Dal cartaceo al digitale. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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Corso di Laurea Magistrale in Strategie della comunicazione pubblica e politica DAL CARTACEO AL DIGITALE Come cambia il giornalismo nell’era 2.0 Relatore: Carlo Sorrentino Candidato: Manuel Primi Anno Accademico 2015/2016

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Corso di Laurea Magistrale in

Strategie della comunicazione pubblica e politica

DAL CARTACEO AL DIGITALE

Come cambia il giornalismo nell’era 2.0

Relatore: Carlo Sorrentino Candidato: Manuel Primi

Anno Accademico 2015/2016

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 1 -

Introduzione Pag 2

1 – Il giornalismo oggi:

- Crisi della carta stampata Pag 6

- Il giornalismo On line Pag 18

2 – La nuova professione, il Content Management:

- Verifica delle fonti Pag 29

- I Social Network applicati al giornalismo Pag 41

- SEO cosa è, come funziona e perché

è importante per il giornalismo Pag 56

3 – Il futuro economico dell’editoria:

- Un giornalismo fatto di Nicchie Pag 73

- Modelli economici Pag 87

4-Conclusioni Pag 101

Bibliografia Pag 107

Sitografia Pag 110

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Manuel Primi - 2 -

Introduzione

Nel 2006 e la rivista settimanale Time nominava “persona dell’anno” il comune

internauta. Un omaggio alla Rete che ai tempi colpì molto. “Il personaggio dell´anno sei tu.

Sì, tu. Sei tu che controlli l´era dell´informazione. Benvenuto nel tuo mondo”1. Siamo nei

primi anni del vero e proprio boom digitale. È in questo preciso anno che le funzionalità di

Google si intrecciano con il grande contenitore video di YouTube e risale sempre ai primi

anni del nuovo millennio il fenomeno dei Blog. Ciò che nacque nel 1991 come sistema di

scambio di informazioni in formato ipertestuale, in parole povere Il World Wide Web,

raggiunge poco più di dieci anni dopo una sua ben specifica maturazione. Possiamo quindi

comprendere la ragione dell’originale scelta del settimanale statunitense. L’informazione

non è più quella di una volta. Il modello Top Down che vedeva l’acquisizione delle notizie

spostarsi dall’alto verso il basso ora si trova a fare i conti con un modello orizzontale, dove

chiunque può pubblicare una notizia, tenere una rubrica, alimentare una discussione

pubblica. È la nascita del Citizen Journalism. Pionieri di questa rivoluzione erano, e sono, i

comuni internauti, per l’appunto. La prima testata giornalistica a sfruttare questa novità fu

la BBC. In occasione degli attentati di Londra nell’estate del 2005, il network inglese

trasmise le drammatiche immagini all’interno della metropolitana, riprese con il cellulare

da una cittadina qualunque2. Si iniziava, quindi, ad intravedere e a mettere in pratica le

svariate opportunità di un mondo che via via si faceva sempre più digitale. Ma il mondo

dell’editoria e della carta stampata è un colosso che conta 5 secoli di anzianità3, ben

radicato nelle sue strutture ed ancorato alle tradizioni organizzative. Non è facile, dunque,

1 Copertina Time, 25 Dicembre 2006 – 1 Gennaio 2007 2 Paolo Campo, La libertà (di stampa) è partecipazione, in Europa Quotidiano, 25 aprile 2012, p. 8. 3 Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, dalle Gazzette a Internet, Il Mulino, 2006

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un cambiamento così immediato e così radicale, in un panorama che muta da un giorno

all’altro. Se poi ci soffermiamo a guardare il mondo della carta stampata in Italia, dove non

si è mai raggiunta una piena indipendenza economica dai grandi gruppi industriali e

finanziari, dai partiti politici e dai finanziamenti pubblici, la sfida del digitale si fa sempre

più ardua. Di fatto il cambiamento di fruizione e creazione dell’informazione ha accentuato

una crisi della carta stampa già di per sé esistente e cronica nel sistema Italiano in

particolare.

All’interno di questa tesi di laurea magistrale ci occuperemo quindi di un’analisi del

mondo dell’editoria e di come questa si sia reinventata o si stia adattando al mondo

digitale. Obbiettivo di questo elaborato sarà quello di valutare tutte le potenzialità di ogni

singola piattaforma Online: sia da un punto di vista di diffusione di una notizia che per

quanto riguarda la sua sostenibilità economica. Questa ricerca permetterà, dunque, di

individuare quali saranno le potenziali soluzioni per la sopravvivenza del giornalismo

professionistico. L’approccio di questo lavoro sarà orientato verso la pratica. La necessità e

il desiderio di trattare il tema del cambiamento nel mondo del giornalismo sotto questo

punto di vista nasce dal fatto che la rivoluzione digitale alla quale stiamo assistendo

impone costantemente tanti piccoli cambiamenti quotidiani. Vedremo nel corso di questo

scritto come le tante novità del mondo digitale costringano il giornalismo ad un continuo

inseguimento verso nuove tecniche e nuovi formati che necessitano di quotidiani

aggiornamenti nel lavoro pratico di tutti i giorni. È altrettanto vero che i cambiamenti

riguardanti il nostro mondo naturale, sociale ed economico passino prima di tutto dai

piccoli interventi nel quotidiano, a prescindere dalle decisioni dei grandi colossi del web.

La sfida digitale per l’informazione, quindi, non dovrebbe riguardare solamente le scelte

economiche dell’editore o non necessariamente un ripensamento teorico e radicale della

professione. Dato il maggior uso di Smartphone e Tablet per la lettura delle notizie, ad

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esempio, anche il singolo giornalista dovrà armarsi di nuovi canoni comunicativi. Egli

dovrà prima di tutto usare un nuovo tipo di linguaggio che stanchi il meno possibile

l’occhio del lettore, costretto alla retroilluminazione di un dispositivo elettronico, ed

utilizzare una schematizzazione del contenuto che sia più chiara ed esaustiva.

Inizialmente cercheremo di dare un quadro generale, dal punto di vista economico e

qualitativo, del mondo dell’editoria sia cartaceo che digitale. Cercheremo quindi, di

comprendere quali sono i motivi teorici e le criticità pratiche che mettono in difficoltà gran

parte dei principali gruppi editoriali in Italia. Daremo inoltre uno sguardo qualitativo al

giornalismo on line. Cercheremo di capire come vengono utilizzati i diversi canali di

distribuzione on line, come le diverse testate riescono a comunicare con i propri utenti e

più in generale cercheremo di capire quali sono i passi che gli editori stanno compiendo

verso la ristrutturazione della professione orientata all’on line.

Nel secondo capitolo di questo lavoro ci occuperemo di tutte le nuove tecniche di

scrittura e di comunicazione, di come queste si differenziano tra una piattaforma online e

l’altra. Verrà inoltre riservato un importante spazio alle nuove regole giornalistiche che

impongono i motori di ricerca. Google rappresenta in Italia, con un tasso del 95,45% di

ricerche effettuate4, il primo motore di ricerca nel nostro Paese. Un tasso così alto ci

dimostra che praticamente tutto ciò che si trova in rete è “costretto” a passare tra gli

algoritmi di Google. Così come tutti gli altri elementi contenuti nella Rete, anche gli

articoli delle testate online dovranno fare i conti con le tecniche di indicizzazione delle

SERP nei motori di ricerca. Creare un portale di informazione che si sposi, nelle sue

parole, nei suoi titoli e nelle sue descrizioni, con la tecnica SEO (Search Engine

4 http://gs.statcounter.com/#all-search_engine-IT-monthly-201504-201604-bar – Periodo Aprile 2015, Aprile 2016

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Optimization), diventa ormai indispensabile per la sopravvivenza del giornalismo Online.

A sommarsi alle 5 W, nel futuro del giornalismo, vi saranno anche delle nuove regole e

delle nuove tecniche che ogni singolo giornalista dovrà far sue per poter far fronte al

cambiamento digitale. All’interno di questo lavoro analizzeremo, quindi, tutti gli aspetti

che riguardano l’ottimizzazione degli articoli per i motori di ricerca: cosa significa fare

SEO nel giornalismo e, dunque, quali sono le nuove tecniche per diventare una “buona

penna digitale”. Infine un importante spazio di questo secondo capitolo verrà riservato al

fenomeno dell’overload informativo. Cercheremo di capire come questo sovraccarico di

informazioni modifichi le abitudini dei lettori e cosa potrebbe fare il giornalismo per far

fronte al caos dovuto ai troppi contenuti presenti on line. Sempre nel secondo capitolo

tratteremo del fenomeno delle Fake News. Cercheremo di analizzare questo fenomeno per

capire come il mondo del giornalismo possa armarsi di strumenti e pratiche efficaci al fine

di combattere la post verità.

L’ultimo capitolo sarà riservato ai modelli economici possibili per far fronte al

cambiamento in corso. La natura stessa di internet ha abituato qualsiasi utente ad avere

sempre più quantità di materiali e di poterli reperire in qualsiasi momento in modo

gratuito. Uno dei pilastri su cui si fonda il world wide web e la navigazione on line, quindi,

mette in seria crisi un settore giornalistico ad oggi più importante che mai e composto da

professionisti. È altresì vero che nelle sue infinite possibilità ed evoluzioni, internet, possa

fornire anche nuovi metodi per finanziare la professione e quindi per garantirne continuità.

Il terzo capitolo quindi tenterà di analizzare i nuovi modelli che le diverse testate

giornalistiche nel mondo stanno testando. Cercheremo di capire non solo se questi nuovi

modelli economici siano effettivamente delle strade praticabili per il mondo dell’editoria,

ma tenteremo di spiegare come ogni modello economico influenzi direttamente le scelte e

le linee editoriali di ogni singola testata.

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1 – Il giornalismo Oggi

1.1 – La crisi dell’editoria e Internet

“Newspapers don’t have a demand problem;

They have a business-model problem”

Erich Schmidt, Google

L’industria editoriale è in crisi. Questa “semplice” affermazione è ormai divenuta

una delle grandi verità dal XX secolo ad oggi. A mettere in crisi l’industria

dell’informazione cartacea non è stato di certo Internet. Il problema delle vendite di

quotidiani, in Italia come nel resto del mondo, ha subito grandi oscillazioni economiche al

sorgere di ogni nuova tecnologia che potesse competere sulla diffusione delle notizie.

Internet e la nuova informazione multimediale sono solo l’ultimo step di un’odissea

iniziata con l’avvento della Radio e proseguita con quello della Televisione. La domenica

del 3 Gennaio 19545 non è soltanto la data ufficiale della prima trasmissione televisiva in

Italia. Gli anni ’50 segnano di fatto un cambiamento strutturale nell’informazione. “Mentre

l’editoria giornalistica e i giornali della carta stampata devono affrontare questa difficile

svolta, nei paesi in cui i giornali sono prodotti dall’industria editoriale in regime di

concorrenza si manifestano marcati segni di crisi determinati soprattutto, per i quotidiani,

da un crescente divario fra i costi di produzione e i ricavi delle vendite e della

pubblicità”6.

5 Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, dalle Gazzette a Internet, Il Mulino, 2006 P. 224 6 Ibidem p. 227

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Questo piccolo estratto dal libro di Paolo Murialdi sembra parlare degli attuali problemi

dell’informazione cartacea che deve fare i conti con il World Wide Web. La citazione

riportata, invece, si riferisce alla crisi editoriale degli anni ’60 per colpa della Televisione e

dei Telegiornali. Da questo periodo in poi, quindi, non esisterà un solo giorno nel quale il

giornalismo cartaceo non inseguirà un nuovo modo di comunicare, un nuovo linguaggio o

una più efficace e gratuita fruibilità delle notizie. Internet, Google, Facebook, le dirette

streaming, il linguaggio multimodale, il Citizen Journalism: rappresentano solamente

l’ultima sfida per l’informazione tutta. Con l’avvento della Televisione l’industria

editoriale è riuscita, molto lentamente e con non poche difficoltà, a variare la sua offerta

culturale e commerciale riuscendo a conservare un ruolo di spicco all’interno dell’industria

dell’informazione. I quotidiani si differenzieranno dal media televisivo per i numerosi

approfondimenti sulle tematiche di attualità, aumentano il numero delle pagine dando più

spazio alle cronache locali ed incrementano il contatto con i propri lettori aprendo rubriche

di posta7. Ora è in atto la terza rivoluzione mediatica (prima la Radio e poi la Televisione)

che di fatto sta mettendo in ginocchio l’intera industria dell’informazione su carta. Una

rivoluzione che porta C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky della Columbia

Journalism School a parlare di giornalismo post-industriale8. Il documento del 2012 è “in

parte indagine e in parte un manifesto sulle attuali pratiche del giornalismo”9. Per questo

primo capitolo ci serviremo dell’incipit contenuto nella prima pagina di questo documento.

Uno scenario ed alcune verità (quasi) assolute che vengono riassunte in Cinque punti

chiave:

7 Ibidem 8 Post-Industrial Journalism: Adapting to the Present; C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky,

Columbia Journalism School, Novembre 2012 9 “This essay is part survey and part manifesto, one that concerns itself with the practice of

journalism and the practices of journalists in the United States”

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• Il giornalismo è rilevante;

• Il “buon giornalismo” è sempre stato sovvenzionato;

• Internet ha rotto la parte di sovvenzione, di finanziamento del giornalismo che era

rappresentato dall’advertising;

• La ristrutturazione è dunque forzata, inevitabile;

• Ci sono molte opportunità per fare un buon lavoro giornalistico in nuovi modi;10

I primi due punti ci suggeriscono che il giornalismo, soprattutto quello di qualità,

avrà vita lunga perché “rilevante” per una società sempre più globalizzata che si sorregge

10 “We start with five core beliefs: • Journalism matters. • Good journalism has always been subsidized. • The internet wrecks advertising subsidy. • Restructuring is, therefore, a forced move. • There are many opportunities for doing good work in new ways”

Figura 1

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grazie alla comunicazione. Il secondo punto invece ci suggerisce che non importa il tipo di

medium utilizzato per diffondere informazione: ”Il buon giornalismo è sempre stato

sovvenzionato”. La “qualità” e quindi strategie di Content Marketing saranno alla base del

futuro del giornalismo di tutto il mondo, sia che esso sia on-line che su carta. “Content is

King”, il contenuto è re11. A coniare questa affermazione è stato il magnate di Microsoft,

Bill Gates, nel 1996 direttamente sul sito internet dell’azienda. Quel che cercava di

spiegare Bill Gates è una pietra angolare del giornalismo tutto. Offrire degli articoli

qualitativamente rilevanti attirerà molti lettori che a loro volta attireranno inserzionisti

pubblicitari. Questa è una regola che vale sia per il cartaceo che per qualsiasi altro mezzo

di comunicazione presente e futuro.

A conferma di quanto sostenuto fin ora vi è la ricerca dell’Osservatorio News-Italia

su informazione e serialità pubblicata nel 2015 in occasione della giornata di apertura della

terza edizione del Festival del giornalismo culturale.12 Come possiamo notare dal grafico

[Fig. 1], il calo del consumo di quotidiani dall’anno 2011 al 2015 è direttamente

proporzionale all’ascesa di Internet. Mentre la televisione rimane ancorata al primo posto,

anche se con una variazione del -3%, internet ha di fatto conquistato il secondo posto (dal

51% al 71%) a scapito dei quotidiani (dal 63% al 46%). Occorre però analizzare il tipo di

consumo on-line delle notizie per riuscire a dare un quadro più completo di questo grande

cambiamento [Figura 2]. Il primo dato che possiamo notare è una crescita contenuta della

fruizione di quotidiani On-line: dal 53% nel 2011 al 58% del 2015. Una variazione, a

fronte della grande variazione del medium internet in generale, che ci suggerisce una

11 Bill Gates, Content is King, 1 marzo 1996 http://web.archive.org/web/20010126005200/http://www.microsoft.com/billgates/columns/1996essay/essay960103.asp

12 Osservatorio News-italia 2015: Informazione, social TV e serialità, 25 Aprile 2015 https://news-italia.it/2015/04/23/osservatorio-news-italia-2015-informazione-social-tv-e-serialita/

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difficoltà da parte del giornalismo generalista nel saper sfruttare i nuovi mezzi

d’informazione. Continuando l’analisi della ricerca di News-Italia possiamo invece notare

come, nelle fonti internet, si siano affermati sempre maggiormente (dal 37% nel 2011 al

48% nel 2015) i siti web che nel corso del tempo si sono specializzati in determinati

argomenti. Salvatore Aranzulla ha sviluppato un tipo di editoria di nicchia dedicata al

mondo dell’informatica e alle soluzioni ad eventuali domande o problemi legati ad essa: ad

oggi www.aranzulla.it è divenuto un sito web di informazione che conta 9 milioni di lettori

al mese per un totale di 20 milioni di pagine visitate. Questo è sicuramente l’esempio più

eclatante nello scenario italiano. Ma sono tantissimi i siti internet di informazione che

concentrandosi su di un unico tema sono riusciti a ritagliarsi un’abbondante fetta di lettori.

Oltre a quelli specializzati in conflitti internazionali, sport, cinema e serie tv, abbiamo

anche i nativi social: quei portali d’informazione che puntano tutto sulle piattaforme di

social network riuscendo a creare contenuti virali e ad alto tasso di coinvolgimento. In

Italia c’è FanPage che possiede una base di più di 6 milioni di utenti. BuzzFeed invece è

riuscita con più di 9 milioni di utenti a diventare un ruolo di riferimento per gran parte del

globo per trovare contenuti social e virali. Un dato che ci conferma quanto sostenuto da

C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky della Columbia Journalism School, ovvero che

il giornalismo di qualità viene sempre premiato dai lettori. Lo scenario attuale vede quindi

l’industria del giornalismo affrontare una perdita consistente del mercato cartaceo a scapito

dell’On-line con le relative perdite economiche per le copie non vendute. Sul fronte

digitale invece, le testate giornalistiche generaliste non sono riuscite ad intercettare una

percentuale significativa del pubblico che in questi ultimi anni ha migrato dalla carta

stampata ai supporti elettronici. Ancora una volta quindi, le grandi case editrici faticano a

trovare il modo per riuscire ad essere competitivi con un medium che stravolge i tempi

dell’informazione e che cambia linguaggi e metodi.

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Lo scenario si fa notevolmente più complesso se analizziamo i dati statistici e la

variazioni economiche nel settore della carta stampata nel dettaglio. Pier Luca Santoro e

Paolo Pozzi hanno pubblicato ad Aprile 2015, all’interno di “New Tabloid” (il trimestrale

dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia), uno speciale di 27 pagine intitolato “Non

solo il web uccide i giornali”. L’inchiesta ci racconta di una industria del cartaceo che si

trova ad affrontare molti più problemi di quanti si possa immaginare. “Anche le Poste, in

Italia, uccidono i giornali. Sono quasi raddoppiate, infatti, le tariffe postali per la

spedizione dei giornali. Una decisione niente male per i giornali cartacei che almeno da

una dozzina di anni devono già vedersela con la spietata concorrenza del web13”. Un

rincaro che in Italia sta mettendo a rischio centinaia di testate giornalistiche periodiche.

L’ultimo aggiornamento sul caso delle spese postali risale al periodo compreso tra Ottobre

2014 e Giugno 2015, quando con due lettere indirizzate a tutte le testate, ordini

13 Pier Luca Santoro e Peolo Pozzi in New Tabloid, Anno XLV N. 2 Aprile-Giugno 2015, Ordine dei giornalisti della Lombardia, Pag.7

Figura 2

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professionali, enti ed associazioni di categoria si comunicava un’improvvisa esclusione

dalle agevolazioni postali.14 Ad aggravare la situazione è l’enorme mole dei resi.

“Calcolando il totale del volume della tiratura complessiva per le sessanta testate prese in

considerazione - il peso delle rese è del 33% esattamente una copia su tre quindi in Italia

se ne va al macero. Domanda: quanto è alta questa percentuale?” 15 Per darci un punto di

riferimento possiamo vedere i dati della vicina Francia che possiede una percentuale di

copie rese intorno al 14%. Nello specifico, in Italia la testata con la maggiore percentuale

di copie al macero è il Manifesto (74%) seguito da Il Fatto Quotidiano (57%).

Successivamente, prendendo in considerazione le testate non sportive con una tiratura

nazionale possiamo trovare Libero con il 50% e il Giornale con il 45%. Altra storia per

quanto riguarda le testate con tiratura locale. In questo caso il territorio di diffusione

limitato agevola anche una migliore diffusione in base al consumo effettivo da parte dei

lettori. Nonostante una complessiva ottimizzazione della logistica della distribuzione non

mancano gli esempi negativi: il Giornale dell’Umbria ed il Corriere dell’Umbria contano

rispettivamente il 45% ed il 49% di copie non vendute e mandate al macero. “Nel

complesso sono 12 le testate con resa superiore al 40%. Quanto hanno pesato le copie

rese nei tre principali quotidiani italiani nel 2015? Al Corriere della Sera il peso è stato

del 24%, a Repubblica del 31% e al Sole del 26%.” 16

Come se non bastasse c’è da fare i conti anche con la crisi economica e finanziaria

che sta segnando questo secolo. Per quanto riguarda il settore editoriale questa crisi si

manifesta sotto forma di mancati investimenti pubblicitari. I resoconti degli ultimi anni

14 ibidem 15 Lelio Simi, ChartaMente: Copie rese quotidiani italiani nel 2015; Marzo 2016 http://www.datamediahub.it/2016/03/15/chartamente-copie-rese-quotidiani-italiani-

2015/#axzz4MfgsEPvN 16 ibidem

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degli introiti ci parlano di un mercato pubblicitario che ha subito una fortissima riduzione.

Gli investimenti sono scesi consistentemente e il fenomeno è stato particolarmente

avvertito dalla stampa, sia quotidiana che periodica. Secondo il rapporto della Fieg 17“La

stampa in Italia 2011-2013” uscito ad aprile del 2014, il fatturato complessivo dei

quotidiani e dei periodici, per quanto attiene la pubblicità, in Italia è passato dai 1.588

milioni di euro del 2012 ai 1.252 milioni del 2013 con una flessione in un solo anno di 306

milioni, che in termini percentuali corrisponde a un -21,2%.18 È giusto precisare che le

contrazioni sulla spesa pubblicitaria hanno segnato, nel periodo di riferimento della ricerca,

quasi tutti i settori di mercato. Gli stessi investimenti pubblicitari in rete che erano cresciuti

costantemente per un decennio, hanno registrato una contrazione dell’1,8% nel periodo

2012-2013. Il dato aggregato dei sei tra i maggiori attori del mercato editoriale italiano

conferma, una tendenza al declino degli investimenti pubblicitari con una flessione tra il

dato del 2009 e quello del 2013 del 31% e un totale che sfiora i 600 milioni di euro [Figura

3]19. Nel dettaglio dei grandi gruppi editoriali si passa da un -19% del Gruppo 24Ore al –

43% del Gruppo Mondadori, il gruppo che percentualmente ha la tendenza peggiore. Il

grafico [Figura 3] ci mostra, anche a colpo d’occhio che i soli RCS Mediagroup e Gruppo

Espresso-Repubblica da soli pesano oltre due terzi del totale a fine 2013.20 I dati relativi

alla flessione totale dal 2009 al 2013, sia in termini assoluti che percentuali, ma non

aggregati sono visibili nel secondo grafico [Figura 4]21. Come possiamo vedere il Gruppo

RCS da solo basterebbe a segnare l’intero mercato: dal 2009 al 2013 perde in totale 237.3

milioni di euro con una contrazione dei propri introiti pari a -33%. Mentre il Gruppo

17 Federazione Italiana Editori Giornali 18 “La stampa in Italia 2011-2013”, Fieg – Federazione Italiana Editori Giornali, Aprile 2014 Pag.

50 19 http://www.datamediahub.it/2014/07/07/gruppi-editoriali/#axzz4MfgsEPvN 20 Ibidem 21 ibidem

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Mondadori segna una contrazione in termini percentuali più elevata di tutti: -43% dal 2009

al 2013 per un totale di 108.8 milioni di euro di perdite, al secondo posto per valore

assoluto.

Figura 3

Figura 4

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All’interno di queste prime pagine si è cercato di dare un quadro, il più dettagliato

possibile, delle varie cause, tecnologiche ed economiche, che stanno letteralmente

affondando l’industria della carta stampata dai primi anni del secolo fino ad oggi.

