Dalla Tv analogica al digitale terrestre · 78 numero 1/2009 Argomenti Consumatori, Dirittie...

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78 numero 1/2009 Argomenti e Consumatori, Diritti Mercato Argomenti Marco Bulfon Altroconsumo Associazione Indipendente di Consumatori Dalla Tv analogica al digitale terrestre Marco Bulfon Il sistema di trasmissione del segnale televisivo italiano sta evolvendo da una tec- nologia analogica a una digitale. È un processo che coinvolgerà il nostro paese per oltre quattro anni. Ma una regione, la Sardegna, lo ha già completato. Un’espe- rienza di cui fare tesoro. Dei disagi subiti dalle famiglie si parla pochissimo. Ep- pure, se non affrontati, essi si ripeteranno per centinaia di migliaia, quando non milioni, di famiglie italiane. Con Comunicazione della Commissione del 24 maggio 2005, 1 l’Unione europea ha stabilito che entro il 2012 tutti i paesi membri dovranno aver convertito la trasmissione del segnale televisivo dall’attuale sistema analogico a uno di tipo digitale. Con provvedimenti di legge, successivi interventi ministeriali e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), l’Italia ha recepito gli inviti della Commissione e ha pianificato una completa digitalizzazione del segnale televisivo nazionale entro il dicembre del 2012. È ciò che viene comu- nemente definito il “passaggio al digitale terrestre”. Si tratta di un passaggio per molti aspetti epocale per il sistema televisivo italiano. Non solo perché verosimilmente cambierà nei prossimi anni il rap- porto tra l’utente e il televisore. Ma anche perché il passaggio costituisce di per sé un processo con pochi precedenti nella storia recente del nostro paese. Tutti i sistemi di trasmissione del segnale televisivo dovranno essere con- vertiti dall’analogico al digitale, dalla singola emittente, attraverso i singoli ripetitori sparsi sul territorio nazionale, fino alla casa di ciascuna famiglia italiana. E anche i sistemi di ricezione del segnale di tutti gli oltre 23 milioni di famiglie italiane dovranno essere adattati per poter rendere visibile il se- gnale digitale. In linea teorica, la conversione dovrebbe essere piuttosto semplice per gli utenti. Le scelte percorribili sono due: conservare il vecchio televisore e acquistare un decoder , uno strumento, cioè, che faccia da interprete tra il segnale digitale proveniente dall’antenna e il televisore; 1 Si tratta della “Comunicazione della Commissione al Consiglio dei Ministri, al Parlamento europeo, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni per l’accelerazione della transizione dalla trasmissione analogica al digitale” del 24 maggio 2005, disponibile in inglese al seguente indirizzo Internet del portale dell’Unione europea: http://europa.eu/sca- dplus/leg/en/lvb/l24223a.htm.

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Marco BulfonAltroconsumoAssociazione Indipendente di Consumatori

Dalla Tv analogica al digitale terrestreMarco Bulfon

Il sistema di trasmissione del segnale televisivo italiano sta evolvendo da una tec-nologia analogica a una digitale. È un processo che coinvolgerà il nostro paese per oltre quattro anni. Ma una regione, la Sardegna, lo ha già completato. Un’espe-rienza di cui fare tesoro. Dei disagi subiti dalle famiglie si parla pochissimo. Ep-pure, se non affrontati, essi si ripeteranno per centinaia di migliaia, quando non milioni, di famiglie italiane.

Con Comunicazione della Commissione del 24 maggio 2005,1 l’Unione europea ha stabilito che entro il 2012 tutti i paesi membri dovranno aver convertito la trasmissione del segnale televisivo dall’attuale sistema analogico a uno di tipo digitale. Con provvedimenti di legge, successivi interventi ministeriali e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), l’Italia ha recepito gli inviti della Commissione e ha pianificato una completa digitalizzazione del segnale televisivo nazionale entro il dicembre del 2012. È ciò che viene comu-nemente definito il “passaggio al digitale terrestre”. Si tratta di un passaggio per molti aspetti epocale per il sistema televisivo italiano. Non solo perché verosimilmente cambierà nei prossimi anni il rap-porto tra l’utente e il televisore. Ma anche perché il passaggio costituisce di per sé un processo con pochi precedenti nella storia recente del nostro paese. Tutti i sistemi di trasmissione del segnale televisivo dovranno essere con-vertiti dall’analogico al digitale, dalla singola emittente, attraverso i singoli ripetitori sparsi sul territorio nazionale, fino alla casa di ciascuna famiglia italiana. E anche i sistemi di ricezione del segnale di tutti gli oltre 23 milioni di famiglie italiane dovranno essere adattati per poter rendere visibile il se-gnale digitale. In linea teorica, la conversione dovrebbe essere piuttosto semplice per gli utenti. Le scelte percorribili sono due:

