Corso di Laurea Magistrale in
Strategie della comunicazione pubblica e politica
DAL CARTACEO AL DIGITALE
Come cambia il giornalismo nell’era 2.0
Relatore: Carlo Sorrentino Candidato: Manuel Primi
Anno Accademico 2015/2016
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 1 -
Introduzione Pag 2
1 – Il giornalismo oggi:
- Crisi della carta stampata Pag 6
- Il giornalismo On line Pag 18
2 – La nuova professione, il Content Management:
- Verifica delle fonti Pag 29
- I Social Network applicati al giornalismo Pag 41
- SEO cosa è, come funziona e perché
è importante per il giornalismo Pag 56
3 – Il futuro economico dell’editoria:
- Un giornalismo fatto di Nicchie Pag 73
- Modelli economici Pag 87
4-Conclusioni Pag 101
Bibliografia Pag 107
Sitografia Pag 110
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Manuel Primi - 2 -
Introduzione
Nel 2006 e la rivista settimanale Time nominava “persona dell’anno” il comune
internauta. Un omaggio alla Rete che ai tempi colpì molto. “Il personaggio dell´anno sei tu.
Sì, tu. Sei tu che controlli l´era dell´informazione. Benvenuto nel tuo mondo”1. Siamo nei
primi anni del vero e proprio boom digitale. È in questo preciso anno che le funzionalità di
Google si intrecciano con il grande contenitore video di YouTube e risale sempre ai primi
anni del nuovo millennio il fenomeno dei Blog. Ciò che nacque nel 1991 come sistema di
scambio di informazioni in formato ipertestuale, in parole povere Il World Wide Web,
raggiunge poco più di dieci anni dopo una sua ben specifica maturazione. Possiamo quindi
comprendere la ragione dell’originale scelta del settimanale statunitense. L’informazione
non è più quella di una volta. Il modello Top Down che vedeva l’acquisizione delle notizie
spostarsi dall’alto verso il basso ora si trova a fare i conti con un modello orizzontale, dove
chiunque può pubblicare una notizia, tenere una rubrica, alimentare una discussione
pubblica. È la nascita del Citizen Journalism. Pionieri di questa rivoluzione erano, e sono, i
comuni internauti, per l’appunto. La prima testata giornalistica a sfruttare questa novità fu
la BBC. In occasione degli attentati di Londra nell’estate del 2005, il network inglese
trasmise le drammatiche immagini all’interno della metropolitana, riprese con il cellulare
da una cittadina qualunque2. Si iniziava, quindi, ad intravedere e a mettere in pratica le
svariate opportunità di un mondo che via via si faceva sempre più digitale. Ma il mondo
dell’editoria e della carta stampata è un colosso che conta 5 secoli di anzianità3, ben
radicato nelle sue strutture ed ancorato alle tradizioni organizzative. Non è facile, dunque,
1 Copertina Time, 25 Dicembre 2006 – 1 Gennaio 2007 2 Paolo Campo, La libertà (di stampa) è partecipazione, in Europa Quotidiano, 25 aprile 2012, p. 8. 3 Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, dalle Gazzette a Internet, Il Mulino, 2006
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un cambiamento così immediato e così radicale, in un panorama che muta da un giorno
all’altro. Se poi ci soffermiamo a guardare il mondo della carta stampata in Italia, dove non
si è mai raggiunta una piena indipendenza economica dai grandi gruppi industriali e
finanziari, dai partiti politici e dai finanziamenti pubblici, la sfida del digitale si fa sempre
più ardua. Di fatto il cambiamento di fruizione e creazione dell’informazione ha accentuato
una crisi della carta stampa già di per sé esistente e cronica nel sistema Italiano in
particolare.
All’interno di questa tesi di laurea magistrale ci occuperemo quindi di un’analisi del
mondo dell’editoria e di come questa si sia reinventata o si stia adattando al mondo
digitale. Obbiettivo di questo elaborato sarà quello di valutare tutte le potenzialità di ogni
singola piattaforma Online: sia da un punto di vista di diffusione di una notizia che per
quanto riguarda la sua sostenibilità economica. Questa ricerca permetterà, dunque, di
individuare quali saranno le potenziali soluzioni per la sopravvivenza del giornalismo
professionistico. L’approccio di questo lavoro sarà orientato verso la pratica. La necessità e
il desiderio di trattare il tema del cambiamento nel mondo del giornalismo sotto questo
punto di vista nasce dal fatto che la rivoluzione digitale alla quale stiamo assistendo
impone costantemente tanti piccoli cambiamenti quotidiani. Vedremo nel corso di questo
scritto come le tante novità del mondo digitale costringano il giornalismo ad un continuo
inseguimento verso nuove tecniche e nuovi formati che necessitano di quotidiani
aggiornamenti nel lavoro pratico di tutti i giorni. È altrettanto vero che i cambiamenti
riguardanti il nostro mondo naturale, sociale ed economico passino prima di tutto dai
piccoli interventi nel quotidiano, a prescindere dalle decisioni dei grandi colossi del web.
La sfida digitale per l’informazione, quindi, non dovrebbe riguardare solamente le scelte
economiche dell’editore o non necessariamente un ripensamento teorico e radicale della
professione. Dato il maggior uso di Smartphone e Tablet per la lettura delle notizie, ad
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esempio, anche il singolo giornalista dovrà armarsi di nuovi canoni comunicativi. Egli
dovrà prima di tutto usare un nuovo tipo di linguaggio che stanchi il meno possibile
l’occhio del lettore, costretto alla retroilluminazione di un dispositivo elettronico, ed
utilizzare una schematizzazione del contenuto che sia più chiara ed esaustiva.
Inizialmente cercheremo di dare un quadro generale, dal punto di vista economico e
qualitativo, del mondo dell’editoria sia cartaceo che digitale. Cercheremo quindi, di
comprendere quali sono i motivi teorici e le criticità pratiche che mettono in difficoltà gran
parte dei principali gruppi editoriali in Italia. Daremo inoltre uno sguardo qualitativo al
giornalismo on line. Cercheremo di capire come vengono utilizzati i diversi canali di
distribuzione on line, come le diverse testate riescono a comunicare con i propri utenti e
più in generale cercheremo di capire quali sono i passi che gli editori stanno compiendo
verso la ristrutturazione della professione orientata all’on line.
Nel secondo capitolo di questo lavoro ci occuperemo di tutte le nuove tecniche di
scrittura e di comunicazione, di come queste si differenziano tra una piattaforma online e
l’altra. Verrà inoltre riservato un importante spazio alle nuove regole giornalistiche che
impongono i motori di ricerca. Google rappresenta in Italia, con un tasso del 95,45% di
ricerche effettuate4, il primo motore di ricerca nel nostro Paese. Un tasso così alto ci
dimostra che praticamente tutto ciò che si trova in rete è “costretto” a passare tra gli
algoritmi di Google. Così come tutti gli altri elementi contenuti nella Rete, anche gli
articoli delle testate online dovranno fare i conti con le tecniche di indicizzazione delle
SERP nei motori di ricerca. Creare un portale di informazione che si sposi, nelle sue
parole, nei suoi titoli e nelle sue descrizioni, con la tecnica SEO (Search Engine
4 http://gs.statcounter.com/#all-search_engine-IT-monthly-201504-201604-bar – Periodo Aprile 2015, Aprile 2016
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Optimization), diventa ormai indispensabile per la sopravvivenza del giornalismo Online.
A sommarsi alle 5 W, nel futuro del giornalismo, vi saranno anche delle nuove regole e
delle nuove tecniche che ogni singolo giornalista dovrà far sue per poter far fronte al
cambiamento digitale. All’interno di questo lavoro analizzeremo, quindi, tutti gli aspetti
che riguardano l’ottimizzazione degli articoli per i motori di ricerca: cosa significa fare
SEO nel giornalismo e, dunque, quali sono le nuove tecniche per diventare una “buona
penna digitale”. Infine un importante spazio di questo secondo capitolo verrà riservato al
fenomeno dell’overload informativo. Cercheremo di capire come questo sovraccarico di
informazioni modifichi le abitudini dei lettori e cosa potrebbe fare il giornalismo per far
fronte al caos dovuto ai troppi contenuti presenti on line. Sempre nel secondo capitolo
tratteremo del fenomeno delle Fake News. Cercheremo di analizzare questo fenomeno per
capire come il mondo del giornalismo possa armarsi di strumenti e pratiche efficaci al fine
di combattere la post verità.
L’ultimo capitolo sarà riservato ai modelli economici possibili per far fronte al
cambiamento in corso. La natura stessa di internet ha abituato qualsiasi utente ad avere
sempre più quantità di materiali e di poterli reperire in qualsiasi momento in modo
gratuito. Uno dei pilastri su cui si fonda il world wide web e la navigazione on line, quindi,
mette in seria crisi un settore giornalistico ad oggi più importante che mai e composto da
professionisti. È altresì vero che nelle sue infinite possibilità ed evoluzioni, internet, possa
fornire anche nuovi metodi per finanziare la professione e quindi per garantirne continuità.
Il terzo capitolo quindi tenterà di analizzare i nuovi modelli che le diverse testate
giornalistiche nel mondo stanno testando. Cercheremo di capire non solo se questi nuovi
modelli economici siano effettivamente delle strade praticabili per il mondo dell’editoria,
ma tenteremo di spiegare come ogni modello economico influenzi direttamente le scelte e
le linee editoriali di ogni singola testata.
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1 – Il giornalismo Oggi
1.1 – La crisi dell’editoria e Internet
“Newspapers don’t have a demand problem;
They have a business-model problem”
Erich Schmidt, Google
L’industria editoriale è in crisi. Questa “semplice” affermazione è ormai divenuta
una delle grandi verità dal XX secolo ad oggi. A mettere in crisi l’industria
dell’informazione cartacea non è stato di certo Internet. Il problema delle vendite di
quotidiani, in Italia come nel resto del mondo, ha subito grandi oscillazioni economiche al
sorgere di ogni nuova tecnologia che potesse competere sulla diffusione delle notizie.
Internet e la nuova informazione multimediale sono solo l’ultimo step di un’odissea
iniziata con l’avvento della Radio e proseguita con quello della Televisione. La domenica
del 3 Gennaio 19545 non è soltanto la data ufficiale della prima trasmissione televisiva in
Italia. Gli anni ’50 segnano di fatto un cambiamento strutturale nell’informazione. “Mentre
l’editoria giornalistica e i giornali della carta stampata devono affrontare questa difficile
svolta, nei paesi in cui i giornali sono prodotti dall’industria editoriale in regime di
concorrenza si manifestano marcati segni di crisi determinati soprattutto, per i quotidiani,
da un crescente divario fra i costi di produzione e i ricavi delle vendite e della
pubblicità”6.
5 Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, dalle Gazzette a Internet, Il Mulino, 2006 P. 224 6 Ibidem p. 227
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Questo piccolo estratto dal libro di Paolo Murialdi sembra parlare degli attuali problemi
dell’informazione cartacea che deve fare i conti con il World Wide Web. La citazione
riportata, invece, si riferisce alla crisi editoriale degli anni ’60 per colpa della Televisione e
dei Telegiornali. Da questo periodo in poi, quindi, non esisterà un solo giorno nel quale il
giornalismo cartaceo non inseguirà un nuovo modo di comunicare, un nuovo linguaggio o
una più efficace e gratuita fruibilità delle notizie. Internet, Google, Facebook, le dirette
streaming, il linguaggio multimodale, il Citizen Journalism: rappresentano solamente
l’ultima sfida per l’informazione tutta. Con l’avvento della Televisione l’industria
editoriale è riuscita, molto lentamente e con non poche difficoltà, a variare la sua offerta
culturale e commerciale riuscendo a conservare un ruolo di spicco all’interno dell’industria
dell’informazione. I quotidiani si differenzieranno dal media televisivo per i numerosi
approfondimenti sulle tematiche di attualità, aumentano il numero delle pagine dando più
spazio alle cronache locali ed incrementano il contatto con i propri lettori aprendo rubriche
di posta7. Ora è in atto la terza rivoluzione mediatica (prima la Radio e poi la Televisione)
che di fatto sta mettendo in ginocchio l’intera industria dell’informazione su carta. Una
rivoluzione che porta C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky della Columbia
Journalism School a parlare di giornalismo post-industriale8. Il documento del 2012 è “in
parte indagine e in parte un manifesto sulle attuali pratiche del giornalismo”9. Per questo
primo capitolo ci serviremo dell’incipit contenuto nella prima pagina di questo documento.
Uno scenario ed alcune verità (quasi) assolute che vengono riassunte in Cinque punti
chiave:
7 Ibidem 8 Post-Industrial Journalism: Adapting to the Present; C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky,
Columbia Journalism School, Novembre 2012 9 “This essay is part survey and part manifesto, one that concerns itself with the practice of
journalism and the practices of journalists in the United States”
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• Il giornalismo è rilevante;
• Il “buon giornalismo” è sempre stato sovvenzionato;
• Internet ha rotto la parte di sovvenzione, di finanziamento del giornalismo che era
rappresentato dall’advertising;
• La ristrutturazione è dunque forzata, inevitabile;
• Ci sono molte opportunità per fare un buon lavoro giornalistico in nuovi modi;10
I primi due punti ci suggeriscono che il giornalismo, soprattutto quello di qualità,
avrà vita lunga perché “rilevante” per una società sempre più globalizzata che si sorregge
10 “We start with five core beliefs: • Journalism matters. • Good journalism has always been subsidized. • The internet wrecks advertising subsidy. • Restructuring is, therefore, a forced move. • There are many opportunities for doing good work in new ways”
Figura 1
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grazie alla comunicazione. Il secondo punto invece ci suggerisce che non importa il tipo di
medium utilizzato per diffondere informazione: ”Il buon giornalismo è sempre stato
sovvenzionato”. La “qualità” e quindi strategie di Content Marketing saranno alla base del
futuro del giornalismo di tutto il mondo, sia che esso sia on-line che su carta. “Content is
King”, il contenuto è re11. A coniare questa affermazione è stato il magnate di Microsoft,
Bill Gates, nel 1996 direttamente sul sito internet dell’azienda. Quel che cercava di
spiegare Bill Gates è una pietra angolare del giornalismo tutto. Offrire degli articoli
qualitativamente rilevanti attirerà molti lettori che a loro volta attireranno inserzionisti
pubblicitari. Questa è una regola che vale sia per il cartaceo che per qualsiasi altro mezzo
di comunicazione presente e futuro.
A conferma di quanto sostenuto fin ora vi è la ricerca dell’Osservatorio News-Italia
su informazione e serialità pubblicata nel 2015 in occasione della giornata di apertura della
terza edizione del Festival del giornalismo culturale.12 Come possiamo notare dal grafico
[Fig. 1], il calo del consumo di quotidiani dall’anno 2011 al 2015 è direttamente
proporzionale all’ascesa di Internet. Mentre la televisione rimane ancorata al primo posto,
anche se con una variazione del -3%, internet ha di fatto conquistato il secondo posto (dal
51% al 71%) a scapito dei quotidiani (dal 63% al 46%). Occorre però analizzare il tipo di
consumo on-line delle notizie per riuscire a dare un quadro più completo di questo grande
cambiamento [Figura 2]. Il primo dato che possiamo notare è una crescita contenuta della
fruizione di quotidiani On-line: dal 53% nel 2011 al 58% del 2015. Una variazione, a
fronte della grande variazione del medium internet in generale, che ci suggerisce una
11 Bill Gates, Content is King, 1 marzo 1996 http://web.archive.org/web/20010126005200/http://www.microsoft.com/billgates/columns/1996essay/essay960103.asp
12 Osservatorio News-italia 2015: Informazione, social TV e serialità, 25 Aprile 2015 https://news-italia.it/2015/04/23/osservatorio-news-italia-2015-informazione-social-tv-e-serialita/
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difficoltà da parte del giornalismo generalista nel saper sfruttare i nuovi mezzi
d’informazione. Continuando l’analisi della ricerca di News-Italia possiamo invece notare
come, nelle fonti internet, si siano affermati sempre maggiormente (dal 37% nel 2011 al
48% nel 2015) i siti web che nel corso del tempo si sono specializzati in determinati
argomenti. Salvatore Aranzulla ha sviluppato un tipo di editoria di nicchia dedicata al
mondo dell’informatica e alle soluzioni ad eventuali domande o problemi legati ad essa: ad
oggi www.aranzulla.it è divenuto un sito web di informazione che conta 9 milioni di lettori
al mese per un totale di 20 milioni di pagine visitate. Questo è sicuramente l’esempio più
eclatante nello scenario italiano. Ma sono tantissimi i siti internet di informazione che
concentrandosi su di un unico tema sono riusciti a ritagliarsi un’abbondante fetta di lettori.
Oltre a quelli specializzati in conflitti internazionali, sport, cinema e serie tv, abbiamo
anche i nativi social: quei portali d’informazione che puntano tutto sulle piattaforme di
social network riuscendo a creare contenuti virali e ad alto tasso di coinvolgimento. In
Italia c’è FanPage che possiede una base di più di 6 milioni di utenti. BuzzFeed invece è
riuscita con più di 9 milioni di utenti a diventare un ruolo di riferimento per gran parte del
globo per trovare contenuti social e virali. Un dato che ci conferma quanto sostenuto da
C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky della Columbia Journalism School, ovvero che
il giornalismo di qualità viene sempre premiato dai lettori. Lo scenario attuale vede quindi
l’industria del giornalismo affrontare una perdita consistente del mercato cartaceo a scapito
dell’On-line con le relative perdite economiche per le copie non vendute. Sul fronte
digitale invece, le testate giornalistiche generaliste non sono riuscite ad intercettare una
percentuale significativa del pubblico che in questi ultimi anni ha migrato dalla carta
stampata ai supporti elettronici. Ancora una volta quindi, le grandi case editrici faticano a
trovare il modo per riuscire ad essere competitivi con un medium che stravolge i tempi
dell’informazione e che cambia linguaggi e metodi.