Attraverso l’uso dei grafici e delle statistiche dei vari studi di settore si è provato inoltre a

dare un volume al quadro che via via si è delineato. Nonostante questo lavoro di tesi si

concentri maggiormente su come sia cambiata la professione giornalistica con l’ingresso

delle nuove tecnologie, è necessario, prima di tutto, comprendere la dimensione della crisi

editoriale di questi ultimi decenni. Tutti i dati qui riportati ci suggeriscono che l’industria

editoriale, se vuole sopravvivere alla crisi economica e alla rivoluzione digitale in atto

dovrà affrontare delle ristrutturazioni profonde e complesse e dovrà farlo il più in fretta

possibile. In totale nel periodo di riferimento dal 2009 al 2013, fin qui preso in analisi, i

principali gruppi editoriali hanno registrato perdite per un totale di più di un miliardo e

mezzo di euro.22 Il solo Gruppo RCS perde il 40% dei suoi ingressi economici per un totale

di 891,6 Milioni di Euro. Molto più lontani, in termini assoluti, restano i restanti gruppi

editoriali ma sempre con variazioni percentuali dei propri affari molto importanti: Il

Gruppo Mondadori perde il 17% per un totale di 264,3 milioni; Caltagirone perde il 29%

mentre l’Espresso il 20% per un valore assoluto pari a 175 milioni di euro.23 Pur essendo

tutti dati che prendono in considerazione un ristretto numero di soggetti in un delimitato

periodo di tempo (5 anni), va riconosciuto che il declino è irrefrenabile e costante. Servono

quindi dei nuovi modelli di business, meglio se orientati alle nuove tecnologie. Ma

soprattutto occorre fare le scelte giuste ed essere in grado di riuscire a cogliere in pieno i

nuovi stili comunicativi e le nuove piattaforme. Investire (bene) nel digitale ed essere in

22 I bilanci ufficiali dei gruppi editoriali presi in esame dal 2009 al 2013 https://docs.google.com/spreadsheets/d/1jqBKw9tf8cMYK34TEqdRVlWvNSzs_PNzctnx_urgslc/pubhtml

23 ibidem

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grado di monetizzare le visite sono solamente due dei pilastri che bisogna tenere sempre

ben saldi.

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2.2 – Giornalismo On-Line

"It's not broadcast. It's not print. It's not individual speech. It's

the internet. And it's not something that we only use for speech,

it's something we use for just about everything."

ALBERTO IBARGÜEN AD knight foundation

Il giornalismo in Rete è un tema che solo nell’ultimo decennio ha sviluppato un

ampio dibattito e delle profonde riflessioni sul futuro dell’informazione nel mondo

globalizzato. Internet ed il Cyberspazio, però, non sono tecnologie nate in questo secolo.

Da quel lontano 1984 in cui i computer collegati in rete erano un migliaio circa ad oggi,

anno 2016, sono più di 3 miliardi e 600 milioni gli utenti che utilizzano la rete.24 Tuttavia il

World Wide Web ha subito delle notevoli trasformazioni in un lasso di tempo

relativamente breve ed insieme a lui anche tutti i soggetti che lo utilizzavano.25 La stampa

(intesa come mondo Giornalistico in senso ampio) non fa di certo eccezione. Già negli anni

’90 le testate giornalistiche iniziano ad interagire con la rete replicando nel Web il formato

digitale del prodotto cartaceo. In questo periodo l’edizione On-line è la replica esatta dei

quotidiani e dei periodi disponibili in edicola.26 In questa Fase I (ne possiamo individuare

3) nascono i primi siti internet di informazione On-line di derivazione non cartacea:

tematici (sport, tecnologia, meteo), spesso legati ai portali e con una redazione minima ma

ad elevata quota di lanci e notizie di agenzia.27 Nei primi anni 2000 assistiamo alla Fase II,

nella quale i quotidiani cartacei ed i prodotti in rete restano sempre simili ma inizia un

24 (Dato assoluto non approssimato: 3,631,124,81) Dato aggiornato al 30 Giugno 2016. http://www.internetworldstats.com/stats.htm

25 Carlo Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri. Storia sociale del Ciberspazio e della Comunicazione Elettronica

26 http://www.slideshare.net/SitoH2/201406-social-new-media-in-italia 27 Ibidem

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progressivo distacco tra le due versioni: reazione simile dopo la nascita della televisione.28

In questo periodo, in cui avviene la vera e propria diffusione di massa delle connessioni, i

quotidiani on-line di derivazione cartacea iniziano a diventare un prodotto a sé stante:

aggiornamenti continui, diversa composizione dell’agenda e diverso risalto alle notizie.

Tuttavia l’interattività resta ancora limitata: l’unica Call To Action che possiamo trovare è

“manda a un amico via mail”.29 Possiamo individuare nella Fase III un cambiamento netto

dagli schemi del passato. Dal 2007 in poi, infatti, il prodotto On-line si distanzia

progressivamente dalla carta, grazie anche all’apertura dei Social Network che permettono

interazione e diffusione tra gli utenti. Anche a livello di funzionalità e ricchezza dei

formati si fanno enormi passi in avanti (ad esempio le photo gallery e i video). In questo

periodo nascono anche molte nuove testate che sono esclusivamente diffuse in rete e molto

connesse con i social. La sempre maggiore diffusione di smartphone permette alle testate

cartacee di fare un passo in avanti, anche se solo apparentemente è un ritorno alla Fase I:

l’utilizzo delle App permette una replica esatta dell’edizione cartacea su digitale. 30 La

futura (ed in parte in corso) Fase IV del giornalismo on-line sarà oggetto di discussione in

questa tesi negli ultimi capitoli dove verranno analizzati i nuovi modelli di business. In

questo capitolo tenteremo di costruire un’immagine del mondo del giornalismo digitale. In

questo paragrafo, più nello specifico, faremo un resoconto di quello che è il mondo del

giornalismo digitale ad oggi (anno 2016). Questo breve excursus storico è propedeutico per

la comprensione della complessità propria della rivoluzione informatica che stiamo

vivendo. In poco più di un decennio Internet e le nuove tecnologie hanno costretto tutti ad

un cambiamento molto veloce e decisamente radicale. Questa rincorsa al “nuovo” è stata

28 Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, dalle Gazzette a Internet, Il Mulino, 2006, Cap.12 Pag 301-308 29 http://www.datamediahub.it/2014/09/12/evoluzione-consumo-dinformazione-negli-ultimi-5-anni/#axzz4MfgsEPvN 30 Ibidem

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 19 -

tanto veloce quanto brutale. Se è vero che di passi in avanti se ne sono fatti molti su molti

aspetti, è vero anche che si è persa la strada per molti altri. Non è sufficiente essere On-

line: è necessario saper utilizzare i mezzi a nostra disposizione. A conferma delle mie

affermazioni vi è un interessante articolo di Alberto Puliafito dal titolo più che eloquente:

“il giornalismo non è morto. Ma cerca di suicidarsi online.”31 Quel che critica Puliafito è

“la spasmodica rincorsa all’ultimo click, le testate sul web tentano disperatamente di

attirare i lettori e gli utenti con strategie di breve o brevissimo periodo, senza più cercare

di fidelizzarli. È una gara ad accaparrarsi quanto più possibile, subito. Spesso con

pratiche – in particolar modo sui social network – che mettono a repentaglio l’immagine

stessa di una testata.”32

Un esempio eclatante fa comprendere al meglio la dimensione di questo grande

problema del giornalismo italiano On-line: la risposta de Il Messaggero ad un utente che si

lamentava (su Facebook) per l’ennesima condivisione acchiappa-click. «Questo non è Il

Messaggero. – Scrivono dalla redazione - Questa è la pagina Facebook del Messaggero.

[…] Se vuole solo news selezionate compri il giornale invece di informarsi su Facebook

che non è un giornale ma un social network». Le pagine Facebook delle varie testate

giornalistiche fanno parte, a tutti gli effetti, della testata stessa e le strategie comunicative

intraprese ne influenzano direttamente la reputazione del giornale. In parte è vero anche

quanto sostenuto dal Social Media Manager de Il Messaggero, i Social permettono di poter

dare tutte le notizie che si vuole liberi dai limiti di ingombro e numeri di pagine limitati.

31 Alberto Puliafito. Il giornalismo non è morto. ma cerca di suicidarsi online. 13/04/2015 http://www.albertopuliafito.it/giornalismo-online-morto-suicidarsi/ 32 ibidem

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 20 -

Ma l’immagine della testata è la stessa e i lettori anche. Se questi sono abituati ad un certo

tipo di qualità si aspetteranno di trovarla sia nella versione on line che su quella cartacea.33

La schizofrenia con cui ci si approccia alle differenti piattaforme comunicative

(vedi il caso de Il Messaggero) è una delle principali critiche che vengono mosse al

giornalismo italiano on line. Il fenomeno del Click Baiting sono due importanti argomenti

che meritano un paragrafo apposito. Quel che ci interessa capire ora è questo particolare

nuovo modello di business (on-line) e le sue implicazioni sulla qualità degli articoli. Il

modello economico cosiddetto Click Baiting viene descritto da Andrea Coccia in un suo

articolo su Linkiesta.it come “l’unico modello, o quasi, su cui puntano i giornali online in

questo momento e funziona più o meno così: da una parte ci sono gli investitori

pubblicitari che, trattando con i concessionari di pubblicità, pagano un tot ogni 1000

pagine viste (una cifra che è sintetizzata dalla sigla Cpm, costo per mille, e che si aggira

all’incirca tra uno e quattro euro); dall’altra ci sono i produttori di contenuti che in cerca

della sostenibilità economica del proprio lavoro hanno come primo obiettivo aumentare il

più possibile la quantità di pagine viste sulle proprie pagine.”34 L’altra faccia della

medaglia della continua rincorsa alla quantità di traffico è un progressivo peggioramento

della professione giornalistica:

–“notizie date appena possibile, senza verifica alcuna;

– il confine fra il vero e il falso diventa il verosimile. Se una storia è verosimile,

ormai, vale la pubblicazione. Poi al massimo si ritratta oppure la si fa cadere nel

dimenticatoio[…];

– notizie deformate dal titolo (che poi influenza tutto il resto)

33 http://framino.com/questo-non-e-il-messaggero/ 34 Andrea Coccia, Fenomenologia del “click baiting”, 29 Luglio 2014 http://www.linkiesta.it/it/article/2014/07/29/fenomenologia-del-click-baiting/22388/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 21 -

– titoli che deformano qualsiasi tipo di “studio” per trasformarlo in qualcosa di

“incredibile”, “sconvolgente”, “commovente”:

– eccesso di straordinarietà (e dunque normalizzazione della medesima. Se tutto è

straordinario, non lo è più nulla);

– danni progressivi e permanenti al pubblico, che progressivamente perde

l’abitudine all’approfondimento, in un circolo vizioso.”35

Il problema di non aver compreso le nuove dinamiche digitali non è solamente

italiano. Due grandi esempi ci fanno comprendere come gli editori abbiano tentato di

ostacolare il passaggio al digitale ed entrambi hanno come oggetto della discordia Google

News. Il servizio del colosso Californiano permette un’aggregazione delle notizie presenti

On-line per poi rimandare direttamente al sito che l’utente sceglie. Tale servizio è

completamente gratuito per gli editori e lo stesso Google non inserisce alcun tipo di

monetizzazione sulle proprie pagine di ricerca. Ma a detta di alcuni editori Google News

lucrerebbe sul materiale prodotto da altri. Fece scalpore il magnate dei media Rupert

Murdoch che nel 2009 accusò Google di furto e prese così la decisione di rinunciare alle

indicizzazioni delle proprie pagine sul motore di ricerca.36 Solo tre anni dopo fece marcia

indietro e dichiarò di aver perso il 30-40% del traffico.37 Nel 2014 invece fu la Spagna a

schierarsi contro Google News.38 In seguito alla legge varata dal parlamento spagnolo, che

autorizzava gli editori a chiedere a Google il pagamento di una royalty per la pubblicazione

anche di un solo estratto dei loro articoli, il Colosso Californiano decise di chiudere il

35 Alberto Puliafito. Il giornalismo non è morto. ma cerca di suicidarsi online. 13/04/2015 http://www.albertopuliafito.it/giornalismo-online-morto-suicidarsi/ 36Bruno Saetta; Google News, la Google tax e la retromarcia di Murdoch; 01 Ottobre 2012

http://brunosaetta.it/internet/google-news-la-google-tax-e-la-retromarcia-di-murdoch.html 37 Bruno Saetta, L’incomprensibile guerra degli editori a Google News, 8 Novembre 2014

http://www.valigiablu.it/lincomprensibile-guerra-degli-editori-a-google-news/ 38 Leonid Bershidsky, Why Spain's Google Tax Is Doomed, 4 Novembre 2014

https://www.bloomberg.com/view/articles/2014-11-04/why-spain-s-google-tax-is-doomed

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 22 -

servizio dal 16 Dicembre 2014.39In Belgio tramite la sentenza di un giudice nel 2006 che

accolse il ricorso degli editori contro Google, ll colosso californiano venne condannato al

pagamento di una tassa per il servizio di aggregazione delle notizie. Nel 2013 in Germania

gli editori ottennero dal Governo la Leistungsschutzrecht, più comunemente nota come

Link Tax o Google Tax. La nuova legge tedesca obbligava Google al pagamento per

l’utilizzo dei link degli altri siti internet di informazione. In ognuno di questi casi Google

chiuse completamente il proprio servizio Google News. Anche il risultato di tale manovra

è stato per tutti i Paesi lo stesso: gli editori che tornavano sui propri passi dopo un netto

calo del proprio traffico web e riconoscendo l’utilità dei servizi di Google per ampliare la

propria fetta di pubblico.

È utile, al fine di comprendere il mondo del giornalismo digitale, fare un’analisi

quantitativa (oltre all’analisi qualitativa appena fatta), dello scenario delle News On-line.

Abbiamo visto nel primo paragrafo [Figura 2] come la dieta mediatica, in rete, degli

italiani si sia concentrata sui siti specializzati (dal 2011 al 2015 +11%) a discapito di siti

d’informazione generali (dal 2011 al 2015 -9%) e dei grandi quotidiani generalisti (dal

2011 al 2015 +5%). Questi dati confermano che Internet si stia rivelando come il luogo

dove ci si reca principalmente per approfondire i temi del dibattito pubblico e non solo a

scopo ricreativo cadendo sugli articoli acchiappa click. Ad ogni modo, secondo il Digital

News Report 2016, l’Italia è tra i paesi con il più alto tasso di gradimento per quelle che

sono le Soft News (21% contro il 63% di utenti interessati alle notizie cosiddette Hard).

Tra gli utenti che dichiarano che la loro principale fonte di informazione è Facebook solo il

7% è interessato a tematiche di approfondimento politico o a quelle che vengono chiamate

39 Richard Gingras, An update on Google News in Spain, 11 Dicembre 2014 https://europe.googleblog.com/2014/12/an-update-on-google-news-in-spain.html

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 23 -

Hard news mentre il 20% è interessato alle notizie di tipo Soft.40 Un altro dato che può

risultare interessante al fine di comprendere il peso delle diverse piattaforme digitali sulle

conversioni in lettori sui siti di Web News ci viene fornito sempre dal Digital News Report

2016. Su scala Internazionale la metà del campione (51%) dichiara di utilizzare i social

media come fonte di notizie ogni settimana. Circa uno su dieci (12%) dice che è la sua

fonte principale. Facebook è di gran lunga il più importante network di notizie. Ma se

analizziamo i dati nel dettaglio scopriamo che i lettori Italiani atterrano sui siti web delle

testate On-Line principalmente tramite parole chiave inserite sui motori di ricerca, 54%

(percentuale in assoluto più elevata tra tutti i paesi analizzati nella ricerca). Sempre in

Italia, il 36% del traffico web sui siti di news è generato dai Social Media che

rappresentano un importante canale d’accesso alle news considerando che soltanto il 22%

d’accessi è generato dall’atterraggio diretto nelle Home (peggio dell’Italia soltanto il

Giappone con il 12%)41.

Per quanto riguarda la monetizzazione delle visite, ricoprono un ruolo importante

per le tasche degli editori le pubblicità su video che rappresentano un quarto degli introiti

pubblicitari totali. Questo dato è emerso dall’incontro “IAB Seminar Video Advertising: tra

storytelling, creatività e innovazione”, tenutosi il 18 ottobre 2016 a Milano. “Il video

advertising, che nel 2015 valeva 364 milioni di euro e il 21% di peso sul totale

investimenti con un incremento del 25% rispetto all’anno precedente, chiuderà quest’anno

con una crescita ancora più incisiva, che potrebbe superare il 30% rispetto al 2015 e che

40 Digital News Report - Distinctions between Hard and Soft News, Reuters Institute for the study of Journalism – University of Oxford URL http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/hard-soft-news-2016/

41 Digital news Report 2016 - How Audiences Discover News Online, Reuters Institute for the study of Journalism – University of Oxford http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/how-audiences-discover-news-online-2016/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 24 -

rappresenterà un quarto del totale advertising online.”42 In termini più generali la

pubblicità On-Line per i quotidiani sta lentamente aumentando e con l’incremento delle

visualizzazioni crescono anche gli introiti per gli editori: dalla rete arriva il 25% degli

incassi pubblicitari.43 Ma vi son anche tipi di monetizzazione delle visite di tipo diretto,

oltre alle campagne Pay Per Click, come ad esempio abbonamenti digitali, Paywall, News

Letter di settore. Secondo il campione intervistato per il Digital News Report 2016, alla

domanda “Avete pagato per i contenuti di notizie online o per l'accesso ad un servizio di

notizie online nel corso dell'ultimo anno?”44, il 16% ha risposto si. [Vedi Figura 5] Una

percentuale che colloca il nostro Paese al quarto posto dopo Norvegia (27%), Polonia e

Svezia (entrambi al 20%).45 Nonostante la percentuale elevata in Italia la spesa per le News

in termini assoluti è molto basso. Alla domanda “Quanto avete pagato per i contenuti news

online?” i risultati dell’indagine in Italia ha portato ad una media di spesa che si aggira

intorno 28 Sterline, un valore che colloca il nostro Paese all’undicesimo posto tra i paesi

presi in esame [Vedi Figura 6]. Questo dato, che va assolutamente interpretato anche in

base a quello che è il costo della vita in ogni singolo paese, ci suggerisce che le News in

Italia sono abbastanza economiche rispetto alla media Internazionale.46

Una buona notizia nell’ambito del passaggio dal cartaceo al digitale viene

direttamente dal Governo italiano che in un comunicato stampa del 24 Marzo 2017

42 F.Me, Pubblicità online, un quarto della torta arriva dai video, 18 Ottobre 2016 http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/44024_pubblicita-online-un-quarto-della-torta-arriva-dai-video.htm

43 Claudio Giua, La rivincita dei giornali. "Record di nuovi lettori conquistati sul web", 16 Giugno

2016 http://www.repubblica.it/cultura/2016/06/16/news/report_informazione_giornali_web-142120407/?ref=HREC1-24

44 Have you paid for ONLINE news content, or accessed a paid-for ONLINE news service in the last year?

45 Digital news Report 2016 - Paying for Online, News Reuters Institute for the study of Journalism – University of Oxford http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/paying-for-online-news-2016/

46 ibidem

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 25 -

annuncia novità per quanto riguarda i fondi diretti all’editoria47. Il Consiglio dei ministri,

su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro per lo sport con delega

all’editoria Luca Lotti, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che,

garantirebbe un cambiamento nell’assegnazione dei fondi diretti legati all’editoria. Nei

nuovi criteri per l’accesso a questi fondi vi è un nuovo parametro inserito appositamente

per favorire il passaggio dalle edizioni cartacee a quelle digitali. “Per quanto riguarda i

criteri di calcolo dei contributi, come nell’attuale sistema, i contributi sono calcolati in

parte come rimborso di costi e in parte in base al numero di copie vendute. Vengono

riconosciuti in percentuale più alta i costi connessi all’edizione digitale, al fine di

sostenere la transizione dalla carta al web. Si prevedono parametri diversi a seconda del

numero di copie vendute e si introduce un limite massimo al contributo, che non potrà in

ogni caso superare il 50% dei ricavi conseguiti nell’anno di riferimento.48” Questa novità

tuttavia, non sarà diretta ai grandi gruppi editoriali che abbiamo preso in esame in questo

capitolo. Infatti i nuovi fondi diretti non saranno più concessi a tutti i gruppi editoriali che

sono quotati in borsa, a tutti i giornali di partito e a quelli legati a movimenti politici. Un

aiuto, quello del Governo, che è diretto a tutte quelle testate che effettivamente non

riescono a far fronte, per via delle loro dimensioni, ai costi legati all’innovazione

tecnologica in atto. Alle grandi testate rimarranno tuttavia i fondi Indiretti, ovvero quei

soldi stanziati per rimborso spese per l’acquisto di carta (ad esempio). Una voce di spesa

che pian piano si ridurrà sempre di più.

In questo primo capitolo abbiamo solamente accennato a quelle che possono essere

le potenzialità e le criticità del mondo digitale. Nonostante la situazione in Italia, dove il

47 Consiglio dei Ministri, Comunicato Stampa n. 20, 24 marzo 2017, http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n20/7028

48 ibidem

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 26 -

mondo delle News Online sta ancora sperimentando e cercando di capire quali siano le

strade percorribili, questi ultimi dati sulla monetizzazione ci fanno intravedere “la luce in

fondo al tunnel” della crisi dell’editoria. Ovvero dei nuovi modelli di fruibilità delle

notizie, che chiaramente comportano nuovi modelli di business per rendere sostenibile il

lavoro di informazione e documentazione. Utilizzando le parole di Alberto Puliafito “Il

digitale offre enormi opportunità che vanno analizzate, studiate, capite e messe in pratica.

Ma non si pensi di poterlo fare negando la situazione di crisi, il cambio radicale di

paradigmi e contesti e l’impossibilità di continuare a fare come si è sempre fatto”.49 Per

questo motivo i prossimi capitoli della tesi saranno orientati alla comprensione delle

diverse piattaforme digitali: la loro natura, i loro linguaggi e le loro priorità. Al fine di

comprendere quale sia il modo migliore, per una testata giornalistica e per un giornalista,

di stare al loro interno sfruttando tutte le funzioni che permetterebbero di creare contenuti

49 Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. Roma 2016. Pag. 11

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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di qualità ed una maggiore fidelizzazione dei lettori ai propri contenuti.

Figura 5

Figura 6

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 28 -

2 – La nuova professione, il Content Management

2.1 La verifica delle fonti

"If your mother says she loves you, check it out."

Arnold Dornfeld

All’interno della rivoluzione digitale che stiamo vivendo c’è una piccola

rivoluzione che cresce al suo interno: lo Smartophone. “Piccola” potrebbe anche suonare

come un eufemismo. Il mondo degli Smartphone e quindi dell’accesso alla rete in ogni

momento e in ogni luogo favorisce quello che è il sovraccarico di informazioni, il

cosiddetto Overload informativo, al quale ogni singolo utente è sottoposto. Se da un lato

essere sempre connessi migliora la nostra informazione e arricchisce di strumenti utili nella

vita di tutti i giorni, dall’altra i troppi stimoli informativi ci rendono meno attenti e più

confusi riguardo a ciò che accade intorno a noi o nel resto del mondo. Questa nuova

tecnologia non solo trasforma ognuno di noi in un fruitore di notizie in ogni singolo

momento della giornata, ma ci rende tutti dei Newsmaker. All’interno delle nostre tasche

c’è tutto l’occorrente per documentare il presente e comunicarlo a tutto il mondo. In soli 60

secondi nel web vengono caricati 400 video su Youtube, 3,3 milioni di post su Facebook,

più di 420 mila Tweet, poco più di 1200 articoli in Wordpress e 55 mila foto vengono

postate su Instagram [Vedi Figura 7]. Grazie a questi numeri possiamo avere

un’impressione di quale sia la dimensione dell’Overload informativo e di quanto sia

complesso per chiunque, singolo utente o giornalista che sia, fare ordine in questo vero e

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 29 -

proprio caos. Eric Newton, presidente della John S. and James L. Knight Foundation, ha

creato un progetto multimediale dal nome molto evocativo: Searchlights & Sunglasses50.

