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PRIMA COLONNA di Ivo Vidotto w w w . e d it .h r/ l a v o c e A n n o V I n . 6 4 M e rcole d ì, 1 1 a p r il e 2 0 1 2 mare Titanic, cent’anni dopo È molto difficile non essere banali quando si ri- corda un anniversario importante come il centenario dell’affondamento del Titanic, occasione in cui molti tirano fuori “storie inedite”, recuperano oggetti ri- masti nascosti per decenni, rivelano segreti importan- ti oppure offrono nuove teorie sull’affondamento di quel mitico transatlantico al quale era stato appiop- pato l’epiteto di “inaffondabile”. Infatti, era più solido di una corazzata, stava viag- giando in condizioni meteorologiche ideali, sulla plancia di comando c’era Edward John Smith, clas- se 1850, ritenuto il miglior comandante marittimo dell’epoca – sarebbe dovuto essere il suo ultimo viag- gio prima della pensione – e ad assisterlo c’era un equipaggio di prim’ordine. Insomma, il meglio del meglio, ma nonostante tutto, il transatlantico più lus- suoso e tecnologicamente più avanzato del mondo sa- rebbe andato incontro al suo tragico destino in una gelida, ma tranquilla notte di un secolo fa, spegnendo la vita di oltre millecinquecento persone. Da allora ci si continua a interrogare su come sia potuto accade- re che una nave come il Titanic, che rappresentava la massima espressione della tecnologia navale, naufra- gasse in quel modo. Quella tragedia è entrata in men che non si dica nell’immaginario collettivo mondiale. Esperti di tut- to il mondo hanno ipotizzato cause tecniche di tutti i generi, dalla scadente composizione dell’acciaio ai bulloni difettosi e ai chiodi che tenevano insieme le lamiere, ma alla fin fine sembra che la responsabilità sia riconducibile, come nella stragrande maggioranza dei casi, a quello che solitamente chiamiamo “fattore umano”. Prescindendo dai possibili difetti di costru- zione e dalle eventuali carenze di progettazione, alla fine è sempre l’uomo a metterci del suo e le sue deci- sioni possono provocare le peggiori tragedie, pur fa- cendo il possibile per evitarle. Andando incontro a questo anniversario, passato e presente si mischiano inevitabilmente, dando vita a un coacervo di sentimenti ed emozioni e alla fine finiamo tutti per immaginare, grazie anche alla produzione ci- nematografica sulla tragedia, gli ultimi momenti del Titanic e il modo in cui sono state cancellate 1.500 vite umane. Noi non vogliamo peccare di presunzione, per cui non ci illudiamo di aver scoperto una “nuova sto- ria del Titanic”. Vogliamo, però, offrire ai nostri lettori tante piccole storie, magari sconosciute ai più, per ri- cordare una tragedia marittima che ha dato una svolta decisiva alla sicurezza della navigazione, tema che ab- biamo trattato con un esperto del settore. Vi proponiamo pure le mostre allestite a Fiume, alla facoltà di Marineria e al Palazzo del Governo, per ricordare l’avvenimento, dovute all’entusiasmo del preside e di un professore dell’istituto nautico e al personale del Museo di storia e marineria di Fiume. Per ricordare l’anniversario, pubblichiamo pure al- cuni degli articoli comparsi sul nostro quotidiano per dare notizia del naufragio del Titanic e specialmen- te per collegare quella tragedia a Fiume tramite la nave Carpathia, che fu la prima a raggiungere il luo- go del disastro e a soccorrere i superstiti. A bordo del Carpathia c’erano tanti marittimi delle nostre terre, ma anche tante altre persone che da qui andavano in America nella speranza di trovare una vita migliore. Grande rilievo venne dato, sulle pagine della Voce, proprio all’arrivo del Carpathia nel porto di Fiume al ritorno da quel viaggio che venne scolpito in manie- ra indelebile nella storia della navigazione marittima. Vi raccontiamo anche la storia di un cuoco di Santa Domenica d’Albona che all’epoca era imbarcato sul Carpathia e che in quella tragica notte dovette pre- parare alcuni ettolitri di tè per alleviare le sofferenze dei superstiti. In questo numero speciale vi proponiamo pure una breve carrellata dei naufragi più famosi dal Titanic a oggi, come pure l’ampia filmografia che ha trat- to spunto dal naufragio, nonché il significato degli ex voto marittimi, ossia dei regali offerti da coloro che sono riusciti a salvarsi da situazioni di estremo peri- colo alla Madonna o al Santo cui si erano votati. Nel- la Cappella dei doni votivi del Santuario mariano di Tersatto possiamo trovare decine di quadri e modelli navali portati per sciogliersi dell’obbligo nei confronti della Madonna per ringraziare del beneficio avuto. In questi quadri notiamo la furia degli elementi, il perico- lo e il terrore racchiusi in un unico “fotogramma” nel quale il vero protagonista, pur nella sua debolezza di fronte alla forza immane della natura, è sempre l’uo- mo. Vedendo questi doni comprendiamo che l’ex voto non è l’oggetto portato in offerta ma il comportamen- to, la manifestazione finale di un processo. Ricordare i cent’anni del naufragio del Titanic è quasi un atto dovuto, accompagnato dalla speranza che tragedie del genere non avvengano mai più, ma poi ci rendiamo conto dell’imprevedibilità del “fattore umano” e del pericolo sempre incombente (vedi Costa Concordia) che ci siano sempre nuovi incidenti a ri- cordarci di quanto nulla possa essere dato per certo, a partire dall’“inaffondabilità” del Titanic. LA VOCE DEL POPOLO DEL POPOLO Nevenko Žunić, “Il Titanic”, 80x120 cm, olio su tela Il mare è un amico, dolce ma crudele, indifferente di fronte alle nostre paure, ai nostri sentimenti. Il mare è una forza vivente e vuole essere temuto. Il mare seduce come una sirena, bellissima ma ostile, e poi uccide. Il mare vuole essere ascoltato e il naufragio altro non è che la punizione per chi non ha voluto ascoltarlo. John McWells

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PRIMA COLONNAdi Ivo Vidotto

www.edit.hr/lavoce Anno VI • n. 64 • Mercoledì, 11 aprile 2012

mareTitanic, cent’anni dopo

È molto difficile non essere banali quando si ri-corda un anniversario importante come il centenario dell’affondamento del Titanic, occasione in cui molti tirano fuori “storie inedite”, recuperano oggetti ri-masti nascosti per decenni, rivelano segreti importan-ti oppure offrono nuove teorie sull’affondamento di quel mitico transatlantico al quale era stato appiop-pato l’epiteto di “inaffondabile”.

Infatti, era più solido di una corazzata, stava viag-giando in condizioni meteorologiche ideali, sulla plancia di comando c’era Edward John Smith, clas-se 1850, ritenuto il miglior comandante marittimo dell’epoca – sarebbe dovuto essere il suo ultimo viag-gio prima della pensione – e ad assisterlo c’era un equipaggio di prim’ordine. Insomma, il meglio del meglio, ma nonostante tutto, il transatlantico più lus-suoso e tecnologicamente più avanzato del mondo sa-rebbe andato incontro al suo tragico destino in una gelida, ma tranquilla notte di un secolo fa, spegnendo la vita di oltre millecinquecento persone. Da allora ci si continua a interrogare su come sia potuto accade-re che una nave come il Titanic, che rappresentava la massima espressione della tecnologia navale, naufra-gasse in quel modo.

Quella tragedia è entrata in men che non si dica nell’immaginario collettivo mondiale. Esperti di tut-to il mondo hanno ipotizzato cause tecniche di tutti i generi, dalla scadente composizione dell’acciaio ai bulloni difettosi e ai chiodi che tenevano insieme le lamiere, ma alla fin fine sembra che la responsabilità sia riconducibile, come nella stragrande maggioranza dei casi, a quello che solitamente chiamiamo “fattore umano”. Prescindendo dai possibili difetti di costru-

zione e dalle eventuali carenze di progettazione, alla fine è sempre l’uomo a metterci del suo e le sue deci-sioni possono provocare le peggiori tragedie, pur fa-cendo il possibile per evitarle.

Andando incontro a questo anniversario, passato e presente si mischiano inevitabilmente, dando vita a un coacervo di sentimenti ed emozioni e alla fi ne fi niamo tutti per immaginare, grazie anche alla produzione ci-nematografi ca sulla tragedia, gli ultimi momenti del Titanic e il modo in cui sono state cancellate 1.500 vite umane. Noi non vogliamo peccare di presunzione, per cui non ci illudiamo di aver scoperto una “nuova sto-ria del Titanic”. Vogliamo, però, offrire ai nostri lettori tante piccole storie, magari sconosciute ai più, per ri-cordare una tragedia marittima che ha dato una svolta decisiva alla sicurezza della navigazione, tema che ab-biamo trattato con un esperto del settore.

Vi proponiamo pure le mostre allestite a Fiume, alla facoltà di Marineria e al Palazzo del Governo, per ricordare l’avvenimento, dovute all’entusiasmo del preside e di un professore dell’istituto nautico e al personale del Museo di storia e marineria di Fiume. Per ricordare l’anniversario, pubblichiamo pure al-cuni degli articoli comparsi sul nostro quotidiano per dare notizia del naufragio del Titanic e specialmen-te per collegare quella tragedia a Fiume tramite la nave Carpathia, che fu la prima a raggiungere il luo-go del disastro e a soccorrere i superstiti. A bordo del Carpathia c’erano tanti marittimi delle nostre terre, ma anche tante altre persone che da qui andavano in America nella speranza di trovare una vita migliore. Grande rilievo venne dato, sulle pagine della Voce, proprio all’arrivo del Carpathia nel porto di Fiume al

ritorno da quel viaggio che venne scolpito in manie-ra indelebile nella storia della navigazione marittima. Vi raccontiamo anche la storia di un cuoco di Santa Domenica d’Albona che all’epoca era imbarcato sul Carpathia e che in quella tragica notte dovette pre-parare alcuni ettolitri di tè per alleviare le sofferenze dei superstiti.

In questo numero speciale vi proponiamo pure una breve carrellata dei naufragi più famosi dal Titanic a oggi, come pure l’ampia fi lmografi a che ha trat-to spunto dal naufragio, nonché il signifi cato degli ex voto marittimi, ossia dei regali offerti da coloro che sono riusciti a salvarsi da situazioni di estremo peri-colo alla Madonna o al Santo cui si erano votati. Nel-la Cappella dei doni votivi del Santuario mariano di Tersatto possiamo trovare decine di quadri e modelli navali portati per sciogliersi dell’obbligo nei confronti della Madonna per ringraziare del benefi cio avuto. In questi quadri notiamo la furia degli elementi, il perico-lo e il terrore racchiusi in un unico “fotogramma” nel quale il vero protagonista, pur nella sua debolezza di fronte alla forza immane della natura, è sempre l’uo-mo. Vedendo questi doni comprendiamo che l’ex voto non è l’oggetto portato in offerta ma il comportamen-to, la manifestazione fi nale di un processo.

Ricordare i cent’anni del naufragio del Titanic è quasi un atto dovuto, accompagnato dalla speranza che tragedie del genere non avvengano mai più, ma poi ci rendiamo conto dell’imprevedibilità del “fattore umano” e del pericolo sempre incombente (vedi Costa Concordia) che ci siano sempre nuovi incidenti a ri-cordarci di quanto nulla possa essere dato per certo, a partire dall’“inaffondabilità” del Titanic.

LA VOCEDEL POPOLODEL POPOLO

Nevenko Žunić, “Il Titanic”, 80x120 cm, olio su tela

Il mare è un amico, dolce ma crudele, indifferente di fronte alle nostre paure, ai nostri sentimenti. Il mare è una forza vivente e vuole essere temuto. Il mare seduce come una sirena, bellissima ma ostile, e poi uccide. Il mare vuole essere ascoltato e il naufragio altro non è che la punizione per chi non ha voluto ascoltarlo. John McWells

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Dal Titanic alla Costa Concordia: uLe tragedie marittime hanno da sempre suscitato l’interesse dell’opinione pubblica, an

di Ivo Vidotto

Nel 1898, quattordici anni pri-ma della tragedia del Titanic, uscì un romanzo incredibil-

mente profetico, dal titolo “Futility, or the Wreck of the Titan” (“La dispe-razione, ossia il naufragio del Titan”). L’autore Morgan Robertson scrisse nel libro la storia di un transatlantico chiamato, guarda caso, Titan, ed era il più grande mai costruito. Era conside-rato inaffondabile fi no a quando, nel mese di aprile, fi nì in rotta di collisio-ne con un iceberg nel Nord Atlantico affondando in poche ore. Molti det-tagli descritti in quel libro appaiono oggi incredibilmente simili alla trage-dia del Titanic, come per esempio la stazza (46.000 tonnellate), la lunghez-za (243 metri), la velocità di collisione (25 nodi), l’ora (intorno a mezzanot-te), il numero dei compartimenti sta-gni (19), lo scarso numero di scialup-pe di salvataggio, e via di seguito.

A parte questa profezia, le trage-die marittime hanno da sempre atti-rato su di sé l’attenzione dell’opinio-ne pubblica e molto spesso erano av-volte da un alone di mistero. La gente di mare era ben consapevole che de-

terminate rotte comportavano dei ri-schi e che la professione di marittimo è di per sé pericolosa. Ci sono ancor oggi dei naufragi che non sono sta-ti mai risolti completamente, a parti-re da quello del Titanic, senza dubbio il più famoso. Anche se dopo quella tragica notte del 14 aprile 1912 mol-te cose sono cambiate, le disgrazie in mare continuano a verifi carsi e il re-cente naufragio della Costa Concor-dia non fa che confermare questa af-fermazione.