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Lo scenario si fa notevolmente più complesso se analizziamo i dati statistici e la
variazioni economiche nel settore della carta stampata nel dettaglio. Pier Luca Santoro e
Paolo Pozzi hanno pubblicato ad Aprile 2015, all’interno di “New Tabloid” (il trimestrale
dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia), uno speciale di 27 pagine intitolato “Non
solo il web uccide i giornali”. L’inchiesta ci racconta di una industria del cartaceo che si
trova ad affrontare molti più problemi di quanti si possa immaginare. “Anche le Poste, in
Italia, uccidono i giornali. Sono quasi raddoppiate, infatti, le tariffe postali per la
spedizione dei giornali. Una decisione niente male per i giornali cartacei che almeno da
una dozzina di anni devono già vedersela con la spietata concorrenza del web13”. Un
rincaro che in Italia sta mettendo a rischio centinaia di testate giornalistiche periodiche.
L’ultimo aggiornamento sul caso delle spese postali risale al periodo compreso tra Ottobre
2014 e Giugno 2015, quando con due lettere indirizzate a tutte le testate, ordini
13 Pier Luca Santoro e Peolo Pozzi in New Tabloid, Anno XLV N. 2 Aprile-Giugno 2015, Ordine dei giornalisti della Lombardia, Pag.7
Figura 2
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professionali, enti ed associazioni di categoria si comunicava un’improvvisa esclusione
dalle agevolazioni postali.14 Ad aggravare la situazione è l’enorme mole dei resi.
“Calcolando il totale del volume della tiratura complessiva per le sessanta testate prese in
considerazione - il peso delle rese è del 33% esattamente una copia su tre quindi in Italia
se ne va al macero. Domanda: quanto è alta questa percentuale?” 15 Per darci un punto di
riferimento possiamo vedere i dati della vicina Francia che possiede una percentuale di
copie rese intorno al 14%. Nello specifico, in Italia la testata con la maggiore percentuale
di copie al macero è il Manifesto (74%) seguito da Il Fatto Quotidiano (57%).
Successivamente, prendendo in considerazione le testate non sportive con una tiratura
nazionale possiamo trovare Libero con il 50% e il Giornale con il 45%. Altra storia per
quanto riguarda le testate con tiratura locale. In questo caso il territorio di diffusione
limitato agevola anche una migliore diffusione in base al consumo effettivo da parte dei
lettori. Nonostante una complessiva ottimizzazione della logistica della distribuzione non
mancano gli esempi negativi: il Giornale dell’Umbria ed il Corriere dell’Umbria contano
rispettivamente il 45% ed il 49% di copie non vendute e mandate al macero. “Nel
complesso sono 12 le testate con resa superiore al 40%. Quanto hanno pesato le copie
rese nei tre principali quotidiani italiani nel 2015? Al Corriere della Sera il peso è stato
del 24%, a Repubblica del 31% e al Sole del 26%.” 16
Come se non bastasse c’è da fare i conti anche con la crisi economica e finanziaria
che sta segnando questo secolo. Per quanto riguarda il settore editoriale questa crisi si
manifesta sotto forma di mancati investimenti pubblicitari. I resoconti degli ultimi anni
14 ibidem 15 Lelio Simi, ChartaMente: Copie rese quotidiani italiani nel 2015; Marzo 2016 http://www.datamediahub.it/2016/03/15/chartamente-copie-rese-quotidiani-italiani-
2015/#axzz4MfgsEPvN 16 ibidem
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degli introiti ci parlano di un mercato pubblicitario che ha subito una fortissima riduzione.
Gli investimenti sono scesi consistentemente e il fenomeno è stato particolarmente
avvertito dalla stampa, sia quotidiana che periodica. Secondo il rapporto della Fieg 17“La
stampa in Italia 2011-2013” uscito ad aprile del 2014, il fatturato complessivo dei
quotidiani e dei periodici, per quanto attiene la pubblicità, in Italia è passato dai 1.588
milioni di euro del 2012 ai 1.252 milioni del 2013 con una flessione in un solo anno di 306
milioni, che in termini percentuali corrisponde a un -21,2%.18 È giusto precisare che le
contrazioni sulla spesa pubblicitaria hanno segnato, nel periodo di riferimento della ricerca,
quasi tutti i settori di mercato. Gli stessi investimenti pubblicitari in rete che erano cresciuti
costantemente per un decennio, hanno registrato una contrazione dell’1,8% nel periodo
2012-2013. Il dato aggregato dei sei tra i maggiori attori del mercato editoriale italiano
conferma, una tendenza al declino degli investimenti pubblicitari con una flessione tra il
dato del 2009 e quello del 2013 del 31% e un totale che sfiora i 600 milioni di euro [Figura
3]19. Nel dettaglio dei grandi gruppi editoriali si passa da un -19% del Gruppo 24Ore al –
43% del Gruppo Mondadori, il gruppo che percentualmente ha la tendenza peggiore. Il
grafico [Figura 3] ci mostra, anche a colpo d’occhio che i soli RCS Mediagroup e Gruppo
Espresso-Repubblica da soli pesano oltre due terzi del totale a fine 2013.20 I dati relativi
alla flessione totale dal 2009 al 2013, sia in termini assoluti che percentuali, ma non
aggregati sono visibili nel secondo grafico [Figura 4]21. Come possiamo vedere il Gruppo
RCS da solo basterebbe a segnare l’intero mercato: dal 2009 al 2013 perde in totale 237.3
milioni di euro con una contrazione dei propri introiti pari a -33%. Mentre il Gruppo
17 Federazione Italiana Editori Giornali 18 “La stampa in Italia 2011-2013”, Fieg – Federazione Italiana Editori Giornali, Aprile 2014 Pag.
50 19 http://www.datamediahub.it/2014/07/07/gruppi-editoriali/#axzz4MfgsEPvN 20 Ibidem 21 ibidem
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Mondadori segna una contrazione in termini percentuali più elevata di tutti: -43% dal 2009
al 2013 per un totale di 108.8 milioni di euro di perdite, al secondo posto per valore
assoluto.
Figura 3
Figura 4
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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All’interno di queste prime pagine si è cercato di dare un quadro, il più dettagliato
possibile, delle varie cause, tecnologiche ed economiche, che stanno letteralmente
affondando l’industria della carta stampata dai primi anni del secolo fino ad oggi.
Attraverso l’uso dei grafici e delle statistiche dei vari studi di settore si è provato inoltre a
dare un volume al quadro che via via si è delineato. Nonostante questo lavoro di tesi si
concentri maggiormente su come sia cambiata la professione giornalistica con l’ingresso
delle nuove tecnologie, è necessario, prima di tutto, comprendere la dimensione della crisi
editoriale di questi ultimi decenni. Tutti i dati qui riportati ci suggeriscono che l’industria
editoriale, se vuole sopravvivere alla crisi economica e alla rivoluzione digitale in atto
dovrà affrontare delle ristrutturazioni profonde e complesse e dovrà farlo il più in fretta
possibile. In totale nel periodo di riferimento dal 2009 al 2013, fin qui preso in analisi, i
principali gruppi editoriali hanno registrato perdite per un totale di più di un miliardo e
mezzo di euro.22 Il solo Gruppo RCS perde il 40% dei suoi ingressi economici per un totale
di 891,6 Milioni di Euro. Molto più lontani, in termini assoluti, restano i restanti gruppi
editoriali ma sempre con variazioni percentuali dei propri affari molto importanti: Il
Gruppo Mondadori perde il 17% per un totale di 264,3 milioni; Caltagirone perde il 29%
mentre l’Espresso il 20% per un valore assoluto pari a 175 milioni di euro.23 Pur essendo
tutti dati che prendono in considerazione un ristretto numero di soggetti in un delimitato
periodo di tempo (5 anni), va riconosciuto che il declino è irrefrenabile e costante. Servono
quindi dei nuovi modelli di business, meglio se orientati alle nuove tecnologie. Ma
soprattutto occorre fare le scelte giuste ed essere in grado di riuscire a cogliere in pieno i
nuovi stili comunicativi e le nuove piattaforme. Investire (bene) nel digitale ed essere in
22 I bilanci ufficiali dei gruppi editoriali presi in esame dal 2009 al 2013 https://docs.google.com/spreadsheets/d/1jqBKw9tf8cMYK34TEqdRVlWvNSzs_PNzctnx_urgslc/pubhtml
23 ibidem
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grado di monetizzare le visite sono solamente due dei pilastri che bisogna tenere sempre
ben saldi.
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2.2 – Giornalismo On-Line
"It's not broadcast. It's not print. It's not individual speech. It's
the internet. And it's not something that we only use for speech,
it's something we use for just about everything."
ALBERTO IBARGÜEN AD knight foundation
Il giornalismo in Rete è un tema che solo nell’ultimo decennio ha sviluppato un
ampio dibattito e delle profonde riflessioni sul futuro dell’informazione nel mondo
globalizzato. Internet ed il Cyberspazio, però, non sono tecnologie nate in questo secolo.
Da quel lontano 1984 in cui i computer collegati in rete erano un migliaio circa ad oggi,
anno 2016, sono più di 3 miliardi e 600 milioni gli utenti che utilizzano la rete.24 Tuttavia il
World Wide Web ha subito delle notevoli trasformazioni in un lasso di tempo
relativamente breve ed insieme a lui anche tutti i soggetti che lo utilizzavano.25 La stampa
(intesa come mondo Giornalistico in senso ampio) non fa di certo eccezione. Già negli anni
’90 le testate giornalistiche iniziano ad interagire con la rete replicando nel Web il formato
digitale del prodotto cartaceo. In questo periodo l’edizione On-line è la replica esatta dei
quotidiani e dei periodi disponibili in edicola.26 In questa Fase I (ne possiamo individuare
3) nascono i primi siti internet di informazione On-line di derivazione non cartacea:
tematici (sport, tecnologia, meteo), spesso legati ai portali e con una redazione minima ma
ad elevata quota di lanci e notizie di agenzia.27 Nei primi anni 2000 assistiamo alla Fase II,
nella quale i quotidiani cartacei ed i prodotti in rete restano sempre simili ma inizia un
24 (Dato assoluto non approssimato: 3,631,124,81) Dato aggiornato al 30 Giugno 2016. http://www.internetworldstats.com/stats.htm
25 Carlo Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri. Storia sociale del Ciberspazio e della Comunicazione Elettronica
26 http://www.slideshare.net/SitoH2/201406-social-new-media-in-italia 27 Ibidem
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progressivo distacco tra le due versioni: reazione simile dopo la nascita della televisione.28
In questo periodo, in cui avviene la vera e propria diffusione di massa delle connessioni, i
quotidiani on-line di derivazione cartacea iniziano a diventare un prodotto a sé stante:
aggiornamenti continui, diversa composizione dell’agenda e diverso risalto alle notizie.
Tuttavia l’interattività resta ancora limitata: l’unica Call To Action che possiamo trovare è
“manda a un amico via mail”.29 Possiamo individuare nella Fase III un cambiamento netto
dagli schemi del passato. Dal 2007 in poi, infatti, il prodotto On-line si distanzia
progressivamente dalla carta, grazie anche all’apertura dei Social Network che permettono
interazione e diffusione tra gli utenti. Anche a livello di funzionalità e ricchezza dei
formati si fanno enormi passi in avanti (ad esempio le photo gallery e i video). In questo
periodo nascono anche molte nuove testate che sono esclusivamente diffuse in rete e molto
connesse con i social. La sempre maggiore diffusione di smartphone permette alle testate
cartacee di fare un passo in avanti, anche se solo apparentemente è un ritorno alla Fase I:
l’utilizzo delle App permette una replica esatta dell’edizione cartacea su digitale. 30 La
futura (ed in parte in corso) Fase IV del giornalismo on-line sarà oggetto di discussione in
questa tesi negli ultimi capitoli dove verranno analizzati i nuovi modelli di business. In
questo capitolo tenteremo di costruire un’immagine del mondo del giornalismo digitale. In
questo paragrafo, più nello specifico, faremo un resoconto di quello che è il mondo del
giornalismo digitale ad oggi (anno 2016). Questo breve excursus storico è propedeutico per
la comprensione della complessità propria della rivoluzione informatica che stiamo
vivendo. In poco più di un decennio Internet e le nuove tecnologie hanno costretto tutti ad
un cambiamento molto veloce e decisamente radicale. Questa rincorsa al “nuovo” è stata
28 Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, dalle Gazzette a Internet, Il Mulino, 2006, Cap.12 Pag 301-308 29 http://www.datamediahub.it/2014/09/12/evoluzione-consumo-dinformazione-negli-ultimi-5-anni/#axzz4MfgsEPvN 30 Ibidem
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 19 -
tanto veloce quanto brutale. Se è vero che di passi in avanti se ne sono fatti molti su molti
aspetti, è vero anche che si è persa la strada per molti altri. Non è sufficiente essere On-
line: è necessario saper utilizzare i mezzi a nostra disposizione. A conferma delle mie
affermazioni vi è un interessante articolo di Alberto Puliafito dal titolo più che eloquente:
“il giornalismo non è morto. Ma cerca di suicidarsi online.”31 Quel che critica Puliafito è
“la spasmodica rincorsa all’ultimo click, le testate sul web tentano disperatamente di
attirare i lettori e gli utenti con strategie di breve o brevissimo periodo, senza più cercare
di fidelizzarli. È una gara ad accaparrarsi quanto più possibile, subito. Spesso con
pratiche – in particolar modo sui social network – che mettono a repentaglio l’immagine
stessa di una testata.”32
Un esempio eclatante fa comprendere al meglio la dimensione di questo grande
problema del giornalismo italiano On-line: la risposta de Il Messaggero ad un utente che si
lamentava (su Facebook) per l’ennesima condivisione acchiappa-click. «Questo non è Il
Messaggero. – Scrivono dalla redazione - Questa è la pagina Facebook del Messaggero.
[…] Se vuole solo news selezionate compri il giornale invece di informarsi su Facebook
che non è un giornale ma un social network». Le pagine Facebook delle varie testate
giornalistiche fanno parte, a tutti gli effetti, della testata stessa e le strategie comunicative
intraprese ne influenzano direttamente la reputazione del giornale. In parte è vero anche
quanto sostenuto dal Social Media Manager de Il Messaggero, i Social permettono di poter
dare tutte le notizie che si vuole liberi dai limiti di ingombro e numeri di pagine limitati.
31 Alberto Puliafito. Il giornalismo non è morto. ma cerca di suicidarsi online. 13/04/2015 http://www.albertopuliafito.it/giornalismo-online-morto-suicidarsi/ 32 ibidem
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 20 -
Ma l’immagine della testata è la stessa e i lettori anche. Se questi sono abituati ad un certo
tipo di qualità si aspetteranno di trovarla sia nella versione on line che su quella cartacea.33
La schizofrenia con cui ci si approccia alle differenti piattaforme comunicative
(vedi il caso de Il Messaggero) è una delle principali critiche che vengono mosse al
giornalismo italiano on line. Il fenomeno del Click Baiting sono due importanti argomenti
che meritano un paragrafo apposito. Quel che ci interessa capire ora è questo particolare
nuovo modello di business (on-line) e le sue implicazioni sulla qualità degli articoli. Il
modello economico cosiddetto Click Baiting viene descritto da Andrea Coccia in un suo
articolo su Linkiesta.it come “l’unico modello, o quasi, su cui puntano i giornali online in
questo momento e funziona più o meno così: da una parte ci sono gli investitori
pubblicitari che, trattando con i concessionari di pubblicità, pagano un tot ogni 1000
pagine viste (una cifra che è sintetizzata dalla sigla Cpm, costo per mille, e che si aggira
all’incirca tra uno e quattro euro); dall’altra ci sono i produttori di contenuti che in cerca
della sostenibilità economica del proprio lavoro hanno come primo obiettivo aumentare il
più possibile la quantità di pagine viste sulle proprie pagine.”34 L’altra faccia della
medaglia della continua rincorsa alla quantità di traffico è un progressivo peggioramento
della professione giornalistica:
–“notizie date appena possibile, senza verifica alcuna;
– il confine fra il vero e il falso diventa il verosimile. Se una storia è verosimile,
ormai, vale la pubblicazione. Poi al massimo si ritratta oppure la si fa cadere nel
dimenticatoio[…];
– notizie deformate dal titolo (che poi influenza tutto il resto)
33 http://framino.com/questo-non-e-il-messaggero/ 34 Andrea Coccia, Fenomenologia del “click baiting”, 29 Luglio 2014 http://www.linkiesta.it/it/article/2014/07/29/fenomenologia-del-click-baiting/22388/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 21 -
– titoli che deformano qualsiasi tipo di “studio” per trasformarlo in qualcosa di
“incredibile”, “sconvolgente”, “commovente”:
– eccesso di straordinarietà (e dunque normalizzazione della medesima. Se tutto è
straordinario, non lo è più nulla);
– danni progressivi e permanenti al pubblico, che progressivamente perde
l’abitudine all’approfondimento, in un circolo vizioso.”35
Il problema di non aver compreso le nuove dinamiche digitali non è solamente
italiano. Due grandi esempi ci fanno comprendere come gli editori abbiano tentato di
ostacolare il passaggio al digitale ed entrambi hanno come oggetto della discordia Google
News. Il servizio del colosso Californiano permette un’aggregazione delle notizie presenti
On-line per poi rimandare direttamente al sito che l’utente sceglie. Tale servizio è
completamente gratuito per gli editori e lo stesso Google non inserisce alcun tipo di
monetizzazione sulle proprie pagine di ricerca. Ma a detta di alcuni editori Google News
lucrerebbe sul materiale prodotto da altri. Fece scalpore il magnate dei media Rupert
Murdoch che nel 2009 accusò Google di furto e prese così la decisione di rinunciare alle
indicizzazioni delle proprie pagine sul motore di ricerca.36 Solo tre anni dopo fece marcia
indietro e dichiarò di aver perso il 30-40% del traffico.37 Nel 2014 invece fu la Spagna a
schierarsi contro Google News.38 In seguito alla legge varata dal parlamento spagnolo, che
autorizzava gli editori a chiedere a Google il pagamento di una royalty per la pubblicazione
anche di un solo estratto dei loro articoli, il Colosso Californiano decise di chiudere il
35 Alberto Puliafito. Il giornalismo non è morto. ma cerca di suicidarsi online. 13/04/2015 http://www.albertopuliafito.it/giornalismo-online-morto-suicidarsi/ 36Bruno Saetta; Google News, la Google tax e la retromarcia di Murdoch; 01 Ottobre 2012
http://brunosaetta.it/internet/google-news-la-google-tax-e-la-retromarcia-di-murdoch.html 37 Bruno Saetta, L’incomprensibile guerra degli editori a Google News, 8 Novembre 2014
http://www.valigiablu.it/lincomprensibile-guerra-degli-editori-a-google-news/ 38 Leonid Bershidsky, Why Spain's Google Tax Is Doomed, 4 Novembre 2014
https://www.bloomberg.com/view/articles/2014-11-04/why-spain-s-google-tax-is-doomed
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 22 -
servizio dal 16 Dicembre 2014.39In Belgio tramite la sentenza di un giudice nel 2006 che
accolse il ricorso degli editori contro Google, ll colosso californiano venne condannato al
pagamento di una tassa per il servizio di aggregazione delle notizie. Nel 2013 in Germania
gli editori ottennero dal Governo la Leistungsschutzrecht, più comunemente nota come
Link Tax o Google Tax. La nuova legge tedesca obbligava Google al pagamento per
l’utilizzo dei link degli altri siti internet di informazione. In ognuno di questi casi Google
chiuse completamente il proprio servizio Google News. Anche il risultato di tale manovra
è stato per tutti i Paesi lo stesso: gli editori che tornavano sui propri passi dopo un netto
calo del proprio traffico web e riconoscendo l’utilità dei servizi di Google per ampliare la
propria fetta di pubblico.
