Danusso -- Le Autotensioni - Milan Journal of Mathematics Vol 8 Issue 1 1934

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A. DANUSSO Le autotensioni. Spunti teorici ed applicazioni pratiche SUNTO. -- I1 problema delle autotensioni (stati di coazione elastica privi di ]orze esterne esplicite) viene ra/~rontato con quello in cui son date le /orze esterne come unica causa operante. Scelto come strumento il principio dei lavori virtuali, si ]a vedere come esso possa utilizzarsi in due modi tra loro reciproci per ricavare le leggi statiche da quelle geometriche o viceversa. Se ne deduce una recipro¢itd /rale equazioni caratteristiche dei due problemi sopra indicati. Si considerano le autotensioni come correttive dello stato di tensione dovuto ai carichi, ed introdotte sia artificialmente mediante ]orzamenti, sia naturalmente col sovrapporsi alla de[ormazione elastica di un adattamento plastico. Quest'ultima considerazione viene corroborata dal ra~ronto Ira i ~'isultati del calcolo statico di due ponti ad arco notevoli, da tempo esistenti. 1. --Chiamo autotensioni gli stati di coazione elastica che si verificano in assenza di forze esterne esplicitamente date. ]~ nora ]a loro importanza nella tecnica; e la cura particolare con cui si cerca in molti casi di ridurne l'intensitk mediante opportuni trattamenti meccanici o termici. La denominazione proposta differisce da altre llnora usate, come distorsioni (VOLTERRA, SOMIGLIAI~A) e coazioni (CoLoNNETTI, SESINI): dalla prima, perch6 fu adottata per indicare stati particolari; dalla seconda perch6 viene anche spesso adoperata per stati dipendenti da forze esterne. Semi~arlo 3Iaf. e FIs. di MiZano - vol. VIII. 15

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A. D A N U S S O

Le autotensioni. Spunti teorici ed applicazioni pratiche

SUNTO. -- I1 problema delle autotensioni (stati di coazione elastica privi di ]orze esterne esplicite) viene ra/~rontato con quello in cui son date le /orze esterne come unica causa operante. Scelto come strumento il principio dei lavori virtuali, si ]a vedere come esso possa utilizzarsi in due modi tra loro reciproci per ricavare le leggi statiche da quelle geometriche o viceversa. Se ne deduce una recipro¢itd / ra l e equazioni caratteristiche dei due problemi sopra indicati.

Si considerano le autotensioni come correttive dello stato di tensione dovuto ai carichi, ed introdotte sia artificialmente mediante ]orzamenti, sia naturalmente col sovrapporsi alla de[ormazione elastica di un adattamento plastico.

Quest'ultima considerazione viene corroborata dal ra~ronto Ira i ~'isultati del calcolo statico di due ponti ad arco notevoli, da tempo esistenti.

1. - - C h i a m o autotensioni gli stati di coazione elastica che si verificano in assenza di forze esterne esplicitamente date.

]~ nora ]a loro importanza nella tecnica; e la cura particolare con cui si cerca in molti casi di ridurne l 'intensitk mediante opportuni trattamenti meccanici o termici.

La denominazione proposta differisce da altre llnora usate, come distorsioni (VOLTERRA, SOMIGLIAI~A) e coazioni (CoLoNNETTI, SESINI): dalla prima, perch6 fu adottata per indicare stati particolari; dalla seconda perch6 viene anche spesso adoperata per stati dipendenti da forze esterne.

S e m i ~ a r l o 3 I a f . e F I s . d i M i Z a n o - vol. VIII. 15

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2. - - Si genera spontaneamente l'autotens[one quando una causa fisica tende ad imprimere nel corpo una deformazione piccolissima che non sarebbe per s6 sola compatibile coi vincoli: questi allora rea- giscono e inducono nel corpo una deformazione elastica compensa- trice, in virtfi della quale il rispetto dei vincoli pus ancora esser man- tenuto.

Come i ca~'ichi nei problemi ordinari, cosl le de~ormazioni im- presse rappresentano il dato di partenza nel problema dell'auto- tensione. Esse valgono per noi non in quanto dipendono da cause fisiche dell'una o dell'altra natura, ma in quanto rappresentano de- terminati dislocamenti relativi ffa le due facce di tagli ideali sottilissimi che si immaginino praticati attraverso fi corpo, o fra questo ed i suoi vincoli estern].

Lo stato di tensione e di deformazione che ne deriva si p~15 ren- dere esplicito immaginando dapprima praticati quei tagli, poi appli- cate visibilmente alle due facce, di ciascuno di essi tanto le deforma- zion] impresse, (mediante asportazione od aggiunta di materia ove occorra) quanto le forze mutue da esse originate; infine immaginando saldati i tagH per ripristinare la continuitk del vincolo materiale, in modo che ritorn]no a sussistere come reazion] spontanee le forze mutue poc'anzi messe in luce.

L'aver supposto infin]tesime tutte le deformazion] in ginoco, e invariate le proprietk elastiche del corpo consente di ritenere valida la sovrappon]bfiit& degH eitetti, e quindi di ammettere che lo stato finale, a cn] si perviene col processo artificioso ora enunciato, non dii~erisca da quello a cui conduce il processo naturale dell'autotensione.

3 . - La variet£ delle autotension] pus farsi dipendere dalla localizzazione delle deformazion] impresse. Se queste son distribn]te sopra una superficie, comunque tracciata nel corpo, che non tagli s~ stessa, si ha la distorsione di SOMmLIANA; - - s e in particolare la superficie taglia il corpo lasciandolo ancora sufficientemente connesso, e se la deformazione impressa vi ~ caratterizzata da uno spostamento relativo rigido delle due facce del taglio, si ha la distorsione proposta da WErNGARTE~ e studiata esaurientemente da VOLTERRA.

Esempio della prima: l'autotensione che si genera in un corpo ottenuto scaldando una scorza cilindrica e calzandola esattamente sopra un'altra. A raf[reddamento avvenuto la scorza interna ~ lore . muta, l'esterna ~ tesa.

Esempio della seconda: l'autotensione che si produce in un anello segandolo lungo due sezion] trasversali plane vicinissime, asportando il cuneo ffa queste compreso, e riportando a combacio con Saldatura le due facce Iibere.

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4. - - L a distorsione di VOLTERRA e tipica per due ragioni. In primo luogo perch~ la discontinuit£ provocata in corrispondenza della superficie di saldatura essendo di ripe rigido non d£ luogo a discon- tinuit£ nel tensore delle deformazioni e quindi neppure m quello degli sforzi. In seeondo luogo perch6 lo stesso state di autotensione pu6 prodursi scegliendo comunque la sezione lunge l'anello, pureh~ si tengano ferme le caratteristiche della discontinuit£ rigida impressa; oppure operando in tante sezioni con spostamenti rigidi parziali, com- plessivamente equivalent~ a quella discontinuit&. Sea l limite si opera in tutte le sezioni con ffazioni infinitesime di spostamento impresso, si comprende come nella trattazione analitica lo spostamento elastico espresso in funzione del posto possa farsi apparire o come funzione discontinua in corrispondenza di una o pi~ sezioni e continua nel re- sto dell'anello, oppure come funzione ovunque continua ma polidroma.

5. - - Vediamo sinteticamente come si possa impostare la teoria delle autotensioni, partendo dal principle dei lavori virtuali.

Giova per questo tener presenti i due aspetti reciproci che il principle offre a c h i l o guardi non solo come sussidio fondamentale alla statica quando sia nora la cinematica, ma anche inversamente come mezzo per formulare le leggi . cinematiehe quando siano note quelle delia statica.

