CROMIE ISSUE #7

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ISSUE #7

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Foto di Gaetano Fisicaro vincitore del contest di Camera Chiara del Mese di Aprile 2013 - Sport

Periodico di FotografiaSommario

Cultura3 - I Grandi Maestri della Fotografia: Henri cartier Bresson

Spazio Portfolio 6 - Alberto Castro:Il Suono del Silenzio

16 - Luca Napoli:Last Home

24 - La Libreria Fotografica2

CulturaI Grandi Maestri della Fotografia

Henri Cartier-BressonIl Mago dell’Inquadratura

Riconosciuto come uno dei migliori fotografi del mondo è indiscutibilmente insieme ai colleghi e cofondatori di Magnum uno dei pionieri del fotogiornalismo. Basterebbe la sua ingente produzione a qualificarlo come uno dei maestri del bianco e nero del XX secolo, ma a conferire alla sua opera un carattere di eccezi-onalità fu soprattutto la sua abilità a captare <<l’istante decisivo>>. Il libro che pubblicò nel 1952, nel pieno della sua maturità creativa, con il titolo “Images à la sauvette” illustra perfettamente lo stile nitido sereno e al tempo stesso incisivo svi-luppato dall’autore. Fotografo di ispirazione surrealista, lettore compulsivo di poesie di Rimbaud, Lautrémont e Mallarmé, spettatore e vittima del dolore causato dalla povertà e dalla guerra, HCB seppe usare l’obiettivo con la delicatezza di un poeta. Discrezione, rispetto e pudore erano qualità imprenscindibili per questo fotografo che riusciva a catturare in una frazione di secondo l’anima delle persone, dei mo-menti e dei luoghi, o le tre cose insieme. Il senso della composizione gli permise di creare inquadrature impeccabili, cariche di contenuti, di intenzione e di senso. Fu per questo che osteggiò sempre qualsiasi tentativo di reinquadrare le sue fotografie.Il 1947 fu l’anno decisivo per la sua carriera professionale: prese accordi con Robert Capa, Chim Seymour e George Rodger per fondare l’agenzia Magnum, la prima cooperativa di fotografi. I quattro titolari si spartirono le aree di lavoro e HCB partì per l’Asia. Nel 1954, in considerazione del suo prestigio e del suo passato antifas-cista, fu il primo fotografo occidentale a visitare l’URSS dopo la morte di Stalin. Nel ‘66 si ritirò dall’Agenzia Magnum a cui comunque cedette i suoi arichivi fotografici. Nel ‘70 sposò Martine Frank, la fotografa belga, e abbandonò la fotografia profes-sionale per dedicarsi al disegno e alla pittura. Celebre rimarrà la sua frase: <<Fare una fotografia vuol dire allineare sulla stessa mira la testa, l’occhio e il cuore. E’ un modo di vivere.>>

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Cultura

Il senso della composizione gli permise di creare inquadrature impeccabili, cariche di contenuti, di intenzione e di senso. Fu per questo che osteggiò sempre qualsiasi tentativo di reinquadrare le sue fotografie. Il 1947 fu l’anno decisivo per la sua carri-era professionale: prese accordi con Robert Capa, Chim Seymour e George Rodger per fondare l’agenzia Magnum, la prima cooperativa di fotografi. I quattro titolari si spartirono le aree di lavoro e HCB partì per l’Asia. Nel 1954, in considerazione del suo prestigio e del suo passato antifascista, fu il primo fotografo occidentale a visitare l’URSS dopo la morte di Stalin. Nel ‘66 si ritirò dall’Agenzia Magnum a cui comunque cedette i suoi arichivi fotografici. Nel ‘70 sposò Martine Frank, la foto-grafa belga, e abbandonò la fotografia professionale per dedicarsi al disegno e alla pittura. Celebre rimarrà la sua frase: <<Fare una fotografia vuol dire allineare sulla stessa mira la testa, l’occhio e il cuore. E’ un modo di vivere.>>

