DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI PERMEABILITÀ IN...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE Sezione Geotecnica Via di S.Marta, 3 - I 50139 FIRENZE DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI PERMEABILITÀ IN SITO Johann Facciorusso

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE Sezione Geotecnica Via di S.Marta, 3 - I 50139 FIRENZE

DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI PERMEABILITÀ IN SITO

Johann Facciorusso

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1. RICHIAMI SUI MOTI DI FILTRAZIONE I moti di filtrazione di un fluido attraverso un mezzo poroso si verifica-no da un punto, cui compete una certa quantità di energia, ad un altro cui compete una quantità di energia inferiore. Tale energia, detta energia totale, può essere espressa come somma di due contributi: ?? l’energia cinetica C (legata alla velocità v del fluido) ?? l’energia potenziale P (dovuta in parte al campo gravitazionale, e

quindi legata alla posizione, e in parte alla pressione del fluido, u)

Tali contributi, se riferiti ad un elementino di fluido di peso unitario, rappresentato dal punto A in Figura 1, si traducono in altezze : ??altezza geometrica (za) rappresentata dalla quota del punto considerato

rispetto a un piano arbitrario di riferimento z = 0; ??altezza di pressione (ua/?) rappresentata dalla risalita del fluido, di peso

specifico ?, attraverso un tubo piezometrico, dovuta alla sua pressione, ua;

??altezza di velocità (va2/2g) dovuta alla velocità del fluido, va (dove g è

l’accelerazione di gravità).

Figura 1 – Carico totale e piezometrico

La somma delle tre altezze, rappresentativa dell’energia totale, si definisce carico effettivo o altezza totale,

g2vu

zH2

aaa ???

?

Per un fluido perfetto, incomprimibile e soggetto a moto permanente, sotto l’azione della sola gravità, tale carico si conserva costante lungo il

va

z = 0

hh

za

u /a

?

v /2ga

2

HA

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percorso (equazione di Bernoulli). Altrimenti, come accade per il moto di un fluido attraverso un mezzo poroso, il carico totale diminuisce e la perdita di carico, rappresenta il lavoro compiuto dal fluido per vincere le resistenze che si oppongono al moto. Nel caso specifico del moto di filtrazione dell’acqua attraverso il terreno, la velocità di filtrazione v risulta generalmente molto piccola (non supe-riore a 0.02 m/s), per cui l’altezza di velocità si può considerare trascura-bile rispetto alle altre due, e il carico effettivo così approssimato

huzH aa ???

?

dove h si definisce carico piezometrico. Il rapporto tra la perdita di carico piezometrico ? h lungo un determinato percorso di lunghezza L (Figura 2) e la lunghezza medesima del percor-so, si definisce gradiente idraulico:

Lh

i?

?

2 LEGGE DI DARCY In generale la velocità di flusso, v, di un fluido attraverso un mezzo poro-so è, nel caso di moto laminare, proporzionale al gradiente idraulico, i, secondo un coefficiente , k, detto coefficiente di permeabilità o con-ducibilità idraulica (legge di Darcy):

ikv ?? La legge è stata ricavata studiando un flusso d’acqua attraverso un cilin-dro di sabbia di sezione A e lunghezza L (Figura 2) e verificando che la portata del flusso (e quindi la velocità, v, essendo Q = v A) è direttamente proporzionale alla perdita di carico piezometrico ? h, agli estremi del ci-lindro, e inversamente proporzionale alla lunghezza L. Tale legge, ricavata relativamente a condizioni di moto unidimensionali, può essere poi estesa ed espressa in forma vettoriale più completa, te-nendo conto della variabilità della permeabilità con la direzione (mezzo anisotropo):

zhkikv

yhkikv

xh

kikv

xzzz

yyyy

xxxx

???????

???????

??

?????

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Figura 2 – Legge di Darcy

Osservazioni 1. Tale legge vale solo in regime di moto laminare (cioè quando i filetti

fluidi non si incontrano e il percorso di ogni singola particella non in-terferisce con la traiettoria delle altre) e il parametro che permette di discriminare il moto laminare da quello turbolento, è il numero di Reynolds:

????

?dv

R

legato alla velocità v, alla densità ? , e alla viscosità ? del fluido, e al diametro della corrente, d. Per quanto riguarda il moto di filtrazione dell’acqua attraverso i ter-reni, sono stati proposti per R differenti intervalli per definire il re-gime di moto laminare, da considerarsi in ogni caso con le dovute cautele essendo il numero di Reynolds definito per il moto di un fluido attraverso un condotto e per l’impossibilità comunque di defi-nire un diametro d rappresentativo dei filetti di flusso nel terreno. Sperimentalmente è stato dimostrata la validità della legge di Darcy per tutti i tipi di materiali, dalle sabbie alle argille, (Terzaghi, 1921 –1925). Nel caso specifico delle argille è stato osservato come tale re-lazione si può considerare valida solo per valori del gradiente idrauli-co compresi tra 0.1 e 50 (Tavenas et al., 1983).

2. Il moto dell’acqua attraverso il terreno si sviluppa attraverso un reti-colo di canali all’interno del terreno, non rettilinei e non a sezione a costante, per cui tale legge è indicativa di condizioni di flusso medie estese a tutto il terreno e dove la velocità di flusso v è una velocità

v

z = 0

z1

U /1 w

?

z2

u /2 w

?

? h

L

A

Piano di riferimento

Cilindro disabbia

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media apparente, in quanto definita ipotizzando un flusso attraverso una sezione “piena” (ottenuta dividendo la portata Q per l’area di tut-ta la sezione, A), mentre il moto dell’acqua si sviluppa attraverso i soli vuoti (cioè attraverso una sezione di area inferiore n A, dove n è la porosità del terreno), per cui la velocità effettiva è maggiore (e pari a v/n).

3. PERMEABILITÀ DEI TERRENI La permeabilità rappresenta l’attitudine di un deposito a farsi attraversare dall’acqua per effetto di un gradiente idraulico e rappresenta la resistenza che esso offre al flusso dell’acqua ed è definita dalla legge di Darcy attra-verso il coefficiente di permeabilità, k, come: il volume d’acqua, in m3, che attraversa in moto laminare nell’unità di tempo (1 s) l’unità di superficie (1 m2) disposta ortogonalmente alla sua traiettoria, per effetto di un gradiente idraulico unitario, alla temperatura di 20°. Il coefficiente di permeabilità ha le dimensioni di una velocità e si misura in m/s (o cm/s) e dipende in parte dal mezzo poroso, e dalla sua capacità di trasmettere il fluido, tramite la permeabilità intrinseca, kp, e in parte dal fluido, e dalle sue proprietà fisiche, quali la densità, ? , la viscosità, ? , e quindi indirettamente la temperatura, secondo la relazione:

?? gkk p

???

Perciò a parità di mezzo il coefficiente di permeabilità di pende dal tipo di fluido e per uno stesso fluido dalla sua temperatura; nel caso specifico dei terreni la temperatura subisce piccole variazioni (localizzate soprattut-to in corrispondenza degli strati più superficiali) per cui il coefficiente di permeabilità dipende dalle sole caratteristiche del mezzo. In tal senso può dipendere da molti fattori tra i quali i più importanti so-no: ?? la dimensione e forma dei grani, e la granulometria (con particolare

riferimento alla quantità, al tipo e alla distribuzione delle parti fini) ?? lo stato di addensamento (ad esempio per terreni a granulometria uni-

forme all’aumentare della densità relativa il coefficiente di permeabili-tà diminuisce).

In particolare in funzione della granulometria si possono definire per i vari tipi di terreno valori orientativi del coefficiente di permeabilità, ri-portati in Tabella 1, in cui si osserva innanzitutto un campo di variabilità enorme (che va da 10-11 a 1 m/s) e poi la distinzione tra i terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie) caratterizzati da valori medio alti (> 10-6 m/s), e

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definiti permeabili, e terreni a grana fine (limi e argille) caratterizzati da valori bassi (< 10-6 m/s), definiti impermeabili.