I1 primo aspetto ~ quello classicamente abituale: in regime di spostamenti bilaterali noi scriviamo:

3 / i = 0

essendo F i l e componenti scalari delle forze applicate al corpo e 3/ le corrispondenti componenti degli spostamenti infinitesimi; diciamo che questa equazione ~ valida per qualunque sistema di forze purch6 equilibrate e per qualunque sistema di spostamenti purch~ compa- tibile celia posizione iniziale dei vincoli, e utilizziamo l'equazione com- binandola colle relazioni einematiche che legano gli spostamenti: il risultato della combinazione ~ un'identit£ negli spostamenti indi-

• . I . .

pendenti, e le condlmom di tale identit£ forniscono le relazioni sta tiche determinatrici dell'equilibrio delle forze.

I1 secondo aspetto utilizza la stessa equazione fondamentale com- binandola colle equazioni di equilibrio tra le forze, per trarne un'iden- tit£ helle forze indipendenti, le cui eondizioni forniscono le relazioni cinematiche a cui debbono ubbidire gli spostamenti.

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6 . - Poniamo per esempio di voter studiare la meceanica del sistema rigido considerandolo come insieme di punti girevoli intorno ad un asse, scelto come asse delle X nel riferimento cartesiano.

Applichiamo at punto generico (xi yi zi) la forza (Xi ]% Zi) e facciamolo rotate intorno a z dell'angolo 3~ .

Scriviamo l'equazione dei lavori virtuali:

(1) E~ (X~ y~ - - Y i x~) 3 ~ -- 0

Seguendo il primo degli aspetti sopra ricordati diremo che l'insieme dei punti si ~ comportato come rigido quando l'angolo 39~ ~ lo stesso per tutti i punti: allora la (1) si traduce netla:

(2) E~ (Xi yi - - Yi xi) -= 0

ehe esprime la condizione di equilibrio delle forze applieate al sistema dato. Seguendo invece il seeondo degli aspetti sopra ricordati dobbiamo supporre di definite come rigido l'insieme dei punti dati quando, applicato un generico sistema di forze legate fra loro da]]a condizione, (2), il complesso dei punti stia fermo. Allora le relazioni cinematiche che legano i possibili spostamenti dei punti dati si ottengono combi- nando la (2) colla (1) e considerando poi il risultato della combina- zione come un'identit£ helle forze rimaste indipendenti. Cosi operando si ricavano infatti le condizioni:

~i ~ costante.

7. - - Queste considerazioni acquistano un partico]are sapore quando la configurazione di equilibrio che il corpo, supposto defor~ mabile, assume sotto l'azione delle forze, dii~erisce dalla posizione di riposo per spostamenti infinitesimi, legati biunivocamente alle forze. In tal caso quella configurazione, unica possibile ed equilibrata ad un tempo, pus riguardarsi come funzione dei parametri di forza, oppure di quelli di deformazione, e questi ultimi si possono consi~ derare, se si vuole, come spostamenti virtuali; mentre, ai fini dell'ap~ plicazione del principio dei lavori virtuali, ~ lecito, quando convenga, riferirsi a forze infinitesimali purch~ equilibrate. Allora dette P ed 8 rispettivamente le componenti cartesiane delle forze applicate e delle reazioni interne, e dette analogamente p ed s le eorrispondenti componenti di spostamento, nella configurazione finale suscitata dalle

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P, l'equazione dei lavori virtuali pus esprimersi con pari legittimit£ helle due Iorme reciproche:

(3) E P ~ p - - E S ~ s =0

(4) E p S P - - E s ~ S = O

le quali sono particolarmente adatte ad interpretare rispettivamente la prima e la seconda de]le utilizzazioni del principio, sopra ricordate.

Colla prima, definita la configurazione finale in base ai parametri geometrici p ed s, si tende a caratterizzarla come unica equilibrata Ira le infinite possibili (p + 3 p, s + 3 s) che Ia contornano; - -co l la seconda definita la stessa configurazione in base ai parametri di forza P ed S si tende a caratterizzarla come unica possibile (cio4 congruente in s6 e compatibile col vincoli) ira le infinite equilibrate (P q-3 P, S -b ~ S) che la eontornano, per chi guardi con oechio statico, anzi- ch6 con occhio geometrico.

]~ facile vedere come avviene che le due clasM eosl considerate mentre sono congruenti sotto un aspetto (geometrico nel primo caso, meccanico nel secondo) sono invece incongruenti sotto l'aspetto com- plementare.

Invero si osservi chela prima classe viene esplorata immaginando di sovrapporre alla configurazione finale una variazione di forma che rispetti i vincoli e la compagine strutturale del corpo, senza intro- durre nel calcolo le forze che occorrerebbe applicare per produrre e mantenere quella variazione; mentre la seconda viene esplorata im- maginando di sovrapporre alla configurazione finale una variazione nel regime dei carichi e delle reazioni che rispetti l'equilibrio, senza introdurre nel calcolo gli spostamenti che occorrerebbe imprimere per produrre e mantenere quella variazione (1).

Allora l'incongruenza nasce dal fatto che, essendo postulata una corrispondenza biunivoca ira le reazioni interne ed i loro sposta- menti, si ha nel primo caso, come conseguenza della supposta varia- zione di Iorma, un regime di tensioni interne ehe non trovano al contorno le dovute forze equilibratriei; e nel seeondo caso come con- seguenza della supposta variazione nel regime delle Iorze, si ha un complesso di deformazioni ehe non trovano ai contorno gli sposta- menti con esse congruenti.

(1) Cir. COLONN~TTI - -~a statica de~le Uostruzioni.

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Le due variazioni, perfettamente reciproche dal punto di vista ormale, differiscono invece dal punto di vista fisico nel senso che la

prima si pus di fatto realizzare con un'opportuna applieazione di forze (occultate al calcolatore) senza alterare ]a compagine ed i vin- coli assegnati al corpo; mentre la seconda ~ irrealizzabile per incom~ patibilit£ geometrica.

Le due variazioni ritornano logicamente sulto stesso piano quando ci si abitui a pensare che sin presente nell'osservatore un'uguale sen- sibilit£ per la congruenza geometrica, nel regno della forma, come per la congruenza meccanica (equilibrio) nel regno delle forze.

8 . - Sono classiche le applicazioni della (3) oppure delia (4) allo studio degli ordinari problemi dell'equilibrio elastico, cio~ di quelli che derivano da forze P esplicltamente date, senza intervento di alcuna discontinuit£ nel regime degli spostamenti. Ricordiamole brevemente.

Primo metodo. Si parte dalla (3). Si pongono le condizioni al contorno e quelle di congruenza a cui debbono soddisfare le 3s hel- l'intern0 del corpo,(1) e quindi i legami cinematici che esprimono cia- scuna ~p in funzione delle ~s prescelte. Allora la (3) diventa un'iden- tit£ nelle: 3s, e, come tale, permette di determinate tutte le S in fun- zione dei carichi P, se si ammette che il corpo sin semplicemente con- nesso nel suo interno, e che i vincoli esterni siano appena sufficienti a disciplinare i moti rigidi. Se invece vi ~ sovrabbondanza di connes- sione o di vincolo, le ~s sono ira loro ulteriormente legate, quindi diminuisce il numero dei parametri liberi rispetto ai quali la (3) si verifica identicamente. In compenso intervengono a determinate il problema altrettante condizioni ira gli spostamenti effettivi s e /9, noneh~ le relazioni ira s ed S inizialmente postulate.

Esempio: tre aste rigide vengono unite ira loro in C1 e C~ da cerniere, la cui rotazione subisce il ireno d i u n a molla perfettamente elastica. In posizione di riposo le tre aste sono allineate orizzontal- mente, e vincolate in A a perfetto incastro, ed in B a carrello scorre- vole orizzontalmente senza attrito. Applichiamo un solo carico P verticale, come in fig. 1.

