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Parte Prima Pedagogia CONTENUTI • MODULO 1 Contesti storici e percorsi educativi nel Novecento • MODULO 2 Verso nuovi scenari educativi

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Parte PrimaPedagogia

CONtENutI

• Modulo 1Contesti storici e percorsi educativi nel Novecento

• Modulo 2Verso nuovi scenarieducativi

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moDULo 1Contesti storici e percorsi educativinel NovecentoCONtENutI

• unità 1La svolta puerocentrica: le scuole nuove e l’attivismo

• unità 2Educazione, politica,società

• unità 3L’attivismo in America e le pedagogie libertarie

ObIEttIVI• Conoscere le caratteristiche della svolta puerocentrica della seconda metà

dell’Ottocento e dell’attivismo.

• Descrivere gli scopi e i metodi dell’educazione secondo Maria Montessori.

• Individuare gli aspetti caratteristici del funzionalismo di Claparède e le innovazioni della proposta educativa di Freinet.

• Descrivere il concetto di educazione elaborato dal regime fascista e la riforma Gentile.

• Conoscere le teorie dell’attivismo e pragmatismo americano con partico-lare riguardo all’opera di Dewey.

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Unità 1La svolta puerocentrica: le scuolenuove e l’attivismoCONtENutI• 1Lo sfondo storico-sociale

• 2Scuole nuove e attivismo pedagogico: i primiesperimenti

• 3Un po’ di storia: esperienze russe, britanniche etedesche

• 4Scuole del lavoro: Seidl, Kerschensteiner, Petersen

• 5L’attivismo in Italia

• 6 • 7 • 8 • 9 • 10La svolta di MariaMontessori

L’attivismo in Europa:Ferrière

Gli sviluppi dell’attivismo europeo

Attivismo e cultura politica libertaria

Altre espressioni storiche dell’attivismo

❱❱ 1. Lo sfondo storico-socialeGià durante la seconda metà dell’Ottocento – un’epoca complessa, teatro di notevo-li mutamenti economico-sociali oltre che istituzionali, politici, culturali – i modelli educativi tradizionali erano apparsi in netto ritardo rispetto alle nuove esigenze di una società che, sotto la spinta del Positivismo, si avviava ad una profonda trasfor-mazione in senso industriale, produttivo, capitalistico. Alla fine del secolo, il basso livello del grado di istruzione generale nei grandi paesi sviluppati apparve insostenibile: la crisi della didattica tradizionale, del tutto inca-pace di assecondare i nuovi bisogni e le nuove necessità (alfabetizzazione di massa, specializzazione del lavoro, crescita complessiva del sapere tecnico-scientifico), era ormai irreversibile. È a questo punto che si vennero a costituire le condizioni storico-culturali adatte per giungere ad una visione profondamente innovativa che trovò una singolare convergenza in una serie di proposte che si diffusero nell’Europa intera e che si organizzarono attorno a quello che viene definito comunemente movimento delle «scuole nuove». Va detto subito che nonostante la loro eterogeneità, queste scuole «nuove» sono complessivamente accomunate dal bisogno di rispondere ai nuovi problemi sociali: centrale è l’idea della necessità di una impostazione scientifica del lavoro educativo e di un contestuale superamento del tradizionale dualismo tra formazione umanisti-ca e addestramento tecnico-professionale. Tuttavia, a causa della burocratizzazione delle strutture istituzionali e, più profon-damente, a causa della ricorrente paralisi dei vari governi nazionali per tutto ciò che riguarda le riforme scolastiche le «scuole nuove», inizialmente, furono quasi esclu-sivamente un prodotto di iniziative private, spesso anche dichiaratamente elitarie o aristocratiche. Il quadro globale risulta in ogni caso assai multiforme: comprende sia progetti di «sinistra», ispirati cioè ideologicamente in senso libertario e democratico (certamente i più numerosi) sia, al contrario, progetti di «destra», orientati dunque in senso autoritario, selettivo e conservatore.

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❱❱ 2. Scuole nuove e attivismo pedagogico: i primi esperimentiAlle scuole nuove viene generalmente associato il concetto di attivismo pedagogico: una concezione (anticipata, come sappiamo, da Rousseau e da buona parte della pedagogia romantica) che rimanda ad un’idea di educazione non più come sempli-ce trasmissione di un sapere oggettivo, statico, immutabile, ma come un processo dinamico, di complessiva formazione della personalità (evidente è in questo senso anche il legame tra il concetto di attivismo e quello di Bildung romantica). Come abbiamo detto, non è mai esistita una uniformità generale nelle molteplici forme che l’attivismo pedagogico assunse: le stesse scuole si sviluppano inizialmen-te a partire da una serie di esperienze promosse da educatori e studiosi di tutto il mondo, in assenza di un centro unificante di elaborazione o di una base programma-tica compatta. Tuttavia, l’insieme di queste ipotesi innovative convergono certamen-te su un punto specifico e fondamentale: il concetto, già più volte incontrato, di puerocentrismo. Con questo termine intendiamo una peculiare riscoperta dell’infanzia come età qua-litativamente diversa rispetto alle altre fasi della vita di un individuo, cioè dotata di caratteristiche specifiche e autonome verso le quali si deve procedere con uno studio scientifico centrato sulle nuove scoperte psicopedagogiche, al fine di far «ruotare» l’intero processo processo educativo sul bambino, sulla sua natura e, soprattutto, sui suoi bisogni.

Il movimento attivista, nel suo complesso, recupera dunque tutti gli aspetti formativi tradizionalmente trascurati:

— il lavoro manuale e le attività pratiche, viste come accessi «pragmatici» e non teorici alla scoperta del mondo;

— la co-educazione dei sessi, ritenuta centrale per lo sviluppo delle capacità interat-tive e socializzanti degli studenti;

— la riconfigurazione della figura dell’insegnante, visto come esperto psico-peda-gogista che tuttavia occupa una posizione non centrale rispetto alla didattica: si limiterà infatti a svolgere funzioni di sostegno e di ausilio nei confronti di allievi, impegnati in processi di sostanziale auto-educazione.

Correlativamente allo sviluppo ed alla diffusione delle proposte di «scuola nuova e attiva», cresceva, nell’Europa dei primi anni del XX secolo, anche la percezione della necessità di giungere ad un coordinamento organizzativo e istituzionale del movimento, cioè alla fondazione di una sede, alla promozione di congressi interna-zionali, all’edizione di riviste e pubblicazioni scientifiche finalizzate ad elaborare principii e metodi e soprattutto utili come luogo di confronto sui risultati delle varie operazioni di innovazione didattica. Così, nel 1899 venne fondato a Ginevra l’Ufficio internazionale delle scuole nuove e successivamente, nel 1912, sempre a Ginevra, si diede vita ad un organismo fonda-mentale per le sorti e lo sviluppo generale dell’attivismo nel Novecento: l’Istituto Superiore J.-J. Rousseau per le Scienze dell’Educazione (nel 1921 sarà poi fon-data anche la Lega Internazionale per l’Educazione Nuova).

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❱❱ 3. un po’ di storia: esperienze russe, britanniche e tedesche❱ 3/1 Gli esperimenti di tolstoj

Le prime esperienze di scuole nuove si possono reperire già verso la fine dell’Ottocen-to: nate in particolari contesti storico-sociali da cui non possono essere separate, esse appaiono oggi più come l’esito di esperienze concrete che di intenzionali ipotesi teoriche. Celebre è, in questo senso, il caso degli «esperimenti» didattici del grande scrittore russo Lev Tolstoj (1829-1910) che diede vita, nella sua tenuta privata (a Jasnaia Poljana), a una scuola popolare per i figli dei contadini, ispirata scrupolosamente ai principi rousseauiani dell’educazione naturale, negativa e indiretta. I principi-guida di questa singolare operazione di Tolstoj sono così riassumibili: ri-fiuto del concetto di autorità; libero sviluppo della personalità dell’allievo; soppres-sione dei tradizionali vincoli imposti dalla didattica (orari, classi, programmi, disci-plina); sovversione del ruolo dell’insegnante che in interazione con gli studenti deve stimolare iniziative libere e autonome di ricerca e di auto-apprendimento.

❱ 3/2 La New School di Cecil ReddieSulla stessa linea teorica, ma in forme assai diverse da Tolstoj, l’inglese Cecil Reddie (1858-1932) si concentrò sulla possibilità di fornire modelli di educazione alternati-va alle classi sociali elevate. Nello specifico, si prevedeva: — una preparazione culturale integrata: cioè interazione tra cultura umanistico-

linguistica e competenza tecnico-scientifica; — una forte attenzione agli aspetti etici, morali, comportamentali; — una decisa incentivazione alle attività extra-curricolari; — una didattica totalmente anti-nozionistica e basata su esperienze concrete; — una ripresa della nozione herbartiana di «interesse polivalente». La New School di Cecil Reddie, inaugurata nel 1889, si configurò dunque come una scuola-convitto in cui veniva tentata un’ipotesi di formazione integrale che stimole-rà numerosi tentativi di emulazione.

❱ 3/3 Lo scoutismo di baden-Powell e le Case di Educazione di LietzAnche Robert Baden-Powell (1857-1914), fondatore del movimento dei Boy Scouts, diresse le sue attenzioni verso aree non popolari: intendeva educare, con un percor-so sostanzialmente parallelo a quello scolastico, una classe di giovani che fosse in grado di mantenere lo spirito e la tradizione imperiale britannica proponendo elemen-ti pedagogicamente nuovi come il contatto con la natura, la vita di gruppo, lo spirito di avventura, l’organizzazione gerarchica di ispirazione militare. Nonostante i gravi limiti di questa concezione gerarchica (che costituisce una con-traddizione profonda rispetto alle linee più interessanti dell’attivismo pedagogico, che avranno sempre, nel Novecento, accenti, anche politicamente, libertari) ci trovia-mo di fronte ad una metodologia di educazione integrale, centrata sullo spirito d’os-servazione, sul senso di responsabilità e di appartenenza al gruppo, oltre che sul concetto di servizio e di ideale umanitario. Gli aspetti negativi di questo tipo di approcci emergono ampiamente anche nei ten-tativi del tedesco Hermann Lietz (1868-1910), che trasferì nel suo paese l’esperien-za delle scuole nuove, fondando degli istituti noti come Case di educazione. L’am-biente è qui la campagna e il tentativo è quello di sperimentare in Germania il mo-

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dello già adottato da Reddie in Inghilterra. L’ispirazione filosofica di tipo statalista (e a tratti francamente autoritaria) di Lietz, nonché le particolari condizioni storico-culturali della Germania, trovarono terreno assai fertile nella Germania guglielmina, dominata dal ceto medio-alto (gli Junkers), cui egli proponeva la possibilità di un’educazione concretamente aristocratica, centrata sui valori più tradizionali e reazionari: nazionalismo, culto degli eroi, amore per la patria. L’individuo, secondo questa concezione, che avrà tragici riflessi nelle esperienze totalitarie del Novecento (Fascismo e Nazismo in primis), deve essere orientato a partecipare alla vita collettiva inserendosi a pieno titolo nelle istituzioni fondative della società, quelle che ne consolidano l’unità e l’organicità: lo Stato, dunque, e la Chiesa, nei cui confronti è richiesta obbedienza e devozione.

❱ 3/4 La cultura giovanile di WynekenAlternativa a questo modello è l’opzione educativa proposta da Gustav Wyneken (1875-1964) che nel 1906 aprì una «libera comunità scolastica» fortemente critica nei confronti dei valori borghesi e tradizionali. Segnato dalle ideologie anarco-indi-vidualiste del filosofo Max Stirner (1806-1856) e dal complesso filone irrazionali-stico di derivazione nietzscheana, Wyneken sostituisce all’obbedienza allo Stato e alla Chiesa il principio del rispetto dell’originaria «cultura giovanile» in cui si ma-nifesta il più autentico spirito tedesco.

Secondo Wyneken, occorreva dunque:

— costituire comunità scolastiche libere da controlli e condizionamenti esterni e soprattutto gestite da istituti di auto-governo (gruppi di compagni, assemblea generale dei docenti e degli alunni);

— contrastare le più astratte metodologie didattiche ripristinando un rapporto inten-so e spirituale tra maestro e alunno;

— recuperare i valori della natura, senza dimenticare il senso della cultura e della civiltà tedesca.

❱ 3/5 umanesimo, democrazia e laicismo in Paul GeheebLontano sia dalla pedagogia reazionaria di Lietz sia dagli stimoli anarcoidi della «cultura giovanile» di Wyneken, un altro educatore, Paul Geheeb (1870-1961) fon-dò nel 1910 un istituto organizzato come le Case di Lietz ma ispirato ai valori dell’umanesimo e della democrazia. In questo spazio educativo, gli alunni sono divisi in gruppi di sei-otto membri e con-dividono uno spazio comune (secondo il modello della co-educazione dei sessi) sotto la guida di un educatore: lo spirito che anima la loro esperienza educativa è, secondo un’ispirazione romantica (più precisamente: goethiana) di tipo dichiarata-mente cosmopolitico, priva di influssi nazionalistici, e totalmente laica.

❱❱ 4. Scuole del lavoro: Seidl, Kerschensteiner, PetersenNei primi anni del secolo, prima dell’avvento del nazismo, la Germania fu al centro di numerose altre esperienze di didattica e pedagogia innovative, ispirate a ideologie comunitarie, naturalistiche, spontaneistiche. Tra le altre, possiamo ricordare la cosid-detta «Scuola del lavoro» fondata da Robert Seidl (1850-1933).