Tabella 1 – Permeabilità dei vari terreni 1 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 10-8 10-9 10-10 10-11 k

(m/s) Gardo di

permeabilità alto medio basso molto basso impermeabile

Drenaggio buono povero praticamente impermeabile

sabbia pulita e miscele di

sabbia e ghiaia pulita

sabbia fine, limi organici e

inorganici, miscele

di sabbia, limo e argilla,

depositi di argilla

stratificati

Tipo di terreno

ghiaia pulita

terreni impermeabili modificati dagli

effetti della vegetazione e del

tempo

terreni impermeabili argille omogenee

sotto la zona alterata dagli agenti atmosferici

Tale distinzione coincide anche con un differente comportamento dei due tipi di terreno, nel caso di perturbazione delle condizioni di sollecita-zione e di generazione di sovrappressioni interstiziali: ?? i terreni permeabili, si comportano come un “sistema aperto” con flusso

dell’acqua libero che porta a dissipare le sovrappressioni in tempi molto brevi per effetto di moti di filtrazione. In tal caso il comporta-mento del terreno in campo statico viene studiato in condizioni dre-nate con riferimento alle condizioni di equilibrio idrostatico (con so-vrappressioni nulle);

?? i terreni impermeabili si comportano inizialmente come un “sistema chiuso” con flusso d’acqua impedito e con variazioni di volume nulle e generazione di sovrappressioni interstiziali che non vengono smaltite , non instaurandosi un moto di filtrazione (condizioni non drenate). In un secondo tempo, molto lentamente nel tempo, si instaura un regime di filtrazione transitorio (consolidazione) durante il quale le sovrap-pressioni interstiziali vengono progressivamente smaltite e le caratteri-stiche di resistenza e deformabilità (ma anche di permeabilità) del ma-teriale variano fino a ritornare a condizioni drenate quando la sovrap-pressione è interamente smaltita.

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La permeabilità può anche dipendere, a parità di condizioni granulome-triche o di addensamento, anche dalla presenza nel deposito di fratture, discontinuità o fessurazioni (come in argille sovraconoslidate) che ren-dono la permeabilità del deposito (detta “permeabilità in grande” perché dovuta alla macrorstruttura e rilevabile solo mediante prove in sito) supe-riore a quella dovuta invece solo alla microstruttura (granulometria, ad-densamento ecc.). In depositi eterogenei le modalità di deposizione del materiale influisco-no molto sulla variabilità del coefficiente di permeabilità ma anche sulla sua anisotropia (che rende diversi i valori di tali coefficiente in funzione della direzione secondo cui viene valutato). Ad esempio i terreni deposi-tatisi in presenza di acqua sono generalmente costituititi da una serie di strati orizzontali caratterizzati da granulometrie e stati di addensamento e quindi valori del coefficiente di permeabilità spesso molto diversi tra lo-ro, che rendono i singoli strati e il deposito più permeabile in direzione orizzontale che verticale (kh>>kv) e da cui risulta che, se Hi è lo spessore dei singoli strati e khi la loro permeabilità in orizzontale, la permeabilità complessiva del deposito, kH, di spessore H, risulta (Figura 3):

HHk

k i ihiH

? ??

essendo il moto di filtrazione orizzontale complessivo la composizione in parallelo dei moti di filtrazione attraverso i singoli strati. Invece quando la permeabilità in verticale tende a prevalere su quella in orizzontale (kv>kh), come per depositi omogenei in cui sono presenti fes-surazioni o fratture verticali, allora la permeabilità complessiva del depo-sito, kV, risulta:

??

ivi

iV

kH

Hk

essendo il moto di filtrazione attraverso il deposito la composizione in serie dei moti di filtrazione attraverso i singoli strati. Si definisce invece permeabilità media il coefficiente:

VHAV kkk ?? 4. MISURA DELLA PERMEABILITÀ DA PROVE IN SITO E IN LABORA-

TORIO Una prima misura approssimata del coefficiente di permeabilità, per i ter-reni permeabili, può essere ottenuta tramite correlazioni empiriche con le caratteristiche granulometriche e lo stato di addensamento.

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Tra le quali ad esempio la formula di Hazen, valide per sabbie sciolte omogenee (con coefficiente di uniformità U < 2), in cui si attribuisce alla matrice più fine del materiale la maggiore influenza sulla permeabilità del terreno:

102

1 DC)s/m(k ?? con 0.01 ? C1 ? 0.015 e D10 (mm) rappresenta il diametro corrispondente al passante del 10% nell’analisi granulometrica. Esistono altre correlazioni più complesse e grafici che considerano anche l’influenza oltre che delle dimensione dei grani anche del grado di uni-formità e dello stato di addensamento. Per avere invece delle indicazioni più precise sulla permeabilità di un da-to deposito è necessario ricorrere a specifiche prove in sito e di laborato-rio.

Figura 3 – Permeabilità in un terreno stratificato

Le prove in laboratorio, richiedendo campioni indisturbati, possono es-sere eseguite solo su terreni a grana fine, mentre per i terreni a grana grossa bisogna ricorrere a prove in sito. Sono da preferirsi le prove in si-to anche in tutti i quei casi in cui la macrostruttura influisce sul valore del coefficiente di permeabilità (oltre che sulla sua eventuale anisotropia) molto più della microstruttura, come ad esempio in presenza di argille sovraconsolidate fessurate, le cui fessurazioni, presenti su vasta scala, non possono essere considerate in laboratorio data la dimensione e la scarsa rappresentatività dei campioni. Comunque, recentemente, si sta diffondendo l’uso delle prove in sito an-che per i terreni coesivi, grazie soprattutto all’introduzione del piezocono e del permeametro autoperforante. Tutti questi motivi rendono quindi le prove in sito più attendibili per la determinazione del coefficiente di permeabilità di un deposito, anche se

1

H

H1

q1

kh 1

kv 1

H2

q2

q3

H3

Hn

qi

qn

kh 2

kv 2

kh 3

kh i

kh n

kv 3

kv i

kv n

1

H

H1

q

kh 1

kv 1

H2

q2

q3

H3

Hn

qi

qn

kh 2

kv 2

kh 3

kh i

kh n

kv 3

kv i

kv n

q

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in ogni caso i valori misurati, anche per tali prove, sono sempre piuttosto diversi da quelli reali (a causa spesso della difficoltà della prova ma anche della complessità della struttura del deposito e dell’impossibilità di cono-scere esattamente le condizioni al contorno) con errori di circa un ordine di grandezza. D’altraparte per molti problemi geotecnici non occorre co-noscere con esattezza il valore del coefficiente di permeabilità, ma solo se sussiste un determinato problema e se cioè il terreno è più o meno per-meabile, quindi le misure così ottenute possono ritenersi soddisfacenti. Le prove in sito possono essere di vario tipo e complessità, in misura della precisione che si intende raggiungere e del tipo di terreno: ?? prove di permeabilità in foro di sondaggio ?? prove di pompaggio ?? prove di permeabilità nei terreni a grana fine (con piezometri, piezo-

cono, permeametro autoperforante). 5. PROVE DI PERMEABILITÀ IN FORO DI SONDAGGIO Tale prova viene eseguita all’interno di un foro di sondaggio e consente di misurare il coefficiente di permeabilità del terreno localmente nell’intorno della base del foro, per strati di spessore compreso fra qual-che cm e 1 ? 2 m, relativamente a terreni con permeabilità da media a ele-vata (k > 10-6 m/s). La prova consiste, una volta raggiunta la profondità desiderata durante la perforazione di sondaggio, in due fasi: 1. predisposizione di una sezione filtrante a fondo foro di geometria op-

portuna (dipendente, nel caso di terreno anisotropo, dal tipo di per-meabilità che s’intende misurare, cioè verticale, kV, orizzontale, kH o media kAV);

2. realizzazione di un gradiente idraulico tra l’interno del foro e il livello di falda, che può essere mantenuto costante, nel caso di prove a cari-co costante, mediante l’immissione (prova di immissione) o l’estrazione (prova di emungimento) di una portata costante di acqua, oppure lasciato variare nel tempo, prove a carico variabile, dopo avere creato un in-nalzamento (prova di abbassamento) o una depressione (prova di risalita) iniziali del livello d’acqua nel foro rispetto alle condizioni di falda.