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Alberto CastroIl Suono del Silenzio

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Alberto, classe ‘73, una laurea in Architettura e una in Ingegneria, inquieto viaggiatore, si avvicina al mondo della fotografia alla ricerca di confronto, comunicazione e condivisione, nel desiderio di lasciar traccia futura della nostra esistenza. E’ socio ACAF dal 2010 e ha all’attivo diverse mostre, e ha conseguito diversi riconoscimenti a livello di concorsi fotografici e Letture Portfolio. Non ultimo Opera Segnalata al Portfolio Mediterraneum 2013 con il lavoro “Pausa Pranzo” e con questo lavoro “Il suono del Silenzio” ha conseguito il secondo posto al Portoflio Mediterraneum 2012. Fotografo sensibile e attento ad analizzare la realtà di un istante, cercando di esserne custode e testimone.

“Il Suono del Silenzio”“Se si pensa che il silenzio possa avere un suono, e sono convinto che lo abbia, di certo in quelle notti a Lucca sarebbe stato percepibile…” “The sound of silence”, il titolo originale preso in prestito per questo lavoro dal brano di Paul Simon & Art Garfunkel, descrive una notte toscana, attraverso gli occhi di uno straniero che passeggia per le vie di Lucca, avvolto nella sua solitudine. Riflessione, introspezione e tranquillità nella serena solitudine della routine di quelle strade avvolte da suoni morbidi, leggeri, lenti, smorzati, quasi immersi nel suono del silenzio, in un raccoglimento interiore dei protagonisti e della città tutta; così si scrive il diario di viaggio in cui il cronista, alla ricerca di se stesso, appunta le sue sensazioni, attento alle emozioni che la Città gli trasmette durante la notte musa.Capita così, durante la realizzazione degli scatti, di passeggiare, dopo cena, per i vicoli, cogliendone bisbigli, odori, suggerimenti, idee e riflessioni, che si concretizzano quasi in una ulteriore città tra le “invisibili” di Calvino, seppur intrise di una qualche eco leopardiana o di una qualche rima montaliana.I temi affioranti, sintetizzati nel “Suono del Silenzio”, sono vari: dal tema del ricordo e della memoria a quello del tempo, da quello del desiderio a quello della morte, dalla solitudine e dalla malinconia alla necessità di ritrovarsi in un nido, insieme a qualcuno con cui affrontare il viaggio della vita.

- Quando inzia la tua passione/interesse per la fotografia?Beh, scatto foto “souvenir” da quando avevo 11 anni. Mio nonno mi regalò la mia prima macchina fotografica per la Prima Comunione… Mi piaceva imitare mia madre, fotografando ricordi a destra ed a sinistra. Li conservo ancora tutti, sotto forma di fotografie, nei classici album di famiglia ricchissimi di immagini ingiallite, di discreta e pessima fattura, capaci di ripercorrere la vita di 4 generazioni, in un grande ricchissimo archivio dei ricordi; rappresentano il mio essere, il mio diario di una vita! Nel 1995, in una Stazione a Londra, scattai una foto di un treno in corsa. Il risultato mi colpì… volevo il mosso e mosso fu; da allora capì quanto sarebbe stata importante la fotografia nella mia vita. Quella fu la diapositiva che mi ha aperto la mente ad un diverso modo di vedere la realtà… Più o meno consapevolmente da quel giorno iniziò il mio lentissimo e singhiozzante viaggio in questo vostro magico mondo, che attraverso intuizioni e poco studio da autodidatta mi portò ad un fotografare più attento, più “ricercato”… Gli album dei ricordi, in quegli anni si riempirono di dettagli, di particolari, di oggetti apparentemente insignificanti ed incomprensibili a quasi tutti i miei parenti… ma eravamo ancora ai primi timidi inconsapevoli “allenamenti” dell’occhio fotografico!Il passo successivo arrivò quattro anni dopo, attraverso un’altra intuizione, che poi un giorno non molto lontano, per la verità - fui lieto di incontrare e riconoscere in alcuni grandi e grandissimi della Fotografia (uno per tutti Herry Cartier Bresson), ossia la necessità di allineare cuore, occhio e mente, prima di scattare. All’epoca la chiamavo semplicemente ispirazione: “fotografo solo se sono ispirato” così dicevo. Oggi ritengo di aver fatto ancora un passettino in avanti, colmando qualche importante lacuna tecnica, ma soprattutto imparando o sforzandomi di ricercare il giusto modo di veicolare con le mie foto un messaggio spesso attraverso un discorso più ampio rispetto al singolo scatto… ma ciò risale decisamente ad un passato “recente”.