È utile, al fine di comprendere il mondo del giornalismo digitale, fare un’analisi
quantitativa (oltre all’analisi qualitativa appena fatta), dello scenario delle News On-line.
Abbiamo visto nel primo paragrafo [Figura 2] come la dieta mediatica, in rete, degli
italiani si sia concentrata sui siti specializzati (dal 2011 al 2015 +11%) a discapito di siti
d’informazione generali (dal 2011 al 2015 -9%) e dei grandi quotidiani generalisti (dal
2011 al 2015 +5%). Questi dati confermano che Internet si stia rivelando come il luogo
dove ci si reca principalmente per approfondire i temi del dibattito pubblico e non solo a
scopo ricreativo cadendo sugli articoli acchiappa click. Ad ogni modo, secondo il Digital
News Report 2016, l’Italia è tra i paesi con il più alto tasso di gradimento per quelle che
sono le Soft News (21% contro il 63% di utenti interessati alle notizie cosiddette Hard).
Tra gli utenti che dichiarano che la loro principale fonte di informazione è Facebook solo il
7% è interessato a tematiche di approfondimento politico o a quelle che vengono chiamate
39 Richard Gingras, An update on Google News in Spain, 11 Dicembre 2014 https://europe.googleblog.com/2014/12/an-update-on-google-news-in-spain.html
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 23 -
Hard news mentre il 20% è interessato alle notizie di tipo Soft.40 Un altro dato che può
risultare interessante al fine di comprendere il peso delle diverse piattaforme digitali sulle
conversioni in lettori sui siti di Web News ci viene fornito sempre dal Digital News Report
2016. Su scala Internazionale la metà del campione (51%) dichiara di utilizzare i social
media come fonte di notizie ogni settimana. Circa uno su dieci (12%) dice che è la sua
fonte principale. Facebook è di gran lunga il più importante network di notizie. Ma se
analizziamo i dati nel dettaglio scopriamo che i lettori Italiani atterrano sui siti web delle
testate On-Line principalmente tramite parole chiave inserite sui motori di ricerca, 54%
(percentuale in assoluto più elevata tra tutti i paesi analizzati nella ricerca). Sempre in
Italia, il 36% del traffico web sui siti di news è generato dai Social Media che
rappresentano un importante canale d’accesso alle news considerando che soltanto il 22%
d’accessi è generato dall’atterraggio diretto nelle Home (peggio dell’Italia soltanto il
Giappone con il 12%)41.
Per quanto riguarda la monetizzazione delle visite, ricoprono un ruolo importante
per le tasche degli editori le pubblicità su video che rappresentano un quarto degli introiti
pubblicitari totali. Questo dato è emerso dall’incontro “IAB Seminar Video Advertising: tra
storytelling, creatività e innovazione”, tenutosi il 18 ottobre 2016 a Milano. “Il video
advertising, che nel 2015 valeva 364 milioni di euro e il 21% di peso sul totale
investimenti con un incremento del 25% rispetto all’anno precedente, chiuderà quest’anno
con una crescita ancora più incisiva, che potrebbe superare il 30% rispetto al 2015 e che
40 Digital News Report - Distinctions between Hard and Soft News, Reuters Institute for the study of Journalism – University of Oxford URL http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/hard-soft-news-2016/
41 Digital news Report 2016 - How Audiences Discover News Online, Reuters Institute for the study of Journalism – University of Oxford http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/how-audiences-discover-news-online-2016/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 24 -
rappresenterà un quarto del totale advertising online.”42 In termini più generali la
pubblicità On-Line per i quotidiani sta lentamente aumentando e con l’incremento delle
visualizzazioni crescono anche gli introiti per gli editori: dalla rete arriva il 25% degli
incassi pubblicitari.43 Ma vi son anche tipi di monetizzazione delle visite di tipo diretto,
oltre alle campagne Pay Per Click, come ad esempio abbonamenti digitali, Paywall, News
Letter di settore. Secondo il campione intervistato per il Digital News Report 2016, alla
domanda “Avete pagato per i contenuti di notizie online o per l'accesso ad un servizio di
notizie online nel corso dell'ultimo anno?”44, il 16% ha risposto si. [Vedi Figura 5] Una
percentuale che colloca il nostro Paese al quarto posto dopo Norvegia (27%), Polonia e
Svezia (entrambi al 20%).45 Nonostante la percentuale elevata in Italia la spesa per le News
in termini assoluti è molto basso. Alla domanda “Quanto avete pagato per i contenuti news
online?” i risultati dell’indagine in Italia ha portato ad una media di spesa che si aggira
intorno 28 Sterline, un valore che colloca il nostro Paese all’undicesimo posto tra i paesi
presi in esame [Vedi Figura 6]. Questo dato, che va assolutamente interpretato anche in
base a quello che è il costo della vita in ogni singolo paese, ci suggerisce che le News in
Italia sono abbastanza economiche rispetto alla media Internazionale.46
Una buona notizia nell’ambito del passaggio dal cartaceo al digitale viene
direttamente dal Governo italiano che in un comunicato stampa del 24 Marzo 2017
42 F.Me, Pubblicità online, un quarto della torta arriva dai video, 18 Ottobre 2016 http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/44024_pubblicita-online-un-quarto-della-torta-arriva-dai-video.htm
43 Claudio Giua, La rivincita dei giornali. "Record di nuovi lettori conquistati sul web", 16 Giugno
2016 http://www.repubblica.it/cultura/2016/06/16/news/report_informazione_giornali_web-142120407/?ref=HREC1-24
44 Have you paid for ONLINE news content, or accessed a paid-for ONLINE news service in the last year?
45 Digital news Report 2016 - Paying for Online, News Reuters Institute for the study of Journalism – University of Oxford http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/paying-for-online-news-2016/
46 ibidem
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 25 -
annuncia novità per quanto riguarda i fondi diretti all’editoria47. Il Consiglio dei ministri,
su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro per lo sport con delega
all’editoria Luca Lotti, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che,
garantirebbe un cambiamento nell’assegnazione dei fondi diretti legati all’editoria. Nei
nuovi criteri per l’accesso a questi fondi vi è un nuovo parametro inserito appositamente
per favorire il passaggio dalle edizioni cartacee a quelle digitali. “Per quanto riguarda i
criteri di calcolo dei contributi, come nell’attuale sistema, i contributi sono calcolati in
parte come rimborso di costi e in parte in base al numero di copie vendute. Vengono
riconosciuti in percentuale più alta i costi connessi all’edizione digitale, al fine di
sostenere la transizione dalla carta al web. Si prevedono parametri diversi a seconda del
numero di copie vendute e si introduce un limite massimo al contributo, che non potrà in
ogni caso superare il 50% dei ricavi conseguiti nell’anno di riferimento.48” Questa novità
tuttavia, non sarà diretta ai grandi gruppi editoriali che abbiamo preso in esame in questo
capitolo. Infatti i nuovi fondi diretti non saranno più concessi a tutti i gruppi editoriali che
sono quotati in borsa, a tutti i giornali di partito e a quelli legati a movimenti politici. Un
aiuto, quello del Governo, che è diretto a tutte quelle testate che effettivamente non
riescono a far fronte, per via delle loro dimensioni, ai costi legati all’innovazione
tecnologica in atto. Alle grandi testate rimarranno tuttavia i fondi Indiretti, ovvero quei
soldi stanziati per rimborso spese per l’acquisto di carta (ad esempio). Una voce di spesa
che pian piano si ridurrà sempre di più.
In questo primo capitolo abbiamo solamente accennato a quelle che possono essere
le potenzialità e le criticità del mondo digitale. Nonostante la situazione in Italia, dove il
47 Consiglio dei Ministri, Comunicato Stampa n. 20, 24 marzo 2017, http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n20/7028
48 ibidem
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 26 -
mondo delle News Online sta ancora sperimentando e cercando di capire quali siano le
strade percorribili, questi ultimi dati sulla monetizzazione ci fanno intravedere “la luce in
fondo al tunnel” della crisi dell’editoria. Ovvero dei nuovi modelli di fruibilità delle
notizie, che chiaramente comportano nuovi modelli di business per rendere sostenibile il
lavoro di informazione e documentazione. Utilizzando le parole di Alberto Puliafito “Il
digitale offre enormi opportunità che vanno analizzate, studiate, capite e messe in pratica.
Ma non si pensi di poterlo fare negando la situazione di crisi, il cambio radicale di
paradigmi e contesti e l’impossibilità di continuare a fare come si è sempre fatto”.49 Per
questo motivo i prossimi capitoli della tesi saranno orientati alla comprensione delle
diverse piattaforme digitali: la loro natura, i loro linguaggi e le loro priorità. Al fine di
comprendere quale sia il modo migliore, per una testata giornalistica e per un giornalista,
di stare al loro interno sfruttando tutte le funzioni che permetterebbero di creare contenuti
49 Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. Roma 2016. Pag. 11
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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di qualità ed una maggiore fidelizzazione dei lettori ai propri contenuti.
Figura 5
Figura 6
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 28 -
2 – La nuova professione, il Content Management
2.1 La verifica delle fonti
"If your mother says she loves you, check it out."
Arnold Dornfeld
All’interno della rivoluzione digitale che stiamo vivendo c’è una piccola
rivoluzione che cresce al suo interno: lo Smartophone. “Piccola” potrebbe anche suonare
come un eufemismo. Il mondo degli Smartphone e quindi dell’accesso alla rete in ogni
momento e in ogni luogo favorisce quello che è il sovraccarico di informazioni, il
cosiddetto Overload informativo, al quale ogni singolo utente è sottoposto. Se da un lato
essere sempre connessi migliora la nostra informazione e arricchisce di strumenti utili nella
vita di tutti i giorni, dall’altra i troppi stimoli informativi ci rendono meno attenti e più
confusi riguardo a ciò che accade intorno a noi o nel resto del mondo. Questa nuova
tecnologia non solo trasforma ognuno di noi in un fruitore di notizie in ogni singolo
momento della giornata, ma ci rende tutti dei Newsmaker. All’interno delle nostre tasche
c’è tutto l’occorrente per documentare il presente e comunicarlo a tutto il mondo. In soli 60
secondi nel web vengono caricati 400 video su Youtube, 3,3 milioni di post su Facebook,
più di 420 mila Tweet, poco più di 1200 articoli in Wordpress e 55 mila foto vengono
postate su Instagram [Vedi Figura 7]. Grazie a questi numeri possiamo avere
un’impressione di quale sia la dimensione dell’Overload informativo e di quanto sia
complesso per chiunque, singolo utente o giornalista che sia, fare ordine in questo vero e
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 29 -
proprio caos. Eric Newton, presidente della John S. and James L. Knight Foundation, ha
creato un progetto multimediale dal nome molto evocativo: Searchlights & Sunglasses50.
Figura 751
Se un tempo occorreva ingegnarsi per trovare l’informazione che cercavamo (la
luce), oggi per via dell’Overload informativo occorrono gli occhiali da sole per evitare di
essere accecati dai troppi contenuti che ogni giorno vengono creati. Lo scenario qui
descritto rappresenta al tempo stesso, per il giornalista, sia una problematicità che una
50 Eric Newton, Searchlights & Sunglasses, http://searchlightsandsunglasses.org/
51 Robert Allen, What happens online in 60 seconds?, 11 Agosto 2016, http://www.smartinsights.com/internet-marketing-statistics/happens-online-60-seconds/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 30 -
potenziale opportunità. Le potenzialità del caos sono ben spiegate dal documento già citato
nel primo capitolo di questa tesi “Post-Industrial Journalism: Adapting to the Present”. Il
documento a cura di C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky recita:“Con l’avvento dei
social media, di Twitter come newswire, del giornalismo partecipativo…etc, i giornalisti
non sono stati rimpiazzati ma riallocati ad un livello superiore della catena editoriale,
passando dalla produzione iniziale di osservazione della realtà a quella che pone
l’accento sulla verifica e l’interpretazione, dando un senso al flusso di testi, audio, foto e
video prodotti dal pubblico.”52 In parole povere e riprendendo l’analogia di Eric Newton,
il giornalismo ed il giornalista sono gli occhiali da sole dei lettori e tramite il loro lavoro, di
fatto, riordinano il caos esistente nel mondo dell’informazione digitale. Per riuscire in
questo lavoro però vi è, come già accennato, una problematicità importante, ovvero: il
giornalista, prima di essere tale è un utente, un lettore, un fruitore d’informazione come
tutti. È quindi fondamentale per il professionista dell’informazione riuscire a non fare
confusione nella raccolta di notizie, riuscire a gestire l’Overload, saperlo verificare e poi
restituirlo ai suoi lettori. Un lavoro che viene reso sempre più difficile oltre che dalla
quantità di dati presenti in rete, anche dalla qualità di quest’ultimi. Infatti cresce sempre di
più il numero di siti internet e profili social che creano “bufale”, molte delle quali
divengono talmente virali nei social che finiscono per essere percepite dall’opinione
pubblica come reali. È il caso della CNN che, per errore, trasmette un filmato pornografico
per 30 minuti al posto della sua normale programmazione. La notizia (falsa) è stata creata
il 24 Novembre 2016 da un singolo utente tramite un Tweet e presa immediatamente per
vera dalla testata Indipendent che l’ha pubblicata sul proprio portale. Da qui la Bufala è
diventata virale in pochissimo tempo, tanto da costringere la stessa CNN a porgere, in un
52 Pier Luca Santoro, Giornalismo Post Industriale, http://www.datamediahub.it/2012/11/28/giornalismo-post-industriale/#axzz4PiHc7epE
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 31 -
primo momento ed in via preventiva, le proprie scuse ai telespettatori dicendo inoltre che
stavano cercando di risolvere il problema che aveva portato alla sospensione della normale
programmazione.53
Il tema ed il dibattito sulle fake-news è più attuale che mai. Si pensi che negli Stati
Uniti nei tre mesi che precedevano il voto presidenziale tra Hillary Clinton e Donald
Trump, le 20 fake-news più virali hanno creato più engagement delle 20 notizie (vere) più
performanti prodotte dai principali quotidiani statunitensi.54 Anche in Italia il fenomeno
delle Bufale on-line sta assumendo sempre più alti livelli di criticità. Nei due mesi
precedenti il voto referendario del 4 Dicembre la notizia con una maggiore diffusione era
una bufala: il presunto ritrovamento, in un inesistente paese di “Rignano sul Membro”, di
500.000 schede elettorali con il SI già segnato. Ma non è neanche un caso isolato, infatti
tra le prime 10 notizie sul referendum più virali ben 5 sono delle fake-news.55 Diventa
quindi sempre più cruciale il tema centrale di questo capito. Oltre ad essere una pietra
miliare della deontologia di questo mestiere, il fact-cheking diviene la ragione d’essere del
giornalismo 2.0 o post-industriale che dir si voglia, soprattutto in un mondo
dell’informazione dove il giornalista viene confermato come filtro tra realtà e finzione o
come riorganizzatore del caos prodotto dalla rete.
