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w w w . e d it .h r/ l a v o c e A n n o I II n . 3 3 M e r c o le d ì, 1 7 fe b b r aio 2 0 1 0 T re cani di razza Bulmastif hanno attaccato e ucciso il proprio padro- ne, Saša Beričevič, un medico slo- veno. La tragedia è accaduta il 3 febbraio scorso, alla periferia di Lubiana, nel cortile dell’abitazione dell’uomo sbranato. Inter- venuti sul luogo del dramma agli agenti di polizia non è rimasto che abbattere gli ani- mali killer per poter recuperare il corpo di- laniato della vittima. I poliziotti sono riu- sciti a ucciderne due, mentre il terzo è fug- gito, per essere catturato successivamente da un’équipe di veterinari. Dalle indagini eseguite dalle forze dell’or- dine è scaturito che gli stessi animali si erano già resi protagonisti di un’aggressione ai dan- ni di un’altra persona. All’epoca, era il 2006, presero di mira un passante. Beričevič aveva ereditato i cani dalla propria compagna, dece- duta un paio di anni dopo la prima aggressio- ne. L’uomo teneva gli animali relegati in casa e li portava assai raramente a passeggio fuori dal proprio giardino. La tragedia ha suscitato grosse polemiche in Slovenia. Il Partito libera- le sloveno (SLS) ha persino preteso le dimis- sioni di Milan Pogačnik, ministro dell’Agri- coltura, sostenendo che l’alto funzionario del governo aveva il potere di scongiurare la tra- gedia. Hanno ricordato che i tre Bulmastif in questione sarebbero dovuti essere addormen- tati in seguito all’aggressione da loro compiu- ta nel 2006, ma che all’epoca il ministero del- l’Agricoltura revocò la decisione accogliendo il ricorso presentato dai padroni. In seguito al primo attacco, i cani trascorsero tre anni in un allevamento nel quale furono sottoposti a un corso di rieducazione, all’inizio del quale ave- vano aggredito un’istruttrice ferendola legger- mente. Episodi analoghi negli ultimi anni pur- troppo si stanno moltiplicando, basti pensare all’incidente avvenuto giovedì scorso a Roia- no (Trieste), dove due esemplari di American Staffordshire hanno aggredito due donne e un cane da pastore Maremmano. Ad esserne protagonisti sono il più delle volte esemplari delle cosiddette razze pericolose tra le quali le più note e diffuse sono l’American bulldog, il cane da pastore di Charplanina, il cane da pastore dell’Anatolia, il cane da pastore del- l’Asia centrale, il cane da pastore del Caucaso, il cane da serra da Estreilla, il Dogo argentino, il Fila brazileiro, il Mastino napoletano, il Per- ro da canapo majoero, il Perro da presa cana- rio, il Perro da presa mallorquin, il Pit bull, il Pit bull mastiff, il Pit bull terrier, il Rafeiro do alentejo, il Rottweiler e il Tosa inu. La questione dei cani pericolosi costitui- sce una problematica molto sentita in molti paesi. Purtroppo, nel tentativo di arginare il problema i governi hanno finito per varare misure sbrigative e di conseguenza ineffica- ci. In Gran Bretagna a suo tempo le autori- tà avevano imposto la sterilizzazione dei Pitt bull terrier. Molto più razionale ci appare, invece, la strada intrapresa dall’Italia, dove dalla fine del mese scorso è entrato in vigore l’obbligo per i proprietari delle razze considerate pericolose di conseguire uno speciale patentino. Il decre- to sul patentino per i possessori di cani, stabili- sce in particolare i criteri e le linee guida per la programmazione dei percorsi formativi volti a fornire nozioni sulla normativa vigente e sul- le caratteristiche fisiologiche ed etologiche del cane in modo da indirizzare il proprietario ver- so il possesso responsabile. Il percorso si svol- gerà su base volontaria per coloro che sono interessati a migliorare il rapporto con il loro cane o intendono acquisirne uno e su base ob- bligatoria per i proprietari di cani che ravvisi- no disturbi del comportamento o siano dichia- rati “a rischio elevato” dal servizio veterinario pubblico. Il provvedimento è stato fortemente voluto dal sottosegretario all’Ambiente, Fran- cesca Martini, congiuntamente con i medici veterinari e le numerose associazioni di tute- la degli animali. L’iniziativa ha raccolto il fa- vore e l’interesse di milioni di proprietari di cani in Italia. In particolare il provvedimento dispone che i comuni, congiuntamente con le aziende sanitarie locali, per l’organizzazione dei suddetti corsi possano avvalersi, oltre che della collaborazione degli ordini professionali dei medici veterinari, delle facoltà di medici- na veterinaria, delle associazioni veterinarie e di protezione degli animali, anche della colla- borazione di educatori cinofili di comprovata esperienza. È importante tenere a mente che l’indole di ciascun cane è forgiata a seconda dell’educa- zione alla quale è stato sottoposto. Un anima- le socializzato correttamente, raramente attac- cherà un suo simile o una persona senza essere stato prima provocato. Lo farà eventualmente per proteggere il proprio padrone. Nonostante ciò è indiscutibile che alcune razze, conside- rate le fasi di selezionamento alle quali sono state sottoposte, siano più feroci di altre, una caratteristiche che tuttavia non le rende peri- colose a priori, ma che indica semplicemente che la loro educazione necessita di un adde- stramento più scrupoloso. (kb) La patente cinofila IL TEMA DEL MESE IL RUGGITO di Krsto Babić Recentemente abbiamo seguito una trasmissione televisiva alla quale sono stati invitati i rappresentati degli avicoltori croati. Si lamentavano delle norme comunitarie che rego- lano la loro attività e concernono le condizioni di vita degli animali d’allevamento. Stan- dard che solo una minoranza di loro attualmente è in grado di soddisfare. Per adeguarsi è necessario investire circa 500 kune per ciascun animale posseduto. Chi non si adeguerà, una volta che la Croazia avrà aderito all’UE, dovrà chiudere baracca. Ci siamo indignati quando abbiamo capito che si lamentavano di dover investire una parte dei propri profitti per assicurare ai volatili dei loro allevamenti condizioni di vita più “umane”. Il nostro rapporto con gli animali si basa su convinzioni che assorbiamo dalla nostra educazione e dai costumi sociali. Accettiamo queste convinzioni, spesso dando fiducia alla saggezza degli anziani, senza contestarle o analizzarle. Ma le convinzioni di cui non si ha coscienza possono fare danni enormi. Tutti noi abbiamo contatti, diretti o indiretti, con gli animali: vivendo in campagna, mangiandoli, allevandoli, visitando i giardini zoologici o gli acquari, utilizzando prodotti testati sugli animali o impiegando detersivi che contengo- no componenti di origine animale. Tuttavia la maggior parte delle persone non si rende conto della sofferenza e del dolore che l’umanità infligge loro, perché questi crimini ven- gono perpetrati solitamente fuori dalla nostra vista e, là dove fuoriesce solo la punta del- l’iceberg, sono tollerati come normali. Questo è il punto. Dobbiamo riconoscere che il danno che gli esseri umani stanno causando agli animali è pari ad un olocausto e, se vogliamo fare progressi civili, dobbia- mo capire ciò che stiamo facendo nei loro confronti e pensare a come dovremmo trattar- li. Tutti noi dobbiamo giustificare e difendere le nostre relazioni con gli animali alla luce dell’etica animale. Una questione etica si pone quando si pensa che qualcosa di dannoso o di sbagliato stia succedendo e bisognerebbe fare qualcosa a riguardo. Se facciamo male ai nostri simili dobbiamo giustificare il motivo per cui lo facciamo, e se non siamo in gra- do di giustificare le nostre azioni allora non dobbiamo agire in quel modo. Perciò, l’etica animale è lo strumento che ci consente di analizzare criticamente il nostro comportamen- to verso gli animali, di chiederci cosa stiamo facendo loro, perché lo stiamo facendo, cosa potremmo e cosa dobbiamo fare di più per salvaguardarli e agire di conseguenza. Riflessione sull’etica animale animali DEL POPOLO DEL POPOLO

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voce Anno III • n. 33 • Mercoledì, 17 febbraio 2010

Tre cani di razza Bulmastif hanno attaccato e ucciso il proprio padro-ne, Saša Beričevič, un medico slo-

veno. La tragedia è accaduta il 3 febbraio scorso, alla periferia di Lubiana, nel cortile dell’abitazione dell’uomo sbranato. Inter-venuti sul luogo del dramma agli agenti di polizia non è rimasto che abbattere gli ani-mali killer per poter recuperare il corpo di-laniato della vittima. I poliziotti sono riu-sciti a ucciderne due, mentre il terzo è fug-gito, per essere catturato successivamente da un’équipe di veterinari.