- Qual’è il genere fotografico che preferisci o con il quale trovi maggiori affinità?Riesco ad esprimermi meglio in viaggio. Chissà, forse perché fondamentalmente sono un introverso e quindi lontano mi viene più semplice eludere qualche freno inibitore in più, rispetto a quando mi muovo nel quotidiano. Forse perché avendo poco tempo in generale, quando parto, riesco a concentrarmi e lasciar liberi mente, istinto e cuore senza interruzioni, senza distrazioni. In viaggio riesco a rimanere concentrato nelle storie che riconosco e che ogni tanto riesco a fotografare, così mentre si dotano di una qualche struttura nella mia testa, in qualche caso riesco anche a scovare gli scatti dai contenuti prefissati immaginati prima di partire… Spesso le storie le trovo per strada ed in questo senso, ciò che prediligo è la “STREET”, ma in tutta onestà se c’è una trama, un tema, un messaggio da comunicare, mi butto provo a costruirlo, a immaginarlo ancor prima nella mia testa…

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- Quanto tempo dedichi alla fotografia?…molto meno di quello che vorrei.

- Da dove nasce il tuo progetto “Il Suono del Silenzio”? e per quale motivo?Nasce di notte, per le strade di Lucca, in antitesi del caos mattutino del Lucca Comics! Si evolve e si trasforma sottoforma di dialogo tra me ed un interlocutore a me molto caro, con il quale oggi continuo ad interloquire ma solo attraverso i canali della memoria. E’ un tributo, un ringraziamento, una riflessione profonda e personale che si esplica soprattutto nella versione completa (mostra), ma che nel portfolio è comunque percepibile nelle parti salienti.

- Quali sono per te i fotografi che riconosci come punti di riferimento?Sono davvero tanti. Ognuno con una caratteristica ed un motivo particolare. Ritengo che i maestri debbano essere “divorati”. Non credo sia possibile tenerli con te per più di due anni… esistono tuttavia le eccezioni, lo ammetto. Evito di fare la lista perché sono davvero tanti, ce ne sono di grandissimi, grandi e meno grandi, tutti importanti, tutti (se all’interno di questa categoria) mi hanno lasciato qualcosa di importante.

- Progetti per il futuro?Progetti per il futuro… oltre che crescere mio figlio, e aver cura della mia famiglia, non riesco proprio ad immaginarne… posso dirti però di un sogno: mi piacerebbe davvero riuscire un giorno a realizzare un libro (magari più d’uno, già che sognamo). E’ il vecchio discorso, riuscire a lasciare memoria di se stessi… il libro è “eterno”. Mi piacerebbe poter sapere che un giorno quando non sarò più in questo mondo, mio figlio ed i miei nipoti possano sfogliare un libro del nonno. Ego? Si probabilmente! Poi penso a Scianna e mi consolo ricordandomi che “non esiste fine più nobile per una fotografia che entrare a far parte dell’album di famiglia”! …però il libro…