Tra fatalità ed errori umani

Fatalità, errori umani, guasti tec-nici e tecnologici sono gli ingredienti principali delle tragedie marittime (e non solo marittime) in tutto il mon-do, con il rischio che aumenta ine-vitabilmente se le navi sono tecno-logicamente da... museo oppure se l’equipaggio non è suffi cientemente preparato ad affrontare i pericoli che la navigazione comporta. A differen-za di un secolo fa, le navi sono oggi equipaggiati con GPS, radar, comuni-cazioni satellitari, sensori di attrezza-ture e di controllo informatizzato, an-che se soltanto il 10 per cento delle navi dispone di servizi Internet, il che

ostacola ad esempio la comunicazio-ne ship-to-ship. Ciò è dovuto al costo di Internet ad alta velocità via satel-lite, che è di circa 15.000 dollari per nave. La riduzione delle tariffe con-sentirà in futuro alle nuove tecnologie radar di farsi strada sulle navi, supe-rando anche le diffi denze e gli osta-coli della maggior parte dei marinai, che preferiscono ancora guardare un vecchio monitor radar magari in bian-co e verde.

Tecnologia ed esseri umani

A prescindere dai progressi com-piuti dalla tecnologia, si avrà sempre bisogno di un essere umano respon-sabile che sappia cosa fare, soprattut-to quando qualcosa non va per il ver-so giusto. Si possono costruire navi da un miliardo di euro in un anno, ma per costruire comandanti che poi go-vernino quelle navi ci voglio 10 e più anni. Facciamo ora una carrellata dei peggiori disastri marittimi avvenuti dal naufragio del Titanic a oggi, o me-glio, fi no al 13 gennaio 2012, data in cui si verifi cò il naufragio della Costa Concordia presso l’isola del Giglio.

L’imperatrice d’Irlanda

L’Empress of Ireland (“Impera-trice d’Irlanda”) era un piroscafo in-glese commissionato dalla “Canadian Pacifi c Line” per la rotta transatlanti-ca tra Québec (Canada) e Regno Uni-to, inaugurata il 26 gennaio 1906. La nave era lunga 174 m, larga 20,1 m, con una stazza lorda di 14.191 ton-nellate. Poteva ospitare 1.580 tra pas-seggeri e personale di bordo. Affon-dò il 29 maggio 1914 alle 01.20 del mattino nel golfo del fi ume San Lo-renzo dopo essere entrato in collisio-ne con una nave da carico norvegese, la Storstad. Nell’incidente morirono 1.012 persone.

Un pretesto per entrare in guerra

L’RMS Lusitania è stato un tran-satlantico britannico in servizio agli inizi del XX secolo, di proprietà della Cunard Line. Il Lusitania, ideato per essere il transatlantico più grande e più veloce mai costruito (fu superato in grandezza dall’Olympic nel 1911), venne varato il 7 giugno del 1906. Poteva viaggiare a una velocità di 27 nodi, era largo 26 metri e lungo 238.

Poteva ospitare circa 3.000 persone tra passeggeri ed equipaggio. I suoi interni erano stati disegnati con gran-de raffi natezza ed erano caratterizza-ti da stili diversi. Il viaggio inaugura-le iniziò il 7 settembre 1907 per con-cludersi a New York sei giorni dopo, il 13 settembre. Fu stabilito così un nuovo record di velocità. Fu affonda-to il 7 maggio del 1915 dal sommer-gibile tedesco U-20. Morirono cir-ca 1.200 persone. Il fatto, secondo la maggior parte degli storici, contribuì a determinare l’intervento degli Sta-ti Uniti nella Prima guerra mondiale, dandole una motivazione da proporre all’opinione pubblica, al pari dell’at-tacco a sorpresa subito a Pearl Harbor ad opera dei giapponesi durante la Se-conda guerra mondiale.

Tragedia sui Grandi Laghi

La SS Eastland era una nave pas-seggeri adibita al trasporto passegge-ri sul lago Michigan. Il suo porto di immatricolazione era Chicago. Il 24 luglio 1915 affondò dopo aver sbat-tuto contro una banchina del porto. Nell’incidente morirono 884 persone tra passeggeri e membri dell’equipag-gio. Si trattò del più grave incidente marittimo mai avvenuto sui Grandi Laghi.

L’affondamento del Britannic e l’infermiera «maledetta»

Il Transatlantico HMHS Britan-nic, o RMS Britannic prima di essere convertito in nave ospedale, fu il fra-tello del Titanic e dell’Olympic. Fu costruito a Belfast nel cantiere Har-land & Wolff, il più grande cantiere navale dell’Irlanda del Nord, con ac-ciaio proveniente dalla Scozia. Il Bri-tannic era il più grande dei tre e anche il più sicuro, essendo stato progetta-to per resistere a un incidente simile a quello del Titanic. La costruzione iniziò il 30 novembre 1911 e la nave avrebbe dovuto chiamarsi Gigantic, con una stazza di 70.000 tonnellate, ma la tragedia del Titanic – avvenuta mentre i lavori erano in corso – obbli-gò i costruttori a limitarsi a costruire una nave più simile alle sue gemelle e a “moderare i toni” nella scelta del nome.

Il transatlantico fu varato il 26 febbraio 1914. Era lungo 275 metri e largo 29, aveva una stazza di 48.158 tonnellate (molto meno delle 70 000 previste per il Gigantic), ma avrebbe raggiunto le 52.000 una volta confi gu-rata per il servizio di linea. Era dotato di due macchine alternative a vapore reversibili, a doppio effetto, e triplice espansione, a quattro cilindri; più una turbina Parson a bassa pressione che alimentava le 3 eliche, 2 esterne a 3 pale e una centrale a 4 pale. Le 29 cal-daie, alimentate da 159 fornaci a car-

bone, producevano una potenza di 50 000 cavalli vapore, che permettevano alla nave di raggiungere la velocità di 22 nodi.

Poco dopo il varo, all’inizio del-la Prima guerra mondiale fu requisi-to dalla Royal Navy e convertito in nave ospedale esercitando compiti di soccorso tra il 1914 e il 1916; di qui il prefi sso HMHS, sigla di His Maje-sty’s Hospital Ship. Il Britannic fu af-fondato il 21 novembre 1916 da una mina navale tedesca al largo dell’isola di Kea, nel mar Egeo, pur riportando chiaramente le croci di soccorso che la contraddistinguevano come nave ospedale. L’esplosione che squarciò la nave si verifi cò in prossimità del-la zona macchine. Nonostante lo sca-fo fosse rinforzato, l’ingente danno lo fece affondare irrimediabilmente in 55 minuti: affondò prima la prua e poi la poppa e, quando le eliche furo-no appena fuori dall’acqua, il Britan-nic si inclinò brevemente verso destra per infi ne rovesciarsi in mare.

L’affondamento causò la morte di 30 persone, molte delle quali rimase-ro uccise dalle eliche ancora in mo-vimento: questo perché non fu pos-sibile fermarle a causa dei danni ri-portati dalla sala macchine a seguito dell’esplosione. La nave era scorta-ta da altri mezzi navali che riusciro-no a salvare 1070 persone. Alcune te-stimonianze non confermate da fon-ti uffi ciali riportano che l’esplosione fu esacerbata da materiale esplosivo trasportato a bordo (quasi certamen-te destinato a uso bellico) sebbene la nave fosse solo un mezzo di soccor-so.

Storie leggendarie sulla male-dizione dei tre colossi della Whi-te Star Line notano che al momen-to dell’esplosione l’infermiera Vio-let Jessop lavorava sul Britannic; ella era anche a bordo dell’Olympic, spe-ronato dall’Hawke, e soprattutto, fa-ceva anche parte dell’equipaggio del Titanic.

La triste fi ne del Transylvania

La SS Transylvania era una lus-suosa nave passeggeri costruita nel 1914. Come tante altre, all’inizio del-la Prima guerra mondiale venne re-quisita dalla Royal Navy come pi-roscafo per il trasporto truppe. Il 3 maggio del 1917 partì da Marsiglia scortato da due cacciatorpediniere giapponesi, il Matsu e il Sakaki. Il suo carico erano oltre 3000 persone tra membri dell’equipaggio, solda-ti e infermiere alla volta di Alessan-dria d’Egitto. Intorno alle ore 10 del 4 maggio 1917, il Transylvania che sta-va transitando sottocosta al promon-torio prospiciente al comune di Ber-geggi, all’incirca due miglia a sud di capo Vado, venne colpito e affondato da due siluri lanciati dal sottomarino tedesco U-63. Le due navi di scorta iniziarono subito le operazioni di soc-corso ma la corrente era molto forte in

direzione sud-ovest. Molti naufraghi infatti vennero soccorsi dai pescatori al largo di Finale Ligure e soprattutto Noli. Le vittime accertate furono 414, molte di queste furono sepolte nel ci-mitero di Zinola, quartiere di Savona. Sugli scogli di fronte alla zona dove avvenne l’affondamento è stato eret-to un monumento in memoria dei ca-duti nel naufragio. Il 7 ottobre 2011 i sommozzatori del Centro carabinieri subacquei di Genova hanno ritrovato il relitto del Transylvania a 630 me-tri di profondità al largo dell’isola di Bergeggi, poco a largo di Savona, con l’ausilio del minisommergibile “Plu-to” della Marina Militare italiana.

I reduci scozzesiLa nave ammiraglia Iolaire (in ga-

elico scozzese “Aquila”) naufragò nel Capodanno del 1919 nello stretto di Minch, nel nord-ovest della Scozia. L’incidente venne considerato come uno dei peggiori disastri marittimi nel Regno Unito nel XX secolo. Infatti, morirono 205 delle 280 persone che si trovavano a bordo. La maggior par-te dei passeggeri erano marinai che avevano combattuto durante la Prima guerra mondiale e che stavano facen-do ritorno a casa, sull’isola scozzese di Lewis. Principessa Mafalda,

orgoglio del Lloyd Italiano

Il Principessa Mafalda (dal nome della Principessa di Casa Savoia) è stato un piroscafo del Lloyd Italiano varato nel 1908 e naufragato il 25 ot-tobre del 1927 davanti alla costa del Brasile, provocando la morte di 314 persone secondo i dati forniti dall au-torità italiane, anche se i giornali su-damericani riportarono un numero di morti decisamente superiore: 657.

La nave fu celebre per i suoi al-lestimenti di gran lusso e per avere per la prima volta nella storia della navigazione la sala delle feste estesa in verticale su due ponti. Di quest’ul-tima caratteristica il Lloyd Italiano andava particolarmente fi ero poiché aveva suscitato l’ammirazione di tutta l’Europa aumentando il prestigio del-

Violet Jessop, l’infermiera “maledetta”

L’HMHS Britannic, affondato il 21 novembre 1916

Il Cap Arcona, affondato il 3 maggio 1945: ci furono 7-8.000 morti, compresi quelli sul Thielbek e AthenIl disastro dell’Eastland

Il piroscafo Empress of Ireland, affondato il 29 maggio 1914 nel golfo del fi ume San Lorenzo

2 mare Mercoledì, 11 aprile 2012

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un secolo di naufragiche per l’alone di mistero che le avvolge

I peggiori disastri marittimiTitanic – 15 aprile 1912, 1.503-1.523 mortiEmpress of Ireland – 30 maggio 1914, 1.012 mortiLusitania – 7 maggio 1915, 1.195-1.198 mortiEastland – 24 luglio 1915, 845 mortiBritannic – 21 novembre 1916, 30 mortiTransylvania – 4 maggio 1917, 414 mortiIolaire – 1º gennaio 1919, almeno 205 mortiPrincipessa Mafalda – 25 ottobre 1927, 314 mortiLancastria – 17 giugno 1940, 2.000-5.000 mortiCaribou – affondato da un U-Boot tedesco nell’ottobre 1942, 135 mortiTango Maru – 29 giugno 1944, 3.000 mortiRyusei Maru – 29 giugno 1944, 4.998 mortiToyama Maru – 29 giugno 1944, circa 5.600 mortiKoshu Maru – 3 agosto 1944, circa 1.540 mortiJunyo Maru – 18 settembre 1944, circa 5.620 mortiWilhelm Gustloff – 30 gennaio 1945, 7.700-9.343 mortiGeneral von Steuben – 9 febbraio 1945, 4.000-4.500 mortiGoya – 16 aprile 1945, oltre 7.000 mortiCap Arcona – 3 maggio 1945 7.000-8.000 morti compresi quelli sul Thielbek e AthenPrincess Victoria – 31 gennaio 1953, 132 mortiNovorossiysk – 29 ottobre 1955, 608 mortiAndrea Doria – 26 luglio 1956, 45 mortiMarina D’Aequa – 29 dicembre 1981, 30 mortiAdmiral Nachimov – 31 agosto 1986, 423 mortiHerald of Free Enterprise – 6 marzo 1987, 134 mortiEstonia – 28 settembre 1994, 852 mortiF174 – 25 dicembre 1996, 289 mortiKater I Rades – 28 marzo 1997, almeno 85 mortiKursk – sottomarino nucleare russo, 12 agosto 2000, 118 mortiCosta Concordia – 13 gennaio 2012, 30 morti e 2 dispersi

la fl otta italiana. Fu il primo pirosca-fo passeggeri italiano all’altezza della concorrenza nordeuropea, nonché la più grande nave sino ad allora costru-ita per una compagnia italiana.

