CROMIE ISSUE #4

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Editorialedi Gaetano Fisicaro

Cari lettori e Cari Soci, eccoci al numero 4 di Cromie. Sono Fotografo!!!

Continua come da un pò di tempo la mia critica ai fotoamatori dell’ultima ora.Ma non per timore reverenziale, ma semplicemente, perchè trovo che si stia perdendo il vero significato e concetto della fotografia, nelle sue varie espressioni, grazie alla massificazione della fotografia. In molti comprando una reflex sono già convinti di essere fotografi, è come dire ho comprato un quaderno da scrivere e sono uno scrittore. Perchè fotografare, vuol dire la stessa cosa di scrivere, solo che al posto di farlo con una penna lo si fa con la luce.Bene quindi per fare il fotografo non basta la reflex di ultima generazione, etc etc, ma ci vuole anche e soprattutto la luce.E’ la luce che fa la fotografia, sono i contrasti tra la luce e le ombre che fanno la fotografia, sono i chiaroscuri di una giornata assolata o la morbidezza di una nuvolosa a regalarci la fotografia.Infine ci sono due elementi strettamente personali, che non si posso comprare, ma eventulamente solo allenare, e sono: l’Occhio e il Cuore!!!Come sempre a voi il commento.Buona Luce!!!

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Foto Copertina: Simone Raeli - Vincitore Fotocontest Mese di Ottobre 2012 - Storie di Strada

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Periodico di FotografiaSommario

3 - CulturaZeiss Storia di un Mito (pt 3)

Spazio Portfolio 10 - Simone Raeli:Corrado

20 - Ivan Saragozza:La Festa di Sant’Agata

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CulturaZeiss Storia di un mito (pt 3)di Andrea Adorno

Dresda, la città sede della Zeiss Ikon e della Fondazione Zeiss, si trovava nella zona di influenza sovietica. Jena, la sede della Carl Zeiss (dove venivano prodotti gli obiettivi), si trovava ad ovest di Dresda, ma ancora nella zona sovietica. Ciò che ha fatto la differenza ai fini storici è che Dresda fu occupata subito dai sovietici, mentre Jena lo fu dagli statunitensi, che solo dopo tre mesi la consegnarono alle truppe di Stalin. Nell’aprile del 1945 gli americani entrarono a Jena, con l’intento di assicurarsi quanti più scienziati possibile. Queste persone, insieme alle loro famiglie, vennero “invitate” a trasferirsi all’ovest. Quasi contemporaneamente, nel maggio del 1945 i sovietici entrarono a Dresda e si ritrovarono in possesso di tutto ciò che restava della Fondazione Zeiss, con l’eccezione dei tecnici trasferiti all’ovest dagli americani. Se, ad est, l’Unione Sovietica iniziò a trasferire a Kiev i macchinari per la produzione di fotocamere, ed a Krasnogorsk, vicino Mosca, quelli per la produzione di obiettivi, ad ovest la Zeiss venne rimessa in piedi, sempre grazie ai “cervelli” trafugati da Jena ed ai massicci investimenti statunitensi. Ufficialmente, la Fondazione Zeiss rinacque il 23 febbraio del 1949 a Oberkochen, vicino Stoccarda.Dopo varie battaglie legali, la Fondazione Carl Zeiss riacquistò l’esclusiva del marchio Carl Zeiss; per questo motivo, già a partire dagli anni ‘50 le fotocamere prodotte all’est non vennero più contrassegnate col marchio Zeiss Ikon, bensì con il nome Pentacon. A partire dal 1951, a differenza di quanto accadeva prima della guerra, la Zeiss iniziò ad attuare una selezione piuttosto rigida dei propri clienti. In linea di massima, ad essere privilegiati nella fornitura furono la Rollei, la Robot, l’Exakta e, a partire dal 1953, la svedese Hasselblad, con cui il sodalizio continua ancor oggi. Uno degli obiettivi più pregiati realizzati dalla Zeiss per la Hasselblad fu sicuramente il Biogon 38mm f/4.5, progettato nel 1954 da Bertele. Negli anni ‘70 il sistema Contarex vide la presentazione dei primi zoom (Vario-Sonnar 40-120mm e 85-250mm) e di un ulteriore grandangolare, un Distagon 15mm f/3.5, che abbattè dunque la barriera (ritenuta insuperabile) dei 18mm. Con la fine degli anni ‘50 la Zeiss Ikon di Stoccarda decise di tagliare il settore del medio formato e di concentrarsi sulle fotocamere per 35mm. Questa decisione, in

