Dall’educazione alla pedagogia - UniBg

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Dall’educazione alla pedagogia Avvio al lessico pedagogico e alla teoria dell’educazione CAPITOLO QUARTO L’intenzionalità e le sue regioni” pp. 95-118 Giuseppe Bertagna Bergamo, ottobre 2010

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Dall’educazione

alla pedagogia

Avvio al lessico pedagogico

e alla teoria dell’educazione

“CAPITOLO QUARTO

L’intenzionalità e le sue regioni”

pp. 95-118

Giuseppe Bertagna

Bergamo, ottobre 2010

1) La maggior parte dei comportamenti umani e delle loro

giustificazioni discende da forme di “imitazione”.

2) L’imitazione umana non è scimmiottamento, ma “una delle principali

[facoltà] dell’ingegno umano […] non è che una facoltà d’attenzione

esatta e minuta all’oggetto e alle sue parti” (Leopardi).

3) Si caratterizza per la capacità di mettersi dal punto di vista dell’altro,

di sforzarsi di sentire come l’altro.

4) Inoltre l’imitare dell’uomo è un ri-assumere in proprio, in modo

creativo e personale, cose altrui.

5) In ogni caso l’imitazione, così importante nei processi evolutivi

dell’uomo e, in sé, così attiva e dinamica, evoca, invece, per noi,

significati di passività e di immobilismo cognitivo, personale e sociale.

Ecco perché dall’imitazione si passa alle attività intenzionali superiori,

per il piacere della novità e del cambiamento.

Il valore dell’imitazione

Il termine “intenzionalità” ha quattro significati (intrecciati, ma

concettualmente distinguibili):

1) Intenzionalità come direzione (o relazione)

2) Intenzionalità come rappresentazione ed esecuzione di intenzioni

3) Intenzionalità come analisi formale delle rappresentazioni

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

L’intenzionalità e le sue regioni

Qualsiasi atto psichico e mentale dell’uomo implica sempre e in ogni

caso la presenza e la consapevolezza di una direzione verso qualcosa. Il

“qualcosa” costituisce il suo sbocco e, quindi, il suo oggetto specifico.

Oggetto specifico con cui naturalmente il soggetto ha una relazione.

La relazione è con qualcosa che si ha e che al contempo si sa (cioè con

un oggetto e un’immagine dell’oggetto).

Problema: che rapporto esiste tra oggetto e immagine dell’oggetto?

1) L’intenzionalità come direzione (o relazione)

Qualche spunto di riflessione:

in che cosa consiste la differenza fra oggetto e immagine dell’oggetto?

l’immagine è indipendente o interdipendente rispetto all’oggetto?

è l’oggetto a determinare l’immagine dell’oggetto oppure è il soggetto?

1) L’intenzionalità come direzione (o relazione)

Quando un uomo decide di compiere un movimento si

attiverebbero, in ordine, prima l’area prefrontale del cervello

(decisione dello scopo cui è indirizzato), poi l’area premotoria

(costituzione del programma d’esecuzione per concretizzare tale

scopo) e, infine, l’area motoria (esecuzione concreta del programma

predisposto).

È come, perciò, se il movimento umano si attivasse solo in presenza

di una precisa rappresentazione del traguardo che è chiamato a

raggiungere (la sua intenzione, il suo scopo).

2) Intenzionalità come rappresentazione

ed esecuzione di intenzioni

Rappresentazione precisa, ma inconsapevole, quando i neuroni

specchio scaricano in maniera automatica (movimenti dipendenti

dagli stimoli suscitati dai sensi, dalle pulsioni e dalle emozioni

primarie).

Es.: ritrarre la mano dalla fiamma

Rappresentazione precisa, ma del tutto consapevole, quando tali

neuroni scaricano, invece, in presenza di movimenti deliberati

soprattutto in conseguenza di emozioni secondarie e di sentimenti.

Es.: abbracciare una persona cara

2) Intenzionalità come rappresentazione

ed esecuzione di intenzioni

In ambedue i casi i nostri movimenti sono regolati dai vincoli fisici

imposti dall’ambiente e dal nostro corpo stesso.

Problema:

il movimento è un effetto dei neuroni o una causa della loro

attivazione?

1) Si può riconoscere ai neuroni la funzione di causa delle

intenzioni per quei movimenti che stanno sotto la soglia

dell’accorgersi e che appartengono alla sfera degli automatismi

viscerali.