Il Principessa Mafalda era un va-pore di medio tonnellaggio che effet-tuava la traversata dell’Oceano Atlan-tico, da Genova a Buenos Aires, con scalo a Rio de Janeiro e Santos; per diversi anni rimase la miglior nave su quella rotta. Era provvisto di due eliche e due motori con potenza di 10.500 cavalli ciascuno e poteva rag-giungere una velocità massima di cir-ca 17,5 nodi. La nave era lunga 146 metri e larga 17. Nei piani originari ci doveva essere anche una nave gemel-la, la Principessa Jolanda, che però affondò durante il varo nel 1907. Il 22 agosto 1914 compì un viaggio da Ge-nova a New York (l’unico su quella rotta) e l’anno successivo fu requisita dalla Regia Marina, venendo adibita ad alloggio uffi ciali a Taranto durante la prima guerra mondiale.

Nel 1918, con l’assorbimento del Lloyd Italiano nella Navigazione Ge-nerale Italiana, il Principessa Mafal-da passò a tale compagnia e riprese il servizio sulla rotta dell’anteguerra. Rimase ammiraglia della Navigazio-ne Generale Italiana sino al 1922, data del completamento del transatlantico Giulio Cesare, che ne assorbì il ruolo.

La nave partì per il suo ultimo viag-gio da Genova l’11 ottobre 1927 al comando del capitano Simone Gulì (un esperto marinaio siciliano sessan-taduenne), con a bordo 1259 persone e, al momento del naufragio, si trova-va a circa 80 miglia al largo della co-sta del Brasile, tra Salvador de Bahia e Rio de Janeiro.

Wilhelm Gustloff, il più grave disastro

della storiaIl più grave disastro marittimo

della storia riguarda la famosa nave passeggeri tedesca Wilhelm Gustloff. Fu varata nel 1937 ed era il gioiello della compagnia KdF (Kraft durch Freude). Era lunga oltre 200 metri, per una stazza di 25.893 tonnellate. La nave, che originariamente doveva chiamarsi Adolf Hitler, prese nome da Wilhelm Gustloff, fondatore e

capo della sezione elvetica del parti-to nazionalsocialista, assassinato il 4 febbraio del 1936 a Davos dallo stu-dente ebreo David Frankfurter, che aveva deciso di compiere questo atto sperando di scuotere il popolo ebrai-co, esortandolo a combattere contro l’oppressione del nazismo. La Gust-loff era la nave ammiraglia della fl ot-ta KdF, che possedeva numerose al-tre navi, altrettanto grandi e famose, e con una storia analoga, ma la Gust-loff era unica in quanto a lusso e sfar-zosità. Numerose furono le crociere nell’Oceano Atlantico, nel Mar Me-diterraneo e nei mari del Nord, alle quali partecipava la ricca borghesia tedesca.

La nave divenne famosa, però, per essere stata affondata da un som-mergibile sovietico nel corso della se-conda guerra mondiale, il 30 genna-io 1945 nel Mar Baltico. Il naufragio causò la morte di oltre 9000 persone divenendo il più grave mai registra-to nella storia. Quel giorno la Gust-loff lasciò la protezione del porto di Gotenhafen in condizioni climati-che davvero pessime, con vento mol-to forte, neve e temperatura di dieci gradi sotto lo zero. Molti blocchi di ghiaccio galleggiavano nel freddo mar Baltico. Le possibilità di soprav-vivere per un naufrago, in un mare così freddo e con un tempo come

quello, erano nulle. La Gustloff iniziò il proprio viaggio senza alcuna scor-ta, armata solo di qualche armamento antiaereo, mentre nessuna difesa anti-sommergibile era installata.

La lista dei passeggeri com-prendeva 918 uffi ciali, 173 membri dell’equipaggio, 373 membri del-le Unità Navali Ausiliarie formata esclusivamente da donne, 162 feriti, e 4.424 rifugiati, per un totale di 6.050 persone. Tuttavia, la lista uffi ciale di carico non teneva conto delle centi-naia di persone che avevano preso posto sul ponte della Gustloff. Infat-ti, nuove ricerche dimostrano che il numero totale di persone al momen-to dell’affondamento era superiore a 10.000. La più attendibile ricerca fu quella di Heinz Schon che divise il numero di persone come segue: 8956 rifugiati, 918 tra uffi ciali e membri della 2. Unterseeboot-Lehrdivision, 373 donne delle Unità Ausiliarie, 173

uomini delle forze navali, e 162 sol-dati feriti per un totale di 10.582 per-sone a bordo.

Dopo essere stata colpita da tre si-luri, la Gustloff affondò in meno di cinquanta minuti nelle acque nere e fredde del mar Baltico, portando con sé oltre 9.000 persone. Nessuna tra-gedia ebbe mai perdite di vite umane così pesanti.Cap Arcona e Goya,

un’ecatombeIl Cap Arcona era un piroscafo di

lusso, nave di bandiera della compa-gnia di navigazione Hamburg Süd. Lungo 196,2 metri e con una staz-za di 27.561 tonnellate, fu varato il 14 maggio 1927. Era considera-to una delle navi più belle della sua epoca. Il 3 maggio 1945 il Cap Ar-cona, il Thielbek e il Deutschland IV si trovavano nella Baia di Lubec-ca tra Neustadt in Holstein e Schar-beutz quando furono attaccate da ae-rei alleati. Due delle navi affondaro-no in seguito all’attacco e persero la vita tra le 7 e le 8.000 persone; 400 prigionieri riuscirono a raggiungere le spiagge dove furono uccisi dal-le SS e membri della Wehrmacht. I supersititi furono solo 200. L’affon-damento della Cap Arcona fa parte, insieme a quello della Wilhelm Gu-stloff e della Goya (entrambe nel 1945) delle tre tragedie del mare con il più elevato numero di vittime. Le responsabilità dell’incidente non vennero mai appurate.

Il Goya era un mercantile tede-sco (lunghezza 131 metri; larghezza 17 e stazza lorda 5.230 tonnellate), che alla fi ne della guerra era stato uti-lizzato come nave per il trasporto di profughi. Venne affondato il 16 aprile 1945 e nel disastro persero la vita al-meno 7.000.

Andrea Doria, l’ultimo grande transatlantico

Il triste naufragio dell’Andrea Do-ria avvenne il 25 luglio del 1956. La nave era in allontanamento dalla co-sta di Nantucket ed era diretta a New York quando si scontrò con la nave svedese Stockholm, della Swedish America Line, in quello che fu uno dei più famosi e controversi disastri marittimi della storia. Sebbene qua-si tutti i passeggeri sopravvivessero (ne morirono 46, per la maggior parte alloggiati nelle cabine investite dalla prua della Stockholm), la nave, con una fi ancata completamente squar-ciata, si coricò su un fi anco e affon-dò dopo 11 ore, la mattina di giove-dì 26 luglio 1956, davanti alle coste americane. L’inclinazione della nave rese inutilizzabili metà delle scialup-pe (tutte quelle sul lato opposto), ma in seguito al disastro del Titanic del 1912 erano state migliorate le proce-dure di comunicazione di emergen-

za e si poterono chiamare altre navi in soccorso, inoltre le procedure e le manovre di evacuazione furono velo-ci ed effi cienti.

L’Andrea Doria fu l’ultimo gran-de transatlantico ad affondare prima che l’aereo si imponesse come mez-zo di trasporto per le lunghe traver-sate dell’Oceano Atlantico. Il relitto, mai recuperato, giace tuttora, posato sul fi anco di dritta, a una profondità di 75 metri. Le spedizioni più recenti hanno constatato come il materiale di pregio sia stato razziato, nel corso de-gli anni, da varie “incursioni” di scia-calli. Ha avuto una gemella, la Cristo-foro Colombo; e una sostituta, molto simile nell’aspetto ma con alcuni ac-corgimenti tecnici, apportati appun-to dopo l’esperienza del naufragio, la Leonardo da Vinci.

Estonia, la «linea spezzata»L’Estonia era una nave traghetto

della compagnia di navigazione Est-line. Affondò il 28 settembre 1994 durante un viaggio tra Tallinn e Stoc-colma, con 989 persone a bordo; di queste, soltanto 137 sopravvissero, rendendo il naufragio dell’Estonia il peggior disastro marittimo in Euro-pa a coinvolgere un traghetto. Nella notte tra il 27 e il 28 settembre 1994, l’Estonia, partita da Tallinn, stava na-vigando verso Stoccolma in condizio-ni di mare agitato. Verso l’una di not-te la celata di prua, sottoposta a for-ti sollecitazioni a causa di onde alte fi no a quattro metri, cominciò a cede-re, staccandosi del tutto all’una e un quarto. Il garage fu immediatamente invaso da una gran quantità d’acqua, che causò una forte inclinazione ver-so dritta. All’una e venti fu dato l’al-

larme e due minuti dopo fu inviato il primo segnale di SOS. L’Estonia con-tinuò a inclinarsi rapidamente, impe-dendo a gran parte dei passeggeri di mettersi in salvo; all’una e cinquan-ta, la nave sparì defi nitivamente dai radar. A Tallinn, nel parco esisten-te tra le mura della città vecchia e il porto, un monumento intitolato “Li-nea spezzata” ricorda i nomi e la me-moria delle 852 vittime del naufragio dell’Estonia.

La tragedia del Giglio

L’ultimo naufragio della serie, quello della Costa Concordia, è anco-ra fresco nelle nostre menti e le cro-nache che riguardano questa nave da crociera della compagnia di naviga-zione genovese Costa Crociere non sono ancora esaurite. Ricorderemo soltanto che il naufragio, che ne cau-sò il parziale affondamento, avvenne nella notte del 13 gennaio 2012 pres-so l’isola del Giglio. Morirono 30 per-sone e due risultano ancora disperse, sul totale delle 4 229 persone a bordo della nave tra equipaggio e passegge-ri. La Costa Concordia risulta essere la nave passeggeri di più grosso ton-nellaggio mai naufragata. Un triste primato che la compagnia ligure non avrebbe certamente voluto stabilire.

La nave stava effettuando una crociera nel Mediterraneo, con par-tenza da Civitavecchia e scali previ-sti a Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma de Maiorca, Cagliari e Paler-mo. La sera del 13 gennaio 2012, tra le 21.20 e le 21.40 ha urtato gli scogli de Le Scole, situati a circa 500 metri dal porto dell’Isola del Giglio, provo-cando uno squarcio di 70 metri nel-lo scafo.

La nave Iolaire affondò il Capodanno del 1919

Il Transylvania venne silurato il 4 maggio 1917

La tragedia del Lusitania avvenne il 7 maggio 1915Il piroscafo Principessa Mafalda naufragò il 25

ottobre 1927 davanti alla costa del Brasile

mare 3Mercoledì, 11 aprile 2012

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La sicurezza di navigazione non puCi volle la tragedia del Titanic per capire il valore della vita umana in mare

di Ivana Precetti

La sicurezza della navigazio-ne per la salvaguardia del-la vita umana è sempre sta-

ta un grosso problema, ma soltan-to all’inizio del XX secolo – dopo la tragedia del Titanic – si è sentita la necessità di risolverli mediante un impegno comune. Fino ad al-lora la regolamentazione relati-va alla sicurezza della navigazio-ne e dell’uomo aveva avuto carat-tere puramente frammentario e di tipo esclusivamente nazionale, in quanto ogni Paese marittimo ave-va emanato norme più o meno va-lide che però erano prive dell’espe-rienza degli altri Paesi e limitate soltanto alle proprie navi. Fu una serie di disastri fra cui, come già detto, quello del transatlantico Ti-tanic, a sollecitare gli stati ad ap-profondire le norme di sicurezza che avessero innanzitutto caratte-re internazionale nell’interesse del bene comune e che sopperissero alle carenze tecniche fi no ad allo-ra esistenti.Imparare a fronteggiare le situazioni di emergenza

Nel 1912 venne convocata a Londra una prima conferenza in-ternazionale di alcuni Paesi ma-rittimi, quasi tutti europei, al fi ne di regolare la questione delle co-municazioni rediotelegrafi che tra nave-nave e nave-stazione di ter-ra. In quell’occasione non venne però esaminato a fondo il proble-ma delle comunicazioni nave-na-ve per problemi di natura tecnica e per diffi coltà di organizzazione del personale di bordo.

Due anni dopo (nel 1914), in seguito al disastro del Titanic in cui morirono 1503 persone, le na-zioni marinare si riunirono anco-ra una volta a Londra e adottaro-no la Convenzione Internazionale per la Vita Umana in Mare (SO-LAS), tenendo conto degli inse-gnamenti derivati dalla tragedia del transatlantico. Fu la prima vera conferenza intesa a regolare la protezione marittima, nel sen-so di stabilire gli standard di si-curezza, sotto i vari e moltepli-ci aspetti tecnici e sotto l’aspetto della preparazione del personale di bordo in modo da addestrarlo a fronteggiare i casi di emergenza. Questa prima Convenzione non entrò mai in vigore perché l’Eu-ropa venne sconvolta dalla prima guerra mondiale.