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Recuperando temi romantici (chiaro è il suo richiamo a Pestalozzi) e ascendenze socialiste (importante è anche l’influsso di Marx), egli teorizzò la centralità della capacità formativa del lavoro per una didattica innovativa. Il punto teorico di partenza è che la moderna società industriale avrebbe progressi-vamente estinto quelle funzioni di istruzione e di educazione tradizionalmente eser-citate dalle vecchie strutture di potere: secondo Seidl il lavoro non possiede più le caratteristiche di sintesi tra apprendistato professionale e dimensione teorica. Una pedagogia alternativa dovrebbe dunque far centro sulle funzioni intrinsecamen-te «formative» dell’attività lavorativa, al fine di riprogettare complessivamente le strutture sociali esistenti in senso esplicitamente socialista. Un altro pedagogista, che si muove nello stesso orizzonte teorico-ideologico, fu Georg Kerschensteiner (1854-1931) che espose le sue ipotesi rivoluzionarie in una celebre opera pubblicata nel 1912: Il concetto della scuola del lavoro, un testo in cui viene teorizzata la necessità di una conciliazione tra le tesi più radicali del suo predecessore e quelle dei fautori della libertà individuale e della spiritualità dei processi formativi.Kerschensteiner propose una riforma della scuola orientata su una diversa struttura-zione dei piani didattici: anche per lui l’educazione al lavoro dovrebbe possedere un carattere «liberatorio» dalla schiavitù della materia: — il lavoro viene infatti considerato una forma essenziale dello sviluppo umano,

una chiave per lo sviluppo della cultura; — l’attività lavorativa non possiede solo valori pratico-manuali, ma anche profonda-

mente etici;— il lavoro definisce il senso della collaborazione tra gli individui;— il lavoro deve essere da un lato produttivo, dall’altro deve essere in grado di

generare fenomeni di integrazione tra singolo e comunità sociale; — il lavoro non può essere un’attività spontanea: piuttosto deve configurasi secondo

modelli di utilità ed efficacia. Su queste basi, la scuola del lavoro – in cui erano praticate anche delle interessanti forme di autogoverno degli studenti – doveva in primis incaricarsi di formare il senso etico, l’autocontrollo, il rispetto delle leggi naturali e politiche e soprattutto la subordinazione degli interessi egoistici a quelli della comunità.Una esperienza pedagogica di rilievo fu anche quella descritta da Peter Petersen (1884-1952) nel «Piccolo piano di Jena» del 1924, i cui elementi chiave sono i seguenti: — porre al centro l’attività multiforme dell’alunno; — rivendicare l’importanza di spazi e strumenti specificamente rivolti all’appren-

dimento teorico e pratico, alle attività ludiche, alle dimensioni estetiche;— costituirsi come centro formativo dotato di risorse metodologiche articolate

all’interno di una vita comunitaria. Su queste basi, la scuola di Jena offriva, più nello specifico: corsi teorici misti ad attività manuali ed espressive; classi aperte; selezione non rigida; gruppi di livel-lo (costituiti da allievi omogenei per competenze e capacità); sistema del tutorato; gruppi di recupero; co-educazione tra i sessi (classico principio delle scuole attive); liberi circoli a scopo estetico-socializzante; valutazione della maturazione personale e non delle prove obiettive. In questo modo si tendeva a delineare un corso di studi unitario finalizzato ad erogare modelli di formazione integrale attraverso un lavoro di programmazione teso a conci-liare le esigenze della cultura umanistica con quelle della cultura tecnico-scientifica.

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❱❱ 5. L’attivismo in ItaliaIn Italia l’attivismo, rispetto alle altre esperienze europee, assunse un profilo origi-nale e parzialmente autonomo. Le cause di questa «via italiana» all’attivismo, sono da ricercarsi, come sempre, nella particolare condizione socio-politica del nostro paese, caratterizzata da una unificazione recente e da un’economia ancora profon-damente agricola e pre-industriale. In questo senso si comprende come tutte le iniziative di rinnovamento educativo – anche quelle a carattere pubblico – si rivolsero principalmente all’istruzione pri-maria e infantile e all’educazione popolare, piuttosto che alla classe dirigente; l’altro elemento di differenziazione riguarda la matrice culturale dell’attivismo ita-liano, che fu in buona parte senza contatto con quello europeo. Primo rappresentante dell’attivismo italiano fu Pietro Pasquali (1847-1921) che operò una riforma degli asili infantili sulla base di una ispirazione fröbeliana. Fu lui a stimolare l’esperienza delle sorelle Rosa Agazzi (1866-1951) e Carolina Agazzi (1870-1945) alle quali si deve l’apertura a Mompiano presso Brescia, nel 1895, di un asilo con modalità didattiche ed educative inedite e che costituì il modello per la scuola dell’infanzia istituita dallo Stato nel 1968.

❱❱ 6. La svolta di Maria MontessoriCon l’opera e con le iniziative di Maria Montessori l’Italia si colloca a pieno titolo nella grande linea del movimento attivista europeo: la risonanza e il successo, soprat-tutto a livello internazionale, degli studi, delle sperimentazioni e del «metodo Mon-tessori», fanno sì che l’opera complessiva della studiosa italiana venga considerata come uno dei capisaldi dell’intero attivismo novecentesco. Va detto subito che la particolarità dell’approccio della Montessori è dovuta in primo luogo alla sua netta impronta scientifica.

Maria Montessori➜Nasce a Chiaravalle nel 1870 e fin dai primi anni di studio manifesta interesse per le materie scientifiche e giunge ad occuparsi concretamente di problemi didattici, cogni-tivi, educativi e scolastici sulla base dei suoi studi di Medicina (fu una delle prime donne-medico italiane): assistente alla clinica psichiatrica dell’Università di Roma, i suoi primi interessi sono rivolti all’educazione e al recupero dei bambini con problemi di handicap. Nel 1905 organizza alcuni asili infantili nel quartiere di S. Lorenzo di Roma, uno dei più popolari, e due anni dopo apre la Prima Casa dei Bambini. Il successo immediato di questa iniziativa determinò la nascita di un vero e proprio movimento pedagogico nuovo: gli istituti

si estesero in breve sino al punto che nel 1924 si diede vita all’Opera nazionale Montessori ed alla Scuola magistrale Montessori. Il pensiero, le tecniche, le innovazioni montessoriane sono esposti e trattati in una serie di opere fondamentali per la psicopedagogia del Novecento, tra cui: Il metodo della pedagogia scientifica (1909); l’Antropologia pedagogica (1910); L’autoeducazione nelle scuole elementari (1916); Manuale di pedagogia scientifica apparso (1921); La pace e l’educazione (1933); Il segreto dell’Infanzia (1938); Educazione e pace (1949); La formazione dell’uomo (1949); La mente assorbente (1952). Muore nel 1952 in Olanda dove si era trasferita.

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❱ 6/1 La formazione medico-scientificaLa formazione culturale della Montessori è dunque scientifica, chiaramente positivi-stica: centrale fu ad esempio l’influenza dell’antropologo Giuseppe Sergi (1841-1936) che aveva introdotto nella ricerca pedagogica l’uso di tecniche antropometriche e psicometriche (misurazione del cranio, della statura, valutazione degli aspetti morfo-volumetrici: tutti dati riportati in quella che veniva definita «carta biologica» dell’alunno). La Montessori, pur riconoscendo sempre al maestro il merito di aver cercato di dare alla pedagogia una veste scientifica, ne contestò tuttavia la «confu-sione» tra studio sperimentale astratto e concreta pratica educativa. Secondo la Montessori l’intervento pedagogico deve essere modificato e migliorato attraverso l’uso di metodi e mezzi ricavati dalla sperimentazione condotta con e sui bambini in condizioni di vita reale. I bambini hanno diritto a essere studiati, nel sen-so di comprendere veramente quali siano i meccanismi di apprendimento e socia-lizzazione che li caratterizzano, esplorandone i processi di maturazione della perso-nalità fin dai primi anni di vita. Su questa linea, la Montessori trae ispirazione per la metodologia didattica da due medici francesi, Jean Marc Gaspard Itard (1775-1838) e Eduard Seguin (1812-1880) che si erano occupati di fanciulli selvaggi, allevati da animali, trovati in zone isolate (in particolare, le ricerche di Itard avevano suscitato enorme clamore: celebre è rimasto il suo tentativo di rieducare – secondo le modalità del comportamento ci-vilizzato – un ragazzo «selvaggio», dodicenne, ritrovato nel 1799 nelle foreste dell’Aveyron).

❱ 6/2 Le origini del metodoStudiando proprio i casi dei bambini selvaggi e ritardati, la Montessori scopre la grande serie di distorsioni, errori e pregiudizi gravanti sul concetto e sulle pratiche dell’educazione infantile. L’approfondimento scientifico di questo campo è stato, per lungo tempo limitato dal pregiudizio «adultistico», cioè dal presupposto che l’infan-zia vada studiata partendo dal punto di vista dell’adulto, il quale rappresenterebbe lo stadio di sviluppo finale da raggiungere. Rifacendosi da un lato a Pestalozzi, che aveva intuito le potenzialità interiori del bambino, e dall’altro alla psicologia sperimentale di Whilem Wundt, la Montessori rivaluta, in maniera assai innovativa, «l’energia latente in ogni individuo» che si sviluppa secondo modalità autonome e che può essere stimolata ma non generata da interventi didattici (una posizione che per certi versi ricorda Piaget). Bisogna dunque ripensare il senso stesso del processo formativo: autentica educazio-ne è soltanto l’autoeducazione: la pedagogia, la metodologia, il ruolo del personale insegnante, le istituzioni scolastiche nel loro complesso vanno considerati come mezzi preparatori e ausiliari per la realizzazione di un autentico «io» interiore. Uno degli elementi più trascurati della psiche dei bambini, secondo la Montessori, è la specificità della loro «energia»: proprio la repressione di tale impulso originario è all’origine di quei comportamenti difettivi (il rumore, il chiasso, l’iperattività) di cui gli adulti si lamentano. Si tratta di un’ipotesi non lontana da quella freudiana sullo sviluppo «censorio» del Super-Io: sull’infanzia sembrano infatti ricadere dram-maticamente le insensibilità degli adulti. Si rende pertanto necessario un radicale mutamento di prospettiva. Occorre, letteralmente, costruire le condizioni per un mondo «altro», interamente a misura di bambino.

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Per arrivare a ciò, vanno utilizzate in maniera concreta e non soltanto teorico-specu-lativa le conoscenze sperimentali sulle diverse fasi dello sviluppo psichico e cogni-tivo dei bambini. Il punto-chiave iniziale sarà pertanto l’allestimento di un ambiente totalmente innovativo: ciò che la Montessori chiamò «casa dei bambini», una strut-tura dotata di autonomia istituzionale e educativo-pedagogica, una sorta di micro-istituzione sociale infantile.

❱ 6/3 Gli spazi «a misura» di bambinoNella «casa dei bambini» gli spazi sono organizzati e definiti a misura dei bisogni, delle pressioni e delle esigenze di crescita dei piccoli. Tali spazi sono:

— privi del tradizionale arredamento scolastico; — collocati nel tessuto urbano: occorre evitare sia l’isolamento di tipo rousseauia-

no sia la convivenza con i grandi agglomerati metropolitani; — le classi sono in numero ridotto e collocate in locali non vasti; — le suppellettili sono scientificamente fabbricate rispettando le dimensioni fisiche

e le potenzialità sensomotorie dei bambini;— analogo discorso vale per la gestione degli spazi esterni: essi prevedono la pre-

senza indispensabile del giardino; — l’aula diventa, nella rivoluzione montessoriana, una autentica sala di lavoro: v’è

forte presenza di materiali (sedie, tavoli, scaffali, armadi ecc.) a portata di mano dei bambini e di diretto utilizzo. Fondamentale è l’abolizione del banco, visto come strumento di limitazione e di imposizione;

— la cura dell’igiene dei locali viene affidata agli stessi bambini: la vita scolastica deve essere percepita come «continuità» rispetto alla propria casa;

— cambia il senso e il ruolo dell’insegnante: non più presunta guida spirituale, etica, cognitiva ma direttrice e coordinatrice delle attività dei bambini.

❱ 6/4 L’educazione sensorialeIn questo ambiente nuovo, teorizzato e allestito a misura di bambino, assume una funzione centrale il materiale didattico, ideato con funzioni esplicite di sviluppo cognitivo. Siamo al cuore della teoria e della prassi montessoriana: poiché la psiche infantile deve essere considerata come un’attività energetica («embrione spirituale» la definirà nelle ultime opere la Montessori) ritmata dalla comparsa e dallo sviluppo di particolari periodi di fertilità cognitiva, detti periodi sensitivi, occorre garantirne lo sviluppo concedendo al bambino la possibilità di autocontrollarsi, nel suo proces-so di crescita, e di auto-educarsi in piena libertà. L’ambiente va pertanto considerato come la totalità degli oggetti e dei materiali prescelti per «stimolare» la sensibilità infantile. E se i sensi sono la via attraverso cui giungono i contenuti su cui poi lavoreranno l’immaginazione e la logica del bambino, la moderna visione scientifica della pedagogia deve giungere a curare soprattutto l’educazione sensoriale. Occorre pertanto che il personale educativo sia in grado di produrre stimoli idonei allo sviluppo progressivo.Nel metodo montessoriano il bambino concentra la sua attenzione sulle parti elemen-tari degli oggetti (metodo analitico): attraverso un processo di analisi (classificazione e disposizione in serie) dovrà pervenire progressivamente alla maturazione cognitiva.Gli strumenti didattici sono strumenti squisitamente scientifici, appositamente co-struiti da esperti (la direttrice si limiterà ad usarli e a garantire che i bambini li usino

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non a caso, ma secondo lo scopo cognitivo per cui sono stati progettati); tale mate-riale deve essere applicato rigidamente e senza varianti.Il materiale comprende principalmente: oggetti solidi da incastrare; blocchi, tavole, figure e forme geometriche da seriare secondo criteri diversi (colore, dimensioni, altezza, peso, incastro); panni colorati, campanellini da porre in scala secondo l’in-tensità del colore o del suono; superfici di diversa composizione (ruvide o lisce) da graduare e così via.

