DevelopMed n. 22

22
N.22 Dic 2011

description

Newsmagazine sulle relazioni euromediterranee

Transcript of DevelopMed n. 22

Page 1: DevelopMed n. 22

N.2

2 D

ic 2

011

Page 2: DevelopMed n. 22

Newsletter n. 22 – Dicembre 2011-gennaio 2012 Voci dal Sud

• La Giordania ha paura delle sanzioni alla Siria / Jordan fears from Syria’s sanctions dal nostro corrispondente Mohammad Ben Hussein Siria e Giordania condividono un confine di 204 chilometri. I dati indicano che i rapporti commerciali fra i due paesi ammontano a 400 milioni $ annui, una quantità di denaro importante per il relativamente povero regno giordano dove centinaia di piccoli agricoltori e lavoratori dipendono dal mercato siriano. La Lega Araba ha deciso all'unanimità di imporre delle sanzioni sulla Siria che dovrebbero includere un bando ai rapporti con la Banca Centrale siriana e con le maggiori imprese che esportano nella regione. La Giordania ha lanciato l'allarme, consapevole che verrebbe fortemente danneggiata se queste sanzioni venissero imposte senza prendere in considerazione la sua fragile situazione economica.

• Turchia: Imprenditori di tutto il mondo, unitevi! / Entrepreneurs of all lands unite! dal nostro corrispondente Giuseppe Mancini “Imprenditori di tutto il mondo, unitevi!” Avrebbe potuto essere questo lo slogan del secondo Summit globale dell'imprenditorialità, che si è tenuto a Istanbul da 3 al 6 dicembre: il primo in un paese a maggioranza musulmana dopo quello inaugurale dell'aprile 2010 a Washington, un'iniziativa lanciata dal presidente Obama per riallacciare i rapporti tra Stati Uniti e Islam, compromessi dalla retorica e dalla politica dello “scontro di civiltà”.

• Tunisie: le besoin de solidarité européenne

dal nostro corrispondente Abdellatif Taboubi Un an après la Révolution tunisienne de la Liberté et la Dignité, l’ordre des choses est bouleversé cédant la voie à des nouvelles compositions idéologiques et un environnement socio-politique nouvel. De nouvelles démocraties naissant, sont en cours de gestation...

Brevi dal Mediterraneo

• Libia: la porta dell’Africa • ITW a Hamdi Osman ita/eng • Primo Workshop Internazionale sullo sviluppo delle MPMI euromediterranee • Tunisia e Giordania, i nuovi membri della Bers • Imprese: lancio della piattaforma ICT e turismo • Nasce l'Agenzia per l'internazionalizzazione delle imprese italiane • UE - Libia: supporto alla stabilizzazione • Italia-Tunisia: quattro i settori prioritari

Approfondimenti

• Rapporti commerciali tra Nord Ovest d’Italia e Sponda sud (2009-2011) L'Istituto Paralleli sta svolgendo un'analisi sulle relazioni commerciali tra le Regioni del Nord Ovest d’Italia e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. In questo articolo presenteremo alcuni dei risultati più interessanti che emergono dai dati degli ultimi trimestri disponibili, evidenziando le principali evoluzioni dell'ultimo anno, caratterizzato dalla cosiddetta “Primavera Araba”.

• IDE 2011: le intenzioni di investimento nell'area mediterranea Dopo la ripresa nel 2010, l'Osservatorio ANIMA-MIPO sugli annunci di investimento e di partenariato nel

Page 3: DevelopMed n. 22

Mediterraneo, sostenuto dal progetto Invest in Med, registra senza sorpresa un nuovo rallentamento all'uscita dei primi nove mesi del 2011.

• Le relazioni economiche tra l'Italia e il Mediterraneo Pubblichiamo un'estrapolazioni di dati e analisi contenuti nel primo Rapporto annuale dell’Osservatorio permanente sulle relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo , a cura del direttore generale di Srm, Massimo Deandreis.

Palestra delle idee

• Criticità e dubbi sul Piano Solare Mediterraneo Il Piano Solare Mediterraneo, i progetti Desertec e Medgrid erano stati accolti all'inizio da parte di alcuni dei decisori politici del sud con perplessità e scetticismo. In questo articolo di Roberto Vigotti, pubblicato per la rivista bimestrale QualEnergia, le risposte ad alcune osservazioni e criticità su questo investimento su grande scala (Fonte: QualEnergia).

Segnalazioni

• Ue: gli strumenti di azione esterna per il 2014-2020 • Mediterraneo: 20 febbraio a Napoli riunione 5+5 • 16-01-2012 World Future Energy Summit 2012

Con il sostegno di Promos, Agenzia speciale della Camera di Commercio di Milano e:

Paralleli - Istituto Euromediterraneo del Nord-Ovest - www.paralleli.org

Responsabile: Marcella Rodino Redazione: Claudio Tocchi

Hanno collaborato: Ludovica Baussano, Mohammed Ben Hussein, Giuseppe Mancini, Alessandro Portinaro, Abdellatif Taboubi

________________________________________________________________________________

tel. 011 5229810 - [email protected] visualizza questa newsletter sul sito | archivio newsletters | modifica i tuoi dati utente o cancella l'iscrizione

Page 4: DevelopMed n. 22

Voci dal Sud

09-01-2012 La Giordania ha paura delle sanzioni alla Siria / Jordan fears from Syria’s sanctions

dal nostro corrispondente Mohammad Ben Hussein Siria e Giordania condividono un confine di 204 chilometri. I dati indicano che i rapporti commerciali fra i due paesi ammontano a 400 milioni $ annui, una quantità di denaro importante per il relativamente povero regno giordano dove centinaia di piccoli agricoltori e lavoratori dipendono dal mercato siriano. La Lega Araba ha deciso all'unanimità di imporre delle sanzioni sulla Siria che dovrebbero includere un bando ai rapporti con la Banca Centrale siriana e con le maggiori imprese che esportano nella regione. La Giordania ha lanciato l'allarme, consapevole che verrebbe fortemente danneggiata se queste sanzioni venissero imposte senza prendere in considerazione la sua fragile situazione economia

A Deir Alla, paesino nella valle del biblico fiume Giordano, Abu Marwan lavora in una vasta e rigogliosa azienda agricola in cui piante di limoni e arance luccicano nell'aria del mattino. La fattoria produce grosse quantità di cocomeri, pomodori e altri prodotti non reperibili in Europa durante l'inverno. Abu Marwan e decine di altri coltivatori mandano i loro prodotti migliori attraverso la Siria verso l'Europa, dove i prezzi sono più alti. Presto potrebbe aver bisogno di trovare vie alternative o nuovi mercati, se dovesse scoppiare una guerra o se la Siria fosse oggetto di sanzioni, o rischia di vedere i suoi prodotti andare a male sui rami o nei magazzini. “Se non mi sarà permesso esportare i prodotti attraverso la Siria, sarà una catastrofe per me e per tutta la comunità della regione”, dice il cinquantaseienne Marwan, il volto magro e scavato, notando che la disoccupazione in Giordania è già alta e la povertà sta aumentando. La fattoria dà lavoro a decine di lavoratori della povera città di Deir Alla nella valle del Giordano, per cui la Siria è la porta d'accesso verso mercati-chiave come Turchia, Europa e Libano. Un'alternativa è rappresentata dai ricchi stati petroliferi del Golfo, ma la forte competizione di altri stati come l'India potrebbe rendere difficile trovare una nicchia in paesi come gli Emirati Arabi Uniti, il Kuwait, L'Arabia Saudita o il Qatar, sostiene Marwan. Siria e Giordania condividono un confine di 204 chilometri. I dati indicano che i rapporti commerciali fra i due paesi ammontano a 400 milioni $ annui, una quantità di denaro importante per il relativamente povero regno giordano dove centinaia di piccoli agricoltori e lavoratori dipendono dal mercato siriano. La Lega Araba ha deciso all'unanimità di imporre delle sanzioni sulla Siria, che ha negato l'ingresso a osservatori per monitorare gli sviluppi della crisi, dopo che il numero dei morti ha superato la soglia dei 5.000. Le sanzioni dovrebbero includere un bando ai rapporti con la Banca Centrale siriana e con le maggiori imprese che esportano nella regione. La Siria è però una dei maggiori partner commerciali della Giordania e rappresenta il paniere del paese, fornendo ai 7 milioni di abitanti la maggior parte della frutta e verdura di cui hanno bisogno. La Siria esporta in Giordania anche buona parte della sua farina, del cotone e di altri prodotti di largo consumo a prezzi ridotti. La Giordania ha lanciato l'allarme, consapevole che verrebbe fortemente danneggiata se queste sanzioni venissero imposte senza prendere in considerazione la sua fragile situazione economia. Il ministro degli Esteri Nasser Judeh ha richiesto ai suoi omologhi degli altri paesi arabi di considerare l'ipotesi di escludere il regno giordano dal blocco commerciale con la Siria, in modo da evitarle impatti negativi nel breve e lungo periodo. Il ministro, sottolineando che il Regno supporterebbe comunque ogni decisione sulle sanzioni da parte della Lega Araba, inclusa una riduzione nella frequenza dei viaggi in Siria della compagnia aerea reale, la Royal Jordan. Gli esperti dicono che il Regno potrebbe ricevere del denaro extra dai paesi donatori per compensare le perdite dovute all'aumento di pressione sulla Siria. Il problema però è dove finirebbe questo denaro e chi ne resterebbe tagliato fuori, dice Khalid Abdel Rahman, un agricoltore della città di Kamala, nella valle del Giordano. “Non c'è trasparenza in questo genere di cose. Se riceviamo questi aiuti, il governo darà piccole somme a certe persone e lascerà gli altri fronteggiare la crisi da sé”, continua Rahman.