Figura 751

Se un tempo occorreva ingegnarsi per trovare l’informazione che cercavamo (la

luce), oggi per via dell’Overload informativo occorrono gli occhiali da sole per evitare di

essere accecati dai troppi contenuti che ogni giorno vengono creati. Lo scenario qui

descritto rappresenta al tempo stesso, per il giornalista, sia una problematicità che una

50 Eric Newton, Searchlights & Sunglasses, http://searchlightsandsunglasses.org/

51 Robert Allen, What happens online in 60 seconds?, 11 Agosto 2016, http://www.smartinsights.com/internet-marketing-statistics/happens-online-60-seconds/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 30 -

potenziale opportunità. Le potenzialità del caos sono ben spiegate dal documento già citato

nel primo capitolo di questa tesi “Post-Industrial Journalism: Adapting to the Present”. Il

documento a cura di C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky recita:“Con l’avvento dei

social media, di Twitter come newswire, del giornalismo partecipativo…etc, i giornalisti

non sono stati rimpiazzati ma riallocati ad un livello superiore della catena editoriale,

passando dalla produzione iniziale di osservazione della realtà a quella che pone

l’accento sulla verifica e l’interpretazione, dando un senso al flusso di testi, audio, foto e

video prodotti dal pubblico.”52 In parole povere e riprendendo l’analogia di Eric Newton,

il giornalismo ed il giornalista sono gli occhiali da sole dei lettori e tramite il loro lavoro, di

fatto, riordinano il caos esistente nel mondo dell’informazione digitale. Per riuscire in

questo lavoro però vi è, come già accennato, una problematicità importante, ovvero: il

giornalista, prima di essere tale è un utente, un lettore, un fruitore d’informazione come

tutti. È quindi fondamentale per il professionista dell’informazione riuscire a non fare

confusione nella raccolta di notizie, riuscire a gestire l’Overload, saperlo verificare e poi

restituirlo ai suoi lettori. Un lavoro che viene reso sempre più difficile oltre che dalla

quantità di dati presenti in rete, anche dalla qualità di quest’ultimi. Infatti cresce sempre di

più il numero di siti internet e profili social che creano “bufale”, molte delle quali

divengono talmente virali nei social che finiscono per essere percepite dall’opinione

pubblica come reali. È il caso della CNN che, per errore, trasmette un filmato pornografico

per 30 minuti al posto della sua normale programmazione. La notizia (falsa) è stata creata

il 24 Novembre 2016 da un singolo utente tramite un Tweet e presa immediatamente per

vera dalla testata Indipendent che l’ha pubblicata sul proprio portale. Da qui la Bufala è

diventata virale in pochissimo tempo, tanto da costringere la stessa CNN a porgere, in un

52 Pier Luca Santoro, Giornalismo Post Industriale, http://www.datamediahub.it/2012/11/28/giornalismo-post-industriale/#axzz4PiHc7epE

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 31 -

primo momento ed in via preventiva, le proprie scuse ai telespettatori dicendo inoltre che

stavano cercando di risolvere il problema che aveva portato alla sospensione della normale

programmazione.53

Il tema ed il dibattito sulle fake-news è più attuale che mai. Si pensi che negli Stati

Uniti nei tre mesi che precedevano il voto presidenziale tra Hillary Clinton e Donald

Trump, le 20 fake-news più virali hanno creato più engagement delle 20 notizie (vere) più

performanti prodotte dai principali quotidiani statunitensi.54 Anche in Italia il fenomeno

delle Bufale on-line sta assumendo sempre più alti livelli di criticità. Nei due mesi

precedenti il voto referendario del 4 Dicembre la notizia con una maggiore diffusione era

una bufala: il presunto ritrovamento, in un inesistente paese di “Rignano sul Membro”, di

500.000 schede elettorali con il SI già segnato. Ma non è neanche un caso isolato, infatti

tra le prime 10 notizie sul referendum più virali ben 5 sono delle fake-news.55 Diventa

quindi sempre più cruciale il tema centrale di questo capito. Oltre ad essere una pietra

miliare della deontologia di questo mestiere, il fact-cheking diviene la ragione d’essere del

giornalismo 2.0 o post-industriale che dir si voglia, soprattutto in un mondo

dell’informazione dove il giornalista viene confermato come filtro tra realtà e finzione o

come riorganizzatore del caos prodotto dalla rete.

53 Justin Carissimo, CNN denies airing 30 minutes of hardcore porn, New York, 25/11/2016 http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/tv/news/cnn-accidentally-airs-30-minutes-of-non-stop-hardcore-porn-a7439371.html

54 Craig Silverman, This Analysis Shows How Fake Election News Stories Outperformed Real News On Facebook, 16/11/2016 https://www.buzzfeed.com/craigsilverman/viral-fake-election-news-outperformed-real-news-on-facebook?utm_term=.blr3Oy7bBD#.ci6XaLopbN

55 Pagella Politica e AGI, La notizia più condivisa sul referendum? È una bufala, https://pagellapolitica.it/blog/show/148/la-notizia-pi%C3%B9-condivisa-sul-referendum-%C3%A8-una-bufala

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 32 -

Se negli Stati Uniti la fake-news sulla CNN è stata prontamente aggiornata sul sito

dell’Indipendent56, in Italia ci sono ancora casi di “errori” editoriali non seguiti dalla buona

pratica dell’ “errata corrige”. Un esempio per tutti è quello de L’Unità che pubblica il

video elettorale di Berlusconi “meno male che Silvio c’è” sostenendo che una delle

comparse fosse Virginia Raggi, candidata a sindaco di Roma per il Movimento 5 Stelle. La

notizia priva di fondamento viene prontamente smentita dalla stessa Raggi, ed invece di

scatenarsi il dibattito politico, vi è stato (tempo verbale) un acceso dibattito nel mondo del

giornalismo. Infatti la questione venne riaccesa da un’intervista rilasciata dal direttore de

L’Unità, Erasmo D’Angelis, al Corriere della Sera: “Non avete pensato ad una rettifica

quando la Raggi vi ha smentito? «No, perché non è un’operazione politica, ma è

giornalismo 2.0». Vuol dire che non si fanno più verifiche? «Voglio dire che la

comunicazione social punta molto sulla quantità e sulla velocità. Sono sicuro che anche il

Corriere.it avrebbe caricato il video». Ma lei non crede che potevate controllare? «La

somiglianza è oggettiva e i social pieni di “smanettoni” che segnalano foto e video.

Questo è accaduto». Ha richiamato il responsabile del suo sito? «No, perché ha fatto bene

a pubblicare quel video». Ha fatto bene a pubblicare una «bufala»? «Il web ha modificato

profondamente il giornalismo, sui siti e sui social gira di tutto».”57 In parte è vero, “il web

ha modificato profondamente il giornalismo”, ma è altrettanto vero che questo nuovo

sistema digitale non sospende l’etica deontologica della professione. A correre in soccorso

del professionista dell’informazione vi è un manuale che ultimamente è stato tradotto in

56 Si può notare la differenza tra il titolo contenuto nell’URL dell’articolo http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/tv/news/cnn-accidentally-airs-30-minutes-of-non-stop-

hardcore-porn-a7439371.html ed il contenuto dell’articolo stesso. L’indirizzo URL viene creato con il titolo originale con il quale viene pubblicato l’articolo. Se si apre il link si troverà tutt’altro contenuto ed un diverso titolo: “CNN denies airing 30 minutes of hardcore porn”. Segno che contenuto e titolo sono stati corretti una volta che nella redazione si sono accorti dell’errore.

57 Maria Rosaria Spadaccino, Unità, il direttore ammette: «Raggi non era nel video con Berlusconi», 16 Aprile 2016, http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_aprile_16/unita-direttore-ammette-raggi-non-era-video-berlusconi-7aa78170-0405-11e6-b48d-5f404ca1fec7.shtml

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 33 -

lingua Italiana ed è disponibile on-line in versione completamente gratuita: il “Verification

Handbook, la guida definitiva alla verifica dei contenuti digitali per coprire le

emergenze”58. È durante le emergenze infatti, che è più difficile riuscire a svolgere il

lavoro del giornalista (in questa parte del lavoro è inteso come riordinatore del caos

nell’overload informativo). Nella straordinarietà dell’evento è difficile, ad esempio, avere

inviati sul luogo di un attentato nei minuti successivi all’accaduto. Diventa tuttavia

indispensabile riuscire a coprire l’evento per poter raccontare eventuali operazioni di

soccorso o la caccia delle autorità ai responsabili. Per questo le testate giornalistiche si

affidano, almeno nelle prime ore dall’evento, alle segnalazioni o al materiale che i singoli

cittadini pubblicano on-line. È fondamentale in questi casi non farsi prendere dall’euforia

dell’aver trovato il materiale giusto al momento giusto e quindi pubblicarlo il più in fretta

possibile cercando di anticipare i propri competitor. “Quando un giornalista o un

operatore umanitario trova certe notizie o contenuti sui social media, oppure gli vengono

recapitati via email, deve impegnarsi a identificare quattro elementi primari:

1. Provenienza: trattasi di materiale originale?

2. Fonte: chi lo ha caricato?

3. Data: quando è stato creato?

4. Luogo: dove è stato creato?”59

In questi casi è opportuno risalire alla fonte e controllare il profilo che ha pubblicato il

materiale che si vuole utilizzare. Se abbiamo trovato lo screenshot di un tweet è opportuno

controllare direttamente il profilo che lo ha creato per assicurarci che quello non sia un

falso. Per rispondere alla seconda domanda “chi lo ha caricato?” nel caso di un profilo

58 http://verificationhandbook.com/book_it/ 59 Verification Handbook, cap.3 Verificare i contenuti prodotti dagli utenti.

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 34 -

appartenete ad una persona famosa è sufficiente controllare le spunte di verifica

dell’identità che social come Twitter e Facebook mettono a disposizione. Ad ogni modo

all’interno del Verification Handbok si consiglia sempre di contattare direttamente l’utente

interessato per rivolgergli domande dirette: “Più le risposte sono vaghe, più bisogna

prendere con le pinze quanto racconta la fonte.”60

Raccontare un storia tramite immagini è da sempre il modo efficace per ottenere

attenzione e per dare al lettore una visione reale dell’accaduto. Tuttavia nell’era del Video

Editing e di Photoshop questo escamotage narrativo diviene sempre più un’arma a doppio

taglio per chi fa informazione. L’immagine giusta al momento giusto può veramente

deviare gran parte del traffico sul proprio portale, ma pubblicarla troppo velocemente,

magari presi dall’euforia di poter battere la concorrenza sul tempo può portare a grandi

errori di merito di fronte ai propri lettori. Un esempio per tutti è il caso dell’immagine (un

60 Verification Handbook, Cap. 4 Url http://verificationhandbook.com/book_it/chapter4.php

Figura 8

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 35 -

selfie) che si sarebbe scattato uno degli attentatori di Parigi del 13 novembre 2015 [Vedi

figura 8].

L’immagine di sinistra è la foto che SkyTg 24 ha pubblicato per vera senza le

dovute verifiche. Immediatamente è stata ripresa da molti media e siti di informazione

prendendola per vera proprio perché a pubblicarla è stato un media autorevole come SkyTg

24. Come è possibile notare la foto è stata in realtà modificata con un programma di

grafica, quello che in realtà è un programmatore che si scatta una foto allo specchio con il

proprio tablet diviene un attentatore con in mano il Corano. Vi sono molti modi per

verificare la veridicità di una foto, oltre al contatto diretto come già spiegato. Innanzi tutto

è possibile provarne la veridicità attraverso Google Images o TinEye61. Su entrambi i

portali è possibile o caricare la foto o inserire l’URL relativo per vedere se vi sono foto

“visibilmente simili” caricate nel web nei giorni o negli anni precedenti e quindi riciclata

per un evento attuale o relativo ad un’altra data.62 Il caso del falso attentatore e di SkyTg

24 è una bufala che poteva essere sfatata facilmente con un semplice software:

Fotoforensic63. Questo programma, facilmente accessibile anche online, utilizza l’error

level analysis (ELA) per riconoscere eventuali modifiche artificiali effettuate su di una

foto. Questo strumento non solo ci dice se l’immagine è stata modificata o meno ma ci

segnala anche in quali punti è stata alterata. Un altro metodo per controllare data e ora è

quello di estrapolare da una foto, un video o un file audio i Exchangeable Image File

(EXIF). Comunemente chiamati Meta-informazioni, questi dati ci forniscono tutto quello

che vogliamo sapere sull’origine di un file multimediale: dall’apparecchio che lo ha creato,

61 http://tineye.com/ 62 Andrea Coccia (Traduzione italiana), 6 strumenti per riconoscere le bufale online, Articolo di Pete

Brown, co-founder di Eyewitness Media Hub, pubblicato originalmente in inglese su The Conversation. (Six easy ways to tell if that viral story is a hoax), 2 Ottobre 2015 http://www.slow-news.com/2015/10/6-strumenti-per-riconoscere-bufale-online/

63 http://fotoforensics.com/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 36 -

passando per data, orario fino all’esatta ubicazione geografica. Questi dati però sono inutili

se le immagini o i video che dobbiamo controllare provengono da Facebook, Twitter o

Instagram. Questi social, infatti eliminano i dati Exif dai file caricati, mentre altre

piattaforme come Whatsapp o Flickr mantengono i dati originali.64 Anche per questo tipo

di verifica gli strumenti sono online, uno per tutti è Jeffrey’s Exif Viewer.65 Un altro

escamotage di verifica di un filmato o di una foto è quello del controllo climatico. Wolfram

Alpha66 è un servizio online che tramite domande specifiche (formulate in lingua inglese)

ci può rivelare le condizioni climatiche in un determinato luogo in dato giorno ed orario.

Un ultimo strumento utile che riguarda solo la verifica delle fonti video è Youtube

Dataviewer67. Questo servizio, a cura di Amnesty International, e molto efficace

nell’estrapolazione delle informazioni dai file video. Dataviewer è in grado di risalire alla

data di Upload ed in più separa le immagini thumbnail68 associate. In questo modo è

possibile effettuare un doppio controllo: tramite la data possiamo risalire alla versione del

video originale e quindi alla sua prima data di caricamento; le immagini thumbnail nel

frattempo ci forniscono informazioni su gli altri usi di questo video, se determinati

fotogrammi sono stati utilizzati in altri contesti per raccontare, magari, altre storie in altri

luoghi.

I 5 strumenti qui elencati sono solo alcuni dei tools che un giornalista può usare per

la verifica di una fonte, tra i tanti esistenti rappresentano i più semplici da utilizzare e

disponibili a chiunque in versione gratuita. La verifica di una fonte proveniente dal web è

64 Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. 2016. Pag. 61

65 http://regex.info/exif.cgi 66 http://www.wolframalpha.com/ 67 http://www.amnestyusa.org/citizenevidence/ 68 Letteralmente “miniatura”, le immagini thumbnail in un video sono i fotogrammi che ne

presentano l’anteprima.

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 37 -

tuttavia un’operazione che via via si fa sempre più complessa man mano che gli strumenti

di modifica immagini/video si fanno più completi ed elaborati. Ad ogni modo la

professione giornalistica nell’era del web 2.0 non cambia nei fatti. La verifica delle fonti è

sempre stata una pietra miliare per questa professione e con l’entrata del digitale si fa

“solamente” più articolata e complessa. Torna quindi molto utile il sopracitato Verification

Handbook. Questo manuale redatto da giornalisti esperti è disponibile in una larga varietà

di lingue e contiene al suo interno tutte le giuste norme di comportamento per la verifica di

un’informazione digitale. Una volta che si prende dimestichezza con questi strumenti e si

riesce ad organizzarli in un protocollo d’azioni facile, efficace e veloce, il processo di fact

checking diviene naturale e parte integrante della redazione di un articolo. È giusto

ricordare che errare è umano e quindi, se una volta svolto il processo di verifica si cade

comunque sia nel tranello di una Bufala, è “sufficiente” scusarsi con i propri lettori,

ammettere l’errore e porvi rimedio.

Il fenomeno sempre più diffuso delle Fake News e dalla disinformazione a mezzo

internet sono oggi al centro di un complesso dibattito pubblico. Da questo fenomeno è

anche nato il neologismo “post-verità” che è addirittura stato eletto dall’Oxford Dictionary

come “parola dell’anno 2016”69. Ad intervenire sull’argomento vi è anche l’Accademia

della Crusca, che spiega e giustifica la scelta del dizionario inglese: “La post-verità, infatti,

sembra davvero permeare a fondo la società contemporanea, se una falsa notizia sui soldi

spesi dalla Gran Bretagna per l’Europa (dato verificabile) può spostare in parte il voto

sulla sua adesione alla UE; o se mettere in dubbio il luogo di nascita di un cittadino

americano (dato verificabile) può influenzare l’elezione del presidente degli Stati Uniti

[…]. L’impatto del concetto veicolato da questa parola sulla società del nostro tempo è

69 Oxford Dictionary, Word of year 2016: Post-Truth, https://en.oxforddictionaries.com/word-of-the-year/word-of-the-year-2016

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 38 -

quindi decisamente di larga scala e coinvolge sia i micro che i macrocosmi70.” Gli effetti

sociali, politici ed economici del fenomeno qui in esame possono assumere livelli di

criticità rilevanti se non contrastati efficacemente. Secondo il Guardian c’è chi riesce a

guadagnare fino a 10mila dollari al mese con il business delle Fake-News71. Il caso della

cittadina macedone di Veles (popolazione 45.000) è l’esempio più esaustivo di questo

fenomeno. I giovani del luogo hanno lanciato sul web americano circa 140 siti internet

dedicati alla politica statunitense durante il periodo delle elezioni tra Trump e Clinton.

Questo caso è stato scoperto da BuzzFeed che ha riportato anche le cifre di questo

fortunato business. La giusta Fake News in Macedonia vale fino a 5mila dollari al mese,

tutti soldi che vengono erogati da Google grazie ai servizi pubblicitari che chiunque può

inserire sul proprio sito72. Cifre talmente elevate che ci fanno rendere conto di quanto sarà

difficile far desistere chi, in questi anni, si è di fatto arricchito con questo modello

comunicativo. Nel frattempo sia Google che Facebook hanno dichiarato guerra alla post-

verità tagliando i fondi pubblicitari a tutti i siti internet e alle pagine che si muovono in

questa direzione73. Una dichiarazione di intenti che trova il suo fondamento anche in altre

iniziative messe in campo dai due colossi di Internet. Google News ha creato un apposito

Tag che accompagna i link delle notizie al fine di segnalare la veridicità delle affermazioni

in esso contenuto74. Questo processo, chiamato “Claim Review”, è attualmente in

70 Marco Biffi, Viviamo nell'epoca della post-verità?, 25 Novembre 2016, http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/viviamo-nellepoca-post-verit

71 Abby Ohlheiser, This is how Facebook’s fake-news writers make money, 18 Novembre 2016 https://www.washingtonpost.com/news/the-intersect/wp/2016/11/18/this-is-how-the-internets-fake-news-writers-make-money/?tid=a_inl&utm_term=.357890aa4ecd

72 Craig Silverman e Lawrence Alexander, How Teens In The Balkans Are Duping Trump Supporters With Fake News, 4 Novembre 2016, https://www.buzzfeed.com/craigsilverman/how-macedonia-became-a-global-hub-for-pro-trump-misinfo?utm_term=.lrlR9onO9#.so67zyG1z

73 Julia Love and Kristina Cooke, Google, Facebook move to restrict ads on fake news sites, 15 Novembre 2016, http://www.reuters.com/article/us-alphabet-advertising-idUSKBN1392MM

74 Richard Gingras, Labeling fact-check articles in Google News, 13 Ottobre 2016, https://blog.google/topics/journalism-news/labeling-fact-check-articles-google-news/amp/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 39 -

sperimentazione nei soli Stati Uniti e prossimamente dovrebbe arrivare anche nel vecchio

continente.

Più complessa, invece, è la posizione che ha preso Facebook per contrastare il

fenomeno delle Bufale. Il colosso di Menlo Park ha dichiarato di volersi impegnare

direttamente nel giornalismo, diventando così una media company a tutti gli effetti, per

poter scendere in campo attivamente per ripristinare la verità all’interno della propria

piattaforma75. Una notizia che, come vedremo dal prossimo paragrafo, non migliora i

rapporti già complessi tra il Social Network più utilizzato al mondo e gli editori. Tutto

“merito” di un fenomeno che è diventato socialmente rilevante a causa di Facebook stesso

e di un giornalismo, che spesso, ha preso sotto gamba la propria responsabilità sulla post-

verità.

75 Fidji Simo, Svolta Facebook, adesso si impegna nel giornalismo, 11 Gennaio 2017,

http://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2017/01/11/news/svolta_facebook_adesso_si_impegna_nel_giornalismo-155835009/?ref=search

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 40 -

2.2 - Social Network

“Facebook isn’t your enemy,

but it’s not your friend either”

Mathew Ingram

I Social Network rappresentano la grande novità in questa rivoluzione

dell’informazione. Nati negli ultimi anni del ‘900, hanno conosciuto nei primi anni del

2000 l’inizio della loro grande ascesa. Nel 2004 il termine social network viene identificato

con il logo ed il nome del neo nato Facebook. Il perché è presto detto: la piattaforma di

Mark Zuckerberg conta ad oggi 1,65 Miliardi di utenti attivi ogni mese, contro i 320

Milioni di Twitter e i 600 di Instagram76. Come abbiamo precedentemente, i portali social

portano ai siti internet d’informazione il 36% del traffico totale ed il solo Facebook

rappresenta la principale fonte d’informazione dei Millenials77 per quanto riguarda le news.

Secondo il 12° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione78, tra le prime cinque fonti

d’informazione utilizzate dai giovani in Italia troviamo “al primo posto Facebook come

strumento per informarsi (71,1%), al secondo posto Google (68,7%) e solo al terzo posto

compaiono i telegiornali (68,5%), con YouTube che non si posiziona a una grande

distanza (53,6%) e comunque viene prima dei giornali radio (48,8%), tallonati a loro volta

dalle app per smartphone (46,8%)”. Diventa quindi indispensabile per tutti i newsbrand

essere sui social network, ma soprattutto, saperli usare bene. Come vedremo nel corso di

questo paragrafo, ogni piattaforma ha il suo stile comunicativo e un proprio algoritmo che

da più o meno risalto a questo o all’altro tipo di informazione. Mi soffermerò

76 Free Social Media Statistics, https://www.socialbakers.com/statistics/?interval=last-3-months#chart-intervals

77 Generazione di utenti nati tra il 1980 ed il 2000 78 12° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, Roma, 26 marzo 2015,

http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121009

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 41 -

principalmente sulla piattaforma più usata e più redditizia di tutte: Facebook. L’esigenza di

parlare di giornalismo e mondo social nasce principalmente da una ricerca79 condotta

dall’Inma, l’International News Media Association: “The Facebook media-relationship

status, it’s complicated”. La ricerca è un sondaggio effettuato intervistando 37 dirigenti di

testate giornalistiche web europee e statunitensi e ci mostra come la percezione di

Facebook e delle sue eventuali potenzialità sia discontinua e contraddittoria. Per l’81%

degli intervistati la ragione principale per utilizzare questo particolare social è per

aumentare l’engagement e ampliare il pubblico sul proprio sito internet, tra questi il 79%

dice di essere soddisfatto dalle modifiche messe in campo dalla piattaforma per aiutarli nel

loro lavoro. Le note dolenti arrivano quando si parla delle modalità con cui Facebook

comunica le sue modifiche alla piattaforma o all’algoritmo, con il 68% del campione degli

intervistati che non si ritiene soddisfatto. Quel che viene lamentato in questo caso è lo

stravolgimento dei propri contenuti editoriali in seguito alle correzioni dell’algoritmo del

Social Network. L’algoritmo di Facebook è la formula matematica, il codice di

programmazione, che gestisce ciò che possiamo o non possiamo vedere sulla News Feed,

ovvero sulla pagina principale del social dove è possibile trovare le notizie generate dai

nostri contatti o dalle pagine a cui abbiamo messo il Like. Questo codice è stato battezzato

con il nome di EdgeRank dallo stesso Facebook e reso pubblico nel 2010. Ma il colosso di

Menlo Park apporta spesso delle modifiche penalizzando un tipo di contenuto o per

favorirne un altro. È un cambiamento che chiunque abbia un profilo Facebook può

percepire, come ad esempio la presenza di molti più video sulla nostra Home oppure

l’introduzione dei Live Streaming o le Gif animate. Più avanti in questo paragrafo vedremo

come tutto ciò può penalizzare un editore.

79 Inma, l’International News Media Association; The Facebook media-relationship status, it’s complicated; 27 Settembre 2016 https://inma.org/report-detail.cfm?pubid=189

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 42 -

Per quanto riguarda il lato economico della ricerca dell’INMA, mentre il 41% dice

che è importante generare ricavi con Facebook, il 57% non si ritiene soddisfatto delle

modalità con cui questi ricavi vengono generati.

