 22 metri con una serie di bifore e tri-fore, che per noi sono le "fine-stre". Adesso ci sono la metà degli archi rispetto all'epoca romana.Quando si guardava lo spet-tacolo le donne erano in alto (quei posti si chiamavano "pleure"), mentre gli uomini stavano davanti. Gli spettacoli potevano guardarli anche gli schiavi. Il Teatro ospitava 3000 per-sone: aveva più posti della Scala! Il monumento ha dei buchi e si pensa che servissero per so-stenere il tetto. Gli archeologi infatti intuirono che l'edificio avesse un tetto anche perché era chiamato "Teatrum co-pertum".Dietro il teatro c'erano le quinte dove si trovavano i ca-merini. Le entrate venivano chiamate "Vomitori". (Anna, Giulia S., Giulia A.)

Il foro e il Criptoportico Il foro era costruito in traver-tino.Era formato da un colonna-to e da diverse statue, inoltre aveva anche delle terme.

Il foro (o podio) era diviso in due parti: la piazza, dove si svolgeva la vita sociale e pub-blica, l’altra parte dove si svol-geva la vita religiosa.Sotto il foro si nasconde il Criptoportico forense che è una galleria semibuia forma-ta da un susseguirsi di archi a botte (detti anche archi scemi) sostenuti da robusti pilastri in tufo. La galleria era illumina-ta da alcune finestrelle e dal riflesso della luce sull’intona-co bianco.Gli storici, inizialmente, cre-devano che fosse una cripta, poi un luogo da passeggio, in seguito un mercato e infine accertarono fosse un luogo dove si preparavano i riti re-ligiosi.Il criptoportico ha una forma a ferro di cavallo e circonda-va l’area sacra al centro della quale si trovavano due templi affiancati.(Elena B., Giacomo, Marcello, Davide)

Il ponte/acquedotto di PondelIl ponte/acquedotto era sta-to costruito nel 3 a. c. per far passare l’acqua dentro a dei parapetti alti un metro.La luce del ponte è di 20,40 m, è lungo 14 m ed è stato costruito da Caio Lavinus, un uomo ricco. Sotto questo ponte scorre un torrente che si chiama Gran Syvia che nasce dai ghiacciai del Gran Paradiso.La guida ci ha spiegato che le pietre del ponte/acquedotto non sono tenute insieme da calce o da altri tipi di fissan-ti, ma da un difficile sistema di gravità dovuto alla forma dei blocchi: ognuno di essi si appoggia sull’altro finché il peso di tutte le pietre arriva ai blocchi di pietra appoggiati per terra.Dentro il ponte, in epoca ro-mana passava la gente, men-tre fuori, sul ponte passava l’acqua.(Federica, Francesco, Tommaso G.)

La bellezza dei particolari

::: g. muzzi e m. RodellA

“Quando ho visto il Duomo mi è subito saltata all’occhio la cura che gli scalpellini hanno messo per curare al massimo ogni particolare, perché sapevano che lassù in cielo c’era qualcuno che li stava guardando. Poi abbia-mo girato intorno al Duomo per osservare le faccine delle persone che hanno contri-buito alla sua costruzione. In seguito siamo andati sul retro per osservare il rosone e abbiamo notato che era rappresentata la Trinità: il Figlio come un sole, lo Spi-rito Santo come un’aquila reale che aveva la corona e il Padre come Dio. Dopo sia-mo entrati e la maestra Vera ci ha fatto fare il giro dell’in-terno facendoci osservare le vetrate e spiegandoci che in pochi sapevano leggere e scrivere quindi rappresenta-vano così la Bibbia. Inoltre ci ha detto che ci sono cin-quantadue colonne come le settimane dell’anno; dove c’è una lucina rossa si trova un pezzo del chiodo della croce di Gesù. Ho osservato che il pavimento è in rilievo tranne dove c’è il marmo bianco perché è più delica-to”. (Penelope)

“Ho scoperto che sulla fac-ciata ci sono cinque portoni, sei lesene e sopra il portone più grande ci sono tanti di-

segni della vita di Maria. Intorno alla facciata del Duomo abbiamo visto tante teste che sono le facce del-le persone che, in qualche modo, hanno contribuito alla costruzione del Duomo. Ho scoperto anche che per salire sulle guglie abbiamo fatto duecentosessantuno scalini. Su abbiamo cantato Oh mia bella madunina. Mi ha colpito quanto è grande Mi-lano dall’alto!“ (Lorenzo)

“Caterina, un’anziana si-gnora molto povera, ogni giorno si recava al Duomo con una cesta piena di pe-santi marmi da lucidare: questo era il suo lavoro. Un giorno volle contribuire alla costruzione della Cattedra-le, donando l’unica cosa che possedeva: una logora pellic-cia. Questa fu messa all’asta e comprata da un uomo che, accortosi del generoso gesto di Caterina, comprò la pel-liccia e la ridiede alla don-na. Poi le disse che avrebbe esaudito un suo desiderio come premio per la buona azione compiuta. Fu così che la donna andò a Roma e incontrò il Papa. Oggi, sulla parete laterale destra del Duomo, si può osservare una piccola statua che ritrae una vecchietta in ginocchio con in spalla una cesta: è Caterina!” (Giulia, Mad-dalena e Maria)