Il senso di questa svolta strumentale è ancora una volta l’impulso all’educazione della sensibilità. Non è un caso che anche i processi di apprendimento della lettura e della scrittura (due tra gli elementi più giustamente celebrati del «metodo» Mon-tessori) prevedano la stessa logica di acquisizione:

— si comincia a conoscere le lettere dell’alfabeto, riprodotte in dimensioni grandi, seguendone il «profilo» e imparando così a distinguerle;

— successivamente si arriva a comporre le parole utilizzando alfabeti mobili oppu-re disegnando le lettere per imitazione;

— la lettura procede simmetricamente: a lungo preparata dopo aver allestito tutte le precondizioni di potenziamento sensoriali, essa esplode all’improvviso – circa quindi giorni dopo l’esposizione agli stimoli idonei.

brani d’autore ❱ Maria Montessori: l’ambiente didattico

Il materiale didatticoPer evitare malintesi e confutare le critiche espresse dopo che il nostro metodo fu noto in tutto il mondo, può essere utile stabilire lo scopo della nostra educazione dei sensi. L’ovvio valore dell’educazione e del raffina-mento dei sensi, allargando il campo della percezione, offre una sempre più solida e ricca base allo sviluppo dell’intelligenza. Per mezzo del contatto e dell’esplora-zione dell’ambiente l’intelligenza innalza quel patrimo-nio di idee operanti, senza le quali il suo funzionamen-to astratto mancherebbe di fondamento e di precisione, di esattezza e di ispirazione. Questo contatto è stabilito per mezzo dei sensi e del movimento. Se è possibile educare e raffinare i sensi, anche se ciò è soltanto un’ac-quisizione temporanea nella vita degli individui che più tardi non li usano in modo così ampio e costante come in certe professioni specificamente pratiche e sensoria-li, il valore di questa educazione dei sensi non diminu-isce, perché proprio in questo periodo di sviluppo si formano le idee fondamentali e le abitudini dell’intelli-genza […].Il materiale sensoriale è costituito da un sistema di og-getti, che sono raggruppati secondo una determinata qualità fisica dei corpi – come colore, forma, dimensio-ne, suono, stato di ruvidezza, peso, temperatura, ecc. Così, per esempio: un gruppo di campane che riprodu-cono i toni musicali; un insieme di tavolette che hanno differenti colori in gradazione; un gruppo di solidi che

hanno la stessa forma e graduate dimensioni: e altri che invece differiscono tra loro per la forma geometrica, cose di differente peso e della medesima grandezza: ecc., ecc.Ogni singolo gruppo rappresenta la medesima qualità, ma in gradi diversi: si tratta quindi di una graduazione dove la differenza tra oggetto e oggetto varia regolarmen-te ed è, quando possibile, matematicamente stabilita.Simile criterio generico va però soggetto a una determi-nazione pratica che dipende dalla psicologia del bambi-no e sarà scelto con l’esperienza, come adatto a educare, solo un materiale che effettivamente «interessa» il pic-colo bambino e lo trattiene in un esercizio spontaneo e ripetutamente scelto.Ogni gruppo di oggetti – materiale dei suoni, materiale dei colori, ecc. – presentando una graduazione, ha dunque agli estremi il «massimo» e il «minimo» della serie, che ne determinano i limiti, i quali, più propriamente, sono fissati dall’uso che ne fa il bambino. Questi due estremi, se avvicinati, dimostrano la differenza più palese che esista nella serie e perciò stabiliscono il più spiccato contrasto che sia reso possibile col materiale. Il contrasto essendo rilevante rende evidenti le differenze e il bambi-no anche prima di esercitarsi è capace di interessarsene.

Qualità fondamentali comuni a tutto ciò che nell’am-biente educativo circonda il fanciulloAi tanti caratteri sopradetti, altri se ne devono aggiun-gere, che però non si riferiscono in particolare agli og-

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getti sensoriali ma dovrebbero estendersi possibilmente a tutto ciò che circonda il bambino; essi sono:I. Il controllo dell’errore. – Si deve possibilmente cer-care che i materiali offerti al bambino contengano in sé il «controllo dell’errore» come sono p. es. gl’incastri solidi: cioè sostegni di legno che portano dei fori ai quali si adattano cilindri di graduale dimensione: da fini a grossi, ovvero da alti a bassi, o da piccoli a grandi. Gli spazi, essendo esattamente corrispondenti ai cilindretti da deporvi, non è possibile collocarli tutti erroneamente poiché alla fine dovrebbe rimanerne uno fuori di posto: e ciò denuncia lo sbaglio commesso. Appunto come in una botto niera, l’ordine sbagliato, o il bottone dimenti-cato, si rivela alla fine con un’asola vuota. In altri mate-riali, come nelle tre serie di blocchi, la grandezza, il colore, ecc., degli oggetti e il fatto che il bambino si è già esercitato a constatare gli errori, rende questi visibi-li fino all’evidenza.Il controllo materiale dell’errore conduce il bambino ad accompagnare i suoi esercizi col ragionamento, con la critica, con l’attenzione sempre più interessata all’esat-tezza, con una capacità raffinata a distinguere le piccole differenze, e prepara così la coscienza del bambino a controllare gli errori, anche quando questi non sono più materiali o sensibilmente evidenti.E non soltanto gli oggetti per l’educazione sensoriale e per la coltura, ma tutto nell’ambiente è preparato in modo da rendere facile il controllo degli errori. Gli oggetti, dal mobilio ai singoli materiali di sviluppo, sono dei denun-ciatori, la cui voce ammonitrice non può sfuggire.I colori chiari e la lucentezza denunciano le macchie; la leggerezza dei mobili denuncia le movenze ancora im-perfette e rozze, cadendo o strisciando con rumore sul pavimento. Così che tutto l’ambiente è come un educa-tore severo, una sentinella sempre all’erta: e ciascun bambino ne sente gli ammonimenti come se fosse solo dinanzi a quell’inanimato maestro.II. L’estetica. – Un altro carattere degli oggetti è di essere attraenti. Il colore, la lucentezza, l’armonia delle forme sono cose curate in tutto quanto circonda il bam-bino. Non solo il materiale sensoriale, ma tutto l’ambien-te è così preparato, da attirarlo, come in natura i petali colorati attirano gl’insetti a succhiare il nettare che essi nascondono. […]E i telai delle allacciature coi bottoni argentati sulla stoffa verde – o i bei cubi rosa – o le spolette dai sessan-tatré colori in gradazione – o le belle lettere colorate dell’alfabeto giacenti nei loro compartimenti – sono inviti delle cose.E il fanciullo obbedisce a quell’oggetto che corrisponde in quel momento al suo più vivo bisogno di azione. Così in un campo, i petali di tutti i fiori chiamano altre vite

coi loro profumi e coi colori, ma l’insetto sceglie il fiore che è fatto per lui.III. L’attività. – Altro carattere del materiale di svilup-po deve essere quello di prestarsi all’attività del bambi-no. La possibilità di trattenere con interesse l’attenzione infantile non dipende tanto dalla «qualità» contenuta nelle cose, quanto dalla possibilità che offrono di agire.Cioè per rendere interessante una cosa, non basta che sia interessante in se stessa, ma occorre che si presti all’at-tività motrice del bambino. Bisogna che ci siano per esempio piccoli oggetti da spostare – ed è allora il mo-vimento della mano, più che gli oggetti, che trattiene il bambino occupato nel fare e disfare, nello spostare e nel riordinare molte volte di seguito le cose, rendendo pos-sibile una occupazione prolungata. Un giocattolo bellis-simo, una visione attraente, un racconto stupefacente possono senza dubbio richiamare l’interesse infantile, ma se il bambino deve soltanto «vedere» o «ascoltare» o «toccare» un oggetto immutabile, quell’interesse sarà superficiale, passando da cosa a cosa. Così l’ambiente è tutto combinato in modo da prestarsi all’attività infanti-le, è bello, ma ciò non interesserebbe il bambino che un giorno solo, mentre il fatto che ogni oggetto può essere rimosso, usato, e riportato al suo posto rende l’attrattiva dell’ambiente inesauribile.IV. I limiti. – Infine, un altro principio comune a tutti i «mezzi materiali» costruiti per l’educazione, è il seguen-te, finora assai poco compreso, e pure del più alto inte-resse pedagogico: cioè che il materiale deve essere «li-mitato in quantità». Questo fatto, una volta constatato, è logicamente chiaro alla nostra comprensione: il bambino normale non ha bisogno di «stimoli che lo risveglino», che «lo mettano in rapporto con l’ambiente reale». Egli è sveglio, e i suoi rapporti con l’ambiente sono innume-revoli e continui. Egli ha bisogno invece di ordinare il caos formato nella sua coscienza dalla moltitudine di sensazioni che il mondo gli ha dato. Egli non è un «dor-miente della vita» come il fanciullo deficiente, ma è un «esploratore ardito nel mondo, nuovo per lui» e, come esploratore, ciò di cui ha bisogno è una strada (cioè qualcosa di limitato e di diretto) che lo conduca al suo fine e lo salvi dalle deviazioni affaticanti che non per-mettono di avanzare. Allora egli si «attacca appassiona-tamente» a quelle cose – limitate e dirette allo scopo – che ordinano il caos formatosi in lui e con l’ordine danno condizioni di chiarezza alla mente esploratrice, e le forniscono una guida nelle ricerche. L’esploratore dap-prima abbandonato a se stesso, diventa allora un uomo illuminato, che fa ad ogni passo nuove scoperte e avan-za con la forza che dà la soddisfazione interiore.Quanto queste esperienze devono modificare il concetto che molti hanno ancora – cioè che il bambino sia tanto

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più aiutato quanto più oggetti educativi siano messi a sua disposizione! Crediamo erroneamente che il bambi-no più «ricco di giocattoli», più «ricco d’aiuti» possa essere il meglio sviluppato. Invece la moltitudine disor-dinata di oggetti, è essa che aggrava l’animo di un nuo-vo caos, e lo opprime nello scoraggiamento.I «limiti» negli aiuti che conducono il bambino a dare ordine alla sua mente e a facilitargli la comprensione

delle cose infinite che lo circondano – sono quelli la mas-sima necessità per risparmiare le sue forze e per farlo avanzare con sicurezza nelle vie difficili dello sviluppo.

M. Montessori, La scoperta del bambino, inR. Fornaca-R.S. Di Pol, Dalla certezza alla

complessità. La pedagogia scientifica del Novecento, Principato, Milano, 1993

❱ 6/5 La «mente assorbente»Il presupposto generale della Montessori, sotteso a tutto quanto abbiamo esposto, è che la struttura psichica generale del bambino sia radicalmente alternativa a quella dell’adulto: nelle ultime opere, la studiosa giunge a parlare della mente infantile come di una mente assorbente: «la mente del bambino – scrive la Montessori – prende le cose dall’ambiente e le incarna in se stessa». Il bambino sembra crearsi da solo il proprio mondo interiore attraverso una sorta di carne mentale (in questa tesi, di nuovo, non siamo lontani dalle ipotesi di Piaget sul rapporto interattivo, di assorbimento, tra mente e ambiente nell’età infantile). Le reazioni con il mondo vengono elaborate inconsciamente: la mente dell’adulto sarà in questo senso soltanto una mente cosciente, razionale, non più soltanto assor-bente. Ma in questo concetto di mente che assorbe, l’elemento razionale non viene sminuito: la struttura cognitiva della mente infantile assimila e struttura le immagini sensibili del mondo mettendole al servizio della parte razionale. Il centro attorno al quale agisce interiormente il periodo sensitivo è infatti la ragione stessa.

brani d’autore ❱Il concetto di «mente assorbente»

Certamente, non tutti questi complicati processi seguono il funzionamento che si trova stabilito nell’adulto, perché il bambino non ha imparato una lingua come noi potrem-mo imparare una lingua straniera, con lo sforzo delle nostre facoltà mentali, ma egli ha acquistato una costru-zione stabile, esatta, meravigliosa, come le costruzioni embrionali di un organo in un organismo. Esiste cioè nel piccolo bambino uno stato mentale inconscio che è cre-ativo, e che noi chiamiamo «mente assorbente». E la mente assorbente costruisce non per sforzi volontari, ma sulla guida di «sensibilità interne», che chiamiamo «pe-riodi sensitivi», perché la sensibilità dura solo tempora-neamente, dura fino a che non è compiuto l’acquisto che deve fare la natura. Così, per esempio, se in un bambino la nebula del linguaggio trovasse ostacoli allo sviluppo e le sensibilità uditive costruttive non funzionassero, ne potrebbe derivare un sordomuto che ha tutti gli organi dell’udito e della parola perfettamente normali.È chiaro che nella «creazione» psichica dell’uomo ci deve essere un fatto segreto. Se noi impariamo tutto a traverso l’attenzione, lo sforzo di volontà, l’intelligenza, come può intraprendere la sua grande costruzione il

bambino che ancora non è dotato di intelligenza, di vo-lontà e di attenzione? È evidente che in esso agisce una mente con poteri tutti diversi dai nostri e che perciò può esistere nell’inconscio un funzionamento psichico diver-so dalla mente conscia.Il linguaggio è l’esempio che può prestarsi più chiara-mente a dare un’idea di questa differenza di mentalità, perché esso si presta a uno studio di osservazione diret-to e dettagliato.Nella mente inconscia non si incontrano le diverse dif-ficoltà che noi esperimentiamo nell’imparare, per esem-pio, una lingua molto semplice o una lingua estrema-mente complicata. Evidentemente, come non ci sono difficoltà, non ci sono nemmeno graduali sviluppi rela-tivi a queste difficoltà. Il tutto è preso nello stesso perio-do di tempo. Ora questo acquisto non è paragonabile allo sforzo di memoria che dobbiamo fare noi, né alla labili-tà della nostra memoria che lascia facilmente sfuggire i suoi evanescenti acquisti; perché il linguaggio nell’epo-ca inconscia si stampa indelebilmente e diventa un ca-rattere che l’uomo trova stabilito in se stesso. Nessun linguaggio che si voglia sommare al linguaggio materno

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diventerà un carattere, e nessuno sarà di così sicuro possesso come quello. […]La lingua materna non è affidata alla memoria conscia, essa è depositata in una memoria diversa, simile a quella che gli psicologi moderni, biologi o psicoanalisti chiama-no «mneme» o «la memoria della vita», quella che trattie-ne le forme trasmesse per eredità, a traverso l’infinità dei tempi e che è considerata come un «potere vitale». […]La mente assorbente! meraviglioso dono dell’umanità!Senza che vi partecipi col suo sforzo, solo «vivendo», l’individuo assorbe dall’ambiente anche un fatto com-plesso di cultura, com’è il linguaggio.Se questa forma essenziale permanesse nell’adulto, come sarebbero facilitati gli studi! Immaginiamoci di poter andare in un altro mondo, diciamo nel pianeta Giove, e d’incontrarvi degli uomini che solo passeggiando e vi-vendo assorbono tutte le scienze senza studiarle, acqui-stano abilità senza lo sforzo dell’esercizio! Noi diremmo: «Che fortunato miracolo!» Ebbene, questa forma fanta-stica della mente esiste; è la mente del piccolo bambino. È un fenomeno che rimane nascosto nei misteri dell’in-conscio creativo.