- Come vedi la fotografia oggi? Sta bene come sta, in salute e mai come adesso largamente diffusa! E’ bello veder mio figlio utilizzare la sua macchina fotografia di Buzz Lightyears, vederlo sforzarsi per inquadrare al meglio… trovo sia giusto averla a portata di tutti. Se ci riflettiamo un attimo, non mi pare che per il fatto che tutti possano acquistare un pennello e 4 colori allora finiscano per diventare d’ufficio pittori, ed allora? Dove sta il problema con la fotografia… Tutti scattano da tutte le parti, ma ciò non vuol dire che siano fotografi ed ammesso che lo siano, ben per loro. La fotografia segue la sua strada, se mi è concessa la metafora è come l’acqua, prima o poi trova il mare! Permettetemi di chiudere con un ringraziamento. Si… ringrazio Voi, per il Vostro prezioso tempo dedicatomi, ma soprattutto per essere genuini e spontanei, liberi, spensierati, disposti ed interessati a nutrirsi di Fotografia, spinti solo da una grande passione.

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Luca NapoliLast Home

Luca fotografo autodidatta, inizia a fotografare con continuità a partire dal 2006 anno in cui acquisto la prima reflex digitale. Ha praticato da sempre il reportage sociale. Ha raccontato le vicissitudini dei pen-dolari Milanesi nel progetto “Commuters”, portato in mostra personale presso la villa Pomini di Castellanza nel 2010 e pubblicato on line su importanti quotidiani italiani e blog fotografici. In particolare con uno scatto del progetto “Commuters” ha vinto nel 2010 il primo premio del concorso “all’uscita dal lavoro” indetto dal mensile “L’Europeo”. Nel dicembre 2011 il progetto “Volontari” viene pubblicato sul numero 45 del periodico ”WITNESS Journal”.Nel Gennaio 2012 alcuni scatti del progetto “il più bel giorno della mia vita” vengono selezionati dalla curatrice e critica fotografica Gigliola Foschi ed esposti a Milano presso la galleria di Obiettivo Reporter nell’ambito della mostra collettiva “Oggetti quotidiani”.Nel 2012 il progetto “il più bel giorno della mia vita” viene presentato dalla cura-trice Paola Riccardi al festival fotografico di Colorno.

“Last Home” è viaggio, senza meta, dentro le case di riposo.Una tematica molto spesso trattata da molti e molto spesso in bianco e nero. In questo lavoro Luca usa il colore con una leggera desaturazine, dando un impronta personale a questo lavoro catturando attimi e momenti di chi è all’ultima tappa della propria vita.Istanti, momenti, ricordi, assenze e presenza di una vita che non ha più nulla da dire ma che in questi scatti diventa protagonista e torna a essere vita nel palcoscenico di questi giorni che oggi scorrono sempre più veloci, senza un attimo da dedicare a noi e alle persone più care.

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- Quando inzia la tua passione/interesse per la fotografia?Seguivo spesso da bambino mio padre nelle sue passeggiate “fotoamatoriali” per il pittoresco quartiere di Taranto Vecchia . Forse ho seminato proprio in quel momento la mia passione per la fotografia che pratico con continuità dal 2006, anno in cui ho acquistato la mia prima reflex.

- Qual’è il genere fotografico che preferisci o con il quale trovi maggiori affinità?Personalmente ritengo la fotografia uno strumento straordinario quando è finalizzato al racconto. Diceva il grande Giacomelli: “La fotografia è una cosa semplice. A condizione di avere qualcosa da dire. “Sottoscrivo ogni singola sillaba; è per questo che il reportage è il genere più affine alla mia idea di fotografia.

- Quanto tempo dedichi alla fotografia?Purtroppo, ultimamente, non molto. Il lavoro e gli impegni familiari prendono gran parte del mio tempo. Tuttavia utilizzo il tempo a mia disposizione quotidianamente negli spostamenti casa lavoro per leggere ed informarmi o per pensare a come realizzare i successivi scatti del progetto che sto realizzando. Visito spesso mostre avendo il privilegio di vivere in una zona in cui vi è molta offerta (Milano).