“La storia di Alessio della Tarchetta è quella che ci ha interessati di più. Alessio era un uomo cresciuto in Alba-nia. Quando giunse a Milano venne ospitato da uno Sfor-za, un signore molto potente, che lo fece lavorare come sol-dato. Alessio si stupì di come era stato accolto e si rese conto che era successo per grazia della Madonna, alla quale era dedicato il Duomo che stavano costruendo. Così scrisse una poesia, dedican-dola alla Madonna e fece una donazione in denaro per la realizzazione del Duomo”. (Matteo e Teresa)

“Marco Carelli era un mer-cante molto ricco, ma spesso era triste perché non condi-videva con gli altri le sue ric-chezze. Un giorno, venuto a sapere che era in costruzione la Cattedrale di Milano, de-cise di contribuire a questa grande opera: fece testamen-to e lasciò tutti i suoi averi alla Veneranda Fabbrica del Duomo. Seguì un periodo di crisi e vennero a mancare i soldi necessari ai lavori del Duomo. Per questo fu chie-sto a Marco di lasciare i suoi beni subito, quando era an-cora in vita.L’uomo donò tutto ciò che possedeva e continuò a vive-re da povero, mentre i lavo-ri per la realizzazione della Cattedrale proseguirono.”(Samuele e Pietro)

Gli alunni delle quarte de L’Aurora hanno conosciuto la storia del Duomo di Milano attraverso il racconto della vita di persone che nei secoli hanno contribuito, con i più svariati doni, alla messa in opera della Cattedra-le. Sono stati poi accompagnati a Milano per ammirare questo splendido esempio di arte e di fede. Dopo una visita all'interno del Duomo e un'atten-ta osservazione della facciata, sono saliti sulle terrazze dove hanno gustato il panorama. Di seguito testi scritti dai bambini.

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un geneRe letteRARio studiAto in due diVeRse lingue

::: nicolettA BARzAghi

I think this book is a fantastic detective story because it is full of su-spense and mystery. Even if at the be-ginning it is not clear that in the story there is a murder, at the end all beco-mes clear and the reader has no more questions about the case, because everything was explained by Sherlock Holmes. The only thing that I did not like is that we don’t know if Gennaro, the person that committed the crime, will go to prison because it’s not said in the ending. (Maria)

This book is interesting because within the text you can discover a lot of things, for example there is a moral that struck me; there are the typical words and expressions of a detective story. Now I can analyze a detective book in English! (Giorgia)

Il racconto “The Red Circle” mi è piaciuto perché ci sono molte scene inaspettate ed è molto inte-ressante, anche perché si basa su fatti che potrebbero essere real-mente accaduti. (Alessia)

Thanks to the work both with the Italian and the English te-achers I discovered new aspects of the character of Sherlock Holmes. (Davide V.)

This is a very strange detec-tive story because it starts with a problem and it ends with another one. This is the aspect that I li-ked the most, because there is a connection between the two pro-blems.

As for the front cover, on it I can see Sherlock Holmes and some buildings opposite him. I think it’s not the right picture because it represents only the detective and not the whole contest. I would choose the picture of the fight between the criminal and the victim. (Lisa)

I like the front cover of this book because I can see just some of the ele-ments of the book, and that is perfect to create suspense. (Andrea V.)

On the front cover I can see Sherlock Holmes smoking his pipe while looking at a red building. I think this image is not effective because it does not tell us anything about the sto-ry as it’s just about the detective. The title instead is effective because the main facts and characters of the story are connected to this secret criminal society, “The Red Circle”.(Davide T.)

A Scuola da Sherlock Holmes: following the steps… I discover facts!Le lezioni di Inglese quest’anno si sono aperte con un giallo, "Sherlock Holmes and The Red Circle". Durante l’estate gli studenti hanno letto il racconto. Poi, in classe, hanno analiz-zato il personaggio e il genere, anche in collaborazione con la docente di italiano con la quale, nel frattempo, avevano lavorato su altri testi del genere giallo. L’analisi si è svolta proprio mettendo in pratica il metodo del famoso detec-tive: partire dai fatti (citazioni dal testo) e mai dal proprio pensiero, osservarli e quindi trarre le deduzioni, come dice Alessia: “Questo racconto mi è piaciuto perché ci sono molte scene inaspettate ed è molto interessante, anche perché si basa su fatti che potrebbero essere realmente accaduti”.

Perché è così interessante arrivare alla fine di un racconto giallo?

Perché tutti i nodi si sciolgono e, che piaccia o meno, arriva la soluzione... aspettata, imma-

ginata o magari anche inattesa. La spiegazione finale soddisfa il desiderio di

capire che, fin dalle prime pagine, ac-compagna il lettore e spesso l’investi-gatore. Svelando l’importanza di piccoli particolari, ti fa dire: “Ma è proprio

vero! Potevo arrivarci anch’io!”