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sé né giusta né sbagliata, si concretizzò però in una politica commerciale del tutto errata: da una parte venne creato lo splendido sistema Contarex, e dall’altra vennero lanciate via via numerose fotocamere molto semplici, dal livello qualitativo medio-basso. Negli anni Sessanta la Carl Zeiss godeva ancora di ottima salute. Il suo primato in materia di ottica non era in discussione. La Carl Zeiss aveva acquisito il controllo della gloriosa storica concorrente Voigtlander, e dieci anni dopo l’avrebbe assorbita del tutto. Nel settore delle fotocamere, però, la situazione non era così rosea. L’assorbimento della Voigtlander, con il proliferare di nuovi prodotti, acuì il problema. Si intuisce facilmente come la politica commerciale della Zeiss Ikon non fosse in grado di reggere il passo con i tempi.La Zeiss Ikon continuò dunque ad operare in perdita per diversi anni finché, alla Photokina dl 1970, la Carl Zeiss rese nota l’intenzione di chiuderla, cosa che avvenne nel 1972. Ciò fatto, la Carl Zeiss creò una società (la Carl Zeiss Contarex Vertrieb) per lo smaltimento delle rimanenze, società che dopo aver esaurito il suo compito fu chiusa a sua volta nel 1975.L’eccessivo proliferare di prodotti, spesso in concorrenza fra loro, non costituisce però l’unica spiegazione del fallimento commerciale della Zeiss Ikon. Bisogna anche considerare che a partire dagli anni ‘50-’60 tutto il mercato della fotografia stava cambiando, con l’avvento dei produttori giapponesi, i quali stavano via via colmando il divario tecnologico con quelli europei (e cioè tedeschi), offrendo prodotti sempre più competitivi ed a costi nettamente inferiori.La mancanza di compromessi sulla qualità, e quindi sui prezzi finali, fece sì che a lungo andare la Zeiss si trovasse completamente fuori mercato. I tecnici Zeiss progettavano con costi notevolissimi delle fotocamere robustissime, affidabili, virtualmente eterne; e ciò, nell’epoca del consumismo nascente, non corrispondeva più ai bisogni del mercato, maggiormente attratto dalle continue innovazioni tecnologiche, collegato al vivace ricambio di modelli offerto dai produttori giapponesi. La testardaggine con cui la Zeiss Ikon perseguì questa politica di qualità senza compromessi e ad ogni costo, alla lunga si ripercosse sui numeri di vendita, e ciò, unito agli elevatissimi investimenti effettuati, diede luogo alle continue perdite di cui si è detto.Ovviamente tutt’oggi la Zeiss continua la sua attività nel campo della ricerca, progettazione e produzione ottica. Il suo nome è ancora sinonimo (e forse più di prima) di assoluta eccellenza.

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Spazio Portfolio

Simone RaeliCorrado

Simone Raeli, giovane ragazzo netino, inzia a innamorarsi della fotografia nel 2010, grazie a dei corsi di fotografia approfondisce la materia, e si accorge che può fare di questa forma l’espressione della sua visione sulla vita e la quotidinetà dei giorni.Ed è così che da vista a diversi lavori, tra cui uno che lo vede collaborare con un amico, Simone Sapienza, anche lui giovane fotografo siracusano, riguardeante il distretto popolare di Faith ad Instanbul.Questo percorso inoltre gli permette di poter esporre in diverse occasioni e location le sue fotografie e i suoi lavori.Recentemente nell’ambito del Med Photo Fest 2012 si è distinto al concorso fotografico nazionale di lettura portfolio, ovvero Portfolio Mediterraneum 2012 con la segnalazione della sua opera “Corrado”.Un lavoro nel cui Simone mette tutto se stesso, in quanto Corrado è suo nonno.Simone in questo lavoro si concentra sui segni distintivi che caratterizzano la vita del nonno: la solitudine da quando ha perso la moglie, la perdite della memoria, che si riconosce nell’ossesiva e ingenua abitudine di scrivere appunti, memorie e avvisi, affinchè nulla possa sfuggirgli.Questo lavoro come dice Simone doveva essere un omaggio al nonno, ma alla fine crede che sia suo nonno che abbia regalato a lui ancora una volta qualcosa di suo.