Pavao Komadina: «Niente fu più come prima»

“Oggi, invece di celebrare l’an-niversario del disastro del Titanic, io festeggerei innanzitutto ciò che ha fatto il Carpathia e poi ovvia-mente l’istituzione della SOLAS”, ha detto il prof. Pavao Komadi-na, prorettore per la collaborazio-ne con la comunità e l’economia e per l’occupazione degli studenti, nonché docente presso la Facoltà di marineria di Fiume, commentando brevemente l’istituzione di que-sta importante convenzione. “Sono leggi che hanno cambiato per sem-pre il mondo della navigazione e da quando sono state varate niente è stato più lo stesso. Gli incidenti in mare ci sono sempre stati e conti-nueranno a esserci, ma grazie alla

SOLAS il loro numero è diminui-to in maniera signifi cativa. La tra-gedia del Titanic rimarrà impressa come la peggiore di tutti i tempi e non deve essere mai dimenticata, ma in questi tempi preferisco par-lare della rivoluzione SOLAS e dei benefi ci che essa comporta”.Sicurezza: le prime misure obbligatorie

Nel 1929 venne convocata, sem-pre nella capitale inglese, la seconda conferenza internazionale per la sal-vaguardia dell’uomo in mare che fu fi rmata il 31 maggio e dal punto di vista logistico risultava più aggior-nata dell’ultima. Vi parteciparono 19 Paesi. Tale convenzione si avvale-va dell’esperienza ricavata da alcu-ne sciagure e in particolare poneva l’accento su alcuni punti di fonda-mentale importanza nella navigazio-ne: sull’altezza delle paratie stagne e sui calcoli di galleggiamento in caso di allagamento, obbligava la costru-zione dei mezzi di ammaina in modo che potessero assicurare il loro fun-zionamento anche con sbandamento fi no a 15 gradi, introdusse il concet-to di segnale d’allarme automatico per il marconista che fosse momen-taneamente assente o fuori servizio, la presenza a bordo di marittimi abi-litati alla manovra e alla conduzione dei mezzi di salvataggio in rappor-to al loro numero, l’addestramento dell’equipaggio a fronteggiare i casi di emergenza, l’obbligo a redigere sotto la responsabilità del coman-

dante il ruolo d’appello e di eseguire le esercitazioni. Si parlò anche delle ore di ascolto e della presenza di un certifi cato di sicurezza radiotelegra-fi co e venne inoltre discussa la nor-mativa per gli abbordi in mare. Ven-nero fi ssate, infatti, norme per i fari e i fanali delle navi, le manovre evasi-ve anticollisione delle navi in vista, i segnali sonori in tempo di nebbia e venne espresso il concetto della ve-locità moderata in relazione alle cir-costanze.Stabilità e antincen-dio: nuove norme

Dopo la Seconda guerra mon-diale, nel 1948, venne convocata la terza Conferenza Internaziona-le che venne fi rmata il 10 giugno. L’adesione degli stati fu numerosa: vi parteciparono 36 paesi, fra cui l’Italia. La Solas ‘48 fu la prima convenzione a trattare dettagliata-mente le navi da carico, venne sta-bilito con esattezza il signifi cato di passeggero e i certifi cati di sicurez-za da rilasciare alle navi da carico e la loro durata. Furono migliora-te le norme precedenti per quanto concerne la costruzione (comparti-mentazione, stabilità, antincendio) e i mezzi collettivi individuali di salvataggio (caratteristiche, dota-zioni, peso, percentuali, esercita-zioni di emergenza) precisando che la messa a mare dei mezzi di salva-taggio doveva avvenire per mezzo di gru e verricelli di tipo approvato. In quell’occasione fu anche fonda-

ta l’IMCO (Intergovernment Ma-rittime Consultive Organization) a cui venne inizialmente affi da-to il compito della revisione delle norme a tutela della vita umana in mare, nonché l’aggiornamento del codice internazionale dei segnali. L’IMCO recentemente ha cambia-to denominazione in IMO e di essa fanno parte oggi 136 Paesi.

Gli insegnamenti dell’Andrea DoriaLa quarta Conferenza interna-

zionale venne discussa dal 17 mag-gio 1960 al 17 giugno, data della fi r-ma. Fu necessaria a causa dell’enor-me sviluppo che aveva avuto la can-tieristica navale e l’affondamento del transatlantico Andrea Doria il 26 luglio 1956 in cui morirono 46 pas-

Pavao Komadina

Il Titanic oggi, sui fondali dell’Atlantico, dove riposa dal 15 aprile 1912

Probabilmente l’ultima immagine del Titanic, dopo lo scalo a Queenstown (Irlanda) Ore 12 di mercoledì, 10 ap

Gli scafi del Titanic e della nave gemella, Olympic, in costruzione a Belfast

4 mare Mercoledì, 11 aprile 2012Mercoledì, 11 aprile 2012

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mare 5Mercoledì, 11 aprile 2012Mercoledì, 11 aprile 2012

seggeri, contribuì senz’altro a fare rivedere le norme di sicurezza. Alla conferenza parteciparono 46 Paesi marittimi compresi quelli del Terzo mondo. La Solas sancì l’obbligo del rilascio del certifi cato di sicurezza alle navi da carico di stazza lorda superiore alle 500 tonnellate di na-vigazione internazionale, l’obbliga-torietà delle cinture di sicurezza con un fi schietto e l’aggiornamento del-le norme delle norme per prevenire gli abbordi in mare.

La quinta Conferenza interna-zionale si tenne il 1.mo novembre 1974 con la partecipazione di 70 Paesi. È nota come SOLAS ’74 ed è tutt’oggi in vigore, ma è stata più volte corretta, aggiornata e integra-ta da appositi emendamenti. Que-sti emendamenti che riguardano la normativa per l’esecuzione delle vi-site e il rilascio dei relativi certifi ca-ti, le macchine e gli impianti elet-trici, i sistemi di protezione, la ri-levazione e l’estinzione di incendi, l’equipaggiamento di navigazione e il funzionamento degli organi di go-verno, presero il nome di Protocollo 1978 di cui successivamente la de-nominazione SOLAS ‘74/78.Scialuppe più sicure

Le disposizioni relative ai di-spositivi di sicurezza e ai mezzi di salvataggio sono contenuti nell’ar-ticolo III della SOLAS, di cui, una nuova versione è entrata in vigore il 1.mo luglio 1998. Le regole sono intese ad assicurare che in caso di catastrofi in mare, i passeggeri e

l’equipaggio abbiano le più eleva-te probabilità di sopravvivenza. Lo sviluppo tecnologico dei progetti e dell’equipaggiamento, il miglio-ramento delle protezioni antincen-dio, la comunicazione satellitare, gli aerei di ricerca e soccorso, non-ché l’addestramento del personale hanno consentito di migliorare la sicurezza in mare. Gli elicotteri e gli aerei per la ricerca e il soccorso erano infatti introvabili nel 1912. Oggigiorno sono utilizzati per lo-calizzare e recuperare i superstiti. Per quanto riguarda l’allarme di emergenza, il Titanic disponeva di una radio la cui portata non supe-rava le 200 miglia nautiche men-tre al giorno d’oggi le navi posso-no comunicare attraverso i satelliti con qualsiasi posto del mondo. In quanto a scialuppe, nel Titanic al-cune persone morirono per ipoter-mia in quanto queste ultime erano aperte e non offrivano alcun riparo dal freddo. Con la SOLAS le scia-luppe devono essere parzialmen-te o completamente chiuse. Nelle navi passeggeri, le scialuppe par-zialmente chiuse possono essere usate in quanto consentono un ac-cesso piuttosto agevole, ma devo-no essere dotate di dispositivi per la chiusura totale. Tra le novità previste dalla SOLAS, anche l’uso di scivoli di evacuazione che il Ti-tanic non aveva. I passeggeri del-lo sfortunato transatlantico saltaro-no dalle fi nestre, dalle porte e dai ponti nelle scialuppe di salvataggio che erano state calate in mare, fe-rendosi o ferendo altri passeggeri. I nuovi scivoli di emergenza, attual-mente imposti nelle navi passegge-ri, sono più sicuri e veloci.

Esercitazioni per l’equipaggio

Al giorno d’oggi, le navi devo-no essere dotate inoltre di completi da immersione. La temperatura del mare, quando affondò il Titanic, era al di sotto del punto di gelo e molta gente morì in acqua in seguito a ipo-termia. La SOLAS prevede che sia le navi passeggeri che quelle da ca-rico dispongano di un certo numero di completi da immersione, ad uso principalmente dell’equipaggio del-le barche di soccorso. Il Titanic non possedeva nemmeno un numero suf-fi ciente di scialuppe per tutti i pas-seggeri. Oggi le navi sono obbligate ad averne in numero adeguato (alcu-

ne delle quali possono essere sostitu-ite da zattere di salvataggio) per tutti i passeggeri e un numero di zattere corrispondente ad almeno il 25 per cento dei passeggeri imbarcati.

Sul Titanic non venne mai svol-ta alcuna esercitazione. Il capito-lo III della SOLAS impone che su tutte le navi passeggeri venga ef-fettuata, con cadenza settimanale, un’esercitazione di abbandono nave e una di antincendio, come pure un addestramento del personale inca-ricato delle scialuppe di salvatag-gio. L’equipaggio del Titanic man-cava di addestramenti di questo tipo e pochi sapevano su quale scialup-pa avrebbero dovuto imbarcarsi in caso di emergenza. Inoltre, le scia-luppe non furono riempite al mas-simo della loro capienza in quanto gli uffi ciali non sapevano se que-ste fossero abbastanza robuste. La SOLAS impone per ogni membro dell’equipaggio, la partecipazione a esercitazioni pratiche e il libero accesso alla documentazione infor-mativa.

Radiotelegrafi sti fuori servizio...

Al momento del disastro, la sta-zione terra a Cape Race, in Terra-nova e molte altre navi che ricevet-tero il messaggio di soccorso, oltre al Carpathia e al Californian, rice-vettero segnali disturbati e, di con-seguenza, interpretarono male la posizione del Titanic. Gli EPIRB e il sistema GPS consentono al gior-no d’oggi di lanciare in caso di ne-cessità, anche automaticamente, un segnale di soccorso di ottima pre-cisione. In quanto alle due suddet-te navi, il Californian si trovava a meno di 20 miglia dal Titanic ma, quando fu lanciato l’allarme, il ra-diotelegrafi sta era fuori servizio co-sicché soltanto il Carpathia fece il suo dovere e salvò più di 700 per-sone. La SOLAS prevede che ogni nave in navigazione debba mante-nere un ascolto continuo sulle fre-quenze di sicurezza e di pericolo. Tra le manchevolezze del Titanic, anche l’impianto di amplifi cazione con il risultato che le informazioni fi ltrarono lentamente tra i passegge-ri aggiungendo confusione al disor-dine. In base alle disposizioni della SOLAS le navi passeggeri devono disporre oggi di un impianto di que-sto tipo per la diffusione delle co-municazioni di sicurezza.

Le «pattuglie dei ghiacci»

Un’altra delle curiosità riguar-danti il Titanic è che la commissio-ne che si occupò del disastro sta-bilì che la nave procedeva a una velocità troppo elevata in funzio-ne della pericolosità e delle carat-teristiche dell’area che stava attra-versando. Secondo la SOLAS, nel momento in cui viene segnalata la presenza di ghiacci, il comandan-te è costretto a procedere a veloci-tà moderata oppure a modifi care la propria rotta. E infi ne, nella prima SOLAS (1914), dopo il disastro del transatlantico venne istituito il corpo di pattugliamento dei ghiac-ci (Ice Patrol), che continua, ancor oggi, ad essere un’esigenza della SOLAS e che consiste in un cer-to numero di piccole navi ben at-trezzate per svolgere i servizi loro affi dati.

La loro missione è la ricerca degli “icebergs” e la determinazio-ne dei limiti meridionali dei cam-pi di ghiaccio. Le navi di pattuglia segnalano per radiogramma la po-sizione dei ghiacci avvistati nel-le vicinanze delle traffi cate rotte transatlantiche e questi messag-gi vengono trasmessi dalle grandi stazioni terrestri americane a tutte le navi in navigazione. Inoltre, tut-ti gli “icebergs” e i “growlers” pe-ricolosi, dopo esser stati scoperti e localizzati, vengono seguiti dalla pattuglia, giorno dopo giorno, nel loro cammino di deriva al fi ne di aumentare la sicurezza della navi-gazione. Oltre agli Stati Uniti, al servizio partecipano altri Paesi in-teressati come il Canada, la Nor-vegia e la Russia, con costanti ag-giornamenti ai naviganti per quel che concerne lo stato dei ghiac-ci nel Baltico, Golfo di Finlandia, Mar Bianco e Mar di Barents.

uò essere un optional

Una fotografi a del probabile iceberg scattata l’indomani mattina dal Carpathia

prile 1912: partenza da Southampton

La rotta del Titanic e quella probabile dell’iceberg

mare 5Mercoledì, 11 aprile 2012

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6 mare Mercoledì, 11 aprile 2012

Titanic, una «miniera» per il Molti fi lm raccontano la storia del naufragio: storie romanzate, spesso storpiate, di una

Sul tema della tragedia del Titanic è stata realizzata una ricchissima fi lmografi a. Sono molti, infatti, i titoli che racconta-

no direttamente la sua storia, ma ancor di più quelli che da essa prendono spunto.

Le tecnologie cambiano nel tempo e così anche il taglio dato al fi lm. Si passa, andando a ritroso, dai contenuti romantici della pelli-cola di Cameron alla propaganda nazista della pellicola voluta da Goebbels e al fi lmato bre-ve di tipo realistico uscito a soli 29 giorni dal-la tragedia.

Vi proponiamo ora una breve carrella-ta delle principali pellicole che raccontano la storia della nave che nel bene o nel male era destinata a diventare la più famosa al mondo.