2) Intenzionalità come rappresentazione

ed esecuzione di intenzioni

2) È molto difficile se non impossibile che l’automatismo si abbia

per quei movimenti che stanno sopra questa soglia e che sono

deliberati da ciascuno di noi per scelta.

Sarebbe difficile per due motivi.

2) Intenzionalità come rappresentazione

ed esecuzione di intenzioni

A. Accorgersi dell’esistenza dei movimenti inconsapevoli è già, tutto

sommato, un primo avvio a renderli consapevoli e a sottoporli alla

sovranità della nostra coscienza individuale.

B. Sarebbe difficile attribuire all’area del cervello 46 Brodmann il ruolo

di causa dell’intenzionalità implicita o esplicita dei nostri movimenti, e

non anche il viceversa, perché è esperienza comune, da un alto, inibire

volontariamente e usare ad altri scopi movimenti automatici

inconsapevoli (e, in questo caso, dove risiederebbe questa

intenzionalità razionale di secondo grado che si imporrebbe su quella

di primo grado fisiologico-neurologica?); dall’altro lato, attribuire

comunque l’obbligatorietà dei movimenti inconsapevoli naturali ad

una intenzionalità teleologica superiore che ci sovrasterebbe per

ampiezza e potenza.

2) Intenzionalità come rappresentazione

ed esecuzione di intenzioni

L’uomo attraverso la ragione e l’intelletto è principio del proprio

movimento e conosce la proporzione tra scopo e mezzi, tuttavia anche

l’uomo, sebbene muova se stesso riguardo ad alcune cose, quanto ad altre

richiede di essere mosso da altri.

In sintesi:

nell’uomo si manifesta la capacità di:

1) rappresentarsi mentalmente scopi da realizzare e modi per realizzarli;

2) scegliere tra scopi diversi e diversi modi per realizzarli (anche

prescindendo dai condizionamenti operanti in natura o proprio

trasformando questi condizionamenti in scelta personale)

Quindi nell’uomo è presente una intenzionalità teleologica che apre gli

spazi della libera scelta.

2) Intenzionalità come rappresentazione

ed esecuzione di intenzioni

L’uomo, sul piano neurofisiologico, è attrezzato per due generi di

operazioni:

1) la prima motoria in senso stretto, quella che fonda l’intenzionalità

teleologica (seconda regione del continente intenzionalità)

2) la seconda formale e rappresentativa, quella che assume i concetti

concepiti nella precedente oppure prodotti per combinazione di

precedenti e li analizza per giudicarli.

3) Intenzionalità come analisi

formale delle rappresentazioni

Dunque l’intenzionalità umana si manifesta come direzione degli atti

psichici (una direzione contemporaneamente verso oggetti e verso i

contenuti mentali di concetti e giudizi connessi con gli oggetti).

Quindi sia che si rappresenti scopi per movimenti da compiere, sia che

rifletta sugli scopi motori (es. sul movimento implicito nel verbo “accarezzare”)

oppure su rappresentazioni mentali specifiche che non richiamano

strategie motorie ma soltanto analisi formale (es. sul numero di sillabe del

verbo “accarezzare”), l’intenzionalità umana si palesa come fenomeno che ha

a che fare con una specie di oggetti che sono mentali alla doppia potenza

(pensieri di pensieri)

3) Intenzionalità come analisi

formale delle rappresentazioni

L’intenzionalità non prende solo atto dell’inarrestabile fluire

dell’esperienza: è come se ci permettesse di tirarci fuori dal flusso

inesorabile dell’esperienza e ci permettesse di guardarlo da un

osservatorio che non si muove e che non gli appartiene, quello astratto

concettuale della nostra mente.

Es.: chi usa i videogiochi si sente dentro il gioco ma ha anche la possibilità di vedere e

comprendere il programma che produce il gioco come interfaccia

L’uomo può spostare nel punto fermo della sua mente il fluire esistenziale e

analizzarne le caratteristiche e scoprirne ciò che non cambia:

• il divenire stesso

• il concetto delle cose

3) Intenzionalità come analisi

formale delle rappresentazioni

L’intenzionalità non è solo capacità di

• conoscenza diretta («conosco Tizio»),

• conoscenza procedurale o competenziale («so come navigare bene»),

• conoscenza proposizionale («qualcosa è così e non cosà»),

• estetica («qualcosa è bello o brutto»),

• etica («qualcuno è buono o cattivo»),

• scientifica («questo è una conoscenza scientifica e questo non lo è»),

• religiosa («conosco o non conosco Dio»),

ma è anche capacità di porsi domande sul grado di affidabilità, legittimità

e giustificazione di queste diverse conoscenze e dei giudizi che si danno su

esse.