53 Justin Carissimo, CNN denies airing 30 minutes of hardcore porn, New York, 25/11/2016 http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/tv/news/cnn-accidentally-airs-30-minutes-of-non-stop-hardcore-porn-a7439371.html
54 Craig Silverman, This Analysis Shows How Fake Election News Stories Outperformed Real News On Facebook, 16/11/2016 https://www.buzzfeed.com/craigsilverman/viral-fake-election-news-outperformed-real-news-on-facebook?utm_term=.blr3Oy7bBD#.ci6XaLopbN
55 Pagella Politica e AGI, La notizia più condivisa sul referendum? È una bufala, https://pagellapolitica.it/blog/show/148/la-notizia-pi%C3%B9-condivisa-sul-referendum-%C3%A8-una-bufala
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 32 -
Se negli Stati Uniti la fake-news sulla CNN è stata prontamente aggiornata sul sito
dell’Indipendent56, in Italia ci sono ancora casi di “errori” editoriali non seguiti dalla buona
pratica dell’ “errata corrige”. Un esempio per tutti è quello de L’Unità che pubblica il
video elettorale di Berlusconi “meno male che Silvio c’è” sostenendo che una delle
comparse fosse Virginia Raggi, candidata a sindaco di Roma per il Movimento 5 Stelle. La
notizia priva di fondamento viene prontamente smentita dalla stessa Raggi, ed invece di
scatenarsi il dibattito politico, vi è stato (tempo verbale) un acceso dibattito nel mondo del
giornalismo. Infatti la questione venne riaccesa da un’intervista rilasciata dal direttore de
L’Unità, Erasmo D’Angelis, al Corriere della Sera: “Non avete pensato ad una rettifica
quando la Raggi vi ha smentito? «No, perché non è un’operazione politica, ma è
giornalismo 2.0». Vuol dire che non si fanno più verifiche? «Voglio dire che la
comunicazione social punta molto sulla quantità e sulla velocità. Sono sicuro che anche il
Corriere.it avrebbe caricato il video». Ma lei non crede che potevate controllare? «La
somiglianza è oggettiva e i social pieni di “smanettoni” che segnalano foto e video.
Questo è accaduto». Ha richiamato il responsabile del suo sito? «No, perché ha fatto bene
a pubblicare quel video». Ha fatto bene a pubblicare una «bufala»? «Il web ha modificato
profondamente il giornalismo, sui siti e sui social gira di tutto».”57 In parte è vero, “il web
ha modificato profondamente il giornalismo”, ma è altrettanto vero che questo nuovo
sistema digitale non sospende l’etica deontologica della professione. A correre in soccorso
del professionista dell’informazione vi è un manuale che ultimamente è stato tradotto in
56 Si può notare la differenza tra il titolo contenuto nell’URL dell’articolo http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/tv/news/cnn-accidentally-airs-30-minutes-of-non-stop-
hardcore-porn-a7439371.html ed il contenuto dell’articolo stesso. L’indirizzo URL viene creato con il titolo originale con il quale viene pubblicato l’articolo. Se si apre il link si troverà tutt’altro contenuto ed un diverso titolo: “CNN denies airing 30 minutes of hardcore porn”. Segno che contenuto e titolo sono stati corretti una volta che nella redazione si sono accorti dell’errore.
57 Maria Rosaria Spadaccino, Unità, il direttore ammette: «Raggi non era nel video con Berlusconi», 16 Aprile 2016, http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_aprile_16/unita-direttore-ammette-raggi-non-era-video-berlusconi-7aa78170-0405-11e6-b48d-5f404ca1fec7.shtml
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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lingua Italiana ed è disponibile on-line in versione completamente gratuita: il “Verification
Handbook, la guida definitiva alla verifica dei contenuti digitali per coprire le
emergenze”58. È durante le emergenze infatti, che è più difficile riuscire a svolgere il
lavoro del giornalista (in questa parte del lavoro è inteso come riordinatore del caos
nell’overload informativo). Nella straordinarietà dell’evento è difficile, ad esempio, avere
inviati sul luogo di un attentato nei minuti successivi all’accaduto. Diventa tuttavia
indispensabile riuscire a coprire l’evento per poter raccontare eventuali operazioni di
soccorso o la caccia delle autorità ai responsabili. Per questo le testate giornalistiche si
affidano, almeno nelle prime ore dall’evento, alle segnalazioni o al materiale che i singoli
cittadini pubblicano on-line. È fondamentale in questi casi non farsi prendere dall’euforia
dell’aver trovato il materiale giusto al momento giusto e quindi pubblicarlo il più in fretta
possibile cercando di anticipare i propri competitor. “Quando un giornalista o un
operatore umanitario trova certe notizie o contenuti sui social media, oppure gli vengono
recapitati via email, deve impegnarsi a identificare quattro elementi primari:
1. Provenienza: trattasi di materiale originale?
2. Fonte: chi lo ha caricato?
3. Data: quando è stato creato?
4. Luogo: dove è stato creato?”59
In questi casi è opportuno risalire alla fonte e controllare il profilo che ha pubblicato il
materiale che si vuole utilizzare. Se abbiamo trovato lo screenshot di un tweet è opportuno
controllare direttamente il profilo che lo ha creato per assicurarci che quello non sia un
falso. Per rispondere alla seconda domanda “chi lo ha caricato?” nel caso di un profilo
58 http://verificationhandbook.com/book_it/ 59 Verification Handbook, cap.3 Verificare i contenuti prodotti dagli utenti.
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 34 -
appartenete ad una persona famosa è sufficiente controllare le spunte di verifica
dell’identità che social come Twitter e Facebook mettono a disposizione. Ad ogni modo
all’interno del Verification Handbok si consiglia sempre di contattare direttamente l’utente
interessato per rivolgergli domande dirette: “Più le risposte sono vaghe, più bisogna
prendere con le pinze quanto racconta la fonte.”60
Raccontare un storia tramite immagini è da sempre il modo efficace per ottenere
attenzione e per dare al lettore una visione reale dell’accaduto. Tuttavia nell’era del Video
Editing e di Photoshop questo escamotage narrativo diviene sempre più un’arma a doppio
taglio per chi fa informazione. L’immagine giusta al momento giusto può veramente
deviare gran parte del traffico sul proprio portale, ma pubblicarla troppo velocemente,
magari presi dall’euforia di poter battere la concorrenza sul tempo può portare a grandi
errori di merito di fronte ai propri lettori. Un esempio per tutti è il caso dell’immagine (un
60 Verification Handbook, Cap. 4 Url http://verificationhandbook.com/book_it/chapter4.php
Figura 8
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 35 -
selfie) che si sarebbe scattato uno degli attentatori di Parigi del 13 novembre 2015 [Vedi
figura 8].
L’immagine di sinistra è la foto che SkyTg 24 ha pubblicato per vera senza le
dovute verifiche. Immediatamente è stata ripresa da molti media e siti di informazione
prendendola per vera proprio perché a pubblicarla è stato un media autorevole come SkyTg
24. Come è possibile notare la foto è stata in realtà modificata con un programma di
grafica, quello che in realtà è un programmatore che si scatta una foto allo specchio con il
proprio tablet diviene un attentatore con in mano il Corano. Vi sono molti modi per
verificare la veridicità di una foto, oltre al contatto diretto come già spiegato. Innanzi tutto
è possibile provarne la veridicità attraverso Google Images o TinEye61. Su entrambi i
portali è possibile o caricare la foto o inserire l’URL relativo per vedere se vi sono foto
“visibilmente simili” caricate nel web nei giorni o negli anni precedenti e quindi riciclata
per un evento attuale o relativo ad un’altra data.62 Il caso del falso attentatore e di SkyTg
24 è una bufala che poteva essere sfatata facilmente con un semplice software:
Fotoforensic63. Questo programma, facilmente accessibile anche online, utilizza l’error
level analysis (ELA) per riconoscere eventuali modifiche artificiali effettuate su di una
foto. Questo strumento non solo ci dice se l’immagine è stata modificata o meno ma ci
segnala anche in quali punti è stata alterata. Un altro metodo per controllare data e ora è
quello di estrapolare da una foto, un video o un file audio i Exchangeable Image File
(EXIF). Comunemente chiamati Meta-informazioni, questi dati ci forniscono tutto quello
che vogliamo sapere sull’origine di un file multimediale: dall’apparecchio che lo ha creato,
61 http://tineye.com/ 62 Andrea Coccia (Traduzione italiana), 6 strumenti per riconoscere le bufale online, Articolo di Pete
Brown, co-founder di Eyewitness Media Hub, pubblicato originalmente in inglese su The Conversation. (Six easy ways to tell if that viral story is a hoax), 2 Ottobre 2015 http://www.slow-news.com/2015/10/6-strumenti-per-riconoscere-bufale-online/
63 http://fotoforensics.com/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 36 -
passando per data, orario fino all’esatta ubicazione geografica. Questi dati però sono inutili
se le immagini o i video che dobbiamo controllare provengono da Facebook, Twitter o
Instagram. Questi social, infatti eliminano i dati Exif dai file caricati, mentre altre
piattaforme come Whatsapp o Flickr mantengono i dati originali.64 Anche per questo tipo
di verifica gli strumenti sono online, uno per tutti è Jeffrey’s Exif Viewer.65 Un altro
escamotage di verifica di un filmato o di una foto è quello del controllo climatico. Wolfram
Alpha66 è un servizio online che tramite domande specifiche (formulate in lingua inglese)
ci può rivelare le condizioni climatiche in un determinato luogo in dato giorno ed orario.
Un ultimo strumento utile che riguarda solo la verifica delle fonti video è Youtube
Dataviewer67. Questo servizio, a cura di Amnesty International, e molto efficace
nell’estrapolazione delle informazioni dai file video. Dataviewer è in grado di risalire alla
data di Upload ed in più separa le immagini thumbnail68 associate. In questo modo è
possibile effettuare un doppio controllo: tramite la data possiamo risalire alla versione del
video originale e quindi alla sua prima data di caricamento; le immagini thumbnail nel
frattempo ci forniscono informazioni su gli altri usi di questo video, se determinati
fotogrammi sono stati utilizzati in altri contesti per raccontare, magari, altre storie in altri
luoghi.
I 5 strumenti qui elencati sono solo alcuni dei tools che un giornalista può usare per
la verifica di una fonte, tra i tanti esistenti rappresentano i più semplici da utilizzare e
disponibili a chiunque in versione gratuita. La verifica di una fonte proveniente dal web è
64 Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. 2016. Pag. 61
65 http://regex.info/exif.cgi 66 http://www.wolframalpha.com/ 67 http://www.amnestyusa.org/citizenevidence/ 68 Letteralmente “miniatura”, le immagini thumbnail in un video sono i fotogrammi che ne
presentano l’anteprima.
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 37 -
tuttavia un’operazione che via via si fa sempre più complessa man mano che gli strumenti
di modifica immagini/video si fanno più completi ed elaborati. Ad ogni modo la
professione giornalistica nell’era del web 2.0 non cambia nei fatti. La verifica delle fonti è
sempre stata una pietra miliare per questa professione e con l’entrata del digitale si fa
“solamente” più articolata e complessa. Torna quindi molto utile il sopracitato Verification
Handbook. Questo manuale redatto da giornalisti esperti è disponibile in una larga varietà
di lingue e contiene al suo interno tutte le giuste norme di comportamento per la verifica di
un’informazione digitale. Una volta che si prende dimestichezza con questi strumenti e si
riesce ad organizzarli in un protocollo d’azioni facile, efficace e veloce, il processo di fact
checking diviene naturale e parte integrante della redazione di un articolo. È giusto
ricordare che errare è umano e quindi, se una volta svolto il processo di verifica si cade
comunque sia nel tranello di una Bufala, è “sufficiente” scusarsi con i propri lettori,
ammettere l’errore e porvi rimedio.
Il fenomeno sempre più diffuso delle Fake News e dalla disinformazione a mezzo
internet sono oggi al centro di un complesso dibattito pubblico. Da questo fenomeno è
anche nato il neologismo “post-verità” che è addirittura stato eletto dall’Oxford Dictionary
come “parola dell’anno 2016”69. Ad intervenire sull’argomento vi è anche l’Accademia
della Crusca, che spiega e giustifica la scelta del dizionario inglese: “La post-verità, infatti,
sembra davvero permeare a fondo la società contemporanea, se una falsa notizia sui soldi
spesi dalla Gran Bretagna per l’Europa (dato verificabile) può spostare in parte il voto
sulla sua adesione alla UE; o se mettere in dubbio il luogo di nascita di un cittadino
americano (dato verificabile) può influenzare l’elezione del presidente degli Stati Uniti
[…]. L’impatto del concetto veicolato da questa parola sulla società del nostro tempo è
69 Oxford Dictionary, Word of year 2016: Post-Truth, https://en.oxforddictionaries.com/word-of-the-year/word-of-the-year-2016
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 38 -
quindi decisamente di larga scala e coinvolge sia i micro che i macrocosmi70.” Gli effetti
sociali, politici ed economici del fenomeno qui in esame possono assumere livelli di
criticità rilevanti se non contrastati efficacemente. Secondo il Guardian c’è chi riesce a
guadagnare fino a 10mila dollari al mese con il business delle Fake-News71. Il caso della
cittadina macedone di Veles (popolazione 45.000) è l’esempio più esaustivo di questo
fenomeno. I giovani del luogo hanno lanciato sul web americano circa 140 siti internet
dedicati alla politica statunitense durante il periodo delle elezioni tra Trump e Clinton.
Questo caso è stato scoperto da BuzzFeed che ha riportato anche le cifre di questo
fortunato business. La giusta Fake News in Macedonia vale fino a 5mila dollari al mese,
tutti soldi che vengono erogati da Google grazie ai servizi pubblicitari che chiunque può
inserire sul proprio sito72. Cifre talmente elevate che ci fanno rendere conto di quanto sarà
difficile far desistere chi, in questi anni, si è di fatto arricchito con questo modello
comunicativo. Nel frattempo sia Google che Facebook hanno dichiarato guerra alla post-
verità tagliando i fondi pubblicitari a tutti i siti internet e alle pagine che si muovono in
questa direzione73. Una dichiarazione di intenti che trova il suo fondamento anche in altre
iniziative messe in campo dai due colossi di Internet. Google News ha creato un apposito
Tag che accompagna i link delle notizie al fine di segnalare la veridicità delle affermazioni
in esso contenuto74. Questo processo, chiamato “Claim Review”, è attualmente in
70 Marco Biffi, Viviamo nell'epoca della post-verità?, 25 Novembre 2016, http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/viviamo-nellepoca-post-verit
71 Abby Ohlheiser, This is how Facebook’s fake-news writers make money, 18 Novembre 2016 https://www.washingtonpost.com/news/the-intersect/wp/2016/11/18/this-is-how-the-internets-fake-news-writers-make-money/?tid=a_inl&utm_term=.357890aa4ecd
72 Craig Silverman e Lawrence Alexander, How Teens In The Balkans Are Duping Trump Supporters With Fake News, 4 Novembre 2016, https://www.buzzfeed.com/craigsilverman/how-macedonia-became-a-global-hub-for-pro-trump-misinfo?utm_term=.lrlR9onO9#.so67zyG1z
73 Julia Love and Kristina Cooke, Google, Facebook move to restrict ads on fake news sites, 15 Novembre 2016, http://www.reuters.com/article/us-alphabet-advertising-idUSKBN1392MM
74 Richard Gingras, Labeling fact-check articles in Google News, 13 Ottobre 2016, https://blog.google/topics/journalism-news/labeling-fact-check-articles-google-news/amp/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 39 -
sperimentazione nei soli Stati Uniti e prossimamente dovrebbe arrivare anche nel vecchio
continente.
Più complessa, invece, è la posizione che ha preso Facebook per contrastare il
fenomeno delle Bufale. Il colosso di Menlo Park ha dichiarato di volersi impegnare
direttamente nel giornalismo, diventando così una media company a tutti gli effetti, per
poter scendere in campo attivamente per ripristinare la verità all’interno della propria
piattaforma75. Una notizia che, come vedremo dal prossimo paragrafo, non migliora i
rapporti già complessi tra il Social Network più utilizzato al mondo e gli editori. Tutto
“merito” di un fenomeno che è diventato socialmente rilevante a causa di Facebook stesso
e di un giornalismo, che spesso, ha preso sotto gamba la propria responsabilità sulla post-
verità.
75 Fidji Simo, Svolta Facebook, adesso si impegna nel giornalismo, 11 Gennaio 2017,
http://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2017/01/11/news/svolta_facebook_adesso_si_impegna_nel_giornalismo-155835009/?ref=search
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 40 -
2.2 - Social Network
“Facebook isn’t your enemy,
but it’s not your friend either”
Mathew Ingram
I Social Network rappresentano la grande novità in questa rivoluzione
dell’informazione. Nati negli ultimi anni del ‘900, hanno conosciuto nei primi anni del
2000 l’inizio della loro grande ascesa. Nel 2004 il termine social network viene identificato
con il logo ed il nome del neo nato Facebook. Il perché è presto detto: la piattaforma di
Mark Zuckerberg conta ad oggi 1,65 Miliardi di utenti attivi ogni mese, contro i 320
Milioni di Twitter e i 600 di Instagram76. Come abbiamo precedentemente, i portali social
portano ai siti internet d’informazione il 36% del traffico totale ed il solo Facebook
rappresenta la principale fonte d’informazione dei Millenials77 per quanto riguarda le news.