– conservare il vecchio televisore e acquistare un decoder, uno strumento, cioè, che faccia da interprete tra il segnale digitale proveniente dall’antenna e il televisore;

1 Si tratta della “Comunicazione della Commissione al Consiglio dei Ministri, al Parlamento europeo, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni per l’accelerazione della transizione dalla

trasmissione analogica al digitale” del 24 maggio 2005, disponibile in inglese al seguente indirizzo Internet del portale dell’Unione europea: http://europa.eu/sca-dplus/leg/en/lvb/l24223a.htm.

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– acquistare un nuovo televisore digitale (il cosiddetto iDTV, integrated Digital Television) dotato già di decoder interno e che, dunque, può essere diretta-mente collegato all’antenna.

In questo modo, le famiglie potranno ricevere il segnale della cosiddetta te-levisione digitale terrestre (DTT, Digital Terrestrial Television). Tuttavia, il mer-cato offre anche altre forme (o, come si dice in termini tecnici, altri protocolli) di televisione digitale:

– la televisione digitale satellitare, il cui segnale viene inviato da un satelli-te geostazionario e per ricevere il quale è necessario installare un’antenna parabolica e munirsi di apposito decoder. Molti canali, soprattutto stranieri, possono essere visti in chiaro semplicemente installando la parabola, ma se si desidera disporre di una più ampia gamma di canali (compresi tutti i canali generalisti nazionali) è necessario abbonarsi a un servizio a pagamento;

– la televisione via Internet, la cosiddetta ipTV (internet protocol Television), la quale viene trasmessa attraverso la rete informatica. In questo caso, è necessario dotarsi di un abbonamento ADSL o in fibra ottica di un operatore, che offre anche servizi televisivi (in questo momento sono tre gli operatori che li offrono) e richiedere insieme all’abbonamento ADSL anche le opzioni televisive. In questo caso, è l’operatore stesso a fornire il decoder. I pacchetti disponibili consentono di disporre di una serie di servizi interattivi e di offerte generaliste disponibili sul digitale terrestre o sul satellite (diretta-mente sulla rete Internet e non da un’antenna) a seconda dell’operatore ADSL o in fibra ottica di cui ci si avvale.

Questo in teoria. Che cosa avverrà nella pratica, lo si vedrà nei prossimi mesi. E in parte, a dire il vero, lo si può vedere fin da ora. Perché la transizione al digitale è già in corso.

La pianificazione del passaggio al digitale: il Ministero e il CNID

L’organismo istituzionale a cui è stata attribuita la responsabilità della gestione del passaggio al digitale è l’ex-Ministero per le Comunicazioni, oggi diparti-mento del Ministero per lo Sviluppo Economico. Nella sua azione, il Ministero gode della vigilanza e del contributo dell’AGCOM, che già nel 2000 aveva pubbli-cato sul tema un documento estremamente significativo, Il Libro Bianco della Televisione Digitale Terrestre, ancora oggi consultabile sul sito dell’Autorità.2

2 L’intero volume è disponibile sul portale http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/librobianco00.htm.

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Allo scopo di meglio gestire l’operazione che, come si può ben immaginare, è di proporzioni molto rilevanti, nel 2006 il Ministero ha istituito il Comitato Nazionale Italia Digitale (CNID), un organismo che riunisce al proprio interno le aziende che operano nel settore della Tv digitale, i rappresentanti di categoria, dei consumatori, aziende televisive, aziende distributive di materiale elettroni-co, rappresentanti delle regioni e l’AGCOM. Il tavolo è, naturalmente, presieduto dal Ministero. Il CNID ha la funzione di pianificare e sorvegliare il corretto svol-gersi della transizione.

La pianificazione del passaggio al digitale: caratteristiche generali del calendario ministeriale

Il passaggio dall’analogico al digitale è, per certi aspetti, quasi una semplice pressione su un interruttore: si spegne il segnale analogico e si accende quello digitale. Tuttavia, è evidente, limitarsi alla semplice conversione dell’interrutto-re dall’oggi al domani in tutta Italia comporterebbe conseguenze difficilmente gestibili. Tutta l’operazione, pertanto, è sottoposta a un iter assai articolato, che vale la pena di conoscere, almeno nelle sue linee principali.