Il fascino del mutoSaved From The Titanic (1912) – Salva-

ti dal TitanicTipologia: fi lm muto in B/N, formato

1.33:1, durata 10 minutiRegia: Étienne ArnaudProduzione: americana, Eclair FilmsCast: Dorothy Gibson, Alec B. Francis e

Julia Stuart.Dorothy Gibson, un’attrice poco conosciu-

ta che viaggiava in prima classe sulla nave (il costo del biglietto di una cabina in prima clas-se era pari a un controvalore di 75.000 dollari di oggi), è una dei superstiti della tragedia del Titanic. A un paio di settimane dal drammati-co fatto si trova a raccontare la sua storia (al-quanto romanzata e storpiata) in questo bre-ve ma affascinante fi lmato muto. La pellicola venne presentata al pubblico a soli 29 giorni dalla tragedia, dopo una settimana di riprese. Venne criticata aspramente per la commercia-lizzazione di un evento talmente drammatico, ma ottenne anche ottime critiche e un vasto successo di pubblico. Fu il primo di una lunga serie di fi lm sul disastro.

La Gibson fu co-autrice del copione e re-citò la parte di sé stessa mentre raccontava la

storia di come aveva salvato i genitori e il fi -danzato (fi ttizi), anche se la realtà dei fatti era ben diversa. Era stata una delle prime persone ad aver raggiunto la salvezza sulle scialuppe di salvataggio. Per rendere il racconto più re-alistico utilizzò per le riprese lo stesso abito che aveva indosso quella fatidica notte.

La pellicola originale venne distrutta in un incendio nel marzo del 1914 e non ne esisto-no copie superstiti. In quel periodo vennero realizzate altre pellicole sul tema, di grande attualità, ma non ne rimangono molte tracce. In quegli anni era diffi cile preservare intatte le copie a causa di problemi di manutenzio-ne e incendi. Si stima che circa il 90 per cen-to delle pellicole dei fi lm muti siano andate perdute.

L’allegoria voluta dalla propaganda nazista

Titanic (1943)Tipologia: B/N, formato 1.37: 1, durata

85min. (censurato in Germania e ridotto a 80 min)

Regia: Herbert Selpin e Werner Klingler

Produzione: tedesca, Tobis Productions per UFA

Cast: Sybille Schmitz, Hans Nielsen e Kirsten Heiberg

Il fi lm è una produzione tedesca nel 1943, voluto dalla propaganda nazista nel corso del-la II Guerra Mondiale. Venne realizzato a Ber-lino e proiettato per un breve periodo nell’Eu-ropa occupata. Fu ben presto ritirato e messo al bando dal ministro della Propaganda Joseph Goebbels, il promotore dell’idea dimostratasi però poco adatta agli scopi che si era prefi gu-rato. Il fi lm aveva, infatti, l’obiettivo di uti-lizzare la tragedia del Titanic come esempio dell’ineffi cienza degli alleati per screditare il capitalismo anglo-americano e glorifi care al contempo il coraggio e l’altruismo dell’uomo germanico. Più in generale, era un’allegoria sull’arroganza e sulla presunzione umana. A causa di ovvie inesattezze storiche venne per-cepito dal pubblico come un tentativo pateti-co e ritirato quindi dalla visione. L’ironia della sorte volle che una parte degli effetti speciali del fi lm fossero inclusi in un alcune produzio-ni americane successive e nel fi lm inglese A Night to Remember del 1958.

Questo fi lm è stato molto criticato, ma an-che molto copiato nella storia del cinema. Di-mostrava ancora una volta la superiorità del cinema tedesco di quel periodo, avanti coi tempi. Il regista Herbert Selpin era aperta-mente contrario ai principi nazisti. Venne ar-restato prima di terminare le riprese e costret-to al suicidio in un campo di concentramento. Il ruolo principale lo aveva l’icona del cine-ma Sybille Schmitz, la quale raggiunse l’api-ce della sua fama solo 27 anni dopo la morte, quando la sua vita venne riadattata e ripropo-sta dal regista R. W. Fassbinder nel fi lm “Die Sehnsucht der Veronika Voss”.

Le critiche dei puristiTitanic (1953) Tipologia: B/N, format 1.37:1, durata 97-

98 min.Regia: Jean NegulescoProduzione: americana, Twentieth Cen-

tury-Fox Film Corp.Cast: Clifton Webb, Barbara Stanwyck e

Robert Wagner

È uno degli ultimi fi lm della Fox fi lmati nel format 1.37:1. Soltanto un anno dopo ven-ne adottata la tecnologia per lo schermo lar-go, a colori. La sceneggiatura vinse il premio Oscar, ma i risultati al botteghino furono de-ludenti. Il fi lm venne criticato dai puristi ap-passionati alla storia del Titanic, ma diventò comunque un grande successo nella storia del cinema e molti aspetti ne vennero successiva-mente ripresi nel fi lm di Cameron del 1997. La sequenza di immagini nella quale Sturges e il fi glio vanno incontro a morte certa, men-tre cantano “Nearer My God to Thee”, è en-trata a far parte della storia del mito del Tita-nic, creando un gran numero di appassionati. Per aumentare l’accuratezza nella riproduzio-ne degli eventi, il produttore interpellò il capi-tano della Queen Elizabeth come consulente tecnico e l’unica musica del fi lm è quella della band che suonava sulla nave, senza altre mu-siche di sottofondo.

Come la maggior parte dei fi lm statuni-tensi, il Titanic fu una produzione realizza-ta interamente in studio, a Hollywood. Mol-ti dei bellissimi set utilizzati per questo fi lm vennero riutilizzati successivamente per le riprese di altre pellicole. Il modellino della nave è in bella mostra al Museo Marittimo del Massachusetts. Alcuni dei sopravvissu-ti alla tragedia del Titanic vennero invita-ti a una proiezione speciale della pellicola a New York.

di Florinda Klevisser

Il fi lm del 1943

L’ultimo Titanic ha avuto in Leonardo DiCaprio e Kate Winslet i protagonisti

La locandina del 1912 Il fi lm del 1953

Una scena del fi lm prodotto nel 1953

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mare 7Mercoledì, 11 aprile 2012

L’unico fi lm «vero»A night to remember (1958) – Titanic, la-

titudine 41 Nord Tipologia: B/N, formato 1.66: 1, durata

123 min.Regia: Roy Ward Baker Produzione: britannica, Twentieth Centu-

ry-Fox Film Corp.Cast: Kenneth More, Ronald Allen and

Robert AyresÈ considerato il fi lm più meticoloso girato

sulla tragedia del Titanic. La passione del pro-duttore William MacQuitty per la nave Tita-nic nacque molto presto, quando nel maggio del 1911 il padre lo portò al varo. Aveva soli 6 anni. Nel 1956 William, era diventato un pro-duttore di successo. Dopo aver letto il roman-zo bestseller ‘A Night To Remember’ di Wal-ter Lord, ne acquistò i diritti per 7.000 dollari e decise di trarne un fi lm. La storia raccontava l’ultima note del Titanic in modo molto reali-stico, seguendo la vicenda minuto per minu-to. Scelse per la regia Roy Baker perché co-stui aveva una lunga esperienza nella direzio-ne di fi lm su temi marittimi.

L’attenzione venne focalizzata sulle per-sone che presero realmente parte alla trage-dia del 14 aprile. Gli effetti speciali non era-no all’altezza della versione precedente della Fox del 1953, ma l’approccio documentari-stico-drammatico si dimostrò un successo e diede una nuova luce ai vari aspetti della sto-

ria. Le riprese vennero fatte su una nave vera, nei Pinewood Studios in Gran Bretagna. La prima visione in Gran Bretagna, il 3 luglio del 1953, fu un gran successo mentre la pri-ma Americana riscosse ben poco entusiasmo. Mancavano le star famose e la dose di roman-ticismo che piaceva agli americani, presente in quasi tutti i fi lm degli anni ‘50. Questo fi lm viene considerato oggi dagli amanti del Tita-nic quale l’unico che rispecchi in modo veri-tiero la tragedia.La prima pellicola a colori

S.O.S. Titanic (1979)Tipologia: fi lm tv drammatico a colori,

durata 102 min. (inizialmente erano 150, ma venne poi ulteriormente tagliato a 90 minuti negli USA per l’uscita in VHS)

Regia: William HaleProduzione: anglo-americana, Argonaut,

EMI TV, Roger Gimbel ProductionsCast: David Janssen, Cloris Leachman e

Susan Saint JamesÈ il primo fi lm a colori sul Titanic. Arri-

va in un momento in cui la storia del Titanic è ampiamente mitizzata e popolare. Vengo-no qui affrontati anche temi prima tralascia-ti, quali la distinzione di classe tra i passegge-ri, prima e dopo il disastro. Oltre all’impegno sociale, venne dato ampio spazio all’atmosfe-ra goliardica a bordo prima della tragedia e alla responsabilità civile.

Molte delle scene di questo fi lm venne-ro girate sulla famosa nave dell’RMS Queen Mary a Long Beach, California. La pellicola è piena di anacronismi alquanto evidenti. Un esempio è il radar che si vede sul ponte di co-mando, installato sulle navi solo 30 anni dopo l’affondamento del Titanic.

Un fl op… storicoRaise the Titanic (1980) – Blitz nell’oce-

anoTipologia: fi lm drammatico-avventura a

colori, durata 115 min.Regia: Jerry JamesonProduzione: anglo-americana, Incorpora-

ted Television Company (ITC)Cast: Jason Robards, Richard Jordan e

David Selby.È basato sul romanzo mediocre di Clive

Cusserl, bestseller per parecchi anni. L’accu-ratezza nel seguirne la trama è però poco pre-cisa. Racconta la storia del tentativo di recu-pero del relitto della nave, da parte della Ma-rina Militare statunitense perché è formato da un metallo prezioso che chiamano Byzanium, di cui hanno bisogno per la realizzazione di un nuovo sistema di difesa nucleare. La pes-sima recitazione, i dialoghi poco scorrevoli e le inesattezze storiche vengono compensati da ottimi effetti speciali e una piacevole co-lonna sonora. Le sequenze subacquee sono molto simili a quelle che vennero riprese dal-la spedizione di Ballard che trovò il relitto 5 anni dopo.

Il fi lm fu uno dei maggiori fl op economici della storia del cinema. Per la produzione ven-nero spesi 40 milioni di dollari e il solo costo degli effetti speciali fu superiore a quello del-la costruzione della nave Titanic nel 1911.

La miniserie TVTitanic (1996)Tipologia: miniserie televisiva a colo-

ri, durata 173 min. (in Croazia tagliato a 132 min)

Regia: Robert LiebermanCast: George C. Scott, Peter Gallagher,

Catherine Zeta-Jones Il fi lm venne prodotto poco prima di quel-

lo di James Cameron e ripropone una storia molto simile. Andò in onda in due sere di no-vembre. La prima parte ebbe un buon dato di ascolto, cosa che però non si ripeté per la seconda parte. È la prima rappresentazione computerizzata della tragedia.

Tutti i primati di James Cameron

Titanic (1997)Tipologia: fi lm epico-romantico a colori,

durata 195 min.Regia: James CameronProduzione: Americana, Paramount Pic-

turesCast: Leonardo DiCaprio, Jack Dawson e

Kate Winslet.Il famosissimo fi lm di James Cameron è

stato nominato a 14 premi Oscar, vincendone ben 11, inclusi quello per il miglior fi lm e la

miglior regia. È uno dei tre fi lm della sto-ria del cinema a vincere un totale di 11 pre-mi Oscar. Gli altri sono Ben-Hur (11 Oscar su 12 nomination) e Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re (11 Oscar su 11 nomina-tion). Rappresenta un’immaginaria descrizio-ne dell’affondamento del Titanic affrontata in modo molto romantico.

La produzione iniziò nel 1995, quando Cameron fece alcune riprese dell’attuale re-litto del Titanic, tanto che sommando il tem-po di tutte le immersioni Cameron è stato sul Titanic più a lungo dei suoi passeggeri; “solo di quelli sopravvissuti”, ha tenuto a precisare lui. Divenne il fi lm di maggior incasso nella storia del cinema, guadagnando al botteghi-no 1,8 miliardi di dollari (il primato rimase per 12 anni, fi no al 2010 quando venne su-perato dal fi lm successivo di Cameron, Ava-tar) e il primo fi lm a raggiungere il miliardo di dollari di incassi. Titanic è al sesto posto nella classifi ca dei migliori fi lm epici di tutti i tempi nella AFI’s 10 Top 10 della American Film Institute.

La ricostruzione del molo della White Star Line di Southampton è il set più grande mai realizzato nella storia del cinema. Non esi-stendo uno studio così grande dove costruire, e successivamente affondare, una copia del Titanic in scala 1:1, con relativi interni, la Fox acquistò a Rosarito, in Messico, svariati etta-ri di terreno per costruire da zero uno studio cinematografi co. Lo studio, tuttora operativo, è l’unico al mondo a possedere la vasca d’ac-qua più grande e profonda al mondo utilizza-bile per produzioni cinematografi che. Gli in-terni, invece, furono costruiti e fatti affonda-re in teatri di posa costruiti all’interno degli studios.

Titanic fu uno dei primi fi lm a utilizzare comparse digitali, ricreate con il computer, ma per aumentare l’accuratezza della storia, molti dei dialoghi tra i passeggeri sono basa-ti su vere testimonianze dei sopravvissuti alla tragedia.