::: silViA mARAngi, gioRgiA BomBelli, cAteRinA mAsieRi iii A

 “Datemi dei problemi, datemi lavoro, datemi il più astruso critto-gramma oppure la più intricata ana-lisi, e mi troverò nel mio ele-mento naturale.”(Il segno dei quattro, A. C. Doyle)

In questa prima parte dell’anno ab-biamo letto libri e racconti gialli, sco-prendo i più importanti investigatori (da Sherlock Holmes a Maigret, da Poirot a Pa-dre Brown) e i loro diversi metodi d’in-dagine.In inglese ab-biamo riletto e tradotto il testo delle va-canze, “Sher-lock Holmes and the Red Circle”, sot-t o l i n e a n d o con diversi colori i principali aspetti del racconto: il metodo d’indagine, le caratteristiche dell’investigatore e della vittima.L'aspetto più interessante di questo lavoro è stato scoprire e approfondire il personaggio di Sherlock Holmes, studiandone le numerose caratteristi-che e la sua strana ma geniale mente! Anche l'analisi sul testo in inglese ci è piaciuta perché ci siamo immedesima-te nella storia, imparando le parole e le espressioni tipiche di un racconto giallo. Nella lettura dei brani la cosa insolita è stata credere di avere capi-to tutta la storia e il suo sviluppo, per scoprire poi, dai discorsi e dai pensie-

ri degli investigatori, che il racconto si concludeva in tutt’altro modo!Un altro elemento appas-sionante è emerso leggendo “La Croce Azzurra”, rac-conto che vede come inve-stigatore Padre Brown; ci è piaciuto particolarmente per lo stile diverso adottato

da Chesterton, che non crea il solito misterioso e agghiacciante raccon-to giallo, ma preferisce una struttura “ironica e simpatica”. Abbiamo nota-to che la prima volta in cui si legge un giallo, gli indizi e i fatti non si colgono subito e per questo non si capisce mol-to lo sviluppo della vicenda, ma una

volta ripresi e analizzati si c o m p re n d e tutta l’indagi-ne e la con-clusione a cui lo scrittore ti vuole con-durre.Oltre ad ana-lizzare il te-sto, ci siamo messi in gioco e, come Sher-lock Holmes

e gli altri investigatori risolvono il caso, anche noi, leggendo, abbiamo indaga-to sul testo provando a ipotizzare pos-sibili deduzioni e a entrare nel raccon-to. A volte ci sono capitate situazioni complesse nelle quali abbiamo dovuto unire più conoscenze e in cui è stato bello ragionare insieme, con la prof. e i compagni. Questa affascinante caratteristica è, secondo noi, l’aspetto più significativo e intrigante in un libro giallo. Quello che Sherlock Holmes dice del suo lavoro, nella frase con cui abbiamo aperto l’articolo, è quello che abbiamo fatto noi leggendo: investigare il testo!

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metti il gioVedì PomeRiggio A scuolA: cosA ceRcAno questi RAgAzzi? cosA PRoPongono questi Adulti?

I Cercatori d’Oro sono un gruppo di ragazzi, tra gli alunni della Bachelet, che decidono di seguire la proposta di alcuni professori affascinati dalla "Buona Notizia". Ecco cosa li spinge ad accogliere l’invito dei professori e a vivere insieme questa avventura.

I Cercatori d’Oro

::: nicolettA BARzAghi

“La buona notizia per tutto l’uomo e per tutti gli uomini: Dio venuto nella carne pove-ra degli uomini la avvolge di una luce nuova, capace di dare senso ad ogni aspetto della vita quotidiana”Al giovedì si fermano nelle aule della scuola, un regalo non scontato del CdA, e tra una chiac-chiera, un gioco e un’oretta di studio cercano qualcosa insieme. I ragazzi spiegano che cosa cercano e quindi che cosa li spinge a venire, organizzando il tempo settimanale anche in base a queste due ore e mezza da trascorrere insieme. La doman-da non è retorica. Il motivo può cambiare nel tempo, soprattutto perché i ragazzi sono sem-pre più coscienti di ciò che li muove.“In prima media non vedevo l'ora di fare i Cer-catori e ho chiesto tantissime volte di poter ini-ziare, perché sentivo i miei amici che racconta-vo la loro esperienza e io mi esaltavo. Alla fine mi ha invitata la prof. ed è oramai da tre anni che faccio parte del gruppo di San Camillo. Non ho più smesso di frequentare i Cercatori d'Oro perché qui ho fatto e faccio esperienza di amicizia vera. Qui ho trovato il valore vero dell'amicizia perché posso confrontarmi con altre persone senza sentirmi giudicata, anzi ci aiutiamo a vicenda, gli amici mi consigliano ad esempio una soluzione se ho un problema o una domanda su ciò che mi capita tutti i giorni. L'amicizia vera è quella compagnia dove ognu-no è libero di dire ciò che vuole senza paura, dove non hai bisogno di mascherare ciò che sei veramente. Ecco perché continuo a venire. Questa settimana ad esempio alcune persone che conoscevo sono mancate. Insieme all'aiuto della prof. ci siamo interrogati sul perché que-ste cose accadano, e su come si fa a superare un dolore così immenso. Tutto ciò è successo perché una persona ha in mano il progetto della vita di ognuno di noi: questo è Gesù. Il dolore c'è, non può sparire da un giorno con l'altro, ma Lui ha creato persone intorno a noi che ci aiutano ad affrontare il dolore, la malat-tia, i timori… Dobbiamo anche tenere conto che queste persone a noi care non sono sparite, anzi in un certo senso ci sono ancora più vicine. Sono loro che ci proteggono dai mali della vita e non bisogna dimenticare che la Sua promessa è quella che un giorno ci rincontreremo tutti nello stesso luogo." (Miriam)

“Per me i Cercatori d'Oro sono una compa-gnia di amici straordinaria. Io qui mi sento ac-colta e libera di essere me stessa, libera di non dover indossare una maschera che nasconda i miei pensieri e le mie emozioni perché qui ven-gono ascoltate, non giudicate.