Nel frattempo, Amman ha iniziato a cercare una rotta alternativa per le sue esportazioni. Sono già state avviate discussioni con le autorità irachene per mandare camion carichi di frutti e vegetali esotici attraverso il nord del paese fino in Turchia, prima di raggiungere i mercati europei. Questa soluzione, comunque, appare impraticabile a causa degli altissimi costi. La distanza da coprire sarebbe quasi il doppio di quella attraverso la Siria. Nel frattempo, molti commercianti giordani hanno già lamentato casi di camion stati presi di mira dal regime siriano, o attraverso ritardi ai confini o con attacchi di forze

Page 5: DevelopMed n. 22

lealiste lungo il tragitto verso nord, in Turchia. Mentre la pressione su Damasco si intensifica e sempre più rifugiati entrano nel regno, alcuni alti ufficiali ad Amman sono sempre più preoccupati per il peso che tali ingressi avrà sull'economia. Sembra che la Giordania abbia già ricevuto decine di milioni dai governi di Qatar e Arabia Saudita per aiutarla a dar sistemazione all'ondata di rifugiati. I commercianti dicono che le importazioni dal Libano diventeranno anch'esse troppo care se dovranno essere trasportate via mare attraverso il Mediterraneo e il porto di Aqaba, sul Mar Rosso. Gli esperti dicono che bisognerà iniziare a pensare ad altri partner commerciali, fra cui Israele. Ma attenti commentatori politici sostengono che un tale accordo avrebbe un profondo impatto su di un governo già in calo di consensi. Nel frattempo, Abu Marwan dice che l'attuale situazione politica è vulnerabile, e spera che le sanzioni sulla Siria non danneggino il suo commercio. “Se inizia la guerra, molte persone verranno ferite, non solo in Siria, anche in Giordania”, conclude preoccupato Abu Marwan.

JORDAN VALLEY- In the Jordan valley town of Deir Alla, near the biblical Jordan River, the vast lush farm where Abu Marwan works, citrus fruits such as lemon, orange glisten as the picking day approaches. The farm also produces large amounts of cucumbers, tomato and other products not produced during the winter season in Europe. Abu Marwan and dozens of other farmers send their top products through Syria to European countries, where prices are better. But he might soon have to find an alternative route or new markets if the war starts or sanctions are imposed on Syria, or risk seeing his products spoil on the branches or in the stores.

“If I am not allowed to export products through Syria, it will be a catastrophe for me and all the community in the region,” says the scrawny 56 year old man, noting that nnemployment in Jordan is already high and poverty is on the rise. This farm employs dozens of workers from the impoverished town of Deir Alla in the Jordan Valley. Syria is the gateway of the kingdom’s key markets such as Turkey, Europe and Lebanon. The oil rich gulf states is an option, but fierce competition from other countries such as India could make it harder to find a spot in countries such as the United Arab Emirates, Kuwait, Saudi or Qatar, he says. The two countries share a border of 204 kilometers. Figures say dealing between the two Arab neighbours mounts to USD400 million annually, a large amount of cash for the poor kingdom. Hundreds of small farmers and workers also depend on the Syrian market. The Arab League has unanimously imposed sanctions on Syria for failing to agree allowing observers over see developments after number of deaths reached 5000 people. The sanctions are said to include ban on dealing with the central bank of Syria as well as major companies that export to the region. Syria is considered one of Jordan’s largest trade partners and represents the kingdom’s food basket, providing the 7 million population with the majority of their fruits and vegetables needs. It exports to the kingdom a large part of its wheat, cotton and other basic needs at an affordable price. In the meantime, Jordan has sounded the alarm it will be greatly harmed if such sanctions are imposed without taking into consideration the kingdom’s fragile economic situation. Foreign minister Nasser Judeh has urged foreign ministers of Arab countries to consider excluding the kingdom from the trade ban on Syria to avoid short and long term negative impact. The minister, while emphasizing that the kingdom would support any decision by the Arab league to impose sanctions, including reduced frequency of trips to Syria by its Royal Jordanian fleet, called for help.

Experts say the kingdom could be given extra cash from donor countries to offset losses that are expected to incur as more pressure on Syria builds. But where the cash would go and who would be left out is another question, says Khalid Abdel Rahman, a farmer from the Jordan valley town of Karama. “There is no transparency in these issues. If we receive aid, the government would give little amounts to certain people and leave others face the hardship by themselves,” he says. Meanwhile, Amman said it started seeking an alternative rout to its exports. Talks have already started with Iraqi authorities to send trucks laden with exotic fruits and vegetables through north Iraq and into Turkey, before reaching the European market. The solution, however is believed to be impractical due to the high cost. The distance trucks need to cover is almost double of that if they go through Syria. However, Jordanian traders already complain that some trucks are being targeted by the Syrian regime, either through delay on the borers or attack by loyalists as they head north to Turkey. Additionally, as pressure on Damascus intensifies, and more refugees start make their way to the kingdom, officials in Amman are increasingly concerned of the burden such influx would have on the economy. Jordan is believed to have received tens of millions from Saudi and Qatar governments to help it accommodate an expected surge in the number of refugees. Traders say imports from Lebanon would also become all too expensive if they are to be shipped through the Mediterranean and into the Red Sea gulf of Aqaba. Experts say other trade partners will have to be considered including Israel. But political sensitivities could mean such trade partnership will have a profound impact on a government already running with low popular confidence. In

Page 6: DevelopMed n. 22

the meantime, Abu Marwan says the current political situation is vulnerable, as he hopes sanctions on Syria would not hurt his trade. “If the war starts, many people will be hurt, not only in Syria, but also in Jordan,” says concerned Abu Marwan.

09-01-2012 Turchia: Imprenditori di tutto il mondo, unitevi! / Entrepreneurs of all lands unite!

dal nostro corrispondente Giuseppe Mancini “Imprenditori di tutto il mondo, unitevi!” Avrebbe potuto essere questo lo slogan del secondo Summit globale dell'imprenditorialità, che si è tenuto a Istanbul da 3 al 6 dicembre: il primo in un paese a maggioranza musulmana dopo quello inaugurale dell'aprile 2010 a Washington, un'iniziativa lanciata dal presidente Obama per riallacciare i rapporti tra Stati Uniti e Islam, compromessi dalla retorica e dalla politica dello “scontro di civiltà”.

“Imprenditori di tutto il mondo, unitevi!” Avrebbe potuto essere questo lo slogan del secondo Summit globale dell'imprenditorialità, che si è tenuto a Istanbul da 3 al 6 dicembre: il primo in un paese a maggioranza musulmana dopo quello inaugurale dell'aprile 2010 a Washington, un'iniziativa lanciata dal presidente Obama per riallacciare i rapporti tra Stati Uniti e Islam, compromessi dalla retorica e dalla politica dello “scontro di civiltà”. Invece, ne è stato scelto uno meno impegnativo: “Imprenditorialità, valori e sviluppo. Un'agenda globale”, che ha comunque ben rappresentato la volontà di coinvolgere tutto il Sud del mondo – almeno quello meglio attrezzato per entrare virtuosamente nei circuiti della globalizzazione – in un processo di sviluppo economico che trascende le barriere religiose e le rivalità politiche. E questo tocco di globalità – nei colori indossati, nelle lingue parlate, nelle esperienze professionali – è stato ben visibile durante i lavori congressuali, nei corridoi, in occasione degli eventi paralleli: molte le donne, moltissimi i giovani che hanno partecipato a un programma – di dibattiti e di incontri – a loro dedicato.

Assente il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan, bloccato da un preoccupante problema di salute e da un'operazione apparentemente risolutiva, le autorità turche sono state rappresentate nella sessione inaugurale dal ministro dell'economia Zafer Çağlayan, dal vice-premier Ali Babacan, dal presidente del Parlamento Cemil Çiçek; ma il discorso più ispirato e trascinante è stato quello di Joe Biden, vice-presidente degli Stati Uniti. Biden si è esibito in un convinto inno allo spirito imprenditoriale, alla lungimiranza politica di Obama, al rischio, alle scelte coraggiose da cui dipendono la prosperità del mondo – del mondo globale – e il buon funzionamento della democrazia: perché anche le “rivoluzioni democratiche in Medio oriente sono imbevute di spirito imprenditoriale”; nella sua visione del mondo, infatti, le libertà politiche e quelle economiche sono due facce della stessa medaglia: e ha sottolineato la necessità di rendere libero non solo il mercato delle merci e dei servizi (“niente più corruzione, niente più barriere agli investimenti”), ma anche quello complementare delle idee. Ha poi reso omaggio alla Turchia, che ha definito “una storia di successo”: alleato prezioso degli Usa, incamminata con decisione sulla via delle riforme democratiche, capace di ritmi di crescita vertiginosi – 8,2% nel terzo trimestre del 2011, la seconda miglior performance mondiale dopo quella della Cina – e impegnata in un'aggressiva modernizzazione del sistema produttivo e delle infrastrutture. La sala era gremitissima, la partecipazione è stata assorta, gli applausi scroscianti.

Il modello turco

I dignitari di casa hanno invece approfittato della platea internazionale per presentare – con un pizzico di autocompiacimento – il “modello Turchia” e per rivendicare la sua influenza nella transizione verso la democrazia dei paesi arabi. Babacan ha scelto una metafora che rappresenta in modo realistico e suggestivo la Turchia del XXI secolo come potenza economica in ascesa: “non è il pesce grande ma il pesce veloce che mangia il pesce piccolo”; e cioè, le prestazioni da primato di oggi e la convinzione di poter continuare nella stessa direzione dipendono non dalle dimensioni complessive del Pil (nella speciale classifica, la Turchia è al 16° mondiale e 6° europeo: punta al 10° assoluto per il 2023, o più realisticamente per il 2050), non da investimenti di stato o da rendite, non dall'industria pesante o da ricchezze del sottosuolo, ma dalla capacità di innovare e di esportare, dalle liberalizzazioni e dalla capacità di competere su scala globale, da una popolazione giovane – l'età media è di 28 anni – e da un radicato spirito imprenditoriale (e da un governo solido e stabile: la cui assenza, in molti paesi europei,

Page 7: DevelopMed n. 22

ha contribuito non poco – secondo il vice-premier turco – alle loro attuali sventure). E la Turchia è “un esempio vivente” – anche di come l'Islam è perfettamente compatibile con la democrazia – per tutta la regione mediorientale, la cui trasformazione è per Babacan “irreversibile”: una regione idealmente unita da una storia e da una cultura condivise, in cui “le libertà e i diritti fondamentali dovranno essere goduti da tutti senza eccezioni”, in cui assicurare il libero transito di merci e persone (tramite l'abolizione dei visti) per far decollare gli scambi, in cui la vera ricchezza sono non il petrolio o il gas naturale ma le giovani generazioni che hanno bisogno di scolarità e di formazione. È il suggerimento – e al tempo stesso l'auspicio – dell'amministrazione Erdoğan.