Dalle indagini eseguite dalle forze dell’or-dine è scaturito che gli stessi animali si erano già resi protagonisti di un’aggressione ai dan-ni di un’altra persona. All’epoca, era il 2006, presero di mira un passante. Beričevič aveva ereditato i cani dalla propria compagna, dece-duta un paio di anni dopo la prima aggressio-ne. L’uomo teneva gli animali relegati in casa e li portava assai raramente a passeggio fuori dal proprio giardino. La tragedia ha suscitato grosse polemiche in Slovenia. Il Partito libera-le sloveno (SLS) ha persino preteso le dimis-sioni di Milan Pogačnik, ministro dell’Agri-coltura, sostenendo che l’alto funzionario del governo aveva il potere di scongiurare la tra-gedia. Hanno ricordato che i tre Bulmastif in questione sarebbero dovuti essere addormen-tati in seguito all’aggressione da loro compiu-ta nel 2006, ma che all’epoca il ministero del-l’Agricoltura revocò la decisione accogliendo il ricorso presentato dai padroni. In seguito al primo attacco, i cani trascorsero tre anni in un allevamento nel quale furono sottoposti a un corso di rieducazione, all’inizio del quale ave-vano aggredito un’istruttrice ferendola legger-mente. Episodi analoghi negli ultimi anni pur-troppo si stanno moltiplicando, basti pensare all’incidente avvenuto giovedì scorso a Roia-no (Trieste), dove due esemplari di American Staffordshire hanno aggredito due donne e un cane da pastore Maremmano. Ad esserne protagonisti sono il più delle volte esemplari delle cosiddette razze pericolose tra le quali le più note e diffuse sono l’American bulldog, il cane da pastore di Charplanina, il cane da pastore dell’Anatolia, il cane da pastore del-l’Asia centrale, il cane da pastore del Caucaso, il cane da serra da Estreilla, il Dogo argentino, il Fila brazileiro, il Mastino napoletano, il Per-ro da canapo majoero, il Perro da presa cana-rio, il Perro da presa mallorquin, il Pit bull, il Pit bull mastiff, il Pit bull terrier, il Rafeiro do alentejo, il Rottweiler e il Tosa inu.

La questione dei cani pericolosi costitui-sce una problematica molto sentita in molti paesi. Purtroppo, nel tentativo di arginare il problema i governi hanno fi nito per varare misure sbrigative e di conseguenza ineffi ca-ci. In Gran Bretagna a suo tempo le autori-tà avevano imposto la sterilizzazione dei Pitt bull terrier.

Molto più razionale ci appare, invece, la strada intrapresa dall’Italia, dove dalla fi ne del mese scorso è entrato in vigore l’obbligo per i proprietari delle razze considerate pericolose di conseguire uno speciale patentino. Il decre-to sul patentino per i possessori di cani, stabili-sce in particolare i criteri e le linee guida per la programmazione dei percorsi formativi volti a fornire nozioni sulla normativa vigente e sul-le caratteristiche fi siologiche ed etologiche del cane in modo da indirizzare il proprietario ver-so il possesso responsabile. Il percorso si svol-gerà su base volontaria per coloro che sono interessati a migliorare il rapporto con il loro cane o intendono acquisirne uno e su base ob-bligatoria per i proprietari di cani che ravvisi-no disturbi del comportamento o siano dichia-rati “a rischio elevato” dal servizio veterinario pubblico. Il provvedimento è stato fortemente voluto dal sottosegretario all’Ambiente, Fran-cesca Martini, congiuntamente con i medici veterinari e le numerose associazioni di tute-la degli animali. L’iniziativa ha raccolto il fa-vore e l’interesse di milioni di proprietari di cani in Italia. In particolare il provvedimento dispone che i comuni, congiuntamente con le aziende sanitarie locali, per l’organizzazione dei suddetti corsi possano avvalersi, oltre che della collaborazione degli ordini professionali dei medici veterinari, delle facoltà di medici-na veterinaria, delle associazioni veterinarie e di protezione degli animali, anche della colla-borazione di educatori cinofi li di comprovata esperienza.

È importante tenere a mente che l’indole di ciascun cane è forgiata a seconda dell’educa-zione alla quale è stato sottoposto. Un anima-le socializzato correttamente, raramente attac-cherà un suo simile o una persona senza essere stato prima provocato. Lo farà eventualmente per proteggere il proprio padrone. Nonostante ciò è indiscutibile che alcune razze, conside-rate le fasi di selezionamento alle quali sono state sottoposte, siano più feroci di altre, una caratteristiche che tuttavia non le rende peri-colose a priori, ma che indica semplicemente che la loro educazione necessita di un adde-stramento più scrupoloso. (kb)

La patente cinofi laIL TEMA DEL MESE

IL RUGGITOdi Krsto Babić

Recentemente abbiamo seguito una trasmissione televisiva alla quale sono stati invitati i rappresentati degli avicoltori croati. Si lamentavano delle norme comunitarie che rego-lano la loro attività e concernono le condizioni di vita degli animali d’allevamento. Stan-dard che solo una minoranza di loro attualmente è in grado di soddisfare. Per adeguarsi è necessario investire circa 500 kune per ciascun animale posseduto. Chi non si adeguerà, una volta che la Croazia avrà aderito all’UE, dovrà chiudere baracca. Ci siamo indignati quando abbiamo capito che si lamentavano di dover investire una parte dei propri profi tti per assicurare ai volatili dei loro allevamenti condizioni di vita più “umane”.

Il nostro rapporto con gli animali si basa su convinzioni che assorbiamo dalla nostra educazione e dai costumi sociali. Accettiamo queste convinzioni, spesso dando fi ducia alla saggezza degli anziani, senza contestarle o analizzarle. Ma le convinzioni di cui non si ha coscienza possono fare danni enormi. Tutti noi abbiamo contatti, diretti o indiretti, con gli animali: vivendo in campagna, mangiandoli, allevandoli, visitando i giardini zoologici o gli acquari, utilizzando prodotti testati sugli animali o impiegando detersivi che contengo-no componenti di origine animale. Tuttavia la maggior parte delle persone non si rende conto della sofferenza e del dolore che l’umanità infl igge loro, perché questi crimini ven-gono perpetrati solitamente fuori dalla nostra vista e, là dove fuoriesce solo la punta del-l’iceberg, sono tollerati come normali.

Questo è il punto. Dobbiamo riconoscere che il danno che gli esseri umani stanno causando agli animali è pari ad un olocausto e, se vogliamo fare progressi civili, dobbia-mo capire ciò che stiamo facendo nei loro confronti e pensare a come dovremmo trattar-li. Tutti noi dobbiamo giustifi care e difendere le nostre relazioni con gli animali alla luce dell’etica animale. Una questione etica si pone quando si pensa che qualcosa di dannoso o di sbagliato stia succedendo e bisognerebbe fare qualcosa a riguardo. Se facciamo male ai nostri simili dobbiamo giustifi care il motivo per cui lo facciamo, e se non siamo in gra-do di giustifi care le nostre azioni allora non dobbiamo agire in quel modo. Perciò, l’etica animale è lo strumento che ci consente di analizzare criticamente il nostro comportamen-to verso gli animali, di chiederci cosa stiamo facendo loro, perché lo stiamo facendo, cosa potremmo e cosa dobbiamo fare di più per salvaguardarli e agire di conseguenza.

Rifl essione sull’etica animale

animali

DEL POPOLODEL POPOLO

2 animali

La gallina padovana è un’an-tica razza italiana le cui ori-gini sono tuttora discusse.

Secondo Charles Darwin sarebbe originaria della Polonia (proba-bilmente giunta in Italia nel 1300, forse ad opera di Giovanni Don-di Dell’Orologio, nobile padova-no, insigne medico ed astronomo, affascinato dalla bellezza di que-sti volatili). L’origine rimane co-munque incerta e si intreccia, ol-tre che alla gallina polacca, anche con quella olandese che tuttavia presenta il ciuffo, ma non la bar-ba. Molte citazioni del ‘500 ripor-tano l’esistenza, nel padovano, di

una razza di pollo, particolarmen-te produttiva e famosa. La razza Padovana dal gran ciuffo è de-scritta e illustrata nell’opera Or-nithologiae di Ulisse Aldovrandi (1600).