Assumendo valida per le condizioni di flusso così realizzate, la legge di Darcy (regime di flusso laminare) si riesce a ricavare, in funzione della geometria della sezione filtrante, il coefficiente di permeabilità a partire dal valore dalla portata costante immessa o emunta, Q, (nel caso di prove a carico idraulico costante) o dalle variazioni del livello dell’acqua nel fo-

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ro col tempo (nel caso di prove a carico idraulico variabile). La direzione relativa al coefficiente di permeabilità è invece legata solo alla geometria della sezione filtrante. Le prove che comportano l’immissione di acqua (con portata costante o meno) possono essere realizzate sia sopra che sotto falda, mentre le pro-ve che comportano estrazione di acqua possono essere realizzate ovvia-mente solo sotto falda. Generalmente è preferibile il primo tipo di prova, in quanto, non comportando costi aggiuntivi dovuti all’utilizzo di pompe idrauliche (soprattutto nel caso di prove a carico variabile), risulta più e-conomica; quando è possibile è preferibile eseguirle entrambe, in quanto, generalmente, le prove di immissione forniscono dei valori del coeffi-ciente di permeabilità minori di quello effettivo (poiché la pressione dell’acqua immessa tende a stabilizzare la le particelle più fini tra i vuoti della parte più grossolana), mentre le prove di estrazione forniscono dei valori maggiori (in quanto l’acqua che defluisce verso l’esterno tende a trascinare via la matrice più fine, rendendo il terreno più permeabile). La fase più delicata dell’esecuzione della prova consiste in quella prepara-toria, cioè di realizzazione, pulizia del foro e di preparazione della sezio-ne filtrante, in quanto la permeabilità di un terreno è molto sensibile an-che alle piccole variazioni nella struttura, nello stato di addensamento e nella composizione granulometrica del terreno e quindi ai disturbi effet-tuati sul terreno durante l’esecuzione del foro. Infatti uno dei principali svantaggi legati all’esecuzione di questo tipo di prova è proprio dovuto all’inevitabile disturbo che viene prodotto sul terreno durante la perforazione (che avviene generalmente a rotazione con o senza circolazione d’acqua) che può rendere, per lo stesso terreno, i valori misurati anche sensibilmente diversi tra loro, anche di un ordine di grandezza. Per tale motivo, per limitare gli errori di misura, si esegue tale tipo di prove in terreni non rocciosi e quando è possibile in fori di grande diametro (600 ? 1200 mm). Un altro svantaggio è legato al fatto che la prova è comunque puntuale e quindi poco rappresentativa di situazioni stratigraficamente complesse. Per ovviare in parte a tale problema, data la semplicità operativa e i costi contenuti della prova, la stessa prova può essere effettuata a varie pro-fondità e in più fori di sondaggio vicini. Nelle prove di immissione l’acqua utilizzata per la prova (ma anche quel-la nelle fasi preliminari di pulizia del foro) dovrà essere assolutamente pulita, in quanto la presenza anche di piccole particelle di limo o argilla può occludere i pori del tratto filtrante falsando notevolmente i risultati, e deve avere una temperatura superiore a quella del terreno. Nelle prove di estrazione, in cui è necessario l’uso di pompe, esse non devono aspirare aria, che può ostacolare la libera filtrazione dell’acqua.

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Fase di preparazione Una volta raggiunta con la perforazione la profondità desiderata a cui ef-fettuare la prova di permeabilità, è indispensabile realizzare al di sotto della base del foro, interamente rivestito per tutta la sua profondità, una sezione filtrante di forma e dimensioni opportune (comunque assimilabi-le ad una superficie di rivoluzione intorno all’asse del foro di lunghezza L e diametro D) attraverso cui avverrà il moto di filtrazione durante la pro-va (Figura 4). La condizione ideale per misurare il coefficiente di perme-abilità orizzontale, kH, è quella riportata in Figura 6(9), in cui il tratto scoperto del foro è costituito da un cilindro che interessa tutto il tratto di prova delimitato superiormente e inferiormente da due strati impermea-bili. Nella pratica invece si può dire che tanto maggiore è l’altezza del tratto scoperto del foro L rispetto al diametro D è tanto più ci avvici-niamo a condizioni di filtrazioni orizzontali e il valore calcolato del coef-ficiente di permeabilità tende a kH. Più precisamente, con riferimento alla Figura 4, si assume che quando: ?? si misura il coefficiente di permeabilità orizzontale kH ?? si misura il coefficiente di permeabilità medio kAV ?? L = 0, cioè si realizza una sezione piana, si misura il coefficiente di

permeabilità verticale kV

Figura 4 – Differenti configurazioni geometriche per la prova di permeabilità in foro

2.1DL

?

2.1DL

0 ??

L

a)

D

Rivestimento esterno

Tampone impermeabile

Tubazione interna

b)

L1

c)

d

D Rivestimento infisso

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Misura di kH e kAV Nei primi due casi è opportuno seguire una serie di accorgimenti: ?? il tratto di foro scoperto, attraverso cui avverrà la filtrazione dovrà es-

sere riempito di materiale filtrante a granulometria uniforme (coeffi-ciente di uniformità U = D60/D10 ? 2) e legata alla granulometria dell’acquifero dalla relazione 4 D15 ? F15 ? 4 D85, (dove con F15 si in-tende il diametro corrispondente al passante del 15% per il terreno, mentre D15 e D85 sono i diametri corrispondenti al filtro);

?? l’acqua all’interno del foro deve passare attraverso il materiale filtran-te, e quindi la superficie di rivoluzione che lo delimita, senza seguire altre vie preferenziali tra le pareti del foro e il rivestimento, ciò signifi-ca che il rivestimento metallico deve essere sigillato alla base con un tampone di materiale impermeabile collocato tra pareti del foro e ri-vestimento (Figura 4 a e b) oppure infiggendo nel terreno l’ultimo tratto del rivestimento a secco (senza circolazione di fluido, Figura 5b);

?? il tratto di foro scoperto attraverso cui avverrà materialmente la prova dovrà essere realizzato in maniera tale da non arrecare disturbo al ter-reno circostante e in particolare in modo tale che la superficie di tale tratto non venga “lisciata” e “spalmata”, col pericolo di occludere i pori, o che non vengano trascinati durante la perforazione eventuali strati millimetrici di materiale coesivo, impermeabilizzando così il trat-to di prova. A tal fine si può ad esempio utilizzare un doppio carotie-re a fune, telescopico rispetto alla tubazione principale, con dentatura della corona esterna rinforzata (cioè che sporge rispetto al diametro del tubo del carotiere esterno, così da minimizzare durante la perfora-zione a rotazione l’occlusione dei pori).

Le modalità operativa per la realizzazione della sezione filtrante, una vol-ta terminata la fase di perforazione del foro di sondaggio (Figura 5a), so-no dunque le seguenti : 1. viene forzato il rivestimento a secco fino al tetto del tratto da provare

(per “tappare” così l’intercapedine tra rivestimento e pareti del foro), Figura 5b;

2. viene perforato con il carotiere doppio, costituito da utensile di perfo-razione e batteria d’aste, il tratto di prova fino a raggiungere la base del tratto da provare, per una lunghezza L desiderata (Figura 5c);

3. viene sollevato l’utensile, lasciando il posto al rivestimento, per il so-stegno delle pareti del tratto filtrante, ed immesso il materiale granula-re (figura 5d);

4. viene estratta la batteria d’aste (Figura 5e).