“Per gli editori, Facebook è il proverbiale gorilla di 800 chili nella stanza.80” È il

commento di Pier Luca Santoro ai risultati del sondaggio Inma e continua affermando che

la sintesi all’approccio ai social è descritto tra le righe di questo Report: “[i Social] sono

stati vissuti inizialmente come un male necessario, poi eretti a canale di distribuzione per

generare traffico al proprio sito web, e infine vissuti attualmente sempre più come una

minaccia. Un percorso, un’evoluzione che è difficile definire virtuosa, fatta di

pressapochismo e sottovalutazioni continue81”.

Insomma, il dibattito sulla vera natura di Facebook e di come poterlo usare è vivo e

sembra avere programmi di vita longevi. La critica di Pier Luca Santoro è più che

legittima. I portali d’informazione hanno spesso cambiato le proprie politiche di approccio

ai social anche se erano tutte dirette ad un unico fine, il proprio tornaconto. Il problema a

monte è che lo stesso Facebook, come quasi tutti i social, non fa beneficenza e prima di

tutto pensa ai propri interessi. Spiegare come funziona Facebook può sembrare un

argomento inutile e scontato ma, come vedremo, non lo è affatto. Al social network più

usato al mondo conviene che l’utente rimanga, più tempo possibile, all’interno del proprio

portale. Tutte le modifiche del proprio algoritmo dal 2011 ad oggi sono propedeutiche a

questo fine. È sufficiente una veloce ricerca tra le pagine Facebook dei principali

quotidiani nazionali per rendersi conto che la principale strategia è quella di usare i social

80 Pier Luca Santoro, Un Gorilla in Redazione – tra link, troll e tanti errori, articolo in Pollice Verso, allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016, Pag. 1

81 ibidem

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 43 -

network per condividere i link che rimandano ai propri siti internet. Usare Facebook come

“discarica di link82” per generare traffico ai propri siti stona con la mission aziendale del

colosso americano. Facebook ha tutto l’interesse perché questo tipo di politica non

funzioni: l’utente deve rimanere sulla piattaforma social, non conviene che vada ad

atterrare altrove. Questo è il primo concetto che un editore deve tenere a mente se vuole la

propria testata giornalistica su Facebook. Non a caso l’introduzione degli “Instant Article”

si muove in questa direzione. Introdotti ufficialmente per tutti gli editori nell’aprile 2016

questo nuovo formato viene presentato da Facebook come un nuovo strumento per una

migliore esperienza utente da smartphone. Gli Instant Article infatti, permettono di poter

aprire un contenuto editoriale 10 volte più velocemente che in passato83.

Con questo nuovo sistema le testate editoriali dovranno creare i propri articoli

direttamente sulla piattaforma Facebook. La paura di molti editori è quello di perdere il

controllo su i lettori, che non atterreranno più sul sito web della testata giornalistica perchè

quest’ultima ha il timore di perdere i dati relativi all’esperienza utente (frequenze di

rimbalzo, tempo di permanenza sull’argomento, ecc.) e soprattutto il controllo economico

sulle inserzioni pubblicitarie che passeranno prima per l’intermediazione di Facebook. È lo

stesso social network che in questo primo momento anche per le perplessità dei publisher

ha fatto un passo indietro, o meglio, non ha ancora fatto il passo in avanti (se mai deciderà

di farlo). Facebook infatti ha rinunciato al controllo sui contenuti prodotti sulla propria

piattaforma. “Con Instant Articles, - si legge nella nota stampa del colosso di Menlo Park-

gli editori hanno il pieno controllo sull’aspetto delle proprie storie, dei dati e della

82 ibidem 83 Josh Roberts, Opening Up Instant Articles to All Publishers 17 Febbraio 2016

https://media.fb.com/2016/02/17/opening-up-instant-articles/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 44 -

pubblicità. Hanno la possibilità di vendere gli spazi pubblicitari in modo diretto e di

trattenere quindi il 100% dei profitti, di tracciare i dati sugli annunci pubblicati tramite i

propri sistemi di misurazione pubblicitaria, o possono monetizzare i loro contenuti

attraverso Facebook Audience network.84” Ad ogni modo l’incertezza sugli Instant Article

nel mondo dell’editoria regna sovrana. Facebook infatti ha “Il vantaggio di essere il

padrone di casa, e di avere le chiavi85”. Potrebbe quindi cambiare le regole in un secondo

tempo costringendo il mondo dell’editoria, che avrà puntato risorse e strumenti su di un

unico mezzo, a scegliere se sottostare alle nuove condizioni o se reinventarsi un nuovo

modo di stare on line.

La paura degli editori è più che fondata. Non è un caso che Facebook sia

considerato come un canale di distribuzione del proprio materiale, come abbiamo visto dai

dati del report di Inma. La piattaforma social per eccellenza ha garantito questo tipo di

utilizzo da parte dei vari publisher fino a qualche anno fa. Per spiegare questo

cambiamento di tendenza vi è un altro concetto da fissare per comprendere il cambiamento

e capire quindi come utilizzare Facebook per dare notizie: è il funzionamento

dell’algoritmo che ci permette di visualizzare o meno dei contenuti sulle nostre News Feed.

L’Organic Reach è un termine introdotto dallo stesso Facebook nell’Aprile 2012 per

spiegare a tutti i brand (testate giornalistiche incluse), che i propri post venivano mostrati

solo ad una minima percentuale della propria community, il 16%.[Vedi Figura 9] “Per

84 Ibidem “With Instant Articles, publishers have full control over the look of their stories, as well as data and ads. They have the ability to bring their own direct-sold ads and keep 100% of the revenue, and track data on the ads served through their existing ad measurement systems, or they can monetize their content through the Facebook Audience Network.”

85 Luca Della Dora, Perché gli Instant Articles non riguardano (solo) Facebook, 18 Maggio 2015 https://medium.com/italia/perch%C3%A9-gli-instant-articles-non-riguardano-solo-facebook-5c0a480ea106#.gddqigv41

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 45 -

assicurarsi che i tuoi fan vedano le tue storie, - spiega lo stesso Facebook nel suo

comunicato -, sponsorizza i post per aumentare la portata del tuo contenuto.86”

Questa portata è diminuita di anno in anno fino ad arrivare ad un esiguo 6% nel 2014.

Victor Luckerson, in un articolo del Time in cui spiega questo concetto, arriva ad

ipotizzare che Facebook ha tutto l’interesse a far si che l’Organic Reach possa arrivare fino

all’1/2%.87 Viene da se che per superare questa stretta percentuale vi sono solamente due

uniche soluzioni. La prima è suggerita dallo stesso Facebook nel comunicato del 2012:

volete portare utenti fuori dalla piattaforma ed ottenere i risultati di un tempo? Pagate e vi

sarà dato. L’altro modo è quello di adattarsi alla natura del social network: creare

Engagement cercando di cavalcare l’algoritmo di Facebook.

Anche se i dirigenti di publisher intervistati dall’Inma si dichiarano non soddisfatti

di come Facebook comunichi i cambiamenti all’algoritmo, c’è da dire che all’interno della

piattaforma vi sono tutti gli indizi, spesso vere e proprie istruzioni dettagliate, per capire

come gestire i propri profili e le proprie pagine. D’altronde rientra nell’interesse di

Facebook che i propri utenti riescano a trovare i contenuti desiderati e che questi contenuti

siano di loro gradimento. Per tale concetto indispensabile che i creatori di contenuti (editori

86 “To make sure your fans see your stories, sponsor your posts to increase the reach of your content.” (per il post completo vedi Figura 9)

87 Victor Luckerson, The Free-Marketing Gravy Train Is Over on Facebook, 22 Marzo 2014 http://time.com/34025/the-free-marketing-gravy-train-is-over-on-facebook/

Figura 9

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 46 -

compresi) sappiano come ottimizzare i propri post. A questo fine è dedicata una Nota della

società88 pubblicata nel maggio 2013 dal titolo “12 Best Practices For Media Companies

Using Facebook Pages”. Al suo interno Facebook spiega come utilizzare il Social per dare

notizie, come comporre il messaggio nel post, che tipo di foto è meglio pubblicare e così

via. Se ciò non dovesse bastare vi sono alcuni siti web ufficiali che l’azienda utilizza per

comunicare i cambiamenti alla News Feed.89 Proprio in merito alle “12 migliori pratiche

per le media company su Facebook”, Albero Puliafito scrive in DCM – dal giornalismo al

Digital Content Management: ”molte cose non dovrebbero nemmeno essere suggerite da

una piattaforma di social network e dovrebbero essere di puro buon senso giornalistico

(«Quando condividi una storia, aggiungi un’analisi da esperto: i tuoi utenti vogliono

sentire la tua opinione, la tua voce»)[…]. Altre rispondono a principi base di storytelling

ma anche alle esigenze proprie di Facebook («Condividi storie con foto e video per

attirare l’attenzione dell’utente»)”90.

Creare contenuti ad hoc per questa piattaforma è comunque un requisito

indispensabile che ogni testata giornalistica dovrebbe avere all’interno della propria

redazione web. Video a 360°, Live streamig, meme, gif animate sono solo alcune delle

novità messe in campo dal colosso social nell’ultimo anno e che promettono una maggiore

diffusione all’interno delle News Feeds. Ma non c’è solamente la creazione di contenuti

all’interno di un Social Network. Il nome stesso che è stato dato a queste piattaforme è

esplicativo di per sé: Reti Sociali. Facebook, Twitter, Telegram sono tutti strumenti che

permettono alle redazioni di poter fare una cosa che altrimenti, con la carta stampata, non

88 Scott Hershkowitz and Vadim Lavrusik, 12 Best Practices For Media Companies Using Facebook Pages, 2 maggio 2013 https://www.facebook.com/notes/facebook-media/12-best-practices-for-media-companies-using-facebook-pages/518053828230111

89 http://newsroom.fb.com/ 90 8. Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche

delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. 2016, pag.173

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 47 -

sarebbero riusciti a fare (almeno non con la stessa efficacia e rapidità): dialogare con i

propri lettori. “Facebook è un bar, una piazza di paese dove incontrare persone,

comprenderne interessi, motivazioni, aspirazioni, e, soprattutto, dati, da interpretare

correttamente per tradurli e renderli disponibili a casa propria, nel proprio sito, nei

prodotti e nei servizi forniti.” Scrive Pier Luca Santoro, aggiungendo che “è solo in questo

modo che siamo in grado di valorizzare la relazione. Di creare valore aggiunto, anche

economico, per le persone, i giornali e il giornalismo”91. Non a caso alcuni quotidiani si

muovono in questa direzione, sfruttando anche un’altra tendenza del mercato

dell’informazione 2.0: il Personal Branding. È il caso del Washington Post che ha creato

una pagina dedicata alle sessioni di conversazione tra i propri giornalisti ed i propri

91 14. Pier Luca Santoro, Un Gorilla in Redazione – tra link, troll e tanti errori, articolo in Pollice Verso, allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016 pag. 2

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 48 -

utenti.92

Figura 10

Guardando la situazione nel nostro paese c’è il caso de Il Manifesto che rappresenta

un esempio virtuoso di interazione e dialogo con i propri lettori all’interno dei social. Il

“Quotidiano Comunista” ha adottato una strategia social che si discosta molto dagli altri

quotidiani generalisti italiani con tiratura nazionale e anche da quei portali d’informazione

nativi digitali. Il numero di Post condivisi quotidianamente inferiore agli altri competitor ci

suggerisce una politica comunicativa che non punta alla quantità di traffico deviabile sul

92 https://live.washingtonpost.com/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 49 -

proprio sito ma alla qualità e al dialogo con la propria community93. Questo diverso

approccio fa de il Manifesto “il best performer tra tutti i quotidiani nazionali con un

engagement rate, un tasso di coinvolgimento che, secondo l’analisi svolta, […] è superiore

persino a quello di Fanpage, che ha una squadra di persone dedicate ai social e di ben 5

punti percentuali al di sopra di Repubblica.94” Tradotto in numeri il Manifesto ha un

Engagement Rate del 40,32% con una fanbase di 270 mila persone (circa). Fanpage con

ben 6 milioni (circa) di Fan raggiunge il 39,29% di engagement rate, mentre Repubblica il

35,12% con 3 Milioni (circa)95 [vedi Figura 10]. L’Engagement Rate, rappresentato

graficamente nella Figura 10, è un indicatore che permette di quantificare il tasso di

coinvolgimento di una determinata pagina, ossia quanto una fanpage sia stata in grado di

stimolare i propri utenti ad un’azione diretta sui propri contenuti. Questo indice mette in

rapporto tra loro il numero totale di interazioni (like, commenti, condivisioni) ottenute in

un dato giorno, con il numero di post pubblicati nella frazione di tempo ed il totale dei Fan

della pagina sempre. Tale valore viene ricavato con questa formula per azzerare quelle che

sono le differenze di volume (inteso sia come numero di fan totali che come numero di

post pubblicati al giorno) da una pagina all’altra. Se espresse in valori assoluti vedremo

come una Pagina con milioni di Fan (tipo Fanpage o Repubblica) che pubblica nel corso

delle 24 ore più di 20 post, abbia sicuramente un numero totale di interazioni superiore ad

una pagina dai pochi fan e da due post al giorno.

93 Pier Luca Santoro, E il manifesto “batte” tutti, articolo in Pollice Verso, inserto allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016, Pag. 5

94 Ibidem 95 Percentuali engagement rate tratte dall’articolo di Pier Luca Santoro (vedi nota 82). Dimensione

Fanbase presa dalle relative pagine Facebook il 13 gennaio 2017.

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 50 -

Ad ogni modo, sembra che ogni testata abbia una sua diversa strategia di approccio

ai social. Il manifesto è sicuramente la “mosca bianca” da studiare per quanto riguarda la

cura che riserva ai propri lettori.

Per quanto riguarda gli altri newsbrand del panorama nazionale possiamo notare

come le diverse strategie social si discostino l’una dall’altra pur avendo diversi capisaldi in

comune. I quotidiani nazionali, ad esempio, tendono a replicare lo stesso contenuto più

volte nella stessa giornata. Repubblica e il Corriere della Sera hanno rispettivamente 2500

e 3500 post medi pubblicati in un mese. Il profilo Facebook di Ansa può servire come

metro di paragone per comprendere quanto appena affermato: essendo un’agenzia di

stampa tende a coprire la maggior parte delle notizie giornaliere. Nonostante questo ha una

media mensile che si aggira intorno ai 1500 post: meno della metà rispetto al Corriere96.

Rimanendo sul caso Ansa.it e sulla sua strategia di pubblicazione possiamo notare come

74% dei propri post sono link che rimandano a contenuti sul proprio sito internet: una

percentuale, che come vedremo, rappresenta la quota minore tra tutti i principali

newsbrand che qui di seguito andrò ad analizzare. Immagini e Video invece, contano circa

il 18% del totale dei contenuti. Da segnalare inoltre è un ampio uso degli status non

accompagnati da allegati per coprire le notizie in tempo reale97. Il Corriere della Sera

sceglie una strategia quasi totalmente incentrata sui link al proprio sito (88,07%). Ciò che

rimane è un 10% destinato alle foto, un 1% circa dedicato agli status e quel poco che

rimane è destinato ai video. Una scelta, quella del Corriere, che sicuramente lascia a

desiderare se pensiamo che i link al proprio sito web sono penalizzati dallo stesso

Facebook per favorire tutti i contenuti (video soprattutto) generati direttamente sul Social.

96 Pierluigi Vitale, L’uso di Facebook da parte degli editori. Cinque colossi e cinque strategie a confronto, articolo in Pollice Verso, inserto allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016, Pag 4

97 ibidem

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Manuel Primi - 51 -

Negli ultimi mesi, infatti, la piattaforma di Facebook ha dichiarato apertamente di dare

molta più importanza, tramite il proprio algoritmo, ai contenuti Video soprattutto se in

Live Streming. Tant’è che il colosso di Menlo Park ha da poco annunciato di voler puntare

anche economicamente sui formati video inserendo al loro interno spot pubblicitari98.

Repubblica sembra essere attenta alle novità che man mano Facebook sta

introducendo. I contenuti video rappresentano circa il 14% del totale delle pubblicazioni, di

cui un 4,6% dedicato alle dirette Live Streaming direttamente sulla piattaforma social. Il

resto delle pubblicazioni di Repubblica non sono mai degli status senza una componente

visiva: o sono link, quindi con relativa anteprima, o sono foto. La strategia social di

Repubblica viene premiata anche in ambito internazionale. La settima edizione della

ricerca sui quotidiani condotta da Innova et Bella, “Facebook Top Newspapers 2016” pone

la strategia Facebook di Repubblica al primo posto in Italia e all’undicesimo posto nel

ranking internazionale99. Fanno parte della ricerca di Innova et Bella i principali quotidiani

europei e statunitensi. Un campione di 60 testate con copertura nazionale suddivisi tra

Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia, Francia, Spagna e Germania. Ad aprire la fila c’è il New

York Times con un rating da tripla A. La Repubblica è, con la sua A, “ad un passo

dall’eccellenza. La testata mantiene saldo il record italiano dei likers che passano da 2,2

milioni nel 2015 a 2,7 nel 2016 (+26%). L’engagement dialettico sviluppato con i propri

lettori e la community de La Repubblica delle Idee si riconfermano fra i punti di forza di

Repubblica e un aspetto interessante per il panorama dei quotidiani italiani. Completa

l’offerta la presenza degli Instant Articles e l’adozione di emoji nei post più «informali».

98 Ansa, Nei video di Facebook entrerà la pubblicità, 10 gennaio 2017 http://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2017/01/10/facebook-nei-video-entrera-la-reclame_89ab9c79-bf73-4066-b5fe-77f8b0477cfd.html

99Innova et Bella, Facebook Top Newspapers 2016 http://www.i-b.com/facebook_top_newspapers_2016/facebook_top_newspapers_sintesi.php

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Manuel Primi - 52 -

100” Nello scenario Italiano segue La Stampa, sempre con un rating A, che si posiziona a

livello internazionale al quindicesimo posto; Il Fatto Quotidiano al ventunesimo posto

internazionale con un rating B+ ed il “record mondiale conquistato dal quotidiano nel

rapporto fra likers e copie diffuse: raggiungendo 1,9 milioni di likers (erano 1,7 milioni

nel 2015) vanta ben 54 likers per copia diffusa.101” Il Corriere della Sera viene valutato

con un rating B, dovuto principalmente al fatto che il quotidiano milanese mantiene, anche

su Facebook, il tipo di linguaggio istituzionale che da sempre lo contraddistingue. Fanalini

di coda sia per quanto riguarda l’Italia che la classifica internazionale sono L’Unità e il

Messaggero, entrambi con rating C, il più basso nella scala di valutazione di Innova et

Bella.

Un altro importante Social Network per la professione giornalistica è Twitter. La

piattaforma da 140 caratteri nata nel 2006 è stata al centro di numerose rivoluzioni,

Primavere Arabe in primis102. Tramite questo tipo di social le rivolte popolari riuscivano a

comunicare le proprie istanze al resto del mondo, riuscendo a raggirare i blocchi ed i

divieti imposti dai governi autoritari. Intorno al 2011 quindi, Twitter sembra rappresentare

il futuro, un social che garantisca la libertà d’informazione e che addirittura riesca a

rompere i vari bavagli imposti sulle libertà. Ad oggi sappiamo che tutto l’entusiasmo

scaturito da quel periodo storico non ha lasciato particolari segni all’interno della

piattaforma. Twitter non riuscirà mai ad avvicinarsi agli stratosferici numeri di Facebook,

anzi, nel 2016 ha addirittura subito il sorpasso (in termini di utenti attivi al mese) di

100 Innova et Bella, Facebook Top Newspapers 2016, i migliori http://www.i-b.com/facebook_top_newspapers_2016/facebook_top_newspapers_i_migliori.php

101 ibidem 102 Marco Di Liddo, Andrea Falconi, Gabriele Iacovino e Luca La Bella; Il Ruolo dei Social

Network nelle Rivolte Arabe; A cura del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali); Osservatorio politica internazionale n°40 Settembre 2011

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Manuel Primi - 53 -

Snapchat e Instagram103. Di fatto Twitter è una enorme agenzia di stampa internazionale

autogestita dagli utenti stessi (che essi siano comuni cittadini, professionisti o editori poco

importa). Gli Hashtag di Twitter sono stati, nel periodo di massima diffusione di questo

social network, sia delle grandi cartelle-contenitore di argomenti, sia degli ottimi strumenti

per comprendere quale argomento fosse al centro della discussione pubblica. Questa

funzione, tuttavia, continua ad averla, ma ormai è un fenomeno che sembra fermarsi agli

addetti ai lavori. A conferma di quanto appena affermato c’è una ricerca condotta da Sara

Bentivegna (Sapienza - Università di Roma) e Rita Marchetti (Università di Perugia) dal

titolo “Giornalisti in mezzo al Guado. Norme e pratiche alla prova di Twitter104”. La

ricerca è stata condotta analizzando i profili Twitter dei giornalisti appartenenti ai

principali quotidiani nazionali per analizzarne il comportamento: un totale di 1.202 profili

e 203.736 Tweet. Il risultato di tale ricerca è facilmente riassumibile con il titolo di un

articolo redatto da Pier Luca Santoro in analisi a tale ricerca: “Giornalisti e testate

cinguettano (quasi) solo tra loro”105. Twitter quindi è divenuto “un social per –isti che si

seguono a vicenda (giornalisti che seguono giornalisti, economisti che seguono

economisti) che hanno anche la possibilità di dialogare in maniera diretta con il loro

pubblico.106” Così come abbiamo visto con Facebook, anche Twitter, essendo un social

network tende, o almeno dovrebbe farlo, ad accorciare le distanze che ci sono tra

giornalisti e lettori. Una raccomandazione, quella delle relazioni sociali, ripetuta da

chiunque studi queste piattaforme. L’Advanced Media Institute dell’Università della

103 Giuseppe Tripodi, Snapchat ha più utenti attivi di Twitter?, 3 Giugno 2016 http://www.mobileworld.it/2016/06/03/snapchat-ha-piu-utenti-attivi-di-twitter-82599/

104 Sara Bentivegna, Rita Marchetti, Giornalisti in mezzo al Guado. Norme e pratiche alla prova di Twitter, Settembre 2016

105 Pier Luca Santoro, Giornalisti e testate cinguettano (quasi) solo tra loro, articolo pubblicato in Pollice verso, inserto a Il Manifesto 2 Novembre 2016, Pag. 3

106 Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. 2016 Pag. 180

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California ha redatto una vera e propria guida all’uso di Twitter rivolta ai giornalisti, dove

al suo interno ribadisce l’importanza del dialogo reciproco per una crescita della

professione e un’educazione alla lettura107.

107 Scot Hacker, Ashwin Seshagiri; Tutorial: Twitter For Journalists; Giugno 2007 https://multimedia.journalism.berkeley.edu/tutorials/twitter/

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Manuel Primi - 55 -

2.3 - SEO: cosa è e perché è utile per il giornalismo

Il posto migliore dove nascondere

un cadavere è nella seconda pagina

di Google.

Dopo aver parlato della verifica delle fonti ed aver approfondito la nuova frontiera

del giornalismo Social è il momento di parlare di un altro grande pilastro del mondo

digitale: i motori di ricerca ed in particolar modo Google. Abbiamo visto nei capitoli

precedenti come nella dieta mediatica la Televisione rappresenti ancora la fonte principale

di informazione per quasi tutte le fasce di età. Ma una ricerca dell’American Press Institute

del 2015 sulla fruizione di notizie da parte dei Millenials (giovani compresi tra i 15 e i 35

anni) ci suggerisce quanto sia importante il ruolo dei motori di ricerca

nell’approfondimento delle notizie. Il 57% dei Millenials per approfondire un argomento

interroga Google108. Tutte le altre possibili fonti, nell’ambito dell’approfondimento, non

sono neanche lontanamente vicini alla percentuale espressa in favore dei motori di ricerca.

Nella ricerca dell’American Press Institute il primo medium per approfondimento dopo la

ricerca in rete è Facebook che però, non riesce a raggiungere neanche i 10 punti percentuali

(7%). [Vedi Figura 11]Il motivo dì un così ampio margine da un mezzo d’informazione e

l’altro sta in un fenomeno già citato nel paragrafo sulla verifica delle fonti: l’overload

informativo. Riprendendo la stessa analogia utilizzata precedentemente, inspirandoci al

lavoro di Eric Newton, Google rappresenta gli occhiali da sole di ogni utente web e

108 American Press Institute, Millennials’ nuanced paths to news and information, 16 Marzo 2015, https://www.americanpressinstitute.org/publications/reports/survey-research/millennials-paths-to-news-and-information/

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Manuel Primi - 56 -

consente così di filtrare tutto ciò che si ritiene superfluo ed accecante per trovare

esattamente ciò che occorre per una più completa informazione. Google rappresenta in

Italia, con un tasso del 95,45% di ricerche effettuate109, il primo motore di ricerca nel

nostro Paese, mentre il sito Alexa.com lo classifica come primo indirizzo web al mondo.