La ridistribuzione del fi lm nei cinema di tutto il mondo in 3D è iniziata il 4 aprile 2012, per celebrare il centesimo anniversario della partenza per il viaggio inaugurale.

mondo del cinematragica realtà Film nel quale compare il Titanic:

In Nacht Und Eis (1912)Cavalcade (1933)The Unsinkable Molly Brown (1964)Time Bandits (1981)Ghostbusters 2 (1989)No Greater Love (1996)The Chambermaid (On The Titanic) (1997)Ghosts Of The Abyss (2003)Film ispirati dal Titanic:Atlantis (1913)Atlantic (1929)History Is Made At Night (1937)The Last Voyage (1960)The Poseidon Adventure (1972)The Memory Of Eva Ryker (1980)Goliath Awaits (1981)Thumbtanic (2000)Titanic 2 (2010)Il Titanic inTV:A Night To Remember (1956)Telephone Time (1957)One Step Beyond (1959)Time Tunnel (1966)Night Gallery (1970)Upstairs, Downstairs (1971)Voyagers (1982)

La locandina del fi lm prodotto nel 1979Record i Oscar e di incassi

per il Titanic del 1997“Titanic” del 1996

Un’altra scena della pellicola del 1997

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Titanic, oltre il mito e la legLa facoltà di Marineria di Fiume ricorda la più grande tragedia navale della storia c

In occasione del centesimo an-niversario della tragedia navale più famosa e discussa nella sto-

ria, venerdì 13 aprile (alle 17.30) alla facoltà di Marineria di Fiume verrà inaugurata la mostra intitolata “Tita-nic-Carpathia – 100 anni dopo”. Sul-lo sventurato viaggio inaugurale del Titanic, terminato tragicamente con la perdita di 1.395 vite umane, sono stati scritti fi umi di parole, realizzati una ventina tra documentari e fi lm, ma questa tragica vicenda continua ad affascinare tuttora milioni di per-sone in tutto il mondo. Insomma, una sciagura che è entrata nell’immagi-nario collettivo quasi subito e che ha avuto un forte impatto sulla società, che persiste tuttora, a cent’anni esatti dall’affondamento dell’“inaffonda-bile” transatlantico. Quello che re-centemente ha rinnovato e alimenta-to l’interesse per questo triste avve-nimento è stato, purtroppo, il naufra-gio della Costa Concordia, in quanto numerosi passeggeri sopravvissuti hanno dichiarato che sembrava di es-sere sul Titanic (ovviamente si riferi-vano alle trasposizioni cinematogra-fi che sul Titanic) quella fatidica notte del 14 aprile 1912.

Ne abbiamo parlato con gli au-tori dell’allestimento, il preside del-la facoltà di Marineria, Serđo Kos, e il professor Robert Mohović. “La mostra è stata concepita in modo da creare un forte collegamento tra il Titanic, il Carpathia e il capoluogo quarnerino”, ha esordito Serđo Kos.Grande accoglienza

per i salvatoriInfatti, il Carpathia, lungo 165

metri, effettuò il suo primo viaggio nel 1903 e presto prese servizio tra New York, Trieste, Fiume e altri por-ti del Mediterraneo. Nella notte del

naufragio (14 aprile 1912), il tran-satlantico stava viaggiando proprio da New York verso Fiume. Dopo aver ricevuto il segnale di soccorso dal Titanic, il capitano del Carpathia tracciò immediatamente una rotta da percorrere a velocità massima, men-tre tutto l’equipaggio, composto da una cinquantina di persone prove-nienti dall’Istria e dal litorale croa-to, si stava preparando per soccorre-re i naufraghi. Dopo aver trasportato i superstiti del Titanic a New York, il Carpathia riprese il suo viaggio verso Fiume, dove giunse il 6 mag-gio 1912. A Fiume il Carpathia ven-ne accolto dalle massime autorità e da una folla di gente, accorsa in por-to per salutare e rendere omaggio ai salvatori dei naufraghi del Titanic.

Il naufragio... per eccellenza

“Diversi sono gli elementi che compongono l’esposizione: una par-te è prettamente ‘tecnica’, ossia vie-ne analizzato il naufragio del Titanic sotto l’aspetto nautico, navalmec-canico e della radiocomunicazione. Una parte della mostra sarà dedica-ta anche all’analisi comparata delle caratteristiche tecniche del Titanic e delle navi passeggeri moderne, ossia sarà incentrata sullo sviluppo del-la tecnologia nell’arco di un secolo. Una parte riguarderà ovviamente il naufragio stesso, con un’attenzione particolare alla sicurezza in mare in generale”, ha puntualizzato il presi-de della facoltà di Marineria.

“La tragedia del Titanic – ha pro-seguito Kos – è stata un evento im-portantissimo, che ha determinato una svolta nella storia della marine-ria. Anche prima del Titanic c’erano stati numerosi naufragi, ma nessuno di essi ha avuto un tale impatto sulla

marineria quanto il Titanic, compor-tando importanti cambiamenti nella storia navale. Senza dubbio, uno di questi è stato l’entrata in vigore del-la Convenzione internazionale sulla tutela delle vite umane in mare. Vo-levamo, inoltre, mettere in evidenza il fatto che Fiume e questo evento sono profondamente legati tramite il Carpathia, la nave passeggeri di pro-prietà della compagnia inglese Cu-nard Line, divenuta famosa proprio per aver tratto in salvo i naufraghi del Titanic”.L’orario dei marconisti

“Abbiamo analizzato in partico-lare la radiocomunicazione, che nel nel corso dei decenni ha visto un no-tevole progresso grazie al sistema satellitare globale di navigazione – ha aggiunto il prof. Kos –. All’epo-ca del Titanic, invece, aveva appe-na cominciato a svilupparsi e quindi era abbastanza limitata. Una curio-sità dell’epoca è il fatto che i radio-telegrafi sti, quindi anche quelli che si trovavano sul Titanic, non erano impiegati delle compagnie nava-li bensì erano alle dipendenze della compagnia di Guglielmo Marconi, cosa che comportava orari di lavoro particolari. Con questo allestimento desideriamo onorare le vittime del naufragio ed esprimere un ricono-scimento profondo all’equipaggio del Carpathia, che salvò molti nau-fraghi da morte sicura”.

L’esposizione sarà arricchita dai dipinti del pittore Nedjeljko Žunić ritraenti il Titanic, che verranno esposti per la prima volta, e da ar-ticoli di giornale riportanti la noti-zia del naufragio, tra cui quelli pub-blicati sulla Voce del popolo. Dopo l’inaugurazione della mostra, avrà luogo una conferenza incentrata su-gli aspetti sociologici, medici e fi lo-sofi ci di questa tragedia che è stata ideata dagli studenti dell’Universi-

tà di Fiume, in collaborazione con la Città di Fiume. La mostra verrà alle-stita nella Sala del Consiglio, lo spa-zio più rappresentativo e importante della facoltà di Marineria, e rimar-rà aperta fi no al 13 maggio. “Dopo questa data – ci ha rivelato il preside – la mostra subirà delle piccole mo-difi che e diventerà allestimento per-manente della nostra facoltà”.

Miti e leggendeOltre agli aspetti tecnici, che atti-

reranno sicuramente un pubblico di esperti, la mostra prevede una parte dedicata ai miti e alle leggende che si sono sviluppati nel corso degli anni dopo l’affondamento del transatlan-tico. “I miti sul Titanic sono tantissi-mi e non mancano nemmeno le teo-rie controverse. Innanzitutto, non è vero che il Titanic navigasse a una velocità troppo elevata per conqui-stare il Nastro Azzurro per la traver-sata atlantica più veloce. Il Titanic, infatti, non faceva parte delle navi più veloci al mondo. Era più grande e più larga delle altre, ma i suoi mo-tori erano meno potenti del transat-lantico Mauretania (che aveva una lunghezza di 240 metri contro i 269 del Titanic), che detenne il record di velocità per ben 22 anni. Per conqui-starlo, il Titanic avrebbe dovuto na-vigare costantemente a tutto vapore. La verità è che la velocità veniva au-mentata progressivamente di giorno in giorno, in quanto si sapeva che il Titanic non avrebbe mai potuto bat-tere questo record”, ha spiegato il prof. Robert Mohović.

Vero o falso?Il problema maggiore è che esi-

stono tantissime fonti e versioni molto diverse ed è tuttora diffi cile distinguere il vero dal falso. Il fi lm di James Cameron “Titanic” del 1997, che ha avuto un successo planetario, non ha fatto altro che diffondere in

tutto il mondo questi miti, come ha aggiunto il professore. “Inoltre, non è del tutto esatto che il Titanic fos-se la nave più moderna all’epoca. Infatti, l’Olympic, la nave gemella del Titanic, venne varata alcuni mesi prima delle gemella.

Esistono molte versioni diverse anche per quanto riguarda il numero delle persone che sono state tratte in salvo dopo l’affondamento. La veri-tà è che il Carpathia recuperò soltan-to quattro naufraghi fi niti in mare, mentre gli altri superstiti si trovava-no già sulle lance di salvataggio del

Nevenko Žunić, “Il Carpathia nel porto di Fiume”, 100x150 cm, olio su tela

Il prof. Robert Mohović

di Monica Kajin Benussi

8 mare Mercoledì, 11 aprile 2012

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Titanic (il numero più attendibile è di 712 superstiti).

Esattamente cent’anni dopo è successa una tragedia che per molti versi ricorda quella del Titanic, os-sia il naufragio della Costa Concor-dia e a quanto pare sembra che tut-tora non sia stata imparata la lezione per quanto riguarda la sicurezza in mare. Non è vero, inoltre, che il Ti-tanic non fosse dotato di un nume-ro suffi ciente di lance di salvatag-gio. La verità è che ne aveva quat-tro in più (in tutto venti) rispetto al numero stabilito per legge (almeno

sedici scialuppe sulle navi eccedenti le 10.000 tonnellate) anche se erano smontabili e più piccole”.

Equipaggio poco preparato e vedette

senza binocoliCome ha spiegato il prof.

Mohović, il problema maggio-re era che molte scialuppe di sal-vataggio vennero calate in mare mezze vuote, per il timore che po-tessero capovolgersi se il nume-ro di passeggeri a bordo fosse sta-

to maggiore. Ciò è dovuto in parte anche all’inadeguata preparazione dell’equipaggio. Infatti, prima di salpare per il viaggio inaugurale venne svolta soltanto un’esercita-zione, per di più in maniera super-fi ciale.

“Una delle più grandi diffi coltà dell’epoca è rappresentata del fat-to che non c’erano a disposizione i supporti tecnologici di oggi. Esiste-va soltanto la navigazione astrono-mica. Si tratta di un tipo di naviga-zione effettuata con l’ausilio degli astri visibili (stelle, pianeti, sole e luna). In quegli anni non c’era asso-lutamente nessun supporto tecnolo-gico grazie al quale si sarebbe potu-to evitare la collisione con l’iceberg. All’inizio si pensava che la notte del naufragio le condizioni meteorolo-giche fossero avverse, ma neanche questo è vero. Infatti, quella sera il mare era piatto e non c’era luna. Se-

condo alcune teorie, se il mare fos-se stato mosso, le vedette avrebbero potuto avvistare in tempo l’iceberg, grazie all’infrangersi delle onde sul ghiaccio (le vedette erano sprovvi-ste dei binocoli).Statistiche spaventose

La statistica dell’epoca rivela un dato spaventoso: su cinque tran-satlantici che viaggiavano sulla li-nea Southhampton-New York, uno non arrivava mai a destinazione. Infatti, in quegli anni la traversata oceanica era una vera e propria im-presa marittima e molte navi non ce la facevano. Anche oggi, con tutta la tecnologia a disposizione, non si può essere sempre sicuri al cento per cento”, ha sottolineato Serđo Kos.

“Per quanto riguarda il salvatag-gio dei passeggeri, l’equipaggio e il comandante del Carpathia si sono

comportati in maniera assolutamen-te esemplare. Non hanno commes-so neanche un errore durante l’ope-razione di salvataggio. Addirittura è stato ordinato di spegnere il riscal-damento nelle cabine dei passegge-ri per poter raggiungere la massima velocità (17 nodi) nel minor tempo possibile. I passeggeri sono stati in-formati di cosa stesse accadendo, al contrario della Costa Concordia, dove confusione e panico regnava-no sovrani. È stato ordinato, inol-tre, di raccogliere tutte le coperte a bordo e di preparare quantità ab-bondanti di tè caldo per scaldare i superstiti, operazione per le quali fu incaricato un uomo delle nostre terre, più precisamente di Santa Do-menica d’Albona, la cui storia rac-conteremo a parte. Una condotta del tutto ammirevole e che merita tut-to il nostro rispetto”, ha concluso il professor Mohović.

gendacon una mostra

Nevenko Žunić, “Il Titanic”, 80x120 cm, olio su tela

Il preside della facoltà di Marineria, Serđo Kos

mare 9Mercoledì, 11 aprile 2012

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nessuno sapeva che lui fosse in re-altà un ingegnere navalmeccanico. Non so esattamente quanto tempo abbia lavorato a Fiume, ma alla fi ne ha fatto ritorno a casa, senza lavo-ro e senza pensione. Stiamo parlan-do di circa una decina di anni fa, anno più, anno meno. A quel pun-to, spinto da chissà quale stimolo o forza interiore, si è messo a fare un modello in ottone del Titanic, lun-go poco più di due metri. È riuscito a costruire il mitico transatlantico in modo perfetto!”.