– Switch-over e switch-off. Anzitutto la conversione non avverrà all’improv-viso, ma in due fasi. Vi sarà una prima fase, cosiddetta di switch-over, in cui si renderà disponibile il segnale digitale, su cui si potranno vedere tutti i canali, mentre sul segnale analogico verranno spenti solo un canale Rai (RaiDue) e un canale Mediaset (Retequattro). In un secondo tempo, poi, si procederà allo switch-off, cioè allo spegnimento definitivo del segnale ana-logico. Pertanto vi sarà un periodo intermedio tra lo switch-over e lo switch-off in cui entrambi i segnali, analogico e digitale, saranno operativi.

– Informazione. È evidente che una fase essenziale del processo sarà un’ade-guata campagna di informazione. Si dovrà permettere agli utenti di cono-scere le date in cui avverranno sia lo switch-over sia lo switch-off. Inoltre, gli utenti dovranno essere informati sulle forme di televisione digitale esistenti e su come comportarsi per adottare l’uno o l’altro dei protocolli disponibili.

– Il calendario. La conversione non avverrà improvvisamente in tutta Italia, ma sarà un processo graduale, distinto per aree (in generale corrispondenti alle regioni), ciascuna delle quali avrà la sua data di switch-over e la sua data di switch-off. L’ultima versione del calendario è stata stabilita nel set-tembre 2008 dal Ministero.

Il primo switch-off si è già verificato. Lo scorso 31 ottobre la Sardegna è dive-nuta la prima regione italiana interamente digitale, la più grande area in Europa.

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Nella prima metà del 2009, inoltre, è previsto lo switch-over in diverse aree (Pie-monte occidentale, Trentino Alto Adige, Lazio e Campania), che saranno sottopo-ste a switch-off nella seconda metà dell’anno, dopo quello della Valle d’Aosta.

Il caso Sardegna

A partire dal 31 ottobre 2008, dunque, la Sardegna è divenuta la prima (e per il momento unica) regione italiana in cui è stato applicato lo switch-off. In cui, cioè, tutte le trasmissioni televisive sono interamente ed esclusivamente digitali. Quan-to accaduto in Sardegna può essere considerato un punto di riferimento per farsi un’idea di quali siano i procedimenti fino a ora adottati, quali siano stati i loro punti di forza e quali le debolezze su cui è necessario intervenire per il futuro. Della transizione al digitale finora sulla stampa non abbiamo letto molto. Gli articoli che sono stati pubblicati erano in prevalenza caratterizzati da un tono piuttosto entusiastico. Quasi che il processo stia procedendo a gonfie vele, senza intoppi o sbavature. Nel caso dello switch-off della Sardegna addi-rittura l’osservazione dominante è stata la soddisfazione per aver creato l’area digitale (televisivamente parlando) più grande d’Europa. La soddisfazione è più che legittima. Eppure alcuni dati dovrebbero destare qualche preoccupa-zione. E aiutare a individuare e risolvere le criticità del processo in corso. Le osservazioni che seguiranno si basano sui dati di alcune indagini commis-sionate dal Comitato Nazionale Italia Digitale (il CNID). Dati che ci sembrano piuttosto significativi.

Famiglie e digitale terrestre

Nel caso della Sardegna, sono state pianificate due date di switch-over relative a due aree diverse dell’isola. In occasione del primo switch-over, ad aprile del 2007, poco meno del 70% delle famiglie sarde si era dotata di un decoder digitale. Dopo il secondo, a dicembre 2007, era il 76,5% delle famiglie a essersi dotata di decoder. Ancora a settembre 2008 la penetrazione del digitale terrestre era fer-ma a quota 80%. Subito dopo lo switch-off, tale percentuale era salita al 91,7%. Dunque: in occasione del primo switch-over, il 30% delle famiglie sarde non era minimamente in grado di ricevere il segnale digitale. Si tratta di oltre 200.000 famiglie. Quando è scattato il secondo switch-over, c’era ancora un 25% circa di famiglie che non era in grado di ricevere il segnale digitale. Sono più di 150.000 famiglie che pagano il canone Rai, ma a cui era impedito di vedere RaiDue. A circa un mese dallo switch-off, cioè la scomparsa definitiva del segnale analogico, c’era ancora un 20% di famiglie impreparate a ricevere il segnale digitale terrestre. Cioè, i due terzi delle famiglie, che non avevano un decoder in occasione del primo switch-over, in un anno mezzo non avevano an-