Oltre a essere una razza orna-mentale, si presta bene per l’alleva-mento da reddito, in particolare per valorizzare le produzioni di nicchia o tipiche delle aree protette. È con-siderata una buona produttrice di uova grosse (50-60 grammi dal gu-scio bianco), benché nelle femmine si sia quasi del tutto persa l’attitudi-ne alla cova. La carne è magra, di colore bianco rosato, di sapore deli-

cato (pelle bianca e sottile). La ma-turità sessuale viene raggiunta verso i sei sette mesi nei maschi e a circa cinque sei mesi nelle femmine.

Si tratta di un pollo leggero ed elegante, armonioso nel suo insie-me, dotato di un enorme ciuffo che non deve risultare sproporzionato ri-spetto al resto del corpo. Il tronco è leggermente allungato e inclinato, largo alle spalle e stretto verso la schiena. Il portamento è quasi oriz-zontale nel gallo e compresso nella gallina. La testa è di media gran-dezza, provvista di un’ernia craniale molto sviluppata dalla quale spunta un ciuffo voluminoso e ricco di piu-me: questo si presenta a criniera nel gallo, con penne sottili e appuntite che circondano la testa dietro e la-teralmente, e globulare nella galli-na, con penne che lo sostengono in maniera ferma e compatta. La cresta è assente per lasciare spazio al ciuf-fo. La barba e i favoriti sono ricchi e ben sviluppati, ben aderenti al resto del piumaggio. Come la cresta, an-che i bargigli sono assenti per fare posto alla barba. Il becco è forte e leggermente arcuato, con narici al-largate, di colore diverso a seconda della colorazione del piumaggio. Gli occhi sono rotondi, grandi e vi-spi, bruni o roso arancio a seconda della varietà di colore. La faccia è rossa e ricoperta dalla folta barba. Gli orecchioni sono piccoli e coperti dai favoriti. Il collo è arcuato e do-tato di una mantellina abbondante.

Le spalle sono larghe e arrotonda-te. Il dorso è portato leggermente inclinato verso la coda. Le ali sono mediamente lunghe, portate oriz-zontali e aderenti al corpo. La coda è lunga, larga nel gallo e semiaperta nella gallina, e forma un angolo con la linea del dorso di 40/45 gradi nel gallo e di 30/35 gradi nella gallina. Il petto è pieno e ben arrotondato, ed è portato abbastanza alto. Il ventre è morbido e ben sviluppato. Le zampe sono mediamente lunghe, ben evi-denti, con tarsi fi ni e senza piume; le dita sono quattro. Il piumaggio si

presenta ben sviluppato, ben ade-rente, con penne arrotondate e folto piumino. La pelle è bianca. Il peso medio dei galli oscilla da 1,8 a 2,3 chilogrammi. Le galline pesano in media da 1,5 a 2 chili. Molte sono le colorazioni del piumaggio che può essere argentato con orlatura nera, bianco, blu orlato, camoscio orlato di bianco, grigio perla, nero, dora-to con orlo nero e sparviero. È con-siderato un difetto grave la presen-za di penne bianche nel ciuffo delle varietà colorate. Ne esiste anche una varietà nana.

ORNITOLOGIA

L’antica e ornamentale gallina Padovana

Il ragno nato con la camicia di «seta» ARACNIDI

Il morso della Vedova nera

La Vedova nera (Latrodectus mactans), come tutti gli altri ragni appartiene al regno degli inverte-brati, cioè animali sprovvisti del-l’endoscheletro o scheletro inter-no. La rigidità del corpo è dovuta ad una sostanza indurente prodot-ta dall’epidermide, detta cuticola o carapace. Questa ha la funzione di proteggere il corpo da eventuali aggressioni esterne e, contempora-neamente, funge da scheletro, for-nendo ai muscoli dei punti di an-coraggio.

Periodicamente la Vedova nera (nei paesi bagnati dal Mare Adriatico è presente la varietà Latrodectus mactans tredecim-guttatus), come tutti i suoi simi-li, è soggetta a delle mute. Infatti, data l’impossibilità dell’esosche-letro o scheletro esterno di accre-scere, il medesimo deve essere cambiato ad intervalli di tempo regolare così da permettere l’ac-crescimento del ragno. In questa

fase il ragno è particolarmente vulnerabile.

Gli aracnidi sono caratterizza-ti dall’avere sei paia di arti: quat-tro paia con funzione locomotoria (zampe), un paio di arti vicini alla bocca (cheliceri) e da un paio di arti posti dietro la bocca (pedipalpi). Non posseggono né antenne né ali. Le principali caratteristiche degli araneidi sono il corpo suddiviso in due parti (addome e cefalotorace) e la capacità di produzione e tessitu-ra della seta.

La Vedova nera è caratterizzata da un addome leggermente ovale e di dimensioni ridotte rispetto al ce-falotorace. Questo ragno è di colore nero brillante e possiede una mac-chia rossa a forma di clessidra posta ventralmente. I giovani sono aran-cioni marroni e bianchi ed acqui-stano la colorazione scura con l’età. La femmina è più grande del ma-schio e inoltre presenta una colora-zione più vivace. La lunghezza va-

ria dagli 8 ai 40 millimetri e il peso in media è di un grammo.

Come indicato da Stefania Bu-satta sul sito animalieanimali.it, la vedova nera è un animale timi-do e schivo e l’unico momento di evidente attività è quello riprodut-tivo. Conduce una vita notturna e trascorre le ore diurne nascosta sotto qualche sasso o nella tana. La femmina pone in evidenza la mac-chia rossa posta sul ventre, così da inviare chiari segnali di minaccia a chiunque abbia intenzione di di-sturbarla.

Come tutti i ragni, anche la Ve-dova nera è carnivora e predatrice. Si nutre principalmente di insetti, ma anche di altri aracnidi. Cattura-ta la preda, viene iniettata con il ve-leno e con delle sostanze (enzimi) che la digeriscono all’esterno e poi viene aspirata. A sua volta la Vedo-va nera può cadere preda di uccelli, di mammiferi insettivori. La Vedo-va nera ha un importante ruolo eco-logico perché si nutre di molti in-setti, spesso dannosi per l’agricol-

tura. Anche la Vedova nera produce la seta. Questa ha diverse funzioni. Ad esempio può essere utilizzata per produrre una trappola per cat-turare le prede o per formare una barriera a protezione delle uova.

Nonostante la propria fama, la vedova nera non è tra i ragni più pericolosi al mondo. Se importu-nata attacca mordendo e iniettan-do una quantità molto piccola di veleno che può, in rari casi, risul-tare mortale. Il suo morso non è molto doloroso, ma il veleno agi-sce rapidamente. Inizia provocan-do un intorpidimento alla parte colpita seguita da rigidità musco-lare, sudorazione, cefalea, nausea, diffi coltà respiratorie, vertigini e aumento della temperatura. Un cubetto di ghiaccio sul punto del morso può alleviare il dolore, ma è comunque necessaria la sommi-nistrazione dell’antidoto.

Gli esemplari maschi trascor-rono una vita solitaria, e quindi in primavera trovare una partner per l’accoppiamento può non es-sere un’impresa da poco. Ancor prima di cercare la compagna, il maschio crea una “ragnatela sper-matica” e deposita su di essa una piccola quantità di sperma. Suc-cessivamente “carica” lo sperma sui palpi e si avvia alla ricerca di una compagna. Individuata la po-tenziale partner, inizia a corteg-giarla, premurandosi di farsi rico-noscere e non essere confuso per una preda. Le uova, il cui nume-ro può variare da alcune decine a diverse centinaia, sono rilasciate sulla ragnatela e sono completa-mente ricoperte con uno strato di seta. Le uova, che abitualmente si schiudono nell’arco di un paio di settimane, vengono accudite dalla femmina.