In questo gruppo ho trovato un'amicizia reale, forse per la prima volta nella mia vita, e que-sta esperienza mi ha aiutato molto in questi tre anni. Grazie ad essa sono molto cambiata, guardo le cose in un modo diverso e tutto per merito di un momento banalissimo: il gioco.L'anno scorso mi annoiava, non ero mai vera-mente felice durante i giochi e ciò mi dispia-ceva. Poi un giorno la prof. ha chiesto chi si era veramente divertito dopo aver giocato e lì mi sono accorta di come avevo sprecato inu-tilmente il mio tempo poiché anche quello, sebbene banale, poteva diventare una sfida in cui buttarsi, un'occasione in più per gustare la realtà. Da quel giorno sono cambiata, tutto era prova, una sfida, e ho incominciato a buttarmi in ciò che la vita mi offriva, sia nello stare con l'amico antipatico, sia nell’affrontare la morte di una persona cara. Vivendo così ho inco-minciato a gustare ogni particolare della vita, anche se a volte è stata dura. Ricordo la sen-sazione che avevo avuto la settimana dopo la domanda della prof., ovvero una sensazione di pienezza, e pensando a questo cerco di affron-tare ogni cosa, perché tra il non fare niente o lo stare in campo e divertirsi c'è una grande differenza.” (Maria)

“Sono nel gruppo di S. Camillo da due anni. Sono arrivata ai Cercatori su invito di una mia cara amica, che mi aveva raccontato la sua esperienza. Non mi è stato subito chiaro cosa fossero i Cercatori, ma mi sono fidata di quello che lei aveva detto e poi avevo il desiderio di conoscere persone nuove, avere una compa-gnia magari diversa dalle altre.Queste sono state le ragioni iniziali, ma poi ho scoperto che mi piaceva stare qui perché mi sentivo aiutata a comprendere la realtà intor-no a me e a capire meglio il perché del mio impegno, del mio stare nel mondo. Tante volte mi pesa parlare di cose “serie”, vorrei giocare o scherzare e basta, poi, però, mi accorgo che mi piace anche dialogare di cose serie e così in questo luogo imparo a conoscere Gesù. Sì, per-

ché Gesù lo accolgo proprio stando con gli altri e condividendo con loro alcune esperienze.La vacanza a Luglio è stata meravigliosa, per-ché ho capito come sia bella l’esperienza di un’amicizia e come sia più facile con amici co-noscere Gesù e fare la sua esperienza.Un altro momento molto bello è stato quando una mia compagna dei Cercatori ha parlato del suo brutto momento in famiglia, con la mam-ma ammalata. Ricordo di essermi commossa e di essermi sentita molto vicina a lei, nonostante non la conoscessi bene. L’aiuto che lei diceva di aver ricevuto da questa amicizia nei Cerca-tori era enorme. Anch’io mi accorgo come mi faccia crescere condividere alcune esperienze e parlarne con degli adulti che mi aiutano a tro-vare Gesù nella vita di tutti i giorni.” (Gioia)

“Io vengo ai Cercatori per approfondire e por-tare avanti l’amicizia che ho trovato in questa compagnia dove so di poter incontrare Gesù. Non mi basta solo sentirne parlare, voglio e ho bisogno di incontrarlo e trovarlo. Grazie al gruppo S. Ambrogio (al quale due anni fa mi hanno invitato) riesco a farlo. Lo trovo nelle piccole cose che facciamo insieme: nel gioco dove cerco sempre di dare il massimo e soprat-tutto nel momento in cui cantiamo perché, an-che se non sono particolarmente intonata, mi vien voglia di cantare e voglio farlo bene. Mi accorgo che anche gli altri sono spinti a impe-gnarsi fino in fondo, non perché obbligati, ma perché si percepisce il motivo che ci fa deside-rare il momento di ogni giovedì. L’altro gesto quotidiano che mi rende contenta è il momento in cui recito la preghiera dei Cer-catori perché le parole che dico corrispondono perfettamente ai miei desideri e lo stupore che i nuovi arrivati manifestano nel sentirla la prima volta mi conferma che non sono l’unica.Durante i momenti di condivisione (pranzo e riflessione) nel gruppetto non c’è bisogno di mettere maschere o stare attenti a non appari-re “poco interessanti” o diversi da quello che si è realmente e anche questo è un elemento che mi fa apprezzare questa amicizia.Quando sono ai Cercatori sono realmente feli-ce! Il momento per me più significativo e caro è stato quello della Promessa 2012/2013 . In quei giorni a Torino ero felice, agitata e non capivo davvero cosa stavo vivendo ma sapevo che era qualcosa di bello per me perché ero accompagnata nel gesto dalla faccia dei miei veri amici. Le parole che mi hanno detto alla consegna della tessera mi ha chiarito tutto: “Da questo momento fai ufficialmente parte dei Cercatori d’Oro, la compagnia di Gesù” e mi sono sentita abbracciata in tutta la mia voglia di diventare me.” (Anna)

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famiglie in azione

il PRogetto “AndARe A scuolA PeR conto nostRo”, unA nuoVA sfidA

Non tradire le esigenze dei bambini

Sotto la supervisione

dell’Ing. Rosselli, si è sviluppata

un’iniziativa dal grande valore

culturale incentrata sullo sviluppo fisico,

sociale e civile dei ragazzi. Il valore sta

sia nel contenuto che nel metodo.