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Figura 5 – fasi di realizzazione della sezione filtrante

Misura di kV Per la misura del coefficiente di permeabilità verticale (caso di sezione piana, L tendente a 0) il rivestimento del foro deve essere spinto a partire dalla base del foro nel terreno inglobandolo per una profondità L1 mag-giore od uguale al diametro del rivestimento stesso, D (Figura 4c). In tale fase preparatoria è opportuno: ?? ridurre al minimo il disturbo del terreno all’interno del rivestimento

(mentre non conta quello prodotto radialmente all’esterno), riducendo il rapporto, Ar, tra l’area interna, Ai, e esterna, Ae, del rivestimento

2

22

i

ier d

dDA

AAA ????

(e quindi riducendo lo spessore, s, e aumentando il diametro esterno, D), e riducendo l’angolo di rastremazione, ? , del tagliente; per le sab-bie si utilizzano tubi a pareti sottili (s = 2.5 mm) di diametro D =100 ? 150 mm, mentre per le ghiaie sono necessari tubi a preti grosse (s = 20 mm) e quindi, per ridurre il rapporto delle aree, si utilizzano diametri esterni maggiori (D = 800 mm).

a)

Parete del foro

Fondo foro

Rivestimento esternoRivestimento interno

Intercapedineb)

Tetto del tratto di prova

Tappo Utensile

Filtro

c)

d) Base del tratto di provae)

L

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?? eliminare eventuali detriti o residui fini presenti sulla sommità del tratto di prova mediante lavaggio con acqua

Ad esempio nel caso di sabbie, le modalità operative secondo cui viene preparato il foro, una volta terminata la perforazione a rotazione, fino ad una quota 200 mm al di sopra del tetto del tratto di prova, e dopo avere accuratamente lavato il foro con acqua pulita, sono le seguenti: 1. infissione a pressione di una batteria di tubi di rivestimento, alla cui e-

stremità inferiore è stato fissato un tubo di acciaio inossidabile rastre-mato nella parte inferiore e di lunghezza superiore a 500 mm, per una profondità all’interno del terreno di circa 400 ? 500 mm;

2. lavaggio con acqua pulita a bassa pressione della parte alta del terreno avendo cura di lasciare all’interno del campionatore 250 ? 300 mm di materiale.

Invece nel caso di ghiaie, date le maggiori dimensioni del rivestimento, esso verrà infisso, sempre a partire da 200 mm al di sopra del tetto del tratto di prova, per una profondità paria a uno o due volte il diametro D, e utilizzando attrezzature di perforazione e giunti differenti. Interpretazione delle misure Prove a carico costante Tale prova consiste nel misurare la portata necessaria a mantenere co-stante un livello dell’acqua nel foro, superiore o inferiore a quello stabi-lizzato della falda esterna, rispettivamente immettendo (prova di immis-sione) o estraendo (prova di emungimento) acqua dal foro. Il primo tipo di prova viene preferito generalmente per fori di piccolo diametro (ad esempio per terreni sabbiosi), il secondo per fori di diametro maggio-re (ad esempio relativi a terreni ghiaiosi). Nel caso di prove sotto falda, l’interpretazione della prova è più semplice potendo assumere valide le seguenti ipostesi: ?? la sezione filtrante può essere assimilata ad una superficie di rivolu-

zione intorno all’asse del foro di sondaggio; ?? le dimensioni della sezioni filtrante si possono considerare sufficien-

temente piccole da ritenere il carico idraulico costante su di essa; ?? quindi la superficie che costituisce la sezione filtrante si può

considerare equipotenziale e le linee di flusso ortogonali ad essa;

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Assumendo valida la legge di Darcy, e quindi un regime di flusso lamina-re, si ottiene che il coefficiente di permeabilità, k, (verticale, orizzontale o medio, a seconda di come viene realizzata la sezione filtrante) è così e-sprimibile in funzione della portata emunta o immessa, Q, del dislivello così ottenuto, h, e delle caratteristiche geometriche della sezione filtrante, tramite il coefficiente di forma, F:

hFQ

k?

? con k (m/s), Q (m3/s), F (m) e h (m) (1)

Il valore del coefficiente di forma F è riassunto in Tabella 2 relativamente alle geometrie indicate in Figura 6. Tabella 2 – Espressioni del coefficiente di forma F per differenti geometrie della sezione fil-trante

Geometria della sezione Coefficiente di forma F

1. Filtro sferico in terreno uniforme D2 ?? 2. Filtro emisferico al tetto di uno strato

confinato D??

3. Fondo filtrante piano al tetto di uno strato confinato D2

4. Fondo filtrante piano in terreno uni-forme D75.2

5. Tubo parzialmente riempito al tetto di uno strato confinato ??

?

????

????

v'kk

DL8

1

D2

?

6. Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme ??

?

????

????

v'kk

DL11

1

D75.2

?

7. Filtro cilindrico al tetto di uno strato confinato

??

?

?

??

?

????

?????

?2

DL3

1DL3

ln

L3?

8. Filtro cilindrico in terreno uniforme

??

?

?

??

?

????

?????

?2

n DL

5.11DL

5.1I

L3?

9. Filtro cilindrico attraversante uno stra-to confinato ?

??

???

?

rr

I

L2

0n

?

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D

1 2 3

654

7 8 9

D/2

D D

D

D

L L

L

D

k

k’v

D

k

k’v

D

L L

D

r0

Figura 6 - Geometrie di riferimento per il calcolo del fattore di forma F

Nel caso di prove sopra falda, la prova (che può avvenire solo con im-missione d’acqua, prova di dispersione) presenta delle difficoltà mag-giori nell’interpretazione, dovute al fatto che:

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?? in corrispondenza della sezione filtrante il carico idraulico non si può più considerare uniforme;

?? quindi la sezione filtrante non rappresenta più una superficie equipo-tenziale e le linee di flusso non sono ad essa ortogonali;

?? il campo gravitazionale è influente; ?? la presenza dell’aria nei pori può modificare sensibilmente la permea-

bilità del terreno. In tal caso per la determinazione del coefficiente di permeabilità non si adotta più la formula precedentemente indicata, (1), ma sono state pro-poste, per alcune geometrie della sezione filtrante, delle soluzioni sempli-ficate. Essendo l’interpretazione di tale prova basata sulla validità della legge di Darcy, per verificare che si instauri effettivamente nel tratto di prova un regime di flusso laminare, la prova a carico costante viene ripetuta con almeno tre differenti valori dell’altezza d’acqua nel foro, e le portate Q corrispondenti vengono diagrammate in funzione dei dislivelli ottenuti, h. Secondo la legge di Darcy la relazione tra Q e h deve essere lineare e per-ciò i punti devono disporsi secondo una retta (Figura 7).