3) Intenzionalità come analisi

formale delle rappresentazioni

L’intenzionalità è anche domanda concettuale che pretende un giudizio

• sulla congruenza tra gli scopi e i modi per realizzarli

• sulla liceità degli scopi e dei modi

Nell’intenzionalità si prende atto del proprio sentire ad es. differente comportamento nei confronti dei vicini e dei lontani

oppure di elementi indubitabili di esperienza: ad es.

• l’uomo uccide senza ritegno in particolari condizioni di vantaggio per sé

• l’uomo, a differenza degli animali dotati di corna, artigli, zanne, non ha mezzi aggressivi

naturali, ma è anche privo dei freni inibitori che impediscono alla sua aggressività di superare

una certa soglia di offesa

• l’uomo è una crudele bestia polimorfa, un cumulo di passioni mai stanco di lottare

• l’uomo è il primate più pericoloso

e soprattutto ci si interroga

• sulla verità delle cose dette (è sempre così?)

• sul perché registriamo quel particolare sentire

• se lo stato delle cose è quello che sarebbe bene fosse

3) Intenzionalità come analisi

formale delle rappresentazioni

L’intenzionalità, dunque, è anche la scoperta che il pensabile non è meno

reale del sensibile (esperienziale ed emotivo). Il pensabile può addirittura

modellare il sensibile.

Sensibile e soprasensibile si integrano, si scoprono quasi regola uno

dell’altro.

Questo incrocio si verifica sul piano dell’intenzionalità intellettuale. A

questo livello si vorrebbe raggiungere la pura forma. Pensare qualcosa che

non abbia più in sé i residui dell’empirico e del sentimentale, ma chi vive

nell’esperienza e nel sentimento come gli uomini non può immaginare di

poter giungere al puro spirito.

L’incontro fra sensibile e soprasensibile avviene

• sul piano morale (quando ci chiediamo se ciò che abbiamo fatto è ciò che

sarebbe stato bene fare)

• sul piano estetico (quando esprimiamo le ragioni del nostro giudizio estetico)

• sul piano tecnico (quando sentiamo l’esigenza di costruire qualcosa secondo

il nostro modello mentale)

3) Intenzionalità come analisi

formale delle rappresentazioni

La quarta regione dell’intenzionalità è causa e risultato delle tre

precedenti.

La coscienza è il luogo in cui gli atti psichici umani, la processualità

teleologica, il giudizio sulle forme mentali in rapporto all’esperienza si

rendono possibili e si unificano.

Dunque l’intenzionalità è una coscienza aperta

• a guardare in una direzione

• alla continua concezione di determinati scopi e mezzi per realizzarli

• alle continue rappresentazioni formali dell’esperienza e delle stesse

rappresentazioni

Ma gli oggetti della coscienza non si possono dare se non con la direzione

apprensiva, il senso, l’ordine e il giudizio colto dalla coscienza soggettiva

stessa.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

L’oggetto è co-originario al soggetto.

Non c’è il soggetto («coscienza») da una parte e l’oggetto (il contenuto del

«di» nell’espressione «coscienza di») dall’altra. Soggettivismo e

obiettivismo come due territori separati in lotta per la supremazia.

Intenzionalità della coscienza significa il contrario. Scoperta di un loro

costituirsi reciproco e inesauribile. Coscienza, corpo e mondo sempre

insieme come e in quanto coscienza del corpo e del mondo, sebbene l’una

non sia riducibile agli altri due.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

La dimensione co-originaria di soggetto e oggetto si rivela non solo con la

“coscienza di” qualcosa del corpo e del mondo, ma anche, quando l’oggetto

della coscienza è addirittura se stessa: l’autocoscienza.

La coscienza prende se stessa come oggetto e instaura un movimento

verticale, di approfondimento, di internamento.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

La coscienza della coscienza non può cogliere interamente se stessa (deve

operare una selezione tra oggetti potenzialmente infiniti) (intenzionalità

come direzione)

Può però far diminuire un’eventuale distanza fra il suo “essere” e il suo

“dover essere” (intenzionalità della coscienza come teleologia e come

analisi formale della coscienza)

Soggetto (auto-coscienza) e oggetto (coscienza) generano una spirale senza

soluzione di continuità.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

La coscienza guardata non si può dare e manifestarsi se non a volta a volta

con una direzione, un’intenzione, un senso e un ordine.