Un tasso così alto ci dimostra che praticamente tutto ciò che si trova in rete è “costretto” a

passare tra gli algoritmi di Google. Così come tutti gli altri elementi contenuti nella Rete,

anche gli articoli delle testate online dovranno fare i conti con le tecniche di indicizzazione

delle SERP (Search Engine Results Page) nei motori di ricerca. Creare un portale di

informazione che si sposi, nelle sue parole, nei suoi titoli e nelle sue descrizioni, con la

tecnica SEO (Search Engine Optimization), diventa ormai indispensabile per la

sopravvivenza del giornalismo Online. A sommarsi alle 5 W, nel futuro del giornalismo, vi

saranno anche delle nuove regole e delle nuove tecniche che ogni singolo giornalista dovrà

far sue per poter far fronte al cambiamento digitale.

Figura 11

109 Top 5 Search Enginees in Italy, http://gs.statcounter.com/#all-search_engine-IT-monthly-201504-201604-bar – Periodo Aprile 2015, Aprile 2016

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

Quando un Millenials vuole approfondire

una notizia dove cerca le informazioni

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 57 -

Prima di entrare nel vivo dell’argomento di questo paragrafo è opportuno avere

chiari tutti i termini tecnici che incontreremo. Quando interroghiamo Google su di un

qualsiasi argomento lo facciamo in moltissimi modi. C’è chi formula domande vere e

proprie (“Come si chiama il Sindaco di Firenze?”) oppure possiamo scrivere solo delle

parole chiave per ragioni di tempo (“Sindaco Firenze”). Qualunque sia la formula che

preferiamo utilizzare, una volta premuto il tasto INVIO, ciò che ci apparirà è l’elenco dei

risultati che il motore di ricerca ha trovato per noi. Questa pagina e l’insieme dei suoi

risultati si chiama SERP, acronimo di Search Engine Results Page. Tra questi possiamo

trovare gli annunci, che solitamente vengono visualizzati per primi e che Google segnala

puntualmente con un’apposita etichetta. Tutto ciò che segue sono quelli che chiameremo

“risultati organici” e sono i tipi di risultati che interessano questa parte di tesi. Un alto

posizionamento di un proprio articolo nelle SERP dipende da diverse tecniche e strategie

anche dette SEO, Serch Engine Optimization. Questo acronimo, che possiamo

comodamente tradurre con “ottimizzazione per i motori di ricerca”, permette al lettore di

trovare l’articolo di un giornalista o il sito internet di un editore. I lettori che provengono

dai motori di ricerca, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, rappresentano una

grande fetta del totale degli utenti on line e quindi un importante volano per l’economia di

una testata giornalistica.

Scrivere un articolo tenendo conto della SEO significa farsi trovare dai lettori

all’interno del caos rappresentato dall’overload informativo. Tuttavia questo insieme di

tecniche è stato avvolto, almeno in Italia, da un alone di scetticismo legato alla sua prima

natura: la SEO infatti nasce prima di tutto come tecnica di web marketing per le aziende e

non per il mondo dell’editoria. Solo ultimamente nel nostro paese si è assistito ad

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un’inversione di tendenza con sempre un maggiore interesse dei giornalisti per i corsi SEO

adibiti alla loro formazione continua per mantenere l’appartenenza all’albo110. Nel mondo

anglofono la discussione sull’argomento è già stata abbondantemente superata, tanto da

portare il New York Times ad applicare tecniche SEO anche sui propri prodotti off line111.

Con una semplice ricerca in Google con le parole chiave “Journalism SEO” appaiono 500

mila risultati (contro gli 87 mila in Italiano) e tra i primi troviamo il sito della BBC con un

articolo di Martin Asser, Digital Editor di BBC Arabia che afferma: “[scrivere con

tecniche SEO] non vuol dire abbandonare il buon giornalismo per scrivere con formule

algoritmiche […]. La SEO ha dei vantaggi specifici rispetto ad altre forme di promozione

dei siti internet: se una storia è ben posizionata attirerà traffico per settimane, mesi anche

anni.”112

Così come abbiamo visto per Facebook nel paragrafo precedente, anche Google

apporta modifiche continue ai propri algoritmi che calcolano quali risultati far vedere nelle

SERP e che posizione dare ad ognuno di essi. Dal giorno della sua nascita nel 1998 a

Menlo Park ad oggi, il colosso californiano ha mutato innumerevoli volte i propri servizi

ed i propri criteri di calcolo. Alcuni di questi aggiornamenti sono stati talmente grandi e

radicali per la struttura del motore di ricerca da guadagnarsi dei nomi propri per poterli

identificare: Google Panda, Google Penguin, Google Hummingbird… ecc. Tali

aggiornamenti sono, per l’appunto, solo i più importanti e noti ai molti. Il sito internet

Moz.com raccoglie tutta la cronologia delle modifiche agli algoritmi di Google dall’anno

2000 ad oggi. All’inizio di questa Timeline i gestori di questo servizio tengono a fare una

110 Alberto Puliafito, Contenuti e lettori al centro dello schermo, articolo in Pollice Verso inserto de Il Manifesto, Pag 6, 2 Novembre 2016

111 ibidem 112 Martin Asser, Search engine optimization (SEO), 2007,

http://www.bbc.co.uk/academy/journalism/article/art20130702112133608

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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precisazione: “Ogni anno, Google cambia il suo algoritmo di ricerca circa 500-600 volte.

Mentre la maggior parte di questi cambiamenti sono minori, Google, occasionalmente,

rilascia un aggiornamento significativo (come Google Panda e Google Penguin), che

agisce sui risultati di ricerca in modo significativo113” 500-600 modifiche all’anno vuol

dire che Google apporta circa due modifiche al giorno ai propri sistemi di calcolo dei

risultati. Nel mentre che si legge questo paragrafo, gli argomenti in esso contenuti

potrebbero, potenzialmente, già essere diventati obsoleti per ben due volte. Ad ogni modo

esistono dei capi saldi nelle tecniche SEO che si sono affermati con il tempo e che ci

permettono di poter sviluppare un insieme di regole standard da utilizzare per la creazione

di articoli on line ai fini dei motori di ricerca. La stessa azienda di Menlo Park ha rilasciato

una “Guida introduttiva di Google all’ottimizzazione per motori di ricerca (SEO)114” per

far sì che questi capisaldi siano il più trasparenti possibile per chi vuole interagire in modo

ottimale con quelli che sono gli standard dettati dalla stessa azienda. Tra i tanti temi

proposti all’interno della guida, alcuni dei quali dedicati all’ottimizzazione delle strutture

dei siti, qui ci concentreremo sul come costruire i contenuti in modo tale che possano

scalare le SERP e riuscire quindi a raggiungere più lettori. Tra le pratiche SEO più comuni

e che sono alla portata di un qualunque giornalista on line troviamo:

1. Corrispondenza del contenuto;

2. Originalità del testo;

3. Aggiornamenti di pagina;

4. Uso dei Link;

5. L’uso delle parole chiave (Keyword);

113 MOZ.com, Google Algorithm Change History, https://moz.com/google-algorithm-change#2017 114 Google, Guida introduttiva di Google all’ottimizzazione per motori di ricerca (SEO),

https://static.googleusercontent.com/media/www.google.com/it//intl/it/webmasters/docs/search-engine-optimization-starter-guide-it.pdf

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Corrispondenza del contenuto - È una norma SEO abbastanza elementare per un

giornalista. Di fatto sta a significare che se titolo e descrizione promettono un certo tipo di

contenuto, ma il testo all’interno della pagina parla di tutt’altro o comunque sia non è

all’altezza delle aspettative, allora l’articolo verrà penalizzato dal motore di ricerca. Non

dobbiamo dimenticare che Google è un’azienda privata che basa i propri profitti, come

tutte le attività economiche, sulla soddisfazione del proprio cliente, che in questo caso è

l’utente che effettua la ricerca. Tramite l’analisi del testo ed il tempo di permanenza

dell’utente all’interno dell’articolo il motore di ricerca capisce se il contenuto è stato utile o

meno al lettore. Se il tempo di permanenza è basso e l’utente esce quasi immediatamente

per cliccare su di un altro risultato vuol dire che non è stato soddisfatto e quindi

penalizzerà quel contenuto. Questa norma potrebbe risultare banale ma in molti cercano di

scalare le SERP del motore di ricerca inserendo quante più parole chiave possibile pur di

attirare un numero sempre maggiore di utenti. Questo perché l’algoritmo di Google, ai suoi

esordi, era più semplice ed includeva meno variabili, prediligendo quasi esclusivamente la

presenza delle Keyword nelle pagine web. Una delle principali norme per una buona

pratica SEO coincide perfettamente con l’etica del buon giornalista cioè “non illudere i

propri lettori”. Esattamente come si comporta Google, così dovrebbe fare un qualsiasi

publisher. Se si vuole che un lettore ci legga e che riconosca il nostro portale come una

fonte di informazioni attendibili, così che possa tornare a leggerci più volte, dobbiamo fare

in modo che sia soddisfatto del prodotto che troverà aprendo un nostro link.

Originalità del testo - Questa norma SEO potrebbe risultare un poco più

complessa. Molto spesso i giornalisti si affidano ad un facile Copia e Incolla per riportare,

ad esempio, una parte di un comunicato stampa giunto in redazione oppure utilizzare i

virgolettati per riportare dichiarazioni ufficiali lanciate dalle agenzie di stampa. Questo tipo

di tecnica facilita e velocizza di non poco il lavoro, soprattutto se operiamo On line dove la

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velocità con cui si lancia una Breaking News è un fattore importante. Questa norma SEO

nasce, come gran parte delle altre, per facilitare il lavoro di Google stesso. All’interno del

mondo dell’E-commerce, ad esempio, capita di incontrare lo stesso prodotto su

innumerevoli portali di vendita (Sito dell’azienda produttrice, Amazon, Ebay, ecc..). Molti

di questi siti internet utilizzano, per comodità, la stessa descrizione che viene fornita dalla

casa madre. Ma la SERP di Google funziona come se fosse una classifica, non possono

esserci troppi risultati nella stessa posizione, quindi vengono premiati tutti quei contenuti

che riescono a distinguersi dagli altri. Per le notizie il sistema di Google funziona allo

stesso modo. Ogni giorno e per ogni notizia esisteranno molti portali che tratteranno

inevitabilmente lo stesso argomento. Per riuscire a farsi notare dagli utenti sui motori di

ricerca occorre abbandonare quasi del tutto la pratica del Copia e Incolla. “I tecnici di

Google hanno iniziato a lavorare ad algoritmi capaci di dare risposte sempre più precise

alle richieste e, al contempo di distinguere fra le ripetizioni create ad arte per migliorare il

ranking delle pagine e quelle realmente funzionali all’economia del testo. Con un

miglioramento della capacità di comprendere la semantica Google ha iniziato a premiare i

testi più ricchi, quindi quelli che invece di ripetere le stesse parole utilizzano dei

sinonimi”.115 Meno virgolettati ci sono, più il testo di un articolo si distinguerà

dall’overload più alta sarà la posizione dell’articolo nei risultati di Google.

Aggiornamenti di pagina – Un articolo sul web ha potenzialmente una vita

infinita. Nel mentre che il tempo passa però, la notizia contenuta in quell’articolo diviene

vecchia per via dei normali sviluppi che comporta il tempo. Per questo motivo Google

tende a mantenere in cima alle proprie SERP tutti quei risultati che sono di recente

creazione o che sono stati costantemente aggiornati nel tempo. L’immortalità di una notizia

115 9. Davide Mazzocco, Giornalismo Online – Crossmedialità, blogging e social network: i nuovi strumenti dell’informazione digitale, Centro di Documentazione Giornalistica, 2015, Pag. 63

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caricata sul web ha comportato, negli ultimi anni, lo sviluppo di un amplio dibattito etico e

normativo su quello che viene chiamato Diritto all’Oblio. Il caso di Mario Costeja

Gonzalez contro Google Spain e la successiva sentenza della Corte di Giustizia

dell’Unione Europea116 hanno sollevato il dibattito normativo in tutta l’UE. Il cittadino

spagnolo sosteneva di avere il diritto di far rimuovere tutti i risultati che le SERP di Google

fornivano se si inseriva il suo nome nel motore di ricerca. Molti di questi risultati

riportavano a pagine di quotidiani che trattavano delle conseguenze dei problemi

economici del signor Costeja Gonzales di ben 16 anni prima. Si sosteneva che questi

contenuti non fossero più rilevanti come informazioni di pubblico dominio ed utilità poiché

datatati ed ormai del tutto risolti. La Corte di Giustizia Europea con la sentenza del 13

Maggio 2014 riconosceva di fatto il Diritto all’Oblio ed obbligava Google Spain a

rimuovere dai risultai tutti quei link che non fossero più rilevanti ai fini della pubblica

utilità. La storia di questa famosa sentenza ha fatto si che Google creasse un’apposita

pagina117 di servizio per dare la possibilità a qualsiasi cittadino dell’Unione Europea di

richiedere questo “diritto ad essere dimenticati”. In Italia a tal proposito si è espressa la

Corte di Cassazione con la sentenza n. 5525 del 2012 che cerca di mediare tra Diritto

all’Oblio e Diritto di Cronaca. Nelle sue argomentazioni la Corte di Cassazione fa leva sul

diritto di rettifica: ”Così come la rettifica è finalizzata a restaurare l’ordine del sistema

informativo alterato dalla notizia non vera, del pari l’integrazione e l’aggiornamento sono

invero volti a ripristinare l’ordine del sistema alterato della notizia (storicamente o

116 Sentenza Corte di Giustizia Europea, Diritto all’Oblio, 13 Maggio 2014, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=152065&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=15140

117 https://support.google.com/legal/contact/lr_eudpa?product=websearch

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altrimenti) parziale”118. Tramite queste parole si intende che se una testata giornalistica

inizia a seguire una qualunque vicenda rilevante per il pubblico (come ad esempio l’inizio

di un processo per tentato omicidio a carico di un soggetto), questa deve poi seguire

l’intera storia fino al suo termine (quindi fino alla sentenza dell’ultimo grado di giudizio).

Come quindi possiamo vedere, la buona norma di aggiornamento dei propri contenuti, oltre

ad essere una buona pratica SEO è anche una buona norma per la tutela del giornalista e

dell’editore di fronte ad eventuali ricorsi o sanzioni. È inoltre una buona pratica per i propri

lettori che cercando sui motori di ricerca un determinato argomento troveranno sempre dei

risultati attuali e coerenti con il tempo. Il tenere aggiornati i contenuti suggerisce anche un

nuovo stile giornalistico che su carta stampata non sarebbe possibile: gli articoli Live. In

seguito ad un grande evento, come ad esempio un attentato terroristico, possiamo scegliere

di avere tutte le informazioni sugli eventuali sviluppi in un unico post. I vantaggi possono

essere diversi. È più conveniente per giornalista ed editore, in termini di tempo e denaro,

aggiornare un contenuto già ben posizionato sui motori di ricerca che crearne uno nuovo

sperando che ottenga gli stessi risultati. È conveniente per il lettore perché all’interno di

un'unica pagina troverà tutti gli sviluppi dell’evento e quindi troverà sicuramente ciò che

stava cercando.

Uso dei link - Uno dei capisaldi dell’informazione sul web è la reciproca

legittimazione. Il Word Wide Web è un interscambio di informazioni: un ecosistema

informativo dove le logiche di protezionismo sono un freno all’efficacia e ai buoni risultati.

I principali quotidiani italiani, nelle loro versioni on line, non utilizzano i link esterni (cioè

collegamenti ad altre pagine web diverse dalle proprie). La paura è quella di fornire

118 Sentenza 5525 del 2012, Corte di Cassazione, http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Norme%20e%20Tributi/2012/04/corte-cassazione-sentenza-5525-2012.pdf

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un’alternativa ai propri lettori e vederli così migrare dalle proprie pagine a quelle a cui si è

linkato un argomento. Un timore che costa in esperienza utente, in etica e in

posizionamento Google. Prima di tutto il link aiuta il giornalista non obbligandolo a

spiegare tutto. Se nel cartaceo una serie di infografiche o box di sintesi devono essere

inserite accanto all’articolo principale per spiegarne i punti più complessi o per ridare un

contesto, nel caso dell’evoluzione di una vicenda già trattata, nel web è possibile affidarsi

ai link. Molte volte il proprio archivio può tornare utile e quindi linkare ad un proprio

vecchio articolo può di certo aiutare. Ma non sempre l’archivio contiene quello che si

cerca, ed in questi casi non bisogna aver paura di linkare sul sito di un nostro competitor:

chi legge sarà grato della completezza dell’informazione offerta e Google premierà questo

tipo di comportamento facendoci scalare le SERP. Oltre ad essere una buona pratica SEO, i

link diventano anche una questione etica se ad esempio citiamo il virgolettato contenuto

nell’intervista rilasciata alla concorrenza. Diviene una questione di riconoscimento di

autorità della fonte scelta. Questo tipo di pratica, se utilizzata da tutti, diviene un

automatico dare-avere che arricchirebbe il lavoro di tutti. “Cover what you do best. Link to

the rest”119. Questa celebre frase di Jeff Jarvis su Buzzmachine.com riassume con efficacia

quello che dovrebbe essere il nuovo spirito del giornalismo on-line: Copri

(giornalisticamente) quello che sai fare meglio, linka tutto il resto. Quello che sostiene Jeff

Jervis nel suo articolo è che l’editoria on line, grazie anche all’uso dei link, consente di

concentrarsi sui punti di forza della propria testata. “Questo cambia la dinamica delle

decisioni editoriali. Invece di dire «dovremmo avere anche» e replicare ciò che è già là

fuori, si dovrebbe dire «cosa facciamo meglio?» Cioè, «qual è il nostro valore unico?»

Significa che quando ci si siede per coprire una storia che altri hanno già lavorato, ci si

119 Jeff Jarvis, New rule: Cover what you do best. Link to the rest, 22 Febbraio 2007, http://buzzmachine.com/2007/02/22/new-rule-cover-what-you-do-best-link-to-the-rest/

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Manuel Primi - 65 -

dovrebbe chiedere, «possiamo fare di meglio?» Se no, allora link. E dedicare il vostro

tempo a quello che si può fare meglio.”120 Questa “nuova regola” è stata redatta nel 2007 e

nei 10 anni che sono passati non è assolutamente cambiata. Il link building rimane ancora

un tassello fondamentale per tutto il web e per l’editoria on line. Questo nuovo sistema di

scambio e reciprocità consente di ottimizzare il lavoro di ogni testata giornalistica.

Significa poter allocare risorse umane e finanziarie in modo ottimale, evitando sprechi e

perdite di tempo. Un sistema dell’informazione capace di costruire e curare reti di

reciproco riconoscimento e legittimazione non sarà un valore aggiunto per il web, ma

diverrebbe una pietra angolare per un giornalismo più efficace, trasparente e di qualità.

Uso delle parole chiave – Il buon uso delle parole è alla base di una buona SEO e,

chiaramente, di un buon articolo giornalistico. Come detto in precedenza l’uso delle parole

cambia la sua importanza in base al mezzo che stiamo utilizzando. Se ad esempio si riporta

un evento per un quotidiano cartaceo, dopo un titolo ad effetto possiamo tranquillamente

iniziare l’articolo come meglio vogliamo per catturare l’attenzione del lettore, incuriosirlo,

invogliarlo alla lettura man mano che lentamente sciogliamo i nodi intorno alle note 5 W.

Scrivere un articolo per i motori di ricerca è diverso. Se un utente ha intenzione di

approfondire un argomento affidandosi ai risultati di Google, lo farà interrogando il motore

di ricerca come meglio crede. Spesso utilizzando poche e semplici Keyword, altre volte

formulando vere e proprie domande. Qualunque sia lo stile di ricerca, un qualsiasi lettore

utilizzerà parole che risponderanno a una o a più delle 5 W del giornalismo (Chi? Dove?

Come? Quando? Perché?). Scrivere un articolo orientato alla SEO significa rispondere a

queste domande già nelle prime righe della pagina e poi lasciare spazio

all’approfondimento del caso in esame. “Se una volta si doveva vendere la propria storia

120 ibidem

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 66 -

al caporedattore o al direttore, ora nell’ipercinesi di Internet l’article marketing diventa

relazione diretta e non più mediata fra il giornalista e i suoi lettori121”. Questa relazione

diretta la troviamo nella scelta di quali parole utilizzare, su quali Keyword puntare per

riuscire ad apparire tra i primi risultati e riuscire ad ottenere click dagli utenti. Per fare ciò

esistono molti strumenti con i quali ci possiamo aiutare e che presto vedremo, ma prima di

tutto occorre pensare come un qualsiasi utente. Anche lo stesso giornalista, infatti, è un

utente del web che effettua ricerche per approfondire o per ricercare informazioni. Per

aiutarci in questa operazione viene in nostro soccorso lo stesso Google con il

completamento automatico. Questa funzione appare ogni volta che iniziamo a digitare sulla

barra di ricerca di Google ed ha lo scopo di suggerire tutte le possibili, e le più comuni,

ricerche che possiamo scegliere. Essendo un servizio generato dall’algoritmo di Google

permette di capire immediatamente quali sono le Keyword più utilizzate dagli utenti per

ricercare informazioni. Vi è un ultimo concetto da fissare prima di passare agli altri

strumenti di ricerca Keyword. Se si vuole iniziare a scrivere articoli orientati alla SEO,

occorre sapere che c’è differenza se utilizziamo solo una o più Keyword per posizionare il

nostro lavoro. La cosiddetta “Coda Lunga della SEO” [Vedi Figura 12] è efficace per

comprendere questo concetto. Se scegliamo di posizionare nelle SERP un nostro articolo

con un’unica parola chiave, ad esempio “Olimpiadi”, avremo un maggior numero di utenti

che cercheranno questa esatta Keyword, ma anche moltissima concorrenza che diminuirà

la possibilità di conversione dell’utente in un nostro lettore. Se invece ci affidiamo alla

Coda Lunga costruendo un articolo con due o più parole chiave, come ad esempio

“Olimpiadi 2016 Risultati Nuoto”, allora il numero di competitor sarà minore, così come il

numero di utenti che effettueranno questa specifica ricerca, ma la possibilità di trasformare

121 Davide Mazzocco, Giornalismo Online – Crossmedialità, blogging e social network: i nuovi strumenti dell’informazione digitale, Centro di Documentazione Giornalistica, 2015, pag 64

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Manuel Primi - 67 -

un utente in lettore aumenta notevolmente. Questa regola è molto utile per tutte quelle

testate editoriali che sono nuove nel Web e che difficilmente riusciranno a competere con i

colossi che da anni si sono affermati in questo campo. Iniziare a scrivere articoli di Coda

Lunga garantisce molta meno concorrenza e la possibilità di conquistare la fiducia, almeno

inizialmente, di una piccola nicchia di pubblico.

Tra i tanti strumenti da poter utilizzare per la ricerca di Keyword efficaci ci sono molte

applicazioni che lo stesso Google mette a disposizione gratuitamente. Google Trends, ad

esempio, consente di visualizzare le parole chiave di tendenza, per categoria o per nazione,

nelle ultime 24 ore. Diviene uno strumento efficace anche per decidere quale tema trattare

e quale taglio fargli assumere, infatti, questo strumento consente anche di comparare due o

più Keyword e di verificarne l’eventuale rendimento nel tempo. Google Keyplanner è uno

strumento di pianificazione di parole chiave creato per il mondo pubblicitario ma che può

tornare utile anche a scopi giornalistici. Inserendo una parola chiave Keyplanner ne

suggerisce delle altre, sempre in base alle ricerche che gli utenti effettuano nel tempo.

Questo insieme di parole chiave alternative possono tornare utili per una strategia di Coda

Lunga ma anche per competere con un’unica parola chiave meno utilizzata dagli altri

Figura 12

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 68 -

publisher. Google Search Console è un altro strumento molto importante e l’ultimo che

tratteremo. Questo tool ha delle funzionalità dedicate ai webmaster e quindi, alcune di esse

sono più complesse delle altre. Quelle che possono interessare il giornalista sono le Analisi

Delle Ricerche. Possiamo vedere quali sono i nostri posizionamenti su Google, verificare

quali articoli si sono posizionati e quale è stato il tasso di conversione. Questa funzione

permette di comprendere sia su quali articoli concentrare il proprio lavoro di

aggiornamento sia dove concentrare il nostro tempo per articoli futuri.