Figura 7 – Deviazioni dal regime di moto laminare nella prova di permeabilità in foro a portata costante

h

k1

k2 > k

1

k3 < k

1

Q

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Nel caso in cui si dispongano lungo una curva con concavità verso l’alto (cioè per mantenere lo stesso carico h ci vuole una portata maggiore) si-gnifica che il regime di flusso è turbolento, con conseguenti fenomeni erosivi nel terreno (e aumento della permeabilità); in caso in cui tali punti si dispongano lungo una curva con concavità rivolta verso il basso (per mantenere lo stesso carico h è sufficiente una portata inferiore) significa che si è verificata una parziale occlusione dei pori per deposizione di ma-teriale fine (con diminuzione della permeabilità). Operativamente (Figura 8) si procede nel seguente modo: per applicare la (1), noto F, occorre misurare con precisione il dislivello h, e quindi nota l’altezza di falda, il livello d’acqua nel foro (che deve rimanere costante e viene generalmente misurato con sonde elettriche o con un’asta gradua-ta) e la portata immessa o emunta, Q, (misurata direttamente dalla pompa o rilevando la variazione del livello d’acqua dalla vasca da cui preleva o scarica la pompa).

h

Q

Scarico“troppo pieno”

PompaSerbatoi

Figura 8 – Schema di prova a carico costante

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La durata complessiva della prova può variare da 10 minuti (per i fori di diametro più piccolo) a 30 minuti (per quelli di maggiore diametro), con misure del livello h e della portata Q, rispettivamente ogni 2 e 5 minuti. Prove a carico variabile Tale prova consiste nel misurare la velocità con cui si ristabilisce l’equilibrio del livello d’acqua nel pozzo, una volta che questo viene in-nalzato o abbassato rispetto al livello statico iniziale (livello di falda), ri-spettivamente immettendo o prelevando acqua. Per semplicità operativa e ragioni economiche tale prova viene general-mente eseguita immettendo acqua (non dovendo ricorrere all’uso di pompe) e per misurare il coefficiente di permeabilità di tratti sotto falda (la velocità di variazione del livello d’acqua sarebbe altrimenti troppo ele-vato). Operativamente, nel caso di prova di abbassamento, si procede nel se-guente modo (Figura 8): 1. si misura con esattezza il livello di falda in condizioni di equilibrio i-

drostatico; 2. si aggiunge acqua pulita innalzando il livello dell’acqua nel pozzo il più

possibile; 3. al momento in cui si sospende l’immissione dell’acqua si misura

l’altezza h0 raggiunta rispetto al livello iniziale (cioè al livello di falda) e il tempo iniziale t0;

4. si effettuano le letture del livello d’acqua raggiunto, h, e dei tempi cor-rispondenti, t, a decrementi costanti del livello (in modo da essere in-dipendenti dalla velocità di discesa), di ampiezza dipendente dal valore iniziale (se ad esempio h0 ? 2 m allora ogni 100 mm circa, mentre per valori più piccoli di h0 si preferiscono letture più fitte); le letture ven-gono effettuate fino a che il dislivello ? h = h0 – h ? 1/5 h0.

Il coefficiente di permeabilità viene calcolato, sempre assumendo valide le ipotesi della legge di Darcy, con la seguente formula:

???

????

??

???

2

1

12 hh

ln)tt(F

Ak con k (m/s), A (m2), F (m) e t (s) (2)

dove A e l’area della sezione trasversale del foro (dipendente dal diame-tro D), F il fattore di forma precedentemente definito, ? h=h2–h1 la varia-zione di altezza dell’acqua nel foro nell’intervallo ? t = t2 – t1.

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h0

t=0

t

h

A

Figura 8 – Schema della prova a carico variabile

Analogamente il coefficiente di permeabilità può essere espresso in ter-mini di tempo di riequilibrio T, secondo la formula equivalente:

TFA

k?

?

dove T viene calcolato diagrammando i valori misurati del rapporto h/h0, in scala logaritmica, in funzione del tempo t, riportato in scala decimale (Figura 9), e poi determinando una retta interpolante (escludendo even-tualmente i primi punti se essi non si allineano) e tracciando la retta ad essa parallela passante per l’origine (corrispondente all’istante iniziale t = 0 e h/h0 =1). Il valore di T è il tempo corrispondente a h/h0 =0.37 su questa retta. Qualora il livello di falda non sia noto con esattezza, si prende un valore di tentativo e si diagrammano i punti di misura ottenuti durante la prova e qualora non si dispongano secondo una retta, ma lungo una curva, si-gnifica che il valore di tentativo assunto è troppo basso (se la curva ha

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una pendenza che diminuisce col tempo) o troppo alto (se la pendenza aumenta invece col tempo).

tempo, t

Curva 2

Curva 1

0.01

rapp

orto

tra

le a

ltezz

e h/

h 0

0.1

1

0.37

T

Figura 9 – Calcolo del tempo di riequilibrio T

6. PROVE DI POMPAGGIO Tale prova viene effettuata per caratterizzare le caratteristiche di permea-bilità complessive di un acquifero e sebbene risulti sicuramente più com-plessa da un punto di vista della preparazione, progettazione ed esecu-zione, rispetto alle prove di permeabilità in foro, essa ha un carattere meno puntuale, definendo un valore medio per l’intero acquifero del co-efficiente di permeabilità, che in quanto tale va sempre considerato come ordine di grandezza della permeabilità effettiva del terreno. La prova consiste nell’emungimento di una portata d’acqua costante da un pozzo finestrato e nella misura dei progressivi abbassamenti del livel-lo d’acqua in corrispondenza del pozzo stesso e di alcuni fori piezome-trici realizzati lungo un allineamento radiale rispetto all’asse del pozzo. In particolare si potrà distinguere una fase iniziale transitoria in corrispon-denza della quale il livello d’acqua si abbassa, con velocità che sono diffe-renti nel pozzo principale e nei piezometri di controllo e che si riducono progressivamente nel tempo, man mano che il volume d’acqua interessa-to dal flusso diventa sempre più ampio; una fase stazionaria in cui il livel-

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lo d’acqua in tutti i punti di osservazione si stabilizza, delimitando una superficie (cono di depressione) che consente di definire il raggio d’influenza del pozzo. In realtà tale condizione si realizza quando la fal-da è alimentata, in caso contrario non si arriva mai a un regime staziona-rio, ma pseudo-stazionario, in cui il livello d’acqua nei fori si riduce fino a un valore prossimo a quello della stabilizzazione. Nella prova il pompaggio a portata costante viene effettuato fino a che non si raggiunge il regime stazionario o pseudo-stazionario, cioè per 24 ?72 ore o più (in relazione alle caratteristiche e alla dimensione dell’acquifero). Per una corretta programmazione ed esecuzione della prova, è necessario conoscere a priori alcune caratteristiche dell’acquifero, e in particolare: ?? il tipo di acquifero, in quanto in relazione alla presenza e continuità di

eventuali strati di terreno impermeabili di confinamento si possono avere: 1. acquiferi confinati (falda confinata) (Figura 10a), intesi come strati

di terreno permeabile saturo, confinati superiormente e inferior-mente da strati di terreno impermeabili, e dove la pressione neutra al tetto è superiore a quella atmosferica;

2. acquiferi non confinati (falda freatica) (Figura 10b), costituiti da uno strato di terreno saturo o parzialmente saturo, confinato solo inferiormente da uno strato di terreno impermeabile, e dove la pressione corrispondente al livello di falda è pari alla pressione at-mosferica;

3. situazione intermedie, che si verificano quando la differenza di permeabilità tra acquifero e strati confinanti non è molto grande, e in cui ad esempio in un acquifero confinato, specie durante la prova di pompaggio, si crea un moto di filtrazione verticale verso il basso a partire dallo strato impermeabile superiore

?? l’estensione radiale dell’acquifero, e quindi la presenza o meno di limi-ti radiali;

?? lo spessore dell’acquifero nei vari punti; ?? la pendenza degli strati e della falda (in condizioni idrostatiche); ?? la presenza o meno di sorgenti o vie di fuga entro il raggio d’influenza

del pozzo.