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cora fatto nulla. Si tratta di oltre 120.000 famiglie sarde. Dunque, in un anno e mezzo sono state circa 80.000 le famiglie che hanno adeguato il proprio sistema televisivo alla ricezione del segnale digitale terrestre. E, nel giro di due mesi, sono state altre 75.000 a correre ad attrezzarsi per non rimanere sorprese dallo switch-off. Nel giro di meno di due mesi, a ridosso dello switch-off, le famiglie che hanno acquistato un decoder o un televisore digitale sono state in numero pressoché uguale a quello dell’anno e mezzo precedente. Non si direbbe proprio che le famiglie sarde anelassero a digitalizzare il proprio sistema televisivo! Il 20% delle famiglie, in sostanza, ha aspettato l’ultimo momento per adeguarsi al segnale digitale terrestre. Addirittura, più di 20.000 famiglie sarde non si sono ancora adeguate a ricevere il segnale digitale terrestre neppure dopo lo switch-off. Più che una corsa al digitale terrestre ci sembra una rincorsa allo spegnimento dell’analogico. E una rincorsa piuttosto stanca.

Se questi dati non convincono, si guardi la Fig. 2 Ad aprile del 2007, nonostante quasi il 70% delle famiglie sarde si fosse do-tata di sistemi di ricezione del segnale digitale terrestre, tale piattaforma godeva di uno share del 21,9%: cioè, quasi i due terzi delle famiglie che si erano dotato di decoder continuavano a guardare la televisione attraverso il segnale analogi-co o da quello satellitare, ma non dal digitale terrestre. Quando, a novembre, il segnale analogico è stato spento, circa il 92% di famiglie sarde poteva ricevere il segnale digitale terrestre, ma lo share di questa piattaforma si è fermato al 78%. Addirittura, a livello nazionale il digitale terrestre continua a conquistare

Fig. 1 – Penetrazione delle piattaforme digitali terrestri nelle famiglie sarde

Fonte: CNID, Makno - “Monitor Tv Digitale Sardegna”.

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poco più del 5% delle famiglie. Insomma, da qualunque parte si posi lo sguar-do, qualunque sia l’angolo di visuale, la conclusione a cui si perviene è che le famiglie non sembrano affatto pronte ad accogliere questa trasformazione con entusiasmo. E, quel che è peggio, nessuno pare chiedersene il perché.

Sorpresa! La Tv non si è più accesa

Nel mese di novembre del 2008, cioè immediatamente dopo lo switch-off, la tele-visione digitale aveva un tasso di penetrazione nelle famiglie sarde (dato medio del mese) del 96,9%. Di esse, il 92% era in condizione di ricevere il digitale ter-restre; un ulteriore 5%, pur non ricevendo il digitale terrestre, era in condizione di ricevere il segnale da altri tipi di piattaforme (satellitare e ipTV). “Insomma, praticamente la totalità della popolazione si era digitalizzata!” verrebbe da dire. Se non che rimane un 3,1% di famiglie sarde che non ha fatto nulla. Ciò significa che più di 20.000 famiglie sarde sono rimaste senza televisione! La loro televisio-ne analogica si è spenta ed esse non erano attrezzate per poter visualizzare alcun segnale digitale. Che cosa è successo a queste 20.000 famiglie? Già non avevano un televisore prima dello switch-off e non hanno avuto alcun interesse ad acqui-starne uno nuovo? O forse avevano un televisore e non hanno avuto alcun inte-resse ad adeguarlo alla ricezione del segnale digitale? O forse non si tratta affatto di una loro scelta? Forse che la transizione al digitale le ha colte impreparate e per disinformazione o impossibilità pratica hanno dovuto, loro malgrado, rinunciare ai servizi televisivi? Che cosa è veramente accaduto?

Fig. 2 – Il consumo televisivo della piattaforma digitale terrestre in Sardegna e in Italia

Fonte: CNID, Auditel.

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La verità è che nessuno attualmente sembra essersene seriamente interessato. Nessuno pare voler comprendere il motivo della rinuncia di questo 3% di famiglie sarde. Si noti che, se il fenomeno mantenesse le stesse dimensioni sull’intero ter-ritorio nazionale, significherebbe che oltre 800.000 famiglie verrebbero escluse dai servizi televisivi nazionali. In altri termini, poco meno di 3 milioni di indi-vidui residenti in Italia non fruirebbero più di alcun programma televisivo. Una popolazione pari a due volte la città di Milano (la seconda in Italia) rimarrebbe passivamente dinanzi a uno schermo nero. Sarà o non sarà importante sapere se questa rinuncia è frutto di una libera scelta o piuttosto di un’imposizione subita? Entriamo allora un po’ più nel dettaglio.