La configurazione finale ~ caratterizzata dallo spostamente ver- tieale positivo p, dalla rotazione positiva nh e dalla rotazione nega-

(1) Per esempio se le ~ s sono le componenti del tensore di deformazione, b~- sta esprimerle helle componenti del vet tore spostamento, e ammettere la continuit~ di quest 'ul t imo in tu t to il corpo, o in tu t t e le porzioni di cui il corpo si consideri costituito.

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"rl

,IP b

5-

~P G

Fig. 1.

tiva m 2. Detti M1 e M~ i momenti flettenti di reazione in C1 e C2, ne- gativo il primo, positivo il secondo, la (3) diventa:

P 8p + M1 3m~ + M~ 8m2 = 0

mentre fra le variazioni degli spostamenti sussistono le relazioni:

t ~ p = a 3ml b ~ ml + c ~ m 2 = 0

Combinandole si ricava

b P a + M I - - - - M2 = 0

c

Si ha poi:

b ml -l- c m2 = O

(*)

e ponendo:

si ricava:

- - ml -~ kl M1

con/~ e k2 costanti,

b k l M 1 + c k 2 M ~ = 0 (**)

Le (*) e (**) risolvono il problema, dando M1 ed M2 in flmzione di P.

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9. - - Secondo metodo. Si parte dalla (4). Si pongono le relazioni di equilibrio indefinite e al contorno ~ra le variazioni di forza intro- dotte. Se non vi sono vincoli sovrabbondanti le relazioni di equilibrio esprimono ciascuna 8 S in flmzione nora delle ~ P, e quindi la (4), come identit£ helle 8 P, permette di esprimere le p in funzione delle s, ossia di determinate l'aspetto esteriore della configurazione finale in accordo con ipotetici valori degli spostamenti interni. Legando questi ultimi agli sforzi, e questi ai carichi con equazioni di equilibrio identiche a que]le correnti Ira 8 P e aS si arriva a definite le io in Iunzione dei carichi.

Se invece la connessione o i vincoli sovrabbondano, il procedi- mento si pu6 ripetere, ma nelle ultime equazioni Ira le P e le S oc- corre introdurre, come parametri da determinare, le reazioni sovrab- bondanti X.

Orbene si osservi che, in caso di sovrabbondanza di vincolo, la variazione equilibrata nel regime delle forze dalla quale occorre par- tire si pu6 anche ottenere senza disturbare i carichi, variando cio~ soltanto le reazioni di vincolo e gli sforzi interni. Allora la (4) si sem- plifica nelia:

(4') Z s a S = o

in cuile ~ S possono esprimersi in flmzione nota delle ~ X, con chela (4') diventa un'identit£ nelle ~ X, e, come tale. permette di scrivere altrettante relazioni Ira le s. Le quali relazioni, tradotte nelle S, e da queste, sempre per ragion di equilibrio, tradotte ancora nelle X, permettono di calcolare la X direttamente senza unirne la ricerca a quella degli spostamenti p.

Esempio: riprendiamo quello gi£ trattato, e assumiamo come so- vrabbondante la reazione in B (fig. 2). La (4') diventa

m~ 8 M1 + m2 ~ M~ = 0

B a ' P

Fig. 2.

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in cui

3 M I - = b 3 X

~Ms = 0 3 X

Combinando si ha:

(*) ml b + m~ c ----- 0

Essendo poi - - ml : ]c I M 1

ms = ks Ms

e a n c o r a :

M1 = X b - - P a

.~/12 - - ~ X c

si ha dalla (*):

]gl a b X = P

kl b 2 -4- 4 c~

Siccome, note le equazioni della statica dei sistemi rigidi, si pus caratterizzare la configurazione finale mediante le sole X, ~ naturale che l 'ultimo metodo sia nella pratica il preferito per la risoluzione dei problemi di elasticit£ con connessioni sovrabbondanti.

lO. - - S e all'ipotesi fondamentale che gli spostamenti s si pos- sano considerate come infinitesimi e quindi siano biunivocamente legati agli sforzi S da relazioni lineari ed omogenee, si aggiunge quella ehe il tensore elastico presenti almeno la simmetria caratteristica per l'esistenza del potenziale U delle forze elastiche, espresso notoria- mente daIla

1 U = - - E Ss

2

si hanno per le sue variazioni, r ispett ivamente nel primo e nel secondo dei metodi esposti, le espressioni:

~s U = E S ~ s ~ s U = E s ~ S

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9,'26

Allora, ricordando che i carichi P sono costanti date, la (3) e la (4') possono scriversi r ispett ivamente sotto la forma

(3') ~s[--EPp-t- U]=O

(4") ~ U = o

con carattere di minimo per le flmzioni di cui ~ annullata la variazione. La prima, ore anche il complesso delle forze P ammetta un potenziale, ripete il principio in virtfl del quale il corpo elastico sotto l'azione delle forze sceglie spontaneamente ffa tut te le configurazioni geo- metricamente possibili quella per cui risulta minima l'energia poten- ziale totale dei carichi applicati e delle tensioni elastiche.

La seconda invece, ore si esprimano le S helle reazioni sovrab- bondanti X, prende la iorma

(4") 3x U = 0

e ripete il noto teorema di ME~ABREA, per cui l'energia elastiea rac- chiusa nella configurazione finale del corpo, considerata come fun- zione dei parametri X, ha valore minimo ffa quelli che l a stessa tim_ zione, (ridotta a pura maschera analitica) assumerebbe per altri valori arbitrariamente assegnati alle X, sempre rispettando le con- dizioni di equitibrio anzidette.

11. - - V e n i a m o ora al calcolo delle autotensioni. I metodi esposti possono senz'altro trasferirsi a questo problema, quando fi tranello della discontinuit£, dovuta alle deformazioni impresse, sia reso inno- cuo, rendendo esplicite coi tagli queste deformazioni e gli sforzi che le accompagnano, come abbiamo accennato al n. 2.

Indichiamo con ~ la generica deformazione impressa agente in uno qualunque di quei tagli; con s, al solito la deformazione elastica, e con s ° lo spostamento totale che compete alla configurazione finale dell 'autotensione: si ha per sovrapposizione di effetti:

8o ~-~- f f .gff 8

essendo in genere discontinue e ineompatibili coi vincoli tanto il si- sterna delle a quanto quello degli s, mentre @ ricondotto a continuit£ ed a compatibilit£ coi vincoli il sistema degli s o. Indichiamo pari- menti con S ° lo sforzo generieo prodotto dall 'autotensione.

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Allora, ricordando che non esistono cariehi, che tu t te le forze suscettibili di spostamento virtuale o reale si riducono alle S o, e che non si pus parlare di autotensione se non in presenza di sovrabbon- danza di vincoli, l 'applicazione, perfettamente lecita, delle (3)e (4') conduce ripett ivamente alle due seguenti:

(5) Z So 8 s ---- 0

(6) E so 8 S = 0

Quando esiste il potenziale U o delle forze elastiche, la prima di queste due relazioni si trasforma nella:

(5') 88 Uo = 0

e la seconda, ricordando che

38 U ° ---- Z s 8 S

e che le ~ sono costanti date, d£ luogo alia

(6') 8~ (Z (~ So + U o) = 0

La prima, a cui corrisponde, per le solite ragioni, un minimo della funzione U ° riafferma che la configurazione di equilibrio assunta spontaneamente dal corpo in autotensione, ira quelle che esso avrebbe a disposizione come possibili, 6 earatterizzata dal minimo contenuto di energia potenziale elastica.

La (6') invece, quando si osservi che la variazione seconda della iunzione (a S ° + U °) si riduce alla variazione seconda di U °, e che questa ~ eminentemente positiva (perche rappresenta l 'energia ela- stica ehe il corpo assumerebbe quando fosse assoggettato ai soli sforzi elementari ~ S) sta ad affermare che gli sforzi S °, generati dall 'auto- tensione sono quelli che rendono minima la funzione:

( Z a S ° + U °)

intendendosi ripetuto sul significato fisico di questa funzione quello che ~ stato osservato al n. 7 (1).