"'Oriente e l'Occidente appartengono a Dio”

Questa prospettiva regionalista è stata ripresa dal ministro Çağlayan, ex imprenditore e cantore del coraggio indomito degli imprenditori, che vorrebbe creare nuovi legami operativi tra New York, Istanbul, Medina e Gerusalemme (ha citato il Corano: “l'Oriente e l'Occidente appartengono a Dio”) in un mondo senza conflitti e in piena armonia; e dal sultano Bin Saeed Al Mansoori, ministro dell'economia degli Emirati arabi uniti in cui si svolgerà la terza edizione del Summit, che ha posto l'accento sulla ritrovata collaborazione – dieci anni dopo l'11 settembre – con gli Stati Uniti di Obama e ha invitato i paesi che fanno parte dell'Organizzazione per la cooperazione islamica di rinsaldare i propri rapporti e di aprirsi ad altre regioni – soprattutto a quelle in forte crescita, come l'Estremo oriente – sul piano sia economico, sia politico e culturale. Del resto, anche il messaggio di saluto di Erdoğan stampato nel programma ufficiale propone un approccio articolato: perché il premier turco, oltre a evidenziare la funzione di traino degli imprenditori nelle trasformazioni economiche e nel progresso tecnologico, ne riconosce anche “il ruolo decisivo […] nel promuovere la convergenza, la cooperazione e il dialogo tra culture”; e pertanto richiama con orgoglio l'esperimento dell'Alleanza delle civiltà – sotto l'egida dell'Onu, a guida turco-spagnola – che ha celebrato nei giorni scorsi a Doha il suo quarto forum: “sosteniamo lo spirito imprenditoriale economico e tecnologico con un'iniziativa sociale, culturale e orientata alla pace e spingiamo affinché le culture coesistano nella tolleranza e nel rispetto reciproco.” La globalizzazione dal volto umano: senza dimenticare le diseguaglianze, la povertà, il degrado dell'ambiente, il razzismo, il terrorismo e le guerre.

Dal macro al micro

Per altri due giorni e mezzo si sono susseguiti altri discorsi ufficiali; momenti conviviali e chiacchierate informali nelle sale spaziose del Centro congressi di Istanbul; premiazioni delle imprese turche e arabe più dinamiche e innovative, inserite nell'indice dell'AllWorld Network; workshop sull'imprenditorialità femminile, giovanile ed eco-sostenibile; dibattiti e dibattiti con imprenditori di successo, giornalisti, economisti, responsabili di istituzioni del mondo economico turco. Dibattiti dal taglio internazionale, che sono anche serviti per un confronto sulle caratteristiche microeconomiche della Turchia. Perché, se da un lato Rifat Hisarcıklıoğlu, presidente dell'Unione turca delle camere di commercio e industria e delle borse merci (Tobb), ha rivendicato per il suo paese il ruolo di centro imprenditoriale del nuovo Medio Oriente, il presidente dell'Organizzazione per lo sviluppo delle piccole e medie imprese Mustafa Kaplan e il ministro delle dogane e del commercio Hayati Yazıcı hanno spiegato come – in concreto – le autorità di Ankara si stanno muovendo per centrare l'obiettivo: da una parte, offrendo incentivi finanziari – attraverso un rigido processo di selezione – soprattutto alle imprese più innovative e comunque orientate ai mercati esteri; dall'altra, semplificando in modo decisivo tutti gli iter burocratici a cui è soggetta l'attività imprenditoriale. Lo stesso presidente della Repubblica Abdullah Gül, nei giorni immediatamente successivi a un grande convegno dell'Assemblea degli esportatori turchi (Tim), ha parlato di un nuovo focus – con investimenti cospicui e mirati – sulla ricerca scientifica, sulle nuove tecnologie e sull'innovazione: così da aumentare la produttività e le esportazioni ad alto valore aggiunto e a bassa intensità energetica, così da contrastare la dipendenza da combustibili fossili e il cronico deficit delle partite correnti. Una strategia rivolta al futuro.

“Entrepreneurs of all lands unite!” This could have been the slogan of the 2nd Global Summit on Entrepreneurship, held in Istanbul between 3rd-6th December, hosted for the first time by a Muslim country after last year's Washington meeting. An initiative launched by President Obama to reestablish good connections between the US and the Islam world, compromised by the “clash of civilizations” rhetoric. This year's summit was entitled “Entrepreneurship, values and development: A Global Agenda” and aimed at involving also the south of the world (or at least the part of it better equipped to virtuously enter the globalized market) in a process of economic development beyond religious barriers and political rivalries. The summit's multicultural flavor – in the colors of the cloth, in the spoken languages, in the

Page 8: DevelopMed n. 22

professional experiences – was easy to recognize during the seminars, in the lobbies, at side-events: many women, many young people participated at debates and meetings dedicated to them.

Because of Turkish PM Recep Tayyip Erdoğan's absence due to health reasons, the Turkish political elite was represented in the opening session by the Economy Minister Zafer Çağlayan, by the vice-premier Ali Babacan and by the Parliament's President Cemil Çiçek. The most inspired and swinging speech was Joe Biden's. The US vice-President praised the entrepreneurial spirit, Obama's political far-sightedness, the risk, the courageous choices on which the world wealth' and the well-functioning of democracy depend, because also the democratic revolutions in the Middle East are soaked with of entrepreneurial spirit. Thus, in his view of the world, political and economic freedom are two sides of the same coin. He also remarked the need to free not only the market of products and services (“no more corruption, no more barriers to the investments”), but also the market of ideas. He then praised Turkey, which he defined “a success story”: a precious US ally, heading towards democratic reforms, able of vigorous growth (+8.2% in the third quarter 2011, second best performance after China) and engaged in an aggressive modernization of its productive system and infrastructures. The room was full, the participants attentive, the applauses thunderous.

The hosting dignitaries took advantage from the international audience to present, with a pinch of self-satisfaction, the “Turkish model” and to claim its influence on the Arab democratic transition. Babacan chose to represent XXI century Turkey's economic growth through a realistic and suggestive metaphor: “not the bigger fish, but the fastest eats the smaller”. It means that today's record-breaking performance and the conviction of going on in the right direction depend not on the GDP total dimensions (6th in Europe, 16th in the world, and Turkey aims at reaching place 10 in 2023 or, more realistically, in 2050), not on state investments or revenues, not on heavy industry or mineral resources – but rather on the capacity of innovating and exporting, on the liberalizations and the competition skills on a global scale, on a young population (average age is 28 years) and on a well-rooted entrepreneurial spirit (and on a solid and stable government, whose absence in many European countries, according to the Turkish vice-premier, has contributed to their actual misfortunes). Furthermore, Turkey is a living example of how Islam could work with democracy in the whole region, whose transformation is for Babacan “irreversible”. A region ideally unified by shared historic and cultural traits, where “freedom and fundamental rights should be enjoyed by everyone without exceptions”. The plan for the region is to ensure the free transit of people and products (through the abolition of visas) in order to get the interchange to boom. The most important wealth of the area, thus, is either oil nor gas, but young generations needing education. This is Erdoğan administration's suggestion and hope.

This perspective was shared by Minister Çağlayan, a former entrepreneur, who would like to create new operative connections between New York, Istanbul, Medina and Jerusalem (he quoted the Koran: “The East and the West belong to God”) in a world without conflicts and full of harmony, and by Sultan Bin Saeed Al Mansoori, Economy Minister of the EAU (sit of next year's summit), who remarked the importance of the regained collaboration (10 years after 9/11) with Obama's US, and who invited the countries member of the Organization for the Islamic Cooperation to consolidate their relations and to open themselves to other regions (especially those in strong growth, like the Far East) on an economic, political and cultural level. On the other hand, also Erdoğan's greeting message, printed on the official program, proposes a multiple approach, remarking entrepreneurs' leading role in the economic transformation and in the technological progress, and recognizing their “decisive support […] in promoting the convergence, cooperation and dialogue among cultures”. He proudly recalled the experiment of the UN Alliance Of Civilizations (led by Turkey and Spain), which held in the last days its 4th forum in Doha: “we sustain the entrepreneurial economic and technological spirit with a social, cultural and peace-oriented initiative, so that cultures co-exist in reciprocal tolerance and respect”.

A humanized globalization.

During the 2-days long summit, official meetings, convivial moments and informal talks in the huge rooms of Istanbul Congress Center took place, the most innovative and dynamic Turkish and Arab companies were praised and workshops and on women's, young and eco-sustainable entrepreneurship were held. Many debates with successful entrepreneurs, journalists, economists and responsible of institutions in the economic Turkish world addressed the characteristics and future of Turkish micro-economy. On the one hand Rifat Hisarcıklıoğlu, President of the Turkish Union of Chamber of Commerce, Industry and products market (Tobb), claimed the country's role as entrepreneurial center in the Middle East, while the President of the Trade Organization Hayati Yazıcı clarified how Ankara is concretely trying to reach its goals. First of all, by offering financial incentives to the most innovative and export-oriented

Page 9: DevelopMed n. 22

enterprises through a hard selection process; secondly, by strongly simplifying all bureaucratic process of entrepreneurial activity.

Republic President Abdullah Gül, in an important summit at the Assembly of Turkish Exporters (Tim) a few days after, talked about a new focus (with huge and well-targeted investments) on scientific research, new technologies and innovation, in order to increase productivity, high added-value exportations and low energetic intensity, in order to contrast the country's dependency to fossil fuel and the deficit in the current account.

Thus, a future-oriented strategy.

09-01-2012 Tunisie: le besoin de solidarité européenne

dal nostro corrispondente Abdellatif Taboubi Un an après la Révolution tunisienne de la Liberté et la Dignité, l’ordre des choses est bouleversé cédant la voie à des nouvelles compositions idéologiques et un environnement socio-politique nouvel. De nouvelles démocraties naissant, sont en cours de gestation...

«Des millions de personnes sont descendues dans les rues en Tunisie, en Egypte, en Lybie et ailleurs, pour faire valoir leurs droits et réclamer le changement. De jeunes militants ou simples citoyens ont fait de même au Chili, en Grèce et dans des villes comme Madrid, Jérusalem ou New York, pour revendiquer plus de liberté et d'égalité sociale», Irina Bokova, Directrice générale de l’UNESCO.

L’année 2011 est tunisienne par excellence, et marque un tournant dans l'histoire de la Tunisie moderne et de la région créant un effet de boule de neige qui influe plusieurs pays arabes et inspire plus qu' un mouvement des Indignés dans le monde entier.