Il progetto nasce infatti dalla

libera iniziativa di genitori della

scuola e semplici cittadini che hanno

saputo elaborare una proposta per il bene comune. non fermandosi

al lamento e alla protesta.

In questa breve intervista, l’ing.

Rosselli espone i punti focali della

proposta.

::: A cuRA dellA RedAzione

“Andare a scuola per con-to nostro”: da dove parte questa proposta e qual è il suo scopo?Lo scopo del progetto è di ridonare ai ragazzi e ai bambini quella mobili-tà che fino a qualche decennio fa era normale e che ora è considerata una piccola chimera. Si pensi che in Italia, soprattutto nella zona settentrionale, la ridotta autonomia di movimento ha una cattiva influenza sull’aspetto della socializzazione e della conoscenza am-bientale. Quali paesi sono coinvolti in que-sto progetto? L’Istituto “L’Aurora” non può esse-re considerato un plesso scolastico di quartiere, bensì intercomunale, dato che sono iscritti studenti provenienti da ventisette diversi comuni tra cui: Cernusco, Brugherio, Segrate, Cassina De Pecchi, Pioltello, Carugate, Vimo-drone, Gessate, Concorezzo, Gorgon-zola e Milano. I ragazzi residenti a Cernusco, parteciperanno all’iniziati-va facendo, in sicurezza, tratti a piedi e tratti con scuolabus. I non residenti utilizzeranno mezzi di trasporto quali autobus di linea o metropolitana fino ad una delle aree A.S.A.P (Area Setto-riale di Arrivo/prelievo) di Cernusco. Tutti i ragazzi raggiungeranno l’area A.C.A.P. (Area Comune di Arrivo Pre-lievo), situata nell’area di parcheggio di via Fontanile di Cernusco, per poi rag-giungere a piedi, in gruppi, l’Istituto L’Aurora.

L’obiettivo che ha fatto nascere questa idea è l’autonomia dei ra-gazzi e dei bambini. Sotto quale aspetto? Qual è il loro guadagno?I guadagni sono molteplici. La mo-bilità comporta un normale sviluppo dal punto di vista fisico, favorisce la socializzazione e l’aspetto cognitivo rendendo il percorso di crescita ricco di tutte quelle esperienze necessarie che i

cambiamenti della società non devono rendere di difficile attuazione. In sin-tesi si può parlare di crescita sociale e psicologica per le continue occasioni di confronto, crescita civile per il rispetto verso il territorio e la formazione di futuri cittadini fortemente orientati al rispetto delle cose pubbliche.

Oltre alla mobilità e all’autono-mia, emerge in maniera ecla-tante il risparmio energetico che comporta questo piano. Può essere un buon metodo per edu-care i ragazzi al rispetto dell’am-biente?Il progetto eviterebbe in un anno l’emissione di 60 milioni di grammi di CO2 (anidride carbonica).L’educazione ambientale è dunque praticata “sul campo”, con evidenti benefici.

Quale deve essere il ruolo della scuola per aderire realmente al progetto? E le famiglie?La scuola deve abbracciare il progetto e includerlo tra le sue attività, come ad esempio l’educazione ambientale. Sarebbe opportuno anche creare un gruppo di lavoro formato da insegnan-ti, studenti e genitori che possa moni-torare l’esperimento, analizzandone pregi e difetti. Le famiglie sono fondamentali per la buona riuscita del progetto. Lo scopo del progetto è anche educativo, bisogna accettare che i propri figli possano an-dare a scuola anche non accompagnati;

le famiglie possono sentirsi direttamen-te coinvolte partecipando ai gruppi di lavoro che studiano i possibili percorsi più sicuri. La Sua proposta di Piedibus coin-volge direttamente la scuola, ma allo stesso tempo anche il terri-torio. Per permettere agli studenti di effet-tuare il percorso casa – scuola senza essere accompagnati in automobile è necessario creare le condizioni. E’ ne-cessario, oltre all’iniziativa dei singoli, anche il coinvolgimento delle autori-tà competenti a partire dal Comune. L’Amministrazione deve impegnarsi a implementare i cambiamenti struttura-li che possano favorire pedoni e ciclisti, strutturare piani di viabilità che renda-no Cernusco città dei bambini e di tutti coloro che non vogliono adoperare solo l’automobile. Come prosegue la sua iniziativa? Sono arrivate le prime adesioni?Fino ad ora hanno aderito 51 fami-glie. Sono confidente che, con una buona proposta di costo del servizio di scuolabus, ulteriori numerose famiglie aderiranno al progetto. Penso si possa raggiungere una percentuale di par-tecipazione pari al 40% degli alunni iscritti, centrando così l’obiettivo del progetto. Per approfondire la conoscenza del progetto è consigliata la lettura del blog http://andareascuolainautonomia.blogspot.it

i responsabili del progetto (da sinistra): maurizio marta, giuseppe Rosselli, Rosa Ambrico, francesco calabria.