– In base ai dati dell’indagine commissionata dal CNID, nella prima settimana di novembre il tasso di penetrazione della televisione digitale nelle famiglie sarde era ancora del 96,5% ed è risalito al 97,7% nella seconda settimana. Ciò significa che quasi 8.000 famiglie sarde sono state sicuramente sorprese dallo switch-off, tanto che nel giro di una settimana sono dovute correre ai ripari. Si tratta di oltre l’1% delle famiglie sarde. Un numero enorme. Proiettando il dato su tutte le famiglie italiane, significherebbe che oltre 300.000 famiglie potrebbero essere sorprese dallo spegnimento del segnale analogico, cioè oltre 1 milione di cittadini. Si vuole davvero che siano così tanti, un domani, gli ita-liani a trovarsi in una situazione simile? Che cosa ha indotto tante famiglie a rincorrere gli eventi? Si tratta solo di persone distratte? Oppure il dato segnala problemi nella campagna di informazione che ha accompagnato il processo?

– Prima dello switch-off, le famiglie sarde che non disponevano di alcun te-levisore erano circa l’1,8%. Ciò significa che, al momento dello switch-off, l’1,4% delle famiglie sarde aveva un televisore, ma non si è preoccupato di adeguarlo ad alcuna forma di ricezione digitale. Si tratta di oltre 9.000 fa-miglie che avevano sicuramente un televisore prima dello switch-off e che hanno accettato che il televisore improvvisamente si spegnesse. In questo caso non c’è dubbio. Queste famiglie fruivano delle trasmissioni analogiche. Pagano il canone Rai. Eppure hanno lasciato che il loro televisore si spe-gnesse e non se sono preoccupate. Perché?

– Sempre la stessa indagine commissionata dal CNID ha cercato, in verità, di fornire qualche risposta a questa domanda. Dai suoi dati, si stima che circa 3.000 famiglie sarde, pur possedendo un televisore prima dello switch-off, rinuncerà definitivamente alla televisione, preferendo che tutti i televisori di casa si spengano piuttosto che adeguarne almeno uno al nuovo segnale digitale. Tuttavia non si fornisce alcuna spiegazione di questa scelta. Ancora una volta: perché? Quella di queste famiglie è una scelta o rassegnazione?

– Molte famiglie sono dotate di più di un televisore. Per poter ricevere il se-gnale digitale terrestre è necessario acquistare un decoder per ciascuno dei televisori presenti in casa. Non ne basta uno solo per famiglia. Ebbene, 140.000 famiglie sarde hanno preferito non dotare di decoder almeno uno dei televisori di casa. Significa che il 22% delle famiglie sarde ha preferito

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rinunciare all’utilizzo di alcuni dei televisori di casa. C’era il televisore in salotto e in cucina? Il televisore in cucina non si vedrà più. Proiettando il dato a livello nazionale, significa che questa scelta riguarderebbe oltre 5 milioni di famiglie, quasi 20 milioni di individui. Queste sono cifre gigan-tesche. Certo, possedere più di un televisore non è un’esigenza essenziale. Ma il problema che qui si pone è un altro. Queste famiglie possedevano già quel televisore. E, verosimilmente, fino a prima dello switch-off, lo usavano. Possiamo essere certi che queste famiglie hanno scelto di spegnere quei tele-visori perché non volevano più farne uso? O forse hanno dovuto rinunciarvi per cause indipendenti dalla loro volontà?

I dati ci inducono a ritenere che lo switch-off sia stato vissuto da moltissime famiglie sarde come una scelta imposta da altri, che ha comportato rinunce tut-t’altro che trascurabili. Sono numerosissime le famiglie che sono state indotte a spegnere almeno uno dei televisori presenti in casa e, dunque, a rinunciare in parte al consumo televisivo a cui erano fino ad allora abituate. Sono decisa-mente troppe le famiglie che sono state indotte a rinunciare completamente a quei servizi televisivi di cui disponevano fino a un attimo prima. E per i quali pagano una tassa specifica.