Se questo avviene per il linguaggio, per quella costru-zione di suoni foggiata dagli uomini durante secoli e millenni di sforzi intellettuali, per cesellare l’espressione del pensiero, è facile riconoscere che debbono, analoga-mente, fissarsi nel bambino i caratteri psichici che diffe-renziano una razza dall’altra: ossia le abitudini, i pregiu-dizi, i sentimenti e, in genere, tutti i caratteri che noi sentiamo «incarnati» in noi, indipendentemente o anche malgrado le modificazioni che la nostra intelligenza, la logica, il raziocinio sarebbero disposti a portarvi. […]Il bambino costruisce veramente, riproducendole in se stesso come in una forma di mimetismo psichico, le caratteristiche degl’uomini che lo circondano. E così, crescendo non diventa semplicemente un uomo, ma di-venta un uomo della sua razza.Con questa descrizione abbiamo toccato un segreto psichico di importanza vitale per l’umanità: il segreto dell’adattamento.

M. Montessori, La formazione dell’uomo, in Fornaca-R. S. Di Pol, Dalla certezza alla complessità. La pedagogia scientifica del Novecento, Principato, Milano, 1993

❱ 6/6 Disciplina e senso dell’educazioneAttraverso questi ultimi concetti, che potenziano l’immagine di un bambino profon-damente stimolato all’auto-educazione, viene affrontato anche il complesso tema della disciplina: il bambino che disturba viene invitato ad allontanarsi. L’ipotesi è che dalla posizione di «isolamento» egli possa osservare il lavoro dei compagni e desiderare di parteciparvi. Uno degli esiti più importanti dell’educazione sensoriale è in questo senso proprio il silenzio, che si genera nel momento in cui tutti i bambini sono assorti nel loro processo di lavoro cognitivo auto-educante e che funziona da stimolo indiretto per il bambino che disturba. Anche alla luce di questi aspetti, niente affatto marginali, il fine complessivo dell’edu-cazione si definisce nella strenua difesa della libertà del bambino: auto-sviluppo delle sue esperienze, eliminazione degli interventi diretti e impositivi dell’adulto. L’educazione, dunque, come elemento di trasformazione della coscienza generale dell’umanità attraverso l’infanzia.

❱❱ 7. L’attivismo in Europa: FerrièreAdolphe Ferrière (1879-1960) è uno dei più illustri rappresentanti della pedagogia svizzera, oltre che uno dei più convinti assertori della scuola attiva. Influenzato dalla filosofia di Bergson, dalla pedagogia pragmatista di Dewey e dagli studi di Decroly, non soltanto operò come vero sperimentatore di metodi didattici innovativi, ma ebbe anche il merito di saper sistemare teoricamente le sue scoperte e idee. L’ideale della scuola deve essere, in linea con i cardini delle scuole nuove, l’attività «spontanea, personale, creativa». La nuova pedagogia, avvalendosi delle ricerche sulla psicologia del bambino, dovrebbe secondo Ferrière «rendere finalmente giusti-zia all’infanzia».

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La scuola deve essere attiva anche nel senso che dà importanza al lavoro, inteso non come mero lavoro manuale, ma come attività di progettazione e realizzazione anche intellettuale. Piuttosto che la lezione tradizionale, basata sulla passività dell’alunno e il protagonismo dell’insegnante, la scuola attiva prevede che la lezione si strutturi in tre tempi:

— raccolta dei documenti: gli alunni compiono ricerche su svariati argomenti di loro interesse utilizzando non solo i libri ma anche visite nei luoghi di lavoro o in altre organizzazioni della società;

— classificazione: le notizie vengono raccolte in schede e raggruppate per argomen-ti secondo modalità che consentano la facile consultazione agli altri;

— elaborazione: i materiali raccolti vengono infine confrontati, analizzati e discus-si in gruppo.

A livello di teoria dello sviluppo cognitivo, Ferrière sostiene che gli interessi sono gerarchicamente organizzati in base alle specificità psicologiche e genetiche di ogni periodo della vita. In particolare, possiamo distinguere diverse fasi dello sviluppo degli interessi:

— fase degli interessi sensoriali (zero-tre anni): la scuola attiva non interviene; — fase degli interessi sparsi (quattro-sei anni): compaiono attività tipiche delle

culture primitive, non finalizzate ad uno scopo preordinato e fortemente legate al gioco;

— fase degli interessi immediati (sette-dieci anni): si sviluppa la curiosità di cui la scuola deve tener conto avviando attività di esplorazione e ricerca;

— fase degli interessi concreti (dieci-dodici anni): cominciano interessi settoriali su argomenti specifici con possibile passione per lo studio delle singole discipline;

— fase degli interessi semplici (tredici-quindici anni): si studiano tutte le materie secondo i metodi tradizionali.

— fase degli interessi astratti-complessi (quindici-diciotto anni): è l’epoca adatta ad intraprendere studi di filosofia, psicologia, sociologia, diritto ed economia.

L’insegnante organizzerà dunque le ricerche in base ad argomenti che tengano conto degli interessi specifici delle singole età, anche sulla base del principio della legge biogenetica secondo cui lo sviluppo ontogenetico (quello del singolo individui) tende a ripetere, in senso strutturale, le fasi di quello filogenetico (sviluppo ed evo-luzione della specie) e, in particolare, che ogni uomo ripercorre nel suo sviluppo le tappe dello sviluppo dell’umanità (anche questa è una posizione presente nelle ricer-che di Jean Piaget).

per approfondire❱ I trenta punti del B.I.E.N. (Bureau International des écoles Nouvelles, «Ufficio Interna-zionale delle Scuole Nuove»)

A Ferrière ed ai suoi più stretti collaboratori, si deve, nel 1912, l’elaborazione dei trenta punti del B.I.E.N., noti anche come «Dichiarazione di Calais», sorta di sintesi e di manifesto delle impostazioni delle «scuole nuove». Riportiamo i primi cinque punti.

1. La Scuola nuova è un laboratorio di pedagogia. Cerca di esercitare il compito di un esploratore o di un pioniere rispetto alle scuole di stato, tenendosi al corrente della psicologia moderna nei mezzi che usa, e dei bisogni della vita spirituale e materiale negli scopi che pone alla sua attività.

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2. La Scuola nuova è un internato perché soltanto l’influenza totale dell’ambiente nel quale il bambino si muove e cresce permette di realizzare un educazione pienamente efficace. Ciò non significa affatto che essa faccia del sistema del collegio un ideale che debba divenire generale: tutt’altro. L’influenza natura-le della famiglia, se è sana, è in ogni caso preferibile a quella del migliore internato.

3. La Scuola nuova è situata in campagna, dato che questa costituisce l’ambiente naturale del bambino. L’influenza della natura, la possibilità che essa offre di dedicarsi alle esperienze dei primitivi, i lavori nei campi che permette di fare, la rendono migliore collaboratrice della cultura fisica e dell’educazione mo-rale. Ma per la cultura intellettuale e artistica – musei, conferenze ecc. – è auspicabile che si trovi nelle vicinanze di una città.

4. La Scuola nuova raggruppa i suoi allievi in case separate, in gruppi dai dieci ai quindici allievi, che vi-vono sotto la direzione materiale e morale di un educatore, coadiuvato da sua moglie o da una collabo-ratrice. Non bisogna che i ragazzi siano privati di una influenza femminile adulta, né dell’atmosfera fa-migliare che i collegi-caserme non potrebbero offrire loro. D’altra parte un adulto non può ottenere l’intimità di un bambino ed esercitare su di lui un’influenza morale continua altro che se non deve occu-parsi di troppi bambini insieme.

5. La coeducazione dei due sessi, praticata nei collegi e fino alla fine degli studi, ha dato in tutti i casi in cui ha potuto essere applicata in condizioni materiali e spirituali favorevoli, risultati morali e intellet-tuali incomparabili, tanto che per i maschi che per le femmine. Le anomalie d’ordine psico-sessuale, cosi disastrose per l’evoluzione morale degli adolescenti, sono quasi escluse dalle buone scuole coeducative.

❱❱ 8. Gli sviluppi dell’attivismo europeo

❱ 8/1 Claparède e l’Istituto Rousseau

Eduard Claparède➜Il nome di Eduard Claparède, neurologo e psicologo svizzero (1878-1944), è legato soprattutto alla storia ed agli sviluppi dell’Istituto J.-J. Rousseau di Scienze dell’Educazione con sede a Ginevra. Anch’egli di formazione medica (era neu-ropsichiatra infantile), comincia ad inte-ressarsi di pedagogia sulla base della

convinzione che lo studio scientifico dello sviluppo cognitivo costituisca la condizio-ne indispensabile per una riforma comples-siva della scuola e dell’educazione. Tra le sue opere principali ricordiamo Psicologia del fanciullo e pedagogia sperimentale (1905), La scuola su misura (1920), L’edu-cazione funzionale (1931).

Il centro teorico della proposta pedagogica di Claparède consiste nella convinzione che i processi mentali siano sostanzialmente delle funzioni attraverso le quali l’or-ganismo si adatta all’ambiente (una tesi che in quegli anni, in America, sosteneva anche John Dewey, di cui ci occuperemo in seguito). L’ipotesi è dunque quella di analizzare l’interazione ambiente-mente: gli stessi processi cognitivi (sia a livello percettivo, che affettivo e logico-razionale) possono essere interpretati come esiti di una selezione operata dall’ambiente rispetto ad alcu-ne specifiche necessità di intervento esterno da parte dell’organismo vivente. In questo senso, il bisogno diventa una chiave di interpretazione centrale dello svilup-po adattivo degli organismi: si tratta di un segnale spontaneo che emerge quando il rapporto individuo-ambiente viene compromesso e che funziona da stimolo per rista-bilire l’equilibrio interrotto (si tratta di una variante del principio dell’omeostasi,

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presente anche nella teoria delle pulsioni elaborata, in chiave psicoanalitica, da Freud). Sulla base dunque della legge del bisogno («ogni bisogno tende a provocare reazio-ni atte a soddisfarlo») e delle pressioni dell’interesse («ogni comportamento è det-tato da un interesse») si arriva alla conclusione che l’educazione dovrà partire da questi elementi spontanei del fanciullo al fine di metterlo in condizione di fornire delle risposte adeguate alle esigenze naturali e sociali. In questa concezione funzio-nalista, l’intelligenza viene teorizzata come capacità di reperire soluzioni a problemi nuovi attraverso le capacità strategiche del pensiero, mentre la volontà diviene il processo che tende a riadattare l’azione, interrotta a causa delle tendenze in con-flitto, dando la precedenza a quelle che l’intelligenza ha individuato come superiori, cioè più adattive. L’educazione è dunque funzionale nel senso che il bambino non va ostacolato nel processo di «auto-sviluppo» autonomo in rapporto ai propri bisogni ed ai propri in-teressi. Ciò suppone naturalmente uno sforzo: l’allievo, motivato da un impulso e da un interesse, è indotto a oltrepassare gli ostacoli che lo separano dalla meta (cogniti-va o semplicemente culturale). L’insegnante che, in linea con tutta la vocazione scientifica dell’attivismo pedagogi-co, deve essere in possesso di solida preparazione psicologica, dopo aver individua-to i bisogni del fanciullo, avrà il compito suscitare gli interessi e di rimuovere le resistenze allo sforzo, presentando il lavoro didattico in forma ludica e gioiosa.

Visto che poi i bisogni e gli interessi sono sempre specificamente soggettivi, la scuo-la deve configurarsi (così come per la Montessori) come una scuola su misura: ri-spetto per le diverse provenienze di ciascuno, capacità di individuarne il talento. Più esattamente deve mutare l’organizzazione scolastica:

— classi parallele (costituite da alunni con capacità omogenee) o mobili (in cui gli alunni si spostano per ciascuna materia nella classe corrispondente al proprio livello);

— sezioni parallele (offrono possibilità formative diverse); — sistema delle opzioni (porre accanto ad un programma minimo comune un’ampia

offerta di possibilità di studio tra cui l’alunno possa scegliere); — individualizzazione metodologica: un metodo adeguato deve tenere conto della

successione cronologica degli interessi.