“È diffi cile capire per quale re-condito motivo abbia fatto proprio il modello del Titanic – ha prose-guito Sergio Gobbo –. Veramente non saprei dirlo, ma fatto sta che dopo averlo costruito ha deciso di metterlo in vendita. Lo offriva un po’ dappertutto perché aveva biso-gno di soldi. Anche al governo un-gherese. Nessuno, però, sembra-va interessato. Mi pare chiedesse qualcosa come 20mila euro. Sem-brava che le sue buone intenzio-ni stessero per arenarsi defi nitiva-mente, ma poi è successo l’inim-maginabile. Il Museo Marittimo dell’Atlantico di Halifax (città nel-la provincia canadese della Nuova Scozia, n.d.a.), dove il transatlanti-co sarebbe dovuto arrivare, ha al-

lestito una mostra itinerante sulla storia sul Titanic, fi nanziata dal go-verno, che circolava per tutta l’Eu-ropa. Quando ha fatto tappa a Bu-dapest, l’ingegnere Janos Bicskei è andato all’apertura, ma non a mani vuote. Infatti, si è portato dietro, su un carrello, il modello che aveva fatto e che ha suscitato ben presto l’interesse degli organizzatori della mostra, tant’è che in breve tempo è riuscito a mettersi d’accordo con il Museo, che gliel’ha acquistata per un prezzo ben superiore a quello che avrebbe mai osato chiedere”.

Sono episodi che ti cambiano la vita. Oltre a risolvere i problemi esistenziali di un ingegnere disoc-cupato, quel Titanic in ottone gli ha aperto nuove prospettive di lavoro. Visto il modo in cui è stato costrui-to il modello in ottone, gli sono sta-ti offerti nuovi lavori e ordinati altri modelli di navi importanti. “L’ac-cordo era che il modello venisse portato al museo di Halifax – ram-menta Sergio Gobbo – per l’anni-versario della tragedia del Titanic. Da quanto mi è dato a sapere, l’idea era che i cinesi, che stavano facen-do una replica della nave in scala 1:1, giungessero con essa davanti al museo di Halifax e da lì venisse calato in mare il modellino dell’in-

Senza lavoro e senza pensione ma poi arrivò il Titanic...

La storia di un ingegnere ungherese e del suo modello in ottone del transatlantico

di Leo Vidal Quando parliamo di Titanic, specie alla vigilia dell’anni-versario dell’affondamen-

to dell’“inaffondabile”, emergo-no tante piccole storie legate in un modo o nell’altro a quello che vie-ne considerato il naufragio per an-tonomasia. Nell’anno del centena-rio, poi, si cerca di dar fondo a tut-ti i ricordi, a tutti gli oggetti, a tutti i documenti che possono collegarci alla tragedia del transatlantico ina-bissatosi nelle gelide acque dell’At-lantico la notte del 14 aprile di un secolo fa.

Il Titanic è stato per molti fonte d’ispirazione, oltre che di studio. E così, tra un discorso e l’altro, ab-

biamo scoperto la storia di un in-gegnere ungherese, Janos Bicskei, al quale il Titanic ha cambiato ina-spettatamente la vita. A raccontar-cela è stato il titolare del Museo “Gallerion” di Cittanova, Sergio Gobbo, il quale ha avuto modo di conoscerlo, assieme ai suoi amici e collaboratori, in quanto impegnati come lui nel recupero di importan-ti pagine di storia.

“Janos è un ingegnere naval-meccanico che ha lavorato per tan-ti anni ai cantieri di Budapest ma che è rimasto senza lavoro – inizia la storia Sergio Gobbo –. A quel punto ha deciso di andare a lavo-rare come saldatore a Fiume, dove Le eliche del Titanic

Il modello è curato in ogni minimo particolare

Halifax, la porta sull’Atlantico maledettoNel cimitero della città canadese 330 vittime del naufragio

Halifax, capoluogo della provincia canadese del-la Nuova Scozia, è conosciuta come la porta

sull’Atlantico del Canada ed è nota per il Museo Ma-rittimo dell’Atlantico (Maritime Museum of the At-lantic). Nei tre cimiteri della città, che ha poco meno di 400mila abitanti, trovarono sepoltura oltre 330 vit-time del Titanic (nel cimitero di New York ne sono sepolte altre 121), la maggior parte delle quali ripo-sano nel cimitero di Fairview, identifi cate da piccole lapidi di granito.

Per celebrare l’anniversario, il museo ha allesti-to un’esposizione permanente, ma ci saranno anche

cerimonie, visite guidate e concerti per ricordare il tragico eventi avvenuto cent’anni fa proprio al lar-go della Nuova Scozia. Fondato nel 1948 e ubicato sul lungomare, il museo comprende oggi una mo-derna costruzione nota come Devonian Wing dove sono esposti, tra l’altro, numerosi relitti del Titanic, recuperati dalle barche che perlustravano la zona in cerca di eventuali superstiti. Nella darsena die-tro il museo sono all’ancora alcuni navigli d’epoca. Tra questi la “CSS Acadia”, una nave da guerra del 1913 che fu poi impiegata fi no al 1970 per ricerche oceanografi che.

Una schermata del sito del Museo di Halifax

La parte del cimitero di Halifax dove sono sepolte le vittime del Titanic

Titanic-Carpathia-Fiume, un legIl museo di Storia e Marineria si associa al

di Monica Kajin Benussi

L’immane tragedia del Titanic verrà ricordata a Fiume an-

che dal Museo di storia e marineria, dove venerdì 13 aprile, alle ore 19, verrà inaugurata la mostra intitolata “Titanic-Carpathia-Fiume”. L’espo-sizione si propone di ripercorrere la storia dei marittimi delle nostre ter-re e degli emigrati che erano a bor-do del Titanic e del Carpathia il 15

aprile 1912, dando una visione del tutto nuova dell’incontro fatidico tra l’equipaggio del Carpathia e i nau-fraghi del Titanic.

Oltre a ripercorrere la tragi-ca storia del Titanic, i visitatori avranno l’occasione di apprendere le esperienze avute dai passeggeri croati e dei membri dell’equipag-gio di entrambi i transatlantici, con particolare accento sugli emigrati dell’Impero austro-ungarico.

Infatti, il progresso tecnologi-co e la costruzione di navi sempre più grandi nel XVII e XVIII seco-lo, cambiò per sempre il rapporto dell’uomo nei confronti dei viag-gi, specie quelli intercontinenta-li, fatto che in parte contribuì alla diffusione del fenomeno dell’emi-grazione.

In particolare, nella seconda metà del XVIII secolo, l’invenzio-ne della macchina a vapore accele-rò il progresso tecnologico nel traf-

La mostra verrà allestita al Palazzo del Governo

10 mare Mercoledì, 11 aprile 2012

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gegnere ungherese. Il suo model-lo sarà comunque la mascotte della mostra”.

Abbiamo appreso, ancora, che l’ingegnere ungherese, assieme ad alcuni amici, ha messo in piedi una società per il recupero della storia della marina austroungarica. “Que-sta società – ci ha raccontato an-cora Gobbo – ha ricevuto dei fon-di europei per ricostruire e ripara-re la cannoniera Leitha, che era una delle più importanti navi da guer-ra da fi ume. La parte superiore del-la nave era praticamente distrutta e loro l’hanno ricostruita, facendo delle repliche perfette dei canno-ni, di tutti gli armamenti, della cu-pola, e così via...”. Ma questa è già un’altra storia...

Janos Bicskei, il secondo da destra, seduto accanto a Sergio Gobbo

Le scialuppe di salvataggio

Il Titanic in... cantiere

La prospettiva di prua

Quegli ettolitri di tè per riscaldare i naufraghiLa storia di Giovanni Clapcich, cuoco sul Carpathia

Sono tante le piccole e grandi storie del Titanic che ci sono

state trasmesse non soltanto dai sopravvissuti, ma anche da colo-ro che hanno soccorso i naufra-ghi, che li hanno visti morire an-negati o di freddo. Sono persone

la cui vita, nel bene o nel male, è stata segnata dal tragico naufragio del 14 aprile 1912. Uno di questi è Giovanni Clapcich, classe 1881, che all’epoca era cuoco a bor-do del “Carpathia”. Sergio Gob-bo, proprietario della collezione e

curatore della mostra permanen-te esposta al museo “Gallerion” di Cittanova, una specie di “san-tuario” della marineria, è riuscito a recuperare alcune testimonian-ze dai discepoli del nostro prota-gonista, ex marinaio austrounga-rico originario di Santa Domeni-ca d’Albona. “Tornato a casa – ci ha raccontato Sergio Gobbo, iso-lano di nascita, residente a Grisi-gnana e cittanovese di adozione – Giovanni Clapcich si è imbarcato proprio sul ‘Carpathia’, che por-tava la nostra gente in America. La nave era piena di passeggeri e c’era molto lavoro. Si lavorava a turni. Quella tragica notte è stato chiamato perché facesse un enor-me quantità di tè. Stiamo parlan-do di ettolitri, insomma. Quando è venuto in coperta, la scena che gli si è presentata agli occhi era terribile, straziante, con la gente che moriva di freddo. C’erano po-chissimi uomini. Per lo più erano donne e bambini. Molti sono mor-ti di freddo senza che si potesse far qualcosa per aiutarli a soprav-vivere”.

Giovanni Clapcich è tornato a casa prima della Grande guerra e con i soldi guadagnati ha mes-so su un negozio. La notte dopo la sua inaugurazione, però, è sta-to derubato ed essendo rimasto senza nulla, si è nuovamente im-barcato ed è andato in America. A New York ha lavorato come cuoco in diversi alberghi fi no al 1936, quando ha deciso di ritor-nare a casa, dove ha preso la cit-tadinanza italiana. Dopo la guer-ra, come raccontatoci da Sergio Gobbo, che ci ha fatto vedere an-che il suo passaporto, si è trasfe-rito a Umago. (ap)

Sergio Gobbo accanto alla ve-trina in cui è custodito il passa-

porto di Giovanni Clapcich

Il Carpathia al suo arrivo a New York

Alcuni superstiti del Titanic sulla coperta del Carpathia

Le scialuppe del Titanic recuperate dall’equipaggio del Carpathia

ame indissolubilelle celebrazioni

fi co marittimo, dando alla luce, a partire dagli anni Trenta del XIX secolo, i primi piroscafi in grado di attraversare gli oceani e traspor-tare diverse migliaia di passeggeri da un continente all’altro.

Anche il capoluogo quarne-rino fece parte di questo grande progresso che interessò l’Europa. Grazie alla costruzione del nuovo porto, i piroscafi più grandi pote-vano fi nalmente attraccare nella parte occidentale delle città, cosa che portò all’istituzione di impor-tanti compagnie armatoriali. Allo stesso tempo, gli armatori stranieri stavano dimostrando un crescente interesse per il capoluogo quarne-rino, interesse che culminò all’ini-zio del XX secolo con l’arrivo a Fiume della Cunard Line, la più prestigiosa compagnia di naviga-zione britannica, ossia con i pri-mi collegamenti marittimi con gli Stati Uniti d’America.

Nell’ambito della mostra, ver-ranno esposte, inoltre, le opere ar-tistiche realizzate dai bambini del-le scuole materne Mirta e Pčelice sul tema del Titanic e del suo col-legamento con il Carpathia.

Un salvagente del Titanic, recu-perato da un membro dell’equi-paggio del Carpathia, esposto al

Museo di storia e marineria

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«Fotogrammi» drammatici per ringrIl signifi cato profondo degli ex voto della gente di mare, che ha sempre dovuto convivere

di Lorenzo Pellegrini

Visitando chiese e santuari, capita spes-so di imbattersi in oggetti offerti dai fedeli (e non) per ringraziare di una

guarigione, oppure di esser sopravvissuti mi-racolosamente a un incidente, per aver otte-nuto, insomma, ciò che si era chiesto in un momento di disperazione e grande diffi col-tà. Si tratta di quelli che vengono chiamati doni votivi, oppure “ex voto”. La parola “ex voto” deriva dal latino “votum”, cioè pro-messa, offerta e offrire un “ex voto” signi-fi ca sciogliersi d’un obbligo nei confronti di un Santo o altra divinità per un intervento miracoloso e quindi ringraziare del benefi -cio avuto.

Non conta il valore...Intendiamoci, questo uso dell’offerta è anti-

co quanto l’umanità, per cui nessuno pensi che sia una consuetudine del Cristianesimo. Ana-lizzando questa abitudine, potremmo dire che l’ex voto sia soltanto la manifestazione fi nale di un vasto processo, perché l’ex voto, in effetti, non è rappresentato dall’oggetto che viene of-ferto, bensì da un determinato comportamento. Nell’ex voto, ciò che conta non è il suo valore primario ma il signifi cato di cui si è voluto inve-stirlo al momento dell’offerta.

Nell’offrirlo, spesso si richiede al santo cui ci si appella un intervento soprannaturale. Se esaudito, il voto si esaurisce con l’esposizio-ne dell’offerta. Una particolarità degli ex voto consiste nel fatto che nei dipinti non viene rap-presentato il miracolo, bensì il momento che lo precede, quello dell’evento infausto.

La cappella del Santuario di TersattoUn luogo che spesso è meta di pellegrinag-

gi e nel quale ci possiamo imbattere in centina-ia di queste offerte, è la cappella dei doni votivi del Santuario mariano di Tersatto. Tra i quadri e gli oggetti affi ssi alle pareti, vediamo raffi gu-rate scene di sale operatorie con i medici intenti

a salvare il paziente, treni che deragliano, auto-mobili che stanno per uscire di strada, bambini che cadono dal tetto, ma tra tutte queste scene di vita quotidiana, che per avere un lieto fi ne han-no avuto bisogno dell’intervento... di un San-to o, appunto, della Madonna, dominano gli ex voto marinari, una tipologia particolare e molto suggestiva, il cui valore va ben oltre al mero di-pinto o modellino navale.

