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w w w . e d it .h r/ l a v o c e A n n o I n . 4 M erc o l e dì, 2 0 g i u g n o 2 0 0 7 D all'8 al 10 giugno scorsi Zagabria è stata la capitale europea della ci- nofilia. Circa diecimila cani di raz- za provenienti da ogni parte del mondo si sono presentati assieme ai propri allevato- ri nella "metropoli" croata per partecipare alla più importante esposizione cinofila dell'anno. Doveva essere una grande fe- sta. Purtroppo, l'Euro dog show 2007 sarà ricordato soprattutto per gli scandali. Un obbrobrio culminato con la morte di sei cani (stando a voci ufficiose gli animali deceduti sarebbero di più): quattro mastini napoletani, un pastore dell'Asia centrale e un pastore del Caucaso. Il valore dei cani morti sfiora il milione di kune. Una cifra che ha fatto scattare il sospetto che si sia trattato di un complotto ideato dagli avver- sari degli allevatori danneggiati. Un'ipotesi plausibile considerati gli importi di dena- ro che circolano nell'ambiente. Tuttavia è vero anche che gli stuart dell'organizzazio- ne sono stati costretti a scassinare nume- rosi mezzi di trasporto di "grandi allevato- ri" che non hanno esitato a lasciare i propri campioni a "cuocersi" al sole. Si mormora che certi espositori, pur di ottenere buoni risultati, non abbiano avuto nessuna titu- banza a "dopare" i propri cani. Purtroppo, quando in un ambiente ini- ziano a circolare troppi soldi, il business finisce inevitabilmente con il sopraffare la passione. A nessuno importa delle soffe- renze altrui, se poi gli utili si accumulano. Euro dog 2007 incubo a Zagabria IL RUGGITO di Krsto Babić Il fumo è una delle principali cause delle malattie dell'apparato cardiaco e delle vie respiratorie. Il fumo passivo è quello che viene inalato involontariamente dalle persone che vivono a contatto con uno o più fumatori attivi ed è il principale inqui- nante degli ambienti chiusi. Quando una sigaretta viene fumata, il fumo che si svi- luppa è di due tipi: centrale (rappresenta il fumo attivo ed è prodotto dall'aspirazio- ne del fumatore in gran parte inalato e solo in parte espirato) e laterale (costituisce il fumo passivo vero e proprio ed è prodotto prevalentemente dalla combustione lenta della sigaretta lasciata bruciare passivamente nel portacenere o in mano fra un “tiro” e l'altro e dal fumo espirato dal fumatore attivo). Ricerche di chimica analitica hanno dimostrato che nel fumo laterale alcune sostanze irritative, ossidanti e cancerogene sono presenti in concentrazione persino superiore a quella del fumo centrale. È stato scientificamente provato che il fumo nuoce alla nostra salute. Fiumi d'in- chiostro sono stati consumati per descrivere i danni derivati da questo vizio. I dati scientifici ottenuti dai ricercatori della Tufts University del Massachusetts sollecitano però a valutare il problema anche da un altro punto di vista: quello dei nostri anima- li domestici. Dalle analisi compiute dai ricercatori statunitensi risulta che un gatto sano esposto al fumo passivo ha tre volte più possibilità di essere colpito da tumori ri- spetto ad un micio che non vi viene esposto. Uno dei maggiori problemi legati al fumo passivo sono anche le diverse forme asmatiche che potrebbero sviluppare i gatti. Ma non è solo il fumo nell'aria ad essere pericoloso. Lo sono, infatti, anche le particelle di tabacco che, andandosi a depositare sul pelo, vengono poi ingerite dal gatto men- tre si dedica alla pulizia del proprio manto, un'operazione che compie leccandosi. Di recente persino il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha lanciato una campa- gna per sensibilizzare ed avvisare dei pericoli del fumo passivo a cui spesso sono sot- toposti i nostri amici animali. P.S. Se non riuscite a smettere di fumare neppure per amore dei vostri amici a “quattro zampe”, almeno ricordatevi di far arieggiare la stanza per alcuni minuti dopo aver spento la sigaretta. Ve ne saranno grati sia loro sia chi vi sta accanto e non condivide il vostro vizio. Il fumo passivo animali DEL POPOLO DEL POPOLO IL TEMA DEL MESE

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Dall'8 al 10 giugno scorsi Zagabria è stata la capitale europea della ci-nofi lia. Circa diecimila cani di raz-

za provenienti da ogni parte del mondo si sono presentati assieme ai propri allevato-ri nella "metropoli" croata per partecipare alla più importante esposizione cinofi la dell'anno. Doveva essere una grande fe-sta. Purtroppo, l'Euro dog show 2007 sarà ricordato soprattutto per gli scandali. Un obbrobrio culminato con la morte di sei cani (stando a voci uffi ciose gli animali deceduti sarebbero di più): quattro mastini napoletani, un pastore dell'Asia centrale e un pastore del Caucaso. Il valore dei cani morti sfi ora il milione di kune. Una cifra che ha fatto scattare il sospetto che si sia

trattato di un complotto ideato dagli avver-sari degli allevatori danneggiati. Un'ipotesi plausibile considerati gli importi di dena-ro che circolano nell'ambiente. Tuttavia è vero anche che gli stuart dell'organizzazio-ne sono stati costretti a scassinare nume-rosi mezzi di trasporto di "grandi allevato-ri" che non hanno esitato a lasciare i propri campioni a "cuocersi" al sole. Si mormora che certi espositori, pur di ottenere buoni risultati, non abbiano avuto nessuna titu-banza a "dopare" i propri cani.

Purtroppo, quando in un ambiente ini-ziano a circolare troppi soldi, il business fi nisce inevitabilmente con il sopraffare la passione. A nessuno importa delle soffe-renze altrui, se poi gli utili si accumulano.

Euro dog 2007incubo a Zagabria

IL RUGGITOdi Krsto Babić

Il fumo è una delle principali cause delle malattie dell'apparato cardiaco e delle vie respiratorie. Il fumo passivo è quello che viene inalato involontariamente dalle persone che vivono a contatto con uno o più fumatori attivi ed è il principale inqui-nante degli ambienti chiusi. Quando una sigaretta viene fumata, il fumo che si svi-luppa è di due tipi: centrale (rappresenta il fumo attivo ed è prodotto dall'aspirazio-ne del fumatore in gran parte inalato e solo in parte espirato) e laterale (costituisce il fumo passivo vero e proprio ed è prodotto prevalentemente dalla combustione lenta della sigaretta lasciata bruciare passivamente nel portacenere o in mano fra un “tiro” e l'altro e dal fumo espirato dal fumatore attivo). Ricerche di chimica analitica hanno dimostrato che nel fumo laterale alcune sostanze irritative, ossidanti e cancerogene sono presenti in concentrazione persino superiore a quella del fumo centrale.

È stato scientifi camente provato che il fumo nuoce alla nostra salute. Fiumi d'in-chiostro sono stati consumati per descrivere i danni derivati da questo vizio. I dati scientifi ci ottenuti dai ricercatori della Tufts University del Massachusetts sollecitano però a valutare il problema anche da un altro punto di vista: quello dei nostri anima-li domestici. Dalle analisi compiute dai ricercatori statunitensi risulta che un gatto sano esposto al fumo passivo ha tre volte più possibilità di essere colpito da tumori ri-spetto ad un micio che non vi viene esposto. Uno dei maggiori problemi legati al fumo passivo sono anche le diverse forme asmatiche che potrebbero sviluppare i gatti. Ma non è solo il fumo nell'aria ad essere pericoloso. Lo sono, infatti, anche le particelle di tabacco che, andandosi a depositare sul pelo, vengono poi ingerite dal gatto men-tre si dedica alla pulizia del proprio manto, un'operazione che compie leccandosi. Di recente persino il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha lanciato una campa-gna per sensibilizzare ed avvisare dei pericoli del fumo passivo a cui spesso sono sot-toposti i nostri amici animali.