Il pollo dalle origini contese studiato da Charles Darwin

Mercoledì, 17 febbraio 2010

A cura di Valentino Pizzulin

A cura di Giorgio Adria

Un esemplare di vedova nera si avvicina a una preda

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Nel 1981, nella piccola cit-tadina di Lakewood in California, i coniugi Ruga

adottarono una gattina randagia dal manto nero a pelo semilun-go, di taglia piuttosto minuta, che chiamarono Shulamith. L’animale aveva due orecchie davvero parti-colari e curiose. Invece di essere dritte, erano dolcemente rivoltate all’indietro, come se fossero sot-to l’effetto di un ventilatore. Ini-zialmente questa caratteristica non sollecitò l’interesse dei coniugi Ruga, che erano rimasti, invece, affascinati dal suo carattere gen-tile e dall’espressione tanto accat-tivante. Nella primavera del 1982

però, la gatta diede alla luce quat-tro micetti, e la metà di loro ripro-poneva la caratteristica piegatu-ra delle orecchie. Si ipotizzò che il padre fosse un gatto di strada a pelo corto del tutto normale, si ebbe così la certezza che la fi sio-nomia delle orecchie era dovuta all’azione di un gene dominante, trasmesso dalla madre. Fu a que-sto punto che si cominciò a pensa-re di poter creare una nuova razza. Grace Ruga, regalò Mercedes, uno dei due gattini con le orecchie ar-ricciate alla sorella, Ester Brinlow. L’anno dopo le inviò come com-pagno di Mercedes un particola-re maschietto colourpoint dagli abbondanti ciuffi di pelo chiaro attaccati alle orecchie che si apri-vano a ventaglio incorniciandolo e donando grazia a un musetto scu-ro e due enormi occhi blu. Nancy Kiester, un’appassionata gattofi la, divenuta in seguito segretaria del North American Curl Club, affa-scinata da questi particolari gatti, avviò un serio programma di se-lezionamento dopo aver ottenuto in custodia due cuccioli partoriti da Mercedes. Il 23 ottobre 1983, in collaborazione con i coniugi Ruga, espose all’esposizione di Palm Springs in California, Shu-lamith e tutti i suoi discendenti. Fu subito un gran successo. Ven-nero presentati a innumerevoli al-tre esposizioni, facendosi sempre

più conoscere dagli esperti e dal pubblico. Si stilò uno standard, dimostrando che la spontanea mu-tazione genetica era stata fi ssata e i soggetti, frutto di generazioni di selezione, a loro volta la trasmet-tevano, assicurando così la tipi-cità della nuova razza. Nel 1985 l’International Cat Association (TICA) fu la prima a riconosce-re l’American Curl a pelo lungo; solo in un secondo tempo riconob-be pure la variante a pelo corto.

La morfologiaPossiede una sana e robusta

costituzione, ha un fi sico poten-te e muscoloso. Da adulto il ma-schio può arrivare a pesare dai 5 agli 8 chilogrammi e la femmina

dai 2,5 ai 5 chili. Il corpo è allungato e snel-

lo. Proporzionalmente è lungo una volta e mezza l’altezza del-la spalla. Il mantello è molto sottile, setoso, aderente al cor-po a causa del poco sottope-lo. Non esiste gorgiera, la lunghezza del pelo deve essere uniforme in tut-to il corpo. La testa è proporzionata al cor-po, di forma cunei-forme senza superfi ci piane, leggermente più lunga che larga, dai contorni dolci. Il profi lo evidenzia una leggera curva-tura convessa che parte da sotto gli occhi alla fronte, questa segue poi la linea del cranio, fi no alla base del collo senza interruzione.

Gli occhi sono gran-di, a forma di noce, la linea superiore è ovale e quella infe-riore arrotondata. Sono piazzati leggermente in obliquo verso la base dell’orecchio e la punta del naso. Il colore deve essere uni-forme e vivo. Non esistono al-cune relazioni con il colore del mantello, ad eccezione del co-lourpoint, quando è auspicabile che il colore degli occhi sia blu.

Il naso è diritto, di lunghezza media. Stop non troppo accen-tuato. Le orecchie sono larghe e aperte alla base, si incurvano all’indietro in un arco regolare. Di taglia moderatamente grandi, piazzate a mezza distanza tra la sommità e i lati della testa. La punta è arrotondata e fl essibile. È gradita la presenza del pelo al-l’interno del padiglione. Il gra-do di incurvatura deve rientrare in un minimo di 90 gradi e in un massimo di 180 gradi. La cartila-gine deve presentarsi solida alla base. Il mento è fermo, allineato con il naso e il labbro superiore.

Gli arti sono di media lun-ghezza, proporzionati al corpo. I piedi, invece, sono di media

grandezza, di forma rotonda. La coda è fl essibile, larga alla base, affi lata, della stessa lunghezza del tronco, deve presentarsi ben folta di pelo.

L’indoleÈ un gatto molto docile e di-

mostra un grande amore verso l’uomo. Abitualmente è socie-vole con i suoi simili dalle orec-chie arricciate, mentre con gli altri gatti si può dimostrare ira-scibile e attaccabrighe. Per indo-le è tranquillo ed equilibrato con tutti, anche con gli estranei. Ama essere al centro dell’attenzione. È molto vivace e talvolta si di-verte a combinare qualche di-spetto. È un gran coccolone, ama essere accarezzato e vezzeg-giato, va molto d’accordo con i bambini. Ha una predilezione per i grandi spazi, ma si adatta anche alla vita in appartamento, purché non gli si neghino delle interessanti passeggiate. È mol-to intelligente, riesce ad aprire il frigorifero, le porte di casa e de-gli armadi, corre alla porta quan-do riconosce i passi del padrone, riporta oggetti che gli vengono lanciati, ed è capace di fare mol-ti altri giochi. Conservano un ca-rattere vivace anche in età avan-zata. Soffre la solitudine, infat-ti, è consigliato a persone che gli possono dedicare molto del loro tempo. Ha bisogno d’affet-to e di essere circondato da tutti i componenti della famiglia. Se viene lasciato solo per alcune ore durante la giornata, al ritor-

no a casa deve essere ricoperto di coccole.

Le cureLe sue orecchie hanno biso-

gno di numerose attenzioni. I pa-diglioni auricolari devono essere ripuliti dal cerume e dalla spor-cizia. Un’operazione che deve essere compiuta con la massi-ma delicatezza per non lesionare la cartilaggine. Non ha bisogno di essere spazzolato o pettinato frequentemente, al massimo un paio di volte alla settimana, per mantenere il suo mantello sem-pre pulito e in ordine. Se abi-tuato fi n da piccolino l’Ameri-can Curl acconsente a farsi fare il bagno.

FELINI Il gatto che gioca come fosse un cane

animali 3Mercoledì, 17 febbraio 2010

A cura di Sabrina Ružić

L’American Curl, un playboy californiano

La versione a pelo lungo... ... e quella a pelo corto

Le orecchie dell’American Curl devono essere tenute ben pulite

l’esterno della stazione, mentre l’ot-to aprile di ogni anno si celebra in Giappone una festa in suo onore.

L’evoluzionePer quanto riguarda l’evoluzione

cinofi la, un club di razza, l’Enukai, esisteva fi n da quando l’Akita veni-va utilizzato nei combattimenti, dal 1868 al 1912. Nel 1927 Shigeie Izu-mi, sindaco di Odate, fondò l’Akita-Inu Ozonkai, un’associazione sor-ta per promuovere la selezione dei veri caratteri della razza, scomparsa nel corso della II Guerra mondiale e ricostituitasi con lo stesso nome nel 1948. La storia moderna dell’Akita ha inizio nel 1949-50, dopo il periodo oscuro della guerra, con la ripresa da parte degli allevatori della selezione del loro cane nazionale, che si era an-cora una volta imbastardito, a partire dai più tipici esemplari scampati alla persecuzione degli anni bellici. Oggi questa razza si ritrova in aree molto importanti dal punto di vista cinofi -lo, anche se gli allevatori giapponesi sono più interessati alla conservazio-ne dell’Akita nel loro paese che a una sua diffusione internazionale.

Alla conquista del mondo

In Europa la presenza più con-sistente si ha in Olanda, Spagna e Italia dove l’Akita giunse in circo-stanze piuttosto fortuite, quando ne-gli anni ’70 un allevatore italiano di pastori scozzesi si recò in Giappone per portarvi un suo cucciolo, rice-vendo in cambio un piccolo Akita che per la sua riservatezza e nobil-tà seppe subito guadagnarsi la sim-patia di molti estimatori, tanto che oggi di questi cani si occupa l’atti-vissimo Club Italiano Razze Nordi-che. Una storia altrettanto particola-re è all’origine della diffusione del-l’Akita negli Stati Uniti. Nel 1937 Helen Keller, una scrittrice e stu-diosa americana giunta in Giappone per un ciclo di conferenze, espres-se il desiderio di portarsi a casa un cucciolo della razza, che le fu rega-lato da un funzionario di polizia di Akita. Il cucciolo, purtroppo, morì a New York a soli otto mesi. Saputa la notizia, nel 1939 dal paese del Sol Levante le fu inviato un altro cuc-ciolo, Kenzan-Go, che seppe attirar-si molte attenzioni anche grazie alla notorietà della proprietaria e per il fascino dell’esotico, di cui era por-tatore. In quegli anni i cinofi li ame-ricani importarono i primi Akita per iniziare l’allevamento, mentre mol-

ti esemplari giunsero negli States al seguito dei reduci di guerra, proprio nel periodo in cui i selezionatori giapponesi stavano intraprendendo la depurazione della razza dal san-gue estraneo. Nonostante gli oppo-sti nazionalismi, negli Stati Uniti l’Akita ha saputo farsi apprezzare tanto da trovare in California una sua seconda patria, anche se gli esemplari americani si contraddi-stinguono per esser molto più mas-sicci rispetto al modello standard. Forte è lo scontro di vedute tra ame-ricani e giapponesi in merito all’im-piego di questo cane, poiché i primi vorrebbero farne un cane da slitta sul modello delle razze nordiche, mentre i secondi rifi utano tale pro-getto in quanto non lo ritengono uti-le in tale ruolo, non avendo l’Akita le spalle massicce e il petto ampio necessario per quel lavoro. Va ricor-dato, però, che questa razza asiati-ca è spesso utilizzata per il trasporto dei carichi di legname delle foreste dell’isola di Hokkaido.