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Un bene per tutti... anche per le casse dello StatoCaro Aquilone,è stato presentato recentemente il “Piano di diritto allo studio” in diversi Comuni italiani, compreso il comune di Cernusco sul Naviglio. Purtroppo rispetto alla questione “diritto allo studio” si dimentica che esso riguarda il bisogno di conoscere e fare esperienza di ogni bambino e di ogni ragazzo. Si dimentica, in al-tre parole, che è in gioco la libertà di ogni famiglia sul come offrire ai pro-pri figli la possibilità di una scuola corrispondente alle proprie esigenze educative. Soprattutto si censura di fatto che tali esigenze non passano necessariamente dall’offerta, per così dire, statale. Proprio per rispondere a questi bisogni, sono nate scuo-le come L’Aurora e la Bachelet, su iniziativa privata ma destinate a tutti, in forma cooperativistica e senza fine di lucro. Il tutto senza pesare sulle casse della Pubblica Amministrazione, anzi, facendo risparmiare del denaro

allo Stato e ai Comuni. Ad esempio, analizzando i nu-meri del piano di diritto allo studio di Cernusco sul Na-viglio, emerge un dato significativo: la gestione di ogni alunno costa al Comune di Cernusco più di 1.000 euro

all’anno; che moltiplicati per i 244 alunni de L’Aurora e della Bachelet, che non concor-rono a generare queste spese, il risparmio per le casse comunali di Cernusco supera i 244.000 euro per anno. Se pensiamo alle migliaia di realtà scolasti-che come il nostro Istituto, presenti in Italia, possiamo immaginare l’ingente risparmio, tradotto in parecchi milioni di euro, per le casse comunali.

Se poi calcolassimo quanto spende lo Stato italiano per le istituzioni statali e nello stesso tempo quanto esso ri-sparmia grazie alle scuole paritarie si capisce come la scuola pubblica non statale sia proprio un bene di tutti, per tutti e per tutto, contribuendo fattivamente all’eco-nomia generale del paese.

Giorgio Orsi

Pubblichiamo la lettera giunta

in redazione, da un genitore

dell’Istituto L’Aurora.

LETTERE IN

REDAZIONE

::: enRico leonARdi

L’auditorium “Maggio-ni” offriva il colpo d’occhio delle grandi serate. Esame di maturità per il Centro Cultu-rale “J. H. Newman” al suo quarto anno di attività. Da molti mesi, con la collabora-zione di altri cinque Centri culturali della Martesana/Est milanese, dell’Istituto “L’Au-rora” e del sito www.cultura-cattolica.it, ferveva il cantiere per proporre a Cernusco una serata sulla condizione gio-vanile e sul problema educa-tivo. Già l’ampio ventaglio dei soggetti in gioco era uno dei motivi dell’eccezionali-tà dell’evento, come ha ben sintetizzato il Rettore dell’Au-rora Prof. Rosario Mazzeo, aprendo l’incontro. Anche l’Amministrazione comuna-le, consapevole dell’impor-tanza del tema ha concesso il patrocinio ed era presente con l’Assessore all’Educazio-ne, Culture e Lavoro, Prof.ssa Rita Zecchini. In secondo luogo vi era la straordinarie-tà dei relatori: lo scrittore ed editorialista del “Corriere della sera”, Antonio Polito, e il fondatore di Ca’ Edimar di Padova, struttura educativa e professionale che si occupa

dell’aiuto a ragazzi in diffi-coltà, Mario Dupuis. In terzo luogo si collocava la ricchezza di spunti del recente libro di Polito: “Contro i papà” che ha fornito esca al dibattito. Nel suo intervento, Polito ha ripreso una serie di dati e di riflessioni presenti nel libro (che ha suscitato in Italia un interesse sorprendente, veico-lato dall’Associazione Italiana Centri Culturali attraverso una miriade di incontri). An-zitutto, questo non è un libro “contro i padri”, bensì contro quelle caricature della figura

paterna, i papi o papini, che abdicano al proprio compito educativo per diventare i fra-telloni o i difensori d’ufficio dei propri figli, e cercano di sostituirsi a loro per evitare che affrontino in prima per-sona le difficoltà della vita. Forse per la prima volta un genitore “sessantottino” ha criticato la degenerazione sul piano educativo del mo-vimento di contestazione, che ha finito per provocare “una ribellione ai padri e una obbedienza ai figli”. Tutte le recenti polemiche intrafami-

gliari, dai “bamboccioni” ai “chooser”, sono state rievo-cate in un quadro ricchissimo di confronti con altri paesi del mondo. Polito ha rivendicato il carattere “politico” nel sen-so nobile del termine, della propria opera: un tentativo di capire, sul piano culturale e dei comportamenti vissu-ti, perché siamo arrivati fin qui. Ma come ripartire? E’ toccato a Mario Dupuis det-tagliare, a partire dalla pro-pria esperienza come educa-tore di frontiera, le condizioni per affrontare l’emergenza