P.S. Se non riuscite a smettere di fumare neppure per amore dei vostri amici a “quattro zampe”, almeno ricordatevi di far arieggiare la stanza per alcuni minuti dopo aver spento la sigaretta. Ve ne saranno grati sia loro sia chi vi sta accanto e non condivide il vostro vizio.

Il fumo passivo

animali

DEL POPOLODEL POPOLO

IL TEMA DEL MESE

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2 animali Mercoledì, 20 giugno 2007

Sandro Vrancich è un nome assai noto a Fiume. Per numerosi anni

ha lavorato nella redazione italiana di Radio Fiume. Non da meno è sta-to il suo contributo al Dramma Ita-liano. Tra gli appassionati di sport Sandro è un punto di riferimento per quanto concerne il ciclismo. È vicepresidente della Federciclismo croata e uno dei più importanti pro-motori di questo sport nell’area fi u-mana. Il suo negozio di biciclette, motociclette e accessori in Scoietto è una sorta di santuario per gli ap-passionati delle due ruote.

Non sono in molti però a sape-re che Sandro è anche un grande appassionato di ornitologia. Una passione che coltiva fi n da ragaz-zo. Ecco cosa ci ha raccontato del suo hobby.

Quando è nata in te la passio-ne per l’ornitologia?

“Non ti saprei dire il momento

esatto nel quale è scattata in me la molla che mi ha spinto ad allevare gli uccelli. Probabilmente sono sta-to ‘contaminato’ quando da ragazzo assieme a mio padre mi recavo mol-to spesso in gita all’aria aperta. Ri-cordo di essere sempre stato attrat-

to dagli animali e in particolare dai pennuti. Ora che ci penso, mi ricor-do che quando stavo per consegui-re la maturità avevo vagliato l’idea di studiare ornitologia. Purtroppo all’epoca la facoltà più vicina era quella di Belgrado, e le disponibilità fi nanziare dei miei genitori non era-no tali da potermi permettere di rea-lizzare quel mio desiderio”.

Quali sono le specie che allevi, quelle che ti appassionano mag-giormente?

“I canarini, i cardellini e in ge-nerale gli uccelli di bosco della no-stra regione. Al momento ne ho una cinquantina. Da ragazzo mi ricordo che avevamo anche alcuni falchi, ma poi ho preferito desistere. Sono animali che devono essere nutriti con carne viva e per me era un po’ troppo complicato”.

Allevare uccelli è un hobby costoso?

“Non necessariamente. Ovvia-mente bisogna calcolare la spesa per le gabbie, per l’acquisto dei primi esemplari. È neccessario disporre di uno spazio adeguato nel quale sistemare gli animali e una serie di accessori per rendere

confortevole il loro soggiorno, per non parlare dei mangimi. Ma tutto sommato non si tratta di una spesa esorbitante. Bisogna considerare, inoltre, che un principiante non ha bisogno di tutte le attrezzature di un allevatore esperto. La cifra che bisogna investire per iniziare è tut-to sommato modesta”.

Come ci si procura gli ani-mali?

“La caccia è assolutamente vie-tata. Gli animali si procurano rivol-gendosi ai negozi specializzati o acquistandoli direttamente da altri allevatori. Ai principianti suggeri-rei di iniziare con le specie più co-muni: i pappagalli o i canarini. Il loro prezzo è più o meno di qual-che centinaio di kune. Sono anima-li facili da gestire. Poi man mano che si acquisisce dimestichezza si può procedere con l’allevamento di specie più esigenti. Per chi inizia è assai utile poter fare affi damen-to su colleghi più esperti in grado di fornire utili consigli. Tutti gli animali devono essere denunciati alle autorità competenti. Gli uccelli devono essere sottoposti a regola-ri controlli veterinari. Una misura

assai importante, soprattutto dopo l’allarme sorto a causa dell’in-fl uenza aviaria”.

È un’attività che porta via molto tempo?

Diciamo che un allevamento simile al mio richiede sicuramente un’oretta al giorno. Fino a quando hai una o due gabbie puoi limitarti a pulirle un paio di volte alla settima-na. Quando diventano più numero-se è necessario curare l’igiene tutti i giorni se si vuole evitare che nel-l’allevamento si diffonda qualche malattia. Bisogna anche cambiare quotidianamente l’acqua degli ab-beveratoi e riempire le ciotole con il mangime”.

A Fiume sono molti gli alleva-tori esperti?

“A Fiume abbiamo una nostra associazione. Siamo una novanti-na di persone. Terminato il perio-do della riproduzione e delle cove organizziamo un paio di incontri a livello locale e regionale. Alle no-stre esposizioni sanno essere pre-senti anche ottocento uccelli prove-nienti da tutta l’area istroquarnerina. Ovviamente partecipiamo anche ai campionati nazionali.

Due volte all’anno ci rechiamo in Italia per assistere a due manife-stazioni di grande importanza. Nel mese di ottobre Udine è la sede di una prestigiosa mostra internazio-nale. A fi ne novembre a Reggio Emilia si organizza la più impor-tante fi era europea del settore. Una mostra mercato alla quale vengono esibiti circa 11mila animali”.

L’ornitologia è un hobby che può trasformarsi in lavoro?

“Mi sento di escluderlo. Gli alle-vatori in Croazia sono tanti e il mer-cato è quello che è”.

ORNITOLOGIA Quattro chiacchere con il connazionale Sandro Vrancich

La passione per gli uccelli

RETTILIL’arte del camuffamento

L’uomo studia gli animali per capirne i segreti. Tra le specie

animali che più ci incuriosiscono di certo ci sono i camaleonti. Siamo attratti dalla loro capacità di mime-tizzarsi. Abbiamo indagato nel ten-tativo di carpire i segreti di questi affascinanti rettili. Ecco ciò che sia-mo riusciti a scoprire. I camaleonti sono dei rettili squamati contraddi-stinti dalla capacità di mutare colo-re, dalla lunga lingua retrattile e ap-piccicosa con cui catturano gli in-setti dei quali si nutrono e dai gran-di occhi che possono ruotare l’uno indipendentemente dall’altro.

DescrizioneI camaleonti sono di dimensioni

molto variabili: si va dai 60 centime-tri circa del Chamaeleo parsonii a ta-glie inferiori ai 10 centimetri. Molte specie hanno la testa “decorata” da protuberanze nasali, rostri, corna, o creste. Queste decorazioni sono in genere più evidenti nei maschi. Le zampe dei camaleonti hanno due dita principali, ciascuna delle quali presenta due o tre artigli. Le dita ser-vono al camaleonte come una tena-glia per potersi afferrarsi saldamente ai rami. Le zampe anteriori presen-tano due artigli sul dito esterno e tre

su quello interno. Nelle zampe po-steriori il numero degli artigli sulle dita è invertito. Gli occhi dei cama-leonti rappresentano un caso unico. Possono ruotare e mettere a fuoco indipendentemente l’uno dall’altro. Anche senza doversi spostare di un solo millimetro questi animali sono in grado di osservare l’ambiente cir-costante a 360 gradi. Quando punta-no una preda, i camaleonti rivolgo-no verso di essa entrambi gli occhi, recuperando la visione stereoscopi-ca e quindi la percezione della pro-fondità.

I camaleonti non sono dotati di organo vomeronasale. Non sono muniti di orecchie e pare siano sordi. Alcuni studi hanno indotto i ricercatori a ritenere che comu-nichino attraverso vibrazioni tra-smesse dai rami delle piante sulle quali poggiano. I camaleonti han-no la lingua incredibilmente lunga (talvolta più lunga del loro stesso corpo), e sono in grado di estrofl et-terla molto velocemente. La velo-cità con cui i camaleonti possono “lanciare” la lingua controbilancia la loro generale lentezza nei movi-menti. La loro lingua termina con una pallina di muscolo appiccicosa, che serve per catturare gli insetti.

Non appena la preda viene colpita, la lingua viene ritratta velocemen-te, e l’insetto catturato viene rapi-damente masticato dai forti denti. Questa tecnica di caccia permette ai camaleonti, anche quelli di di-mensioni più ridotte, di nutrirsi per-sino di prede relativamente grosse (locuste o mantidi) se paragonate alla loro massa corporea.