Vi sono, inoltre, una serie di buone pratiche da tenere a mente per la creazione vera

e propria di un articolo orientate sia ad una buona SEO che a migliorare l’esperienza

utente. Oltre a fare un buon uso delle parole chiave nei titoli e nelle prime righe del testo,

come già è stato spiegato, è consigliabile dividere gli articoli in paragrafi accompagnati da

altrettanti titoli. La suddivisione in paragrafi aiuta il lettore in una più rapida ed ordinata

fruizione del contenuto. Ogni paragrafo deve essere accompagnato da un titolo in grassetto

che ne descriva il contenuto, così come è stato fatto all’interno di questo capitolo sulla

SEO con “Corrispondenza del contenuto”, “Originalità del testo” “Aggiornamenti di

pagina”, “Uso dei Link” e “Uso delle parole chiave”. Inoltre è opportuno utilizzare i

Grassetti sulle parole chiave. Le parole che all’interno di un articolo vengono evidenziate

in grassetto sono immediatamente percepite da Google come parole chiave, quindi è un

metodo che va utilizzato con intelligenza, senza esagerare e senza tralasciare Keyword

importanti. Oltre a fare questo, per i motori di ricerca c’è un diretto tornaconto per quanto

riguarda l’esperienza del lettore. L’uso oculato di paragrafi e grassetti infatti, aiuta il lettore

nella fruizione del contenuto, ad una più veloce lettura e fa sì che possa trovare

l’informazione che sta cercando quasi immediatamente. A rafforzare tali pratiche vi deve

essere la consapevolezza che sempre più lettori usufruiscono delle notizie tramite

dispositivi mobili. I risultati di una recente ricerca di ComScore sulle modalità di fruizione

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 69 -

dei contenuti web nel 2017 degli italiani ci confermano quanto appena affermato. Vi è un

sostanziale spostamento dalla navigazione via Desktop (-4% rispetto alla stessa rilevazione

del 2016) a quella in mobilità (+12% nel 2017 rispetto all’anno precedente)122. In totale il

tempo trascorso on line tramite smartphone è maggiore (64%) di quello passato a navigare

da computer (36%)123. Questi dati suggeriscono che, essendo la fruizione da smartphone

più diffusa che quella da pc, gran parte dei lettori utilizzerà degli schermi molto più piccoli

di quanto siamo abituati a pensare. Un articolo ben ordinato, suddiviso in paragrafi

tematici, dove le parole chiave sono ben evidenziate dal grassetto, è un articolo più facile

da leggere. Molte delle innovazioni nel campo del web si muovo in questa direzione, lo

abbiamo visto con gli Instant Article di Facebook. Anche Google è al passo con le

tecnologie mobili e dal 24 Febbraio 2016 ha rilasciato un importante aggiornamento, molto

utile anche per gli editori: Google AMP. L’acronimo sta per Accelerated Mobile Pages. Un

sistema identico agli Instant Article di Facebook che permette la creazione di contenuti

orientati al traffico dati da dispositivi mobili. Oltre a garantire, nel nostro caso, che un

articolo web sia caricato più velocemente su di uno smartphone, Google AMP garantisce

un formato ottimizzato per questi dispositivi, ma soprattutto una differente SERP. Infatti,

dall’introduzione di questo aggiornamento i risultati che fornisce Google sono differenti se

si effettua una ricerca da Desktop piuttosto che da Mobile. Nei risultati in versione

mobilità Google prediligerà quelle pagine che sono AMP. Redigere un articolo o costruire

un sito web di informazione senza tenere conto di questo cambiamento, potrebbe

precludere l’accesso alla gran parte del pubblico.

122 Diletta Parlangeli, Facebook e WhatsApp: ecco cosa fanno gli italiani su internet, 16 Febbraio 2017, https://www.wired.it/internet/web/2017/02/16/internet-italia-comscore/

123 Beatriz Vieira, Dietro le quinte: una prospettiva multi-piattaforma sull’audience digitale in Italia, http://www.comscore.com/ita/Public-Relations/Data-Mine/Dietro-le-quinte-una-prospettiva-multi-piattaforma-sull-audience-digitale-in-Italia

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 70 -

Un ulteriore appunto va fatto per la questione delle foto o dei contenuti

multimediali in generale. Le immagini all’interno di un articolo sono fondamentali perché

aiutano il lettore nella comprensione, possono dare un volto ai protagonisti della storia o

descrivere visivamente una situazione o un contesto. Questo vale per la carta stampata

come per il giornalismo on line. Ma possiamo far si che anche le immagini concorrano

all’indicizzazione del nostro articolo sui motori di ricerca. Google non può leggere le

immagini, almeno non nello stesso modo in cui possono farlo l’occhio ed il cervello

umano. Non può riconoscere in automatico chi sono le persone raffigurate o descrivere il

momento in cui è stata scattata una foto. I motori di ricerca riescono solo a leggere e a

comprendere ciò che viene scritto. È opportuno, quindi, inserire titolo e descrizione a tutti i

contenuti visivi che inseriamo all’interno di un articolo. Questo veloce accorgimento fa si

che un utente possa atterrare all’interno di un articolo tramite una ricerca per immagini,

invece che tramite una più generica ricerca web. Inoltre, l’inserimento di parole chiave

nella descrizione o nel titolo di una foto rafforzerebbe la strategia SEO per quelle Keyword

utilizzate.

In definitiva scrivere un buon articolo e far si che questo possa essere trovato dagli

utenti sui motori di ricerca non comporta particolari stravolgimenti nella pratica del

professionista dell’informazione. Come abbiamo visto, tutte le norme di Google sono

orientate ad una migliore esperienza utente. Fanno si che un utente possa trovare quello

che cerca, che l’articolo selezionato sia ben visibile, facilmente fruibile e continuamente

aggiornato. Gran parte degli standard richiesti, in realtà, sono tutti in funzione di un buon

giornalismo. Delle norme, come quella sui link, che non erano mai state scritte ma che già

da tempo erano implicite all’interno della professione giornalistica non fanno altro che

rendere il lavoro più facile, veloce ed eticamente corretto. L’unica differenza sta nel fatto

che ora questi standard qualitativi sono scritti e ben chiari, ma soprattutto difficili da

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 71 -

ignorare. Se si decidesse di farlo si rischierebbe di non raggiungere più il proprio pubblico.

Scrivere per i motori di ricerca significa, quindi, scrivere per i propri lettori. Fornire

informazioni complete, corrette e dettagliate. Parafrasando nuovamente il lavoro di C.W.

Anderson, Emily Bell e Clay Shirky sul giornalismo post-industriale: la qualità, anche in

questo caso, verrà sempre ripagata.

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 72 -

3 – Il futuro economico dell’editoria

«Le persone non hanno smesso di pagare

per le news perché vogliono diventare più stupide.

Hanno smesso perché il vecchio modello di

business non si adatta alle loro necessità».

Lea Kosgaard, direttrice di Zetland

3.1 Un giornalismo fatto di nicchie

Come visto nel primo capitolo, il mercato editoriale sta subendo gravi perdite

economiche sia per un netto calo delle vendite, sia per una contrazione degli investimenti

pubblicitari sui quali si basano gran parte dei bilanci dei più importanti gruppi editoriali

italiani. Dall’altro canto la fruizione delle news tramite internet (sia da smartphone che da

dispositivi fissi) è in costante aumento, ma gli entrate economiche derivate dalle news on

line non sono ancora vicini al rendere questo tipo di mercato sostenibile. Gli utenti di

internet sono ormai abituati alla gratuità di questo mezzo. A concorrere alla svalutazione

delle news vi è senza dubbio quel fenomeno, già trattato in questo lavoro, detto Overload

informativo. La sovra-informazione ha comportato uno sbilanciamento nel gioco tra

domanda e offerta. Questo perché per ogni fonte primaria a pagamento che tratterà un

evento esistono numerosissime fonti secondarie che riprenderanno quella stessa notizia e la

distribuiranno gratuitamente. “La sovrabbondanza informativa della rete ha reso le notizie

un bene di scarso valore economico, reperibili ovunque e senza doverle pagare.

Semplicemente ci ha cambiato la vita. Nel frattempo la crisi economica taglia le gambe

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 73 -

alle aziende, che investono meno in pubblicità”.124 Il futuro della professione giornalistica

è oggi più che mai in crisi. Non tanto perché non esiste più l’esigenza da parte dei lettori di

essere informati, ma perché il vecchio modello giornalistico sta subendo la rivoluzione

digitale che sta investendo ogni aspetto della vita sociale ed economica del mondo. Il

dibattito sul come reinventarsi senza sradicare la propria natura d’essere è tutt’ora acceso e

lontano da un’unica soluzione che capace di garantire un risultato certo. Ad ogni modo,

con il passare del tempo ed il consolidarsi di una tecnologia rispetto che un’altra, si sta

giungendo a dei punti d’incontro all’interno di questo dibattito sul futuro del giornalismo

sui quali ogni testata può iniziare a puntare per rendere quel che verrà un po’ meno incerto.

Nel 2013 il direttore del Financial Times, Lionel Barber, scrive ai propri giornalisti

una lettera dedicata al tema del futuro della professione. Nell’editoria che immaginava

Lionel Barber non vi era spazio per illusioni in eventuali rinascite del cartaceo e per questo

affermava che “sarà necessario adottare nuove regole e nuove consuetudini”. Il futuro che

ci si immagina è quello del Digital First. Vale a dire che nel futuro sarà il giornale cartaceo

che deriverà dal web e non viceversa, come avviene ora.125 Sulla stessa lunghezza d’onda

vi sono anche alcuni grandi quotidiani nazionali, primo fra tutti La Repubblica che nel

festeggiare i 20 anni del proprio portale internet pubblica un articolo di Mario Tedeschini

Lalli sul futuro dell’editoria. Anche nella parole di Tedeschini Lalli scritte nel 2017 vi è la

visione di un superamento del primato della carta sul web con l’aggiunta di un altro

importante concetto utile per la riflessione finale di questo lavoro: le nicchie. “Il

giornalismo professionale è e sarà sempre più una “nicchia” informativa, non il

124Antonio Rossano, Wolfgang Blau: "Il giornalismo sarà dominato da poche testate globali", 11 Novembre 2013, http://espresso.repubblica.it/visioni/2013/11/11/news/wolfgang-blau-il-giornalismo-sara-dominato-da-poche-testate-globali-1.140624

125 Lionel Barber, memo to staff on reshaping the newspaper for the digital age. 10 settembre 2013. http://aboutus.ft.com/2013/10/09/lionel-barber-memo-to-staff-on-reshaping-the-newspaper-for-the-digital-age/#axzz4bCU8ONdp

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Manuel Primi - 74 -

principale protagonista – nel bene e nel male – del discorso pubblico. Una nicchia che

potrà distinguersi solo per autorevolezza e perché fornisce contenuti di qualità diversa,

cioè contenuti prodotti secondo un metodo diverso, più faticoso e più costoso, di ricerca,

raccolta, verifica. Senza illudersi che questo faccia riconquistare ai giornali (sia pur

“digitali”) la centralità che stanno strutturalmente perdendo, ma nella convinzione che

l’esistenza di alcune “ridotte” della qualità informativa possa comunque tornare

socialmente utile.”126

Le Nicchie sembrano essere non solo uno dei punti di partenza del giornalismo del

futuro, ma anche un eventuale punto di arrivo per quotidiani e riviste cartacee. Abbiamo

già visto come l’introduzione dei Social Network nello scenario della comunicazione abbia

di fatto abbattuto le distanze tra lettori e giornalisti garantendo un luogo di incontro e

discussione che arricchirebbe entrambe le parti. Nell’analisi delle attività social abbiamo

parlato di come Il Manifesto sia, tra i quotidiani a tiratura nazionale, il best performer per

quanto riguarda la cura della propria comunità ed il dialogo con i propri utenti. Oltre al

quotidiano comunista vi sono altri esempi, alcuni nativi digitali come Vice, o altri cartacei

non a cadenza quotidiana ma mensile come Internazionale, che sono riusciti a ritagliarsi e

a curare un piccola comunità di lettori che ne garantirebbero la sostenibilità economica.

Quando una testata riesce a diventare simbolo di una determinata comunità questa riuscirà

non solo a consolidare il proprio numero di vendite e/o abbonamenti, ma anche ad attirare

maggiori investimenti pubblicitari.“[l’individuazione di una nicchia di riferimento] è

quanto di più interessa oggi agli inserzionisti: trovare un target di riferimento di cui

126 Mario Tedeschini Lalli, Quello che non avevamo previsto. 13 Gennaio 2017, http://www.repubblica.it/speciali/cultura/20-anni-repubblica/2017/01/13/news/tedeschini-155881100/

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conoscere alla perfezione gusti e abitudini127”. Un altro grande esponente nel mondo del

giornalismo e della comunicazione, Jeff Jervis, è intervenuto più volte su questo argomento

all’interno del proprio sito BuzzMachine. Nel 2014 ha pubblicato un saggio dal titolo What

Now for News?128 dove cerca di fornire tutte le linee guida necessarie per affrontare il

nuovo mondo dell’informazione. Queste sue ipotesi sul giornalismo si sviluppano in tre

riflessioni, la prima delle quali è intitolata “No mas no mass media” e spiega come il

pubblico non possa più essere servito come massa ma come singolo individuo. Jeff Jervis

sostiene che la costruzione dei rapporti con i propri lettori sarà la base economica del

giornalismo del futuro. Per fare ciò occorre conoscere i singoli lettori in modo che siano

loro stessi a contribuire attivamente alla creazione di quel valore aggiunto che

contraddistinguerà ogni testata giornalistica. La chiave per ottenere questo risultato,

secondo Jervis, saranno i contenuti. Il singolo articolo sarà la base di partenza sulla quale

costruire la propria comunità e dove ottenere la propria reputazione. Quel che intende

Jervis non è soltanto un dialogo diretto con i propri lettori, ma anche una lettura, da parte

di giornalisti ed editori, dei comportamenti e dei gusti della propria comunità (dove vive,

che argomenti preferisce, l’età, ecc..). Sarà quindi il contenuto, ovvero un singolo articolo

o più di essi, a comunicare se un argomento risulta interessante, utile o se è in grado di

sopravvivere nel tempo. Una tesi, quella di Jeff Jervis, che sposta il fulcro della

discussione dai contenitori (social network, siti internet, carta stampata) ai contenuti. Con

il quotidiano cartaceo ogni testata costruiva il giornale in base a ciò che riteneva più

interessante per ogni sessione: politica, cronaca, sport ecc. A vendere era l’insieme di tutte

queste scelte di contenuto fatte all’interno della redazione, anche se un qualsiasi lettore

127 Andrea Daniele Signorelli, Tiratura illimitata – Dal crowdfunding ai native ads: Inchiesta sul giornalismo che cambia, Mimesis Edizioni, 2015. Pag 45

128 59. Jeff Jarvis, What now for news?, 10 Febbraio 2014, http://buzzmachine.com/2014/02/10/now-news/

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Manuel Primi - 76 -

poteva essere interessato ad una sola sessione o semplicemente ad una singola notizia.

Quel che si vendeva, quindi, era un contenitore pieno di contenuti, a prescindere da quale o

quali di questi contenuti fosse più importante per questo o quel lettore. Con internet è il

lettore stesso che decide cosa leggere, ricerca ed infine sceglie il contenuto giornalistico

che più lo soddisfa. In questo nuovo scenario è più semplice per una qualsiasi testata

giornalistica comprendere quale tipo di articolo ha ottenuto più visualizzazioni ed

addirittura può raccogliere dati qualitativi e reazioni dei propri lettori attraverso la sessione

di commenti. A decidere la linea editoriale, quali articoli pubblicare e persino che tipo di

taglio dare a una notizia sarà la comunità di lettori e non più la testata giornalistica. Inoltre

questa nuova prospettiva sposta la posizione del giornalismo all’interno della società.

Innanzi tutto il giornalismo perde il ruolo di Agenda Setting: sono ormai gli utenti che con i

propri comportamenti decideranno di cosa parlare domani; inoltre a spostarsi è la direzione

della comunicazione: non più un modello Top Down o Botton Up ma sempre di più verso

un modello orizzontale, dove tutti gli attori influenzano e sono influenzati allo stesso

tempo. Questo non significa che i giornali perderanno la loro importanza e rilievo sociale.

Nel mondo sempre più globalizzato e connesso, caratterizzato da un forte overload

informativo. Il giornalismo è chiamato a dare ordine al caos producendo contenuti di

qualità che riescano a dare contesto, spiegazioni e approfondimenti di quanto sta

accadendo.

Ad ogni modo vi è un nuovo strumento che, date queste premesse, riuscirebbe da

una parte ad ottimizzare gli investimenti e dall’altra conseguirebbe nell’intento della cura

delle cosiddette “nicchie”. La risposta più semplice a queste esigenze non viene da nuove

piattaforme social o comunque sia da nuove tecnologie che intervengono direttamente per

risolvere una specifica esigenza. Si tratta invece di una vecchia pratica web che dopo un

breve periodo in cui sembrava diventata obsoleta è stata riscoperta da quasi tutti i soggetti

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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che animano internet: le Newsletter. La vecchia pratica delle mail è stata recuperata sia dai

professionisti dell’informazione che dai vari addetti di marketing di diverse aziende. “La

quantità eccessiva di informazioni disponibili online e la possibilità di leggere un testo in

modo interattivo e ipertestuale creano le premesse per la realizzazione del cosiddetto

giornale personalizzato. […] Può essere definito un’edizione realizzata secondo le

specifiche esigenze informative dell’utente che, sfruttando le caratteristiche di una

pubblicazione elettronica che sta consultando, si costruisce un numero personale in base

ai propri interessi”129 A scrivere queste righe è stato Enrico Pulcini nel 1999, nel suo libro

“Dopo Internet”, l’autore aveva già predetto la divisione dei lettori in piccole comunità di

interesse e la possibilità dei giornali, tramite i mezzi messi a disposizione da internet, di

fornire dei contenuti personalizzati in base alle priorità stabilite dagli stessi lettori. Le

Newsletter riescono a rispondere a tutte queste esigenze in modo più che efficiente130.

Quasi la totalità degli utenti internet possiede uno o addirittura più indirizzi mail tramite i

quali gestisce le proprie attività dentro o fuori la rete web. Nell’era segnata dall’overload

informativo il lettore può scegliere a quale tipo di newsletter iscriversi, secondo i propri

interessi e le proprie necessità, ed una volta che arriveranno questi contenuti personalizzati

sulla propria casella mail può decidere anche di non aprirle o di leggerla in un altro

momento della giornata o addirittura andare a rileggere i vecchi contenuti dei mesi o degli

anni passati. Le potenzialità di questo strumento digitale è stato già colto da molti gruppi

editoriali, blogger e giornalisti freelance anche italiani. Anche se nel nostro paese non vi

sono particolari esempi che raccontano di grandi successi economici, la pratica delle

newsletter comincia comunque a farsi spazio nello scenario informativo.

129 Enrico Pulcini, Dopo Internet, Castelvecchi editore, 1999, pag 61 130 Antonio Sgobba, Perché sono tornate di moda le newsletter, 26 Ottobre 2015,

https://www.wired.it/internet/web/2015/10/26/newsletter-storia/

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Manuel Primi - 78 -

Il Corriere della Sera è l’unico quotidiano nazionale che fornisce “Primaora”, un

servizio di newsletter integrato nell’abbonamento completo al quotidiano. Le mail partono

ogni mattina verso gli indirizzi degli abbonati al giornale di via Solferino e contengono una

selezione di notizie (a cura della redazione e non del lettore) del giorno. Tutti i link però

riportano a notizie trattate dallo stesso Corriere. Good Morning Italia è un servizio di

newsletter a pagamento che offre un servizio di filtro informativo (i famosi occhiali da sole

con i quali proteggersi dall’overload) di tutte le notizie giornaliere prodotte sia da edizioni

cartacee che da edizioni web, approfondimenti ed inchieste. Vi sono poi molti servizi di

posta elettronica a pagamento che non sono generalisti, ma si occupano solo di temi ben

specifici. Sempre in Italia c’è l’esempio di Francesco Costa che si è occupato delle elezioni

americane del 2016, oppure Slow News e Wolf sono due servizi in abbonamento dedicati

al mondo dell’informazione e del giornalismo, un tipo di servizio editoriale per

appassionati del settore o per gli addetti ai lavori. Uscendo dall’Italia, ma rimanendo in

Europa, vi è il più calzante esempio di prodotto editoriale quasi completamente digitale,

che si fonda su di un modello economico basato su abbonamenti e newsletter e che ha una

linea editoriale che si rivolge ad un tema ben specifico: Politico.eu. La testata giornalistica

tratta solo ed esclusivamente notizie relative al mondo politico dell’UE. È figlia di Politico,

medesima mission editoriale ma nata a Washington per raccontare tutta la politica nella

capitale degli Stati Uniti. Politico.eu, per raccontare le istituzioni europee a Bruxelles, si

avvale di tre strumenti: il sito internet, due tipi di newsletter (una gratuita ed una ad

abbonamento) ed il settimanale cartaceo. Questo tipo di informazione monotematica e

quasi unica nel suo genere fa registrare un milione e mezzo di utenti sul proprio sito

internet ogni mese, ben 50mila abbonati al “Brussels Playbook” (la newsletter curata da

Ryan Heath), più di 250 clienti tra istituzioni e imprese che usufruiscono della newsletter

con più servizi chiamata Politico Pro e ben 30mila lettori del settimanale cartaceo che esce

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 79 -

ogni Giovedì e che è riservato agli abbonati dei servizi di newsletter o gratuitamente presso

le Istituzioni Europee.131

Altre piccole comunità con le quali il giornalismo del futuro dovrà fare i conti sono

le vere e proprie comunità territoriali. Nonostante sia un tipo di editoria che negli ultimi

anni è stata messa a margine nella discussione sul futuro, ultimamente il giornalismo locale

sembra poter essere un modello di business sul quale investire nel futuro prossimo. Uno

dei più grandi sostenitori di questa teoria è Rasmus Kleis Nielsen, direttore del Reuters

Institute fot the Study of Journalism dell’Università di Oxford ed autore del libro Local

Journalism: The Decline of Newspapers and the Rise of Digital Media. Nielsen sostiene

che “i siti hyperlocal, spesso, sembrano avere un legame più forte con la comunità locale

di forme più vecchie di media dove la copertura delle notizie spesso era razionalizzata e

centralizzata, a tal punto da poter sembrare distante dalle vite quotidiane delle persone.

Finora, però, i progetti hyperlocal raramente si sono trasformati in imprese robuste o in

organizzazioni non profit capaci di autofinanziarsi a lungo termine, dato che molti siti

vengono chiusi solo dopo pochi anni.”132 Nonostante questi importanti presupposti

economici che non sembrano garantire un futuro sostenibile per questo tipo di giornalismo,

Nielsen sostiene che la sfida del giornalismo si giocherà soprattutto sul locale. Questo

perché le vite di tutti noi, sostiene Nielsen, sono concentrate nel nostro territorio di

riferimento: compriamo al mercato locale, percorriamo le strade cittadine, tifiamo squadre

locali e così via. “Il business dell’informazione ha per tradizione riflesso questa realtà: ci

interessavamo della nostra comunità, cercando notizie sui media locali e le autorità e le

imprese che erano interessate a raggiungerci compravano a loro volta gli spazi

131 David Carretta, Ora c’è Politico a Bruxelles. E sa rendere un po’ sexy perfino l’Ue, articolo in IL – Il Futuro dei Giornali, Magazine de Il Sole 25 Ore, Giugno 2016, n° 81 pag.56

132 Rasmus Kleis Nielsen, Sempre più media, sempre meno giornalismo locale, 19 GIUGNO 2015, http://it.ejo.ch/economia-media/sempre-piu-media-sempre-meno-giornalismo-locale

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pubblicitari dei media locali.”133 Tuttavia il subentro delle nuove tecnologie e la

percezione di un mondo sempre più globalizzato, hanno spostato l’attenzione di tutti verso

una dimensione superiore. L’essere connessi in ogni istante con contatti e notizie che

vengono ricondivise e riproposte in ogni angolo del globo ha fatto sì che il mercato delle

news locali venisse meno. Sono gli stessi publisher locali ad essersi arresi alla nuova

tendenza convinti che interessassero di più gli aggiornamenti di conflitti internazionali o le

questioni politiche nazionali. In realtà molti sondaggi sugli interessi e comportamenti dei

consumatori di News riportano risultati differenti da quella che potrebbe essere la

percezione del fenomeno. Secondo i risultati del già citato Digital News Report 2016 alla

domanda “A quali tipi di notizie siete interessati?” al primo posto vi sono le notizie locali

sia per i lettori appartenenti al genere maschile che femminile134.