educativa in cui ci troviamo. Dupuis ha posto il fuoco sulla figura dell’adulto, indispen-sabile fulcro dell’educazio-ne; ha dapprima evidenziato l’origine della crisi attuale nella paura della libertà del figlio, del male che può farsi sbagliando e inconsciamente anche del dolore che questo può portare al genitore stesso. Ha poi chiarito che l’adulto è autorevole se non perde la certezza del destino buono del giovane ed è disposto a prendere su di sé il dolore del figlio, perché capace di fargli compagnia dando ragioni e non imponendo, senza sosti-tuirsi e senza eclissarsi; perché infine disponibile a lasciarsi ancora educare, ad essere a suo volta figlio. I numerosi interventi hanno poi affron-tato temi particolari, come la correzione e il castigo, la dialettica pazienza/tempesti-vità dell’azione, il continuo cammino dinamico chiesto all’adulto educatore, che deve privilegiare la continuità e l’essenzialità del rapporto e la valorizzazione del buono che c’è nel giovane. Una bella oc-casione offerta a tutti per non lasciar cadere il dibattito e la verifica sulla propria azione educativa.

diAlogo sull’educAzione

“Contro i papà” … un libro che ha suscitato un interesse sorprendente ha fatto da spunto alla serata organizzata dal Centro Culturale “J. H. Newman”.

Davvero noi italiani stiamo rovinando i nostri figli?

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::: fRAncescA cozzA

Semplicemente entran-do nella scuola, viene voglia di partecipare a questa bellez-za, di collaborare, di far parte di questa letizia e di questa amicizia che le ha spinte ad organizzare un momento così denso e speciale per tutti.

Partiamo dall’inizio Nel maggio del 2011, per contribuire alla costruzione della nuova sede della scuo-la, quattro mamme di una 4° elementare si sono messe all’opera: da una boutade si arriva ad organizzare il Summer Party: una festa con vendita di salamelle e patati-ne fritte in un parco lungo il Naviglio a Cernusco. La passione per lo scopo è tale che unisce le persone più diverse, si impara a chiedere, a bussare, a dar ragione del perché di tutta questa fatica. Si impara anche a superare i contrasti e i disaccordi, a dar valore all’unità e all’umiltà, a mettere da parte il tentativo di affermare le proprie posi-zioni.La giornata è grandiosa, an-che coloro che vengono coin-volti trasversalmente restano colpiti e commossi da come ogni cosa sia curata nei mini-mi dettagli.

un’AmiciziA che si PRoPAgA

Non è la “magia” del Natale che rende il Winter Party speciale, ma è l’amicizia nata tra le quattro mamme che hanno dato l’input a questo gesto, la loro passione per il tutto e per ogni particolare, che risuona in ogni angolo, in ogni sguardo, in ogni gesto che viene proposto. Una amicizia che si propaga come in quei balli di un tempo, che si allargano sempre più!

Dal profumo delle salamelle al “Winter Party”

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Vescovo di Milano (IV secolo dopo Cristo) “L’educazione dei figli è impresa per adulti di-sposti a una dedizione che dimentica sé stessa; ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario. Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglie-ranno: non sognate per loro i vostri desideri. Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna. Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi. Non incoraggiate ingenue fan-tasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e grande, non siate voi la zavorra che impe-disce di volare. Non arrogatevi il diritto di prendere

decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna, e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente. Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che han-no di voi e la stima che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti. Saranno aiuta-ti dai gesti che videro in casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevo-le, il senso della misura, il dominio delle passioni, il gusto per le cose belle e l’arte, la forza anche di sorridere. E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato, e

non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato. I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano tro-varsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia an-che ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene.”

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La Scuola dell’Infanzia di Brugherio Umberto I e Margherita, che ogni anno accoglie 160 bambini, molti dei quali continuano il loro percorso all’Istituto L’Aurora, ha compiuto 110 anni dalla sua fondazione. Un genitore racconta la giornata che ha celebrato l’avvenimento.

::: clAudiA coVA

 E’ una bella età da festeggiare. L’occasione è stata celebrata con una grande festa dal titolo “110 e lode” che ha visto coinvolte le realtà pre-senti, bambini, genitori, insegnanti, soci ed amministratori, riscuotendo anche il patrocinio di Comune, Pro-vincia, Regione Lombardia e BCC di Carugate. La festa è stata preceduta da un in-contro pubblico cittadino dal tito-lo “Libertà di Educazione e laicità dello Stato” relatori il Vicario Epi-scopale (per l’Evangelizzazione e i

Sacramenti, la Pastorale giovanile ed universitaria e per l’educazione scolastica della diocesi di Milano) Monsignor Pierantonio Tremolada, il Sindaco di Brugherio, Marco Tro-iano, e il caporedattore di Avvenire, Giorgio Paolucci.