Distribuzione geografi ca e habitat

La maggior parte delle specie di camaleonti si trova in Africa (due terzi nel solo Madagascar) e in altre regioni tropicali quali lo Sri Lanka, l’India e l’Asia Minore. I cama-leonti sono presenti anche in alcune zone dell’Europa meridionale (Si-cilia, Andalusia e Grecia). Possono vivere in foreste pluviali e tropica-li, ma anche nella savana e perfi no alle zone semi-desertiche e in quel-le steppose.

ComportamentoTutte le specie di camaleonti

sono diurne, e principalmente atti-ve al mattino e nel tardo pomerig-gio. I camaleonti sono molto lenti nei movimenti, e accompagnano i loro passi con un caratteristico

ondeggiamento avanti e indietro. Sono in grado di muoversi relativa-mente più veloci se cercano di sot-trarsi allo sguardo di un potenziale predatore. Di norma sono cacciato-ri passivi, ossia rimangono immo-bili (anche per ore) in attesa di una preda di passaggio. Sono animali solitari e spesso aggressivi nei con-fronti dei loro simili, eccetto che ai fi ni dell’accoppiamento.

AlimentazioneI camaleonti si nutrono general-

mente di insetti, soprattutto locu-ste, mantidi e grilli. Le specie più grandi arrivano a nutrirsi persino di piccoli uccelli. Contrariamente a un’opinione diffusa, la maggior parte dei camaleonti non si nutre di mosche.

Mutamenti di coloreLa caratteristica che più di ogni

altra ha reso celebri i camaleonti è la loro capacità di mutare il colore della propria pelle. Tuttavia questa abilità non è comune a tutte le spe-cie. Il colore assunto da un cama-leonte dipende da numerosi fattori,

non tutti legati al mimetismo. Alcu-ne colorazioni rivelano determina-te condizioni fi siche o fi siologiche, o stati emozionali come paura, o sono usate nei combattimenti come forma di minaccia nei confronti dell’avversario. Anche la tempera-tura e le condizioni di luce infl ui-scono sulla loro colorazione.

Il cambiamento di colore dei camaleonti è realizzato da alcuni strati di cellule specializzate che si trovano sotto la pelle trasparen-te dell’animale. Le cellule nello strato superiore, dette cromatofore, contengono pigmenti gialli e verdi. Quelle dello strato inferiore, dette guanofore, contengono una sostan-za cristallina incolore detta guani-na. Le guanofore rifl ettono una par-te della luce incidente, in particola-re la luce blu o bianca. Se le cro-matofore sovrastanti sono gialle, la luce blu rifl essa produce un colore verde. Sotto lo strato delle guano-fore e delle cromatofore esiste un terzo strato di cellule melanofore, contenenti melanina. Questo strato può scurire o schiarire i colori pro-dotti dagli strati sovrastanti.

A cura di Igor Kramarsich

Di Valentino Pizzulin

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animali 3Mercoledì, 20 giugno 2007

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trebbero

no la sene usando gatti “francesi”, che presentavano una corporatura più robusta, con arti bassi, testa arrotondata, occhi rotondi e naso più corto, pelo lungo e morbido, con presenza di sottopelo lanoso e fi tto. Esso si conquistò un immediato e clamoroso successo, tanto da en-trare perfi no nelle dimore reali inglesi. Infat-ti, era molto apprezzato nell’epoca vittoria-na. La regina Vittoria ne possedeva bellissimi esemplari di colore blu. Nel 1889 venne re-datto il primo standard. Nel corso degli anni si aggiunsero nuove modifi che allo standard iniziale, arrivando all’ultima stesura delimi-tata al raggiungimento del cosiddetto peke-faced, ossia il persiano a faccia da pechinese.

Caratteristiche principaliDa adulti i persiani sono generalmente pa-

cati e tranquilli. Al contrario, da cuccioli san-no essere assai giocherelloni e vivaci. Si adat-tano bene a vivere in casa perché tranquilli e pacifi ci. Si rivelano molto affettuosi e ricono-scenti nei confronti del proprio padrone, an-

o defi nire, c uolbo”. Richied

etto quotidiaer numerose Il

lungo pelo li porta a soffrire rapidamente il ca-lore eccessivo. Sopportano bene la solitudine e diffi cilmente si fanno cogliere da stress o an-sie. La loro piacevole voce si sentirà raramen-te, anche nella stagione degli amori si compor-tano discretamente. Le femmine sono madri eccezionali e i cuccioli raramente danno fasti-dio. L’indole tranquilla e affettuosa nasconde a volte un temperamento sensibile, che questi gatti manifestano nascondendosi quando de-vono affrontare bambini vivaci o ospiti rumo-rosi. I persiani sono predatori scarsi. Hanno perso tale indole nel corso dei lunghi anni di selezionamento. Gli allevatori hanno preferi-to risaltare in loro altre attitudini. Ciò ha per-messo ai persiani di essere considerati i gatti da compagnia ideali.

Varietà di colore Sono riconosciuti circa duecento combina-

zioni di colori a seconda delle pezzature e dei disegni. I gruppi principali di colori sono una mezza dozzina. La variante principale è costi-tuita dal cosiddetto solido, il cui mantello ha un colore uniforme dalla radice alla punta del pelo. Le striature sono completamente assen-ti. I colori vanno dal bianco al nero, ma sono presenti anche il blu, chocolate, lilac, rosso e crema. In questi esemplari gli gli occhi devono essere di colore arancio o rame. Altri tipi lar-gamente diffusi di gatti persiani sono il tabby (il blotched, il tigrè e lo spotted con occhi rigo-rosamente arancioni), il chinchilla (silver, gol-den, shaded silver e shaded golden con occhi di colore verde o verde blu), il parti-color (carat-teristica inusuale; sono in alta percentuale di sesso femminile con occhi arancioni), il color-point (sfumature che somigliano al gatto sia-mese, occhi blu), i bicolor (bicolori, arlecchino e van) e gli smoke (il pelo è colorato, può essere colorato a metà, ad un terzo o solo ad un otta-vo, occhi di colore arancio).

La cura del persianoA causa del loro fi tto e lungo mantello de-

vono essere spazzolati e pettinati quotidiana-

mente, per impedire la formazione di nodi e la perdita di lucentezza del mantello. Bisogna perciò abituarli sin da piccoli ad essere spaz-zolati. Un eventuale bagno deve essere af-frontato solo dopo una buona spazzolata del mantello. La toelettatura richiede particolare attenzione all’esaltazione della delimitazione delle aree colorate, a questo scopo una spol-verata di talco è utile per far risaltare il con-trasto tra il bianco e le aree colorate. Per far risultare voluminoso e soffi ce il mantello bi-sogna dapprima pettinarlo contropelo e poi nel verso del pelo stesso. Oltre al pelo bisogna dedicarsi attentamente a mantenere sana la salute degli occhi e prestare attenzione alle pieghe cutanee per scongiurare la comparsa di dermatiti. Spesso la lacrimazione è abbon-dante e ciò può favorire l’ingiallimento del pelo della zona sottorbitale. A questo difetto bisognerà rimediare usando dei particolari detergenti in grado di smacchiare il pelo.

FELINI POESIA

di Gianni RodariI gatti hanno un giornalecon tutte le novitàe sull’ultima paginala “Piccola Pubblicità”.

“Cercasi casa comodacon poltrone fuori moda:non si accettano bambiniperché tirano la coda”.

“Cerco vecchia signoraa scopo compagnia.Precisare referenzee conto in macelleria”.

“Premiato cacciatorecerca impiego in granaio.”“Vegetariano, scapolo,cerca ricco lattaio”.

I gatti senza casala domenica dopo pranzoleggono questi avvisipiù belli di un romanzo:

per un’oretta o duesognano ad occhi aperti,poi vanno a prepararsiper i loro concerti.

Il giornale dei gatti

di SakiSembra l’incarnazione di ogni cosa soffi ce, setosa, priva, nella sua composizione, di qualunque asperità; un sognatore la cui fi losofi a è “Dormi e lascia dormire...”