La potenzialità di un mercato più attento alle esigenze locali, però, è già stato

percepito dai due principali colossi del mondo digitale: Google e Facebook. Entrambi

infatti hanno puntato negli ultimi anni al potenziamento di tutti quei servizi che potessero

rispecchiare questo tipo di esigenza. Effettuando una ricerca su Google da smartphone, ad

esempio, i primi risultati che appariranno saranno più pertinenti possibili alla posizione

segnalata dal gps del nostro telefono. Queste novità hanno però ulteriormente aggravato le

finanze di tutti i news brand locali che prima erano i principali fornitori pubblicitari per

tutti gli investitori locali, ma che adesso si sono visti scavalcare dai grandi colossi digitali.

Cosciente di quanto sia promettente questo tipo giornalismo, Il centro per il Community

Journalism ha promosso il lavoro di due ricercatori, Josh Stearns e Molly de Aguiar che

hanno pubblicato nel febbraio 2016 il Local News Lab. Una ricerca promossa dalla

133 ibidem 134 17. Digital News Report - Distinctions between Hard and Soft News, Reuters Institute for the

Study of Journalism – University of Oxford http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/hard-soft-news-2016/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 81 -

Geraldine R Dodge Foundation e per la quale J. Sterns e M. Aguiar hanno trascorso un

anno e mezzo testando nuovi modelli economici e forme di coinvolgimento della comunità

con il giornalismo locale. Il risultato sono 6 articoli che cercano di dare indicazioni sulle

possibili strade da seguire per riuscire a risollevare economicamente i progetti

d’informazione locali. Possiamo riassumere il risultato di questo report135 in 4 punti

fondamentali:

1. Rilancio delle inserzioni locali e buona formazione dei venditori di

pubblicità;

2. Il Crowdfunding è una strada percorribile;

3. Dialogo con la comunità per l’impostazione della linea editoriale;

4. Collaborazione diretta con la comunità per la creazione di notizie.

Per quanto riguarda il primo concetto, i due ricercatori rilanciano l’importanza della

pubblicità sulla stampa locale. Ma per conseguire lo scopo di una rinascita di questo tipo di

mercato occorre informare debitamente gli inserzionisti sui maggiori vantaggi che

avrebbero rispetto ad altri tipi di investimenti. Ne consegue, sostengono Aguiar e Stearns,

anche una maggiore preparazione per i venditori delle testate. Un processo complesso ma

possibile che potrebbe essere implementato cercando di sviluppare un Crowdfunding.

Questo nuovo sistema di raccolta fondi, prevalentemente su piattaforme web, consente ad

un progetto, in questo caso un progetto editoriale, di poter raccogliere dei piccoli contributi

economici dalle tante persone interessate alla realizzazione dell’idea. Per quanto riguarda il

secondo punto, i due ricercatori tengono a precisare che una raccolta fondi di questo tipo

non può essere fine a se stessa, ma dovrebbe essere inserita all’interno di un quadro

135 Molly de Aguiar and Josh Stearns, Lessons Learned from the Local News Lab, Geraldine R. Dodge Foundation, Febbraio 2016

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 82 -

strategico più generale. Per spiegare cosa si intende all’interno del “Lessons Learned from

the Local News Lab” per quadro strategico in un contesto di stampa locale, occorre passare

alla spiegazione dei punti successivi poiché ognuno propedeutico per gli altri. Quello che

suggeriscono Aguiar e Stearns è un capillare dialogo e collaborazione tra giornalisti locali

e comunità di riferimento. In poche parole la cura degli interessi della propria comunità,

della propria nicchia di riferimento. I social network possono essere un luogo dove si

sviluppa questo tipo di dialogo ma, il trovarsi sullo stesso territorio propone una enorme

quantità di alternative che prevedono anche confronti faccia a faccia. Quel che viene

suggerito alle testate locali è l’organizzazione di incontri, dibattiti o presentazioni

all’interno dei luoghi di socialità del proprio territorio di riferimento. In questo modo i

giornalisti e la testata possono confrontarsi dal vivo sui temi caldi, avere dibattiti ed

uscirne entrambi, sia lettori che giornalisti, più arricchiti e più orientati verso i il punto di

vista altrui. Abbiamo qui spostato l’attenzione su di un tipo di stampa a livello territoriale e

quindi la comunicazione con i propri lettori non deve necessariamente svolgersi all’interno

dei social network, che abbiamo visto nel capitolo precedente essere appositamente adibiti

a questo scopo. Quel che viene suggerito nei risultati di questa ricerca è un dialogo dal

vivo e quindi la creazione di incontri con i propri lettori sul territorio di riferimento e per

permettere poi che i diversi punti di vista e le diverse opinioni trovino riscontro all’interno

della linea editoriale del progetto editoriale. Il crowdfunding quindi assume, all’interno di

questo quadro, un aspetto di membership da parte dei lettori che si sentono coinvolti e

rappresentati all’interno della redazione.

Come ulteriore conferma di quanto sostenuto sull’importanza delle news locali vi

sono i risultati di un’indagine condotta da Nielsen in collaborazione con il Gruppo

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 83 -

Editoriale Citynews.136 La ricerca è stata effettuata intervistando 1500 individui

rappresentativi dei lettori di news on line. Dai risultati risulta una percentuale pari all’86%

che dichiara di aver letto almeno una notizia relativa a territorio dove vive, mentre il 76%

preferisce un mix di new tra locale e nazionale. Oltre ai dati statistici l’indagine Nielsen

parla di un maggior riconoscimento qualitativo verso le testate giornalistiche locali. Le

redazioni situate sul territorio sono considerate dai lettori di news on line come più

attendibili e più precise rispetto alle altre di interesse nazionale. Per quanto riguarda il tema

della sostenibilità economica i risultati della ricerca dimostrano come le pubblicità sui siti

internet di informazione risultino catturare più attenzione dei lettori rispetto alla pubblicità

situata sui siti di news nazionali. Il 61% del campione infatti, dichiara di prestare maggiore

attenzione alla pubblicità situata sui siti locali. Inoltre, i siti di informazione locale si

contraddistinguono per essere uno strumento efficace di guida al punto vendita e

passaparola. Il 71% degli intervistati dichiara di essere più orientato ad andare in un punto

vendita dopo aver letto una news locale, contro il 29% per le testate nazionali, e con il 69%

che dichiara di parlarne con amici e parenti. Atteggiamento supportato dal fatto che gli

136 Sandy Suardi, Siti di news locali: un touchpoint strategico, 22 Marzo 2017, http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2017/sites-local-news-a-strategic-touchpoint.html

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 84 -

annunci proposti sono percepiti come più vicini agli interessi dei lettori. [Vedi Figura 13]

Figura 13

Chiudiamo questo paragrafo sull’importanza delle nicchie per il sostentamento

economico dei progetti editoriali del futuro, con l’esempio di un caso che rispecchia a

livello teorico quanto sostenuto finora all’interno di questo lavoro. Il progetto di cui vorrei

parlare è Pratosfera137. Questo progetto editoriale si concentra su una determinata e ben

specifica zona geografica, Prato per l’appunto, e ristringe ulteriormente la propria nicchia

di riferimento non producendo articoli di cronaca, ma trattando solo di eventi e cultura. Il

progetto di Pratosfera si sviluppa su tre canali di distribuzione. Il primo è un classico sito

internet dove pubblicare i propri contenuti. Vi è poi una newsletter che viene inviata ai

137 http://www.pratosfera.com/chi-siamo/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 85 -

propri lettori una volta a settimana, il martedì, dove all’interno è possibile trovare una

guida completa su tutti gli eventi mondani e culturali presenti in città fino al martedì

successivo. All’interno della newsletter e del sito vi sono la maggior parte di fonti di

ricavo: pubblicità sotto forma di articoli sponsorizzati, banner e pubblicità vendute da

Google. Il terzo ed ultimo canale di distribuzione è Telegram, un’applicazione di

messaggistica istantanea prevalentemente utilizzata per le conversazioni su smartphone e

che viene utilizzata per il progetto Prato Oggi. Questo servizio di Pratosfera offre ai propri

iscritti due brevi rassegne stampa ogni giorno su tutto ciò che accade in città. Vi è quindi

un servizio offerto di scrematura dell’Overload informativo da parte della redazione stessa

per i propri utenti. All’interno di questi due messaggi giornalieri (uno all’ora di pranzo e

l’altro all’ora di cena) vi è un’accurata selezione di tutti i principali eventi accaduti

all’interno della città di Prato, tutti accompagnati da titolo, breve descrizione e link diretto

alla testata giornalistica che meglio ha raccontato l’argomento. Un insieme di link quindi,

che non produce traffico verso il proprio sito internet, fatta eccezione per una sola notizia

di cultura ed eventi pratesi all’interno di ogni messaggio, e che quindi non ha paura di

fornire lettori anche ad altre testate giornalistiche. Questo servizio di selezione notizie,

oltre a sperimentare un nuovo strumento di distribuzione come un’applicazione di

messaggistica istantanea, rappresenta un ottimo esempio di cura della propria comunità di

riferimento. Un servizio non invasivo per i lettori e che crea ordine all’interno

dell’overload informativo. Grazie a questi sistemi che creano un forte rapporto di fiducia

tra lettori e redazione, Pratosfera riesce a realizzare circa 100mila utenti al mese sul

proprio sito internet, 800 iscritti alla newsletter settimanale, quasi 400 iscritti al canale

Telegram, ma soprattutto riesce a vendere spazi pubblicitari all’interno della propria città

di riferimento rendendo il proprio lavoro sostenibile dal punto di vista economico.

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 86 -

3.2 Modelli di business esistenti

We are living at the most exciting time

for journalism since the advent of television.

James Harding, direttore BBC News

La linea editoriale scelta da un qualsiasi progetto giornalistico è direttamente

correlata al tipo di modello economico con il quale decidiamo di finanziare il nostro

lavoro. Alcuni tipi di modelli economici non sono consigliabili per le vecchie testate

generaliste (vedremo a breve il perché) con una nota reputazione sulla carta stampata.

Occorre quindi calibrare bene quelle che sono le proprie esigenze, economiche e

lavorative, per poi scegliere su quali tipi di finanziamento fondare un progetto editoriale. I

modelli economici che prenderemo in esame nel corso di questo capitolo sono rivolti sia al

mondo digitale che a quello cartaceo. Anche se il supporto cartaceo rappresenta quel tipo

di fruizione delle notizie che con il sopravvento del web si avvia verso il disuso, questo

non vuol dire che il quotidiano o il mensile su carta incontreranno necessariamente la loro

fine in un futuro prossimo. Così come è avvenuto per la Radio che è riuscita a ritagliarsi

una fetta di pubblico di riferimento per far fronte al proprio superamento tecnologico da

parte della televisione, non vi è ragione di pensare che anche la stampa cartacea non riesca

ad ottenere questo tipo di risultato per garantire la propria sopravvivenza. Tuttavia questo

capitolo, così come gran parte di questo lavoro, si concentrerà su quello che è il mercato

delle notizie on line per riuscire a comprendere quali sono le diverse alternative che un

progetto giornalistico digitale può intraprendere per far si che sia economicamente

sostenibile.

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 87 -

Il modello Mainstream. Il primo tipo di finanziamento di cui parleremo è anche il

modello più diffuso nel web. Si tratta di un tipo di finanziamento che si basa quasi

esclusivamente sulla pubblicità. Esistono diversi tipi di pagamento da parte degli

inserzionisti ma tra i principali troviamo il Pay per impression, dove lo sponsor paga la

testata giornalistica per il numero di volte che la propria pubblicità è apparsa sugli schermi

dei lettori; ed il Pay per Click , un modello economico tramite il quale la pubblicità viene

pagata alla testata giornalistica solo ed esclusivamente se il lettore aprirà l’annuncio

pubblicitario. Questi tipi di modelli economici sono riusciti da una parte, a garantire

ingressi economici a tutte quelle testate giornalistiche in grado di ottenere una grande mole

di visualizzazioni da parte dei lettori, dall’altra però ha di fatto tagliato le gambe a

chiunque non fosse in grado di convertire le masse di utenti in lettori. Le problematicità di

questo modello però, non si fermano alle piccole realtà. Abbiamo già accennato nelle

Figura 14

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 88 -

pagine precedenti al fenomeno del click baiting. Questo tipo di giornalismo dai titoli

“impressionanti” ed “esclusivi”, che promettono al lettore dei contenuti mozzafiato solo ed

esclusivamente per ottenere l’attenzione della massa e quante più possibili visualizzazioni

è direttamente collegato a questo tipo di modello economico. Pur di ottenere tutto e subito

molte testate giornalistiche hanno abbandonato l’idea di poter sviluppare un progetto

editoriale di qualità volto ad ottenere risultati e lettori fidelizzati nel medio lungo termine.

Da qui le colonne di destra dei principali quotidiani generalisti nazionali, i video di gattini

sui social e una grande quantità di breaking news da parte di tutti gli attori che

contribuiscono all’amplificazione dell’Overload informativo. Ciò nonostante questo

modello economico è il predominante all’interno del mercato editoriale on line ed è

riuscito a produrre anche delle grandi realtà editoriali. Vi è ad esempio il caso

dell’Huffington Post che nel Dicembre del 2014 dichiara al mondo di essere tra i più

grandi e proficui siti d’informazione esistenti riuscendo a guadagnare 100 milioni di dollari

l’anno138. Il problema è del come Huffington post, o altri esempi come questo, siano

riusciti ad ottenere questo tipo di successo economico. Oltre alla questione di qualità, di un

giornalismo sempre più orientato alla massa anziché al valore sociale e politico della

propria professione, vi è anche un discorso di sfruttamento del lavoro dei propri

collaboratori. Non a caso Huffington post nel 2011 è stato citato a giudizio per 105 milioni

di dollari ai danni di oltre 9 mila blogger che hanno collaborato con la testata ma che non

hanno mai avuto un riscontro economico, nonostante l’azienda incassasse utili da

capogiro139. “La buona notizia è che, a oggi, - Scrive Andrea Daniele Signorelli - si è già

trovato un modello che renda l’informazione sul web economicamente sostenibile per la

138 Henry Blodget, Huffington Post Now Makes $100s Of Millions Of Revenue, Putting Early Skeptics In Their Place, 3 Dicembre 2014, http://uk.businessinsider.com/huffington-post-revenue-2014-12?r=US

139 Jeremy W. Peters, Huffington Post Is Target of Suit on Behalf of Bloggers, 12 Aprile 2011, https://mediadecoder.blogs.nytimes.com/2011/04/12/huffington-post-is-target-of-suit-on-behalf-of-bloggers/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 89 -

società editrice; la cattiva notizia è che questo modello è quanto di più lontano dal

giornalismo di qualità si possa immaginare: redazioni ridotte all’osso; una pletora di

giornalisti freelance affamati (più o meno metaforicamente) che scrivono articoli a

velocità inaudite, per compensi irrisori e senza mai muoversi da casa. La priorità assoluta

è quindi data ad articoli potenzialmente virali da dare in pasto alle centinaia di migliaia di

fan su Facebook, conquistati tramite campagne acquisti condotte puntando sul pubblico il

più generalista possibile.140” Quindi, se si vuole garantire al proprio pubblico una

fruizione delle notizie completamente gratuita ci si deve preoccupare di attirare quanto più

traffico possibile e quindi, questo modello economico, comporta necessariamente una linea

editoriale quanto più generalista possibile. Allo stato attuale, infatti, un grande testata

nazionale generalista che sta lentamente effettuando il passaggio dal cartaceo al digitale

incontra enormi difficoltà ad eguagliare con internet quelle che erano le entrate garantite

dalla vendita del cartaceo. Il quasi totale monopolio pubblicitario posseduto dai grandi

colossi del web, come Google prima di tutto, impone alle testate giornalistiche un mercato

segnato dalle decisioni di terzi soggetti e non permette quasi più il controllo diretto sui

ricavi. Inoltre le sempre più invasive pubblicità contenute nel web hanno portato gli utenti

a ricorre a software che impediscono la visione di spot o banner pubblicitari. Adblock è il

software più diffuso al mondo per questo scopo e secondo il Report 2016 di Human

Highway gli utenti Italiani che bloccano la pubblicità online sono circa il 23% per un totale

di 300 milioni di euro di mancato incasso per gli editori italiani141 [Vedi Figura 14]. Per

arginare i bassi profitti concessi da Google e il fenomeno degli AdBlockers i publisher

devono puntare sempre ad un maggior numero di lettori. Quanto è più grande una testata

140Andrea Daniele Signorelli, Tiratura illimitata – Dal crowdfunding ai native ads: Inchiesta sul giornalismo che cambia, Mimesis Edizioni, 2015, Pag. 28

141 Andrea Signorelli, 7 milioni di italiani usano gli adblocker, 8 Giugno 2016, La Stampa, http://www.lastampa.it/2016/06/08/tecnologia/news/milioni-di-italiani-usano-gli-adblocker-x0A3damMdwmvtVIiC1QHiM/pagina.html

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 90 -

tanto più dovrà garantire un maggior flusso di utenti trattando breaking news e sempre più

video virali o gossip dell’ultimo minuto. Al contrario le piccole realtà possono riuscire

nell’impresa di essere economicamente sostenibili puntando su pochi articoli evergreen ma

ben posizionati su Google. Una differenziazione nei prodotti e nelle forme di

finanziamento sarebbe comunque auspicabile, qui di seguito alcuni esempi di modelli

economici che potrebbero aiutare il già consolidato, ma per nulla perfetto, modello

mainstream.

Native Advertising. BuzzFeed ed il suo grande successo economico ed editoriale

ha portato un’onda di cambiamento all’interno del panorama informativo. Il creatore di

questa formula vincente è Jonah Peretti ed in una sua lettera ai propri 700 dipendenti nel

2014 parlava di 100 milioni di dollari di entrate e 75 milioni di utenti unici al mese142. Il

modello editoriale di BuzzFeed è noto in tutto il mondo e molte testate giornalistiche

hanno tentato di affrontarlo spesso con pessime conseguenze. Questo perché il portale di

Peretti si basa tutto sulla viralità dei propri contenuti sul web. Buzzfeed riesce a creare sia

contenuti che riescano a cavalcare gli algoritmi di Facebook sia articoli con ottimi

posizionamenti su Google. In poche parole riescono a creare contenuti che riescono

immediatamente a convertire e a moltiplicare il traffico sul proprio sito internet. Quel che

rende speciale questo tipo di modello è la sua forma di finanziamento. Buzzfeed infatti fa

parte di quel modello economico detto Native Advertising. All’interno del proprio sito

internet Buzzfeed non utilizza pubblicità diretta (banner, pop-up, ecc), ma la fonte dei

propri guadagni è sempre basata sulla pubblicità. Sono gli stessi contenuti ad essere

sponsorizzati, veri e propri articoli, video, classifiche, immagini che vengono realizzate per

142 Lukas I. Alpert, Buzzfeed Crosses $100 Million in Revenue, Staff Memo Says, 25 Novembre 2014, Wall Street Journal, http://blogs.wsj.com/cmo/2014/11/25/buzzfeed-crosses-100-million-in-revenue-staff-memo-says/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 91 -

le aziende sponsorizzatrici. Sono sempre più le testate giornalistiche che si affidano a

questo tipo di sostenibilità economica. Ebbe molto successo una raccolta di 5 articoli

pubblicata sul sito del Wall Street Journal che raccontava del narcotraffico in Colombia

negli anni ’90, di Pablo Escobar e del cartello di Medellin dal titolo Cocainenomics143.

Questo tipo di contenuto, ancora disponibile sul sito del Wall Street Journal, non contiene

nessun tipo di pubblicità diretta, l’unica dicitura riportata per far capire che si tratta di un

contenuto sponsorizzato è e la scritta “sponsor generated content” [vedi Figura 15] ad

inizio pagina, scritto piccolo ma in posizione centrale. La raccolta Cocainenomics

finanziata da Netflix per lanciare l’uscita della propria serie televisiva sulla vita di Pablo

Escobar al suo interno è un dossier molto accurato e ben scritto, completo di mappe che

rappresentano le tratte del narcotraffico, date storiche e foto d’archivio. La differenza tra la

pubblicità tradizionale ed il Native Advetising sta proprio nella qualità del contenuto

offerto al lettore che fa si che quest’ultimo metta in secondo piano il fatto che

quell’articolo sia sponsorizzato. Nonostante questo modello economico sia da poco nato e

già così remunerativo presenta grandi problematicità che non si possono ignorare.

Innanzitutto vi è una questione etica. Ponendoci un caso limite come esempio, cosa si può

143 Cocainenomics, http://www.wsj.com/ad/cocainenomics.html

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 92 -

e cosa non si può scrivere all’interno di un articolo che viene finanziato da una grande

società che eticamente non rappresenta quei valori sui quali la nostra testata giornalistica si

fonda? Di fatto il Native Advertising potrebbe trasformare le testate giornalistiche di

informazione, inchiesta e approfondimento in mere agenzie di marketing pubblicitario. È

un aspetto che si deve tener presente se si sceglie questa strada economica/editoriale.

Il mecenatismo. Ci sono casi nel mondo dove gli investimenti a fondo perduto alla

stampa da parte di facoltosi miliardari hanno prodotto tipi di giornalismo molto interessanti

soprattutto dal punto di vista della ricerca tecnologica. Il caso più eclatante e che meglio si

sposa con quanto detto finora è quello del Washington Post. Il Quotidiano della capitale

degli Stati Uniti d’America è tra i più famosi al Mondo grazie anche ad una lunga

tradizione di giornalismo investigativo e d’inchiesta. Nonostante sia la testata giornalistica

che ha dato vita al caso Watergate e alle successive dimissioni del Presidente degli Stati

Uniti Nixon, il Washington Post è un giornale che come tanti soffre della crisi economica

dovuta alle poche vendite del cartaceo. Il quotidiano della capitale è tornato sulla bocca di

Figura 15

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 93 -

molti nell’agosto del 2013, quando ad acquistarlo è stato Jeff Bezos, il mecenate fondatore

di Amazon, per 250 milioni di dollari. “Non so nulla di editoria- ha affermato lo stesso

Bezos in un’intervista -, ma conosco un paio di cose su internet. Questo, assieme alla mia

disponibilità finanziaria, è la ragione per cui ho comprato il Washington Post144”. Infatti il

Post non è ancora stato salvato da qualche magica ricetta del mecenate di internet. Quello

che il capitale di Jeff Bezos garantisce al giornale della capitale è un sostanzioso

investimento quotidiano per sperimentare quanto più possibile. Ma la base di

finanziamento dei progetti digitali del Washington Post è ancora strettamente legata al

vecchio modello di pagine visitate dagli utenti, circa 18,8 milioni di visitatori unici al

mese. Tutti gli occhi però sono puntati sulle mosse del quotidiano all’interno di una

partnership instaurata tra il Post e la stessa Amazon145. Tale collaborazione ha fruttato uno

dei più interessanti esperimenti di finanziamento dei quotidiani ad oggi esistenti: un

quotidiano distribuito solo in digitale. Quello che sembra essere un vecchio modello già

sperimentato ed abbandonato, con la partnership di Amazon, in realtà potrebbe avere degli

interessanti sviluppi nel futuro prossimo. Il team di tecnici assunti da Jeff Bezos ha

sviluppato un’applicazione per Kindle (l’e-Reeder prodotto da Amazon) che consente di

consultare la copia digitale del Washington Post per sei mesi. Al termine di questo periodo

di prova l’abbonamento prevede il costo di 1 dollaro per la consultazione del giornale per

altri sei mesi. Il costo per ora sembra essere strettamente legato alla sperimentazione messa

in atto da Bezos, tuttavia questo tipo di distribuzione permette l’eliminazione di molti costi

aggiuntivi quali rotative, costi di trasporto ed intermediari vari (come ad esempio le

edicole). In definitiva la soluzione di un mecenate che cerca di risollevare l’economia e il

144 Mike Isaac, Amazon’s Jeff Bezos Explains Why He Bought The Washington Post, 2 Dicembre 2014, New York Times, https://bits.blogs.nytimes.com/2014/12/02/amazons-bezos-explains-why-he-bought-the-washington-post/?_r=0

145 Sam Frizell, Amazon Kindle Users Are Getting the Washington Post for Free, Time, 20 Novembre 2014, http://time.com/3597304/amazon-washington-post-kindle/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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nome di un quotidiano storico in nome della Libertà di Stampa non è una soluzione per

tutti, ma se ci si concentra sulla ricerca tecnologica, questa potrà portare ad una soluzione

economica alternativa per molti. Un altro esempio di mecenatismo per salvaguardare il

futuro del giornalismo lo abbiamo con Intercept. La testata lanciata nel febbraio 2014 è

divenuta famosa per il suo giornalismo d’inchiesta. Il direttore Glenn Greenwald è un ex

giornalista del Guardian famoso per lo scoop sul Datagate e le falle nella sicurezza per la

tutela della Privacy. Questo tipo di giornalismo Watch-dog è però completamente

sovvenzionato dalla Silicon Valley. Nello specifico è il magnate di Ebay, Pierre Omidyar,

che garantisce la struttura no-profit della testata. Nonostante alcune dichiarazioni dalla

proprietà dell’Intercept, volte ad una sperimentazione economica per rendere il progetto

del giornalismo d’inchiesta sostenibile, ad oggi il giornale rimane totalmente indipendente,

tanto da non accettare neanche donazioni volontarie per sostenere la causa.