La didattica in questo senso più che come trasmissione di contenuti disciplinari spe-cifici dovrà determinarsi come incessante stimolazione attiva, trasformando in in-teressi immediati tutto ciò che nel futuro dell’allievo diventerà scopo, azione, socia-lizzazione, lavoro.

brani d’autore ❱La scuola su misura

Quando un sarto fa un vestito […] lo adatta alla corpora-tura del cliente e se questo è grosso e piccolo, non gli fa indossare un abito troppo stretto, col pretesto che ha la larghezza corrispondente, di regola, alla sua altezza. Il calzolaio che fa una scarpa comincia col tracciare su un foglio di carta il contorno del piede che deve calzarla, e ne segna la particolarità ossia le deformazioni. Il cappel-laio adatta i suoi copricapo ad un tempo alla forma e alle dimensioni dei crani… Al contrario l’insegnante veste,

calza, incappella tutte le menti nello stesso modo. Egli ha solo roba fatta in serie, e i suoi scaffali non consento-no la minima scelta: qualche numero di grandezza, è vero, ma sempre lo stesso modello! Così, fra gli alunni delle nostre scuole ne vediamo alcuni che annegano negli an-fratti di un programma troppo immenso per le loro debo-li aspirazioni e le loro capacità problematiche, ed ince-spicano ad ogni passo nelle falde sovrabbondanti di quella uniforme che essi non riescono a riempire, né fino

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alla cima, né fino al fondo – mentre altri sono soffocati da una disciplina troppo stringata che impedisce lo svi-luppo normale della loro personalità intellettuale e mo-rale, tanto che non possono permettersi un movimento senza fare saltare qualche bottone. Perché non si avreb-bero per le menti i riguardi di cui si circondano il corpo, la testa, i piedi? […] Che fare perché le attitudini venga-no rispettate e valorizzate per il maggior bene di chi le possiede? […] Come fare affinché ogni tipo individuale di intelligenza tragga dalla scuola il massimo di beneficio

che si ha il diritto di pretendere? […] La scuola, fatta per la media, potrà mai tenere conto dei casi individuali? Non si può tuttavia avere una scuola per ciascun fanciullo! Eppure bisogna risolvere questo problema, ché, in defi-nitiva, nelle nostre società, l’individuo è tutto. Nello stesso interesse della collettività, bisogna che l’individuo sia capace del maggior rendimento possibile.

E. Claparède, La scuola su misura,La Nuova Italia, Firenze 1952

❱ 8/2 Decroly: «centri di interesse» e «metodo globale»All’interno del movimento attivista, come abbiamo visto, un cospicuo numero di studiosi si accosta alla pedagogia provenendo da studi squisitamente scientifici (me-dicina, soprattutto). Esemplari, come abbiamo visto, sono i casi della Montessori che giunge ad occupasi dei problemi educativi sulla base della sua esperienza clinica con ragazzi portatori di handicap, e di Claparède, neuropsichiatra di professione. Questo frequente passaggio dall’area medica a quella didattico-pedagogica conferì alle nuove teorie educative un’impronta assolutamente inedita nella storia delle pratiche educative: possiamo tranquillamente affermare che tutto il complesso profi-lo della «scuola attiva» costruisca i propri presupposti e le proprie metodologie inno-vative su una conoscenza avanzata e scientificamente attestata della vita psichica dell’educando: psicologia e pedagogia, in modo complementare, tendono sempre più a fondersi suggerendo ipotesi, opzioni teoriche, dati statistici, elaborazioni concet-tuali e tecniche di apprendimento per la sperimentazione educativa.

In questo contesto, un posto di rilievo è occupato dal belga Ovide Decroly (1871-1932), anch’egli medico e neuropsichiatria di formazione. A lui dobbiamo la fonda-zione nel 1907 della Scuola dell’Ermitage, divenuta nel tempo una delle più impor-tanti istituzioni della nuova didattica. Tra le sue opere più note ricordiamo Verso la scuola rinnovata (1921) e, soprattutto, La funzione di globalizzazione e l’insegna-mento (1929). Analogamente a Ferrière, Decroly intende la scuola come strumento per favorire l’adattamento del maggior numero di individui alla società. Tale fine potrà essere raggiunto però soltanto attraverso un programma didattico profondamen-te alternativo, così articolato:

— necessità di osservazione diretta; — studio dei bisogni primari e dell’ambiente del fanciullo; — rispetto delle inclinazioni personali e della provenienza sociale.

Su questa base, Decroly giunge ad ipotizzare un orientamento formativo complessi-vo che tenga conto del sistema dei «bisogni» fondamentali degli esseri umani: Tali bisogni, da interpretarsi come pulsioni bio-psicologiche, come retaggi evolutivi e al contempo come codici simbolici in grado di «strutturare» a livello profondo il nostro rapporto con il mondo circostante, sono riducibili a quattro bisogni:

— di nutrirsi; — di lottare (ripararsi, coprirsi, proteggersi) contro le intemperie; — di difendersi dai nemici e dai pericoli; — di lavorare e agire interattivamente.

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A questi bisogni corrispondono, secondo Decroly, altrettanti interessi specifici ed evolutivamente fondamentali. Il centro teorico di partenza è che il fanciullo possa esperire dimensioni autenticamente educative soltanto se queste si riferiscono alla dimensione dei suoi bisogni fondamentali. In questo senso Decroly rifiuta nettamente le modalità della didattica tradizionale che distingue troppo nettamente tra le diverse materie e si schiera decisamente in favore di un approccio formativo che si orienti sugli interessi, sui bisogni, sui sistemi sim-bolici dell’alunno stesso.La scuola prevederà dunque: un ambiente in cui l’alunno possa accostarsi gradata-mente alle attività pratiche e sociali; una strutturazione delle attività scolastiche in cui la chiave educativa centrale sia l’orientamento attorno ai «centri di interesse».

Su queste basi, la proposta «operativa» di Decroly è la seguente: — si sceglie un argomento relativo ad uno degli interessi fondamentali; — se ne fa il «centro» di tutta l’attività scolastica (ad esempio di un intero anno

scolastico); — si evita la frammentarietà nozionistica.

La concentrazione verso i «centri di interesse» implica ovviamente una didattica at-tiva, orientata sui seguenti aspetti: — osservazione ed esplorazione dell’ambiente (funzionale allo sviluppo della cu-

riosità scientifica); — associazione dei fenomeni e degli oggetti a livello spaziale e temporale (stimo-

lo attivo delle nozioni geografiche e storiche); — cura dell’espressione linguistica (composizione scritta, attività grafiche); — intensificazione del lavoro manuale.

Strettamente legata alla costruzione di una didattica fondata sui «centri di interesse», è l’altra proposta innovativa di Decroly: l’ipotesi del cosiddetto «metodo globale» (o più semplicemente: «globalismo»). Si tratta di una metodologia basata su una inedita interpretazione delle modalità di apprendimento del bambino. Secondo De-croly il bambino possiede capacità percettivo-cognitive del tutto specifiche: egli sa cogliere l’insieme indistinto delle cose e dei fenomeni e non le singole parti di esso. Si tratta di una tesi in forte contrasto con il «metodo analitico» teorizzato, nello stes-so periodo, dalla Montessori, che rimase sempre legata ad un concetto di educazione «sensoriale» il cui scopo è, al contrario, il costante affinamento dei sensi, presi sin-golarmente.

Questa percezione globale-sincretica, secondo Decroly, precede sempre l’analisi degli elementi che costituiscono il tutto (in questa ipotesi è chiaramente presente l’influsso di una delle leggi fondamentali scoperte dalla psicologia della Gestalt). La globalizzazione cognitiva non assorbe soltanto la di-mensione percettiva, ma la totalità delle attività razio-

nali e affettive del bambino. Il metodo globale ha avuto enorme influenza sulle modalità educative del Novecento: impiegato principalmente per l’apprendimento della lettura e della scrittura, esso è stato utilizzato successivamente in qualsiasi ti-pologia di insegnamento.

Gestalt: è una corrente della psicologia riguar-dante la percezione e l’esperienza, nata in Germania nei primi anni del ’900.L’idea alla base di tale corrente è che: «il tutto è superiore alla somma delle parti».

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❱❱ 9. Attivismo e cultura politica libertaria ❱ 9/1 La situazione francese: da Cousinet e Freinet

Il complesso movimento dell’attivismo tende, lungo i primi decenni del Novecento, a diffondersi in tutta Europa, spesso oltrepassando la propria natura di movimento esclusivamente didattico-pedagogico e saldandosi con più generali ideologie politico-sociali a carattere libertario e rivoluzionario. Il francese Roger Cousinet (1882-1973), ad esempio, in un’opera celebre, Un meto-do di lavoro libero per gruppi (1925) espone una teoria pedagogica (poi sviluppata in opere successive come L’educazione nuova) che fa centro sul concetto di autono-mia dello studente: si tratta di sostituire all’approccio scolastico tradizionale – in cui le dimensioni comunicative e cooperative risultano storicamente trascurate se non osteggiate – un concreto sistema di lavoro basato su gruppi che gli allievi formeran-no in modo spontaneo e libero. Ma altri fortissimi impulsi innovativi giungono dalle proposte educative di Célestin Freinet (1896-1966), fondatore, negli anni Cinquanta, del Movimento di Coopera-zione Educativa (MCE). Partito da esperienze di maestro elementare, inizialmente influenzato da Ferrière e da Cousinet e dalle proposte dell’Istituto Rousseau, se ne distacca progressivamente in quanto ne ritiene i presupposti poco applicabili alle esigenze concrete del mestiere di insegnante, specie in aree sociali depresse e in cui siano diffusi analfabetismo, devianza, povertà. L’ipotesi è dunque quella di rompere con la gran parte della tradizione educativa europea e proporre una radicale pedagogia popolare fortemente indirizzata al recu-pero del profilo culturale delle classi subalterne. La scuola dovrebbe in questo senso, secondo Freinet, rispettare la spontaneità e la libera attività degli studenti, intensifi-care la ricerca e l’apprendimento cooperativo, oltrepassare l’individualismo e stimo-lare il senso dell’appartenenza comunitaria.

Célestin Freinet➜Nasce in una famiglia contadina della Pro-venza nel 1896. Apprende molto veloce-mente e mostra una grande curiosità nei confronti di tutto ciò che gli viene inse-gnato. La guerra interrompe però precoce-mente i suoi progetti: viene arruolato nell’esercito francese e resta ferito grave-mente. Diventa quindi un convinto pacifi-sta, e rimarrà sempre segnato dalla soffe-renza e dalla fragilità della condizione umana. Nel 1919 ottiene un posto di lavo-ro in una scuola di un piccolo villaggio. Qui Freinet getta le basi delle sue speri-mentazioni pedagogiche innovative. Nel

1923 riprende gli studi e si laurea in Let-tere, ma rifiuta una cattedra in una scuola superiore e apre, a Saint-Paul, l’École Frei-net. Durante la Seconda Guerra Mondiale viene internato nel campo di Saint-Maxi-min e la sua scuola viene chiusa. Durante il periodo di prigionia elabora e scrive le sue opere maggiori che termina una volta liberato. Nel 1961 viene fondata la Féde-ration Internationale des Mouvements de l’École Moderne (FIMEM) con lo scopo di coordinare gli aderenti ai metodi peda-gogici di Freinet. Muore a Saint-Paul de Vence, l’8 ottobre 1966.

L’attualità del pensiero di Freinet sta nella sua ricerca di tecniche per ristabilire il circuito di un corretto apprendimento, tra le vite e le esperienze di tutti i soggetti coinvolti nel processo formativo.

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Il rifiuto del verbalismo, della lezione come unico strumento di azione didattica, la ricerca di un continuo e proficuo scambio di esperienze tra i soggetti, spinsero Frei-net alla ricerca di una strumentazione per modificare le condizioni di vita nella scuola, per creare un clima diverso, per migliorare i rapporti, per rendere più efficace tutto il processo educativo. La scuola deve sviluppare nell’allievo le capacità di in-serirsi in un ambiente socio-politico che richiede ai propri cittadini consapevolezza di diritti e doveri.

Trasformò dunque la scuola in una piccola comunità, all’interno della quale erano presenti:

— una costante cooperazione tra insegnanti e tra alunni ed insegnanti; — laboratori sia per lavori manuali che per attività intellettuali in cui le attività

venivano supportate da alcune tecniche come il testo libero, la tipografia soprat-tutto, la corrispondenza interscolastica, il calcolo vivente e lo schedario auto-correttivo.

Nella concezione di Freinet l’esperienza concreta deve dunque diventare spun-to per lezioni di storia, geografia e calcolo in modo da generare negli allievi la motivazione e l’interesse ad apprendere. In linea con i massimi teorici dell’atti-vismo esaminati (Ferrière, Claparède) che Freinet conobbe e studiò, le tappe fondamentali del processo educativo secondo il pedagogista francese sono così riassumibili:

— risvegliarsi di un bisogno, di un interesse, di un desiderio, mettendo lo studente nella situazione adatta a suscitare questo bisogno;

— sviluppo dell’azione con attività atte a soddisfare il bisogno del fanciullo;— apprendimento di conoscenze attraverso il controllo dell’azione stessa, per con-

durla al fine che l’insegnante si era proposto.

Freinet coglie di questa visione l’ispirazione di fondo ma la critica in quanto ecces-sivamente teorica e astratta. Influenzato dalle teorie marxiste, il suo pensiero assume progressivamente i tratti di una denuncia del sistema educativo borghese capitali-sta. Nel suo scritto Verso la scuola del proletariato, ultima tappa della scuola capi-talista del 1924, Freinet denuncia il distacco della scuola dalla dimensione umana: «La scuola attuale è figlia e schiava del capitalismo. All’ordine deve necessariamen-te corrispondere un orientamento nuovo della scuola del proletariato».