Un miao riscalda il cuore

di Olga Samarina

Saltavi su quel davanzalefi ero delle tue prodezze notturne,una fi ammata rossa,una nuvola di dolcezza,chissà se non lo stai facendo adessoin quel mondo che per teè sempre stato realee che scorre attraverso il nostro.Ah! Si muove la tenda...Tenero amico mioper i miei occhi umaniè soltanto un soffi o di vento...

Lizun

Bicolor

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Un gatto più prezioso Un gatto più prezioso di un carico di gioiellidi un carico di gioielli

A cura di Sabrina Ružić

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animaliCINOFILIA

5Mercoledì, 20 giugno 2007Mercoledì, 20 giugno 2007

Due animali «squisiti» giunti dalla «Terra dei draghi» per «conquistare» l’Occidente

4

I cani dalla lingua blu arrivati dalla CinaParleremo dello Shar Pei e del Chow

Chow, due razze poco comuni, ma di indubbio fascino. Entrambe han-

no esigenze particolari e per apprezzarle bi-sogna conoscerle e studiarne a fondo il ca-rattere e il comportamento. Si sbaglia chi si lascia attrarre esclusivamente dall’aspetto esteriore di questi animali, che a prima vi-sta li fanno assomigliare a giocattoli di pe-luche. In realtà sono entrambi cani possen-ti, molto forti e con una muscolatura ben sviluppata su un apparato scheletrico robu-sto. Sono ambedue originari dell’Estremo Oriente, quasi certamente della Cina. Ben-ché il loro aspetto induca a pensare il con-trario, parecchi cinofi li esperti condividono il parere che si tratti di due razze imparen-tate. Lo fa credere anche uno dei loro segni distintivi: l’intenso colore blu della lingua e delle labbra.

Il Chow ChowL’origine precisa della razza non si co-

nosce con esattezza. Il singolare nome con il quale è conosciuta oggigiorno la razza

fu coniato alla fi ne del XIX secolo da dei commercianti che li avevano importati in Europa dalla Cina. In quell’epoca, infatti, questi cani giungevano spesso nel Vecchio continente a bordo delle navi che traspor-tavano in Europa e nelle Americhe la seta e le porcellane orientali. Erano considerati una curiosità. Per i ricchi signori dell’epoca possedere uno di questi rari ed esotici cani costituiva una questione di vanto.

In Cina, invece, venivano utilizzati come cani da guardia e per dare la cac-cia ai lupi. Nelle regioni settentrionali del-la “Terra dei draghi” erano utilizzati pure come cani da traino. Solo in casi assai rari nel loro Paese d’origine fungevano anche da cani da compagnia o diletto per usare un termine più moderno. In certe aree del-la loro zona d’origine questi cani venivano allevati come animali da macello. Persino oggi in alcuni Paesi asiatici è possibile or-dinare nei ristoranti piatti a base di carne canina. Da questo punto di vista pretta-mente gastronomico, la carne del Chow Chow è considerata una vera e propria lec-cornia (sic!). Solitamente sono cani tran-quilli, equilibrati e riservati. Nonostante il

mantello assai folto non gradiscono essere spazzolati. Si legano facilmente al branco/famiglia, ma abitualmente scelgono di af-fezionarsi ad un’unica persona. Sono buoni guardiani. Non abbaiano molto, ma quan-do serve sanno dimostrarsi particolarmente feroci. Gradiscono la compagnia delle per-sone, ma non quella dei loro simili. Proprio questa loro avversione nei confronti degli altri cani li rende inadatti ai bambini che in situazioni di “tensione” non sarebbero in grado di contenere la loro potenza. Non necessitano di molto movimento. Ciò fa di loro dei cane adatti a vivere in appartamen-to. Amano molto il freddo. Ne esistono due varianti, la più comune è quella a pelo lun-go (questi esemplari ricordano molto dei piccoli leoncini), mentre la seconda, a pelo semilungo, è molto meno consueta. Li contraddistingue anche la tipica cammina-ta a “stampelle”.

Lo Shar PeiNell’edizione del 1977 del Guinness

dei primati, lo Shar Pei risultava essere il cane più raro al mondo. Stando ai dati uf-fi ciali la sopravvivenza della razza è meri-

to in primo luogo di due allevatori: uno di Hong Kong e l’altro degli Stati Uniti. For-tunatamente già nel 1978 nei soli USA gli esemplari censiti avevano superato le cen-to unità. Negli anni successivi il numero di questi animali aumentò in misura tale, che in quasi tutta l’America nacquero club di appassionati.

In passato lo Shar Pei era utilizzato nel suo Paese d’origine, la Cina, come cane da combattimento. Ciò spiega la particolare fi -sionomia delle sue orecchie che sono molto piccole e triangolari. L’utilizzo originale di questa razza spiega anche due altre sue par-ticolarità: la rigidezza del pelo e la partico-lare sistemazione dei denti canini.

L’indole di questi cani è tutt’altro che aggressiva. Anzi, alla pari dei loro cugini ai quali ci siamo dedicati precedentemente, sono equilibrati e riservati. Sono estrema-mente affettuosi con i membri del proprio branco, ma con gli estranei possono rive-larsi inaffi dabili. Sono ottimi cani da guar-dia. La loro espressione è talvolta da sola suffi ciente a indurre alla ritirata chiunque minacci il loro territorio. Nonostante ab-biano un’espressione triste sono sempre

pronti a giocare. Lo Shar Pei è un ani-male estremamente pulito. Si tratta di una dote innata che non è necessario insegnare loro. I soliti “bene informati” sostengono che questa loro attitudine a tenersi sempre puliti, sarebbe dovuta alla loro vulnerabi-lità alle malattie. In realtà si tratta di una leggenda metropolitana. Le possibilità che si ammalino sono analoghe al rischio cor-so dalla maggior parte degli altri cani. Allo stesso modo non è affatto vero che è neces-sario pulire lo spazio tra le rughe che lo ca-ratterizzano, per evitare che tra le medesi-me si sviluppino colonie di parassiti.

Indubbiamente si tratta di un cane che non si scorda facilmente. Le rughe che lo caratterizzano sono particolarmente svilup-pate nei primi mesi di vita. Successivamen-te la pelle si tende e gli accumuli di cute si ritirano. Tuttavia bisogna segnalare che alcuni allevatori occidentali hanno volu-to esaltare questa loro caratteristica. Oggi, infatti, non è raro vedere anche esemplari adulti con il muso pieno di pieghe. I cani provenienti dall’Asia solitamente non pre-sentano questa caratteristica derivante da un capriccio dell’uomo.

Aspetto generale: È indubbiamente un cane attivo, compatto e dalla confi gurazione rettangolare di taglia media. Le rughe sul cranio e sul garrese, i piccoli orecchi e il muso a “ippopotamo” impartiscono allo Shar Pei uno sguardo unico nella sua specie.

Altezza al garrese: L’altezza varia dai 44 ai 51 centi-metri al garrese. Gli esemplari maschi sono generalmente più grandi e possenti delle femmine.

Testa: È piuttosto grande in proporzione al corpo. Le rughe presenti sulla fronte e sulle guance caratterizzano l’aspetto del muso.

Tartufo: Grande e largo, preferibilmente nero, ben-ché sia ammissibile qualsiasi tonalità in armonia col colo-re generale della pelliccia. Le narici si presentano aperte e larghe.

Muso: Una caratteristica distintiva della razza. Largo dalla radice alla punta del naso senza parvenza di assotti-gliamento. Labbra e punta del muso ben imbottita. Incur-vamento alla base del naso lecito.

Mascelle/Denti: Mascelle forti con morso a forbice perfetto, ovvero i denti superiori ricoprono i denti inferiori e perpendicolari alle mascelle. L’imbottitura del labbro in-feriore non deve interferire col morso.

Occhi: Scuri, a forma di mandorla, con un’espressione corrugata. Ammissibile il colore chiaro nei cani dal colo-re diluito. La funzione del bulbo oculare o delle ciglia non deve essere in nessuno modo disturbata dalla pelle, dalle rughe o dai peli. Qualsiasi segno di irritazione del bulbo oculare, congiuntiva o palpebre è estremamente indeside-rabile. Assenza di entropion.