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- Quando inzia la tua passione/interesse per la fotografia?La passione per la fotografia è iniziata per caso. Intorno a marzo del 2010 ho seguito un corso di fotografia di base, incuriosito dopo le lezioni all’università di storie e tecniche della fotografia.Non pensavo che mi avrebbe affascinato cosi tanto e invece oggi non faccio che pensare solo a quello. Non è più una passione ma è diventata un’ossessione e mi piace.

- Qual’è il genere fotografico che preferisci o con il quale trovi maggiori affinità?Il genere fotografico che preferisco è il reportage non so perchè ma la fotografia per me è documento, raccontare una storia ed è quello che mi da maggiori soddisfazioni.Sono felice quando riesco a far emozionare la gente e soprattutto quando riesco a creare un rapporto di empatia con i soggetti che fotografo.

- Quanto tempo dedichi alla fotografia?24 ore al giorno. Anche se so che mi porta molto tempo e mi allontana dalla studio universitario non faccio che pensare ad altro. Libri, magazine, passo molto tempo su internet a vedere siti dei grandi fotografi del passato e dei nuovi talenti della fotografia odierna.

- Da dove nasce il tuo progetto “Corrado”? e per quale motivo?Il portfolio ancora in fase di costruzione nasce dall’esigenza di voler raccontare gli aspetti che caratterizzano le giornata di mio nonno Corrado.Mi sono concentrato sul tema della solitudine, sulla perdita di memoria, sull’ossessiva e ingenua abitudine di scrivere appunti, memorie, avvisi affinché tutto ciò che possa sfuggirgli di mente venga fermato dalla scrittura.

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- Quali sono per te i fotografi che riconosci come punti di riferimento?I fotografi che riconosco come punto di riferimento sono Mimmo Jodice, Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Walker Evans, Alec Soth e i nuovi talenti nel panorama della fotografia documentaria italiana come Imbriaco, Cipriano, Monteleone, etc.

- Progetti per il futuro?Progetti per il futuro?? il più imminente senza dubbio è quello di riuscire final-mente a laurearmi per dare una bella soddisfazione e gioia ai miei e soprattutto a mio nonno che ha contribuito e non poco a sostenermi economicamente e moralmente durante la mia permanenza a Catania.Per quanto riguarda i progetti fotografici, riuscire a completare il reportage a Fatih (Istanbul) iniziato lo scorso anno e ancora in fase embrionale, staremo a vedere.

- Come vedi la fotografia oggi? La fotografia oggi è uno spazio infinito, è gia stato inventato tutto però penso che le nuove applicazioni tecnologiche sono uno strumento per creare qualcosa di nuovo capace di abbattere questo solco tra la vecchia fotografia analogica e quella odierna.

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Foto di Simone Raeli © Riproduzione riservata

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Foto di Simone Raeli © Riproduzione riservata

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Foto di Simone Raeli © Riproduzione riservata

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Foto di Simone Raeli © Riproduzione riservata

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Ivan SaragozzaLa Festa di Sant’AgataIvan Saragozza, siracusano classe 76, scopre la passione per la fotografia, nonostante figlio d’arte, solo 4 anni fa.La fotografia lo ha stregato, diventando una vera e propria dipedenza, a suo dire.Ivan ha una predilizione per la fotografia di paesaggio, creando delle atmosfere particolari, e trasportando lo spettatore in surreali scorci che sono invece quotidiani.Si dedica anche ad altri tipi di fotografia, e sta realizzando diversi progetti fotografici.Ha all’attivo diverse mostre fotografiche, e ha vinto diversi concorsi, tra cui “Il tuo Talento in una Notte...Bianca”, in occasione della Notte Bianca di Floridia, proprio con questo interessante progetto.Progetto che è stato anche pubblicato sulla rivista fotografica Image Mag.Ivan è uno dei soci fondatore del Gruppo Fotografico Camera Chiara.Il progetto sulla Festa di Sant’Agata, non è altro che il racconto di come si svolge questa festa, che ogni anno accoglie un sacco di fedeli. Nelle sue foto la fede, la fatica, ma anche lo sfarzo dei fuochi d’artificio, e della misticità di una festa che si pone al limite tra sacro e profano.Conosciamo meglio Ivan e le foto del suo progetto (quelle che sono rimaste, dopo la perdita dei file a causa della rottura del suo Hard disk).