Problemi d’antenna

I dati più sconcertanti sono forse quelli relativi ai problemi che si sono presen-tati alle famiglie che al digitale sono effettivamente passate. Il 50% di quelle che si sono dotate di decoder digitale (circa 300.000) hanno avuto problemi, al momento dello switch-off, nella ricezione di uno o più cana-li. Circa 120.000 famiglie hanno avuto problemi nella ricezione dei canali Rai, circa 60.000 dei canali Mediaset, 40.000 di alcune emittenti locali. Dopo due settimane dallo switch-off, più di 120.000 famiglie avevano risolto completa-mente i loro problemi. Ne rimanevano, invece, ancora 170.000 che continua-vano a lamentare problemi di ricezione su uno o più canali, di cui 30.000 non ricevevano nessun canale. Sono dati sbalorditivi. E molto preoccupanti. L’indagine non ci spiega quale tipo di difficoltà abbiano avuto questi utenti. Tuttavia, se dopo due settimane dallo switch-off così tante famiglie avevano problemi di ricezione del segnale, i casi sono due: o l’informazione loro fornita non era sufficiente, oppure il siste-ma di sostituzione del segnale sui ripetitori è stato assolutamente inadeguato. Ma in entrambi i casi, è ammissibile che siano le famiglie a pagare le conse-guenze delle inadempienze altrui? Procediamo con i dati infausti. Ben 40.000 famiglie hanno avuto l’esigenza di intervenire sull’antenna. Di esse, 14.000 hanno dovuto procedere a una so-stituzione completa, mentre 26.000 hanno dovuto ricorrere all’intervento di un tecnico antennista.

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Forse, per capire le dimensioni del fenomeno, può aiutare anche qui la proie-zione di questi dati a livello nazionale. Se non si facesse nulla e questi fenomeni si riproducessero in tutta Italia nelle stesse dimensioni registrate in Sardegna, significherebbe che:

– circa 10 milioni di famiglie avrebbero problemi di ricezione al momento dello switch-off;

– poco meno di 4,5 milioni di famiglie avrebbero problemi nella ricezione dei canali Rai, quasi 2,2 milioni ne avrebbero con i canali Mediaset, quasi 1,5 milioni con le reti locali;

– dopo due settimane dallo switch-off, circa 6,3 milioni di famiglie continue-rebbero ad avere problemi di ricezione, di cui oltre 1 milione non ricevereb-be alcun canale;

– oltre 1,3 milioni di famiglie dovrebbero intervenire sull’antenna per risol-vere il proprio problema, oltre 500.000 sostituendola completamente, circa 1 milione richiedendo comunque l’intervento di un antennista.

Nessuno si augura che i dati del caso sardo che abbiamo appena citato si ripropongano su tutto il territorio nazionale. Tuttavia questa proiezione di dati aiuta a cogliere come i problemi che si sono posti nel corso dell’esperienza sarda non siano affatto pochi né trascurabili. Se davvero il passaggio alla televisione digitale vuole essere un servizio offerto al cittadino, è doveroso che la raccolta e l’analisi dei dati sia finalizzata non solo a far emergere i successi dell’opera-zione, ma anche i suoi limiti, affinché, nel procedere delle transizioni, non si ripetano più.

Tab. 1 – Problemi di ricezione in corrispondenza dello switch-off in Sardegna

Tipo di problema

Famiglie sarde con problemi di ricezione Proiezione

su tutte le famiglie

italiane (in migliaia) (1)

Numero di famiglie

sarde(in migliaia)

Percentuale sulla

popolazione delle famiglie sarde

Possessori di decoder digitali che hanno denunciato problemi di ricezione 296 50% 10.949

Problemi di ricezione canali Rai 120 20% 4.434

Problemi di ricezione canali Mediaset 59 10% 2.190

Problemi di ricezione sui canali locali 40 7% 1.478

Famiglie con problemi di ricezione alla 2a settimana 170 29% 6.282

Famiglie che non hanno ricevuto alcun canale 30 5% 1.109

Famiglie che hanno dovuto intervenire sull’antenna subito dopo lo switch-off 40 7% 1.478

Famiglie che hanno dovuto sostituire l’antenna 14 2% 517

Famiglie che hanno richiesto l’intervento di un antennista 26 4% 961

Fonte: CNID, Makno “Monitor sulla penetrazione della Tv Digitale in Sardegna”.(1) Elaborazione Altroconsumo su dati CNID, Makno.

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I punti critici del passaggio dall’analogico al digitale

Non ce lo nascondiamo. La transizione dall’analogico al digitale è un processo di dimensioni enormi. Ma proprio per le sue dimensioni e le sue caratteristiche, comporta una serie di criticità che riteniamo vadano tenute sistematicamente presenti durante tutta la fase di conversione.

L’obbligatorietà

Prima di tutto, il passaggio al digitale non è una scelta di mercato: gli utenti non hanno gradualmente optato per una tecnologia più moderna abbandonan-done una considerata obsoleta. A tutt’oggi, anche là dove la tecnologia digitale è disponibile, la conversione spontanea dall’analogico al digitale è scarsissima. La transizione, pertanto, per quanto giusta e lungimirante possa essere, per le famiglie italiane è una conversione forzata, imposta. Da questa imposizione discende inevitabilmente che lo Stato si deve impe-gnare, inderogabilmente, a garantire un passaggio a costi possibilmente nulli e senza disagi per i cittadini. E alle famiglie, a tutte le famiglie, deve essere garantita la continuità, se non altro, del servizio di cui disponevano prima della conversione.