Orecchi: Molto piccoli, piuttosto spessi, a forma di triangolo equilatero, leggermente arrotondati sulla pun-ta e posti in alto sul cranio con sommità puntate verso gli occhi; ben posizionati sopra al livello degli occhi; ben di-stanziati e vicino al cranio. Orecchi a punta estremamente indesiderabili.

Pelo: Elemento distintivo della razza: corto, ruvido e setoloso. La pelliccia è diritta e rettilinea al corpo, ma ge-neralmente liscia sugli arti. Non rilascia peluria. La pel-liccia può variare in lunghezza da uno a due centimetri e mezzo.

Colore: Tutte le tinte unite sono accettabili tranne il bianco. La coda e la parte anteriore delle cosce sono spes-so di un colore più chiaro. Ammissibile un’ombreggiatura più scura sulla parte della schiena e sugli orecchi.

Le tipiche rughe dello Shar PeiLe tipiche rughe dello Shar PeiAspetto generale: Si tratta di un cane attivo, compatto, dal rene corto e soprattutto ben proporzionato, dall’aspetto leonino, portamento fi ero e dignitoso, di struttura robusta. La coda è portata nettamente sul dorso.

Altezza al garrese: Gli esemplari maschi raggiungono i 48 - 56 cen-timetri al garrese. Le dimensioni delle femmine variano dai 46 ai 51 cen-timetri al garrese.

Testa: Il cranio è piatto e largo. Ben pieno sotto agli occhi. Tartufo: È grosso e largo, in ogni caso nero (con l’eccezione del cre-

ma e del quasi bianco nel cui caso è permesso un tartufo più chiaro, e nei blu e cannella in sintonia con il colore del mantello).

Muso: È di lunghezza moderata, largo dagli occhi fi no all’estremità (non a punta all’estremità come nella volpe).

Mascelle/denti: Ha denti forti e regolari, mascelle forti, con una per-fetta, regolare e completa chiusura a forbice.

Occhi: Sono scuri, di forma ovale, di dimensione media e puliti. Per i blu e i cannella è permesso un colore in sintonia con il mantello. Occhi puliti, esenti da entropion, che non devono essere penalizzati solo per la dimensione.

Orecchie: Sono piccole, spesse, leggermente arrotondate all’estremi-tà, portate diritte e ben distanziate, ma che puntano verso l’avanti al di sopra degli occhi e leggermente convergenti, che conferiscono la carat-teristica peculiare dell’espressione corrucciata della razza (scowl). Que-sta espressione non deve essere il risultato del rilassamento delle pliche della pelle della testa.

Pelo:a) Varietà a pelo lungo: Pelo abbondante, denso, diritto e staccato.Pelo di copertura piuttosto ispido, con sottopelo soffi ce e lanoso. Par-

ticolarmente fi tto attorno al collo dove forma una criniera e dietro le co-sce forma delle buone “culottes”.

b) Varietà a pelo semilungo: Abbondante, denso, diritto, che si rad-drizza, non piatto, di tessitura come il peluche.

Colore: Unicolore nero, rosso, blu, cannella, crema o bianco, spesso con sfumature ma non con macchie o pluricolore (la parte inferiore della coda e delle cosce è spesso di colore più chiaro).

Chow ChowChow Chow

Shar PeiShar Pei

A cura di Krsto Babić

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6 animali Mercoledì, 20 giugno 2007

LETTERATURA

L’avventura

Gstaad, 1970

Cara Giovanna, è notte, non posso dormire; così butto giù queste due righe per comunica-re con te. Sento la tua mancan-za, ma ora ho trovato un po’ di compagnia; sai che noi ci siamo sempre detti tutto, molto aperta-mente, è da ciò che dipende la riuscita della nostra unione.

Pioveva da matti l’altra sera, quando tornando a casa di cor-sa, la vidi che si riparava sotto il portone. Le rivolsi la parola, rispose debolmente in un’altra lingua, alzando gli occhi ver-so di me.

Che occhi – smeraldi – ne ri-masi folgorato. La osservi me-glio: era tutta bagnata ed inti-rizzita, ma aveva una elegantis-sima pelliccia che le donava un certo stile.

Chissà chi era? Magari era giunta in compagnia di qual-cuno importante che, passato il divertimento l’aveva scaricata come un cucciolo ingombrante. La invitai ad entrare parlando-le dolcemente, come si fa con i bambini, rassicurandola sulla mia onestà di intenti, desideroso solo di offrirle un riparo, di aiu-tarla insomma.

Entrò e salì le scale, sinuosa, un po’ incerta; esitò un istante quando le aprii la porta della mia stanza, poi andò dritto a ri-scaldarsi presso il termosifone. Io ero un pò imbarazzato, dentro di me lieto del diversivo, ma non sapevo ancora come comportar-mi; continuavo a parlare in ita-liano, inglese, tedesco. Lei, sce-na muta, solo si muoveva lenta-mente per riattivare la circola-zione del sangue e continuava a fi ssarmi con quegli immensi occhi, forse svedesi.

Non avevo altro da offrirle che dei biscotti al cioccolato; ne prese uno con parsimonia, quasi non volesse offendermi, ma rifi utò il whisky che m’ero versato.

Le feci capire che aveva son-no; aveva già notato che c’era-no due letti accostati nella stan-za, ma se ne stava sempre spau-rita accanto al termosifone. Compresi la sua ritrosia; allo-ra con un gentile cenno di salu-

to spensi la luce, mi spogliai al buio e mi coricai. Attesi.

Dopo un bel po’ si mosse, lentamente si avvicinò all’altro letto, e, quasi senza far rumore, vi si distese. Io allungai la mano per una carezza, ma lei si ritras-se di scatto. “Non aver paura, non ti faccio nulla” le sussur-rai con dolcezza. Rassicurata dal tono della mia voce, mi si rannicchiò accanto e piombò nel sonno più profondo, doveva essere stremata dal freddo e dal-la fatica.

M’addormentai subito an-ch’io con la mano sulla sua nuca.

Mi svegliai presto il mattino dopo, mi rivestii in silenzio men-tre lei dormiva, aprii l’uscio ed al rumore alzò la testa di scatto.

Un po’ a gesti ed un po’ con le parole le feci capire di aspet-tarmi senza far rumore, mentre andavo a comperare qualcosa per la colazione.

Sai Giovanna, non deside-ravo che gli altri inquilini, mal-dicenti come tutta la gente per bene, si accorgessero della sua presenza; sanno che sono qua da solo per un contratto mo-mentaneo.

Lei abbassò la testa sul cu-scino e si rimise a dormire.

Feci le scale di corsa, entrai in un negozio vicino, comprai un sacco di cose e tornai di volata.

Giovanna cara, non devi es-sere gelosa; vedi, è così carina e sperduta che ti senti in dovere di proteggerla, anzi appena arrivi te la presento.

Come entrai nella camera, vedendo tutto quel ben di Dio che portavo, balzò dal letto di scatto. Che fame! Gli occhi le brillavano dal desiderio; mi guardò, aperse la bocca passan-dosi la lingua sulle labbra con fare sensuale.

Osai: “Sai che mi piaci an-che al mattino!”

Mi si avvicinò allora, si-nuosa, felina, fi ssandomi e fece “MIAOO!!!

Sergio Pizzulinda “Brezza e bora”

Racconti, poesie, divagazioni e osservazioni

Ricordi indelebili di Fiume, 1935

RACCONTI

Un libro intramontabile

Il Gabbiano Jonathan Livingston“Jonathan è quel vivido

piccolo fuoco che arde in tutti noi, che vive

solo per quei momenti in cui rag-giungiamo la perfezione”.

Il gabbiano Jonathan Living-ston è il protagonista metaforico di un best-seller degli anni ’70, ancora oggi libro-cult, opera del-l’aviatore-scrittore statunitense Richard Bach.