Secondo il 12° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione78, tra le prime cinque fonti
d’informazione utilizzate dai giovani in Italia troviamo “al primo posto Facebook come
strumento per informarsi (71,1%), al secondo posto Google (68,7%) e solo al terzo posto
compaiono i telegiornali (68,5%), con YouTube che non si posiziona a una grande
distanza (53,6%) e comunque viene prima dei giornali radio (48,8%), tallonati a loro volta
dalle app per smartphone (46,8%)”. Diventa quindi indispensabile per tutti i newsbrand
essere sui social network, ma soprattutto, saperli usare bene. Come vedremo nel corso di
questo paragrafo, ogni piattaforma ha il suo stile comunicativo e un proprio algoritmo che
da più o meno risalto a questo o all’altro tipo di informazione. Mi soffermerò
76 Free Social Media Statistics, https://www.socialbakers.com/statistics/?interval=last-3-months#chart-intervals
77 Generazione di utenti nati tra il 1980 ed il 2000 78 12° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, Roma, 26 marzo 2015,
http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121009
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 41 -
principalmente sulla piattaforma più usata e più redditizia di tutte: Facebook. L’esigenza di
parlare di giornalismo e mondo social nasce principalmente da una ricerca79 condotta
dall’Inma, l’International News Media Association: “The Facebook media-relationship
status, it’s complicated”. La ricerca è un sondaggio effettuato intervistando 37 dirigenti di
testate giornalistiche web europee e statunitensi e ci mostra come la percezione di
Facebook e delle sue eventuali potenzialità sia discontinua e contraddittoria. Per l’81%
degli intervistati la ragione principale per utilizzare questo particolare social è per
aumentare l’engagement e ampliare il pubblico sul proprio sito internet, tra questi il 79%
dice di essere soddisfatto dalle modifiche messe in campo dalla piattaforma per aiutarli nel
loro lavoro. Le note dolenti arrivano quando si parla delle modalità con cui Facebook
comunica le sue modifiche alla piattaforma o all’algoritmo, con il 68% del campione degli
intervistati che non si ritiene soddisfatto. Quel che viene lamentato in questo caso è lo
stravolgimento dei propri contenuti editoriali in seguito alle correzioni dell’algoritmo del
Social Network. L’algoritmo di Facebook è la formula matematica, il codice di
programmazione, che gestisce ciò che possiamo o non possiamo vedere sulla News Feed,
ovvero sulla pagina principale del social dove è possibile trovare le notizie generate dai
nostri contatti o dalle pagine a cui abbiamo messo il Like. Questo codice è stato battezzato
con il nome di EdgeRank dallo stesso Facebook e reso pubblico nel 2010. Ma il colosso di
Menlo Park apporta spesso delle modifiche penalizzando un tipo di contenuto o per
favorirne un altro. È un cambiamento che chiunque abbia un profilo Facebook può
percepire, come ad esempio la presenza di molti più video sulla nostra Home oppure
l’introduzione dei Live Streaming o le Gif animate. Più avanti in questo paragrafo vedremo
come tutto ciò può penalizzare un editore.
79 Inma, l’International News Media Association; The Facebook media-relationship status, it’s complicated; 27 Settembre 2016 https://inma.org/report-detail.cfm?pubid=189
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 42 -
Per quanto riguarda il lato economico della ricerca dell’INMA, mentre il 41% dice
che è importante generare ricavi con Facebook, il 57% non si ritiene soddisfatto delle
modalità con cui questi ricavi vengono generati.
“Per gli editori, Facebook è il proverbiale gorilla di 800 chili nella stanza.80” È il
commento di Pier Luca Santoro ai risultati del sondaggio Inma e continua affermando che
la sintesi all’approccio ai social è descritto tra le righe di questo Report: “[i Social] sono
stati vissuti inizialmente come un male necessario, poi eretti a canale di distribuzione per
generare traffico al proprio sito web, e infine vissuti attualmente sempre più come una
minaccia. Un percorso, un’evoluzione che è difficile definire virtuosa, fatta di
pressapochismo e sottovalutazioni continue81”.
Insomma, il dibattito sulla vera natura di Facebook e di come poterlo usare è vivo e
sembra avere programmi di vita longevi. La critica di Pier Luca Santoro è più che
legittima. I portali d’informazione hanno spesso cambiato le proprie politiche di approccio
ai social anche se erano tutte dirette ad un unico fine, il proprio tornaconto. Il problema a
monte è che lo stesso Facebook, come quasi tutti i social, non fa beneficenza e prima di
tutto pensa ai propri interessi. Spiegare come funziona Facebook può sembrare un
argomento inutile e scontato ma, come vedremo, non lo è affatto. Al social network più
usato al mondo conviene che l’utente rimanga, più tempo possibile, all’interno del proprio
portale. Tutte le modifiche del proprio algoritmo dal 2011 ad oggi sono propedeutiche a
questo fine. È sufficiente una veloce ricerca tra le pagine Facebook dei principali
quotidiani nazionali per rendersi conto che la principale strategia è quella di usare i social
80 Pier Luca Santoro, Un Gorilla in Redazione – tra link, troll e tanti errori, articolo in Pollice Verso, allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016, Pag. 1
81 ibidem
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 43 -
network per condividere i link che rimandano ai propri siti internet. Usare Facebook come
“discarica di link82” per generare traffico ai propri siti stona con la mission aziendale del
colosso americano. Facebook ha tutto l’interesse perché questo tipo di politica non
funzioni: l’utente deve rimanere sulla piattaforma social, non conviene che vada ad
atterrare altrove. Questo è il primo concetto che un editore deve tenere a mente se vuole la
propria testata giornalistica su Facebook. Non a caso l’introduzione degli “Instant Article”
si muove in questa direzione. Introdotti ufficialmente per tutti gli editori nell’aprile 2016
questo nuovo formato viene presentato da Facebook come un nuovo strumento per una
migliore esperienza utente da smartphone. Gli Instant Article infatti, permettono di poter
aprire un contenuto editoriale 10 volte più velocemente che in passato83.
Con questo nuovo sistema le testate editoriali dovranno creare i propri articoli
direttamente sulla piattaforma Facebook. La paura di molti editori è quello di perdere il
controllo su i lettori, che non atterreranno più sul sito web della testata giornalistica perchè
quest’ultima ha il timore di perdere i dati relativi all’esperienza utente (frequenze di
rimbalzo, tempo di permanenza sull’argomento, ecc.) e soprattutto il controllo economico
sulle inserzioni pubblicitarie che passeranno prima per l’intermediazione di Facebook. È lo
stesso social network che in questo primo momento anche per le perplessità dei publisher
ha fatto un passo indietro, o meglio, non ha ancora fatto il passo in avanti (se mai deciderà
di farlo). Facebook infatti ha rinunciato al controllo sui contenuti prodotti sulla propria
piattaforma. “Con Instant Articles, - si legge nella nota stampa del colosso di Menlo Park-
gli editori hanno il pieno controllo sull’aspetto delle proprie storie, dei dati e della
82 ibidem 83 Josh Roberts, Opening Up Instant Articles to All Publishers 17 Febbraio 2016
https://media.fb.com/2016/02/17/opening-up-instant-articles/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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pubblicità. Hanno la possibilità di vendere gli spazi pubblicitari in modo diretto e di
trattenere quindi il 100% dei profitti, di tracciare i dati sugli annunci pubblicati tramite i
propri sistemi di misurazione pubblicitaria, o possono monetizzare i loro contenuti
attraverso Facebook Audience network.84” Ad ogni modo l’incertezza sugli Instant Article
nel mondo dell’editoria regna sovrana. Facebook infatti ha “Il vantaggio di essere il
padrone di casa, e di avere le chiavi85”. Potrebbe quindi cambiare le regole in un secondo
tempo costringendo il mondo dell’editoria, che avrà puntato risorse e strumenti su di un
unico mezzo, a scegliere se sottostare alle nuove condizioni o se reinventarsi un nuovo
modo di stare on line.
La paura degli editori è più che fondata. Non è un caso che Facebook sia
considerato come un canale di distribuzione del proprio materiale, come abbiamo visto dai
dati del report di Inma. La piattaforma social per eccellenza ha garantito questo tipo di
utilizzo da parte dei vari publisher fino a qualche anno fa. Per spiegare questo
cambiamento di tendenza vi è un altro concetto da fissare per comprendere il cambiamento
e capire quindi come utilizzare Facebook per dare notizie: è il funzionamento
dell’algoritmo che ci permette di visualizzare o meno dei contenuti sulle nostre News Feed.
L’Organic Reach è un termine introdotto dallo stesso Facebook nell’Aprile 2012 per
spiegare a tutti i brand (testate giornalistiche incluse), che i propri post venivano mostrati
solo ad una minima percentuale della propria community, il 16%.[Vedi Figura 9] “Per
84 Ibidem “With Instant Articles, publishers have full control over the look of their stories, as well as data and ads. They have the ability to bring their own direct-sold ads and keep 100% of the revenue, and track data on the ads served through their existing ad measurement systems, or they can monetize their content through the Facebook Audience Network.”
85 Luca Della Dora, Perché gli Instant Articles non riguardano (solo) Facebook, 18 Maggio 2015 https://medium.com/italia/perch%C3%A9-gli-instant-articles-non-riguardano-solo-facebook-5c0a480ea106#.gddqigv41
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 45 -
assicurarsi che i tuoi fan vedano le tue storie, - spiega lo stesso Facebook nel suo
comunicato -, sponsorizza i post per aumentare la portata del tuo contenuto.86”
Questa portata è diminuita di anno in anno fino ad arrivare ad un esiguo 6% nel 2014.
Victor Luckerson, in un articolo del Time in cui spiega questo concetto, arriva ad
ipotizzare che Facebook ha tutto l’interesse a far si che l’Organic Reach possa arrivare fino
all’1/2%.87 Viene da se che per superare questa stretta percentuale vi sono solamente due
uniche soluzioni. La prima è suggerita dallo stesso Facebook nel comunicato del 2012:
volete portare utenti fuori dalla piattaforma ed ottenere i risultati di un tempo? Pagate e vi
sarà dato. L’altro modo è quello di adattarsi alla natura del social network: creare
Engagement cercando di cavalcare l’algoritmo di Facebook.
Anche se i dirigenti di publisher intervistati dall’Inma si dichiarano non soddisfatti
di come Facebook comunichi i cambiamenti all’algoritmo, c’è da dire che all’interno della
piattaforma vi sono tutti gli indizi, spesso vere e proprie istruzioni dettagliate, per capire
come gestire i propri profili e le proprie pagine. D’altronde rientra nell’interesse di
Facebook che i propri utenti riescano a trovare i contenuti desiderati e che questi contenuti
siano di loro gradimento. Per tale concetto indispensabile che i creatori di contenuti (editori
86 “To make sure your fans see your stories, sponsor your posts to increase the reach of your content.” (per il post completo vedi Figura 9)
87 Victor Luckerson, The Free-Marketing Gravy Train Is Over on Facebook, 22 Marzo 2014 http://time.com/34025/the-free-marketing-gravy-train-is-over-on-facebook/
Figura 9
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 46 -
compresi) sappiano come ottimizzare i propri post. A questo fine è dedicata una Nota della
società88 pubblicata nel maggio 2013 dal titolo “12 Best Practices For Media Companies
Using Facebook Pages”. Al suo interno Facebook spiega come utilizzare il Social per dare
notizie, come comporre il messaggio nel post, che tipo di foto è meglio pubblicare e così
via. Se ciò non dovesse bastare vi sono alcuni siti web ufficiali che l’azienda utilizza per
comunicare i cambiamenti alla News Feed.89 Proprio in merito alle “12 migliori pratiche
per le media company su Facebook”, Albero Puliafito scrive in DCM – dal giornalismo al
Digital Content Management: ”molte cose non dovrebbero nemmeno essere suggerite da
una piattaforma di social network e dovrebbero essere di puro buon senso giornalistico
(«Quando condividi una storia, aggiungi un’analisi da esperto: i tuoi utenti vogliono
sentire la tua opinione, la tua voce»)[…]. Altre rispondono a principi base di storytelling
ma anche alle esigenze proprie di Facebook («Condividi storie con foto e video per
attirare l’attenzione dell’utente»)”90.
Creare contenuti ad hoc per questa piattaforma è comunque un requisito
indispensabile che ogni testata giornalistica dovrebbe avere all’interno della propria
redazione web. Video a 360°, Live streamig, meme, gif animate sono solo alcune delle
novità messe in campo dal colosso social nell’ultimo anno e che promettono una maggiore
diffusione all’interno delle News Feeds. Ma non c’è solamente la creazione di contenuti
all’interno di un Social Network. Il nome stesso che è stato dato a queste piattaforme è
esplicativo di per sé: Reti Sociali. Facebook, Twitter, Telegram sono tutti strumenti che
permettono alle redazioni di poter fare una cosa che altrimenti, con la carta stampata, non
88 Scott Hershkowitz and Vadim Lavrusik, 12 Best Practices For Media Companies Using Facebook Pages, 2 maggio 2013 https://www.facebook.com/notes/facebook-media/12-best-practices-for-media-companies-using-facebook-pages/518053828230111
89 http://newsroom.fb.com/ 90 8. Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche
delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. 2016, pag.173
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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sarebbero riusciti a fare (almeno non con la stessa efficacia e rapidità): dialogare con i
propri lettori. “Facebook è un bar, una piazza di paese dove incontrare persone,
comprenderne interessi, motivazioni, aspirazioni, e, soprattutto, dati, da interpretare
correttamente per tradurli e renderli disponibili a casa propria, nel proprio sito, nei
prodotti e nei servizi forniti.” Scrive Pier Luca Santoro, aggiungendo che “è solo in questo
modo che siamo in grado di valorizzare la relazione. Di creare valore aggiunto, anche
economico, per le persone, i giornali e il giornalismo”91. Non a caso alcuni quotidiani si
muovono in questa direzione, sfruttando anche un’altra tendenza del mercato
dell’informazione 2.0: il Personal Branding. È il caso del Washington Post che ha creato
una pagina dedicata alle sessioni di conversazione tra i propri giornalisti ed i propri
91 14. Pier Luca Santoro, Un Gorilla in Redazione – tra link, troll e tanti errori, articolo in Pollice Verso, allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016 pag. 2
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utenti.92
Figura 10
Guardando la situazione nel nostro paese c’è il caso de Il Manifesto che rappresenta
un esempio virtuoso di interazione e dialogo con i propri lettori all’interno dei social. Il
“Quotidiano Comunista” ha adottato una strategia social che si discosta molto dagli altri
quotidiani generalisti italiani con tiratura nazionale e anche da quei portali d’informazione
nativi digitali. Il numero di Post condivisi quotidianamente inferiore agli altri competitor ci
suggerisce una politica comunicativa che non punta alla quantità di traffico deviabile sul
92 https://live.washingtonpost.com/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 49 -
proprio sito ma alla qualità e al dialogo con la propria community93. Questo diverso
approccio fa de il Manifesto “il best performer tra tutti i quotidiani nazionali con un
engagement rate, un tasso di coinvolgimento che, secondo l’analisi svolta, […] è superiore
persino a quello di Fanpage, che ha una squadra di persone dedicate ai social e di ben 5
punti percentuali al di sopra di Repubblica.94” Tradotto in numeri il Manifesto ha un
Engagement Rate del 40,32% con una fanbase di 270 mila persone (circa). Fanpage con
ben 6 milioni (circa) di Fan raggiunge il 39,29% di engagement rate, mentre Repubblica il
35,12% con 3 Milioni (circa)95 [vedi Figura 10]. L’Engagement Rate, rappresentato
graficamente nella Figura 10, è un indicatore che permette di quantificare il tasso di
coinvolgimento di una determinata pagina, ossia quanto una fanpage sia stata in grado di
stimolare i propri utenti ad un’azione diretta sui propri contenuti. Questo indice mette in
rapporto tra loro il numero totale di interazioni (like, commenti, condivisioni) ottenute in
un dato giorno, con il numero di post pubblicati nella frazione di tempo ed il totale dei Fan
della pagina sempre. Tale valore viene ricavato con questa formula per azzerare quelle che
sono le differenze di volume (inteso sia come numero di fan totali che come numero di
post pubblicati al giorno) da una pagina all’altra. Se espresse in valori assoluti vedremo
come una Pagina con milioni di Fan (tipo Fanpage o Repubblica) che pubblica nel corso
delle 24 ore più di 20 post, abbia sicuramente un numero totale di interazioni superiore ad
una pagina dai pochi fan e da due post al giorno.
93 Pier Luca Santoro, E il manifesto “batte” tutti, articolo in Pollice Verso, inserto allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016, Pag. 5
94 Ibidem 95 Percentuali engagement rate tratte dall’articolo di Pier Luca Santoro (vedi nota 82). Dimensione
Fanbase presa dalle relative pagine Facebook il 13 gennaio 2017.
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 50 -
Ad ogni modo, sembra che ogni testata abbia una sua diversa strategia di approccio
ai social. Il manifesto è sicuramente la “mosca bianca” da studiare per quanto riguarda la
cura che riserva ai propri lettori.
Per quanto riguarda gli altri newsbrand del panorama nazionale possiamo notare
come le diverse strategie social si discostino l’una dall’altra pur avendo diversi capisaldi in
comune. I quotidiani nazionali, ad esempio, tendono a replicare lo stesso contenuto più
volte nella stessa giornata. Repubblica e il Corriere della Sera hanno rispettivamente 2500
e 3500 post medi pubblicati in un mese. Il profilo Facebook di Ansa può servire come
metro di paragone per comprendere quanto appena affermato: essendo un’agenzia di
stampa tende a coprire la maggior parte delle notizie giornaliere. Nonostante questo ha una
media mensile che si aggira intorno ai 1500 post: meno della metà rispetto al Corriere96.
Rimanendo sul caso Ansa.it e sulla sua strategia di pubblicazione possiamo notare come
74% dei propri post sono link che rimandano a contenuti sul proprio sito internet: una
percentuale, che come vedremo, rappresenta la quota minore tra tutti i principali
newsbrand che qui di seguito andrò ad analizzare. Immagini e Video invece, contano circa
il 18% del totale dei contenuti. Da segnalare inoltre è un ampio uso degli status non
accompagnati da allegati per coprire le notizie in tempo reale97. Il Corriere della Sera
sceglie una strategia quasi totalmente incentrata sui link al proprio sito (88,07%). Ciò che
rimane è un 10% destinato alle foto, un 1% circa dedicato agli status e quel poco che
rimane è destinato ai video. Una scelta, quella del Corriere, che sicuramente lascia a
desiderare se pensiamo che i link al proprio sito web sono penalizzati dallo stesso
Facebook per favorire tutti i contenuti (video soprattutto) generati direttamente sul Social.
96 Pierluigi Vitale, L’uso di Facebook da parte degli editori. Cinque colossi e cinque strategie a confronto, articolo in Pollice Verso, inserto allegato a Il Manifesto, Mercoledì 2 Novembre 2016, Pag 4
97 ibidem
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Negli ultimi mesi, infatti, la piattaforma di Facebook ha dichiarato apertamente di dare
molta più importanza, tramite il proprio algoritmo, ai contenuti Video soprattutto se in
Live Streming. Tant’è che il colosso di Menlo Park ha da poco annunciato di voler puntare
anche economicamente sui formati video inserendo al loro interno spot pubblicitari98.