Un an après la Révolution tunisienne de la Liberté et la Dignité, l’ordre des choses est bouleversé cédant la voie à des nouvelles compositions idéologiques et un environnement socio-politique nouvel. De nouvelles démocraties naissant, sont en cours de gestation.

Et pour célébrer la Révolution tunisienne, un festival composé d'activités culturelles et sportives, a été organisé à Sidi Bouzid, le premier berceau de la révolution, trois jours et soirées durant.

La Révolution en fête!

Des caravanes organisées par des individus et des associations notamment la Ligue Tunisienne de la Tolérance, l’Assemblée Supérieur des Libertés, sont partis de plusieurs villes tunisiennes pour rejoindre les braves habitants de la ville de Sidi Bouzid.

Bien accueillis par les jeunes organisateurs de festivités, les convives tunisiens et étrangers, étaient en parfaite unisson avec l'état d’euphorie total marqué par la diffusion des airs de solidarité, des poèmes et chants patriotiques.

En racontant les moments les plus forts où la peur n’avait plus lieu d’être, les jeunes organisateurs accompagnent les visiteurs à venir apprécier les dessins, les tags, œuvres collectives ou solitaires, faits du temps de la Révolution.

Un sculpteur représentant le carrosse de Mohamed Bouaziz, entouré d’une dizaine de chaises renversées, allusion des sièges politiques renversés grâce à un marchand ambulant, symbolise la reconquête de dignité par tous les Tunisiens, attirait les regards et les photographes.

La conférence sur le thème de «La Révolution du 17 décembre, les assises de la démocratie et de la révolution », a eu lieu en la présence de plusieurs associations et auditeurs étrangers.

«Le peuple tunisien a pris son destin en main»

Page 10: DevelopMed n. 22

Le plan quinquennal de développement économique et social présenté au G8, constitue un cadre de référence solide pour accompagner la transition en cours.

C'est ainsi que le premier ministre du gouvernement de gestion des affaires courantes, qui a été l’hôte d’honneur de la 6e édition des Journées européennes de développement qui se sont tenues les 15 et 16 décembre à Varsovie sur le thème «Démocratie et développement», qualifie cette période de la transition démocratique en Tunisie dans son allocution intitulée «la transition démocratique en Tunisie: leçons et défis de la prochaine étape».

«Aujourd’hui, une année après le déclenchement de la révolution, rien ne sera plus comme avant. Le peuple tunisien a pris son destin en main et, désormais, il aura son mot à dire», a-t-il indiqué. Loin d’être un fait isolé, ce qui a été amorcé en Tunisie est bel et bien un mouvement de l’histoire vers la démocratie et la liberté, à commencer par le soulèvement populaire pacifique, en passant par la gestion de la période transitoire et culminant par l’organisation réussie des premières élections libres, a-t-il souligné. Ce processus, a dit le Premier ministre, met en brèche la thèse de l’exception arabo-musulmane qui prétendait que «ces gens-là ne peuvent pas être libres du fait de leur culture», et confirme que l’idée démocratique n’est ni orientale ni occidentale, mais elle dépasse les territoires et les frontières. L’expérience tunisienne, considère M. Caïd Essebsi, dispose des ingrédients pour réussir: éducation généralisée, femme émancipée et large classe moyenne. Ces ingrédients, précise-t-il, ne suffisent pas si la Tunisie ne réussit pas à relever les problèmes socioéconomiques avec le concours de ses amis et partenaires. Partenariat et projets tangibles

Il s’est également attelé à rassurer la communauté internationale, gouvernements, institutions, investisseurs et société civile, sur les choix politiques et économiques de la Tunisie et sur son attachement au système international des droits de l’Homme. Le plan quinquennal de développement économique et social présenté aux partenaires de la Tunisie (G8 à Deauville et UE), rappelle M. Caïd Essebsi, constitue un cadre de référence solide pour accompagner la transition en cours, et préparer la relance espérée. «Le processus qui doit permettre à la Tunisie de renforcer les fondements de l’Etat démocratique et promouvoir parallèlement un développement économique et social inclusif, a-t-il dit, nécessite une solidarité renforcée et agissante des différents acteurs régionaux et internationaux combinée aux efforts nationaux». Le partenariat de Deauville, a-t-il dans ce sens relevé, est une excellente plateforme de consultation devant consacrer l’engagement de la communauté internationale à doter les pays du Printemps arabe du soutien nécessaire pour la réussite du projet démocratique. De même, la réunion de la Task Force conjointe Tunisie-Union européenne (UE), organisée fin septembre à Tunis, «a permis de mieux identifier les priorités de notre partenariat et les moyens de mieux adapter l’action de l’Union européenne pour accompagner efficacement la Tunisie dans cette étape importante de son histoire», a-t-il dit, selon le TAP.

«Le peuple tunisien a besoin aujourd’hui de voir les engagements exprimés en ces différentes occasions se concrétiser le plus tôt possible, dans le cadre de projets tangibles», a-t-il lancé. L’histoire mesurera, a conclu le Premier ministre du gouvernement de gestion des affaires courantes, l’engagement européen pour le succès des transformations démocratiques dans la rive sud du bassin méditerranéen, «non pas par les montants que l’Europe donnera aux nouvelles démocraties, mais par la solidarité à tous les niveaux qu’elle aura démontrée».

Brevi dal Mediterraneo

09-01-2012 Libia: la porta dell’Africa

“I giovani sono giovani dappertutto, nel mio caso i giovani bevono molto caffé: esempio pratico di quello che una azienda italiana deve andarsi a cercare oggi all'estero quando una situazione come quella italiana non ti permette di sviluppare la tua azienda come tu vorresti”, è questa la testimonianza dell'imprenditore piemontese Andrea Verri, intervenuto all’incontro a porte chiuse del 5 dicembre scorso a Torino, organizzato dall’Istituto Paralleli e dall’Istituto Affari Internazionali, in collaborazione con le

Page 11: DevelopMed n. 22

Camere di Commercio di Torino, Genova e Promos di Milano, sul tema dei rapporti economici e commerciali dopo la caduta di Gheddafi tra Italia e Libia.

Con la scomparsa di Gheddafi e la proclamazione da parte di Mustafa Abdel Jalil della liberazione della Libia dal vecchio regime, si apre una nuova fase, che porta con sé grandi interrogativi e speranze. La Libia rappresenta un paese strategico per molte economie europee, sia per i suoi giacimenti di materie prime sia perché rappresenta un mercato in cui investire.

I prossimi mesi saranno verosimilmente caratterizzati da una fase di riorganizzazione profonda dell'assetto istituzionale ed economico del paese nordafricano, durante i quali sarà importante capire come cambieranno gli interlocutori e quali saranno le nuove politiche di sviluppo e se e come queste investiranno i precedenti accordi commerciali.

L’incontro del 5 dicembre dal titolo "La nuova Libia: rapporti economici e commerciali dopo la caduta di Gheddafi" ha rappresentato un’occasione per offrire alcune indicazioni al mondo camerale e delle imprese, per capire quale potrà essere il ruolo della nostra area geografica all'interno delle relazioni euro-mediterranee che stanno cambiando sulla scia dei vari eventi che hanno caratterizzato la “primavera araba”.

“Le attività di ENI in Libia son già riprese anche se il problema – afferma Federico Riggio, capo della sezione "affari internazionali" dell'Eni -, in realtà, non è certo la produzione di idrocarburi che va sviluppata, un settore ampio, con possibilità di investimenti da parte di molti soggetti e già sufficientemente avanzato. E' tutto il resto che va sviluppato- sottolinea Riggio -, perché si possa lavorare veramente in un clima di partenariato sia industriale che politico". Federico Riggio illustra le attività della società petrolchimica in Libia, attività che risalgono al '59 e che sono proseguite, nel corso degli anni, restando fedeli al "metodo Mattei", che prevede la creazione di una joint venture con l'azienda nazionale petrolifera libica. Proprio l'esistenza di un'azienda a partecipazione congiunta ha permesso al personale dell'ENI di lavorare a stretto contatto con quello libico: "la politica - ha sottolineato Riggio - si fa anche gestendo un dialogo con gli investitori". Instaurare delle relazioni, "formare il personale e costruire una classe dirigente" nel settore di riferimento è "un investimento che poi aiuta nei rapporti" e che sicuramente aiuterà a relazionarsi anche con il neonato governo di transizione.

A tranquillizzare sui rapporti petroliferi tra i due paesi è anche Vincenzo Camporini, vicepresidente dell'Istituto Affari Internazionali. “Noi italiani abbiamo posizioni di forza: sicuramente la nostra posizione geografica e una certa capacità negoziale dimostrata nel passato. Il gasdotto esiste e il gas dalla Libia continuerà sicuramente a fluire. Ma su questi punti di forza dobbiamo costruire”.

Ma l’attenzione nelle relazioni economiche tra l’Italia e la Libia sembra non volersi fermare al solo petrolio e con una provocazione Marcello Colitti, vicepresidente della Camera di Commercio Italo-Araba, sposta l’attenzione su altri settori di possibili investimenti. "In Libia il denaro del petrolio non c'è, non si vede. Che cosa si fa della ricchezza del petrolio?”. Secondo Colitti l'occidente dovrebbe proporre alla nuova Libia di trasformare la ricchezza in infrastrutture, prendendo esempio dall’Arabia Saudita. “La Libia è membro dell'OME – ricorda Colitti -, Osservatorio Mediterraneo dell'Energia, un'organizzazione fondata da Michel Grenon e da me (Marcello Colitti, ndr) molti anni fa, e ha perciò la possibilità di adire alle competenze europee e internazionali per risolvere i suoi problemi". La presenza nell'OME potrebbe permettere di sviluppare ulteriormente un lavoro di coordinamento fra i vari paesi della costa sud del Mediterraneo sul piano energetico, ma anche politico. "Se i libici operano in questa struttura - sostiene Colitti -, c'è la possibilità che lavorino a fondo su settori come l'energia solare nel Sahara. Anche i grandi petrolieri lo dicono, le fonti energetiche alternative non sono in contraddizione con il petrolio. Altra opzione di investimento è l'agricoltura, sulla costa, con il vantaggio di riuscire a raggiungere i mercati ricchi in poco tempo come quello di Napoli e di Genova”. Colitti ricorda che anche il settore del turismo in Libia sarebbe da sviluppare, valorizzando altre tipologie di ricchezze del territorio, da quelle storico-culturali a quelle naturalistiche e ambientali.