Promesse... da marinaioL’ex voto marinaro è una promessa, un voto,

il bisogno di testimoniare la propria fi ducia in entità soprannaturali, il suo signifi cato etimolo-gico è qualunque manifestazione di gratitudine per una grazia seguita a una promessa. Si tratta nella maggior parte dei casi di modelli di navi

e specialmente di dipinti a olio, che raffi gura-no con effi cace drammaticità disavventure ma-rinaresche e la raggiunta salvezza grazie all’in-tercessione della santità invocata, che può ma non deve essere rappresentata nel dipinto e se lo è la possiamo trovare nella parte alta. In questi quadri possiamo notare la furia degli elementi, il pericolo e il terrore racchiusi in un unico “fo-togramma” nel quale il vero protagonista, pur nella sua debolezza di fronte alla forza immane della natura, è sempre l’uomo, un uomo debo-le ma coraggioso che lotta contro gli elementi ostili, un uomo che lotta per sopravvivere e che invoca la Madonna o il Santo che gli è più vici-no pur di salvarsi. La gente di mare ha da sem-pre dovuto convivere con i rischi, che spesso vengono esorcizzati attraverso la fede. Il quadro viene poi donato al santuario del santo protetto-re che aveva salvato la vita del marinaio.Un attestato di devozione

Negli angoli o alla base del cartiglio c’era sempre la misteriosa sigla V.F.G.A. (votus fe-cit gratiam accepit), oppure P.G.R. (per grazia ricevuta). In alcuni casi i dipinti sono di fattura piuttosto grossolana, opera di artisti improvvi-sati, in altri, però, questi ex voto venivano com-missionati a pittori di professione. Sempre e comunque, però, esse costituiscono un attesta-to di devozione e riconoscimento per lo scam-

Pur nella sua debolezza di fronte alla forza immane della natura, il vero protagonista è sempre l’uomo

La Cappella dei doni votivi del Santuario mariano di Tersatto L’offerta di Ignazio Sirchia, capitano della “Figlia Jenny”

L’ex voto dell’equipaggio della “Szent Istvan”L’ex voto del Cap. Giacomo Brosovich

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raziare la Madonnacon i rischi

Il piroscafo “Szent Laszlo” nel quadro offerto alla Madonna dagli uffi ciali di bordo dopo essere sopravvissuti a un’avaria l’8 gennaio del 1893

Il dono votivo di Antonio Saverio Superina

L’ex voto della famiglia di Matteo Stiglich

La “Maria Andrina” del capitano L. Mattessich che ha rischiato di affondare nella tempesta

pato pericolo agli occhi del graziato e a futura memoria.

Gli ex voto marinari ci permettono, inoltre, di scoprire i tipi di imbarcazioni e i più svariati oggetti di uso marinaro, veniamo a conoscere i nomi delle imbarcazioni, tutti i tipi di inciden-ti, il luogo degli incidenti e il loro numero, le rotte di navigazione. Insomma, gli ex voto, in mancanza di riferimenti scritti risultano estre-mamente preziosi e spesso sono l’unica fonte di informazione e offrono agli studiosi impor-tanti spunti di raffronto per approfondire la for-ma delle imbarcazioni e delle vele nelle diver-se epoche.

Il protettore principale dei marittimi era la Vergine, seguita da San Nicola e San Biagio. Le chiesette in Istria e nel Quarnero dedicate a questi santi erano e sono piene di immagini e al-tri oggetti votivi, soprattutto modellini di navi. Una di queste è la chiesa di Santa Maria della Visione di Strugnano.Molta aqua, velle spiegate,

gabia bassa...Nella cappella del Santuario di Tersatto, la

maggior parte dei dipinti votivi risale a più di un secolo fa. Spesso sono gli stessi messaggi a raccontarci di un evento, come ad esempio il seguente scritto, che abbiamo scoperto sotto

uno dei quadri affi ssi alla parete della cappella dei doni votivi: Piroscafo “Szent Laszlo” del-la Regia Ungarica Società “Adria”, comanda-to dal Capitano Felice Franesier, l’8 genna-io 1893 nel Canale di San Giorgio presso Co-dling rompeva il timone. In memoria di questo avvenimento dopo essere felicemente arriva-ti a salvamento nella rada di Holyhead, de-cisero gli uffi ciali al loro rimpatrio di forma-re questo quadro. Oppure Nave “Figlia Jen-ny” nel viaggio da Cardiff per Pola nelle vici-nanze del Capo Finisterre, per voto fatto dal Cap. Ignazio Sirchia dalla sua Consorte An-tonia nel fortunale dell’8 dicembre 1860. Un altro messaggio recita: Viaggio da Orleans del Brich austriaco... capitano Francesco Starh li 25 maggio 1871 ritrovandosi nel Golfo Lione con fortunale trovavasi a bordo la famiglia di Matteo Stiglich, in stato di malattia, essendo-gli morta la povera moglie nel giorno 6 genna-io 1871 ove fu sepolta con dolore dalla fi glia e dal marito alla Valena. Memoria della fami-glia di Matteo Stiglich. Su un altro ex voto tro-viamo la scritta BARK AUSTRIACO MARIA ANDRINA. CAPITANO L. MATTESSICH. TROVANDOSI IN LAT. 49° LONG. 9.50 IN PERICOLO CHE Bastimento faceva molta aqua, velle spiegate, gabia bassa con diversi danni nel corpo Equipaggio continuamente alla pompa. Fece voto alla BV di Tersatto.

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La tragedia sulle pagine della «VoNell’ambito della mostra “Titanic-Carpathia – 100 anni dopo” una parte dedicata alla

di Monica Kajin Benussi

Nell’ambito della mostra “Titanic-Car-pathia – 100 anni dopo”, che verrà inaugurata venerdì alla facoltà di Ma-

rineria, i visitatori avranno l’occasione di ri-scoprire la storia del Titanic anche attraverso la carta stampata locale dell’epoca. Il merito va a Miljenko Smokvina, docente (ora pen-sionato) alle facoltà di Economia e di Filo-sofi a, nonché all’Accademia delle Arti ap-plicate del capoluogo quarnerino, rinomato fotografo e storico della fotografi a, ma so-prattutto instancabile promotore della valo-rizzazione del patrimonio industriale di Fiu-me. Infatti, è membro di diverse associazioni internazionali di tutela del patrimonio cultu-rale e industriale, nonché uno dei fondatori della prima associazione del genere in Croa-zia, la “Pro Torpedo” di Fiume.

Miljenko Smokvina: «Marineria troppo trascurata»

“La marineria rappresenta indubbiamente una parte integrante della tradizione di questa città, ma che fi nora, tuttavia, è stata abbastan-za trascurata. Circa sei mesi fa, la facoltà di Marineria mi ha chiesto se volessi collabora-re all’allestimento di una mostra dedicata al Titanic. Il mio compito era quello di scova-re gli articoli pubblicati all’epoca sui quoti-diani locali e che riportavano la notizia del naufragio del Titanic. Devo dire che i gior-nali rappresentano una fonte storica eccezio-nale. Inoltre, all’epoca a Fiume uscivano più quotidiani contemporaneamente, tra cui La Bilancia, La voce del Popolo, che era vera-mente un ottimo giornale e ricco di informa-zioni, e il Novi list”, ha spiegato Smokvina, aggiungendo che la ricerca, eseguita alla Bi-blioteca universitaria e all’Archivio di stato, è stata molto piacevole e interessante.

“Subito dopo l’affondamento del tran-satlantico, i quotidiani locali hanno seguito assiduamente la vicenda. Il ruolo del vostro quotidiano nella copertura di questa tragedia è stato molto importante, in quanto, oltre a seguire l’avvenimento in maniera veramen-te professionale, è stato l’unico a pubblica-re una serie di disegni raffi guranti il Titanic, le lance di salvataggio e la rotta del transat-lantico. La voce del Popolo, inoltre, ha se-guito ampiamente anche l’arrivo del Carpa-

thia a Fiume, la nave che ha salvato i supersti-ti del Titanic. Questo è dovuto anche al fatto che all’epoca la marineria costituiva una parte molto importante della vita fi umana. Ovvia-mente, l’interesse dei giornalisti era enorme in quanto si trattava di un avvenimento cata-strofi co”, ha sottolineato Smokvina.

Niente apertura per il naufragio...

Riportiamo qui di seguito alcuni interes-santi passi degli articoli pubblicati sul nostro quotidiano dopo il naufragio del Titanic. La notizia della tragedia del Titanic venne pub-blicata, come su tutti gli altri giornali, il 17 aprile 1912. Ottenne, naturalmente, l’ono-re della prima pagina, ma nonostante il titolo dai toni altamente drammatici, appare quan-to mai insolita la collocazione dell’articolo (taglio medio anziché apertura), a differenza di altri quotidiani e in barba all’importanza dell’evento. “Il Titanic, il più grande pirosca-

fo del mondo, è affondato durante il suo pri-mo viaggio. Si investì con un iceberg l’altra sera a 270 miglia da Capo Rice (Terranova). Si ha numero enorme di vittime”, come si leg-ge nell’attacco del suddetto articolo.

La «scomparsa» del Carpathia...

Nello stesso articolo è stato riportato un dato inesatto, ossia che fu il transatlan-tico Olympic (la nave gemella del Titanic, nda) a salvare i naufraghi del Titanic e non il Carpathia: “Delle 2358 persone che reca-va, 675 soltanto si sarebbero salvate, a bor-do dell’Olympic, accorso esso pure a pre-star opera al salvataggio”. Il 19 aprile il no-stro quotidiano riportò invece, l’ipotesi che il Carpathia fosse naufragato dopo aver tratto in salvo i passeggeri del Titanic: “All’ultimo mo-mento un radiotelegramma uffi ciale del go-verno americano annuncia che da oltre 24 ore non si hanno più notizie del Carpathia.

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Avendo esso traversato una zona in cui im-perversava una grande tempesta e pericolosa per gli icebergs che vi vagano, si teme forte-mente ch’esso pura sia naufragato”.... e il suo arrivo a Fiume

Il 9 maggio 1912, il nostro quotidiano de-dicò ampio spazio all’arrivo del Carpathia a Fiume, che dopo aver trasportato i superstiti del naufragio a New York riprese il suo viag-gio verso il capoluogo quarnerino: “Appena il Carpathia fu giunto, si staccò un’imbarcazio-ne che recò a bordo per le pratiche marittime i due vicecapitani di porto Sablich e Minach. Vi si portarono poi il direttore dell’‘Adria’, il commissario, l’ispettore dell’emigrazione, il dott. Aldassy e il comandante di porto Roe-digher. Li ricevette il capitano Rostron (Ar-thur Henry Rostron, al comando del Carpa-thia, nda) e gli uffi ciali di bordo, con i quali si intrattennero a lungo esprimendo felicita-zioni vive e cordialissime. Più tardi salirono sul Carpathia altre autorità e personalità cit-tadine. Molta gente si recò alla riva, mossa da un sentimento fatto di curiosità e di am-mirato stupore. Nella mente di tutti era il ri-cordo della vicenda tragica che commosse il mondo”. Un altro avvenimento molto interes-sante, che viene riportato nello stesso artico-lo, è stata la conferenza sul naufragio che il medico degli emigranti sul Carpathia, Erpad

Lengyel, tenne al Liceo ungherese (l’attuale sede del Primo ginnasio croato e del ginna-sio “Andrija Mohorovičić”, nda): “L’emozio-nante racconto fu seguito con vivo interesse da un fi tto pubblico accorso lunedì sera nella sala di solennità della scuola femminile del-lo Stato”.Dimenticati nella scialuppa

di salvataggioA un mese dalla tragica fi ne del Titanic,

il 18 maggio 1912 il nostro quotidiano ripor-tò, inoltre, la notizia di tre cadaveri rinvenuti a bordo di una scialuppa di salvataggio del Titanic da parte dei membri dell’equipaggio del transatlantico Oceanic, che navigava a due miglia a sud del punto in cui il Titanic affondò: “Due scialuppe si avviarono verso la scialuppa sconosciuta: conteneva tre ca-daveri in avanzata putrefazione. Nella scia-luppa non vi era altra cosa: nè la minima traccia di vettovaglie o di acqua, e, tragico particolare, in un angolo giacevano fram-menti di sughero masticati, che i disgraziati torturati dalla fame avevano strappato alle cinture di salvataggio per calmare l’atroce fame... Sul battello dovevano esservi altri due naufraghi che, morti prima, furono get-tati in mare. Ne furono trovati nel fondo del battello gli indumenti”.

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol SuperinaIN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: MARE [email protected] esecutivo: Ivo Vidotto / Impaginazione: Saša Dubravčić Collaboratori: Danilo Prestint, Sergio Gobbo, Miljenko Smokvina, Ivana Precetti, Monica Kajin Benussi, Florinda Klevisser, Leo Vidal, Lorenzo Pellegrini, Attilio Petris.Foto: Zlatko Majnarić, Sergio Gobbo, Ivo Vidotto, Miljenko Smokvina.

Anno VI / n. 64 dell’ 11 aprile 2012

ce del popolo»a carta stampata

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La prima pagina de “La voce del popolo” del 17 aprile 1912 con la notizia del naufragio del Titanic (Per gentile concessione della Biblioteca universitaria di Fiume)