Repubblica sembra essere attenta alle novità che man mano Facebook sta
introducendo. I contenuti video rappresentano circa il 14% del totale delle pubblicazioni, di
cui un 4,6% dedicato alle dirette Live Streaming direttamente sulla piattaforma social. Il
resto delle pubblicazioni di Repubblica non sono mai degli status senza una componente
visiva: o sono link, quindi con relativa anteprima, o sono foto. La strategia social di
Repubblica viene premiata anche in ambito internazionale. La settima edizione della
ricerca sui quotidiani condotta da Innova et Bella, “Facebook Top Newspapers 2016” pone
la strategia Facebook di Repubblica al primo posto in Italia e all’undicesimo posto nel
ranking internazionale99. Fanno parte della ricerca di Innova et Bella i principali quotidiani
europei e statunitensi. Un campione di 60 testate con copertura nazionale suddivisi tra
Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia, Francia, Spagna e Germania. Ad aprire la fila c’è il New
York Times con un rating da tripla A. La Repubblica è, con la sua A, “ad un passo
dall’eccellenza. La testata mantiene saldo il record italiano dei likers che passano da 2,2
milioni nel 2015 a 2,7 nel 2016 (+26%). L’engagement dialettico sviluppato con i propri
lettori e la community de La Repubblica delle Idee si riconfermano fra i punti di forza di
Repubblica e un aspetto interessante per il panorama dei quotidiani italiani. Completa
l’offerta la presenza degli Instant Articles e l’adozione di emoji nei post più «informali».
98 Ansa, Nei video di Facebook entrerà la pubblicità, 10 gennaio 2017 http://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2017/01/10/facebook-nei-video-entrera-la-reclame_89ab9c79-bf73-4066-b5fe-77f8b0477cfd.html
99Innova et Bella, Facebook Top Newspapers 2016 http://www.i-b.com/facebook_top_newspapers_2016/facebook_top_newspapers_sintesi.php
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100” Nello scenario Italiano segue La Stampa, sempre con un rating A, che si posiziona a
livello internazionale al quindicesimo posto; Il Fatto Quotidiano al ventunesimo posto
internazionale con un rating B+ ed il “record mondiale conquistato dal quotidiano nel
rapporto fra likers e copie diffuse: raggiungendo 1,9 milioni di likers (erano 1,7 milioni
nel 2015) vanta ben 54 likers per copia diffusa.101” Il Corriere della Sera viene valutato
con un rating B, dovuto principalmente al fatto che il quotidiano milanese mantiene, anche
su Facebook, il tipo di linguaggio istituzionale che da sempre lo contraddistingue. Fanalini
di coda sia per quanto riguarda l’Italia che la classifica internazionale sono L’Unità e il
Messaggero, entrambi con rating C, il più basso nella scala di valutazione di Innova et
Bella.
Un altro importante Social Network per la professione giornalistica è Twitter. La
piattaforma da 140 caratteri nata nel 2006 è stata al centro di numerose rivoluzioni,
Primavere Arabe in primis102. Tramite questo tipo di social le rivolte popolari riuscivano a
comunicare le proprie istanze al resto del mondo, riuscendo a raggirare i blocchi ed i
divieti imposti dai governi autoritari. Intorno al 2011 quindi, Twitter sembra rappresentare
il futuro, un social che garantisca la libertà d’informazione e che addirittura riesca a
rompere i vari bavagli imposti sulle libertà. Ad oggi sappiamo che tutto l’entusiasmo
scaturito da quel periodo storico non ha lasciato particolari segni all’interno della
piattaforma. Twitter non riuscirà mai ad avvicinarsi agli stratosferici numeri di Facebook,
anzi, nel 2016 ha addirittura subito il sorpasso (in termini di utenti attivi al mese) di
100 Innova et Bella, Facebook Top Newspapers 2016, i migliori http://www.i-b.com/facebook_top_newspapers_2016/facebook_top_newspapers_i_migliori.php
101 ibidem 102 Marco Di Liddo, Andrea Falconi, Gabriele Iacovino e Luca La Bella; Il Ruolo dei Social
Network nelle Rivolte Arabe; A cura del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali); Osservatorio politica internazionale n°40 Settembre 2011
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Snapchat e Instagram103. Di fatto Twitter è una enorme agenzia di stampa internazionale
autogestita dagli utenti stessi (che essi siano comuni cittadini, professionisti o editori poco
importa). Gli Hashtag di Twitter sono stati, nel periodo di massima diffusione di questo
social network, sia delle grandi cartelle-contenitore di argomenti, sia degli ottimi strumenti
per comprendere quale argomento fosse al centro della discussione pubblica. Questa
funzione, tuttavia, continua ad averla, ma ormai è un fenomeno che sembra fermarsi agli
addetti ai lavori. A conferma di quanto appena affermato c’è una ricerca condotta da Sara
Bentivegna (Sapienza - Università di Roma) e Rita Marchetti (Università di Perugia) dal
titolo “Giornalisti in mezzo al Guado. Norme e pratiche alla prova di Twitter104”. La
ricerca è stata condotta analizzando i profili Twitter dei giornalisti appartenenti ai
principali quotidiani nazionali per analizzarne il comportamento: un totale di 1.202 profili
e 203.736 Tweet. Il risultato di tale ricerca è facilmente riassumibile con il titolo di un
articolo redatto da Pier Luca Santoro in analisi a tale ricerca: “Giornalisti e testate
cinguettano (quasi) solo tra loro”105. Twitter quindi è divenuto “un social per –isti che si
seguono a vicenda (giornalisti che seguono giornalisti, economisti che seguono
economisti) che hanno anche la possibilità di dialogare in maniera diretta con il loro
pubblico.106” Così come abbiamo visto con Facebook, anche Twitter, essendo un social
network tende, o almeno dovrebbe farlo, ad accorciare le distanze che ci sono tra
giornalisti e lettori. Una raccomandazione, quella delle relazioni sociali, ripetuta da
chiunque studi queste piattaforme. L’Advanced Media Institute dell’Università della
103 Giuseppe Tripodi, Snapchat ha più utenti attivi di Twitter?, 3 Giugno 2016 http://www.mobileworld.it/2016/06/03/snapchat-ha-piu-utenti-attivi-di-twitter-82599/
104 Sara Bentivegna, Rita Marchetti, Giornalisti in mezzo al Guado. Norme e pratiche alla prova di Twitter, Settembre 2016
105 Pier Luca Santoro, Giornalisti e testate cinguettano (quasi) solo tra loro, articolo pubblicato in Pollice verso, inserto a Il Manifesto 2 Novembre 2016, Pag. 3
106 Alberto Puliafito, DCM Dal giornalismo al Digital Content Management. Teoria e Tecniche delle nuove professionalità dell’informazione. Centro di Documentazione Giornalistica. 2016 Pag. 180
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California ha redatto una vera e propria guida all’uso di Twitter rivolta ai giornalisti, dove
al suo interno ribadisce l’importanza del dialogo reciproco per una crescita della
professione e un’educazione alla lettura107.
107 Scot Hacker, Ashwin Seshagiri; Tutorial: Twitter For Journalists; Giugno 2007 https://multimedia.journalism.berkeley.edu/tutorials/twitter/
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2.3 - SEO: cosa è e perché è utile per il giornalismo
Il posto migliore dove nascondere
un cadavere è nella seconda pagina
di Google.
Dopo aver parlato della verifica delle fonti ed aver approfondito la nuova frontiera
del giornalismo Social è il momento di parlare di un altro grande pilastro del mondo
digitale: i motori di ricerca ed in particolar modo Google. Abbiamo visto nei capitoli
precedenti come nella dieta mediatica la Televisione rappresenti ancora la fonte principale
di informazione per quasi tutte le fasce di età. Ma una ricerca dell’American Press Institute
del 2015 sulla fruizione di notizie da parte dei Millenials (giovani compresi tra i 15 e i 35
anni) ci suggerisce quanto sia importante il ruolo dei motori di ricerca
nell’approfondimento delle notizie. Il 57% dei Millenials per approfondire un argomento
interroga Google108. Tutte le altre possibili fonti, nell’ambito dell’approfondimento, non
sono neanche lontanamente vicini alla percentuale espressa in favore dei motori di ricerca.
Nella ricerca dell’American Press Institute il primo medium per approfondimento dopo la
ricerca in rete è Facebook che però, non riesce a raggiungere neanche i 10 punti percentuali
(7%). [Vedi Figura 11]Il motivo dì un così ampio margine da un mezzo d’informazione e
l’altro sta in un fenomeno già citato nel paragrafo sulla verifica delle fonti: l’overload
informativo. Riprendendo la stessa analogia utilizzata precedentemente, inspirandoci al
lavoro di Eric Newton, Google rappresenta gli occhiali da sole di ogni utente web e
108 American Press Institute, Millennials’ nuanced paths to news and information, 16 Marzo 2015, https://www.americanpressinstitute.org/publications/reports/survey-research/millennials-paths-to-news-and-information/
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consente così di filtrare tutto ciò che si ritiene superfluo ed accecante per trovare
esattamente ciò che occorre per una più completa informazione. Google rappresenta in
Italia, con un tasso del 95,45% di ricerche effettuate109, il primo motore di ricerca nel
nostro Paese, mentre il sito Alexa.com lo classifica come primo indirizzo web al mondo.
Un tasso così alto ci dimostra che praticamente tutto ciò che si trova in rete è “costretto” a
passare tra gli algoritmi di Google. Così come tutti gli altri elementi contenuti nella Rete,
anche gli articoli delle testate online dovranno fare i conti con le tecniche di indicizzazione
delle SERP (Search Engine Results Page) nei motori di ricerca. Creare un portale di
informazione che si sposi, nelle sue parole, nei suoi titoli e nelle sue descrizioni, con la
tecnica SEO (Search Engine Optimization), diventa ormai indispensabile per la
sopravvivenza del giornalismo Online. A sommarsi alle 5 W, nel futuro del giornalismo, vi
saranno anche delle nuove regole e delle nuove tecniche che ogni singolo giornalista dovrà
far sue per poter far fronte al cambiamento digitale.
Figura 11
109 Top 5 Search Enginees in Italy, http://gs.statcounter.com/#all-search_engine-IT-monthly-201504-201604-bar – Periodo Aprile 2015, Aprile 2016
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Quando un Millenials vuole approfondire
una notizia dove cerca le informazioni
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Prima di entrare nel vivo dell’argomento di questo paragrafo è opportuno avere
chiari tutti i termini tecnici che incontreremo. Quando interroghiamo Google su di un
qualsiasi argomento lo facciamo in moltissimi modi. C’è chi formula domande vere e
proprie (“Come si chiama il Sindaco di Firenze?”) oppure possiamo scrivere solo delle
parole chiave per ragioni di tempo (“Sindaco Firenze”). Qualunque sia la formula che
preferiamo utilizzare, una volta premuto il tasto INVIO, ciò che ci apparirà è l’elenco dei
risultati che il motore di ricerca ha trovato per noi. Questa pagina e l’insieme dei suoi
risultati si chiama SERP, acronimo di Search Engine Results Page. Tra questi possiamo
trovare gli annunci, che solitamente vengono visualizzati per primi e che Google segnala
puntualmente con un’apposita etichetta. Tutto ciò che segue sono quelli che chiameremo
“risultati organici” e sono i tipi di risultati che interessano questa parte di tesi. Un alto
posizionamento di un proprio articolo nelle SERP dipende da diverse tecniche e strategie
anche dette SEO, Serch Engine Optimization. Questo acronimo, che possiamo
comodamente tradurre con “ottimizzazione per i motori di ricerca”, permette al lettore di
trovare l’articolo di un giornalista o il sito internet di un editore. I lettori che provengono
dai motori di ricerca, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, rappresentano una
grande fetta del totale degli utenti on line e quindi un importante volano per l’economia di
una testata giornalistica.
Scrivere un articolo tenendo conto della SEO significa farsi trovare dai lettori
all’interno del caos rappresentato dall’overload informativo. Tuttavia questo insieme di
tecniche è stato avvolto, almeno in Italia, da un alone di scetticismo legato alla sua prima
natura: la SEO infatti nasce prima di tutto come tecnica di web marketing per le aziende e
non per il mondo dell’editoria. Solo ultimamente nel nostro paese si è assistito ad
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un’inversione di tendenza con sempre un maggiore interesse dei giornalisti per i corsi SEO
adibiti alla loro formazione continua per mantenere l’appartenenza all’albo110. Nel mondo
anglofono la discussione sull’argomento è già stata abbondantemente superata, tanto da
portare il New York Times ad applicare tecniche SEO anche sui propri prodotti off line111.
Con una semplice ricerca in Google con le parole chiave “Journalism SEO” appaiono 500
mila risultati (contro gli 87 mila in Italiano) e tra i primi troviamo il sito della BBC con un
articolo di Martin Asser, Digital Editor di BBC Arabia che afferma: “[scrivere con
tecniche SEO] non vuol dire abbandonare il buon giornalismo per scrivere con formule
algoritmiche […]. La SEO ha dei vantaggi specifici rispetto ad altre forme di promozione
dei siti internet: se una storia è ben posizionata attirerà traffico per settimane, mesi anche
anni.”112
Così come abbiamo visto per Facebook nel paragrafo precedente, anche Google
apporta modifiche continue ai propri algoritmi che calcolano quali risultati far vedere nelle
SERP e che posizione dare ad ognuno di essi. Dal giorno della sua nascita nel 1998 a
Menlo Park ad oggi, il colosso californiano ha mutato innumerevoli volte i propri servizi
ed i propri criteri di calcolo. Alcuni di questi aggiornamenti sono stati talmente grandi e
radicali per la struttura del motore di ricerca da guadagnarsi dei nomi propri per poterli
identificare: Google Panda, Google Penguin, Google Hummingbird… ecc. Tali
aggiornamenti sono, per l’appunto, solo i più importanti e noti ai molti. Il sito internet
Moz.com raccoglie tutta la cronologia delle modifiche agli algoritmi di Google dall’anno
2000 ad oggi. All’inizio di questa Timeline i gestori di questo servizio tengono a fare una
110 Alberto Puliafito, Contenuti e lettori al centro dello schermo, articolo in Pollice Verso inserto de Il Manifesto, Pag 6, 2 Novembre 2016
111 ibidem 112 Martin Asser, Search engine optimization (SEO), 2007,
http://www.bbc.co.uk/academy/journalism/article/art20130702112133608
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precisazione: “Ogni anno, Google cambia il suo algoritmo di ricerca circa 500-600 volte.
Mentre la maggior parte di questi cambiamenti sono minori, Google, occasionalmente,
rilascia un aggiornamento significativo (come Google Panda e Google Penguin), che
agisce sui risultati di ricerca in modo significativo113” 500-600 modifiche all’anno vuol
dire che Google apporta circa due modifiche al giorno ai propri sistemi di calcolo dei
risultati. Nel mentre che si legge questo paragrafo, gli argomenti in esso contenuti
potrebbero, potenzialmente, già essere diventati obsoleti per ben due volte. Ad ogni modo
esistono dei capi saldi nelle tecniche SEO che si sono affermati con il tempo e che ci
permettono di poter sviluppare un insieme di regole standard da utilizzare per la creazione
di articoli on line ai fini dei motori di ricerca. La stessa azienda di Menlo Park ha rilasciato
una “Guida introduttiva di Google all’ottimizzazione per motori di ricerca (SEO)114” per
far sì che questi capisaldi siano il più trasparenti possibile per chi vuole interagire in modo
ottimale con quelli che sono gli standard dettati dalla stessa azienda. Tra i tanti temi
proposti all’interno della guida, alcuni dei quali dedicati all’ottimizzazione delle strutture
dei siti, qui ci concentreremo sul come costruire i contenuti in modo tale che possano
scalare le SERP e riuscire quindi a raggiungere più lettori. Tra le pratiche SEO più comuni
e che sono alla portata di un qualunque giornalista on line troviamo:
1. Corrispondenza del contenuto;
2. Originalità del testo;
3. Aggiornamenti di pagina;
4. Uso dei Link;
5. L’uso delle parole chiave (Keyword);
113 MOZ.com, Google Algorithm Change History, https://moz.com/google-algorithm-change#2017 114 Google, Guida introduttiva di Google all’ottimizzazione per motori di ricerca (SEO),
https://static.googleusercontent.com/media/www.google.com/it//intl/it/webmasters/docs/search-engine-optimization-starter-guide-it.pdf
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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Corrispondenza del contenuto - È una norma SEO abbastanza elementare per un
giornalista. Di fatto sta a significare che se titolo e descrizione promettono un certo tipo di
contenuto, ma il testo all’interno della pagina parla di tutt’altro o comunque sia non è
all’altezza delle aspettative, allora l’articolo verrà penalizzato dal motore di ricerca. Non
dobbiamo dimenticare che Google è un’azienda privata che basa i propri profitti, come
tutte le attività economiche, sulla soddisfazione del proprio cliente, che in questo caso è
l’utente che effettua la ricerca. Tramite l’analisi del testo ed il tempo di permanenza
dell’utente all’interno dell’articolo il motore di ricerca capisce se il contenuto è stato utile o
meno al lettore. Se il tempo di permanenza è basso e l’utente esce quasi immediatamente
per cliccare su di un altro risultato vuol dire che non è stato soddisfatto e quindi
penalizzerà quel contenuto. Questa norma potrebbe risultare banale ma in molti cercano di
scalare le SERP del motore di ricerca inserendo quante più parole chiave possibile pur di
attirare un numero sempre maggiore di utenti. Questo perché l’algoritmo di Google, ai suoi
esordi, era più semplice ed includeva meno variabili, prediligendo quasi esclusivamente la
presenza delle Keyword nelle pagine web. Una delle principali norme per una buona
pratica SEO coincide perfettamente con l’etica del buon giornalista cioè “non illudere i
propri lettori”. Esattamente come si comporta Google, così dovrebbe fare un qualsiasi
publisher. Se si vuole che un lettore ci legga e che riconosca il nostro portale come una
fonte di informazioni attendibili, così che possa tornare a leggerci più volte, dobbiamo fare
in modo che sia soddisfatto del prodotto che troverà aprendo un nostro link.