Questo momento è stato anche il primo incontro pubblico unitario con le altre due Scuole dell’In-fanzia Paritarie della Comunità Pastorale di Brugherio ed è stata occasione per sottoli-neare la centralità del problema educativo per il bene dell’indi-viduo a partire dalla formazione scolastica, nonché per rimarcare l’importanza della funzione educativa che hanno

le Scuole Paritarie. Come ha sottolinea-to in modo chiaro ed esaustivo Monsignor Tremolada le scuo-le paritarie sebbene scuole non “di Stato” svolgono una funzio-ne “pubblica”, nel significato etimologi-co del termine, che è fondamentale per la nazione ed esse sono un valore aggiunto

per il bene della popolazione. Lavorano per il bene “pubblico” e non come spesso erroneamente si dice per il bene “privato”, classifican-dole così scuole “private”, per pochi o di “elite”. Una funzione pubblica che è ricono-

sciuta anche dalla Costituzione Eu-ropea ma troppo spesso dimenticata nel nostro legiferare attuale. Come ha infatti evidenziato il gior-nalista di Avvenire Paolucci questo valore non sempre è riconosciuto ed anche quando lo è non sempre è seguito da un’adeguata politica am-ministrativa. Se solo si leggono i dati della “Bandiera delle disparità” che ha preparato Agesc si capisce in che forma irrisoria lo Stato contribuisca alla spesa delle famiglie per le scuole paritarie, quanto invece lo Stato ri-sparmia per ogni bambino iscritto ad una scuola paritaria e quanto invece spende per ogni bambino iscritto nel-le scuole statali. Paolucci ha poi riportato l’attenzio-ne sul valore del rapporto educativo concludendo l’incontro con la let-tura di un testo di Sant’Ambrogio sull’educazione ancora attuale (vedi box).

110 e lode!

Viene addirittura organizzata una cena per la scelta della miglior sala-mella da servire. Questo è il cristianesimo: gustare tutto fino in fondo. Stare in un can-tuccio sarebbe come passare lungo il Naviglio, assaporare quell’inebrian-te profumo di salamelle, sentire i canti, vedere i colori del tramonto... ordinare una salamella, sedersi a ta-vola... e poi andarsene: senza aver assaggiato nemmeno un boccone!! Questo è perdere il meglio del cri-stianesimo. Restare ai margini.

La letizia scaturita è tale che dal Summer Party si passa al Winter Party, che comprende anche i mer-catini di Natale, per sostenere borse di studio per le famiglie dell’Istituto L’Aurora e la scuola “gemella”Little Prince di Nairobi. Ci sono proposte per tutti, grandi e piccini, e la collaborazione è massic-cia.Canti, balli con il maestro Villa! La-boratori, degustazioni, banchetti, incontri.

Vorrei ringraziare queste quattro mamme per tutto ciò che è nato dal loro impegno e dalla loro amicizia. Questa è la passione per la vita che i nostri figli imparano nella nostra scuola, andando al cuore delle cose.

Questo è l’invito rivolto a tutti per la prossima volta: non accontentatevi del profumo!

Dal profumo delle salamelle al “Winter Party”

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Un presepe viventeper comunicare

“ La buona notizia per tutto l’uomo e per tutti gli uomini…: Dio venuto nella carne povera degli uomini la avvolge di una luce nuova, capace di dare senso ad ogni aspetto della vita quotidiana”

Card. Angelo ScolaLettera pastorale “Il campo è il mondo”, p.25-28

Presepe vivente

21 DICEMBRE 2013 ore 14,30Cernusco sul Navigliopartenza Giardini Parco Trabattoni

ww

w.a

uro

ra-b

achele

t.it

In caso di maltempo l’evento si svolgerà nella Chiesa di Santa Maria Assunta

© L’AURORA OpeRe edUCAtIve COOpeRAtIvA SOCIALe

C o n i l p a t r o c i n i o d i

Un presepe viventeper comunicare

“ La buona notizia per tutto l’uomo e per tutti gli uomini…: Dio venuto nella carne povera degli uomini la avvolge di una luce nuova, capace di dare senso ad ogni aspetto della vita quotidiana”

Card. Angelo ScolaLettera pastorale “Il campo è il mondo”, p.25-28

Presepe vivente

21 DICEMBRE 2013 ore 14,30Cernusco sul Navigliopartenza Giardini Parco Trabattoni

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In caso di maltempo l’evento si svolgerà nella Chiesa di Santa Maria Assunta

© L’AURORA OpeRe edUCAtIve COOpeRAtIvA SOCIALe

C o n i l p a t r o c i n i o d i

cinque Anni di PResePe

2009, Sabato 19 dicembre“Vorrei vedere il bambino nato a Betlemme …” (S. Francesco)

2010, Sabato 18 dicembre “Vorrei vedere il bambino nato a Betlemme … vorrei vederLo con i miei occhi di carne, così come era adagiato in una greppia e addormentato sul fieno tra il bue e l’asinello” (S. Francesco)

2011, Sabato 17 dicembre“Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc. 2,10-12)

2012, Sabato 22 dicembre “Alla scoperta del Dio vicino”

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supplemento a "Libertà di educazione"Autorizzazione trib. di milano n. 153 del 15/4/1997

direttore responsabile: f. tagliabueimpaginazione e grafica: cobri sasstampa: Jona srl - Paderno d. (mi)