Qualità e abbonamenti - Un tipo di giornalismo che sia sostenibile e allo stesso

tempo investigativo, di qualità, è possibile anche senza il fondatore di Ebay come garante

per l’indipendenza economica. L’esempio proviene dall’Europa ed è rappresentato da

Mediapart. La testata francese è riuscita nell’intento di ottenere i finanziamenti necessari

per la sopravvivenza grazie al proprio lavoro qualitativo. Il debutto di Mediapart in rete è

avvenuto nel 2008 con la pubblicazione dello scandalo Bettencourt che rivelava i

finanziatori della campagna elettorale di Sarkozy. Questo ingresso nello scenario mediatico

insieme alla notorietà riconosciuta al direttore Edwy Plenel, ex direttore de Le Monde,

hanno convito un sempre maggior numero di persone ad abbonarsi alla testata online.

Mediapart conta ben 100 mila abbonati che con 90 euro l’anno possono leggere tutte le

inchieste prodotte dalla testata, chi ancora non è abbonato può usufruire solo della lettura

delle prime righe di ogni singolo articolo. Grazie a questo modello che si basa

principalmente sulla qualità, la testata francese riesce a mantenere una redazione composta

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 95 -

da 30 giornalisti, garantendo allo stesso tempo ricavi e diffusione, senza dover ricorrere a

strategie di click-baiting sui social o sul portafoglio di qualche miliardario.

Modello a 3 teste. Abbiamo visto nel capitolo precedente il caso di Politico

all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea. Questo tipo di progetto nasce però negli

Stati Uniti per raccontare la politica di Washington. Gran parte del modello di Politico.com

è molto simile, sia dal punto di vista editoriale che dal punto di vista economico, al

gemello europeo. Il modello economico/editoriale di Politico è l’esempio perfetto per

capire come sia possibile per gli editori differenziare prodotti ed entrate economiche. Il

50% degli incassi della testata derivano dalla pubblicità inserita all’interno del proprio sito

internet, in poche parole il modello Mainstream descritto poco fa. Un tipo di modello

economico che si adatta perfettamente al tipo di taglio editoriale che viene dato ai

contenuti gratuiti e generalisti all’interno del portale. La particolarità di Politico, che la

rende una testata degna di attenzione e studio, è la ripartizione del restante 50% del

finanziamento. Il 40% si basa sulla propria unicità all’interno dello scenario mediatico.

Politico infatti è l’unica testata che racconta tutto quello che accade nella politica degli

States. La posizione di insider nelle “stanze che contano” rende Politico l’unico giornale in

grado di raccontare ciò che avviene nei corridoi di Capitol Hill e della Casa Bianca, prima

delle altre testate e con una qualità altamente competitiva. Questo tipo di giornalismo è

dedicato potenzialmente a tutti, dato che le decisioni che vengono prese in questi ambienti

influenzeranno la vita di tutti gli statunitensi. Il 40% dell’economia del giornale si basa

quindi sull’esigenza di tutte quelle personalità e organizzazioni di sapere prima di tutti e

meglio degli altri come cambieranno le leggi o l’economia del paese. PoliticoPro, il

servizio che garantisce questo tipo di informazione, conta più di mille organizzazioni

disposte a pagare delle elevate somme di denaro per essere sempre aggiornate sula politica

degli States. PoliticoPro viene quindi suddiviso in 10 sezioni, ognuna delle quali è

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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concentrata e specializzata in argomenti differenti: educazione, trasporti, tecnologia,

agricoltura, ecc. Giusto per rendere l’idea di quanto il servizio di Politico si sia reso

indispensabile per la politica statunitense, lo stesso dipartimento dell’Istruzione del

Congresso, nel 2014, ha sottoscritto il proprio abbonamento per la sessione Educazione di

PoliticoPro per ben 25mila dollari l’anno (abbonamento poi disdetto per il prezzo troppo

elevato)146. Il restante 10% del bilancio di Politico viene garantito da una serie di eventi

organizzati su temi specifici. Questo tipo di incontri sono sempre sponsorizzati da grandi

aziende, portano sul palco nomi di spicco e richiamano l’attenzione e la partecipazione (a

pagamento) di moltissimi addetti ai lavori che necessitano di aggiornamenti di settore.

Questo sistema a 3 teste permette di mantenere una redazione di 400 dipendenti, la metà

dei quali sono giornalisti.

Paywall. Questo tipo di modello è già stato ampliamente sperimentato negli ultimi

anni da diversi editori con risultati di dubbio successo. Per spiegare questo tipo di

finanziamento e le sue implicazioni per un progetto editoriale è sufficiente tradurre quasi

letteralmente all’italiano il suo nome. Si tratta di inserire all’interno del proprio sito

internet un “muro” oltre il quale l’utente non può leggere nessun articolo se non è disposto

a “pagare”. Questo tipo di sistema permette all’editore di decidere quanto poroso debba

essere questo “muro”. È possibile renderlo rigido, anche detto Hard Paywall, in modo tale

che nessun articolo sia leggibile se non dietro pagamento, è possibile inserire il Paywall

dopo qualche riga dell’articolo oppure si può optare per un tipo di “muro” che si attiva solo

dopo un tot. di articoli letti in un determinato periodo di tempo: il cosiddetto Metered

Paywall. Il Corriere della Sera, ad esempio, ha optato per questa opzione. Sul sito internet

146 Valerie Strauss, U.S. Education Dept. decides Politico Pro costs too much, 30 Gennaio 2014, Washington Post, https://www.washingtonpost.com/news/answer-sheet/wp/2014/01/30/u-s-education-dept-decides-politico-pro-costs-too-much/?utm_term=.bc23c5601fd5

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Manuel Primi - 97 -

del Corriere è possibile leggere gratuitamente un totale di 20 articoli al mese, superato

questo limite scatta il Paywall che richiede la sottoscrizione di un abbonamento. Il primo

mese di abbonamento è in offerta a soli 99 centesimi, nei mesi successivi il costo previsto è

di 9,99 Euro. In un primo momento il Paywall del Corriere sembra che abbia ottenuto dei

risultati soddisfacenti, circa 26 mila abbonati nel primo mese147, per poi trovare un calo del

traffico web pari al 15% circa. 148 Probabilmente il primo dato positivo è dovuto alla

formula di sconto applicata all’abbonamento del primo mese. Ad ogni modo il modello

Paywall per i siti di informazione sembra non essere una soluzione alla crisi economica

dell’editoria. Prima di tutto perché basta avere un minimo di dimestichezza con la

tecnologia per aggirare il “muro” e proseguire con la lettura. Il motivo principale però è

una questione legata all’Overload informativo. Così come abbiamo detto in precedenza,

per ogni fonte primaria ne esistono altre dieci o venti secondarie che riprendono la notizia,

la rilavorano e la ripubblicano gratuitamente sulla rete. Questo sistema concede al lettore

un numero sempre più elevato di notizie gratuite e quindi la possibilità di aggirare il

Paywall semplicemente migrando su un altro sito d’informazione. Questo accade

soprattutto per i media generalisti che trattano ogni tipo di notizia. Siti con una linea

editoriale più unica o specializzata, abbiamo visto il caso Francese di Mediapart, sono

meno soggetti a questo tipo di migrazione dell’utente perché il contenuto che si cela dietro

il Paywall è unico e non può essere trovato altrove.

Vi è poi un’altra questione che ha fatto innervosire i vari lettori del Corriere.it, ed è

un tema strettamente legato alla natura generalista della testata e al modello di

147 Davide Casati, Corriere della Sera: 26mila gli abbonati alla nuova offerta digitale, 22 febbraio 2016, http://www.corriere.it/cronache/16_febbraio_22/corriere-sera-26mila-abbonati-nuova-offerta-digitale-4e1d503e-d981-11e5-b385-82888b0a9701.shtml

148 Pier Luca Santoro, Corriere: Effetto Paywall?, 29 Febbraio 2016, DatamediaHub, http://www.datamediahub.it/2016/02/29/corriere-effetto-paywall/#axzz4c2rYbevY

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 98 -

finanziamento Mainstream tuttora esistente all’interno del sito. Il Corriere.it propone per il

suo portale e poi sui diversi canali social tutte quelle soft news poco rilevanti in termini

qualitativi e che puntano principalmente al traffico facile delle masse di utenti. Tutte quelle

soft news con gattini, brevi dichiarazioni di vip o Breaking news estremamente povere, se

visualizzate, concorrono al conteggio dei 20 articoli leggibili nell’arco del mese. Se si deve

pagare per la visualizzazione delle notizie gli utenti si aspettano sempre più qualità ed

unicità. Esattamente come affermavamo all’inizio di questo capitolo, la linea editoriale di

un publisher deve essere in linea con il modello economico che si sceglie e viceversa.

L’essere generalisti nel caso dei Paywall, non sembra essere la strada vincente. Infatti i

risultati della International News Media Association ci parlano di un sempre minor

interesse da parte degli editori per la soluzione Paywall all’interno dei loro siti internet149.

Il sondaggio effettuato da INMA risale all’anno 2015 e già riportava che l’interesse verso i

Paywall era in netto calo rispetto all’anno precedente.

Crowdfunding Concludiamo con un ultimo modello economico a cui abbiamo già

fatto riferimento nelle pagine precedenti. Il sistema di raccolta fondi on line per finanziare

progetti, anche detto crowdfunding, è un tipo di soluzione che negli ultimi anni ha riscosso

notevoli risultati in tutto il mondo. Questo tipo di soluzione permette ad un singolo

giornalista o ad una piccola realtà di ottenere i finanziamenti necessari per iniziare o

proseguire il proprio lavoro. Basandosi su piccoli investitori disposti a pagare delle piccole

somme di denaro, il crowdfunded journalism non si adatta alle grandi realtà editoriali. Solo

nel 2014 sono stati finanziati tramite Kickstarter – la piattaforma di Crowdfunding più

seguita - più di 200 progetti legati al giornalismo: nuove testate cartacee, portali online,

149 Joseph Lichterman, Survey: News orgs are prioritizing mobile development and placing less emphasis on paywalls, 18 Maggio 2015, http://www.niemanlab.org/2015/05/survey-news-orgs-are-prioritizing-mobile-development-and-placing-less-emphasis-on-paywalls/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 99 -

radio, reportage fotografici e soprattutto inchieste e reportage.150 Una soluzione dal basso

che permette di finanziare dei piccoli progetti ambiziosi che altrimenti non troverebbero il

modo di essere economicamente sostenibili. Uno dei problemi è nella confusione e

disorganicità con la quale vengono presentati questi progetti all’interno delle piattaforme

come Kickstarter. In pratica, all’interno della piattaforma si trovano numerosissime

raccolte fondi per altrettanti progetti editoriali disposti in maniera casuale. Non è certo che

un buon progetto riesca ad ottenere i finanziamenti necessari per dare il via ai lavori

mentre è possibile che un’idea meno ambiziosa e meno originale riesca a raccogliere anche

più del dovuto. Tutto sembra un po’ lasciato alla fortuna in questa fase iniziale. Ma la

problematicità maggiore è rappresentata dal seguito del progetto. Non vi è certezza, infatti,

che il materiale prodotto dal lavoro giornalistico sia seguito in un secondo tempo.

Addirittura si possono ottenere casi in cui i lettori sono anche in numero minore dei

finanziatori del progetto, questo perché è più facile e veloce riuscire a donare 2 Euro che a

leggere e seguire un articolo in Long Form d’inchiesta, in più lo scenario confuso e il caos

di questi portali di raccolta fondi non sempre riescono a garantire un rapporto continuativo

tra donatore e giornalista. Perplessità a parte, questo tipo di modello riesce a garantire una

stabilità economica al giornalista o al gruppo di professionisti che riescono ad emergere

dalla raccolta fondi on line. Di fatto le potenzialità di questo nuovo sistema sono tante e i

risultati possono variare da progetto a progetto. Resta comunque sia un tipo di

finanziamento che se mirato ad un singolo progetto o ad un singolo giornalista, riuscirebbe,

almeno in un primo momento, a risollevare le sorti del giornalismo d’inchiesta che più di

tutti sta subendo i colpi inflitti dalla gratuità delle news on line.

150 Andrea Daniele Signorelli, Crowdfunded Journalism. È la stampa bellezza, 10 marzo 2015 https://www.che-fare.com/crowdfunded-journalism-e-la-stampa-bellezza/

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 100 -

Conclusioni

Il giornalismo non è morto e di certo non morirà finché vi saranno storie da

raccontare. Il giornalismo e l’editoria, come abbiamo visto, stanno cambiando così come

cambiano le abitudini e le necessità di una società segnata dai mutamenti tecnologici

sempre più frequenti. Il problema principale è che questo cambiamento per l’editoria

rappresenta uno scenario molto più complesso, pieno di piattaforme su cui distribuire e di

diversi tipi di linguaggio da utilizzare. Tutto questo scardina i vecchi modelli economici su

cui si basavano i grandi quotidiani nazionali e rompe gli schemi comunicativi che i vari

professionisti avevano utilizzato per svolgere il loro mestiere. All’interno di questo lavoro

si è voluto verificare come e quanto sia cambiato il mestiere giornalistico, sia a livello

pratico che teorico, sia dal punto di vista del singolo giornalista che da quello dell’editore.

Abbiamo visto nel primo capitolo quali sono i dati economici che caratterizzano

questo periodo di transizione dal cartaceo al digitale nei principali gruppi editoriali del

paese (Gruppo Espresso, Mondadori, RCS, 24Ore). Si è potuto constatare che il mercato

dell’editoria è in netta crisi e che le perdite economiche sono sempre più consistenti ogni

anno di più. Si è potuto altresì verificare che non si ha un pieno controllo e consapevolezza

delle varie piattaforme digitali. Un problema che di fatto rallenta di molto il passaggio da

un modello all’altro e che penalizza ancora di più quelle testate che non riescono a fare i

conti con i nuovi linguaggi ed i nuovi mezzi di distribuzione. Una problematicità che non

solo si traduce concretamente in perdite economiche ma che si ripercuote anche

sull’immagine del brand nell’immaginario collettivo e dei lettori più affezionati. Il

passaggio dal cartaceo al digitale non solo è inevitabile ma potrebbe rivelarsi l’unica

soluzione per riportare al centro della società il ruolo di questa professione. L’esempio di

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 101 -

Amazon che con il Washington Post sperimenta un’applicazione per la distribuzione

dell’edizione giornaliera sui vari dispositivi Kindle è il caso più calzante di questo intero

lavoro. In Italia l’edizione cartacea è ancora al centro delle redazioni giornalistiche. Il

fulcro economico ed editoriale di gran parte delle testate tradizionali. Porre in primo piano

un tipo di supporto in disuso e che comporta importanti costi di stampa e distribuzione è un

problema assai radicale e profondo. I nuovi criteri di finanziamento all’editoria, orientati al

passaggio dal cartaceo al digitale, aiuteranno di certo un cambiamento di rotta. Tuttavia i

fondi diretti emessi dallo Stato italiano non saranno distribuiti ai grandi gruppi editoriali

quotati in borsa che quindi dovranno trovare da soli i fondi necessari per investire sul

cambiamento. Fondi a parte è giusto ribadire che prima di essere un cambiamento di

investimenti all’interno dei vari gruppi è innanzitutto un diverso approccio alla creazione

della notizia e verso i propri lettori.

Nel secondo capito dedicato interamente al mondo digitale abbiamo per l’appunto

notato questo netto cambio di tendenza. La possibilità di comunicare con i propri lettori e

raccoglierne i feedback attraverso i social network, ad esempio, rappresenta una grande

novità per tutto il mondo giornalistico. Se utilizzati prevalentemente come canale di

ascolto e dialogo, i canali social possono aiutare le varie testate giornalistiche al passaggio

dal cartaceo al digitale. Un continuo confronto con il lettore adesso è possibile ed in tempo

reale. Questo può servire per comprendere quali sono le nuove esigenze di fruizione, i temi

più letti ed il modo in cui vengono discussi sono tutte informazioni che si possono

raccogliere per correggere le varie linee editoriali. Allo stesso tempo però, il mondo social

comporta una serie di criticità con le quali il mondo dell’editoria deve necessariamente fare

i conti. Prima di tutto vi è il fatto che i social sono piattaforme cosiddette Walled Garden,

ovvero circuiti chiusi che difficilmente promuovono contenuti volti ad indirizzare gli utenti

su altri siti. È necessario quindi che il mondo del giornalismo si adatti alla creazione di

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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contenuti ad hoc specificatamente creati per il mondo social e che allo stesso tempo non

tradiscano la propria identità editoriale.

Se Facebook è l’equivalente del bar dove ci si reca in pausa pranzo per avere un

attimo di relax, leggendo il giornale gratuitamente e discutendo con i vari amici delle

notizie quotidiane, in questo nuovo contesto Google prende il posto delle vecchie edicole.

Il motore di ricerca, come abbiamo visto, diviene la piattaforma principale dove ci si reca

per trovare quello che si cerca e per approfondire temi ed argomenti. L’approccio iniziale a

questo lavoro era volto a scoprire quanto, questa nuova piattaforma, potesse mettere in

crisi i vecchi modelli giornalistici. Nel corso della stesura del capitolo dedicato alla SEO e

a Google ci si è resi conto che le nuove tecniche di scrittura richieste dalla piattaforma

sono per gran parte vecchie regole di buon senso e di buon giornalismo. Si tratta infatti,

come abbiamo visto, di scrivere articoli pensando al lettore. Titoli efficaci, una struttura

che sia graficamente ottimizzata alla fruizione su schermi piccoli e luminosi e l’uso di

quelle parole che il lettore intende trovare al suo interno. La novità più significativa ed

interessante sembra essere quella del link building. Una buona pratica SEO che in ambito

giornalistico si traduce in “riconoscimento del lavoro altrui”. Questa vecchia pratica di

buon giornalismo con Google diventa un regola che se sfruttata in pieno è in grado di

ottimizzare il lavoro redazionale. Permette infatti ad ogni testata di potersi concentrare su

temi ed aspetti che si possono coprire meglio. Questa migliore ottimizzazione del lavoro

redazionale ha la potenzialità di accrescere i propri punti di forza e risparmiare tempo e

risorse in temi ed argomenti che potrebbero non essere qualitativamente rilevanti.

Che il giornalismo non sia morto ma al contrario si ponga su di un livello superiore

all’interno dell’era digitale lo abbiamo visto nel capitolo dedicato alla verifica delle fonti.

La missione di questa professione è sempre stata quella di raccontare il presente, renderlo

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 103 -

comprensibile ai più e suggerire, magari, chiavi di lettura per affrontare il futuro. Abbiamo

visto come, in uno scenario segnato dall’overload informativo, il giornalismo è chiamato a

rafforzare questa sua “vecchia” vocazione. In uno scenario mediatico segnato dal caos il

giornalista è chiamato a porre rimedio. Garantire ai propri lettori un’informazione

attendibile, ordinata e che sappia dare ordine e priorità alla dieta mediatica è un

giornalismo che svolge il suo lavoro, è un giornalismo che riconquista fiducia, che punta su

di una sempre maggiore qualità e che quindi, riesce a sopravvivere nel tempo. Abbiamo

dimostrato come la verifica delle fonti, la lotta alle fake news e all’overload informativo

siano i nodi cruciali per garantire un futuro, sia in termini economici che di prestigio, a

questa professione.

Nonostante questa riscoperta dell’importanza del lavoro d’informazione dovuta a

reali esigenze dei lettori vi è al contempo una svalutazione, in termini economici, di questo

lavoro. A concorrere a questa realtà vi è da una parte lo stesso Overload Infomativo che lo

riqualificherebbe. La gratuità e la libertà delle informazioni nella rete fanno si che per ogni

fonte primaria, magari a pagamento, ve ne siano altre 10 o 100 secondarie che la ritrattano

e la ridistribuiscono gratuitamente. Ad aggravare ulteriormente lo scenario economico vi

sono le stesse grandi piattaforme digitali (I vari Google, Facebook ecc..) che detengono la

maggior parte del business pubblicitario tanto utile agli editori. Riuscire a trovare un

modello economico che valorizzi e renda sostenibile il lavoro giornalistico è un traguardo

difficile da raggiungere per tutti. Lo è ancor di più per le vecchie testate generaliste, cioè

gran parte delle vecchie testate giornalistiche con tiratura nazionale. Abbiamo visto infatti,

come il pubblico non sia più omogeneo ed interessato a tutto, ma sempre più suddiviso in

piccole nicchie contraddistinte da tanti interessi differenti. Da qui una possibile riscoperta

del giornalismo territoriale ma soprattutto un diverso approccio da parte delle redazioni sui

propri prodotti. Il modello giornalistico tradizionale è rivolto a misurare i propri risultati

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

Manuel Primi - 104 -

attraverso il grande contenitore che è il giornale quotidiano. Il diverso approccio del

giornalismo on line sta proprio nell’efficacia di ogni singolo articolo e non di un insieme di

essi. Ogni singolo contenuto prodotto può infatti essere misurato sia in termini quantitativi

(traffico internet ricevuto), sia in termini qualitativi (attraverso i commenti dei lettori).

Questo diverso punto di vista, così come abbiamo detto all’interno di questo lavoro, sposta

il dibattito sul futuro del giornalismo dai contenitori ai contenuti. Uno sguardo rivolto

sempre più verso i propri lettori e ai loro interessi piuttosto che verso le diverse piattaforme

su cui essere presenti.

In questo scenario contraddistinto sempre più da nicchie di lettori e da grandi

giornali generalisti, abbiamo visto nell’ultimo capitolo che finanziare i propri progetti

editoriali è possibile ma a diverse condizioni. Abbiamo potuto notare come sia possibile

sopravvivere al cambiamento tecnologico e come i modelli economici si siano evoluti e

differenziati all’interno dello scenario di internet. Tuttavia è giusto ribadire il concetto che

ad ogni modello economico corrisponde un diverso approccio editoriale e viceversa.

Comprendere e conoscere le proprie esigenze e quelle dei propri lettori è il primo passo, ed

il più importante, per poi affrontare scelte economiche incidenti che potrebbero cambiare

radicalmente la natura di un progetto giornalistico.

In conclusione mi sento di affermare che il giornalismo è tutt’altro che morto, anzi

il nuovo scenario mediatico che si sta man mano delineando è ricco di sfumature e

potenzialità. Sono infatti innumerevoli le strade percorribili all’interno di così tante

piattaforme ed altrettanti format comunicativi. La formula vincente per sopravvivere al

cambiamento resta comunque la qualità. Una pietra angolare sulla quale bassare le proprie

fondamenta per la costruzione del futuro. L’insieme di pratiche e tecniche di copertura

giornalistica, di diffusione del contenuto e di dialogo con i propri lettori garantiscono un

DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0

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futuro giornalistico fondato sempre su una maggiore qualità dei servizi e delle

informazioni offerti. A giovarne però non sarà solamente la professione stessa, che così si

garantirebbe una sostenibilità economica duratura, ma anche l’intera società ed i sistemi

economico/politici che si basano sul libero scambio di informazioni. Per ogni testata

giornalistica però, diviene fondamentale essere il più flessibile possibile per poter far

fronte a tutti i cambiamenti in corso e a quelli che sicuramente verranno. Se ogni testata

giornalistica riuscisse nell’intento di costruire delle salde fondamenta basate su qualità,

consapevolezza della propria missione professionale e delle necessità dei propri lettori,

ogni tipo di cambiamento tecnologico o di comportamento che verrà non sarà più un

ostacolo così insormontabile come adesso può sembrare l’era del 2.0.

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