Freinet propone quindi una pedagogia rivolta ai processi di democratizzazione del sapere, di diffusione della cultura anche negli strati sociali più disagiati. I cardini di questa rivoluzione socio-educativa sono i seguenti:

— utilizzo massiccio del testo libero: in contrapposizione al tradizionale componi-mento in cui l’allievo è costretto a scrivere di un tema deciso dall’insegnante, il testo libero consente all’allievo di imparare ad esprimersi correttamente su temi a lui più vicini, con tempi e modalità che sono in larga parte lasciati ai desideri dello studente (che tuttavia non viene mai lasciato solo, ma è ispirato e accompa-gnato attraverso tentativi e sperimentazione);

— introduzione del giornale scolastico (o «libro di vita»): si tratta di una naturale evoluzione del testo libero, una raccolta di contributi dei singoli, rielaborati col-lettivamente, stampato dalla «tipografia scolastica», con l’obbiettivo di fondere apprendimento, lavoro, creatività, attività manuale ed intellettuale;

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— definizione del cosiddetto «calcolo vivente»: strategia che stimola l’esercizio matematico ed aritmetico partendo dalla necessità di risolvere problemi concre-ti legati, ad esempio, alla tipografia scolastica, invece che proporre «problemi» con pochi legami con la realtà degli studenti.

Queste tecniche, combinate in maniera diversa possono dar vita ad altre proposte didattiche, a titolo di esempio citiamo alcune proposte di Freinet:

— la corrispondenza interscolastica: si tratta di contatti epistolari fra studenti di scuo-le diverse, per rompere l’isolamento culturale e sociale degli studenti di campagna e per fornire stimoli alla stesura di nuovi «testi liberi» che abbiano un’utilità evidente;

— le biblioteche del lavoro o schedari di classe: mettendo a disposizione molti materiali diversi a libero accesso degli allievi Freinet crea una vera e propria bi-blioteca destinata ad arricchirsi continuamente. Una sorta di «enciclopedia infan-tile» auto-prodotta;

— gli schedari auto-correttivi: moduli che permettono all’allievo di controllare in maniera autonoma i propri errori liberando il maestro e i ragazzi da momenti sterili e poco proficui di correzione e valutazione;

— le scatole di lavoro, vale a dire esperimenti o laboratori di attività manuali (dalla coltivazione di piante, ai lavori al telaio passando per la cura di animali più o meno domestici) a disposizione della curiosità degli allievi;

— i piani di lavoro: nella scuola di Freinet, invece che incasellare lo svolgersi delle lezioni in tabelle strutturate e piani di lavoro rigidi e ritenuti inadatti, i piani sono preparati in maniera collettiva da studenti e docenti. Si suddividono a loro volta in piani generali (attività funzionali legati ai centri di interesse dell’allievo), piani annuali (raccolta di tutto ciò che è necessario apprendere entro la fine dell’anno, senza specificazione dell’ordine che è stabilito secondo l’interesse del singolo) e piani settimanali (finalizzati ad organizzare il lavoro della settimana).

In senso generale la pedagogia popolare di Freinet, in linea con i presupposti più profondi dell’attivismo, mira ad impegnare gli studenti con attività per cui si ha una forte motivazione: l’aspetto comunicativo e cooperativo sono in questo senso indi-spensabili al modello di Freinet. Vengono invece accuratamente evitati libri, schemi fissi e programmi troppo strutturati. Lo studente, nella visione di Freinet, non solo svolge un ruolo attivo, ma si auto-determina come elemento naturale e interattivo nel processo didattico: la classe stessa va inserita ed integrata nella vita della famiglia e del villaggio, evitando rigo-rosamente processi di separazione della didassi dalla concretezza della società ma piuttosto oltrepassando la barriera tra educazione formale e mondo della vita.

❱ 9/2 La situazione inglese: NeillUn’ulteriore, celebre, proposta rivoluzionaria si trova nell’opera e nell’attività peda-gogica di Alexandre Sutherland Neill (1883-1973). Fondatore e animatore della comunità educativa di Summerhill a partire dal 1921, accoglieva nel suo istituto ragazzi dai cinque ai sedici anni secondo le più tipiche modalità dell’attivismo (pre-senza di laboratori e officine, di spazi autonomi di lavoro, di autodisciplina, di auto-apprendimento ecc.). Neill, nelle cui teorie è presente l’influsso della psicoanalisi più libertaria (quella di Whilelm Reich ad esempio), teorizza espressamente la «non direttività» dell’azio-

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ne educativa. Egli ritiene che il compito fondamentale dell’educazione sia quello di sviluppare la soggettività umana nella sua massima integralità. Tale compito impli-ca una serie di azioni dirompenti:

— coeducazione e apprendimento libero; — classi formate sulla base dell’età e degli interessi; — lezioni quasi esclusivamente in laboratorio; — abolizione dell’obbligo della frequenza.

Tutto ciò deve mettere infine capo ad una profonda riconfigurazione del tempo della formazione: lezioni teoriche di mattina; libertà nel primo pomeriggio; attività pratiche di officina e di artigianato nel tardo pomeriggio; pasti in comune; co-gestione della dimensione ludico-ricreativa; assemblea periodica della scuola secondo uno spirito di apertura, libertà, democrazia diffusa.

❱❱ 10. Altre espressioni storiche dell’attivismo ❱10/1 La «scuola serena» di Maria boschetti Alberti

Nel contesto di grande fermento rappresentato dalla svolta attivista, si colloca anche il contributo della maestra ticinese Maria Boschetti Alberti (1879-1951), che intra-prese, negli anni dal 1917 al 1924, un’applicazione «personalizzata» del metodo Montessori presso la scuola di Muzzano, a cui fece seguito l’esperienza della «scuo-la serena» di Agno, dal 1925 al 1951. Si tratta di località che si trovano in Canton Ticino: piccoli comuni all’epoca abitati da famiglie di modestissime origini (nella maggior parte contadini o operai), segnati da condizioni di disagio sociale e cultura-le. Per i loro figli era possibile una formazione limitatissima, il più delle volte nell’uni-ca scuola elementare comunale, mista e pluriclasse. Le iniziative di innovazione pedagogica e didattica realizzate dalla Boschetti Alberti ebbero come teatro due istituzioni scolastiche tradizionali, prive di adeguate risor-se logistiche e finanziarie, ma fu grazie alla sua opera che la «non-eccezionalità» dell’ambiente poté essere posta a fondamento di una scuola di eccezione. Ella seppe in altri termini dimostrare come fosse possibile realizzare un insegnamento nuovo e proficuo in qualsiasi scuola comunale, per qualsiasi categoria di fanciulli, senza la necessità di costruire scuole speciali in ambienti speciali.Pur condividendo l’impostazione attivista della Montessori e naturalmente ricono-scendo i gravissimi limiti dell’insegnamento tradizionale, la Boschetti Alberti spinge a sperimentare un’idea di scuola rinnovata in cui il ruolo dell’insegnante ri-sulta determinante, molto più di quanto non lo siano le attrezzature didattiche più innovative e costose. Il suo lavoro in classe prevede tre tipi di attività: — l’accademia, attività di lettura, recitazione, ascolto di poesie, programmata con

la partecipazione degli alunni e finalizzata allo sviluppo del «senso del bello»;— il controllo, attività di verifica da parte dell’insegnante del lavoro individuale in

ciascuna materia svolto autonomamente dagli alunni in due settimane;— il lavoro libero, in gruppi spontanei, svolto su argomenti e in forme che gli alun-

ni scelgono spontaneamente, in base al loro gusto e alle loro propensioni.La scuola serena è un tentativo di scuola nuova che consiste nel dimostrare come sia possibile insegnare il concetto di libertà, di auto-educazione e di rispetto dell’indi-viduo. In un clima di serenità e libertà, secondo la Boschetti Alberti, il ragazzo arriva

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lo stesso a svolgere il suo programma scolastico e ad avere interesse e propensione per lo studio, prendendo coscienza, al tempo stesso, del fatto che tutto ciò che la scuola insegna è importante per la vita.Le critiche mosse da più parti al metodo sperimentato dalla Boschetti Alberti si con-centrano sull’eccessivo peso dato all’iniziativa personale e all’intuito dell’inse-gnante. L’impossibilità di stabilire percorsi e obiettivi di apprendimento generaliz-zabili non permette alla scuola così concepita di diventare metodo didattico capace di garantire un percorso di apprendimento efficace per tutti gli allievi e le classi. Ciò che differenzia ad esempio le scuole ispirate al metodo della Boschetti Alberti da quanto proposto nello stesso periodo dalla Montessori, è il fatto che nella prima i protagonisti sono i bambini, che decidono autonomamente e in base ai loro interes-si quali sono gli argomenti da trattare in quello spazio quotidiano. La Boschetti Al-berti era infatti convinta che per rispettare la libertà del fanciullo occorresse rispetta-re le leggi di natura, e tale scopo sarebbe stato raggiunto solamente con la libertà nella scuola, da intendersi come libertà di «modo» (di metodo) e come libertà di «tempo» (liberté du moment) dello stesso allievo. Solo in un ambiente di libertà sarebbero state possibili la maturazione di una «disci-plina perfetta dell’animo» e la formazione di un «carattere mirabile», così come l’acquisizione delle più disparate cognizioni scolastiche, perché «la libertà è ordine e dove non vi è ordine non vi è libertà». La libertà di modo consente ad ogni alunno di svolgere il proprio lavoro secondo le modalità da lui preferite: da solo o in coppia o in piccolo gruppo; nel banco o fuori di esso; scrivendo sul quaderno o alla lava-gna o sul pavimento; chiedendo aiuto alla maestra o facendo tutto da sé, libero di aiutare i compagni in difficoltà che si rivolgono a lui; utilizzando materiali a dispo-sizione in aula o portando da casa altri libri o ausili.Anche nella gestione del tempo l’alunno è lasciato libero («libertà di tempo»), sce-glie se concentrarsi a lungo su un unico argomento o se affrontarne altri.La libertà di modo si giustifica sul fatto che ognuno impara le stesse cose degli altri, ma a modo proprio, seguendo vie («metodi») personali. A questo va connessa la pratica della libertà di tempo, una sorta di «orologio personale» che scandisce le occupazioni di ciascuno in base all’evoluzione dei propri interessi.

❱10/2 Il metodo delle sorelle AgazziSe retrocediamo temporalmente di qualche decennio, e ci collochiamo verso la fine dell’Ottocento, quindi nella situazione in cui i metodi delle scuole nuove stavano diffondendosi in Europa, troviamo l’opera e la pratica educativa delle sorelle Rosa (1866-1951) e Carolina (1870-1945) Agazzi.L’accenno al concetto di semplicità e l’eliminazione di ogni convenzionalismo mnemonico dalla pratica didattica caratterizzano la linea di sviluppo dell’esperienza educativo-didattica agazziana. L’attenzione ai bisogni e alla situazione concreta del bambino è ciò che per prima cosa interessa coloro che furono definite le «donne d’azione» nello scenario della scuola infantile italiana nei primi anni del Novecento, fondatrici nel 1895 dell’asilo di Mompiano (Brescia), una scuola organizzata in base a modalità didattiche ed educative ai tempi inedite, che diventeranno modello per la scuola dell’infanzia istituita dallo Stato italiano nel 1968. Tra le più importanti esperienze didattiche delle sorelle Agazzi vanno ricordati il Corso di lavoro manuale e il Corso fröbeliano, frequentato sotto la direzione didat-tica di Pietro Pasquali, da loro considerato il maestro innovatore, portatore di idee

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geniali nella prospettiva del comune lavoro di ricerca. Pasquali è ricordato come il primo rappresentante dell’attivismo in Italia, artefice di una profonda riforma degli asili infantili sulla base di principi di impronta fröebeliana e ispiratore delle iniziati-ve di Rosa e Carolina. Quello che la storia della pedagogia ha ribattezzato «metodo Agazzi» parte dal contatto diretto con i bambini e con le loro famiglie, individuando alcuni temi e orientamenti teorico-pratici adottati negli asili infantili. Il concetto ricorrente dei «contrassegni» caratterizza il fine dell’educatore di agevo-lare le operazioni quotidiane che richiedono lo spostamento degli oggetti esistenti. Le sorelle Agazzi spingono i bambini a raccogliere qualsiasi oggetto risulti per loro emotivamente importante: si tratta il più delle volte di oggetti di estrema semplicità (cosiddette «cianfrusaglie»); stimolano poi i bambini a deporre spontaneamente tali oggetti in un luogo di ideale raccolta: il cosiddetto «museo didattico», che ha la funzione duplice di arricchire le conoscenze dei bambini facendo perno sulla loro iniziativa spontanea e di stimolarli all’osservazione, alla discussione, alla ricerca. L’attenzione delle sorelle Agazzi è incentrata pertanto sul bambino come essere at-tivo, come «germe vitale che aspira al suo completo sviluppo». Il ritrovo educativo per l’infanzia – espressione con cui amavano definire il loro spazio di lavoro – rispec-chia il contesto di una grande famiglia, che si apre alla dimensione della socievo-lezza, della tolleranza e della solidarietà.