“I prossimi 18 mesi – afferma Hamdi Osman, ex direttore della sezione Mediorientale della Fedex e oggi presidente e CEO dell'azienda di consulenze attiva in tutto il Medio Oriente e Nord Africa "Solitaire" -, in cui saranno in carica il governo transitorio e quello temporaneo, saranno fondamentali per instaurare relazioni e firmare contratti. Attendere invece la fine di questa situazione di fluidità e incertezza (si prevedono, fra l'altro, una riforma fiscale e doganale), al contrario, sarebbe controproducente. Negli affari, ad alti rischi corrispondo altri profitti: se le PMI attendono troppo prima di investire, rischiano di farsi scappare le migliori occasioni.”. Fra i settori in cui nel breve periodo saranno estremamente

Page 12: DevelopMed n. 22

necessari degli investimenti, Osman ha elencato: infrastrutture, sanità, educazione, distribuzione e servizi in generale. Nel lungo periodo, inoltre, a questi si aggiungerà il turismo e gli investimenti nel settore portuale e aeroportuale, che potrebbero rendere la Libia la "porta per l'Africa". A proposito del ruolo delle istituzioni italiane, Osman chiude affermando che “le istituzioni come le Camere di Commercio possano essere fondamentali, specialmente in Italia. Attualmente non vedo abbastanza “aggressività” sui mercati. È tempo che qualcuno si alzi e sventoli la bandiera del made-in-Italy. E le camere di commercio possono aiutare questo processo, ma solo guardando al mondo delle imprese là fuori, con persone che hanno delle esperienze sul campo, non fornendo soltanto aiuti da scrivania”.

Se dal punto di vista delle relazioni economiche si intravedono nel prossimo futuro sviluppi bilaterali tra l’Italia e la Libia, che si spera andranno oltre l’investimento petrolifero, dal punto di vista delle politiche di vicinato dell’Ue con la Libia il panorama non è altrettanto roseo. "Il governo libico del colonnello Gheddafi non ha partecipato al processo di Barcellona lanciato nel 1995, con il quale si era sviluppato il quadro politico e istituzionale delle relazioni tra l'Ue, le rive Sud ed Est del Mediterraneo - ha affermato Matteo Fornara, Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea -. Diversi aspetti del partenariato, dalla cooperazione economica e commerciale, alla promozione degli investimenti a quella del settore culturale sostenuti dal supporto europeo, non hanno mai coinvolto la Libia che per ragioni politiche ha ritenuto di non partecipare a questo percorso. Questo vale anche per gli sviluppi più recenti di politica europea di vicinato e dei suoi strumenti di sostegno". Questa scelta ha sviluppato accordi bilaterali con i singoli paesi dell'Ue invece che con l'Ue nel suo complesso. "L'assenza di una politica estera comune - continua Fornara - ha contribuito a questa situazione piuttosto frammentata”. In termini strategici e politici, l'Ue spera che potranno partire presto i negoziati per un accordo quadro con la Libia per rilanciare la cooperazione politica, economica, sociale e culturale. "Due fattori saranno determinanti - sottolinea Fornara - per delineare il quadro futuro delle relazioni, anche se molti pezzi devono comporre ancora il puzzle: dalla parte europea, l'affermarsi lento e inesorabile di strutture che stanno dando vita a una vera e propria politica estera comunitaria. Da parte libica, l'affermazione della democrazia e dei diritti inderogabili legati ai diritti umani, sui quali l'Ue sta chiedendo già da ora precisa garanzia, consentiranno di approfondire le relazioni su tutti i fronti, compreso quello della cooperazione economica e di recuperare i ritardi accumulati".

Della stessa opinione è Vincenzo Camporini, vicepresidente dell'Istituto Affari Internazionali: “La Libia è un paese molto particolare nell'area. Abbiamo cercato di coinvolgerla nel processo di Barcellona, senza successo, ma anche nel 5+5 della Nato (5 paesi della parte occidentale del Mediterraneo con quelli della parte meridionale). Le riunioni erano qualcosa di paradossale: il referente libico di solito rimaneva fermo sulla sua posizione e le riunioni si concludevano nel pieno fallimento”.

09-01-2012 ITW a Hamdi Osman ita/eng

DevelopMed intervista l'ex direttore della sezione Mediorientale della Fedex e oggi presidente e CEO dell'azienda di consulenze attiva in tutto il Medio Oriente e Nord Africa "Solitaire" sugli effetti della Primavera araba nelle relazioni economiche e commerciali tra area Mena e il resto del mondo.

Mr Osman, lavorando nel settore dei trasporti, lei ha un conoscenza molto ampia del commercio fra gli stati MENA e fra la regione e il resto del mondo. Quali sono stati gli effetti della Primavera Araba sul comparto?

C'è stato un deciso rallentamento nello scambio commerciale. Questo periodo è un punto interrogativo, un periodo di “wait and see”. Molti grossi progetti d'investimento sono stati bloccati. Le imprese piccole e medie invece sono state colpite dalla mancanza di liquidità nel mercato. Quindi, direi che gli investimenti più grandi sono in stato d'attesa, mentre, d'altra parte, i commerci e gli affari quotidiani stanno andando avanti.

Parlando di investimenti, ha notato uno spostamento di investimenti dalla Tunisia o dall'Egitto verso paesi meno interessati dagli sconvolgimenti della Primavera Araba, come l'Algeria, il Marocco o la Giordania?

Page 13: DevelopMed n. 22

Non direi. Come ho già fatto notare, molte imprese hanno bloccato i loro progetti, aspettando che il quadro politico si chiarificasse, ma non hanno spostato gli investimenti da nessuna parte.

E cosa accadrà quando il quadro sarà chiaro di nuovo? Come si rapporteranno fra loro governo e investitori nei paesi con un nuovo governo democratico?

Ovviamente, dopo ogni cambiamento c'è un periodo di aggiustamento e allineamento. Questo periodo può essere più o meno lungo, a seconda di quanto grande e complesso è il paese in questione. In un paese come l'Egitto, per esempio, occorrerà più tempo per comprendere le nuove dinamiche – la presa di potere per la prima volta nella storia da parte dei partiti islamici, per esempio, sarà un cambiamento completo. D'altra parte in paesi come Tunisia o Libia la transizione sarà molto più facile. Ma, di nuovo: questo periodo richiederà del tempo e, quando la situazione sarà più chiara, ci saranno anche molti più investimenti. C'è da tenere presente inoltre che Tunisia, Egitto e Libia avranno un governo temporaneo, poi uno di transizione, infine uno regolare – in tutto passerà più di un anno in cui la situazione sarà molto fluida. Ma, negli affari, ad alti rischi corrispondo altri profitti – se le PMI attendono troppo prima di investire, rischiano di farsi scappare le migliori occasioni.

Parliamo di infrastrutture. Nell'area del Mediterraneo avviene quasi il 20% di tutti gli scambi mondiali. Come pensa che cambierà questo dato nel prossimo futuro?

C'è uno studio molto interessante realizzato da McKenzie e altre aziende nel 1995 che prevede una totale inversione, entro il 2025, delle quote del PIL destinate al consumo interno e all'esportazione: dall'80% del primo e 20% delle seconde al contrario, al 20% di consumo interno e 80% di esportazioni. In totale, i paesi arabi contano più di 300 milioni di persone, quasi quanto gli Stati Uniti. Eppure, questa è la regione più affamata di attrezzature, infrastrutture, assistenza sanitaria, e altri servizi. Nel lungo periodo ci sarà una crescita del livello di scambio, non il contrario. Nel settore aviario, per esempio, in cui io ho lavorato per più di 30 anni, verranno creati migliaia di nuovi posti di lavoro nei prossimi 5 anni. Ci saranno più compagnie aeree e le persone vorranno muoversi più rapidamente. Verranno firmati nuovi contratti di libero scambio fra Egitto, Algeria e Marocco, e presto non ci saranno più confini fra Egitto e Marocco, con linee ferroviarie e autostrade che uniranno Il Cairo con Marrakesh.

Questo è il commercio intra-regionale – e per quanto riguarda quello con l'Europa?

Negli ultimi anni ho avuto molte esperienze con europei che consideravano il Nord Africa o il Magreb come il paniere dell'Europa – o il suo giacimento di gas. I prezzi per la produzione agricola sono molto più bassi che in Francia o in Italia. E questo avrà uno sviluppo nel futuro. Oggi un prodotto agricolo impiega non più di 40 ore da una fattoria tunisina ad un supermercato italiano – e nel futuro gli scambi saranno di più, e più rapidi.

Per poter aumentare gli scambi, quale dovrebbe essere il ruolo dei governi? Serve più impegno o meno?

Secondo la mia esperienza moltissimi paesi hanno avuto ottimi risultati nel creare un marchio del loro paese. Se guardiamo la situazione italiana oggi, per esempio, non penso che il governo stia facendo abbastanza per supportare le sue imprese, non quanto ha fatto dagli anni '60 agli anni '80 negli Stati Uniti, dove il made-in-Italy è ancora un marchio molto forte, al contrario di quanto non sia nei paesi arabi. Il governo dovrebbe fare di più per sostenere gli uomini e le donne d'affari, dovrebbe essere in prima linea, non nelle retrovie.

Come?

Penso che il ruolo di istituzioni come le Camere di Commercio possa essere grande, specialmente in Italia. Come ho detto prima, non vedo abbastanza “aggressività” sui mercati. È tempo che qualcuno si alzi e sventoli la bandiera del made-in-Italy. E le camere di commercio possono aiutare questo processo, ma solo guardando al mondo delle imprese là fuori, con persone che hanno delle esperienze sul campo, non fornendo soltanto aiuti da scrivania.

Page 14: DevelopMed n. 22

Mr Osman, working in the transportation sector, You have an overview about trade among states in the MENA region and between the region as a whole and the rest of the world. What were the effects of the Arab Spring in the sector?

I definitely witnessed a slowing down of the interchange. This period is a question mark, a period of “wait and see”. Many big projects have been put on a hold. Also small and medium enterprises have been affected because of the lack of liquidity in the market. So, I would say that many have stopped their projects and are waiting to see what happens – on the other hand, the small, daily businesses are still going on. Talking about investments, have You seen a shift in the investment flows from Tunisia and Egypt to countries less affected from the Arab Spring, such as Algeria, Morocco, or Jordan? I would not say that. As I noticed, many entrepreneurs stopped their projects, waiting for the political picture to be clear, but did not refocused the investments somewhere else.