Le caratteristicheComunque sia, l’amatore della

razza deve sempre considerare che l’Akita è un lupoide della varietà volpinoide, pertanto si tratta di un dolicomorfo che deve esser privo di quella pesantezza che caratterizza i molossoidi. Lo standard lo descri-ve come un cane di forte costituzio-ne con ossatura robusta e corpo ben proporzionato (peso da 34 a 50 chi-logrammi, altezza al garrese 67 cen-timetri per i maschi e 61 per le fem-mine e una tolleranza di tre centime-tri in più o in meno). La testa, rispet-to a quella dei cani lupo, presenta un cranio più largo e il muso più a pun-ta, nel complesso triangolare. Molto importanti sono le orecchie, che de-vono essere piccole, spesse e trian-golari, portate leggermente in avan-ti. Il collo è grosso, muscoloso e ben proporzionato con la testa, mentre il tronco deve essere molto compatto con dorso solido e rettilineo. L’Aki-ta è quindi allungato, ma non ecces-sivamente come il Pastore tedesco. Le buone proporzioni indicate dallo standard si realizzano con una gran-de armonia fra la lunghezza del-l’avambraccio e l’altezza al garre-se. Un buon esemplare non deve ap-parire mai basso sugli arti né vuoto sotto di sé. Importantissimo è il to-race che si caratterizza per le costo-le ben rilevate e mai troppo aperte, in modo che la gabbia toracica non debba esser troppo larga da conferi-re un aspetto massiccio al cane. La

coda, a sua volta, deve essere grossa e piena, arrotolata con curva a destra o a sinistra, mai pendente o ritta in aria, ma arricciata sulla schiena sino a toccarla, o contro il suo fi anco. Il pelo doppio corto e folto addolcisce il profi lo vigoroso di muscoli e ossa. I colori ammessi sono: rosso-fulvo, sesamo, bianco e tigrato (obbligato-rio l’urajiro, ossia il pelo biancastro sui lati del muso e sulle guance). L’aspetto nobile, elegante e digni-toso di questo simbolo giapponese deriva dal movimento sciolto e fi e-ro. Nel ring di esposizione l’esper-to deve rilevare tutte le defi cienze di carattere e non può privilegiare gli esemplari che non guardino diritto dinanzi a sé, esprimendo la fi erezza della razza, o che si dimostrino in-tolleranti o peggio mordaci verso chi è inoffensivo nei loro confronti. Po-tenza, lealtà e dignità sono le carat-teristiche tipiche di questo cane da guardia, difesa e compagnia, di tem-peramento calmo, fedele e sensibile, che non agisce mai in modo subdo-lo. Tanto affettuoso verso il padrone quanto sospettoso verso gli estranei, che vengono trattati con rispetto, ma senza eccessiva familiarità, l’Akita è riservato e silenzioso, molto do-cile con i bambini e grande amante del gioco. Verso gli altri cani tende a mostrare il suo carattere intrinse-camente dominante ed è pronto a ri-spondere a qualsiasi sfi da. L’Akita, estremamente intelligente, è un cane ubbidiente e servizievole, che ama aiutare il padrone anche con picco-li gesti. In merito alle cure e atten-zioni specifi che, questo cane asiati-co riesce a sopportare bene il caldo e l’umidità nonostante il mantello fol-tissimo. Il suo organismo si adatta a qualsiasi tipo di alimentazione, an-che se una dieta errata può comun-que nuocere al pelo e alla pelle. La sua aspettativa di vita è intorno ai 13 anni, i problemi che possono alterare la sua salute sono il virus Herpesvi-rus canino, la torsione dello stomaco e il pemfi go, una patologia bollosa che attacca la cute. In conclusione, siamo sicuri che se al cinema vi ha fatto commuovere, la sua compa-gnia quotidiana vi farà innamorare del nobile “monumento naturale” del paese del Sol Levante.

Il toccante fi lm di Lasse Hal-lström “Hachiko, il mio miglio-re amico”, ha portato alla ribalta

una straordinaria razza, l’Akita-Inu, proclamato “monumento naturale del Giappone” nel 1931. Per i giap-ponesi l’Akita è l’“Ikibam”, ovve-rosia il numero uno, un essere “te-nero di cuore e forte di struttura”. Nella cultura nipponica questo cane volpinoide maestoso e dignitoso, fedele e leale, calmo e solenne per quanto coraggioso e privo di timo-re, rappresenta una sorta di amule-to e protettore. Eccovi alcune prove di questa devozione: le pelli dei mi-gliori esemplari venivano conciate e conservate in loro memoria; l’effi -gie dell’Akita compariva in un fran-cobollo; la pubblica amministrazio-ne è pronta a intervenire erogando contributi quando un proprietario è

in diffi coltà per il suo mantenimen-to, mentre una sua piccola statua di legno è regalata a neonati e infermi come augurio di buona salute e fe-licità.

Le originiLa razza deve il proprio nome

al suo luogo d’origine, la prefettura di Akita localizzata nell’isola mon-tagnosa di Honshu dal clima poco ospitale (Inu, invece, signifi ca cane nella lingua giapponese), ed ha una storia documentata di ben 350 anni, anche se le sue origini sono molto più antiche, sebbene diffi cilmen-te tracciabili con esattezza. Possia-mo, invece, affermare senza timore di smentita che l’Akita si è formato sulla base di una selezione diretta a ottenere un cane forte e coraggio-so, capace di cacciare il cinghiale,

il cervo e soprattutto l’orso. Inizial-mente il suo possesso era riservato esclusivamente ai nobili, che a cia-scun esemplare abbinavano un as-sistente personali. In quel periodo i guinzagli destinati agli Akita–Inu erano realizzati su misura e nel-l’addestramento si ricorreva ad un vocabolario specifi co. Nella caccia l’Akita veniva abituato a collabora-re con il falco, intervenendo in se-conda battuta, dopo che la preda era stata distratta e disturbata, lottando silenziosamente con strenua for-za e grande coraggio. Proprio que-ste sue caratteristiche di lottatore nato, tanto apprezzate nella cultura giapponese, hanno portato nei se-coli addietro ad un suo utilizzo nei combattimenti, organizzati per sti-molare lo spirito di competizione dei samurai, nonché per il semplice divertimento dei contadini, costretti spesso a fermarsi nel lavoro a causa

delle fi tte nevicate nei rigidi inverni. La pratica dei combattimenti, oggi severamente vietati in Giappone, con i conseguenti processi di sele-zione, spesso con esemplari di raz-ze portate dagli europei quali i Ma-stiff, il Bullmastiff e il Bull Terrier per ottenere cani sempre più forti, imponenti e coraggiosi, ha messo seriamente a rischio la sopravvi-venza dell’Akita, minacciata all’ini-zio del ‘900 anche da una terribile epidemia di rabbia, con ben 3.205 casi registrati dal 1899 al 1924. Le cose non migliorarono neppure du-rante la II Guerra mondiale, quando questi splendidi cani furono cacciati per fare indumenti con le loro calde pelli. Molti esemplari furono salva-ti dai proprietari che li collocarono presso i contadini in regioni remo-te, facendoli apparire come cani da gregge e quindi protetti, poiché pos-sibili ausiliari militari. Nonostante

queste vicissitudini, la razza è riu-scita a sopravvivere fi no ai giorni nostri e oggi l’Akita è sano e salvo e testimonia con la sua presenza il ca-rattere e la fi losofi a di vita del popo-lo giapponese.