Non conta, come non pochi hanno anche pensato nella storia, che la

coscienza degli uomini possa essere comune a tutti e perfino pre-esistere a

ciascuno di essi o esistere come entità anche fuori da ogni essere umano,

per possederli solo temporalmente, mentre vivono, e poi tornare a se stessa,

quando muoiono.

Quando però la coscienza è “coscienza di sé”, allora si presenta talmente

individua e specifica da non ammettere che ne possa esistere un’altra

uguale o che possa coincidere con un’autocoscienza universale.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

Socrate: Così: questo nome άνθρωπος

[anthropos = uomo] significa che, mentre

ogni altro animale non osserva nulla di

quello che vede, né vi ragiona sopra, né lo

αναθρεĩ [anathrèi = considera], l’

άνθρωπος invece, non appena ha visto, e

questo è il senso dello όπωπε [òpope = ha

visto], αναθρεĩ e ragiona su quello che

όπωπεν [òpopen = ha visto]. Per questo,

appunto, unico tra gli animali, l’ άνθρωπος

è stato denominato correttamente

άνθρωπος , αναθρων ά όπωπε [anathròn a

òpope = colui che considera ciò che ha

visto].

PLATONE, Cratilo, 399 C

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza

Secondo Nietzsche vi sarebbe stata

un’epoca degli istinti senza pensieri,

seguita da un’epoca degli istinti con

pensieri. “Qui si rappresentano gli istinti e

gli agganciamenti agli istinti. Il frequente

ripetersi, l’accordarsi e il respingersi di

queste rappresentazioni esercita una

reazione anche sugli istinti, alcuni vengono

molto esercitati, altri messi fuori esercizio

e inariditi. Un poco alla volta, con

l’immane esercizio dell’intelletto, nasce il

piacere della sua attività: e di qui

finalmente, a sua volta, il piacere della

verità nella sua attività” (NIETZSCHE,

Frammenti postumi, autunno 1880, vol. V, t. I, p. I)

La verità cercata [non sarebbe] nient’altro

che una questione di forza istintuale che

provoca dentro e si fa poi desiderio e

sentimento razionale.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza Le posizioni di chi sostiene la provenienza soltanto fisio-psichico-biologica

del ragionare umano e di tutte le caratteristiche dell’intenzionalità

Per Francis Crick il libero arbitrio sarebbe un fenomeno nervoso localizzato a

livello del solco cingolato anteriore del cervello.

Per Steven Pinker, lo stesso gene vive nei corpi di molti membri della famiglia

umana nello stesso tempo e i processi mentali dell’empatia, dell’amore… non

sarebbero altro che richiami dall’uno all’altro degli stessi geni sparsi in molti

individui.

Altri scienziati e filosofi sono persuasi che non si possa spiegare

scientificamente la nostra coscienza razionale. E sarebbero per ora impossibili

risposte chiare e condivise a interrogativi come:

• sono possibili macchine pensanti come l’uomo?

• può esistere una descrizione del tutto impersonale dell’esperienza

personale vissuta da ciascuno?

• qual è il ruolo delle nostre deliberazioni coscienti, ovvero della nostra

libertà, su quanto facciamo?

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza Le posizioni di chi sostiene la provenienza soltanto fisio-psichico-biologica

del ragionare umano e di tutte le caratteristiche dell’intenzionalità

Altri autori restano convinti, con buoni argomenti, anche senza entrare in

un’ottica di fede, che le ragioni dell’intenzionalità abbiano caratteristiche così

eccezionali e qualitativamente diverse da qualsiasi altra manifestazione

umana di matrice materiale, pur dandosi in e attraverso la materia, da esigere

una spiegazione ultrasensibile di sé, ovvero trascendente.

Al di là delle diverse opinioni, resta indubitabile, soprattutto ai fini

pedagogici, una constatazione:

l’intenzionalità, comunque la si voglia concepire, si colloca al culmine delle

manifestazioni della vita umana, nel senso che ne sarebbe, allo stesso tempo,

la sua perfezione e la sua condizione, se non altro condizione potenziale.

4) Intenzionalità come coscienza e autocoscienza Le posizioni di chi sostiene la provenienza soltanto fisio-psichico-biologica

del ragionare umano e di tutte le caratteristiche dell’intenzionalità