(1) Cfr. COLO~]~TTI - , ~ a s t a t i c a d e l l e c o s t r u , z i o n i - Vol. I, pagg. 317 e 329.

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Naturalmente converr£ anche qui (come gi£ si fece a proposito del teorema di MENABREA) esprimere gli 'sforzi S ° in funzione detle reazioni sovrabbondanti X, mediante relazioni di equilibrio, con che la (6') viene ad assumere la forma:

(6") ~x (Ec So + Uo) = 0

che, utilizzata come identit£ nelle ~ X, permette di ricavare le X effettive in funzione delle a, e quindi di dare sostanzialmente risolto il problema dell 'autotensione.

12. - - N e i calcoli precedenti, pur avendo operato i tagli a t t i a render esplicite le deformazioni impresse, li abbiamo poi richiusi, e per questo abbiamo classificato tu t te le forze in giuoco nella famiglia delle reazion~ interne.

Se invece - - com'~ equivalente ai fini del calcolo - - si lasciano aperti i tagli e quindi non solo si mantengono in vista le deformazio- m impresse, ma anche si applicano dalI'esterno le corrispondenti forze mutue, atte a provocare e conservare lo stato di autotensione, si riesce a stabilire pifi da vicino il paragone fra i prob]emi di auto- tensione ed i problemi ordinari.

Facciamo per questi anche un cambiamento di simboli; distin- guiamo cio@ le componenti de]le forze mutue operanti esternamente sulle facce dei tagli chiamandole con p o e indichiamo con po le cor- rispondenti componenti delle deformazioni impresse. Allora, operando come precedentemente per arrivare alla (5), s i dovrebbe scrivere il ]avoro virtuale esterno E po ~ p o e quello inferno - - E S ° ~ s ; ma il primo @ hullo poich6 sarebbe contraria alla compatibilit£ geometrica una supposta variazione delle deformazioni impresse po. Quindi la (5) conserva la forma:

(5) Z S o 3 s = 0

mentre la (6) assume la nuova forma:

(6*) E po ~ p o - - E s 3 S = 0

Confrontiamo la (5) e la (6*) rispettivamente colla (4') e colla (3) relative al problema ordinario. Si vede subito che il passaggio dalla trattazione generale di questo problema a quella del problema delle autotensioni si pub fare sostituendo ordinatamente:

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alle quantit£:

P p S s

e alle parole: problema ordinario, compatibilitd, equilibrio

le quantit~:

po po s S °

e le parole: problema di autotensione, equilibrio, compatibilitd.

La dualitk cosi stabilita si eonserva anehe quando la soluzione tiene eonto dell'esistenza del potenziale; e si corrispondono allora mu- tuamente l'energia elastiea U del problema ordinario e quella U ° del- l 'autotensione. Invero la (5') si mantiene; e la (6') prende la forms:

(6') ( - - Z po po + Uo) = 0

ed entrambe si deducono per dualit£ dalle (4") e (3') rispettivamente (1). I teoremi fondamentali che si deducono direttamente dal prin-

cipio dei lavori virtuali, si trasferiscono con la stessa dualit£. Cosi il teorema di CLAPEYRON, nel regime ordinario:

1 - - U = ~ - E P p

2

diventa nel regime delle autotensioni:

1 - - U o _ _ E po po

2

Simiimente avviene del teorema di reciprocit£ di BETTI:

E P q = E Q p ,

che si trasforma nel duale

(7) Z p ° Q ° = Z q ° P ° ,

se po e qo sono due diversi sistemi di deformazioni impresse appli-

(1) Cfr. SxsI~'I - S u l l e c o a z i o n i e l a s t i c h e - T r e n o t e - Acc. Pont. N. Lincei, 20 giu- gno 1926; 22 mag~o 1927; 18 dicembre 1928.

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cate allo stesso corpo, e po Qo le corrispondenti forze mutue nel re- gime di autotensione.

Partieolarmente interessante ~ fl caso di MAXWELL:

1 1

Pk p i k - p i p~i

the si tras~orma come segue:

1 1

e afferma che la componente di sforzo p o suscitata nel posto i da una componente di defornazione impressa p~ ---1 agente nel posto k g uguale alia componente di sforzo P~i suscitata nel posto k, in direzione congruente a p~ da una deformazione impressa po = 1 agente nel posto i in direzione congruente a P ~ (1).

I1 teorema di CASTmT.IA~O:

si trasforma nell'altro:

OU

Pi - - pi

U ° _ _ _ ,

ap ,

13. - -SJ dimostra Iacilmente una propriet£ interessante che pre- senta l'autotensione nei corpi privi di vincoli esterni, clog che la con- figurazione finale conserva il volume totale di quella iniziale(~). Basta applieare la (7) all'autotensione data, defmita dalle pOe ad un'altra autotensione definita dall'applicazione, diffusa in tutto il eorpo, di una stessa componente costante di deformazione impressa q°r. Siecome questo secondo sistema deformante ~ congruente, non produce sforzi; si ha quindi Qo _=_ 0 in tutto il corpo, e la (7) diventa

(7') ~v P: = 0

intendendosi estesa la somma a tutto il volume V del corpo. Ripetendo

(1) COLONN~TTI - A c c a d e m i a L i n c e i , 1928 vol . V I I s e r i e 6 ° f a sc . 10 e vo l . V I I I se r ie 6 a 20 se re . , f~sc . 3-4, 7-8.

(2) SES~Ni - l a s e c o n d a de l le m e m o r i e g i a c i ta~e .

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l'operazione con un altra componente, costante e diffusa, di defor- mazione impressa q:, si ha analogamente

(7") Nv p.o = 0 ,

e cosi per tutte le possibili componenti. Allora, notando ehe la variazione di volume dovuta all'autoten-

sione po ~ espressa da

3 V = - v Z v O

essendo v u n elemento costante di volume, e 0 il coefficiente di dila- tazione cubica, e che questo coetficiente si esprime in funzione lineare omogenea delle componenti di sforzo po po..., si ha senz'altro la di- mostrazione voluta.

14. - - L e autotensioni servono come il pi~ naturale mezzo di calcolo per rivelare gli sforzi esistenti, in un corpo elastieo vincolato e caricato. Lo si comprende anzitutto intuitivamente: nessun mezzo migliore infatti per accertare la presenza di uno sforzo prodotto da cariehi e pesarlo, che pratieare ii taglio atto ad esteriorizzare le due Iaece di applicazione di quello sforzo, ed insinuarvisi coll'applicazione della corrispondente componente di deformazione impressa, misurando il lavoro the questa fa eompiere ai eariehi. 1~ data per esempio un'asta curva A C B, che si sposta in A C1 B per l'applieazione di un sistema di earichi Pi (fig. 3). In un punto /c si sviluppa, per effetto di quei earichi una eomponente di sforzo Ski che vogliamo misurare. Tagliamo in k quanto basra per annullare la eorrispondente eapacith di reazione e sostituiamola, rendendo esplieito lo sforzo: le due facce del taglio rimarranno combaeianti. Scarichiamo ora la struttura ed interve- niamo nel taglio eolla deformazione impressa q~, otterremo una nuova configurazione A C2 B in cui il punto d'applicazione del earico gene- rico Pi avrh subito la corrispondente eomponente di spostamento v~.. Rendiamo esplicita la forza Q~, corrispondente a q~ e parago-

Cz

Fig. 3.

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232

niamo ffa loro, col teorema di Betti, le azioni reciproche di due fa- miglie di carichi, costituite la prima dai carichi P i e dallo sforzo Ski reso esplicito, la seconda dall'unico sforzo Qo pure reso esplicito.