La popolaritàAlla sua popolarità ha sicura-

mente contribuito anche la vicenda di Aki, immortalata nel fi lm pre-cedentemente citato, un esemplare passato alla storia come esempio mirabile di devozione e fedeltà. Aki era solito accompagnare quotidia-namente il suo padrone, il profes-sore universitario Eizaburo Ueno, alla stazione ferroviaria di Shibuya, nei sobborghi di Tokyo, e qui, dopo la morte di Ueno nel 1925, lo atte-se ancora fedelmente per ben nove anni, nella vana speranza di poterlo rivedere. Oggi una statua di bronzo a suo perenne ricordo campeggia al-

5Mercoledì, 17 febbraio 20104 Mercoledì, 17 febbraio 2010

L’Akita-Inu, il cane defi nito tenero di cuore e forte di struttura dall’iconografi a nipponica

Il monumento naturale del Giappone

Il cucciolo dell’imperatoreL’imperatore Yuryaku (457 – 479 d.C.) passando per un villaggio,

vide una casa molto simile al suo palazzo e diede ordine che venisse incendiata e completamente distrutta. Il proprietario disperato, non sa-pendo come far cambiare idea al sovrano, pensò di regalargli uno dei suoi cuccioli di cane. Scelse l’esemplare più bello e lo porse al suo si-gnore. L’imperatore, quando vide quel batuffolo di pelo bianco e morbi-do si impietosì e concesse la grazia all’uomo fermando l’ordine impar-tito; la casa fu salva. Quel cucciolo era un antenato dell’odierno Akita-Inu, divenne a tutti gli effetti un membro della corte dell’imperatore.

A cura di Marco Grilli

CINOFILIA

animali

6 animali

Forse nessun altro continente può offrire al visitatore tanta ric-chezza sia da un punto di vista na-turalistico che storico-culturale ed etnografi co quanto l’Africa. Que-sto sicuramente anche grazie alle preziose testimonianze di intrepi-di esploratori e scrittori di ieri e di oggi che, attraverso le loro detta-gliate descrizioni e i loro intensi racconti, continuano a stimolare nei lettori di ogni area geografi ca il desiderio di conoscere questa parte del continente nero.

Gianni Maitan, in compagnia della moglie Marialuisa Tramon-tan, viaggia da oltre vent’anni in Africa, visitando i parchi e le ri-serve naturali più affascinanti del continente. La sua grande passio-ne per la fotografi a naturalistica lo ha condotto nei più svariati paesi,

dal Kenya alla Tanzania, dal Ma-lawi allo Zambia, dallo Zimba-bwe al Botswana, dal Sud Africa alla Namibia. Un pellegrinaggio raccontato nel libro “Meraviglio-si parchi dell’Africa” (Sassi, 288 pagine), nel quale sono raccol-ti gli scatti più belli eseguiti dal-l’autore nei nove paesi e ventidue spettacolari parchi africani visita-ti nel corso dei propri viaggi, al-cuni dei quali diffi cilmente rag-

giungibili, poco visitati e rara-mente pubblicati. La qualità delle fotografi e e la completezza delle descrizioni in italiano e in ingle-se (corredate da mappe che lo-calizzano perfettamente i parchi all’interno dei vari paesi) fanno di questo volume uno straordi-nario strumento per comprendere la realtà incontaminata del conti-nente africano e la sua magica e eterna bellezza.

Da sempre gli uccelli sono gli animali che l’uo-mo percepisce nel modo più diretto: ben visibili nei loro voli, ben osservabili per i colori, ben presenti con le voci e i canti. Non sempre però è possibile fermarsi davvero a osservare con attenzione questi dominatori dell’aria in tutta la loro eleganza e bel-lezza né, per i meno esperti, è facile riconoscere a quale specie appartiene l’esemplare che si incontra. Delle 515 specie fi nora censite in Italia, l’opera fi r-mata da Bruno Caula, Pier Luigi Beraudo, Massi-mo Pettavino, “Gli uccelli delle Alpi” (Blu Edizioni, 320 pagine), ne presenta le 130 che abitano le diver-se comunità ambientali del sistema alpino. Tra que-ste, molte sono quelle osservabili dall’escursionista e dall’alpinista che potranno utilizzare questo testo come una completa e dettagliata guida per compren-dere la natura che li circonda.

Questo libro nasce da una passione profonda che ha spinto un gruppo di amici ornitologi a but-tarsi nell’avventura della divulgazione naturalistica di alto livello e alla raccolta di una iconografi a con immagini spettacolari. Ogni specie è rappresentata con almeno quattro immagini che la riprendono in situazioni differenti, con un grafi co che ne segnala

la presenza sull’arco alpino, con il nome scientifi co e quello volgare in tre lingue e con una scheda che ne dà le informazioni principali.

La visione antropocentrica, che colloca la specie uma-na al centro del mondo, e le fi losofi e dualistiche, che contrappongono la materia allo spirito, il corpo al-

l’anima, il raziocinio alla “brutalità”, debbono ormai es-sere superate. Il libro La "Chiesa e gli animali" (Alberto Perdisa, 152 pagine), di Marco Fanciotti ricostruisce il percorso di una delle tradizioni di pensiero che maggior-mente hanno favorito una visione antropocentrica, quella giudaico-cristiana per come si esprime nel magistero della Chiesa cattolica romana. E mostra come questo percorso, peraltro non univoco e anzi talora contraddittorio, rappre-senti un’occasione perduta per contribuire alla costruzione di una visione del mondo nella quale gli animali abbiano il posto che loro spetta.

Di estremo interesse e attualità il capitolo sulle biotec-nologie (animali transgenici, xenotrapianti, ecc.).

L’argomento è certamente desueto, ma non per questo poco interessante. Che la teologia cattolica, con il suo an-

tropocentrismo e la sua visione dualistica di fondo, aves-se sempre considerato gli altri esseri senzienti con atteg-giamento di suffi cienza quando non con l’arroganza tipica dello specismo lo si sapeva. Bastino, tra tutte, le “amenità” di un “dottore” come Tommaso d’Aquino.

Nessuno fi nora si era, però preso la briga di spulcia-re trattati, studi, encicliche nel tentativo di arrivare ad una disamina articolata e compiuta. Lo ha fatto in modo enco-

miabile Marco Fanciotti nella propria opera. L’autore parte dall’analisi dei testi sacri (Antico e Nuovo Testamento) per valutare le elaborazioni espresse nel corso dei secoli dalle

quali si può evincere con netta evidenza la radicale diffe-renza, nella tematica affrontata, tra il cattolicesimo e oriz-zonti religiosi, come quello buddhista (o jainista).

Mercoledì, 17 febbraio 2010

RECENSIONI Accurata analisi della dottrina cattolica

La Chiesa e gli animaliA cura di Krsto Babić

Come riconoscerli, dove e quando osservarli

Gli uccelli delle Alpi

Editore: Alberto PerdisaAutore: Marco FanciottiPagine: 152Isbn: 978-88-8372-385-8

Editore: Blu EdizioniAutori: Bruno Caula, Pier Luigi Beraudo, Massimo PettavinoPagine: 320Isbn: 978-88-7904-076-1

Uno stupendo libro fotografi co

I meravigliosi parchi africani

Editore: Blu EdizioniAutore: Gianni MaitanPagine: 288Isbn: 978-88-9604-503-9

POESIAIl cane mi domanda...Il cane mi domandaE non rispondo.Salta, corre per i campi e mi domanda senza parlareE i suoi occhiSono due richieste umide, due fi amme liquide che interroganoE io non rispondo,non rispondo perchénon so, non posso dir nulla.In campo aperto andiamoUomo e cane.Brillano le foglie come se qualcuno le avesse lasciateA una a una,sorgono dal suolo tutte le arancea collocare piccoli planetari su alberi rotondicome la notte, e verdi,e noi, uomo e cane, andiamoa fi utare il mondo, a scuotere il trifoglio,nella campagna cilena,fra le limpide dita di settembre,il cane si ferma, insegue le api,salta l’acqua tiepida,ascolta lontanissimi latrati,orina sopra un sasso,e mi porta la punta del suo muso,a me come un regalo.È la sua freschezza affettuosa,la comunicazione del suo affetto,e proprio lì mi chiese con i suoi due occhi,perché è giorno, perché verrà la notte,perché la primavera non portò nella sua canestranulla per i cani randagi,tranne inutili fi ori, fi ori, fi ori e fi ori.E così mi interroga il caneE io non rispondo.Andiamo uomo e cane unitiDal mattino verde,dall’incitante solitudine vuota nella quale solo noiesistiamo,questa unità fra cane con rugiadae il poeta del bosco,perché non esiste l’uccello nascosto,né il fi ore segreto, ma solo trilli e profumiper i due compagni:un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,una galleria verde e poi un gran prato,una raffi ca di vento aranciato,il sussurro delle radici,la vita che procede,e l’antica amicizia, la felicitàd’essere cane e d’essere uomo trasformatain un solo animaleche cammina muovendo sei zampee una coda con rugiada.