And what will happen as the picture becomes clear again? How will investors and governments deal with each other in the countries involved in the Arab Spring change? Obviously, with every change there is a period of adjustment and alignment. The period of time depends on how complicated and big the involved countries are. If you take a country like Egypt, for example, it will take some time to understand the new situation – the Islamic parties, now, are taking for the first time in their history the power. That is going to be a complete shift. On the other side, the changes in Tunisia and Libya are going to be much milder. But again: this period will take some time, and after that, when the situation becomes clear again, there will be many more foreign direct investments. However, you have to keep in mind that Tunisia, Egypt and Libya, for the time being, will have a temporary government, then a transition government, then the real government. For more than 1 year the situation will be very fluid. But in business high risks correspond to high margins. If SMEs wait for some of these investments, they may lose opportunities.

Let's focus now on infrastructure. In the Mediterranean area takes place almost 20% of all global interchange. How do You think this will evolve in a foreseeable future? There is a very interesting survey made by McKenzie and other companies in 1995 indicating that by 2025 the GDP's quotas for internal consumption and export will be inverted, from 20% of export and 80% of internal consume to 20% of internal consume and 80% for export. All together, Arab countries count for 300 million people – almost like America. However it is the most starving region in terms of facilities, infrastructures, health care, and so on. In the long term there will be a positive trend in the interchange level, not the opposite. Take the aviation sector, where I worked for over 34 years: in the Arab world alone there are many thousands of jobs needed for the next 5 years. There are more airlines coming up, as people want to move faster. New Free Trade Agreements will be signed very soon between Egypt and Algeria and Morocco, and soon there will be no boundaries between Egypt and Morocco, with railroads and highways from Cairo to Marrakesh.

This is about intra-region trade – what about North Africa with Europe? In my last years I got to learn a lot of European countries looking at North Africa or Maghreb as the bread- (or gas-)basket for Europe. Prices are much lower in North Africa than in Europe. Today, it takes more or less 40 hours for an agricultural product from a Tunisian farm to an Italian supermarket – in the future, we will have an even bigger and faster interchange.

In order to pursue the goal of stronger commercial links between the countries, do You think that the governments should play a bigger or a smaller role? In my experience, I have seen a lot of countries doing very well in creating a brand. If you look at Italy today, I think that the government is not doing enough to support their firms – much less than it did in the and 60s\70s\80s in the US, where Italy still is a very important brand. This is not the true in the Middle East. The government should do more to help businessmen and -women carrying on, it needs to be in front, not behind.

How? I think the role of the Chambers of Commerce will be great, especially for Italy. As I said, I do not see enough aggressiveness in the market. It is the time that someone stands up and raises the flag of the “Made-in-Italy”. And the Chamber of Commerce can help, but just keeping an eye at the reality outside, employing people with a know-how on the ground, not just providing desk-help.

Page 15: DevelopMed n. 22

09-01-2012 Primo Workshop Internazionale sullo sviluppo delle MPMI euromediterranee

Si è tenuto a Milano lo scorso 14 dicembre il primo Workshop Internazionale per le Micro, Piccole e Medie Imprese dell'area Euro-Mediterranea. L'evento, organizzato da Promos- Agenzia speciale della Camera di commercio di Milano, in collaborazione con il Ministero degli Esteri, la Banca europea per gli Investimenti e il Segretariato dell’Unione per il Mediterraneo, si inserisce nell'ambito delle iniziative della Camera di Commercio atte a creare nel capoluogo lombardo un Centro per le MPMI Euromediterranee. A margine dell'incontro, infatti, sono stati firmati i primi tre memorandum d'intesa con le rappresentanze di Marocco, Albania e Libano per l'istituzione del Centro.

Il workshop si è articolato in due sessioni. Ad aprire i lavori, in mattinata, una tavola rotonda a porte chiuse dedicata alle potenzialità di sviluppo esistenti per le MPMI e per la definizione di politiche e servizi utili a facilitarne l'operato e alla quale hanno preso parte i rappresentanti dei principali Enti ed Istituzioni, Agenzie governative, Camera di Commercio ed Associazioni di categoria, Istituti Finanziari e Bancari ed altri soggetti economici pubblici e privati dei Paesi dell’Area Euro-Mediterranea e del Golfo, oltre che della Commissione Europea, della Banca europea per gli investimenti, delle Istituzioni Finanziarie Internazionali e del Segretariato dell’UpM.

L'incontro pomeridiano aperto al pubblico, invece, ha visto l'intervento, fra gli altri, di Giancarlo Lanna, presidente di SIMEST, e di Claudio Riotti, presidente dell'AICE; fra gli ospiti stranieri, Latifa Echihabi, direttrice generale dell'Agenzia Nazionale per la Promozione delle PMI marocchina, Dina Ismail, consulente del GAFI egiziano, e Roger Albinyanam dell'UpM. Fra i punti di intervento decisivi emersi nel corso della discussione si contano la necessità di investire nella formazione dei manager “mediterranei” delle MPMI, il bisogno di incrementare l'attrattività dei paesi della sponda Sud ed Est del Mediterraneo per gli investitori europei, e la volontà di implementare nuovi strumenti finanziari tarati sui bisogni delle MPMI operanti nella regione. A questo proposito, si è ribadita la centralità dello sviluppo del Fondo di Partenariato del Mediterraneo, strumento finanziario nato su iniziativa italiana. L'istituzione del Fondo nasce dall'esigenza di avere uno strumento regionale ad hoc (essendo il Mediterraneo l'unica zona ancora sprovvista), soprattutto alla luce degli eventi della Primavera Araba, che richiedono un approccio globale e condiviso alle sfide che il Nord Africa e il Medio Oriente si troveranno ad affrontare. I principi cardine della partnership, individuati e ribaditi anche nel corso del più recente incontro del gruppo di lavoro riunitosi a Beirut lo scorso novembre, saranno co-ownership, flessibilità e sostenibilità. All'istituzione del fondo parteciperanno investitori pubblici e privati, mentre il suo obiettivo principale sarà quello di fornire strumenti per lo sviluppo economico della regione, soprattutto instaurando un rapporto diretto con le MPMI locali per la valutazione dei loro progetti di investimento.

09-01-2012 Tunisia e Giordania, i nuovi membri della Bers

La Giordania e la Tunisia sono i nuovi membri della Banca europea per lo sviluppo e la ricostruzione (Bers), nell'ambito di un processo che li farà diventare destinatari di investimenti da parte di questo istituto finanziario Ue.

I due paesi avevano fatto richiesta di adesione l'anno scorso, affermando che la Bers avrebbe giocato un ruolo importante nell'aiutarli ad attuare i loro programmi di riforma economica e politica.

Giordania e Tunisia si uniscono così agli altri due paesi della regione del Mediterraneo, meridionale ed orientale, Egitto e Marocco, fra i fondatori della Bers nel 1991. Tutti e quattro i paesi sono destinatari del sostegno lanciato dalla cosiddetta "partnership di Deauville'', nell'ambito della presidenza francese del G8 di maggio 2011, in risposta alle storiche sfide in alcune aree di Medio Oriente e Nord Africa. In questa direzione, Bers sta ampliando il suo campo d'azione per includere la regione del Mediterraneo meridionale e orientale in un processo di tre fasi, che ha già visto un primo intervento di assistenza tecnica finanziata dai donatori. La collaborazione tecnica prepara infatti la strada per i futuri finanziamenti, mentre la seconda fase del processo, previsto nel 2012, dovrebbe vedere la creazione di un fondo ad hoc per far partire gli investimenti in Egitto, Marocco, Tunisia e Giordania.

Page 16: DevelopMed n. 22

09-01-2012 Imprese: lancio della piattaforma ICT e turismo

Nel corso di una riunione svoltasi a Bruxelles a novembre, il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, ha sottolineato quanto sia importante, nell'attuale crisi economica, sostenere l'industria del turismo. E ha lanciato la piattaforma ICT e turismo.

In questa occasione il vice-presidente della Commissione europea, ha lanciato la piattaforma ICT e turismo che aprirà le porte al mercato globale per le imprese turistiche e in particolare per le PMI.

La piattaforma - che sarà consegnata entro la fine del 2012 - sarà composta da tre pilastri:

• una compontente politica che riunirà personalità di alto livello del settore turistico, così come delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e altre parti interessate che analizzeranno l'evoluzione del mercato, individueranno le esigenze e forniranno raccomandazioni per le future politiche di sviluppo del settore;

• una componente a carattere prevalentemente tecnico; • una componente operativa che aiuterà le imprese (soprattutto le PMI) in ogni fase del loro

processo decisionale,

La piattaforma faciliterà l'ingresso nel mercato di nuovi operatori dinamici, rafforzando principalmente le relazioni commerciali tra le PMI e le grandi aziende e aiutando così le PMI a diventare dei partner commerciali internazionali completamente integrati.

05-01-2012 Nasce l'Agenzia per l'internazionalizzazione delle imprese italiane

Il nuovo ente, istituito con il decreto salva Italia, colma il vuoto creato con la soppressione del vecchio ICE e si propone di promuovere le imprese italiane e l'immagine del prodotto Made in Italy nel mondo.

Nel testo del decreto, diffuso dopo la firma al Quirinale, all’articolo 22, i comma dal 6 al 9 sono interamente dedicati alla rinascita dell’ICE con il nuovo nome di “ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane”.

La nuova Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita sentiti, per le materie di rispettiva competenza, il Ministero degli affari esteri ed il Ministero dell’economia e delle finanze. Le sue finalità sono quelle di sviluppare l’internazionalizzazione delle imprese italiane e la commercializzazione dei beni e dei servizi italiani nei mercati internazionali, e di promuovere l'immagine del prodotto italiano nel mondo.

Nello svolgimento delle proprie attività, l’Agenzia opera in stretto raccordo con le regioni, le camere di commercio, le organizzazioni imprenditoriali e gli altri soggetti pubblici e privati interessati. Le funzioni attribuite all'ICE dalla normativa vigente e le inerenti risorse di personale, finanziarie e strumentali, sono trasferiti al Ministero dello sviluppo economico e all’Agenzia stessa.