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Figura 10 – Tipi di acquifero: confinato (a) e non confinato (b)

La situazione ideale di riferimento per l’interpretazione dei risultati di una prova di pompaggio è quella in cui il pozzo finestrato attraversi l’acquifero per tutta la sua profondità, e che l’acquifero, confinato o me-no, abbia un’estensione radiale infinita. Nella pratica questo non accade sia per la presenza di limiti radiali, che per l’impossibilità tecnica e/o economica di attraversare l’intero acquife-ro (soprattutto per acquiferi di elevato spessore), e perciò si dovrà tenere conto di queste condizioni reali in fase interpretativa. Una volta reperite tutte le informazioni necessarie per caratterizzare la geometria dell’acquifero, la prova di pompaggio vera e propria è prece-duta da una prima fase preliminare di: 1. realizzazione del pozzo; 2. esecuzione di una serie di prove di emungimento a portata costante

di breve durata per caratterizzare il pozzo;

a)

b)

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3. progettazione ed installazione dei piezometri intorno al pozzo (che può essere fatta anche prima o durante la realizzazione del pozzo, in modo da avere informazioni aggiuntive sulla stratigrafia, a scapito pe-rò della programmazione della prova).

Esecuzione del pozzo Profondità La profondità del pozzo deve essere tale da raggiungere lo strato di con-finamento impermeabile inferiore dell’acquifero (sia nel caso di acquifero confinato che non confinato), nella pratica, dati gli spessori generalmente elevati, questo non accade. In particolare nel caso di acquifero confinato il pozzo dovrebbe quindi attraversare l’intero spessore b, per garantire condizioni di flusso orizzon-tali e quindi una velocità di filtrazione orizzontale lungo il tratto finestra-to del pozzo, con linee di flusso orizzontali, superfici equipotenziali ver-ticali, cilindriche e coassiali rispetto all’asse del pozzo (in modo da facili-tare l’interpretazione dei risultati della prova); nella pratica il pozzo si può considerare come totalmente penetrante se il tratto finestrato è pari circa al 70 ? 80 % dello spessore b dell’acquifero. Nel caso di acquifero non confinato, almeno nella parte alta, non si rag-giungono mai condizioni di deflusso orizzontali, per cui la velocità di fil-trazione ha anche una componente verticale, le linee di flusso sono curve nella parte alta della falda e le equipotenziali non sono più verticali, cioè lungo la verticale il carico piezometrico varia. Solo in prossimità della ba-se dell’acquifero si ristabiliscono condizioni di filtrazione orizzontali e solo se si raggiunge la base dell’acquifero si ottiene, a parità di portata emunta durante la prova, la massima depressione. In tal caso è sufficiente che il pozzo penetri l’acquifero per uno spessore compreso tra la metà (b/2) e il terzo inferiore dello spessore (2/3 b). Diametro Il diametro del pozzo viene scelto soprattutto in base alle dimensione della pompa che si deve introdurre nel pozzo per l’emungimento dell’acqua (nel caso di pompa sommersa), e in genere è compreso tra 500 e 1000 mm. Esecuzione dello scavo Per la perforazione del pozzo verrà adottata un’attrezzatura (ad esempio a gravità con benna) che consenta durante lo scavo l’applicazione di una tubazione metallica di rivestimento provvisoria, per il sostegno delle pa-reti del foro durante la sua realizzazione, in modo da non ricorrere

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all’uso di fanghi. Inoltre verranno prelevati via via campioni di terreno per la ricostruzione della stratigrafia e per la progettazione del filtro dre-nante e verrà mantenuto un livello d’acqua nel foro alcuni cm al di sopra della falda esterna. Applicazione del tubo finestrato Una volta terminato lo scavo e raggiunta la profondità desiderata, viene installata nel foro una tubazione metallica permanente, dotata di un tratto centrale finestrato, che attraversa per tutta la sua lunghezza l’acquifero, e due tratti ciechi, uno iniziale e uno finale, che penetrano nell’acquifero per circa un metro per evitare intasamenti del filtro. La tubazione è chiu-sa all’estremità inferiore. Il diametro e lo spessore di tale di tale tubazione, dovranno essere tali da garantire all’interno il corretto funzionamento della pompa (con un mar-gine di almeno 5 cm) e all’esterno uno spazio anulare tra rivestimento e parete del foro di almeno 10 cm per l’applicazione del filtro drenante. La finestratura del tratto filtrante della tubazione dovrà essere tale che il rapporto tra superficie aperta e chiusa sia il più elevato possibile (gene-ralmente superiore al 10 ? 15%)e che quindi la velocità di filtrazione sia sufficientemente bassa da minimizzare le perdite di attrito e il trascina-mento del materiale drenante. La forma e le dimensioni di tali aperture saranno tali da permettere il passaggio della parte più fine e da trattenere la parte più grossolana. Messa in opera del dreno Per finire si procede alla messa in opera del dreno, nell’intercapedine tra le parete del foro e del rivestimento, e alla contemporanea estrazione del-la tubazione di rivestimento provvisoria. La granulometria del dreno artificiale viene scelta in base ai seguenti cri-teri: ?? il dreno deve avere una permeabilità superiore a quella del materiale

dell’acquifero; ?? la distribuzione granulometrica dovrà essere tale da impedire che le

particelle più fini del terreno naturale non si infiltrino nei vuoti occlu-dendoli;

?? il dreno deve essere stabile, cioè le particelle più fini non devono muoversi liberamente tra i vuoti creati dalla particelle più grosse.

Le prime due condizioni vengono soddisfatte imponendo che il diametro corrispondente al passante del 15% del dreno, D15, sia inferiore a 4 volte il diametro corrispondente al passante dell’85% del terreno dell’acquifero, F85 (specie per terreni a granulometria fine) e superiore a 4 volte il diame-

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tro corrispondente al passante dell’15% del terreno dell’acquifero, F15 (specie per terreni a granuolmetria grossolana). La condizione di stabilità viene invece garantita con un coefficiente di uniformità U per il dreno compreso tra 2 e 5. Inoltre è opportuno che il dreno non contenga più del 5% di frazione fi-ne (passante al vaglio 0.074 mm) e che essa non sia di natura argillosa, che il diametro dei clasti, relativamente alla frazione ghiaiosa, non sia supe-riore a 75 mm e che la curva granulometrica abbia, nei limiti sopra indica-ti, un andamento parallelo rispetto a quella del terreno naturale. In fase di messa in opera del dreno è opportuno fare in modo che essa sia ben gradato e che in particolare il materiale a contatto con le fessure filtranti abbia dimensioni maggiori della loro apertura, D (ciò si realizza generalmente assumendo D15 ? 2D). Prove preliminari a gradini di portata Una volta completato il pozzo e predisposto per la prova di pompaggio, vengono eseguite delle prove di emungimento preliminari a portata co-stante per intervalli di tempo di breve durata, per studiare l’abbassamento dell’acqua nel pozzo e determinare quindi la reazione e le caratteristiche di risposta del pozzo, il comportamento del sistema pozzo-acquifero, le caratteristiche e le modalità di uso della pompa e la corretta ubicazione dei piezometri intorno al pozzo. Tali prove vengono generalmente eseguite applicando un minimo di 3 (per gli acquiferi confinati) o 5?6 (per gli acquiferi non confinati) gradini di portata costante, a partire dalla portata minima che la pompa utilizzata è in grado di garantire, successivamente raddoppiata, triplicata, etc. Cia-scun gradino viene applicato per una stessa durata compresa tra 1 e 3 o-re, in modo tale che il volume d’acqua emunto, V, soddisfi la relazione: V ? 2.5 D2 s (dove D è il diametro del foro, comprensivo del dreno, e s l’abbassamento del livello dell’acqua raggiunto nel foro per effetto del volume d’acqua V emunto), seguito da un periodo di sosta necessario a portare il livello dell’acqua alle condizioni iniziali. Si può riportare in funzione del tempo, per ciascun gradino di carico, l’abbassamento del livello d’acqua nel pozzo, s, oppure, in scala lineare, le portate emunte, Qi, e i corrispondenti abbassamenti massimi s i, (misurati dopo lo stesso tempo), ottenendo così una curva denominata curva ca-ratteristica del pozzo, il cui andamento deve essere generalmente conves-so (Figura 11), a meno che non si siano verificate condizioni anomale nel deflusso o errori di misura. Su tale curva si può individuare un punto ca-ratteristico, A, corrispondente al cambio di pendenza, a cui corrisponde la portata critica, Qc, immediatamente superiore a quella massima, Qmax, pompabile con continuità, e a cui corrisponde l’abbassamento massimo