Pablo Neruda

animali 7

ROMA – Il genoma paga sul-le corse dei cavalli. Un nuovo test del Dna sugli equini, come si leg-ge nelle pagine della rivista scien-tifi ca “Nature”, riesce a predire come gli esemplari di purosangue si esibiranno sulla pista. I ricerca-tori dell’University college di Du-blino hanno scoperto un modo per determinare in anticipo quali pos-sano essere le qualità di un puro-sangue: se tenderà ad avere mu-scoli compatti per uno sprint ve-loce o se sarà un esemplare snel-lo, più adatto alle competizioni di resistenza. Il nuovo test genetico, prodotto da una società chiamata Equinome, analizza la miostatina, un enzima prodotto dalle cellule del muscolo scheletrico che disci-plina la crescita muscolare e che contribuisce in molti mammiferi all’ipertrofi a muscolare. I ricerca-tori irlandesi hanno scoperto che i cavalli, con due coppie di geni del soppressore della miostatina con variante C hanno più probabilità di vincere le gare brevi, di 6,5 sta-di, mentre i cavalli con due geni delle variante T riescono a fare meglio le corse lunghe, di 13,5 stadi. “Il mondo dei cavalli puro-sangue – hanno affermato i ricer-catori –, è un’industria che mobi-

lita milioni di dollari ogni anno. Durante gli ultimi tre secoli lo svi-luppo delle diverse razze dei ca-valli da corsa è stato intensamen-te selezionato per creare fenotipi atletici che permettono di ottene-re prestazioni superiori nelle varie diverse competizioni”. “Fino ad oggi – hanno proseguito gli au-tori della ricerca dell’Atenao ir-landese –, non sono mai state fat-te analisi genetiche per prevede-re il rendimento di un esemplare. Il nuovo test lo permetterà”. (a)

A chi viene affi dato l’amico a 4 zam-pe in caso di separazione o divor-zio? Una questione sempre più at-

tuale, tanto che nel 2009 sono state oltre 6.000 le richieste di consulenza presenta-te agli sportelli dell’Associazione italiana difesa animali ed ambiente (Aidaa). Non solo, dunque, consulenze per gli animali in condominio, ma anche consulenze gra-tuite on-line o direttamente agli sportelli di Aidaa per i tanti che chiedono aiuto sulla gestione degli animali domestici di fami-glia dopo separazione e divorzi. Sono stati 6.000 gli interventi e le consulenze prodot-te da Aidaa nel 2009 rivolti specifi camente alle coppie in crisi e in fase di separazione e che, in alcuni casi, chiedevano di arriva-re all’affi do condiviso degli animali dome-stici. Nel quasi 70 p.c. dei casi le richieste hanno riguardato i cani di famiglia, ma in molte di tali situazioni la soluzione impo-sta dalla legge è semplice: la persona cui è intestato il microchip dell’animale ne è di fatto il proprietario. Non sono poi manca-te le richieste di affi do condiviso degli ani-

mali attraverso la stipula di apposite scrit-ture private dove le parti si impegnavano a gestire insieme “l’amico” di casa. Oltre il 25 p.c. delle richieste di consulenze ha, invece, riguardato vicende in cui ad essere coinvolto era il gatto di famiglia o più ani-mali contemporaneamente.

“Se teniamo conto che mediamente in Italia il 10 p.c. delle famiglie che si se-parano ogni anno vive con animali e che complessivamente le coppie che si separa-no sono circa 170mila, non abbiamo diffi -coltà a immaginare la vastità del fenomeno – ha affermato Lorenzo Croce, presidente nazionale Aidaa –, e per questo motivo ab-biamo deciso di avviare un corso online, il primo partirà il prossimo 22 febbraio, che ha lo scopo di insegnare alle coppie in fase di separazione a gestire in maniera condivi-sa il proprio animale, evitando di portare in tribunale anche fi do e micio e trovando così – conclude Croce –, una soluzione che ten-ga conto delle normative di legge, ma anche del benessere degli animali, vittime incon-sapevoli delle coppie che ‘scoppiano’”. (a)

VITA

Mercoledì, 17 febbraio 2010

Un corso per decidere l’affi damento degli animali in caso di separazione

Quando la coppia scoppia

SCOPERTE

Un’intuizione italianaIl successo globale dei rospi

TRENTO – I rospi sono portati ad ave-re un successo planetario, essendo “perfetti pionieri”, animali dotati di un vero e pro-prio kit di sopravvivenza, a dimostrazione come l’espansione sia un fattore infl uente sulla formazione di nuove specie. Lo ha scoperto un team internazionale di speciali-sti, di cui fa parte Michele Menegon, ricer-catore del Museo tridentino di scienze na-turali di Trento, che ha pubblicato i risultati della ricerca sulla prestigiosa rivista di di-vulgazione scientifi ca “Science”. Nei rospi l’accumulo graduale di caratteristiche adat-tative ha portato alla genesi di soggetti ot-timali per la dispersione. “Ciò che il lavoro dimostra – ha spiegato Menegon –, è che i rospi, sono animali con una struttura adatta a sopportare grandi variazioni di ambien-te, in grado di riprodursi ovunque, di difen-dersi effi cacemente dai predatori, di accu-mulare acqua. Come se il carro dei pionie-

ri americani con tutta l’attrezzatura, stesse dentro al rospo stesso”. “Questo kit di ca-ratteri di sopravvivenza ad ampio spettro – ha proseguito Menegon –, ha consentito ai rospi di occupare gran parte del piane-ta in poco tempo, partendo dal Sud Ameri-ca (dove è iniziata la loro storia evolutiva), attraverso l’Asia, l’Europa e l’Africa. E ha permesso loro di diversifi carsi e occupare il territorio con molte specie diverse: mano a mano che la colonizzazione avanza, il ‘rospo pioniere’ lascia testimonianza di se stesso in forma di specie adattate ai singoli ambienti specifi ci. È una storia di emigra-zione e conquista, di come essere attrezzati per avere successo”.

La ricerca in particolare ha analizzato in modo comparativo una serie di caratte-ri anatomici e fi siologici dei rospi con le dimensioni di areale di diverse specie e ha analizzato sequenze di DNA appartenenti a

circa la metà delle specie note. Sette sono i caratteri per i quali è stata documenta-ta un’infl uenza positiva sull’attitudine alla dispersione, tra i quali spiccano l’indipen-denza dalla presenza di corsi d’acqua, una

taglia adulta di grandi dimensioni e la ri-produzione tramite larve (girini) di piccole dimensioni alla nascita, che si accrescono poi assumendo sostanze nutritive dall’am-biente. (a)

Test genetici

I campioni in «provetta» Trentino Alto Adige

Cresce il numero degli orsi bruniTRENTO - Una piccola po-

polazione, ma in crescita, con un minimo di venticinque esempla-ri e almeno due cucciolate: sono gli orsi presenti in Trentino, ter-ritorio dove secondo quanto ri-sulta dal Rapporto Orso 2009, 3/a edizione del resoconto, cu-rato dall’uffi cio faunistico del servizio Foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento, con la collaborazione del Parco naturale Adamello Brenta e del Museo tridentino di scienze na-turali. Il rapporto, che segna il punto del progetto Life Ursus, di reintroduzione dei plantigradi sul territorio evidenzia, tra l’al-tro, come la mole di dati ormai raccolti nel corso di quasi un de-cennio consenta di stimare pa-rametri della popolazione, qua-li i tassi di sopravvivenza degli orsi, siano essi cuccioli, giovani o adulti, e gli indici di riprodu-zione. Nel corso dell’anno scor-so non si sono accertate perdite di esemplari e ciò ha consentito di registrare una saldo positivo. Continua anche l’assestamento della struttura della popolazio-ne, che vede ormai presenti in misura sostanzialmente ugua-

le gli esemplari giovani e quelli adulti. Lo scorso anno è stato ca-ratterizzato anche dalla presenza dell’orso nel Trentino orientale. Oltre alla presenza del giovane maschio M5, proveniente spon-taneamente dalle Alpi orientali, si è registrata qualche sporadica segnalazione relativa ad almeno

un animale diverso (anche nel confi nante territorio bellunese), dalla popolazione del Trentino occidentale. Il gruppo di Brenta e l’adiacente gruppo della Paga-nella e del Gazza si confermano comunque, assieme alle Giudi-carie, le aree maggiormente fre-quentate dai plantigradi. (a)