❱10/3 Educazione e marxismo: il concetto di «collettivo» in MakarenkoMaturate nell’ambito di un complesso quadro politico-diplomatico come quello che seguì la Rivoluzione d’Ottobre nel contesto sovietico, le iniziative di Anton Semenovic Makarenko (1888-1939) si presentano come le più ortodosse nello scenario della pe-dagogia marxista. Le finalità che egli si propone risultano esplicitamente politiche. Secondo il pensiero di Makarenko occorre formare un uomo nuovo per costruire la società socialista. A seguito della Rivoluzione di Ottobre, infatti, l’esigenza degli intellettuali russi marxisti è naturalmente quella di ridisegnare i caratteri della scuo-la sovietica. I temi ricorrenti delle idee di Makarenko, trattati nella sua opera più celebre: il Poema pedagogico, sono il lavoro e il collettivo. Il lavoro non è visto come attività in sé, bensì come dimensione di produttività, elemento necessario alla so-pravvivenza di tutti i membri della società. Tra le esperienze pedagogicamente più rilevanti della sua vita va ricordata la direzio-ne di un istituto per ragazzi orfane: la colonia Gorkij. L’impatto con un contesto così problematico lo induce a sperimentare il risultato della sua ricerca teorica: il collet-tivo, struttura organizzativa che regola tutta la vita della colonia. Essa prevede: la comprensione e l’acquisizione dei meccanismi di funzionamento delle officine; un corso completo di studi; l’istituzione di gabinetti scientifici. L’organizzazione dei reparti è gestita dal consiglio dei comandanti, in collaborazio-ne con il consiglio degli insegnanti, l’assemblea dei colonisti, i nuclei politici, grup-pi filodrammatici e sportivi. Tali aspetti istituzionali permettono la realizzazione di un’educazione autenticamente socialista, grazie all’esperienza pratica della vita sociale e collettiva, unendo l’impegno fisico e quello intellettuale. Secondo l’idea di Makarenko, infatti, non è importante educare la singola persona, bensì l’intero collettivo, lavorando anche per scongiurare il rischio di annullamento dell’individuo: l’assunzione dei compiti e delle responsabilità che derivano dalla partecipazione della vita comune guida l’allievo ad un processo di formazione per-sonale e alla conquista dell’autonomia di giudizio.

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Fissiamo i concetti• La rivoluzione puerocentrica.Durantelasecondametàdell’Ottocentovengonomessiindiscussione

moltimodelli educativi consolidati:siassisteadunacrisigeneralizzatadelladidatticatradizionale,ri-tenutaincapacediassecondareibisognielenecessitàdellanascentesocietà di massa.Sicostitui-sconodunquelecondizioniadatteperunapropostapedagogicainnovativa:nasceilmovimentodelle«scuole nuove».Lescuole«nuove»sonoaccomunatedalbisognodirispondereconmezzidiversiainuoviproblemisociali:centraleè l’ideadiuna impostazione scientificadel lavoroeducativoediunsuperamentodeltradizionaledualismotraformazioneumanisticaeaddestramentotecnico-professiona-le.Inizialmente,furonoquasiesclusivamenteunprodottodiiniziative private,spessoanchedichiarata-menteelitarie.

• Attivismo pedagogico e puerocentrismo.Alladefinizionedi«scuole nuove»vieneassociatoiltermine«attivismo pedagogico»:unaconcezionecherimandaadun’ideadieducazionenonpiùcomesemplicetrasmissionediunsapere«oggettivo»,codificato,statico,immutabile,macomeunprocessodinamico,digeneraleformazionedellapersonalità.

Leipotesiinnovativedell’attivismoconvergonosulconcettodipuerocentrismo.Conquestoterminesiintendelanecessitàdiunariscopertadell’infanziacomeetà qualitativamente diversarispettoallealtrefasidellavita,dotatadicaratteristicheautonomeversolequalisideveprocedereconunostudio scien-tificocentratosullenuovescopertepsicopedagogiche,alfinedifar«ruotare»l’interoprocessoeducativosulbambino.Cardinidellapedagogiaattivistasono:a)illavoro manualeeleattivitàpratiche;b)laco-educazione dei sessi,ritenutacentraleperlosviluppodellecapacitàsocializzantideglistudenti;c)lari-configurazionedellafiguradell’insegnante,vistocomeespertopsico-pedagogistacheoccupaunaposi-zione non centralerispettoalladidattica,limitandosiafunzionidisostegnoediausiliodellostudente.

• Le prime esperienze.Leprimeesperienzedi«scuolenuove»sipossonoreperiregiàversolafinedell’Ot-tocento:celebri sonogli esperimentididatticidelloscrittore russoLev Tolstoj che fondaunascuolapopolareispirataaiprincipidell’educazionenaturale,negativaeindiretta.L’ingleseCecil Reddiesicon-centrasullapossibilitàdiforniremodellidieducazionealternativaalleclassi sociali elevate:lasua«New School»,inauguratanel1889,èunascuola-convittoincuivienetentataun’ipotesidiformazioneintegra-le. Robert Baden-Powelldirige lesueattenzioni inareenon popolari: fondatoredelmovimentodeiboy-scouts, intendevaeducareunaclassedigiovaniche fosse ingradodimantenere lospiritoe latradizioneimperialebritannicaproponendoelementipedagogicamentenuovicomelaricercaeilcontat-toconlanatura,lavitadigruppo,lospiritodiavventura,l’organizzazionegerarchicadiispirazionemili-tare.IltedescoHermann Lietztrasferiscenelsuopaesel’esperienzadelle«scuolenuove»,fondandoistitutinoticome«Case di educazione».L’ambienteèlacampagnaeiltentativoèquellodiproporreinGermaniailmodellogiàsperimentatodaReddieinInghilterra.Gustav Wynekennel1906aprìuna«li-bera comunità scolastica»dichiaratamentecriticaneiconfrontideivaloriborghesitradizionali:all’obbe-dienzaalloStatoeallaChiesavienesostituito ilprincipiodel rispettodella«cultura giovanile».Paul Geheebfondanel1910unistitutoispiratoaivaloridell’umanesimoedellademocrazia.Nella«Scuola del lavoro»fondatadaR. Seidlvengonorecuperatiinvecetemiromanticieascendenzesocialiste:unapedagogiaalternativadevefarcentrosullefunzioniintrinsecamente«formative»dell’attivitàlavorativa,alfinediriprogettarelestrutturesocialiesistentiinsensosocialista.Georg Kerschensteinerproponeunariformadellascuolaorientatasuunadiversastrutturazionedeipianididattici,ancheinquestocasocen-tratasull’educazioneallavoro.Un’esperienzapedagogicadirilievofuquellaavviatadaPeter Petersen

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Unità 1Fissiamo i concetti La svolta puerocentrica: le scuole nuove e l’attivismo

Parte Prima Pedagogia 37

(1884-1952)che,conil«Piccolo piano di Jena»del1924,delineòuncorsodistudifinalizzatoadero-garemodellidiformazioneintegraleattraversounlavorodiprogrammazionetesoaconciliareleesigenzedellaculturaumanisticaconquelledellaculturatecnico-scientifica.

• L’attivismo in Italia.InItalial’attivismoassunseunprofilooriginaleeparzialmente autonomo:tutteleiniziative di rinnovamento educativo si rivolsero principalmente all’istruzione primaria e infantile eall’educazione popolare,piuttostocheallaclassedirigente.

• L’azione della Montessori.Conl’operadiMaria Montessoril’Italiasicollocatuttavianellagrandelineadelmovimentoattivistaeuropeo.Laparticolaritàdell’approccioMontessorièdovutaallasuaimpronta scientifica.Nel1905organizzaalcuniasiliinfantilinelquartierediS.LorenzodiRomaedueannidopoaprelaPrima Casa dei bambini.Ilsuccessoimmediatodiquestainiziativadeterminòlanascitadiunveroeproprio«movimento»pedagogiconuovo:gliistitutisiesteseroinbrevesinoalpuntochenel1924sidiedevitaall’Opera nazionale MontessoriedallaScuola magistrale Montessori.

RifacendosiaPestalozzi,LaMontessoririvaluta«l’energia latente in ogni individuo»chesisviluppasecondomodalitàautonomeechepuòesserestimolatadainterventididattici.Bisognaripensareafon-doilprocessoformativo:autenticaeducazioneèsoltantol’auto-educazione.

• La «Casa dei Bambini».Occorredunquecostruirelecondizioniperunmondointeramenteamisura di bambino.Perarrivareaciò,andrebberoutilizzateinmanieraconcretaleconoscenzesperimentalisullediversefasidellosviluppopsichicoecognitivodeibambini.Ilpunto-chiaveinizialesaràpertantol’allesti-mentodiunambientetotalmenteinnovativo:la«casa dei bambini».

Nella«casadeibambini»glispazisonoorganizzatiedefiniti«amisura»deibisogni,dellepressioniedelleesigenzedicrescitadeipiccoli.Talispazisono:a)privideltradizionalearredamentoscolastico;b)collocatineltessuto urbano;c)leclassisonoinnumeroridottoecollocateinlocalinonvasti;d)lesuppellettilisonoscientificamente;e)glispazi«esterni»prevedonolapresenzaindispensabiledelgiardino;f)l’aulavienevistacomeuna«sala di lavoro»;g)ilbancovieneabolito;h)lacuradell’igienedeilocaliviene affidata agli stes-si bambini;i)mutailruolodell’insegnante:nonpiùguidaspiritualema«direttrice»e«coordinatrice».

• Il materiale didattico.Inquestoambiente,assumeunafunzionecentraleilmateriale didattico, ideato con funzioni di sviluppo cognitivo.Lapsicheinfantiledeveessereconsideratainfatticomeun’attività energeticasegnatadallacomparsaedallosviluppodiparticolariperiodidifertilitàcognitiva,dettiperiodi«sensitivi»:occorredunquegarantirnelosviluppoconcedendoalbambinolapossibilitàdiautoeducarsiinpienalibertà.

• La sensibilità.Loscopofinaleè l’educazionedellasensibilità.Anche iprocessidiapprendimentodellaletturaedellascritturaprevedonolastessalogicadiacquisizione:sicominciaconlelettere dell’al-fabetoesuccessivamentesiarrivaacomporreleparoleutilizzandoalfabeti mobili oppuredisegnandolelettereperimitazione; laletturaprocedesimmetricamente:alungopreparatadopoaverallestitoleprecondizionidipotenziamentosensoriali,essa esplode circaquindigiornidopol’esposizioneaglisti-moliidonei.

• La mente assorbente.Alivelloteoricogenerale,secondalaMontessorilastrutturapsichicageneraledelbambinovaconsideratacomeradicalmentealternativaaquelladell’adulto:lastudiosadefiniscelamenteinfantilecome«mente assorbente».Ilbambinosembracrearsidasoloilproprio mondo interio-reattraversounasortadi«carne mentale».

• La teoria di Ferrière.Nell’ipotesidi Adolphe Ferrièrel’idealedellascuoladeveessere«l’attività spon-tanea, personale, creativa».Lascuoladeveessereattivanelsensochedàimportanzaallavoro,intesononcomemerolavoromanuale,macomeattivitàdiprogettazioneerealizzazioneancheintellettuale.Lascuolaattivaprevedechelalezionesistrutturiintretempi:a)raccolta dei documenti;b) classificazio-ne;c)elaborazione:imaterialiraccoltivengonoconfrontati,analizzatiediscussiingruppo.

L’insegnanteorganizza le ricerche inbaseadargomentiche tenganocontodegli interessi specificidellesingoleetà.

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moDULo 1Contesti storici e percorsi educativi nel Novecento Fissiamo i concetti

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Alivellodellateoriadellosviluppocognitivo,Ferrièresostienechegli«interessi»sonogerarchicamenteorganizzatiinbaseallespecificitàpsicologicheegenetichediogniperiododellavita:a)fasedegliinte-ressi sensoriali (0-3anni);b)fasedegli interessi sparsi (4-6anni);c)fasedegli interessi immediati(7-10anni);d)fasedegliinteressi concreti(10-12anni);e)fasedegliinteressi semplici(13-15anni);f)fasedegliinteressiastratti-complessi(15-18anni).

• Il funzionalismo di Claparède.IlcentroteoricodellapropostapedagogicadiEduard Claparèdecon-sistenellaconvinzionecheiprocessimentalisianosostanzialmentedelle«funzioni»attraversolequalil’organismosiadattaall’ambiente.Occorredunqueanalizzarel’interazione ambiente-mente:glistessiprocessicognitivipossonoessereinterpretaticomeesitidiuna«selezione»operata.Inquestosenso,il«bisogno»diventaunachiavediinterpretazionedellosviluppoadattivodegliorganismi.

Sullabasedellaleggedelbisognoedellepressionidell’interessesiarrivaallaconclusionechel’educa-zione dovrà partire da questi elementi spontanei del fanciullo.L’educazioneèdunque«funzionale»nelsensoincuiilbambinononvaadessereostacolatonelprocessodi«auto-sviluppo»autonomoinrapportoaipropribisogniedaipropriinteressi.L’insegnantedopoaverindividuatoibisogni del fanciul-lo,avràilcompitosuscitare gli interessiedirimuoverele«resistenze»allosforzo,presentandoillavorodidatticoinformaludica e gioiosa.

• La scuola su misura.Lascuoladeveconfigurarsicome«una scuola su misura».Piùesattamentedevemutarel’organizzazionescolastica:classi paralleleemobili;sezioni parallele;sistemadelleopzionidisceltadelprogramma;individualizzazione metodologica:unmetodoadeguatodevetenerecontodellasuccessione«cronologica»degliinteressi.

• La teoria dei bisogni fondamentali e dei centri di interesse in Decroly.AncheDecrolymiraadunorientamentoformativochetengacontodelsistemadei«bisogni»fondamentalidegliesseriumani.Talibisognisonodainterpretarsicomepulsioni bio-psicologiche.Essisonoquattro:a)bisognodinutrirsi;b)dilottare(ripararsi,coprirsi,proteggersi)controleintemperie;c)didifendersidainemiciedaiperico-li;d)dilavorareeagireinterattivamente.

Aquestibisognicorrispondonoaltrettantiinteressi specifici.Ilpuntodipartenzaècheilfanciullopossaesperiredimensioniautenticamenteeducativesoltantosequestesi riferiscono alla dimensione dei suoi bisogni fondamentali.Laconcentrazioneversoi«centridiinteresse»implicaunadidatticaattiva,orientatasu:a)l’osservazioneedesplorazionedell’ambiente;b)l’associazionedeifenomeniedeglioggettialivel-lo spaziale e temporale;c)lacuradell’espressione linguistica;d) l’intensificazionedellavoro manuale.