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del livello di falda nell’acquifero, smax, pari, nel caso di acquifero confina-to, a :

b21

maxs ?

portata, Q (m/h)3

abba

ssam

ento

, s (m

)

2

3

050

1 1

2

3A

Qm a x

sm a x

Qc

4

5

6

7

100 150 200

Figura 11 – Portata critica e massima

Installazione dei piezometri I piezometri che vengono installati intorno al pozzo per la prova di pompaggio devono avere un tempo di risposta molto breve e perciò di-pendono dal tipo di terreno, vale a dire si adoperano : ?? piezometri a tubo aperto per terreni molto permeabili; ?? piezometri a volume costante per terreni poco permeabili. Per quanto riguarda il numero di piezometri da utilizzare varia da 3 a 10 a seconda del tipo e delle dimensioni dell’acquifero, della dimensione del sito da investigare e dell’importanza del problema da analizzare. Nel caso di acquifero confinato, dove le superfici equipotenziali sono verticali e le linee di flusso orizzontali, teoricamente basterebbe un solo piezometro, ubicato ad una qualsiasi distanza dal pozzo entro il raggio d’influenza e non necessariamente esso deve attraversare interamente l’acquifero. Qualora però il pozzo non penetri completamente l’acquifero

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bisogna tenere conto della componente verticale del flusso, che si può considerare trascurabile solo per distanze r dal asse del pozzo :

V

h

KKb5.1r ???

dove b è lo spessore dell’acquifero. Nel caso di acquifero non confinato le superfici equipotenziali sono cur-ve e lungo una stessa verticale il carico piezometrico varia, il flusso pre-senta anche una componente verticale del moto, per cui ad una prefissata distanza dal pozzo, la profondità del tratto filtrante del piezometro in-fluisce sul valore misurato della piezometrica, tale influenza si riduce au-mentando la distanza dal pozzo, dove le superfici equipotenziali tendono a diventare verticali. Predisponendo un pozzo secondario di osservazio-ne per la misura del valore medio del carico piezometrico lungo l’intero spessore dell’acquifero, si riesce ad ovviare a questo problema, nel caso invece che il pozzo di pompaggio non penetri completamente l’acquifero, allora l’influenza delle componenti verticali del flusso po-tranno considerarsi trascurabili a distanze r dal pozzo sufficientemente grandi:

V

h

KKbr ??

e per tempi di osservazione sufficientemente elevati (nella pratica si rea-lizzano due piezometri alla stessa distanza radiale e a profondità diverse, e quando la misura risulta la stessa, la componente verticale del flusso si può considerare trascurabile). Nel caso di acquifero non confinato, ma anche nel caso di acquifero con-finato, si ricorre generalmente all’utilizzo di più piezometri disposti lungo uno stesso allineamento radiale uscente dal pozzo, a distanze pari ad h/2, dove h è il livello di falda rispetto alla base inferiore dell’acquifero, e spesso anche su due allineamenti, aventi entrambi origine dal pozzo e in-clinati di 90°. Parametri e strumenti di misura Una volta misurato il livello di falda iniziale h, viene scelta la portata di pompaggio, in base ai risultati delle prova preliminari a gradini di portata (portata massima e critica) e in modo che durante la prova il pozzo non venga mai interamente prosciugato e l’abbassamento del livello nei pie-zometri non superi h/10. Per controllare il valore costante della portata durante la prova si può semplicemente misurare il tempo necessario all’acqua emunta a riempire un serbatoio di volume noto (è infatti sempre importante che l’acqua emunta venga allontanata dall’area di prova e non rimessa in circolo),

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oppure per meglio apprezzare possibili variazioni durante la prova si ri-corre all’uso di stramazzi, flussimetri,ecc. Durante la prova dovranno essere misurati periodicamente, oltre alla portata emunta, i livelli raggiunti dall’acqua nel pozzo e nei piezometri, sia immediatamente prima dell’inizio, che a partire dall’istante iniziale (che dovrà essere annotato) secondo le cadenze riportate in Tabella 3.

Tabella 3 – Intervalli di lettura durante la prova di pompaggio

Tempo dall’inizio della prova Intervalli di lettura 0 ? 2 minuti 15 secondi 2 ? 5 minuti 30 secondi 5 ? 15 minuti 60 secondi 15 ? 60 minuti 5 minuti

1 ? 2 ore 10 minuti 2 ? 5 ore 30 minuti 5 ? 48 ore 60 minuti > 48 ore 5 volte al giorno

Il livello dell’acqua può essere misurato manualmente con sottili sonde elettriche calate mediante un filo millimetrato o automaticamente con trasduttori elettrici di pressione facenti capo ad un’unica centralina di mi-sura e registrazione. Durata della prova Considerato l’elevato costo ed impegno che tale prova comporta, con-viene sempre non ridurre i tempi di prova e generalmente per un acqui-fero confinata la durata è di circa 24 ore, mentre per un acquifero non confinato si può arrivare anche a tre giorni. Interpretazione delle misure Per interpretare i risultati di una prova di pompaggio bisogna risolvere un problema di flusso transitorio in mezzo poroso, e adottando il princi-pio di conservazione della massa, l’equazione di stato e di equilibrio di-namico per l’acqua, la legge d’interazione tra acqua e scheletro solido e l’equazione di equilibrio del mezzo poroso inteso come scheletro solido più acqua, si ottiene, adottando la legge di Darcy nella sua forma genera-le, l’equazione generale del moto transitorio per l’acqua in un mezzo po-roso anisotropo:

th

Szh

Kzy

hK

yxh

Kx szyx ?

????

??

???

??

???

???

???

???

???

????

???

??

??? (2)

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dove Ss è l’immagazzinamento specifico, cioè il volume d’acqua che un elemento unitario di acquifero rilascia per effetto di un abbassamento unitario dell’altezza del carico piezometrico h. Introducendo una serie di ipotesi esemplificative sulle caratteristiche dell’acquifero: ?? omogeneo ed isotropo; ?? infinitamente esteso in direzione orizzontale; ?? capacità di immagazzinamento trascurabile rispetto al volume

dell’acquifero; ?? pozzo interamente penetrante e quindi linee di flusso orizzontali; ?? portata emunta costante nel tempo si ottiene, nel caso di acquifero confinato (Figura 12) la seguente equa-zione:

th

TS

rh

r1

rh2

2

??

????

???

dove S è il coefficiente di immagazzinamento, dato da: bSS s ?? (con b spessore dell’acquifero)

e T, la trasmissività dell’acquifero, data da: bKT ?? (con K coefficiente di permeabilità dell’acquifero)

Q

Scarico della pompaTubo di rivestimento

Pompa sommersa Superfici equipotenzialiLinee di flusso

h

b

h/2

h1r

1

r2

s1

s2

h2

Figura 12 – Schema della prova di pompaggio in acquifero confinato

La soluzione proposta da Theis (1935) per tale equazione risulta:

duu

eT4

Qs u

u

??

?

???

??

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dove s rappresenta l’abbassamento della superficie piezometrica alla ge-nerica distanza r dall’asse del pozzo, Q è la portata costante emunta ed u è definito come:

tT4Sr

u2

???

?

Una soluzione ulteriormente semplificata, valida per valori di u < 0.01, è stata proposta da Cooper e Jacob (1946):

Sr

tT25.2log

T4Q3.2

s 2 ???

???

??