L’informazione

In questo quadro, un ruolo determinante deve essere assunto dall’informazione. I cittadini, tutti, indipendentemente da dove abitano e dal loro livello di istru-zione, devono essere messi in condizione di sapere ciò che sta accadendo, ciò che è stato deciso per loro e quali comportamenti possono adottare. L’informa-zione si deve estendere essenzialmente su due livelli:

– un’informazione su ciò che accadrà, in modo che tutte le famiglie sappiano quando si verificheranno le date di switch-over e switch-off e quali saranno le loro conseguenze;

– un’informazione su come ci si deve comportare, cioè su quali sono le solu-zioni possibili, quali gli accorgimenti tecnici opportuni e quali i parametri di costo.

In questo quadro si inserisce uno degli aspetti più delicati del processo di conversione. Di per sé, l’operazione riguarda il passaggio dall’analogico al di-gitale terrestre. Quello che verrà spento, infatti, è il segnale analogico. E il se-gnale che lo sostituirà è il digitale terrestre. Tuttavia, un conto sono gli obblighi che lo Stato ha nei confronti dei suoi cittadini; altro sono le possibilità di scelta dei cittadini stessi.

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– Lo Stato è tenuto a garantire che il segnale digitale terrestre, con tutti i canali che esso contiene, raggiunga tutte le famiglie che ricevono il segnale ana-logico nel momento dello switch-off. Ciò significa che si deve garantire una quantità di ripetitori sufficienti e che il segnale sia recepibile in modo ade-guato sia nei grandi centri urbani sia nei piccoli villaggi o casolari isolati. Si deve, quindi, informare tutti sul fatto che avverrà la conversione del segnale, su quali tipi di interventi sono eventualmente necessari e a quali condizioni, su come è necessario predisporre il proprio televisore (o mediante un decoder esterno o mediante un televisore digitale con decoder interno).

– Il cittadino, a sua volta, deve sapere che le possibilità di scelta a sua dispo-sizione sono diverse. C’è un segnale digitale terrestre che lo Stato si impegna a trasmettergli in ogni caso. Ma ci sono altre opzioni che non solo è oppor-tuno, ma è doveroso che conosca. Nel momento in cui gli viene spento un segnale, egli deve sapere che ha a disposizione un ventaglio di possibilità per la sua sostituzione.

Pertanto, un’informazione corretta su questo tema non solo è un’informazio-ne completa su come avvenga il passaggio al segnale digitale terrestre. È anche un’informazione che chiarisce in che cosa consista un impegno che lo Stato si assume nei confronti dei suoi cittadini e che cosa costituisce, inoltre, una pos-sibilità di scelta per il cittadino stesso.

I costi

Il passaggio al digitale non è operazione gratuita per gli utenti. Il solo passaggio dall’analogico al digitale terrestre comporta per tutti gli utenti almeno due tipi di interventi:

– una verifica del corretto orientamento dell’antenna, in modo che possa ri-cevere il segnale di tutti i canali digitali terrestri. In effetti, in teoria questo non dovrebbe essere necessario. Tuttavia, come il caso della Sardegna illu-stra eloquentemente, la necessità di una verifica dell’antenna è caso assai frequente;

– l’acquisto di un nuovo televisore digitale o di un decoder, che consenta al vecchio televisore di interpretare correttamente il segnale digitale.

Il primo aspetto comporta l’intervento di un tecnico che effettui le verifiche e gli eventuali aggiustamenti sull’antenna. Nel secondo caso, si tratta di recarsi presso un negozio di elettrodomestici e acquistare il decoder o il televisore. Gli aspetti critici in questo caso sono due:

– in primo luogo è discutibile che le famiglie siano costrette a sostenere dei costi per adeguarsi a una conversione tecnologica che non hanno richiesto,

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3 Particolarmente significativo è stato l’intervento della Commisione in relazione a un caso tedesco, intervento nel quale non solo si giudicò l’illegalità del caso rispetto alle norme dell’Unione, ma fissò anche le linee guida per tutti gli Stati membri. L’intervento

è disponibile in lingua inglese al seguente indirizzo Internet del portale dell’Unione europea: http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/05/1394&format=HTML&aged =0&language=EN&guiLanguage=en.