EVOLUZIONE

RICERCA

8 animali

FIUME – I “perros mendigos” (letteralmente cani mendicanti) sono un branco di cani randagi che vivono lungo le strade delle Ande. Per procurarsi il cibo que-sti animali hanno messo a punto uno stratagemma raffi natissimo. Quando vanno al “lavoro”, cioè a chiedere l’elemosina ai camio-nisti di passaggio lungo le strade della catena montana sudameri-cana, si dividono e si posizionano a circa 500 metri, un chilometro l’uno dall’altro. Scelgono il punto dove la strada si fa particolarmen-te sconnessa, dove i mezzi pesanti sono costretti a rallentare l’andatu-

ra ed è più probabile che il camio-nista di turno allunghi il panino dell’elemosina. Si mettono sem-pre sul lato sinistro dei camion che salgono e che quindi vanno più piano, in modo che i conducen-ti non possano non vederli. Una strategia di sopravvivenza niente male. Ma nulla in confronto allo stratagemma ideato da questi due cani fi umani. A differenza dei pro-pri cugini latinoamericani, nella speranza di “scroccare” un pasto gratis i cani nostrani si sono piaz-zati davanti all’ingresso di uno dei principali ipermercati del capoluo-go quarnerino. Mica scemi! (kb)

Mercoledì, 17 febbraio 2010

LA FOTO DEL MESE

PROGETTI

Anno III/ n. 33 del 17 febbraio 2010“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol SuperinaIN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ANIMALI / e-mail: [email protected] esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Saša DubravčićCollaboratori: Giorgio Adria, Marco Grilli, Valentino Pizzulin e Sabrina Ružić Foto di Goran Žiković e d’archivio La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004

Perros mendigos

In Più Animali ti premiaScatta una fotografi a, scrivi una poesia, fai un disegno (su foglio A4)

o dedica un racconto a un animale, vero o immaginario, al quale sei par-ticolarmente legato e invialo in busta chiusa a “La Voce del Popolo” – “In più Animali” (Via Re Zvonimir 20a – Fiume (Rijeka) 51000 – Croazia). Nella busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo nome, recapito tele-fonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere pubblicate ne sarà scelta una, al cui autore andrà in premio un libro della casa editrice EDIT di Fiume. I testi, che non devono su-perare le 3.600 battute (spazi compresi), le foto e i disegni, se in forma-to digitale, possono essere inviati anche all’indirizzo di posta elettronica [email protected] (le foto scattate con i cellulari la cui fotocamera ha una risoluzione inferiore a 3,2 megapixel non sono idonee alla pubblica-zione). I testi, i disegni e le foto non saranno restituiti.

AGENDAAssociazioni

“Snoopy” - Pola:Gsm: 098/856-660Web: www.snoopy.hrCanile di PolaTel: 052/541-100Gsm: 098/855-066Società per la potezione degli animali di FiumeGsm: 098/649-939Web: www.azil.org“Lunjo i Maza” - LauranaGsm: 091/736-8459Associazione per il benessere e la tutela dei gatti “Mijau”Gsm: 091/543-5819Associazione amici degli animali “Capica” - FiumeTel/fax: 051/2629-68 e 051/227-266Gsm: 098/264-892

Gruppi cinofi liSocietà cinofi la “OPATIJA”Casella postale 12, 51410 AbbaziaTel: 051/250-555Società cinofi la “RIJEKA”Via dei combattenti di Valscurigne 2a, 51000 Fiu-meTel: 051/216-030Gsm: 091/563-4460 E-mail: [email protected] di cinofi lia sportiva “RIJEKA”Via Kumičić 38, 51000 FiumeTel: 051/421-457Gsm: 091/120-8975E-mail: [email protected] cinofi la “BUZET”Piazza Fontana 7, 52420 PinguenteTel: 052/773-654Gsm: 098/207-689E-mail: [email protected] cinofi la “LABIN”Vines, Casa di cultura s.n., 52220 AlbonaGsm: 098/610-801E-mail: [email protected]à cinofi la “POREČ”Via Mauro Gioseffi s.n., 52440 ParenzoTel: 052/431-530Società cinofi la “PULA”Via Marulić 4/I, 52100 PolaTel: 052/535-041Società cinofi la “ROVINJ”Via della 43.esima divisione istriana 34,52210 Rovigno Tel: 052/829-041Gsm: 091/568-2781E-mail: [email protected] “ISTARSKI GONIČ”Via Albona s.n., 52470 UmagoTel: 052/756-006, 052/742-101 e 052/742-019Società cinofi la “PAZIN”52000 Pisino

Tel: 052/624-361Gsm: 091/624-7210Società cinofi la “ISTARSKI GONIČ”Via dell’Istria 36, 52460 BuieTel: 052/742-884Gsm: 091/252-8165Il girasole Porpetto (Udine)tel/fax: +39 0431 60375

Società venatorieFederazione italiana della cacciaVia Salaria 298/A, 00199 RomaTel: +39/06/8440941Fax: +39/06/844094217Web: www.federcaccia.orgFederazione croata della cacciaVia Vladimir Nazor 63, 10000 ZagrebTel: 01/48-34-560, 01/48-34-559 Fax: 01/48-34-557Web: www.hls.com.hrFederazione slovena della cacciaVia Župančič 9, 1000 LubianaTel: +386/01/24-10-910Fax:+386/01/24-10-926Web: www.lovska-zveza.siAssociazione venatoria di CapodistriaVia del distaccamento istriano 2, 6000 Capodi-striaTel: +386/041/427-321E-mail: [email protected] venatoria di IsolaBaredi 20, 6310 IsolaTel: +386/041/327-650E-mail: lovska.druzina.izola @siol.net“Platak” – FiumeVia Frane Rački, 51000 FiumeGsm: 091/537-0818“Lane” – AbbaziaVia M.Lahinja 14, 51410 AbbaziaTel: 051/271-515Fax: 051/718-913Gsm: 091/272-6921“Kobac 1960” – LauranaVia Maresciallo Tito 84, 51415 LauranaTel: 051/292-461,Gsm: 091/912-2143“Perun” – Draga di MoschienaMošćenice 21, 51417 Draga di MoschienaTel: 051/737-441Fax: 051/739-030Gsm: 091/794-2590“Kamenjarka” – LussinpiccoloCasella postale 96, 51550 Lussinpiccolo Gsm: 098/240-864“Orebica” – ChersoVia 20 travanj 3, 51557 ChersoGsm: 098/864-894“Lisjak” – CastuaŠporova jama 2, 51215 CastuaTel: 051/543-238Gsm. 091/790-7148

CONCORSO

AFORISMAVivisezione. Nessuno scopo è così alto

da giustifi care metodi così indegni.

Albert Einstein

PROVERBIOTanti cani uccidono il lupo, un cane solo ulula alla luna.

INTERPRETAZIONE: in molti e concordi si può quel che da soli non si potrebbe.

Tutelare il lupo appenninicoSULMONA – Un milione di

euro dall’Unione Europea e sei partner per Life Wolfnet, una rete per la tutela del lupo appenninico (Canis lupus italicus) presentata oggi nell’abbazia di Badia Morro-nese a Sulmona, in provincia del-l’Aquila, sede del Parco Nazionale della Majella, capofi la del progetto. “Fino a 20 anni fa su tutto il territo-rio nazionale si contavano 70 – 80 esemplari di lupo appenninico – ha spiegato venerdì scorso Nicola Ci-mini, direttore del Parco Nazionale della Majella –, mentre oggi questi sono solo i numeri del nostro par-co, 75mila ettari di territorio protet-to che ospitano oltre il 78 p.c. delle specie di mammiferi terrestri pre-

senti in Abruzzo, e oltre il 45 p.c. di quelle italiane. L’approvazione del progetto Life Wolfnet rappresenta il coronamento delle attività intra-prese negli ultimi anni e ci aiuterà a uniformare i sistemi di monitorag-gio e gestione della specie e a com-battere la persecuzione illegale del-la specie”. “Nell’anno internazio-nale della biodiversità è fondamen-tale raccontare come l’Appennino sia un contenitore di grande valore in Europa ed in Italia – ha osserva-to Antonio Nicoletti, esponente di Legambiente –, un network per la protezione del lupo, la specie ban-diera di questo territorio, serve ad evidenziare come progetti strategi-ci e di rete, come Appennino par-

co d’Europa (Ape), possano dare risposte sia in termini di sviluppo delle zone interne sia di protezione di habitat e specie”. (a)

Life Wolfnet