• Il metodo globale.L’altrapropostainnovativadiDecrolyèl’ipotesidel«metodo globale» (o «globali-smo»).SecondoDecrolyilbambinopossiedelacapacitàpercettivo-cognitivadicoglierel’insieme indi-stinto delle cose e dei fenomenienonlesingolepartidiesso.Sitrattadiunatesiincontrastoconil«metodoanalitico»teorizzatodallaMontessori.Laglobalizzazionecognitivanonassorbesoltantoladi-mensionepercettiva,ma la totalità delle attività razionali e affettive del bambino.

• Attivismo e politiche libertarie.L’attivismo,neiprimidecennidelNovecento,sidiffondeintuttaEuropaespessotendeasaldarsiconideologiepolitico-socialiacaratterelibertario e rivoluzionario.Moltisonoirappresentatidiquestatendenzaalegareprogettopoliticoeprogettopedagogico.

• Roger Cousinet.IlfranceseRoger Cousinet esponeunateoriapedagogicachefacentrosulconcettodiautonomiadellostudente:sitrattadisostituireall’approccioscolasticotradizionaleunconcretosiste-madilavorobasatosu«gruppi»chegliallieviformeranno inmodospontaneoelibero.

• Célestin Freinet.ImpulsiinnovativigiungonodalleproposteeducativediCélestin Freinet,fondatoredelMovimento di Cooperazione Educativa (MCE).Lasua ipotesièdi romperecon lagranpartedellatradizioneeducativaeuropeaeproporreunaradicalepedagogia popolarefortementeindirizzataalre-cuperodelprofiloculturaledelleclassi subalterne.Lascuoladovrebberispettarelaspontaneitàelaliberaattivitàdeglistudenti,intensificarelaricercael’apprendimentocooperativo,oltrepassarel’indivi-dualismoestimolareilsensodell’appartenenzacomunitaria.

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Unità 1Prove di verifica La svolta puerocentrica: le scuole nuove e l’attivismo

Parte Prima Pedagogia 39

• Alexandre Neill.Un’ulteriorepropostarivoluzionariaprendeconsistenzanell’operadiAlexandre Neill.FondatoredellacomunitàeducativadiSummerhill(1921),sidedicòalrecuperodiragazzidaicinqueaisediciannisecondolepiùtipichemodalitàdell’attivismo(laboratorieofficine,spaziautonomidilavoro,autodisciplina,auto-apprendimento).Neillteorizzala«non direttività»dell’azioneeducativa,cosìstrut-turata:a)co-educazioneeapprendimentolibero;b)classiformatesullabasedell’etàedegliinteressi;c)lezioniquasiesclusivamenteinlaboratorio;d)abolizionedell’obbligodellafrequenza;e)riconfigura-zioneineditadel«tempo»dellaformazione.

• Maria Boschetti Alberti.MariaBoschettiAlbertiproponeun’applicazione«personalizzata»delmetodoMontessori. Le iniziative di innovazione realizzate dalla Boschetti Alberti dimostrarono come fossepossibilerealizzareuninsegnamentonuovoeproficuoinqualsiasi scuola comunale,perqualsiasi categoria di fanciulli,senzalanecessitàdicostruirescuolespecialiinambientispeciali.Purcondivi-dendol’impostazioneattivistadellaMontessori,laBoschettiAlbertisperimentaun’ideadiscuolarin-novataincuiilruolodell’insegnanterisultadeterminante,moltopiùdiquantononlosianoleattrezza-turedidattichepiùinnovativeecostose.

• Le sorelle Agazzi.Nell’operaenellapraticaeducativadellesorelleRosaeCarolinaAgazziècentraleinveceilricorsoalladimensionedellasemplicitàel’eliminazionediogniconvenzionalismo mnemonico dallapraticadidattica.Questositraducenell’utilizzodei«contrassegni»,checaratterizzailfinedell’edu-catorediagevolareleoperazioniquotidianecherichiedonolospostamentodeglioggettiesistenti.

• Il collettivo di Makarenko.Secondol’impostazionemarxistadiAnton Semenovic Makarenko,ilfinedellapedagogiaèquellodiformareun«uomo nuovo» percostruirelasocietàsocialista.Itemiricorren-tidelleideediMakarenkosonoil lavoro e il collettivo.Il lavorononèvistocomeattivitàinsé,bensìcomedimensione di produttività,elementonecessarioallasopravvivenzadituttiimembridellasocie-tà.Ilcollettivoèinveceunastrutturaorganizzativacheregolatuttalavitadellacolonia.Essaprevede:a)lacomprensioneel’acquisizionedeimeccanismi di funzionamentodelleofficine;b)uncorso comple-todistudi;c)l’istituzionedigabinetti scientifici.

Prove di verifica1. Rispondi alle seguenti domande utilizzando lo spazio a disposizione:

a) Cosasiintendeper«puerocentrismo»?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

b) Educazionecomeauto-educazione:qualè il sensodiquesta impostazionedellapedagogiaattivista?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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moDULo 1Contesti storici e percorsi educativi nel Novecento Prove di verifica

40 Parte Prima Pedagogia

c) CosaintendelaMontessoriconlanozionedi«menteassorbente»?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

d) Qualisonoitratticaratterizzantilateoriadegli«interessi»diFerrière?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

e) Comepuòesseredefinitoilconcettodi«educazionefunzionale»inClaparède?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

f) Cosasiintendeconl’espressione«museodidattico»nelmetododellesorelleAgazzi?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

g) Acosaèfinalizzatal’attenzionerivoltaalconcettodi«collettivo»inMakarenko?......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

2. Scegli la lettera cui corrisponde la risposta esatta:

a) Ilmovimentodellescuolenuovefunotevolmenteinfluenzato:

❏ A Dallepedagogiediderivazionerousseauiana❏B Dallafilosofiaidealista❏C Dalleconcezionivolontaristiche❏D Dalleideedelnascentesindacalismo

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Unità 1Prove di verifica La svolta puerocentrica: le scuole nuove e l’attivismo

Parte Prima Pedagogia 41

b) IlpensieropedagogicodiMariaMontessorièsoprattuttodiretto:

❏ A Aigenitorichedevonoeducarealorofigliquandosonopiccoli❏B All’educazionedegliadulti❏C All’educazionedeibambini❏D All’educazionedeglistudentidiognietà

c) InMariaMontessoriilconcettodi«menteassorbente»èriferitoalbambinoinquanto«creatore»disestesso.Ciòèpossibilegrazie:

❏ A Allacapacitàdelbambinodicoltivareprogressivamentelesueconoscenze❏B Allosviluppocognitivodiogniuomo❏C Allesuecapacitàricettive❏D Allacondizionedidipendenzapassivadelbambino

d) Claparèderitienecheperunadeguatosviluppodellapedagogiascientificasianecessario:

❏ A Avviareunacollaborazioneinterdisciplinareconlescienzesociologiche❏B Sviluppareunaterminologiaditipoquantitativo❏C Adottareidatistatisticirilevatimediantericerchepsicologiche❏D Avvalersidiosservazionimetodicheperanalizzareifattieducativi

e) La scuola su misuraèunoscrittodi:

❏ A MariaBoschettiAlberti❏B MariaMontessori❏C ÉdouardClaparède❏D OvideDecroly

f) CélestinFreinetproponel’usodellatipografiaascuolaperchéconsideraquestainnovazione:

❏ A Un’opportunitàconcretaperavviareglistudentialmondodellavoro❏B Unostrumentoutileperl’insegnamentodellalinguaedellaletteratura❏C Un’occasionepercreareunfortelegametralemolteplicidiattivitàscolastiche❏D Unatecnicadidatticaidoneaastimolarenuovemodalitàdiinsegnamento

g) La«Casadeibambini»èstatafondatada:

❏ A JohnDewey❏B RosaeCarolinaAgazzi❏C MariaMontessori❏D AdolpheFerrière

h) AllesorelleRosaeCarolinaAgazzisiriconosceilmeritodiavercontribuito:

❏ A Allapromozionedelruoloeducativodellamadre❏B Allavalorizzazionedell’esperienzafattadalbambino,comeoccasionediapprendimento❏C Allarealizzazionediunsistemadieducazioneinfantilecapacedisoddisfareleesigenzedei

bambinidellasocietàruraleincuivivevano❏D All’attenzioneversolascuolaelementare,chesvolgeunruolofondamentaleperlacresci-

tadelfanciullo

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moDULo 1Contesti storici e percorsi educativi nel Novecento Prove di verifica

42 Parte Prima Pedagogia

3. Leggi il brano seguente e rispondi alle domande:

La formazione dell’uomoIl bambino deve avere una funzione speciale che non è quella soltanto di essere più piccolo e più debole rispetto all’adulto. Esso non possiede «per nascita» tutti gli at-tributi destinati a ingrandirsi e fortificarsi per arrivare allo stato adulto; infatti, se avesse già dei caratteri fissati come avviene per le altre specie, l’uomo non potrebbe adattarsi a luoghi e abitudini tanto diverse, né evolvere nelle sue forme sociali, né assumere lavori tanto diversi.Esso dunque è diverso dagli animali, proprio riguardo all’eredità. Non eredita evi-dentemente i caratteri, ma le potenzialità a formarli. È dunque dopo la nascita che i caratteri propri della razza a cui il bambino appartiene si costruiscono.Prendiamo ad esempio il linguaggio. È certo che l’uomo deve possedere e trasmet-tersi per eredità la qualità tutta nuova di svolgere un linguaggio che sta in rapporto con l’intelligenza e la necessità di trasmettere il pensiero per una cooperazione so-ciale. Ma non esiste un linguaggio particolare. L’uomo non «parla una lingua» solo perché cresce; come un cagnolino, che, in qualunque parte del mondo si trovi, anche se isolato da altri cani, abbaia. Il linguaggio viene a poco a poco, e si svilupperà ap-punto durante l’epoca inerte e inconscia della prima infanzia. È a due anni o due anni e tre mesi, che il bambino parla distintamente e riproduce precisamente il linguaggio che parlano quelli che lo circondano. Non riproduce ereditariamente il linguaggio del padre e della madre. Infatti, se un bambino è allontanato dai suoi genitori e dal suo popolo, è messo in un altro paese dove si parla un’altra lingua, egli assume il linguag-gio del luogo dove si trova. […]Il linguaggio dunque si sviluppa ex novo dal bambino stesso. Esso lo sviluppa natu-ralmente, sì, cioè ha questo potere ereditario, ma lo sviluppa egli stesso, in se stesso, prendendolo dall’ambiente. Niente è più interessante degli studi recenti di psicologia relativi a osservazioni esatte sullo sviluppo del linguaggio nei bambini.I bambini assorbono, certo inconsciamente, il linguaggio in un modo grammatica-le; e mentre rimangono apparentemente inerti per molto tempo, a un tratto (o per meglio dire nello spazio di due anni e tre mesi circa), mostrano un fenomeno qua-si di esplosione di un linguaggio già tutto formato. Dunque ci fu uno sviluppo in-terno durante il lungo periodo in cui il piccolo era incapace di esprimersi. Esso stava elaborando nei misteri del suo inconscio tutto il linguaggio, con le regole che mettono le parole nell’ordine grammaticale che è necessario a esprimere il pensie-ro. Ciò fanno i bambini rispetto a tutte le lingue possibili. Le più semplici, come quelle di certe tribù africane, e le più complicate, come quella tedesca o russa, tutte sono assorbite esattamente durante il medesimo periodo di tempo; e in ogni razza il bambino comincia a parlare verso i due anni di età. Fu così certamente anche nel passato. I bambini romani avranno parlato quella lingua latina così com-plicata nei casi e nelle declinazioni e tanto difficile a essere appresa dai giovani dei nostri tempi che frequentano le scuole superiori; e, in India, i piccoli bambini avranno parlato il sanscrito, che è di una difficoltà quasi insuperabile per gli stu-diosi di oggi. […]I linguaggi assorbiti durante l’età infantile sono evidenti e inimitabili: sono i rispet-tivi «linguaggi materni», propri all’uomo ignorante come a quello colto. Linguaggio unico per ogni uomo che lo possiede nei suoni alfabetici, nelle intonazioni della voce nelle disposizioni grammaticali e che caratterizza la sua provenienza da una nazione o da una razza, come potrebbe fare il colore della pelle o la sagoma del corpo.

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Parte Prima Pedagogia 43

Come furono fissati quei diversi linguaggi? quei linguaggi elaborati attraverso infi-nite generazioni, quei suoni che si sono evoluti attraverso il pensiero degli uomini? Certo non perché il bambino vi prestasse un’attenzione conscia e non per studio in-telligente. L’uomo ha come carattere ereditario la facoltà di poter parlare; ma non è per eredità che si trasmette quel determinato linguaggio. Che cosa allora si eredita?Si potrebbe fare un paragone con le nebule creatrici degli astri che sono ammassi quasi inconsistenti di gas eterei, cose impalpabili che pure a poco a poco si solidifi-cano e si trasformano, diventano astri e pianeti.Se, per fare un paragone, si supponesse un’eredità del linguaggio, questa sarebbe una nebula, inesistente e muta, senza la quale tuttavia non vi sarebbe alcuna possibilità di sviluppare un qualsiasi linguaggio. Le nebule sarebbero misteriose potenzialità paragonabili a quelle dei genus, che si trovano nella cellula germinativa e che hanno sui futuri tessuti il potere di dirigerli, in modo da formare degli organi complicati e precisati in tutti i loro tessuti.

M. Montessori, La formazione dell’uomo

Rispettoaicaratteriereditari,incosalaspecieumanasidifferenziadaquellaanimale?.................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Acheetà,mediamente,ilbambinoèingradodiparlaredistintamente?.................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Qualèlaprimafasedellosviluppodellinguaggio?.................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

L’assorbimentodiunalinguadapartediunbambinodipendedallasuadifficoltà?.................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................