Originalità del testo - Questa norma SEO potrebbe risultare un poco più
complessa. Molto spesso i giornalisti si affidano ad un facile Copia e Incolla per riportare,
ad esempio, una parte di un comunicato stampa giunto in redazione oppure utilizzare i
virgolettati per riportare dichiarazioni ufficiali lanciate dalle agenzie di stampa. Questo tipo
di tecnica facilita e velocizza di non poco il lavoro, soprattutto se operiamo On line dove la
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velocità con cui si lancia una Breaking News è un fattore importante. Questa norma SEO
nasce, come gran parte delle altre, per facilitare il lavoro di Google stesso. All’interno del
mondo dell’E-commerce, ad esempio, capita di incontrare lo stesso prodotto su
innumerevoli portali di vendita (Sito dell’azienda produttrice, Amazon, Ebay, ecc..). Molti
di questi siti internet utilizzano, per comodità, la stessa descrizione che viene fornita dalla
casa madre. Ma la SERP di Google funziona come se fosse una classifica, non possono
esserci troppi risultati nella stessa posizione, quindi vengono premiati tutti quei contenuti
che riescono a distinguersi dagli altri. Per le notizie il sistema di Google funziona allo
stesso modo. Ogni giorno e per ogni notizia esisteranno molti portali che tratteranno
inevitabilmente lo stesso argomento. Per riuscire a farsi notare dagli utenti sui motori di
ricerca occorre abbandonare quasi del tutto la pratica del Copia e Incolla. “I tecnici di
Google hanno iniziato a lavorare ad algoritmi capaci di dare risposte sempre più precise
alle richieste e, al contempo di distinguere fra le ripetizioni create ad arte per migliorare il
ranking delle pagine e quelle realmente funzionali all’economia del testo. Con un
miglioramento della capacità di comprendere la semantica Google ha iniziato a premiare i
testi più ricchi, quindi quelli che invece di ripetere le stesse parole utilizzano dei
sinonimi”.115 Meno virgolettati ci sono, più il testo di un articolo si distinguerà
dall’overload più alta sarà la posizione dell’articolo nei risultati di Google.
Aggiornamenti di pagina – Un articolo sul web ha potenzialmente una vita
infinita. Nel mentre che il tempo passa però, la notizia contenuta in quell’articolo diviene
vecchia per via dei normali sviluppi che comporta il tempo. Per questo motivo Google
tende a mantenere in cima alle proprie SERP tutti quei risultati che sono di recente
creazione o che sono stati costantemente aggiornati nel tempo. L’immortalità di una notizia
115 9. Davide Mazzocco, Giornalismo Online – Crossmedialità, blogging e social network: i nuovi strumenti dell’informazione digitale, Centro di Documentazione Giornalistica, 2015, Pag. 63
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caricata sul web ha comportato, negli ultimi anni, lo sviluppo di un amplio dibattito etico e
normativo su quello che viene chiamato Diritto all’Oblio. Il caso di Mario Costeja
Gonzalez contro Google Spain e la successiva sentenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea116 hanno sollevato il dibattito normativo in tutta l’UE. Il cittadino
spagnolo sosteneva di avere il diritto di far rimuovere tutti i risultati che le SERP di Google
fornivano se si inseriva il suo nome nel motore di ricerca. Molti di questi risultati
riportavano a pagine di quotidiani che trattavano delle conseguenze dei problemi
economici del signor Costeja Gonzales di ben 16 anni prima. Si sosteneva che questi
contenuti non fossero più rilevanti come informazioni di pubblico dominio ed utilità poiché
datatati ed ormai del tutto risolti. La Corte di Giustizia Europea con la sentenza del 13
Maggio 2014 riconosceva di fatto il Diritto all’Oblio ed obbligava Google Spain a
rimuovere dai risultai tutti quei link che non fossero più rilevanti ai fini della pubblica
utilità. La storia di questa famosa sentenza ha fatto si che Google creasse un’apposita
pagina117 di servizio per dare la possibilità a qualsiasi cittadino dell’Unione Europea di
richiedere questo “diritto ad essere dimenticati”. In Italia a tal proposito si è espressa la
Corte di Cassazione con la sentenza n. 5525 del 2012 che cerca di mediare tra Diritto
all’Oblio e Diritto di Cronaca. Nelle sue argomentazioni la Corte di Cassazione fa leva sul
diritto di rettifica: ”Così come la rettifica è finalizzata a restaurare l’ordine del sistema
informativo alterato dalla notizia non vera, del pari l’integrazione e l’aggiornamento sono
invero volti a ripristinare l’ordine del sistema alterato della notizia (storicamente o
116 Sentenza Corte di Giustizia Europea, Diritto all’Oblio, 13 Maggio 2014, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=152065&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=15140
117 https://support.google.com/legal/contact/lr_eudpa?product=websearch
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altrimenti) parziale”118. Tramite queste parole si intende che se una testata giornalistica
inizia a seguire una qualunque vicenda rilevante per il pubblico (come ad esempio l’inizio
di un processo per tentato omicidio a carico di un soggetto), questa deve poi seguire
l’intera storia fino al suo termine (quindi fino alla sentenza dell’ultimo grado di giudizio).
Come quindi possiamo vedere, la buona norma di aggiornamento dei propri contenuti, oltre
ad essere una buona pratica SEO è anche una buona norma per la tutela del giornalista e
dell’editore di fronte ad eventuali ricorsi o sanzioni. È inoltre una buona pratica per i propri
lettori che cercando sui motori di ricerca un determinato argomento troveranno sempre dei
risultati attuali e coerenti con il tempo. Il tenere aggiornati i contenuti suggerisce anche un
nuovo stile giornalistico che su carta stampata non sarebbe possibile: gli articoli Live. In
seguito ad un grande evento, come ad esempio un attentato terroristico, possiamo scegliere
di avere tutte le informazioni sugli eventuali sviluppi in un unico post. I vantaggi possono
essere diversi. È più conveniente per giornalista ed editore, in termini di tempo e denaro,
aggiornare un contenuto già ben posizionato sui motori di ricerca che crearne uno nuovo
sperando che ottenga gli stessi risultati. È conveniente per il lettore perché all’interno di
un'unica pagina troverà tutti gli sviluppi dell’evento e quindi troverà sicuramente ciò che
stava cercando.
Uso dei link - Uno dei capisaldi dell’informazione sul web è la reciproca
legittimazione. Il Word Wide Web è un interscambio di informazioni: un ecosistema
informativo dove le logiche di protezionismo sono un freno all’efficacia e ai buoni risultati.
I principali quotidiani italiani, nelle loro versioni on line, non utilizzano i link esterni (cioè
collegamenti ad altre pagine web diverse dalle proprie). La paura è quella di fornire
118 Sentenza 5525 del 2012, Corte di Cassazione, http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Norme%20e%20Tributi/2012/04/corte-cassazione-sentenza-5525-2012.pdf
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un’alternativa ai propri lettori e vederli così migrare dalle proprie pagine a quelle a cui si è
linkato un argomento. Un timore che costa in esperienza utente, in etica e in
posizionamento Google. Prima di tutto il link aiuta il giornalista non obbligandolo a
spiegare tutto. Se nel cartaceo una serie di infografiche o box di sintesi devono essere
inserite accanto all’articolo principale per spiegarne i punti più complessi o per ridare un
contesto, nel caso dell’evoluzione di una vicenda già trattata, nel web è possibile affidarsi
ai link. Molte volte il proprio archivio può tornare utile e quindi linkare ad un proprio
vecchio articolo può di certo aiutare. Ma non sempre l’archivio contiene quello che si
cerca, ed in questi casi non bisogna aver paura di linkare sul sito di un nostro competitor:
chi legge sarà grato della completezza dell’informazione offerta e Google premierà questo
tipo di comportamento facendoci scalare le SERP. Oltre ad essere una buona pratica SEO, i
link diventano anche una questione etica se ad esempio citiamo il virgolettato contenuto
nell’intervista rilasciata alla concorrenza. Diviene una questione di riconoscimento di
autorità della fonte scelta. Questo tipo di pratica, se utilizzata da tutti, diviene un
automatico dare-avere che arricchirebbe il lavoro di tutti. “Cover what you do best. Link to
the rest”119. Questa celebre frase di Jeff Jarvis su Buzzmachine.com riassume con efficacia
quello che dovrebbe essere il nuovo spirito del giornalismo on-line: Copri
(giornalisticamente) quello che sai fare meglio, linka tutto il resto. Quello che sostiene Jeff
Jervis nel suo articolo è che l’editoria on line, grazie anche all’uso dei link, consente di
concentrarsi sui punti di forza della propria testata. “Questo cambia la dinamica delle
decisioni editoriali. Invece di dire «dovremmo avere anche» e replicare ciò che è già là
fuori, si dovrebbe dire «cosa facciamo meglio?» Cioè, «qual è il nostro valore unico?»
Significa che quando ci si siede per coprire una storia che altri hanno già lavorato, ci si
119 Jeff Jarvis, New rule: Cover what you do best. Link to the rest, 22 Febbraio 2007, http://buzzmachine.com/2007/02/22/new-rule-cover-what-you-do-best-link-to-the-rest/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 65 -
dovrebbe chiedere, «possiamo fare di meglio?» Se no, allora link. E dedicare il vostro
tempo a quello che si può fare meglio.”120 Questa “nuova regola” è stata redatta nel 2007 e
nei 10 anni che sono passati non è assolutamente cambiata. Il link building rimane ancora
un tassello fondamentale per tutto il web e per l’editoria on line. Questo nuovo sistema di
scambio e reciprocità consente di ottimizzare il lavoro di ogni testata giornalistica.
Significa poter allocare risorse umane e finanziarie in modo ottimale, evitando sprechi e
perdite di tempo. Un sistema dell’informazione capace di costruire e curare reti di
reciproco riconoscimento e legittimazione non sarà un valore aggiunto per il web, ma
diverrebbe una pietra angolare per un giornalismo più efficace, trasparente e di qualità.
Uso delle parole chiave – Il buon uso delle parole è alla base di una buona SEO e,
chiaramente, di un buon articolo giornalistico. Come detto in precedenza l’uso delle parole
cambia la sua importanza in base al mezzo che stiamo utilizzando. Se ad esempio si riporta
un evento per un quotidiano cartaceo, dopo un titolo ad effetto possiamo tranquillamente
iniziare l’articolo come meglio vogliamo per catturare l’attenzione del lettore, incuriosirlo,
invogliarlo alla lettura man mano che lentamente sciogliamo i nodi intorno alle note 5 W.
Scrivere un articolo per i motori di ricerca è diverso. Se un utente ha intenzione di
approfondire un argomento affidandosi ai risultati di Google, lo farà interrogando il motore
di ricerca come meglio crede. Spesso utilizzando poche e semplici Keyword, altre volte
formulando vere e proprie domande. Qualunque sia lo stile di ricerca, un qualsiasi lettore
utilizzerà parole che risponderanno a una o a più delle 5 W del giornalismo (Chi? Dove?
Come? Quando? Perché?). Scrivere un articolo orientato alla SEO significa rispondere a
queste domande già nelle prime righe della pagina e poi lasciare spazio
all’approfondimento del caso in esame. “Se una volta si doveva vendere la propria storia
120 ibidem
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al caporedattore o al direttore, ora nell’ipercinesi di Internet l’article marketing diventa
relazione diretta e non più mediata fra il giornalista e i suoi lettori121”. Questa relazione
diretta la troviamo nella scelta di quali parole utilizzare, su quali Keyword puntare per
riuscire ad apparire tra i primi risultati e riuscire ad ottenere click dagli utenti. Per fare ciò
esistono molti strumenti con i quali ci possiamo aiutare e che presto vedremo, ma prima di
tutto occorre pensare come un qualsiasi utente. Anche lo stesso giornalista, infatti, è un
utente del web che effettua ricerche per approfondire o per ricercare informazioni. Per
aiutarci in questa operazione viene in nostro soccorso lo stesso Google con il
completamento automatico. Questa funzione appare ogni volta che iniziamo a digitare sulla
barra di ricerca di Google ed ha lo scopo di suggerire tutte le possibili, e le più comuni,
ricerche che possiamo scegliere. Essendo un servizio generato dall’algoritmo di Google
permette di capire immediatamente quali sono le Keyword più utilizzate dagli utenti per
ricercare informazioni. Vi è un ultimo concetto da fissare prima di passare agli altri
strumenti di ricerca Keyword. Se si vuole iniziare a scrivere articoli orientati alla SEO,
occorre sapere che c’è differenza se utilizziamo solo una o più Keyword per posizionare il
nostro lavoro. La cosiddetta “Coda Lunga della SEO” [Vedi Figura 12] è efficace per
comprendere questo concetto. Se scegliamo di posizionare nelle SERP un nostro articolo
con un’unica parola chiave, ad esempio “Olimpiadi”, avremo un maggior numero di utenti
che cercheranno questa esatta Keyword, ma anche moltissima concorrenza che diminuirà
la possibilità di conversione dell’utente in un nostro lettore. Se invece ci affidiamo alla
Coda Lunga costruendo un articolo con due o più parole chiave, come ad esempio
“Olimpiadi 2016 Risultati Nuoto”, allora il numero di competitor sarà minore, così come il
numero di utenti che effettueranno questa specifica ricerca, ma la possibilità di trasformare
121 Davide Mazzocco, Giornalismo Online – Crossmedialità, blogging e social network: i nuovi strumenti dell’informazione digitale, Centro di Documentazione Giornalistica, 2015, pag 64
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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un utente in lettore aumenta notevolmente. Questa regola è molto utile per tutte quelle
testate editoriali che sono nuove nel Web e che difficilmente riusciranno a competere con i
colossi che da anni si sono affermati in questo campo. Iniziare a scrivere articoli di Coda
Lunga garantisce molta meno concorrenza e la possibilità di conquistare la fiducia, almeno
inizialmente, di una piccola nicchia di pubblico.
Tra i tanti strumenti da poter utilizzare per la ricerca di Keyword efficaci ci sono molte
applicazioni che lo stesso Google mette a disposizione gratuitamente. Google Trends, ad
esempio, consente di visualizzare le parole chiave di tendenza, per categoria o per nazione,
nelle ultime 24 ore. Diviene uno strumento efficace anche per decidere quale tema trattare
e quale taglio fargli assumere, infatti, questo strumento consente anche di comparare due o
più Keyword e di verificarne l’eventuale rendimento nel tempo. Google Keyplanner è uno
strumento di pianificazione di parole chiave creato per il mondo pubblicitario ma che può
tornare utile anche a scopi giornalistici. Inserendo una parola chiave Keyplanner ne
suggerisce delle altre, sempre in base alle ricerche che gli utenti effettuano nel tempo.
Questo insieme di parole chiave alternative possono tornare utili per una strategia di Coda
Lunga ma anche per competere con un’unica parola chiave meno utilizzata dagli altri
Figura 12
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 68 -
publisher. Google Search Console è un altro strumento molto importante e l’ultimo che
tratteremo. Questo tool ha delle funzionalità dedicate ai webmaster e quindi, alcune di esse
sono più complesse delle altre. Quelle che possono interessare il giornalista sono le Analisi
Delle Ricerche. Possiamo vedere quali sono i nostri posizionamenti su Google, verificare
quali articoli si sono posizionati e quale è stato il tasso di conversione. Questa funzione
permette di comprendere sia su quali articoli concentrare il proprio lavoro di
aggiornamento sia dove concentrare il nostro tempo per articoli futuri.
Vi sono, inoltre, una serie di buone pratiche da tenere a mente per la creazione vera
e propria di un articolo orientate sia ad una buona SEO che a migliorare l’esperienza
utente. Oltre a fare un buon uso delle parole chiave nei titoli e nelle prime righe del testo,
come già è stato spiegato, è consigliabile dividere gli articoli in paragrafi accompagnati da
altrettanti titoli. La suddivisione in paragrafi aiuta il lettore in una più rapida ed ordinata
fruizione del contenuto. Ogni paragrafo deve essere accompagnato da un titolo in grassetto
che ne descriva il contenuto, così come è stato fatto all’interno di questo capitolo sulla
SEO con “Corrispondenza del contenuto”, “Originalità del testo” “Aggiornamenti di
pagina”, “Uso dei Link” e “Uso delle parole chiave”. Inoltre è opportuno utilizzare i
Grassetti sulle parole chiave. Le parole che all’interno di un articolo vengono evidenziate
in grassetto sono immediatamente percepite da Google come parole chiave, quindi è un
metodo che va utilizzato con intelligenza, senza esagerare e senza tralasciare Keyword
importanti. Oltre a fare questo, per i motori di ricerca c’è un diretto tornaconto per quanto
riguarda l’esperienza del lettore. L’uso oculato di paragrafi e grassetti infatti, aiuta il lettore
nella fruizione del contenuto, ad una più veloce lettura e fa sì che possa trovare
l’informazione che sta cercando quasi immediatamente. A rafforzare tali pratiche vi deve
essere la consapevolezza che sempre più lettori usufruiscono delle notizie tramite
dispositivi mobili. I risultati di una recente ricerca di ComScore sulle modalità di fruizione
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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dei contenuti web nel 2017 degli italiani ci confermano quanto appena affermato. Vi è un
sostanziale spostamento dalla navigazione via Desktop (-4% rispetto alla stessa rilevazione
del 2016) a quella in mobilità (+12% nel 2017 rispetto all’anno precedente)122. In totale il
tempo trascorso on line tramite smartphone è maggiore (64%) di quello passato a navigare
da computer (36%)123. Questi dati suggeriscono che, essendo la fruizione da smartphone
più diffusa che quella da pc, gran parte dei lettori utilizzerà degli schermi molto più piccoli
di quanto siamo abituati a pensare. Un articolo ben ordinato, suddiviso in paragrafi
tematici, dove le parole chiave sono ben evidenziate dal grassetto, è un articolo più facile
da leggere. Molte delle innovazioni nel campo del web si muovo in questa direzione, lo
abbiamo visto con gli Instant Article di Facebook. Anche Google è al passo con le
tecnologie mobili e dal 24 Febbraio 2016 ha rilasciato un importante aggiornamento, molto
utile anche per gli editori: Google AMP. L’acronimo sta per Accelerated Mobile Pages. Un
sistema identico agli Instant Article di Facebook che permette la creazione di contenuti
orientati al traffico dati da dispositivi mobili. Oltre a garantire, nel nostro caso, che un
articolo web sia caricato più velocemente su di uno smartphone, Google AMP garantisce
un formato ottimizzato per questi dispositivi, ma soprattutto una differente SERP. Infatti,
dall’introduzione di questo aggiornamento i risultati che fornisce Google sono differenti se
si effettua una ricerca da Desktop piuttosto che da Mobile. Nei risultati in versione
mobilità Google prediligerà quelle pagine che sono AMP. Redigere un articolo o costruire
un sito web di informazione senza tenere conto di questo cambiamento, potrebbe
precludere l’accesso alla gran parte del pubblico.