Jonathan non è un gabbiano qualsiasi ma un’idea di libertà che, stanco della monotonia e del-l’insignifi canza della vita di tutti i giorni, con abnegazione e spirito di sacrifi cio si applica per realiz-zare il suo sogno, imparare a vola-re per la perfezione e la gioia del-l’atto in sé. Il protagonista, mosso

dalla curiosità per l’ignoto, rap-presenta una sfi da interiore, la ne-cessità di aguzzare l’ingegno per superare i propri limiti e raggiun-gere mete solo apparentemente impossibili, un autoperfeziona-mento incurante dei pregiudizi e dello scetticismo della massa.

Dopo lunghi e faticosi esperi-menti condotti in solitudine, Jo-nathan è convinto di aver aper-to nuove prospettive che saranno salutate con felicità dallo stor-mo: “Altro che la monotonia del tran-tran quotidiano sulla scia dei battelli da pesca! Noi avremo una nuova ragion di vita. Ci sol-leveremo dalle tenebre dell’igno-ranza, ci accorgeremo d’essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Imparere-mo a volare!”. In realtà il genio scopritore, molla del progresso, è

imbavagliato dalle rigide e oscu-rantiste leggi della società, timo-rosa di nuove conquiste. Jonathan è esiliato dall’assemblea genera-le per condotta irresponsabile e si rammarica per l’incapacità dei suoi simili di aprire gli occhi per vedere, conscio: “…ch’erano la noia e la paura e la rabbia a ren-der così breve la vita d’un gab-biano”.

Trasportato in un mondo su-periore da due splendidi gabbia-ni ammirati per la grazia del volo, Jonathan muta nel suo aspetto esteriore - le sue penne splende-vano adesso d’un candore soave, le sue ali erano lievi, lisce come d’argento polito, perfette- ap-prende che lo scopo della vita è

adeguarsi il più possibile all’idea-le di perfezione in un proces-so graduale -scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima - e scopre che la sua vera natura vive contemporaneamente dappertutto, nello spazio e nel tempo - ormai sapeva bene di non essere di car-ne e ossa e penne, ma un’idea: senza limiti né limitazioni, una perfetta idea di libertà.

Se lo spazio e il tempo non hanno senso e valore, il Paradiso è confi gurato come stato di perfe-zione e Jonathan impara a volare alla velocità del pensiero, nell’at-tesa di capire il segreto della bontà e dell’amore. Qui emerge il valo-re della ricerca del gabbiano, non un individualista egoista e isolato,

ma un generoso consapevole della sua missione: “Per lui mettere in pratica l’amore voleva dire ren-dere partecipe della verità da lui appresa, conquistata, qualche al-tro gabbiano che a quella stessa verità anelasse”.

Jonathan decide così di tor-nare al suo stormo, assumendo una veste di predicatore-educato-re: “Ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del grande gab-biano, un’infi nita idea di liber-tà, senza limiti…noi dobbiamo lasciar perdere, scavalcare tutto ciò che ci limita…il vostro corpo, dalla punta del becco alla coda, dall’una all’altra parte delle ali, non è altro che il vostro pensie-ro, una forma del vostro pensie-ro, visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pen-siero, e anche il vostro corpo sarà libero”.

Il gruppo, formatosi sot-to la guida decisa e paziente del “capo”, si rende protagonista di imprese mirabolanti che suscita-no l’ammirazione e lo stupore de-gli altri appartenenti allo stormo, nonostante i fermi divieti delle autorità, tese a difendere le soli-te tradizioni e abitudini dalle veri-tà del nuovo profeta bollato come un diavolo.

Jonathan col volo del pensiero riesce a “salvare le penne” e, con-tinuando a stupirsi per la diffi coltà di far capire agli uccelli che sono liberi e la libertà basta esercitarla, incita il gruppo a mitigare la col-lera e perdonare, regalandoci una massima esemplare: “Bisogna esercitarsi a discernere il vero gabbiano, a vedere la bontà che c’è in ognuno, e aiutarli a sco-prirla da se stessi, in se stessi. È questo che io intendo per amore. E ci provi anche gusto, una volta afferrato lo spirito del gioco”.

Un mondo migliore, costrui-to a partire dal perfezionamento individuale ma lontano da ogni costrizione, è quello cui aspira il gabbiano che confi da nei valori dell’amore e della solidarietà. Un compito che lascerà al suo erede e primo seguace Fletcher: “Non dar retta ai tuoi occhi, e non cre-dere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora im-parerai come si vola”.

Insegnamenti universali di un “piccolo libro” che, nel suo elo-gio della libertà, ci conduce alla scoperta della nostra vera essenza, troppo spesso ingabbiata dalla fu-tilità dei valori materiali.

A cura del dott. Marco Grilli

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animali 7Mercoledì, 20 giugno 2007

VETERINARIA

La displasia dell’anca nel cane La displasia dell’anca, descrit-

ta per la prima volta nel 1930, rappresenta la principale pa-

tologia dell’articolazione coxo-fe-morale nel cane ed è la causa più frequente di osteoartrite a carico di tale giuntura. Si tratta in una malat-tia ereditaria, degenerativa comune ai cani di taglia grande e gigante.

PatogenesiLa multifattorialità eziologica

della patologia è sottolineata dal fatto che, nonostante anni di ri-produzione selettiva, la displasia dell’anca resta una delle patologie ortopediche più comuni nel cane. Fattori ambientali predisponen-ti, che infl uenzano maggiormente l’espressione fenotipica del genoti-po individuale, sono l’alimentazio-ne, il peso corporeo dell’animale e

l’entità di esercizio fi sico svolto. La patologia si sviluppa a partire dal-l’insorgenza di un’aumentata lassità articolare ed esita in una degenera-zione progressiva dell’articolazione con l’avanzare dell’età dell’anima-le. Si manifesta prevalentemente in cani che presentano uno squilibrio tra lo sviluppo scheletrico e quello muscolare. L’insuffi ciente sviluppo delle masse muscolari e la conse-guente incompetenza della musco-latura nel mantenere congrua l’ar-ticolazione favorisce la lassità arti-colare che altera la distribuzione dei carichi ponderali articolari che si concentrano soprattutto a livello del margine acetabolare cranio-dorsale portando ad una serie di modifi ca-zioni. L’acetabolo va incontro ad al-terazioni cartilaginee, microfratture ossee e successivamente alterazione

del profi lo acetabolare. La testa del femore subisce un rimodellamento osseo più o meno cospicuo a secon-da del grado di sublussazione artico-lare. La capsula articolare, ripetuta-mente stirata e lacerata in corrispon-denza della sua porzione dorsale, si ispessisce. Il legamento rotondo, a causa dei ripetuti tentativi di sublus-sazione della testa femorale, diviene ipertrofi co e/o si lacera.

SintomatologiaLa displasia dell’anca, essendo

una patologia ereditaria progressi-va, non è presente al momento del-la nascita ma si manifesta ed avan-za con l’età. La comparsa e l’entità della sintomatologia sono impreve-dibili. Cani displasici possono non manifestare alcun segno di anoma-lia mentre cani che presentano mi-nimi cenni di displasia all’esame radiografi co possono essere seve-ramente zoppi e doloranti. Solita-mente l’insorgenza della zoppia è subacuta o tende ad esacerbarsi dopo intensa attività fi sica. I sogget-ti affetti possono presentare rigidi-tà articolare, zoppia, atteggiamenti antalgici, riduzione della normale attività fi sica fi no ad ipotrofi a mu-scolare del treno posteriore che può determinare debolezza ed eviden-ti disturbi funzionali a carico degli arti pelvici.

Diagnosi e terapiaLa diagnosi di displasia dell’an-

ca avviene attraverso l’esame radio-grafi co eseguito in anestesia genera-le da parte di veterinari specializza-ti. Una volta confermata la diagnosi,

gli obiettivi terapeutici sono allevia-re il dolore, ottimizzare la con-gruenza articolare, limitare l’evolu-zione dei processi degenerativi arti-colari e migliorare la qualità di vita dell’animale. L’opzione terapeutica, terapia conservativa medica o trat-tamento chirurgico, viene scelta in base ad età, grado di displasia, pre-senza o meno di sintomatologia al-gica, alterazioni morfologiche a ca-rico dell’acetabolo e della testa del femore e disponibilità del proprieta-rio. Il trattamento conservativo con-siste nel controllo dell’attività fi si-ca, dell’alimentazione e quindi del peso, la terapia farmacologica si av-vale di farmaci per ridurre il dolore, mentre le tecniche chirurgiche pos-sono essere correttive, ricostruttive o non conservative.