a fronte di un servizio per il quale essi pagano già una tassa specifica (il canone Rai). È vero che l’Unione europea ha imposto esplicitamente vincoli molto restrittivi per quanto riguarda gli incentivi statali alle famiglie.3 Ciò significa semplicemente che le nostre riserve si estendono anche all’Unione europea;

– l’aspetto più critico, tuttavia, sta nel fatto che i tempi per la conversione sono stati piuttosto ristretti in passato e lo saranno ancora di più in futuro. Ciò significa che le prossime aree che saranno sottoposte allo switch-over e poi allo switch-off dovranno attenersi a un calendario di pochi mesi. In quei pochi mesi, la domanda di intervento sulle antenne e di acquisto di decoder crescerà esponenzialmente e ciò comporterà una lievitazione dei prezzi innaturale. È necessario, pertanto, che tali prezzi siano sottoposti a un controllo attento, per evitare anomalie inaccettabili che si riverserebbero esclusivamente sul budget delle famiglie.

Sul versante dei costi, pertanto, si impone la necessità che essi ricadano il meno possibile sui bilanci delle famiglie, in particolare quelle con maggiori difficoltà economiche, ed è importante evitare che si verifichino distorsioni sul mercato a causa di una concentrazione della domanda determinata per legge.

Conclusioni

L’impressione è che fino a ora la raccolta dei dati sullo svolgimento della transi-zione dalla trasmissione analogica al digitale del segnale televisivo sia stata fi-nalizzata soprattutto a far emergere i successi dell’operazione. Eppure ci sembra che lo scopo delle rilevazioni dovrebbe essere anche quello di farne emergere le criticità, soprattutto nel corso dei primi switch-off. Facendo emergere tali criticità, infatti, ci si pone nella condizione di evitare che esse si ripetano nei mesi a venire ed è per questo motivo che ci auguriamo che la raccolta dei dati e la loro analisi consenta, in occasione dei prossimi switch-off, di comprendere meglio le cause per cui si verificano alcuni fenomeni che nessuno può conside-rare positivi. Non dimentichiamo che la transizione in corso non è una scelta delle fami-glie, è un’imposizione di legge. Un’imposizione che le famiglie stesse non sem-brano accogliere, ancora oggi, come una vera opportunità (vera o sbagliata che sia una simile impressione). Per questo motivo ci auguriamo che nei prossimi mesi e in occasione delle prossime scadenze del calendario ministeriale si presti

90 numero 1/2009Argomenti

eConsumatori, Diritti Mercato

una maggiore sensibilità, nel corso della raccolta e della valutazione dei dati, a una serie di informazioni fino a ora parzialmente trascurate.

– Perché tante famiglie rinunciano alla digitalizzazione di alcuni dei propri televisori o addirittura, per quanto in una percentuale esigua ma non irri-levante, a usufruire in assoluto dei servizi televisivi? Nelle prossime rile-vazioni ci auguriamo ci si impegni maggiormente a comprendere le ragioni che inducono le famiglie a spegnere uno o più televisori della propria casa.

– Come è possibile che sia così elevata la percentuale delle famiglie che si è scontrata con problemi di ricezione del segnale? Per tali casi si avverte la necessità di una descrizione assai più dettagliata: che cosa ha causato il problema? Come è stato risolto? Quanto è costato all’utente risolverlo?

– Particolarmente delicata è la questione delle antenne. Non si capisce davvero come sia possibile che tante famiglie si ritrovino ad avere problemi di orien-tamento delle antenne. Una simile circostanza implica in molti casi proble-mi di copertura del segnale, problemi che sarebbe improprio e ingiusto far ricadere sulle famiglie. È, dunque, necessario che si forniscano informazioni dettagliate sulla copertura del segnale televisivo per tutti i canali, in modo da comprendere quando i problemi di ricezione del segnale siano dovuti ad anomalie di trasmissione e quando a oggettivi difetti dell’antenna.

– Delicatissima è, infine, la questione dei prezzi dei decoder e degli interventi tecnici alle antenne. A causa degli inevitabili picchi della domanda rite-niamo particolarmente opportuno un monitoraggio costante dei prezzi sul mercato, in particolare in prossimità delle date di switch-off.

Che le aziende operanti nel settore abbiano un approccio commerciale al processo in corso è più che comprensibile e naturale. Altro, tuttavia, è il ruolo dello Stato e del Governo. Le istituzioni nazionali e locali si sono assunte un impegno preciso nei confronti dei cittadini nel momento in cui hanno imposto loro una transizione non richiesta. È con questo spirito che presso il Consiglio Nazionale Italia Digitale hanno interpretato e continueranno a interpretare il proprio ruolo le associazioni di consumatori.