Gli organi dell’Agenzia sono:

- il presidente, nominato, al proprio interno, dal Cda;

- il consiglio di amministrazione, costituito da cinque membri, di cui uno con funzioni di presidente. I membri del consiglio di amministrazione sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico (uno dei cinque membri è designato dal Ministro degli affari esteri). I membri del consiglio di amministrazione sono scelti tra persone dotate di indiscusse moralità e indipendenza, alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore. La carica di componente del Cda è incompatibile con incarichi politici elettivi. I membri del Cda durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta;

Page 17: DevelopMed n. 22

- il collegio dei revisori dei conti.

Ad essi si affianca il direttore generale, che svolge funzioni di direzione, coordinamento e controllo della struttura dell'Agenzia. E’ nominato per un periodo di quattro anni, rinnovabili per una sola volta.

Particolarmente importante è il discorso del personale, che dovrà rimanere nel limite massimo di 300 unità, fra quello in Italia e la rete estera. L’Agenzia opera all’estero nell’ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari in base ad un’apposita convenzione stipulata tra l’Agenzia, il Ministero degli affari esteri e il Ministero dello sviluppo economico. Il funzionario responsabile dell’ufficio è accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica. Il restante personale è notificato nella lista del personale tecnico-amministrativo. Il personale dell’Agenzia all’estero dipende dal titolare della Rappresentanza diplomatica per tutto ciò che concerne i rapporti con le autorità estere, è coordinato dal titolare della Rappresentanza diplomatica, nel quadro delle sue funzioni di vigilanza e di direzione, e opera in linea con le strategie di internazionalizzazione delle imprese definite dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero degli affari esteri.

I fondi per alimentare le attività e il funzionamento dell’agenzia sono 3:

- il fondo di dotazione dell’ex ICE, destinata all’erogazione all’Agenzia di un contributo annuale per il finanziamento delle attività di promozione all’estero e di internazionalizzazione delle imprese italiane;

- un capitolo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, destinato al finanziamento delle spese di funzionamento;

- un altro capitolo per il finanziamento delle spese di natura obbligatoria della medesima Agenzia.

Sulla base delle linee guida e di indirizzo strategico adottate dal Ministero dello sviluppo economico l’Agenzia provvede entro sei mesi dalla costituzione a:

- una riorganizzazione degli uffici, mantenendo in Italia soltanto gli uffici di Roma e Milano. Il Ministero dello sviluppo economico, l’Agenzia, le regioni e le Camere di commercio possono definire opportune intese per individuare la destinazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie assegnate alle sedi periferiche soppresse;

- una rideterminazione delle modalità di svolgimento delle attività di promozione fieristica, al fine di conseguire risparmi nella misura di almeno il 20 per cento della spesa media annua per tali attività registrata nell’ultimo triennio;

- una concentrazione delle attività di promozione sui settori strategici e sull’assistenza alle piccole e medie imprese.

Il primo giudizio – per quello definitivo occorre attendere i decreti che dovranno essere emanati dal Mise – è positivo. Ci sono evidenti risparmi di spesa (il contenimento del personale, la riduzione delle sedi italiane, la razionalizzazione della rete estera). Gran parte della responsabilità dell’Agenzia torna sotto il diretto controllo del Ministero dello sviluppo economico. E’ stata eliminata quell’assurda Cabina di regia creata dalla legge precedente per gli indirizzi dell’attività di promozione all’estero, di cui nessuno aveva capito il ruolo e la finalità, se non quella di distribuire qualche altro ruolo di sottogoverno.

Con il senno di poi, possiamo dire che nessuno degli obiettivi del precedente governo era stato raggiunto. Non il risparmio di spesa, caro a Tremonti, considerando che questo andirivieni fra vecchio ICE, Ministero e nuovo ICE, un costo l’ha certo comportato, senza considerare il tempo e le opportunità perse a carico delle imprese. Non il rafforzamento dei ministri dell’economia e degli esteri a scapito dello sviluppo economico, visto che la nuova versione sembra ribaltare questo effetto, soprattutto grazie all’autorità e al più vasto ruolo del ministro Passera. Già, con il senno di poi.

Con il senno di oggi e di domani, dobbiamo dire che reintrodurre l’ICE, seppure in forma più snella e – speriamo – più efficiente, è senz’altro un fatto positivo, ma non basta di per sé per rilanciare l’export, che può essere l’unico modo per aumentare la crescita del paese. Ci rendiamo conto che in questo momento

Page 18: DevelopMed n. 22

si è guardato più all’equilibrio dei conti pubblici che agli strumenti di sviluppo, ma da domani ci si deve porre l’obiettivo di crescere, ed in questo senso l’export è un settore fondamentale.

(Fonte: www.firstonline.info)

09-01-2012 UE - Libia: supporto alla stabilizzazione

Il 15 dicembre 2011, la Commissione europea ha adottato il pacchetto di aiuti per la Libia al fine di sostenere il processo di stabilizzazione di transizione del Paese.

Il programma mira a rafforzare il ruolo della società civile e della pubblica amministrazione attraverso l'istituzione di gemellaggi UE - Paesi arabi, che rendano possibile la formazione di esperti nel settore amministrativo e di docenti nel settore educativo, prevedendo, inoltre, anche la revisione dei testi che affrontano le questioni di genere e la discriminazione delle minoranze. Il programma prevede uno stanziamento, da parte dell'UE, di circa 10 milioni di euro e prevede tre aree di intervento: un programma per la pubblica amministrazione, dotato di uno strumento finanziario per il capacity building della pubblica amministrazione al fine di attuare una modernizzazione e la stabilizzazione del settore. Le attività prevedono corsi di formazione per fornire competenze giuridiche, amministrative e finanziarie di alto livello; studi e valutazioni istituzionali; istituzioni di gemellaggi UE - partner arabi; un programma di formazione per garantire che tutti i bambini ricevano un'istruzione di qualità in età pre-scolare. Le attività prevedono la formazione di docenti e la creazione di materiale didattico sui diritti dei bambini; la revisione e la valutazione dei libri di testo per quanto attiene la discriminazione di genere e delle minoranze. Il programma intende, inoltre, rafforzare le capacità del Ministero della Pubblica Istruzione nella formulazione delle sue politiche; un programma per la società civile mirante a sostenere l'emergere di una società civile inclusiva e sostenibile, che, insieme alla governance locale, fungerà da catalizzatore per la stabilizzazione e le riforme necessarie alla transizione. Le attività prevedono la creazione di centri, il rafforzamento della capacità delle organizzazioni della società civile (attraverso la formazione relativa ad advocacy e raccolta fondi) ed il sostegno alle autorità locali e alla società civile nelle azioni e nei piani territoriali congiunti di sviluppo.

Il pacchetto è finanziato dal Fondo Europeo per il Vicinato e il Partenariato (ENPI) ed è suddiviso come segue:

• 3,1 milioni di euro per il sostegno alla società civile; • 4,5 milioni di euro per il sostegno alla pubblica amministrazione; • 2,4 milioni di euro per il sostegno al settore dell'educazione.

Le azioni proposte sono in linea con le due Comunicazioni congiunte della Commissione europea e dell'Alto Rappresentante dell'UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza "Una nuova risposta per un Vicinato che cambia" e "Un partenariato per la democrazia e la prosperità nel Sud del Mediterraneo" entrambe del 2011, che focalizzano l'attenzione sulla transizione democratica ed istituzionale, sul partenariato rafforzato con la società civile e sulla crescita sostenibile ed inclusiva per lo sviluppo economico dei Paesi del Sud del Mediterraneo.

09-01-2012 Italia-Tunisia: quattro i settori prioritari

Il ministro italiano agli Affari esteri, M. Giulio Terzi, effettuerà nei prossimi giorni una visita ufficiale in Tunisia, nel corso della quale incontrerà M. Rafik Abdessalem, ministro agli Affari esteri tunisino.

Oltre alle questioni relative alla cooperazione bilaterale e al partenariato con l’Ue, le discussioni tra i due ministri si concentreranno sull’evoluzione della situazione nella regione mediterranea e sulla riunione ministeriale che si terrà a Napoli dei paesi del Dialogo 5+5 e quella del Foromed, che saranno co-presiedute dalla Tunisia e dall’Italia.

L’Italia è il secondo partner commerciale della Tunisia con scambi che ammontano a 11 miliardi di dinari. Circa 744 imprese italiane operano nei settori dell’industria manifatturiera, dell’agricoltura, dei servizi e del turismo, generando 55.592 posti di lavoro.

Page 19: DevelopMed n. 22

Gli operatori italiani occupano il secondo posto tra gli investitori stranieri in Tunisia. L’Italia è il terzo paese di partenza di turisti in Tunisia dopo la Francia e la Germania. Questo mercato ha conosciuto tuttavia un’inflessione dal 2006, secondo i dati forniti dal ministero degli Affari esteri.

Quattro settori giudicati prioritari e d’interesse comune costituiscono gli assi della cooperazione finanziaria e tecnica tunisino-italiana. Si tratta del sostegno al settore privato, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e della valorizzazione delle risorse umane, come del resto anche dell'appoggio ai settori sociali e della salute.

(Fonte: La Presse - Tunisie)

Approfondimenti 09-01-2012 Rapporti commerciali tra Nord Ovest d’Italia e Sponda sud (2009-2011)

L'Istituto Paralleli sta svolgendo un'analisi sulle relazioni commerciali tra le Regioni del Nord Ovest d’Italia e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. In questo articolo presenteremo alcuni dei risultati più interessanti che emergono dai dati degli ultimi trimestri disponibili, evidenziando le principali evoluzioni dell'ultimo anno, caratterizzato dalla cosiddetta “Primavera Araba”.

Per leggere il documento clicca qui

05-01-2012 IDE 2011: le intenzioni di investimento nell'area mediterranea

Dopo la ripresa nel 2010, l'Osservatorio ANIMA-MIPO sugli annunci di investimento e di partenariato nel Mediterraneo, sostenuto dal progetto Invest in Med, registra senza sorpresa un nuovo rallentamento all'uscita dei primi nove mesi del 2011.

L'anno 2011, contrassegnato dagli sconvolgimenti politici in corso in parecchi paesi MED e dalla crisi del debito dei paesi della zona euro, dà logicamente adito ad un abbassamento degli annunci di investimento diretto straniero (IDE) e di partnership al sud del Mediterraneo. La caduta dei progetti annunciati durante i primi tre trimestri 2011 è significativa in tutti i paesi arabi, fatta eccezione per il Marocco e l'Algeria che resistono e registrano prestazioni vicine a quelle del 2010. La Turchia e Israele sono i primi paesi destinatari degli Ide 2011 della regione.