(3)

Nella pratica questa soluzione semplificata consente di ricavare i parame-tri caratteristici dell’acquifero (coefficiente di permeabilità, K, trasmissivi-tà, T, e immagazzinamento, S) a partire da un semplice grafico semiloga-ritmico in cui si riporta in ordinata il livello misurato da un piezometro a a partire dall’inizio della prova, e in ascisse il logaritmo del tempo. I punti, a parte il tratto iniziale curvilineo, tendono a disporsi lungo una retta (Figura 13a), che prolungata fino ad incontrare la retta orizzontale corrispondente all’altezza iniziale di falda (h), cioè all’abbassamento zero, individua sull’asse delle ascisse, il tempo t0. Quindi applicando la soluzione semplificata (relativamente a due istanti t1 e t2, corrispondenti a un ciclo logaritmico) si ottiene che:

bK4Q3.2

)t(s)t(ss 12 ???

????

?

per cui nota la portata Q, lo spessore b dell’acquifero e misurato sul grafi-co l’abbassamento ? s corrispondente a un ciclo logaritmico, si ottiene la misura del coefficiente di permeabilità K e quindi della trasmissività:

bs4Q3.2

K??

??

??

Mentre il coefficiente di immagazzinamento S risulta pari a:

20

r

tT25.2S

???

Analogamente gli stessi parametri si possono calcolare riportando gli ab-bassamenti rispetto al valore iniziale in ordinate, in scala lineare, in corri-spondenza di differenti piezometri nello stesso istante t, e in ascisse il lo-garitmo delle distanze dei punti di osservazione dall’asse del pozzo (Figu-ra 13b). Anche in tal caso i punti tendono a disporsi lungo una retta, che interseca la retta orizzontale corrispondente ad abbassamento nullo, in un punto di ascissa r0 corrispondente al raggio d’influenza del pozzo.

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32

tempo di pompaggio, t (ore)

? s

Livello di falda

0.01 0.1 1 10 100

Prof

ondi

tà a

cqua

(m)

20

25

10

15

t0

a)

Distanza r, (m)

? s

Livello di falda 1 10 100 1000

Abb

assa

men

to, s

(m)

2

3

4

0

1

r0

a)

Figura 13 – Calcolo dei parametri caratteristici dell’acquifero da prova di pompaggio in ac-quifero confinato

Considerati due piezometri a distanze rispettivamente pari a r1 e r2 dall’asse del pozzo, si ottiene che:

1

22

1

221 r

rln

bK2Q

rr

logbK4

Q3.2)r(s)r(ss ?

?????

?

????

??

???

?????

?

Misurato sul grafico l’abbassamento ? s corrispondente a un ciclo loga-ritmico della distanza r dall’asse del pozzo, si può misurare la trasmissivi-tà e l’immagazzinamento della falda:

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203

2

rCtT

S

sQC

T

??

?

??

?

dove C2 e C3 sono delle costanti dipendenti dalle unità di misura adottate. I valori così ottenuti in questo modo dovrebbero essere gli stessi al varia-re dell’istante t considerato e uguali a quelli ottenuti col primo metodo; nella realtà questo non accade, così come i punti sperimentali nei due grafici non si dispongono in maniera perfettamente rettilinea. Questo perché la realtà si discosta dalle condizioni ideali ipotizzate, per effetto della eterogeneità e anisotropia dell’acquifero, e della non completa pene-trazione del pozzo. In quest’ultimo caso gli effetti della non orizzontalità delle linee di flusso possono essere trascurati a distanze r:

V

h

KKb5.1r ???

Nel caso di acquifero non confinato (Figura 14) l’equazione (2) diventa più complessa e dipendente da un numero maggiore di parametri, anche la soluzione risulta più complessa ed è stata successivamente semplifica-ta, assumendo certe ipotesi (Dupuit), nella forma:

1

221

22 r

rln

KQ

hh ??

???

Q

h

h/2

h1r

1

r2

s1

s2

h2

Pompa sommersa Superfici equipotenzialiLinee di flusso

Scarico della pompaTubo di rivestimento

Figura 14 - Schema della prova di pompaggio in acquifero confinato

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6. PROVE DI PERMEABILITÀ IN TERRENI A GRANA FINE Nella misura in sito della permeabilità dei terreni a grana fine bisogna te-nere conto delle inevitabili complicazioni legate alla natura del terreno, quali: ?? una modifica delle caratteristiche strutturali del terreno (indice dei

vuoti, densità relativa) e quindi della permeabilità, legata all’elevata compressibilità;

?? tempi di prova molto lunghi legati alla bassa permeabilità. Le misure che si possono così ottenere sono misure locali e generalmen-te non estendibili a grande scala. Tali prove possono essere effettuate con differenti strumenti: ?? piezometri idraulici ?? permeametro autoperforante ?? piezocono, ecc. I piezometri possono essere installati nel terreno, alla profondità deside-rata, all’interno di un foro, precedentemente realizzato, e dotato, nella parte terminale corrispondente al tratto di misura, di una cavità (gene-ralmente cilindrica) riempita con sabbia e isolata superiormente da un tappo impermeabile di bentonite, nella quale viene alloggiato il piezome-tro, collegato in superficie da uno o due tubicini per la letture delle varia-zioni del livello d’acqua durante la prova. La fase preparatoria è piuttosto complessa e non sempre consente di controllare la geometria della cavità (a cui è legata l’interpretazione delle misure), e per superare tale limite sono stati utilizzati piezometri infissi direttamente nel terreno (a partire dal piano di campagna o dal fondo del foro), che però possono comportare un disturbo non trascurabile in fase di infissione sulle proprietà del terreno che ne influenzano la permeabili-tà, e anche l’intasamento del filtro poroso da parte delle particelle più fini del terreno (che può essere evitato proteggendo opportunamente il fil-tro). Per superare tale problema sono stati introdotti i permeametri autoperfo-ranti, che determinano l’asportazione solo di un volume di terreno pari a quello dello strumento, riducendo il disturbo all’attrito derivante dal con-tatto tra le pareti dello strumento e il terreno. Limitandoci al solo caso dei piezometri idraulici la prova di permeabilità può avvenire a carico variabile o carico costante, nel primo caso il terre-no è soggetto a carichi non monotoni, con una prima fase di scarico e una successiva fase di compressione, per cui il valore misurato della per-meabilità è un valore medio.

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Per tale motivo si preferisce di solito una prova carico costante, aumen-tando la pressione nel piezometro, e quindi producendo un flusso verso il terreno (prova outflow) e causandone un rigonfiamento, oppure ridu-cendo la pressione (prova inflow) con flusso dal terreno e conseguente consolidazione. Generalmente si effettua la prova outflow, avendo l’accortezza di non applicare sovrappressioni ? u troppo elevate (col rischio di causare feno-meni di fratturazione idraulica). Nel caso di piezometro cilindrico (di diametro 2a e lunghezza 2b, e rap-porto N=b/a) e assumendo come condizioni al contorno che: ?? a distanze sufficientemente grandi dal piezometro (r? ? ; z r? ? ) la

pressione sia paria a quella idrostatica (u0); ?? nell’istante iniziale all’esterno del piezometro (r>a; z>b) la pressione

sia pari a quella idrostatica; ?? negli istanti successivi (t>0) sia pari a u0+? u la soluzione è, nel caso di terreno isotropo:

? ?? ?2w

AV

N5.11N5.1ln

b6u

K)t(Q

??

?????

????

??

????

??

dove Q(t=? ) è la portata che si legge per estrapolazione sul diagramma sperimentale delle misure (1/? t;Q(t)). Nel caso invece di terreno anisotropo con rapporto KH/KV>2?3 e un piezometro cilindrico con N>2, si può ottenere in via del tutto appros-simata un valore di KH, dalla seguente relazione:

N2u

aK)t(Qw

H ??????? ???