Poich@ la prima ~amigtia non sposta le facce del taglio, non fa lavorare la seeonda; risulta quindi nullo anche il lavoro che l a se- conda fa complete alla prima, cio~

(s) Zi P~ v~ ÷ Ski qo = 0

Se si suppone l'azione di un unico carico P i e si considera come incognito lo sforzo Ski si ottiene:

P i o (s') S k i . . . . v~7~ ql

e se si pongono in particolare Pi = 1, q~. ~- - - 1 si mette in evidenza quello che il COLO~NETTI chiam5 secondo principio di reciprocitd(1).

Esso d£ la pifl semplice realizzazione concreta del procedimento intuitivo annunciato, e riduce la ricerca dello sforzo S1~i e quella

• O dello spostamento elastico vi~. La ricerca ~ particolarmente facile ed interessante quando pus compiersi sperimentalmente sopra un modello della costruzione in esame.

Se questa pus praticamente ridursi ad un sistema piano formato da un'intelaiatura di aste, dritte o curve, vincolate variamente ira loro ed all'esterno, e caricato da forze giacenti nello stesso piano, l'autotensione rivelatrice pus ridursi utilmente ad una distorsione di VOLTE~A e quindi applicarsi indifferentemente dove torni pifl co- modo: pe r esempio ad una delle sezioni estreme nel caso della fi- gura 3.

Un apparecchio adatto per questo scopo ~ rappresentato nella fig. 4. Un robusto banco metallico sopporta, in posizione che si pus registrare e fissare, un certo numero di microseopi con retieolo colli- mati ad altrettanti punti del modello su eiascuno dei quali ~ fissato un reticolo graduato. La distorsione viene data coll'immissione ira fl banco ed fi modello, di spine di acciaio calibrate. Coi microscopi si leggono le tre componenti dello spostamento elastico locale (2) dovuto alla distorsione, le quali, in virtfl della (9') danno le influenze di ipotetici carichi convenientemente applicati al modello.

(1) Cfr. COLONN]~TTI - Stat ica dclIe costruzioni - Vol. I, pag. 301. (2) L'app~recchio fllustrato appartiene al Laboratorio di Meccanica delle Co-

struzioni dei Politecnico di Milano.

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Fig . 4.

15. - - L a dualit£ sopra enunciata pub estendersi anche al pro- cesso illustrato nella fig. 3. Riprendiamo infatti la (3) e la (6)* che avevamo paragonate nella dualit£, e supponiamo di applicarle: la prima allg configurazione A C1 B (fig. 3) in cui si voglia introdurre esplicitamente anche uno sforzo interno Sk; la seconda alla configu- razione A C2 B in cui si voglia introdurre uno spostamento esterno v °. 0ccorrerh nel primo caso aggiungere alle variazioni S p e 8 s uno spostamento relativo ~ sk delle due facce del taglio praticato per rendere esplicito Sk; e nel secondo caso occorrer£ aggiungere alle variazioni 8 po e S S u n carico addizionale 8 Vi.

Con ci5 la (3) si trasformerh nella:

(3) E P 3 p -4- Sk 3s7~ - - E S 3 s = 0

e la (6)* si tras~ormer£ nella:

(6)* Z po 3 po + v~3 Vi - - Z s 3 S = o

e la dualitk anzidetta far£ anche corrispondere ad uno sforzo Sk reso esplicito nel problema ordinario, ed alto spostamento fittizio sk, uno spostamento v~ nel problema dell 'autotensione e i l carico fittizio Vi.

S e m i n a r i o M a t . e F i s . d i ~ l i l a n o - vol. VIII . 16

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Con questa osservazione la (8) si trasforma dualmente nella

(s)* Zkq;ST.+v kP =0

e la (8') si trasforma nella:

(s')* v : k = - - - S1 i Pi

equivalente ancora alia (8') Ci5 significa the al metodo di caleolo prima enunciato, in cui

una fittizia autotensione serviva come mezzo per rivelare gli sforzi interni derivanti da forze esplicite, fa riscontro il metodo reciproco per eui una fittizia applicazione di forza esplicita serve come mezzo per rivelare gli spostamenti esterni derivanti dall 'autotensione.

16. - - A p p a r e da tut to questo l ' importanza che lo studio detle autotensioni assume non soltanto per lo scopo diretto di considerate il fenomeno in s~ stesso quaIe si presenta nella pratica costruttiva, ma anche per valersene indiret tamente come mezzo ausiliario d'indagine per la soluzione dei problemi elassici derivanti da forze esplicite.

In modo partieolare g adat ta a questo seeondo scopo, (come gi£ aceennato al N.o 14) la distorsione di VOLTERaA, perch~ in molti casi della teeniea si considerano strutture la cui forma si pus intendere generata dallo scorrere di una area piana variabile, lungo una linea a cui quelI'area si mantiene normale; e si suppongono eondizioni tall per cui diventa lecito con sufficiente approssimazione l 'ammettere che quelle aree rimangano plane durante la deformazione.

Allora la deformazione, veduta su ogni singola sezione trasversale assume le apparenze d i un moto rigido, che l 'autotensione rivelatriee deve riprodurre per innestarsi convenientemente nel catcolo. Ed proprio per questo the l 'autotensione ausiliaria si riduce ad una di- storsione di VOLTE~RA.

17. - - Nel calcolo statico delle costruzioni, accanto al problema ordinario dovuto alla presenza dei carichi permanenti e accidentali, compare sempre il problema delle autotensioni dovute a variazioni termiche, a eedimenti di vincoli esterni o di connessioni interne, e ad ogni altra causa fisica deformatrice come lo stato igrometrico del!'ambiente per le strutture in legno o in calcestruzzo, o l'insieme delle reazioni che si svolgono durante la presa per le malte in genere.

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8e sono piccole le deiormazioni impresse e trascurabi]i le variazioni ridotte da quelle cause nelle propriet& strntturali della costruzione, gli sforzi derivanti da]l 'autotensione si sovrappongono semplicemente a quelli dovuti ai earichi, e vi portano spesso incrementi notevolissimi. Per averne un'idea basra l'esempio semplies di un'asta di ferro posta ad incatenare fra loro due muri: se si suppone invariabile la distanza ira gli attacehi esterni, s si abbassa la temperatura di cinquanta gradi, si genera per questo solo fatto uno sforzo di trazione di circa 1200 kgo per emq. pari a quello generalmente ammesso come earieo di si- eurezza°

La gravit£ degli sforzi dovuti alle autotensioni note, e pifi aneora il timore di quelli dovuti ad autotensioni oceulte, ha indotto i eo- struttori a eereare ogni mezzo per tagliare ]a strada alle autotensioni, o per eliminarne in tut to od in parts gli effetti.

1 8 . - I1 primo intento si pub perseguire, e fino ad un certo punto ottenere, eliminando gli eccessi di connessioni o di vincolo, senza i quail l 'autotensione non pu6 nascere perch6 viene a mancare il contrasto alle deformazioni impresse. Ci6 non pu6 realizzarsi altri- menti chs ridueendo la costruzione a tanti elementi, ciascuno sempli- cemente connesso, e legati fra loro ed ai corpi esterni appena quanto basra perch~ ogni moto rigido di quegli elementi sia annullato o con- venientemente disciptinato. Si progettano cosi appoggi scorrevoli, connessioni a snodo, ed altri vineoli consimili, che si realizzano e si mantengono bene nelle costruzioni meecaniche, ma non in quelle eivili dove essi debbono raccogliere e concentrate flussi di forze spesso ingenti, e funzionare all'aperto, con moti piecolissimi, senza l'assidua manutenzione e lubrificazione con cui si eurano i meccanismi°

Nascono allora gli attriti in virtfl dei quali risorge almeno par- zialmente, Fautotensione principals che si voleva eliminate. Riman- gono poi in ogni caso possibili le autotensioni secondarie che ciascun elemento tenda a racchiudere in s6 stesso senza l ' intervento di rea- zioni dall'esterno (1).