Per leggere l'analisi clicca qui

05-01-2012 Le relazioni economiche tra l'Italia e il Mediterraneo

Pubblichiamo un'estrapolazioni di dati e analisi contenuti nel primo Rapporto annuale dell’Osservatorio permanente sulle relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo , a cura del direttore generale di Srm, Massimo Deandreis.

L’Italia è il primo partner commerciale dell’Area Med con 63,3 miliardi di euro; Germania (52,4 mld) e Francia (46 mld) sono al secondo e terzo posto; L’Area Med rappresenta quasi il 10% del commercio estero dell’Italia, valore che sale al 17% per il Mezzogiorno. Le previsioni al 2013 vedono l’interscambio italiano con l’Area Med crescere a 82,3 miliardi di euro. Al netto dell’interscambio energetico, l’Italia scende dal primo al terzo posto con 35,9 miliardi di euro, preceduta da Germania (46,7 mld) e Francia (37,1 mld).

Per scaricare il documento clicca qui

Page 20: DevelopMed n. 22

Palestra delle Idee

09-01-2012 Criticità e dubbi sul Piano Solare Mediterraneo

Il Piano Solare Mediterraneo, i progetti Desertec e Medgrid erano stati accolti all'inizio da parte di alcuni dei decisori politici del sud con perplessità e scetticismo. In questo articolo di Roberto Vigotti, pubblicato per la rivista bimestrale QualEnergia, le risposte ad alcune osservazioni e criticità su questo investimento su grande scala (Fonte: QualEnergia).

di Roberto Vigotti (www.qualEnergia.it)

La regione del Mediterraneo si trova di fronte a una serie di sfide per garantire, nel lungo periodo, lo sviluppo e la stabilità economica dell’intera area: la crescita della domanda di energia, la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, l’ottimizzazione dei rapporti commerciali tra Paesi produttori e Paesi consumatori e la garanzia di un futuro energetico sostenibile per l’intera regione. L’implementazione di progetti a fonti rinnovabili su larga scala per soddisfare la crescente domanda di energia elettrica e creare possibilità di impiego e di industrializzazione va dunque nella direzione giusta e richiederà un notevole sforzo specie per quanto riguarda la necessità di investimenti... per proseguire la lettura clicca qui.

Segnalazioni

09-01-2012 Ue: gli strumenti di azione esterna per il 2014-2020

La Commissione europea ha adottato le proposte di bilancio per gli strumenti di azione esterna per il periodo 2014-2020, che permetteranno all'Unione di assolvere le proprie responsabilità sulla scena mondiale: lottare contro la povertà e promuovere la democrazia, la pace, la stabilità e la prosperità.

La gamma di strumenti previsti contribuirà a sostenere i paesi in via di sviluppo, i paesi del vicinato europeo e quelli che stanno preparando l'adesione all'UE. La Commissione cercherà di indirizzare le sue risorse laddove sono maggiormente necessarie e in grado di produrre i migliori risultati, assicurando al contempo maggiore flessibilità per poter reagire tempestivamente in caso di eventi imprevisti. Questo bilancio permetterà inoltre all'UE di consolidare ulteriormente il suo ruolo sulla scena mondiale e di promuovere i suoi interessi e valori. Il pacchetto comprende l'intera gamma degli strumenti di sostegno esterno finanziati nell'ambito del bilancio dell'UE, con un importo totale pari a 96,2494 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, ripartito nel seguente modo:

• Strumento di assistenza preadesione (IPA): 14,110 miliardi di euro

• Strumento europeo di vicinato (ENI): 18,182 miliardi di euro

• Strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI): 23,295 miliardi di euro

• Strumento di partenariato: 1,131 miliardo di euro

• Strumento per la stabilità (IfS): 2,829 miliardi di euro

• Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR): 1,578 miliardo di euro

• Strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare: 631 milioni di euro

Page 21: DevelopMed n. 22

• Strumento a favore della Groenlandia: 219 milioni di euro

• Fondo europeo di sviluppo (FES, esterno al bilancio dell'UE): 34,276 miliardi di euro

Inoltre sono state incluse: una comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata "Ruolo mondiale dell'Europa", le proposte legislative per i nove strumenti geografici e tematici, oltre un regolamento di esecuzione comune. Il pacchetto sarà trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio e la sua adozione è prevista nel 2012. Le proposte di bilancio sosterranno il nuovo approccio della Commissione - "Un programma di cambiamento" - volto a concentrare l'aiuto dell'UE in meno settori, a sostegno della democrazia, dei diritti umani e del buon governo, e a stimolare la crescita inclusiva e sostenibile. Applicando il nuovo principio della "differenziazione" - che sarà applicato innanzitutto ai paesi interessati dal DCI e dall'ENI - l'UE destinerà un volume più consistente di fondi laddove ritenga che il suo aiuto possa produrre risultati migliori: nelle regioni e nei paesi più bisognosi, compresi gli Stati fragili. I paesi in grado di generare risorse sufficienti a garantire il loro sviluppo non riceveranno più sovvenzioni bilaterali, ma beneficeranno di nuove forme di partenariato e continueranno a ricevere fondi attraverso i programmi tematici e regionali. A complemento, saranno introdotte diverse modalità innovative di cooperazione come la combinazione di prestiti e sovvenzioni. Il nuovo strumento di partenariato costituisce una delle principali innovazioni della politica esterna e ne è uno strumento fondamentale, in quanto mira a difendere e a promuovere gli interessi dell'UE e ad affrontare le principali sfide mondiali. Tale strumento permetterà inoltre all'UE di attuare programmi che vanno oltre la cooperazione allo sviluppo con i paesi industrializzati, le economie emergenti e i paesi in cui l'UE ha interessi rilevanti.

09-01-2012 Mediterraneo: 20 febbraio a Napoli riunione 5+5

Il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi e il suo collega tunisino Rafik Abdessalem hanno annunciato il 6 gennaio scorso a Tunisi che la prossima riunione del gruppo 5+5 per il mediterraneo si terrà il 20 febbraio a Napoli e hanno firmato le lettere di invito in qualità di co-presidenti.

"E' un appuntamento molto importante perché è io primo dopo la primavera araba - ha detto Terzi - e può essere un contributo di grande rilevanza nei processi di pacificazione nella regione". Il gruppo 5+5 è formato da Italia, Francia, Malta, Portogallo e Spagna per l'Europa, e da Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia per la sponda sud del Mediterraneo. A Napoli il formato verrà allargato a Egitto, Grecia e Turchia.

Il ministro, nel corso della visita odierna, durante la quale ha ribadito il sostegno italiano al processo democratico, indicando l'auspicato successo della Tunisia come modello per l'intera Primavera araba, ha commentato anche i drammatici fatti siriani. "Gli attentati e il conflitto così cruento sul terreno sono il portato dell'incomprensione del regime di seguire gli sviluppi della società e di aprirsi politicamente", ha spiegato.

"L'azione della Lega Araba è di fondamentale importanza: il fatto - ha proseguito Terzi - che ci siano osservatori internazionali che possono dissuadere il regime dal continuare ad usare la violenza e la repressione è un altro elemento portante dell'azione della comunità internazionale".

Intervistato dal principale quotidiano francofono La Presse, Terzi aveva detto che "il successo degli sforzi del popolo tunisino potrà contribuire alla stabilità dell'intera regione e rappresentare un modello da seguire per gli altri paesi della primavera araba".

"La nostra attenzione si rivolge in particolare al rilancio dell'economia tunisina, duramente colpita dalla crisi, con un'attenzione particolare alla promozione dell'occupazione. A questo scopo - ha spiegato - siamo pronti a lanciare una collaborazione vigorosa in tutti i settori strategici del Paese, come l'energia, i trasporti, il turismo e lo sviluppo delle piccole e medie imprese".

Abdessalem, dal canto suo, ha invitato gli imprenditori italiani ad investire nel Paese, perché, ha spiegato nella conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri italiano, "la Tunisia sta diventando più attraente grazie alla stabilità politica e alla democrazia".

Page 22: DevelopMed n. 22

Il ministro tunisino ha parlato in particolare dei settori del turismo, della tecnologia e dell'energia. L'Italia è il secondo partner commerciale della Tunisia, dove nel 2010 operavano 744 aziende italiane che, come ha sottolineato Terzi, sono rimaste nel Paese per la gran parte anche nei momenti più difficili della crisi politica. Infine, al margine degli incontri ufficiali, c'è stato un breve incontro in un hotel di Tunisi tra il ministro degli Esteri Giulio Terzi e la blogger tunisina Lina Ben Mhenni, una delle anime della rivoluzione dei gelsomini, ex candidata al nobel per la pace e recentemente insignita del premio Roma per la Pace nella capitale. "Sono un utilizzatore di Twitter, non posso che essere ammirato" del lavoro che fa nel raccontare quanto accade in Tunisia, "in Italia ha molti fan", ha detto Terzi alla giovane blogger. "Sono molto contento che quello che scrivo sia seguito in tutto il mondo anche se nulla è cambiato per le riforme socioeconomiche che portarono i tunisini in piazza un anno fa" ha spiegato Lina Ben Mhenni. "Il partito islamico Ennahda ha fatto promesse elettorali che ora non è in grado di mantenere ed è tornata la repressione" nelle recenti manifestazioni, ha spiegato.

(Fonte: Ansamed)

16-01-2012 World Future Energy Summit 2012 Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, 16-19 gennaio 2012

Il WFES è una piattaforma di business senza eguali che riunisce produttori, distributori, proprietari di progetti e fornitori di soluzioni, con investitori ed acquirenti sia del settore pubblico che privato. Organizzata dalla Reed Exhibition di Dubai, con il patrocinio dello Sceicco Mohamed Bin Zayed Al Nahyan e ospitato da Masdar, società del Fondo Sovrano Mubadala, il Summit rappresenta ormai un appuntamento annuale per i rappresentanti industriali, politici, economici e finanziari nonché per il mondo accademico di riferimento.

Per l'edizione 2012 il GSE con il Progetto Corrente e l'ufficio ex ICE negli Emirati Arabi Uniti promuovono la partecipazione collettiva italiana alla Fiera. La missione permetterà di valorizzare il know-how italiano nel settore delle rinnovabili promuovendo le aziende di punta del nostro paese in Medioriente e nell'area dei Paesi del Golfo.

More info