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- Da dove nasce il tuo progetto “Last Home”? e per quale motivo?Come spesso accade, “Last Home” è nato da un incontro casuale con una persona, Matteo. Matteo è un cantastorie e si esibisce spesso in case di riposo ed ho voluto fotografarlo durante una di queste esibizioni.Le suggestioni di quella sessione fotografica mi hanno spinto a continuare l’avventura nelle strutture geriatriche prendendo contatti con una struttura del paese in cui vivo. Ho voluto focalizzare il mio lavoro su una sola struttura, per conoscere bene i suoi ospiti ed entrare in empatia con loro. Sinceramente mi sono chiesto molte volte perché realizzare questo progetto. Non ho una risposta definitiva. Spero di trovarla durante la realizzazione del racconto non ancora terminato. Misurarmi con la terza età, con i luoghi in cui si consumano gli ultimi scampoli di esistenza ha sempre suscitato in me una forte attrazione, curiosità. Ritengo che la ricchezza di situazioni, la varietà umana che si concentra tra le mura di una casa di riposo siano una risorsa, una fonte di arricchimento personale. Riuscire a riportare in una fotografia queste sensazioni senza cadere nel clichè è la mia sfida.

- Quali sono per te i fotografi che riconosci come punti di riferimento?Sono tantissimi i nomi che hanno influenzato il mio immaginario fotografico: Bresson, Ronis, Gardin, Scianna e tanti tanti altri. Al momento mi piace moltissimo la fotografia reportagistica di Zizola e Pellegrin. Ho scoperto solo poco tempo fa James Nachtwey, un gigante del reportage fotografico.Mi piace molto il lavoro “Mi Re La” di Fausto Podavini, proprio quest’anno insignito del World Press. In realtà gli autori che hanno realizzato lavori ragguardevoli sono infiniti. Occorre, al solito, tanto tempo libero per analizzarli e studiarli...

- Come vedi la fotografia oggi? Un calderone. Tanto materiale. Troppo. Perdersi è facile. La fruizione così immediata ha levato molto valore al mezzo fotografico. Sfogliare con veloci e sommari click foto on line non rende spesso giustizia ai lavori, non fa nascere nello spettatore le domande che tutti voremmo porci al cospetto di un lavoro fotografico.Ritengo che libri e mostre siano ancora oggi il canale primario per conoscereapprofonditamente un autore; ti mettono di fronte al lavoro e forzano considerazioni e valutazioni che un monitor del pc spesso disperde.

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Foto di Luca Napoli © Riproduzione riservata

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Zingari di Josef Koudelka

Il libro suggerito da Alberto Castro è “Zingari” di Josef Koudelka.

“La prima edizione è molto migliore rispetto alla seconda edita da contrasto. Nella seconda edizione a Koudelka è stato concesso di scegliere la sequenza e le sue foto (rigorosamente scelte dal foto editor nella prima edizione)... Il risultato è stato meno di pregio rispetto alla prima edizione, a testimoniamza del fatto che anche per i grandissimi vale sempre la stessa regola, mai scegliere le proprie foto... “[...]koudelka inserisce in mezzo alle sue opere d’arte, fotografie di meno pregio probabilmente scelte per affetti personali del fotografo, con il risultato di un leggero squilibrio qualitativo nella lettura complessiva del libro rispetto alla prima edizione”.

Dias Iraedi Paolo Pellegrin

Il libro che ci suggerisce di acquistare Luca Napoli è: “Dies Irae” di Paolo Pellegrin.

“Non mi permetto di stilare una recensione. L’ho acquistato subito dopo aver visto la mostra allo Spazio Forma di Milano. Un’ emozione dalla prima all’ultima pagina.”

Dies irae, la prima grande pubblicazione retrospettiva dedicata al lavoro di Paolo Pellegrin, raccoglie le immagini di molti tra i reportage realizzati da questo autore seguendo la strada del fotogiornalismo puro, che non ha paura di guardare negli occhi il mondo e, soprattutto, di raccontarlo.

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