Questo espediente di liberare la costruzione non ~ dunqne felice dal punto di vista pratico.

1 9 . - I1 secondo intento si pus raggiungere introducendo a forza nella costruzione un'autotensions ehe distrugga od attenui quella dovuta agli agenti fisiei. Si t rat ta di compiere un'operazione

(1) L'autotensione principMe pub anche essere una distorsione di Volterra; la secondaria non pub essere the di tipo pih complesso.

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chirurgica delicatissima, poich~ gli spostamenti che si devono pro- durre e lasciare poi impressi nella costruzione sono piccoli assai, e non bisogna n~ ridurli, n~ tanto meno esagerarli se non si vuole por- tar un rimedio troppo scarso nel primo caso, o peggiore del male nel secondo. Gli esempi pig interessanti di questo tipo di operazione fu- rono felicemente ed audacemente compiuti specialmente per correg- gere gli accorciamenti dell'asse di archi in muratura o in calcestruzzo armato. Notevole ira tutt i t'esempio del ponte a tre archi, di 185 me- tri di luce ciascuno, sull'Elor a Plougastel presso, Brest opera del- l'ing. FUEYSSIXET(1). I1 forzamento, corrispondente ad una distor- sione di VOLTERRA, iu applieato in chiave con 24 martinetti idrau- lici da 250 tonnellate ciascuno, opportunamente disposti.

La difficolt£ sta non solo nel dare il giusto forzamento, ma anche, e sopratutto, nel consolidare la deformazione impressa; ciS, che stato fatto particolarmente con battitura di malta quasi asciutta, o con introduzi0ne di sottJli lamiere metalliche. I moderni metodi d'in- dagine sperimentale permettono di controllare direttamente gli siorzi locali prodotti dall'operazione e quindi di riconoscerne gli effetti, me- diante strumenti the, applicati ira due punti vieini misurano la va- riazione della loro distanza prodotta dal forzamento.

2 0 . - Contro questi due procedimenti molti eostruttori solle- vano giustamente le obbiezioni che in parte abbiamo gi£ accennato. Del secondo rilevano le difficott£, le incertezze, i pericoli, anche se la teenica perfezionata pub superarli; poich@ non dobbiamo mai dimen- ticare che il cantiere all'aperto non ~ l'officina in cui la precisione del lavoro si pus graduate e proteggere quanto si vuole. Del primo me- todo, che vuol dosare al minimo i vincoli, non solo rilevano i difetti gi~ indicati, ma anche l'incongruenza fondamentale, intuitivamente sentita, della rinuncia al vincolo che g ricchezza e presidio naturale della costruzione contro l'assalto dei carichi.

Si pus rispondere subito che avviene l'opposto per l'assalto delle deformazioni impresse; che costruzione vincotata at minimo significa, almeno concettualmente, difesa disciplinata, anche se pig costosa, contro i carichi, ed eliminazione di autotensioni; e che perci5 vale la pena di considerare quell'incongruenza come un'espressione senti- mentale, e superarla. Ma la risposta ha il grave torto di non tener conto di un'altro presidio che la natura oppone al sorgere delle au- totensioni, quando i vincoli ne permettano l'esistenza; ed ~ quello

(1) L e Gdnie Civil- s e t t e m b r e 1928 - Ved i a n c h e E. Miozz i - Annali dei LTd. PP . 1930, F~sc ico lo 9 °.

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dell'arrendevolezza plastica the tut t i i materiali presentano al di lk di quella elastica, consentendo deformazioni the, senza seonnettere la compagine materiale, senza variarne in modo notevole le propriet~ resistenti, risultano di grandezza spesso molto maggiore di cluelle elastiche. ]~ ben comprensibile the se i materiali ammettono varia- zioni di votume per cause fisico-chimiche di varia natura, ne ammet- tano anche altre diiensive contro le autotensioni, atte c i o g a scari- earle internamente quando i vincoli esteriori tengano fermo. Se si riesce ad aecertare cite questo avvenga in misura sufficiente, l 'espres- sione definita prima come sentimentale si pub rieonoseere come ra- zionale e tenerla in eonto, poieh~ riesee possibile ad un tempo non privare la eostruzione del presidio dei maggiori vincoli e vedere tut- tavia le autotensioni searieate, o meglio moderate entro limiti tol- lerabili.

Orbene l'esperienza conferma pi~ o meno ampiamente, seeondo i materiali, quella possibilitk.

L'insistenza degli sforzi ed il tempo vi influiscono; il tempo par- tieolarmente a cui la natura mantiene nell 'andamento dei ienomeni quella supremazia ehe gli uomini si illudono talvolta di poter ovunclue contrastare mediante i progressi aeceleratori della tecnica.

21. - - Assoggettiamo provini di vari materiali ad un regime di sforzo statieo S costante e compatibile eolla sicura resistenza dei provini stessi ed osserviamone la deformazione s nel tempo t; avremo un d ia~amma del tipo (a) (fig. 5). Invertiamo l'esperimento, assog-

S

f l

~a)

Fig. 5.

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gettando analoghi provini ad una deformazione impressa statica- mente applieata e mantenuta costante, s, e osserviamo il variare nel tempo dello sforzo di autotensione S provoeato da quella costrizione: avremo un diagramma del tipo (b) (fig. 5). Nella figura:

So rappresenta la deformazione elastica, che supponiamo avve- nuta all'inizio dei tempi; parimenti So rappresenta 1o sforzo inizial- mente provoeato.

i ! J !

[?d del ca~zetCeUzzo D, a.¢,~;

Fi,_~. 6.

La fig. 6 illustra, ad esempio, la deformazione nel tempo, di pri- smi di caleestruzzo variamente stagionati all'inizio dett'esperimento, e sottoposti ad uno sforzo costante di compressione assiale di 50 kg. p. cmq.

/ /" 5 /

F i g . 7.

~4t;

La fig. 7 (1) fa vedere come varia nel tempo la rdazione tra siorzo e deformazione ancora in un prisma di ealcestruzzo assialmente com- presso entro limiti di carieo costanti per ogni esperimento suecessivo. Fra un esperimento e l'altro, il provino veniva sottoposto ad una girmastica di carichi e scarichi, alternati con [requenza di un ciclo al seeondo, ~ra 8 e 130 kg. p. cmq. (essendo 184 kg.cm. 2 la resistenza

(1) Cfr. 5 [ E ~ L - Untersuch~tngen 4ber den Einfluss wiederholter Bea~spruchun- ge~ iiber Betou - J . S p r i n g e r - B e r l i n , 1926.

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media a rottura in una prova di confronto condotta fino in rondo senza ripetizioni).

Le ascisse danno gli aceorciamenti, le ordinate gli sforzi. I hU- meri Z presso ciaseuna curva danno il numero di cieti subiti dal pro- vino. Sono interessanti sia gli aumenti progressivi della deformazione permanente the danno la possibile ampiezza dello spostamento pla- stico, sia il sopravvivere della resistenza ad onta di questi sposta- menti e del forte carico massimo imposto nei cicli (70 9o circa del carico di rottura). Appare nel succedersi delle curve (l'ultima preee-

Acc/~,~ £~=,'~'per#go /# @I/°

k

A~;k,2o

Fig. 8.

dette di poco la rottura) tutto un ciclo di vita: al primo esperimento il provino giovane appare un po' pifi cedevole sotto gli sforzi pig elevati; al secondo esperimento migliora la sua resistenza; al terzo, dopo una ginnastica evidentemente benefica, di 675 cicli, sopporta in ugual modo tutti gli sforzi (curva quasi rettilinea): siamo alla virilitg. Pih innanzi incomincia la decadenza, ma procede lentamente, ammettendo in ultimo una deformazione permanente, a provino scarico, circa cinque volte maggiore di quella the verrebbe st!ruttata nella buona costruzione, quando cio4 il caleestruzzo fosse sollecitato in gioventh a 50 kg. p. cmq.