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- Quando inzia la tua passione/interesse per la fotografia?Sono nato dentro una camera oscura.... ricordo ancora le carte sensibili al nitrato d’argento con cui giocavo accanto a mio padre e restavo meravigliato e incuriosito davanti alle sue magiche proprietà ....! Ma la mia passione per la fotografia e’ nata con il digitale nel 2008 quando comprai la mia prima reflex una Nikon D90, il contatto con la natura e la bellezza del paesaggio sono sempre state la mia passione e la macchina fotografica riusciva a unire entrambe le cose.

- Qual’è il genere fotografico che preferisci o con il quale trovi maggiori affinità?Il mio percorso fotografico e’ ancora in pieno “divenire” e trasformazione ....ho iniziato ad apprezzare l’estetica e la bellezza della realtà dedicandomi principalmente alla fotografia paesaggistica, fatta di regole, tecnica e buon gusto ...adesso penso alla fotografia anche come mezzo espressivo della creatività e della capacità espressiva di emozioni per immagini, quel tipo di fotografia che ti permette di esternare in pieno la tua personalità.

- Quanto tempo dedichi alla fotografia?Gli dedicherei ogni momento della mia vita ma gli impegni lavorativi e familiari (sto per diventare papa’) ne limitano di molto i tempi a disposizione .... Quindi il motto e’ “poche ma buone”.

- Da dove nasce il tuo progetto sulla Festa di Sant’Agata? e per quale motivo?La fotografia è una dimensione che crea dipendenza e che ti ritrovi spesso a cercare. Un connubio perfetto tra te e il mondo che ti circonda. Un’ alchimia che ti permette di dipingere forti emozioni e terribili verità usando il pennello più difficile e raffinato del mondo, la luce. Le immagini della festa di Santa Agata a Catania ritraggono quello che hanno visto i miei occhi e ha sentito il mio cuore durante tre giorni di festa durante un workshop organizzato dal gruppo Sikanie che fa capo al noto fotografo Emanuele Carpenzano, che diventa estasi mistica per la folla di devoti che riempie le vie della città. Un evento che resterà indelebile nella mia memoria per sempre. Un’esperienza unica e intensa che mi ha portato anche a indossare il “Saio” tipico dei fedeli per poter vivere e osservare da vicino ogni piccolo particolare e catturarlo con l’obiettivo.

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- Quali sono per te i fotografi che riconosci come punti di riferimento?Pur conoscendo lo stile e la bravura di molti noti fotografici che apprezzo e stimo, il mio pensiero va al primo fotografo “speciale” della storia, “Caravaggio” ....non solo tecnicamente, si è scoperto che il pittore usava emulsioni fotosensibili che, stese sulle tele ed esposte alla luce, producevano vere e proprie impressioni foto-grafiche o per i suoi famosissimi chiaro-scuri ma per la sua rivoluzione ideologica, l’aver intrapreso una caratterizzazione naturalistica contrapposta alla precedente aulicità rinascimentale ... per la prima volta nella storia i personaggi che posavano per i suoi dipinti venivano direttamente dalla strada, era gente umile che egli usava frequentare quotidianamente non più Angeli, Madonne e idealizzazioni varie ma gente “Vera” con i suoi limiti e i suoi problemi...ecco questa e’ la rivoluzione che in questo momento sto vivendo personalmente ....

- Progetti per il futuro?Mi piacerebbe viaggiare per il mondo e raccontare fotograficamente storie ecostumi di persone ideologicamente diverse che possono cambiare il mio modo di vedere e i miei punti di vista, per apprezzare di più le cose scontate della mia vita e mettere in discussione certe mie illusorie certezze ....ma forse sto fantasticando....il mio prossimo progetto? L importante che racconti un emozione! Come? Un esercizio a togliere, per lasciare posto e spazio a ciò che arriva direttamente al cuore e alla mente.

- Come vedi la fotografia oggi? La fotografia oggi? Sicuramente il digitale ha generato un popolo di pseudofotografi, basta dare uno sguardo ai più famosi Social network per rendersi conto che la fotografia oggi e’ diventata quasi una moda! Un modo per mettersi in mostra ...penso che per prima cosa bisogna provare a sentirsi fotografi e avere necessità di fotografare ed esprimere il proprio mondo....a prescindere dal mezzo fotografico che si ha a disposizione ...

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Foto di Ivan Saragozza © Riproduzione riservata

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Foto di Ivan Saragozza © Riproduzione riservata

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Foto di Ivan Saragozza © Riproduzione riservata

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