ObiettiviNonostante i nuovi farmaci e le

tecniche chirurgiche innovative per-mettano al cane displasico di con-durre una vita relativamente norma-le non possiamo considerare ciò un traguardo. L’obiettivo a cui dovreb-bero tendere veterinari, allevatori e proprietari è quello di ridurre l’in-cidenza di tale patologia attraverso uno screening sempre più accurato della popolazione canina in modo da escludere dalla riproduzione i soggetti affetti dalla patologia e i genitori di prole affetta per preveni-re la trasmissione della malattia alle generazioni future. Inoltre, evitare la somministrazione di diete iper-caloriche, iperproteiche e gli eccessi di integrazione con vitamine e sali minerali.

Colpisce specialmente gli animali di taglia media e gigante

Anche i cani affetti da displasia dell’anca possono continuare a stare al nostro fi anco.

Il parassitismo non è sempre sinonimo di malattia BIOLOGIA

A cura della prof.ssa Mila Mariani Šubat

«Mangiapane a tradimento»

Il parassitismo è la condizione per la quale una specie (il parassita) vive a spese di un’altra specie (l’ospite) senza

ucciderla immediatamente. I parassiti sono molto più pic-coli dell’ospite e possono vivere all’interno del medesimo (endoparassiti) o sulla sua superfi cie (ectoparassiti). Gli en-doparassiti vivono nell’intestino o in altre cavità viscerali comunicanti con l’esterno, nell’apparato respiratorio o in quello urinario. Possono colonizzare anche cavità che non comunicano direttamente con l’esterno, come ad esempio nel celoma, nel sangue ecc.

Sono ectoparassiti gli animali che si cibano di sangue mediante un apparato boccale pungente e succhiatore con il quale perforano la pelle dell’ospite: in questa categoria rientrano le pulci, i pidocchi, le cimici, le zecche e le san-guisughe.

Molti parassiti hanno cicli vitali complicati, compren-denti varie forme che vivono di solito in due o più ospiti di specie diversa. Di solito i parassiti hanno specifi cità del-l’ospite, cioè sono capaci di sopravvivere solo in ospiti di una specie o di specie molto simili. Così ad esempio il pla-smodio infesta solo l’uomo, mentre si riproduce esclusiva-mente nella zanzare del genere Anopheles.

Il parassitismo come modo di vita offre molti vantaggi agli organismi che lo presentano. Finché l’ospite è vivo, è

assicurata per il parassita una sorgente inesauribile di cibo e un ambiente sicuro e protetto.

Il parassitismo rappresenta il risultato di molteplici mo-difi cazioni adattative. Gli endoparassiti intestinali ad esem-pio presentano ventose e uncini per potersi attaccare all’in-testino e sono rivestiti da apposite cuticole per non venir di-geriti dagli enzimi digestivi, mentre spesso sono regrediti gli apparati che non usano come ad esempio quello digerente mentre gli endoparassiti hanno spesso apparati boccali a for-ma di aghi per poter perforare la cute. Molti parassiti hanno

perso le ali, ma in compenso hanno sviluppato arti che per-mettono loro di spostarsi da un ospite all’altro saltando. Ci sono poi specie, ad esempio le sanguisughe che hanno sin-tetizzato un enzima, l’irudina, che impedisce al sangue del-l’ospite di coagulare. I modi di trasmissione di un parassita da un ospite a un altro sono spesso molto complicati.

Un tipico esempio è quello della Fasciola epatica, un Pla-telminta che vive nel fegato della pecora dove si riproduce. Le uova vengono emesse con le feci e raggiungono l’acqua dove si schiudono le larve che hanno solo alcune ore di tem-po per penetrare nei polmoni di un gasteropode (se non tro-vano il gasteropode muoiono) dai quali passano nel fegato

dove si trasformano ulteriormente. Alla fi ne escono dal cor-po del gasteropode e si incistano sull’erba dove attendono di venir mangiate da una pecora per potersi riprodurre nel suo fegato.

Il parassitismo risulta tanto meno nocivo per l’ospite, quanto più lungo è il periodo di convivenza con il parassita. Esistono addirittura casi di iperparassitismo dove un paras-sita può a sua volta essere l’ospite di un altro parassito. Ci sono i parassiti sociali, ossia che vivono alle spalle di interi gruppi sociali di una data specie (coleotteri che vivono alle spalle di formiche, api, termiti sfruttandone sia l’abitazione che il cibo).

Il parassitismo non una prerogativa esclusiva degli in-setti. Esistono anche parassiti appartenenti ad altre calssi di animali e persino a specie vegetali che per sopravvivere uti-lizzano questa particolare tecnica. Uno dei casi più famosi è quello del cuculo che depone le uova nei nido di uccelli di altre specie per non dover costruire un proprio nido. I ge-nitori della specie danneggiata allevano i giovani invasori con la medesima cura con la quale avrebbero allevato i pro-pri fi gli.

Alla fi ne bisogna dire che le relazioni parassita – ospite si sono evolute fi no a raggiungere un perfetto equilibrio; il parassita riduce la propria virulenza a un limite che l’ospite possa sopportare, mentre gli adattamenti dell’ospite, com-prese le reazioni immunitarie, servono a tenere sotto con-trollo il parassita.

Cimice

Zecche

Pidocchi

A cura della dott.ssa Marta Brščić

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8 animali Mercoledì, 20 giugno 2007

L’apparire è una necessità dettata dalla nostra vanità. Oggi più che mai ci sia-

mo abituati a giudicare le persone in base al loro aspetto e non in base a ciò che sono. C’è chi dice che si tratti di una prerogativa esclusiva della nostra specie, altri invece so-stengono che la vanità sia un istin-to innato in tutto l’universo anima-le. Frequentare saloni di bellezza, beauty farm, centri benessere o SPA è diventata per molti una consuetu-dine. Discutendo con alcune perso-ne con l’hobby della cinofi lia siamo venuti a conoscenza del fatto che a Fiume c’è un proliferare di centri estetici per animali. La cosa ci ha stupiti. Immediatamente abbiamo pensato a una tendenza stramba importata dalla California. Mossi dalla curiosità che ci contraddistin-gue ci siamo informati e dopo una breve ricerca abbiamo deciso di ri-volgerci a Irina Pavković, una delle più affermate acconciatrici per cani di Fiume. Concordato un appunta-mento ci siamo recati a intervistare Irina e il suo partner, Ivan Bilić, nel loro studio di toelettatura per ani-mali Dea situato in via Zvonimir.

Veniamo subito al sodo. Affi -dare il proprio animale alle cure di un’acconciatore specializzato è una vanità o una cosa utile?

“Non necessariamente si tratta di un capriccio. Bisogna sapere che il nostro trattamento di base prevede numerose fasi. Il trattamento inizia con il lavaggio del cane, poi lo to-siamo, gli spazzoliamo il mantello, gli facciamo la ‘pedicure’, gli tosia-mo i peli in eccesso nella parte in-feriore delle zampe, gli eliminiamo i peli superfl ui all’interno del padi-glione auricolare e se necessario gli puliamo le sacche anali. Ovviamen-te se ci accorgiamo della presenza di parassiti quali possono essere ad esempio le zecche provvediamo ad eliminarle. Mi permetto di esprime-re il giudizio che si tratti di proce-dimenti che non servono solo per appagare le ambizioni estetiche dei padroni. Ovviamente non posso ne-garlo, talvolta ci è capitato di tinge-re il pelo di qualche animale. Tut-tavia tengo a precisare che questi interventi sono stati fatti utilizzan-do delle tinture apposite che non contengono sostanze tossiche che potrebbero nuocere alla salute del cane. Ora che ci penso mi è venu-to in mente un esempio che potreb-be far comprendere meglio il fatto che la nostra attività non sia mo-tivata esclusivamente dalla voglia di compiacere alle smanie dei pro-prietari. Credo che tutti conoscano il barboncino. Ebbene quella stra-na “pettinatura” detta a leone che ai più sembra molto buffa è in realtà un’acconciatura studiata per agevo-lare a questi cani le battute di caccia. Gli accumuli di pelo in determinate zone del corpo servono a protegger-li dalle ferite, mentre la quasi assen-za di peli da altri punti aiuta l’ani-male a mantenere una temperatura

corporea corretta nonostante lo sfor-zo fi sico. Anche i nastri colorati che vengono loro applicati sulla testa sono un retaggio del passato, quan-do servivano ai cacciatori per non perdere di vista i propri animali”.