Ben pi6 vasto 4 il campo delle deformazioni sopportate dai metalli: la fig. 8 dg qualche esempio di diagrammi di deformazione sotto siorzo crescente condotti in una sola volta dall'inizio fino alla rottura° La parte elastica della deformazione 4 appena visibile, e quindi piccolissima in confronto della parte residua.

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Pi~ interessante ancora g il diagramma analogo della fig. 9, ri- eavato da una provetta cilindrica di ferro omogeneo soggetta a tra- zione.(1) portata in un primo tempo poeo oltre lo snervamento, poi pi~ volte scaricata e ricarieata ad intervalli progressivi della deiorma- zione. Si vede ehiaramente che la provetta pur mantenendo la mag- gior parte della deformazione prima aequisita, affronta i successivi

-"-3 \

\

\

F i g . 9.

rieariehi con attitudini quasi immutate, per mode ehe il costruttore ritrova il hmzionamento normale del ferro entre gli ordinari limiti di sieurezza, anehe se esso abbia preeedentemente subito vieende simili a quelle dell'esperimento deseritto, dovute ad un'energica lavorazione a freddo (piegatura, trafilatura e simili).

22° - - Ammessa e eontrollata l 'att i tudine della materia a fluire plastieamente tanto pi/t quanto maggiore sia lo sforzo, poniamoci in presenza di una struttura a vincoli sovrabbondanti soggetta a ea- riehi e a d autotensioni; e domandiamoei ehe cosa avvenga delle esal- tazioni di sforzi locali eventualmente segnalate dal calcolo in regime elastieo, quando a questo si sovrapponga il regime plastico. 1~ ovvio che gli sforzi dell 'autotensione tenderanno a searicarsi; e che le punte dovute ai earichi si smorzeranno, se vi siano altre regioni della co- struzione in cui gli sforzi possano emigrare a benefieio della stabilitY. I1 flusso plastico, in sostanza, restituisce temporaneamente alia co-

(1) C. GUIDI - L e z i o n i su l la S c i e n z a delle cos t ruz ion i - P a r t e I I .

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struzione la mobilitg the la sovrabbondanza di vincoli aveva tolto; m a i l moto g diffuso e frenato dalla disciplina stessa dello sforzo la quale modera cosi anche l'eftetto benefico ehe da quel moto pub derivare.

Rimane al costruttore il e6mpito di preparare bene il terreno a questa terapia naturale, assegnando alla costruzione forma e vincoli adat t i a riceverla, accertando che non sia richiesto alla natura pig di quanto essa pub dare, e the la deformazione non conduca verso configurazioni instabili.

Non g difficile interpretare col calcolo l'azione correttiva in di- scorso: basra considerate la parte di deformazione eccedente quella elastica come una deformazione impressa, ossia considerare quell'a- zione correttiva come una nuova autotensione sovrapposta at regime dei carichi e delle eventuali autotensioni presenti nel problema.

Siamo invi te ben lontani dalla possibilitg d'istituire una teoria dell'equilibrio elastico-plastico, the non tonduea a caleoli troppo laboriosi, non foss'attro perch4 non vi ha posto it principio della se- parazione degli ef[etti; ma g possibile inveee istituire delle ipotesi di tentativo e caltolarne gli effetti nel modo anzidetto, rimanendo paghi quando si riesca a raggiungere eorrettamente un regime di sforzi comodamente sopportabile dalla costruzione, nella certezza the la natura ei renderg ampiamente il buon servizio, se nulla le avremo richiesto the sia contrario alle sue possibilit£.

L'ampiezza della deformabilit£ plastica nei metalli, l 'adattabilit£ pur notevole del ealeestruzzo, consentono di prevedere tali possibilit£ correttive con molta larghezza helle costruzioni, oggi prevalenti, in ferro ed in cemento armato. L'autotensione correttiva potr£ mettersi in ealeolo in due modi: - - o immaginando un regime di deformazioni impresse elementari diffuse; o alterando convenientemente le rta- zioni dei vintoli sovrabbondanti alle quali abbiamo visto the la eon- figurazione definitiva si pus univocamente riferire. La prima via mette il dato del problema in immediata relazione toll'origine fisica del fenomeno e quindi permette di garantirne in partenza la possibilit£; la seconda procede pig speditamente dal. punto di vista analitico e permette il eontrollo fisico a posteriori°

2 3 . - Ad incoraggiare su questa via vengono opportuni due esempi di costruzioni in cemento armato esistenti in Italia da un quarto di secolo i n ottime condizioni di funzion~mento e quindi lar- gamente sperimentate, in contrapposto col risultati det calcolo sta- tico oggi consacrato da norme di legge, calcolo che, applicato a quelle costruzioni, condurrebbe a risultati disastrosi.

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La prima (fig. 10 e 11), che per la sua audacia ha appunto una larga rinomanza, ~ il ponte del Risorgimento in Roma, a.rcata cetlu- lare di cento metri di luce, leggerissima nella struttura interna, do- vuta alla singolare genialit£ intuitiva del pi/~ valido pioniere del ce- mento armato, F~A~CESCO H E N N E B I Q U E . L'opera tu costruita nel 1911 quando non esisteva il eontrollo ui~ciale dei ealcoli, e fu assog- gettata a prove di carico molto severe, con risultato eccellente.

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C h i a v e A B :: . . . . : " c 5 z l. .~ ' .

Sez ion i . - F i g . 11.

La seconda, molto pi~ modesta nelle dimensioni e nei earichi esterni ammessi, ma non meno audaee nei con~ronti col calcolo uf- fidale ~ il ponte sull'Astieo a Calvene in provincia di Vieenza (fig. 12), costruito nel 1909 su progetto dello scrivente, che si andava allora formando nella vasta corrente di pensiero e di opere ehe I'HEN~EBIQUE aveva suscitato (t).

Egli insegnava a disegnare le arcate sottili in chiave e presidiate alle reni e alle imposte da strutture cellulari sovrapposte alla volta;

(1) E n t r a m b i i p o n t i f u r o n o e s e g u i t i ( l a l l ' i m p r e s a de].l ' ing. P o r c h e d & u al q u a l e si c levono le p r i m e r e a l i z z a z i o n i de l c e m e n t o a r m a t o in I t a l i a .

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e consigliava di a mmettere da una parte the la sottigliezza della ehiave, dando respiro e facoltg dl adattamento alia struttura, ten- desse a eentrarvi lo sforzo; e dalt 'altra the la soprastruttura d'imposta, tesa dal momento flettente d'ineastro, riducesse il proprio compito alia reazione dei ferri, capaci anch'essi di adattamento quando questo riuscisse utile alia stabilitg. Cosi il progettista procedeva per tenta- tivi alla rieerca di quella fra le curve funicolari dei earichi che meglio si conciliasse colla stabilitg, e l 'aceettava, badando per6 the il ferro

Fig. 12.

abbondasse la clove si prevedeva pifi notevole l 'adattamento plastico; e che l'occhio avesse Ia sua parte nel disegno finale tanto delle forme esteriori quanto delle armature metalliehe. 8cegliere fra le infinite curve funieolari quella the si ritenesse aecettabile, voleva dire inse- rirsi nella classe delle configurazioni equilibrate e scegliere fra esse la configurazione risolvente; ossia, nella loratica del caleolo, ritenersi autorizzati a fissare, col ioroprio buon criterio, i valori delle reazioni iperstatiche, pensando che a render la sotuzione possibile provveda la natura mediante l 'adattabil i tg plastiea.

Con questa interpretazione si rientra esattamente nelle vedute a cui ci aveva eondotti la trattazione preeedente; e noi ne abbiamo

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approfittato per rifare i ealcoli dei due pon~i indicati colle modalitS, e coi risultati raceolti nelle tabelle I e II.

La tabella I, riferita al ponte det Risorgimento, d& le tensioni interne massime relative alle seguenti quattro diverse ipotesi poste per il ealeolo delle reazioni sovrabbondanti:

PONTE DEL RI5ORGI~4ENTO r ~r,co perrn2 qo~te

Sol!ecita~on, m K,~\cm ~ dovul-e a ~ ¢arlco ~CC,clr:nK~le

-- ~POTESI-

~-lashcir& Parz~&l~zzazmne D;s~ors~ne t)~grs~one

~mpos~a~]~<o I +3243 +1108w * 3 0 0 " 5 4 0 ..... o..~. H - 5 5 , a -30 ,9 . -30,o -40 .o

c ~ { . . . . . . . . . . - 3 7 , ~ z -91 .2 -40,0 - 4 5 , o Vitori deUa spmtar....//~.. '~ 3 t 3 0 5437 . ~ 5 7 2 0 59413 ~cce.~ic,~.. ~0,57 0,24S {-0, o -0, o"

O) h-'L2

Tabella I.

a) ipotesi ordinaria, corrispondente alle norme in vigore;(~) b) sezioni parzializzate con deduzione di una parte notevole

dei muretti soprastanti alla volta; c) l'ipotesi a) coll 'aggiunta di una distorsione di VOLTE~t{A

atta a eentrare la spinta in ehiave; d) l'ipotesi b) con aggiunta di analoga distorsione eorrettiva.

La Tabella I I si riferisee al ponte di Calvene. Le ipotesi sono einque :

a) ealeolo seeondo le norme - sezioni complete;

PONTE OI- (3ALVENE • r carico p-.rmanen~

Sollechazmn~ m Xg\C,m} dovuhe .al canco acodentale I.&zlome i'ermrca z~[~-I5~

- - I P O T B S I - -

9 P,~"~" 9 . 0 . ~2W,¢, ¢)., . 9 "~* . '-) ~I "/'~" ~ lashc~ ~arzLzJ~ZaZio~ ~lastlc1~ O,shOrS~On~ gishorslone

. . z - ~ +3430 +¢ ] 40

. . . . . ,~,,,..o -I08,7o - 63,30

L--C--~'.~o .-11%S0 -101, aO Valom delia ~pini'a

,-~,~,~,-,. 72,s;. 314 Ecce nl 'rMl'g . . . . ... l',6s j O,a4

÷440 ,'- iO0 #l l50 - 48 .0 . - 46,o -58,o

- 50,o - 5Q=o -64,o

4 6 0 475 ~4.00

O,o-.I 0.o 0,o4! Tabel la I I .

(1) Nel calcolo degli elementi geometrici delle sezioni 6 t raseura ta la soletta. d ' impalcato perchd eseguita do#o, su t rav i r iportate.

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b) sezioni parzializzate in modo da considerare come inattive tut te le zone di eonglomerato che risuttarono tese nell'ipotesi a);

c) ipotesi a) con aggiunta di distorsione eorrettiva atta a een- trare la spinta in ehiave;

d) ipotesi b) con analoga aggiunta; e) ipotesi b) con aggiunta di deformazioni impresse diffuse

(come nel primo dei modi indieati alla fine del n. 22) eommisurate sezione per sezione allo sforzo, e notevolmente inferiori a quelle ri- cavabili dalle esperienze sui saggi (figg. 6 e 7)(1).

I1 caleolo si 4 ridotto pratieamente all'ordinaria rieerea delle reazioni iperstatiche, sult'areo parzializzato, ritenendo variabile da sezione a sezione il modulo elastieo del eonglomerato°

L'effetto delle distorsioni eorrettive in tutt i i easi si 4 esteso sot- tanto ai eariehi permanenti e all'azione stagionMe, non ai cariehi aeeidentMi, per i quali ~ stato applieato il calcolo ordinario, data la loro breve durata°

24. - - I risultati sono analoghi per entrambi i ponti, e molto signifieativi. I1 cMcolo seeondo le norme uttleiali (prima ipotesi) con- duce a sforzi the ne infirmano la validit~ perch6 superano di molto il limite elastico; tut tavia essi dovrebbero far prevedere innanzitutto un forte stiramento del ferro all'estradosso dell'imposta e quindi una grossa fenditura nel getto. Invece nulla di simile ~ apparso, n6 sul ponte del Risorgimento, malgrado te prove di earico e il continuo passaggio del t ram e dei veicoli; n6, per quanto sappiamo, sul ponte di Calvene, malgrado il servizio eceezionale the fete in tempo di guerra, pur essendo stato ealcolato soltanto per la folla e per i vei- eoli di poeo conto° Bisogna Micra pensare the qualehe correttivo sia tempestivamente intervenuto; e i tentativi ora fatti per valutarlo sembrano darne una buona conferma. Non si pu6 dunque traseurare nel caleolo delle eostruzioni un ordine di pensieri ehe g destinato ad interpretare pi6 da vieino la realt~ o ehe pus essere feeondo di ottimi risultati.

All'esperimento e alia seienza bisogna domandare tutt i i sussidi ehe esse possono dare: Ml'esperimento, indirizzandolo non solo verso i materiMi, ma anehe verso gli organismi eostruttivi, per eontrollarne il funzionamento mediante il rilievo diretto degli sforzi locali su tut to il contorno; alla seienza, riehiamandola dal primo passo glorioso ehe

(1) Xetla scelta di queste ipo~esi per la verifica di entrambi i ponti ha vMida- mente collabor~to il mio assistente int . G. Oberti, il quale si 6 pure assunto la fa- tiea detlo svolgimento dei eMeoli.

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essa ha compiuto nel regflo della perfetta elasticitY, ad altri passi ne[ vasto regno delle deformazioni successive, passi che non disdegneranno il primo, anzi lo completeranno, preparando nuove arditezze nel campo delle costruzioni. Le quali per6 non si concreteranno in veto pro- gresso se i costruttori si illuderanno c h e l a scienza e l'esperienza giunte ad un certo grado di sistemazione possano sostituire la solida educazione del senso costruttivo. Gi~ nella statiea di prima appros- simazione di cui ci siamo prevalentemente nutriti negli ultimi de- cenni, la larga divulgazione del meecanismo formale dei ealeoli, snoc- ciolato in esempi di manuali e di formulari privi di ogni elemento critico e staceati dal tronco vitale dei principi, aveva generato in molti quella illusione.

Le osservazioni fatte e i'indirizzo proposto possono giovare anehe in questo senso per una vigorosa ripresa. L'opera del eostruttore e rimarr~ prevalentemente un'opera d'arte, in eui la matura espe- rienza e la genialitS, personale avranno la parte migliore.

Soeeorre al pensiero, e vale anehe per noi, la preghiera aeeorata di Agostino: <~ Fac me, preeor te Domine, gustare per amorem quod gusto p e r agnitionem, sentire per affeetum quod sentio per intel- lectum,>. L'opera del eostruttore deve essere l'esplieazione eompleta della sua personalitb~. Troppe volte si vedono strutture ideate per servire al semplieismo del ealcolo, anzieh6 ealeoli ideati per servire alla intrinseca bontS~ delle strutture. La eostruzione non nasee da puro eerebralismo, ma dall'amore della bellezza e dal eulto dell'ar- monia ehe sono tanto vive nell'organismo statieo quanto nelle appa- renze esteriori. Se i nuovi metodi proposti per il ealeolo tenderanno a eompliearne il meeeanismo, per modo ehe la semplifieazione, indi- spensabile alla teeniea, debba maggiormente fondarsi sul eoutributo di genialit5 di ehi li appliea, ben vengano quei metodi: saranno stru- mento di progresso per la eostruzione e per i eostruttori.