Come si diventa acconciatore per cani?

“Io una decina d’anni fa mi sono specializzata frequentando per tre mesi un corso a Londra in una delle più importanti scuole del no-stro ramo. Dopodiché sono tornata a Fiume dove ho inaugurato il pri-mo salone di bellezza per cani della nostra città. Poi per vari motivi ho dovuto sospendere l’attività che ho ripreso a praticare alcuni mesi fa in questo nuovo centro.

Naturalmente oltre al corso di formazione del quale ti avevo ac-cennato prima è necessario preci-sare che io e Ivan frequentiamo re-golarmente corsi di aggiornamento. Noi due siamo i primi e da quanto ci risulta al momento gli unici croati ad essere membri dell’Associazio-ne toelettatori professionisti (ATP) che ha sede in Italia ed è una delle più importanti al mondo. L’Italia e la Francia sono le superpotenze di

questo settore. Ciò ci permette di aggiornarci di continuo sulle nuo-ve tecniche e di sviluppare così le nostre doti”.

A tuo giudizio quante volte è necessario sottoporre il proprio cane alle cure di un toelettatore?

“Questo dipende dal risultato che si desidera ottenere. A chi pos-siede un animale da compagnia io suggerirei di sottoporre il proprio cane a un trattamento di toelettatu-ra una volta ogni due mesi. Ovvia-mente se si desidera avere un cane che sia conforme agli standard este-tici della sua razza le visite dovran-no essere più frequenti, diciamo una volta al mese. Per un allevatore che partecipa con i propri animali alle mostre di cinofi lia è utile fare affi -damento ai nostri servizi almeno un

paio di volte al mese. Devo però no-tare che in questi casi tra noi e l’al-levatore si forma una sorta di sim-biosi. È lui che ci indica quali sono le doti del suo cane che dobbiamo esaltare e quali i difetti che magari sarebbe necessario tentare di ‘na-scondere’ ”.

Quanto dura una seduta e quanto può arrivare ad ammon-tare il conto?

“Neppure in questo caso non mi è possibile dare una risposta preci-sa. Diciamo che una seduta può pro-trarsi dai novanta minuti alle tre ore. Dipende dal risultato che si desidera ottenere, dalla frequenza delle sedu-te, dalla taglia del cane e dallo stato nel quale ci viene affi dato. È ovvio che un cane ben tenuto richiederà molto meno tempo di uno pieno di nodi. Di conseguenza può variare anche il prezzo. Orientativamente diciamo che il prezzo di una seduta base può aggirarsi attorno alle tre-cento kune”.

Hai menzionato la collabora-zione con gli allevatori. Alle mo-stre cinofi li ci sono anche gare ri-servate alla toelettatura?

“Non proprio. Noi abbiamo gare tutte nostre. Si tratta in un certo sen-so di un circuito agonistico paralle-lo a quello delle mostre canine con-venzionali. Io e Ivan ormai parteci-piamo frequentemente a questo tipo di manifestazioni. Furono proprio dei nostri amici italiani, in un certo

senso sono i nostri mentori, a con-vincerci a partecipare a queste ma-nifestazioni. Mi ricordo che la pri-ma gara alla quale ho partecipato si svolse a Praga. Era una competizio-ne molto importante, io ero alla mia prima esperienza, avevo appena procurato il cane con il quale mi ero presentata e non nutrivo alcuna spe-ranza neppure di qualifi carmi alle fi -nali. Invece, per qualche arcano mo-tivo, forse la fortuna dei principianti (Irina si mette a ridere, nda.), mi ri-trovai a gareggiare in fi nale fi anco a fi anco con alcuni dei migliori toe-lettatori. Mi aggiudicarono il terzo premio. Fu una felicità immensa, io però ero in una sorta di trans. Parte-cipare alle gare è molto impegnati-vo. Bisogna disporre di un cane di razza che ti funga da modello. La sua acconciatura deve essere per-fetta in ogni minimo dettaglio. Io a tale scopo utilizzo due cani, un pic-colo Bichon Frisé e uno Schnauzer gigante nero”.

Accettate di acconciare qual-siasi tipo di cane?

“In linea di massima sì. Non è necessario che il cane sia addestra-to. E non importa che abbia il pedi-gree o meno. Devo precisare che di solito non permettiamo ai padroni di rimanere nello studio mentre stiamo lavorando, perché ciò innervosisce i cani. Se desiderano possono os-servare il procedimento attraverso le ampie vetrate. Solitamente non accettiamo neppure di prendere in trattamento le razze giganti. In que-sti casi consigliamo ai proprietari di rivolgersi a una nostra collega spe-cializzata in questo genere di ani-mali”.

Si accettano solo cani?“Abbiamo avuto a che fare an-

che con qualche gatto. All’estero i toelettatori curano anche conigli, furetti e criceti”.

Ai ragazzi che si affacciano sul mondo del lavoro consiglieresti di prendere in considerazione que-sta carriera?

“Se si tratta di una passione che desiderano coltivare e trasformare in una carriera allora hanno tutto il mio appoggio. Se invece l’intenzione è solo quella di assicurarsi uno sti-pendio allora consiglio loro di de-sistere”.

MESTIERI

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol SuperinaIN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ANIMALI [email protected] esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Andrea MalnigCollaboratori: Renata Akkad, Marta Brščić, Marco Grilli, Igor Kramarsich, Mila Mariani Šubat, Sergio Pizzulin, Valentino Pizzulin e Sabrina Ružić Foto: Ivana Precetti, Graziella Tatalović e d’archivio

Anno I / n. 4 20 giugno 2007

AGENDAAssociazioni

“Snoopy” - Pola:Gsm: 0989230461e-mail: [email protected] Canile di Pola

Telelefono: 052541100Gsm: 098855066Società per la potezione degli animali di Fiume

GSM: 098649939“Lunjo i Maza” - Laurana

Gsm: 0917638892

AppuntamentiCacib UmagoSvolgimento: dall’8 al 10 settembre 2007Iscrizioni aperte fi no al 10 agosto 2007Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti:Telefono: +385 (0)1 48 46 124,e-mail: [email protected]

Programmi televisiviSabato ore 11:05 TVC2: “Beniamini domestici”Da lunedì a venerdì ore 17.45 Raitre: “Geo ma-gazine”

Intervista a Irina Pavković e Ivan Bilić

In Più Animali ti premiaScatta una fotografi a, scrivi una poesia, fai un disegno (su fo-

glio A4) o dedica un racconto ad un animale, vero o immaginario, al quale sei particolarmente legato e invialo in busta chiusa a “La Voce del Popolo” – “In più Animali” (Via Re Zvonimir 20a – Fiu-me (Rijeka) 51000 – Croazia). Nella busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo nome, recapito telefonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere pubblicate ne sarà scelta una, al cui autore andrà in premio un libro della casa editrice EDIT di Fiume. I testi, che non devono superare le 3.600 battute (spazi compresi), le foto e i disegni, se in formato digita-le, possono essere inviati anche all’indirizzo di posta elettronica [email protected] (le foto scattate con il cellulare non sono ido-nee alla pubblicazione).

L’arte della toelettatura per cani

Ivan e Irina posano assieme ai loro modelliIvan e Irina posano assieme ai loro modelli