122 Diletta Parlangeli, Facebook e WhatsApp: ecco cosa fanno gli italiani su internet, 16 Febbraio 2017, https://www.wired.it/internet/web/2017/02/16/internet-italia-comscore/
123 Beatriz Vieira, Dietro le quinte: una prospettiva multi-piattaforma sull’audience digitale in Italia, http://www.comscore.com/ita/Public-Relations/Data-Mine/Dietro-le-quinte-una-prospettiva-multi-piattaforma-sull-audience-digitale-in-Italia
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Un ulteriore appunto va fatto per la questione delle foto o dei contenuti
multimediali in generale. Le immagini all’interno di un articolo sono fondamentali perché
aiutano il lettore nella comprensione, possono dare un volto ai protagonisti della storia o
descrivere visivamente una situazione o un contesto. Questo vale per la carta stampata
come per il giornalismo on line. Ma possiamo far si che anche le immagini concorrano
all’indicizzazione del nostro articolo sui motori di ricerca. Google non può leggere le
immagini, almeno non nello stesso modo in cui possono farlo l’occhio ed il cervello
umano. Non può riconoscere in automatico chi sono le persone raffigurate o descrivere il
momento in cui è stata scattata una foto. I motori di ricerca riescono solo a leggere e a
comprendere ciò che viene scritto. È opportuno, quindi, inserire titolo e descrizione a tutti i
contenuti visivi che inseriamo all’interno di un articolo. Questo veloce accorgimento fa si
che un utente possa atterrare all’interno di un articolo tramite una ricerca per immagini,
invece che tramite una più generica ricerca web. Inoltre, l’inserimento di parole chiave
nella descrizione o nel titolo di una foto rafforzerebbe la strategia SEO per quelle Keyword
utilizzate.
In definitiva scrivere un buon articolo e far si che questo possa essere trovato dagli
utenti sui motori di ricerca non comporta particolari stravolgimenti nella pratica del
professionista dell’informazione. Come abbiamo visto, tutte le norme di Google sono
orientate ad una migliore esperienza utente. Fanno si che un utente possa trovare quello
che cerca, che l’articolo selezionato sia ben visibile, facilmente fruibile e continuamente
aggiornato. Gran parte degli standard richiesti, in realtà, sono tutti in funzione di un buon
giornalismo. Delle norme, come quella sui link, che non erano mai state scritte ma che già
da tempo erano implicite all’interno della professione giornalistica non fanno altro che
rendere il lavoro più facile, veloce ed eticamente corretto. L’unica differenza sta nel fatto
che ora questi standard qualitativi sono scritti e ben chiari, ma soprattutto difficili da
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ignorare. Se si decidesse di farlo si rischierebbe di non raggiungere più il proprio pubblico.
Scrivere per i motori di ricerca significa, quindi, scrivere per i propri lettori. Fornire
informazioni complete, corrette e dettagliate. Parafrasando nuovamente il lavoro di C.W.
Anderson, Emily Bell e Clay Shirky sul giornalismo post-industriale: la qualità, anche in
questo caso, verrà sempre ripagata.
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3 – Il futuro economico dell’editoria
«Le persone non hanno smesso di pagare
per le news perché vogliono diventare più stupide.
Hanno smesso perché il vecchio modello di
business non si adatta alle loro necessità».
Lea Kosgaard, direttrice di Zetland
3.1 Un giornalismo fatto di nicchie
Come visto nel primo capitolo, il mercato editoriale sta subendo gravi perdite
economiche sia per un netto calo delle vendite, sia per una contrazione degli investimenti
pubblicitari sui quali si basano gran parte dei bilanci dei più importanti gruppi editoriali
italiani. Dall’altro canto la fruizione delle news tramite internet (sia da smartphone che da
dispositivi fissi) è in costante aumento, ma gli entrate economiche derivate dalle news on
line non sono ancora vicini al rendere questo tipo di mercato sostenibile. Gli utenti di
internet sono ormai abituati alla gratuità di questo mezzo. A concorrere alla svalutazione
delle news vi è senza dubbio quel fenomeno, già trattato in questo lavoro, detto Overload
informativo. La sovra-informazione ha comportato uno sbilanciamento nel gioco tra
domanda e offerta. Questo perché per ogni fonte primaria a pagamento che tratterà un
evento esistono numerosissime fonti secondarie che riprenderanno quella stessa notizia e la
distribuiranno gratuitamente. “La sovrabbondanza informativa della rete ha reso le notizie
un bene di scarso valore economico, reperibili ovunque e senza doverle pagare.
Semplicemente ci ha cambiato la vita. Nel frattempo la crisi economica taglia le gambe
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alle aziende, che investono meno in pubblicità”.124 Il futuro della professione giornalistica
è oggi più che mai in crisi. Non tanto perché non esiste più l’esigenza da parte dei lettori di
essere informati, ma perché il vecchio modello giornalistico sta subendo la rivoluzione
digitale che sta investendo ogni aspetto della vita sociale ed economica del mondo. Il
dibattito sul come reinventarsi senza sradicare la propria natura d’essere è tutt’ora acceso e
lontano da un’unica soluzione che capace di garantire un risultato certo. Ad ogni modo,
con il passare del tempo ed il consolidarsi di una tecnologia rispetto che un’altra, si sta
giungendo a dei punti d’incontro all’interno di questo dibattito sul futuro del giornalismo
sui quali ogni testata può iniziare a puntare per rendere quel che verrà un po’ meno incerto.
Nel 2013 il direttore del Financial Times, Lionel Barber, scrive ai propri giornalisti
una lettera dedicata al tema del futuro della professione. Nell’editoria che immaginava
Lionel Barber non vi era spazio per illusioni in eventuali rinascite del cartaceo e per questo
affermava che “sarà necessario adottare nuove regole e nuove consuetudini”. Il futuro che
ci si immagina è quello del Digital First. Vale a dire che nel futuro sarà il giornale cartaceo
che deriverà dal web e non viceversa, come avviene ora.125 Sulla stessa lunghezza d’onda
vi sono anche alcuni grandi quotidiani nazionali, primo fra tutti La Repubblica che nel
festeggiare i 20 anni del proprio portale internet pubblica un articolo di Mario Tedeschini
Lalli sul futuro dell’editoria. Anche nella parole di Tedeschini Lalli scritte nel 2017 vi è la
visione di un superamento del primato della carta sul web con l’aggiunta di un altro
importante concetto utile per la riflessione finale di questo lavoro: le nicchie. “Il
giornalismo professionale è e sarà sempre più una “nicchia” informativa, non il
124Antonio Rossano, Wolfgang Blau: "Il giornalismo sarà dominato da poche testate globali", 11 Novembre 2013, http://espresso.repubblica.it/visioni/2013/11/11/news/wolfgang-blau-il-giornalismo-sara-dominato-da-poche-testate-globali-1.140624
125 Lionel Barber, memo to staff on reshaping the newspaper for the digital age. 10 settembre 2013. http://aboutus.ft.com/2013/10/09/lionel-barber-memo-to-staff-on-reshaping-the-newspaper-for-the-digital-age/#axzz4bCU8ONdp
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principale protagonista – nel bene e nel male – del discorso pubblico. Una nicchia che
potrà distinguersi solo per autorevolezza e perché fornisce contenuti di qualità diversa,
cioè contenuti prodotti secondo un metodo diverso, più faticoso e più costoso, di ricerca,
raccolta, verifica. Senza illudersi che questo faccia riconquistare ai giornali (sia pur
“digitali”) la centralità che stanno strutturalmente perdendo, ma nella convinzione che
l’esistenza di alcune “ridotte” della qualità informativa possa comunque tornare
socialmente utile.”126
Le Nicchie sembrano essere non solo uno dei punti di partenza del giornalismo del
futuro, ma anche un eventuale punto di arrivo per quotidiani e riviste cartacee. Abbiamo
già visto come l’introduzione dei Social Network nello scenario della comunicazione abbia
di fatto abbattuto le distanze tra lettori e giornalisti garantendo un luogo di incontro e
discussione che arricchirebbe entrambe le parti. Nell’analisi delle attività social abbiamo
parlato di come Il Manifesto sia, tra i quotidiani a tiratura nazionale, il best performer per
quanto riguarda la cura della propria comunità ed il dialogo con i propri utenti. Oltre al
quotidiano comunista vi sono altri esempi, alcuni nativi digitali come Vice, o altri cartacei
non a cadenza quotidiana ma mensile come Internazionale, che sono riusciti a ritagliarsi e
a curare un piccola comunità di lettori che ne garantirebbero la sostenibilità economica.
Quando una testata riesce a diventare simbolo di una determinata comunità questa riuscirà
non solo a consolidare il proprio numero di vendite e/o abbonamenti, ma anche ad attirare
maggiori investimenti pubblicitari.“[l’individuazione di una nicchia di riferimento] è
quanto di più interessa oggi agli inserzionisti: trovare un target di riferimento di cui
126 Mario Tedeschini Lalli, Quello che non avevamo previsto. 13 Gennaio 2017, http://www.repubblica.it/speciali/cultura/20-anni-repubblica/2017/01/13/news/tedeschini-155881100/
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conoscere alla perfezione gusti e abitudini127”. Un altro grande esponente nel mondo del
giornalismo e della comunicazione, Jeff Jervis, è intervenuto più volte su questo argomento
all’interno del proprio sito BuzzMachine. Nel 2014 ha pubblicato un saggio dal titolo What
Now for News?128 dove cerca di fornire tutte le linee guida necessarie per affrontare il
nuovo mondo dell’informazione. Queste sue ipotesi sul giornalismo si sviluppano in tre
riflessioni, la prima delle quali è intitolata “No mas no mass media” e spiega come il
pubblico non possa più essere servito come massa ma come singolo individuo. Jeff Jervis
sostiene che la costruzione dei rapporti con i propri lettori sarà la base economica del
giornalismo del futuro. Per fare ciò occorre conoscere i singoli lettori in modo che siano
loro stessi a contribuire attivamente alla creazione di quel valore aggiunto che
contraddistinguerà ogni testata giornalistica. La chiave per ottenere questo risultato,
secondo Jervis, saranno i contenuti. Il singolo articolo sarà la base di partenza sulla quale
costruire la propria comunità e dove ottenere la propria reputazione. Quel che intende
Jervis non è soltanto un dialogo diretto con i propri lettori, ma anche una lettura, da parte
di giornalisti ed editori, dei comportamenti e dei gusti della propria comunità (dove vive,
che argomenti preferisce, l’età, ecc..). Sarà quindi il contenuto, ovvero un singolo articolo
o più di essi, a comunicare se un argomento risulta interessante, utile o se è in grado di
sopravvivere nel tempo. Una tesi, quella di Jeff Jervis, che sposta il fulcro della
discussione dai contenitori (social network, siti internet, carta stampata) ai contenuti. Con
il quotidiano cartaceo ogni testata costruiva il giornale in base a ciò che riteneva più
interessante per ogni sessione: politica, cronaca, sport ecc. A vendere era l’insieme di tutte
queste scelte di contenuto fatte all’interno della redazione, anche se un qualsiasi lettore
127 Andrea Daniele Signorelli, Tiratura illimitata – Dal crowdfunding ai native ads: Inchiesta sul giornalismo che cambia, Mimesis Edizioni, 2015. Pag 45
128 59. Jeff Jarvis, What now for news?, 10 Febbraio 2014, http://buzzmachine.com/2014/02/10/now-news/
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poteva essere interessato ad una sola sessione o semplicemente ad una singola notizia.
Quel che si vendeva, quindi, era un contenitore pieno di contenuti, a prescindere da quale o
quali di questi contenuti fosse più importante per questo o quel lettore. Con internet è il
lettore stesso che decide cosa leggere, ricerca ed infine sceglie il contenuto giornalistico
che più lo soddisfa. In questo nuovo scenario è più semplice per una qualsiasi testata
giornalistica comprendere quale tipo di articolo ha ottenuto più visualizzazioni ed
addirittura può raccogliere dati qualitativi e reazioni dei propri lettori attraverso la sessione
di commenti. A decidere la linea editoriale, quali articoli pubblicare e persino che tipo di
taglio dare a una notizia sarà la comunità di lettori e non più la testata giornalistica. Inoltre
questa nuova prospettiva sposta la posizione del giornalismo all’interno della società.
Innanzi tutto il giornalismo perde il ruolo di Agenda Setting: sono ormai gli utenti che con i
propri comportamenti decideranno di cosa parlare domani; inoltre a spostarsi è la direzione
della comunicazione: non più un modello Top Down o Botton Up ma sempre di più verso
un modello orizzontale, dove tutti gli attori influenzano e sono influenzati allo stesso
tempo. Questo non significa che i giornali perderanno la loro importanza e rilievo sociale.
Nel mondo sempre più globalizzato e connesso, caratterizzato da un forte overload
informativo. Il giornalismo è chiamato a dare ordine al caos producendo contenuti di
qualità che riescano a dare contesto, spiegazioni e approfondimenti di quanto sta
accadendo.
Ad ogni modo vi è un nuovo strumento che, date queste premesse, riuscirebbe da
una parte ad ottimizzare gli investimenti e dall’altra conseguirebbe nell’intento della cura
delle cosiddette “nicchie”. La risposta più semplice a queste esigenze non viene da nuove
piattaforme social o comunque sia da nuove tecnologie che intervengono direttamente per
risolvere una specifica esigenza. Si tratta invece di una vecchia pratica web che dopo un
breve periodo in cui sembrava diventata obsoleta è stata riscoperta da quasi tutti i soggetti
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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che animano internet: le Newsletter. La vecchia pratica delle mail è stata recuperata sia dai
professionisti dell’informazione che dai vari addetti di marketing di diverse aziende. “La
quantità eccessiva di informazioni disponibili online e la possibilità di leggere un testo in
modo interattivo e ipertestuale creano le premesse per la realizzazione del cosiddetto
giornale personalizzato. […] Può essere definito un’edizione realizzata secondo le
specifiche esigenze informative dell’utente che, sfruttando le caratteristiche di una
pubblicazione elettronica che sta consultando, si costruisce un numero personale in base
ai propri interessi”129 A scrivere queste righe è stato Enrico Pulcini nel 1999, nel suo libro
“Dopo Internet”, l’autore aveva già predetto la divisione dei lettori in piccole comunità di
interesse e la possibilità dei giornali, tramite i mezzi messi a disposizione da internet, di
fornire dei contenuti personalizzati in base alle priorità stabilite dagli stessi lettori. Le
Newsletter riescono a rispondere a tutte queste esigenze in modo più che efficiente130.
Quasi la totalità degli utenti internet possiede uno o addirittura più indirizzi mail tramite i
quali gestisce le proprie attività dentro o fuori la rete web. Nell’era segnata dall’overload
informativo il lettore può scegliere a quale tipo di newsletter iscriversi, secondo i propri
interessi e le proprie necessità, ed una volta che arriveranno questi contenuti personalizzati
sulla propria casella mail può decidere anche di non aprirle o di leggerla in un altro
momento della giornata o addirittura andare a rileggere i vecchi contenuti dei mesi o degli
anni passati. Le potenzialità di questo strumento digitale è stato già colto da molti gruppi
editoriali, blogger e giornalisti freelance anche italiani. Anche se nel nostro paese non vi
sono particolari esempi che raccontano di grandi successi economici, la pratica delle
newsletter comincia comunque a farsi spazio nello scenario informativo.
129 Enrico Pulcini, Dopo Internet, Castelvecchi editore, 1999, pag 61 130 Antonio Sgobba, Perché sono tornate di moda le newsletter, 26 Ottobre 2015,
https://www.wired.it/internet/web/2015/10/26/newsletter-storia/
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Il Corriere della Sera è l’unico quotidiano nazionale che fornisce “Primaora”, un
servizio di newsletter integrato nell’abbonamento completo al quotidiano. Le mail partono
ogni mattina verso gli indirizzi degli abbonati al giornale di via Solferino e contengono una
selezione di notizie (a cura della redazione e non del lettore) del giorno. Tutti i link però
riportano a notizie trattate dallo stesso Corriere. Good Morning Italia è un servizio di
newsletter a pagamento che offre un servizio di filtro informativo (i famosi occhiali da sole
con i quali proteggersi dall’overload) di tutte le notizie giornaliere prodotte sia da edizioni
cartacee che da edizioni web, approfondimenti ed inchieste. Vi sono poi molti servizi di
posta elettronica a pagamento che non sono generalisti, ma si occupano solo di temi ben
specifici. Sempre in Italia c’è l’esempio di Francesco Costa che si è occupato delle elezioni
americane del 2016, oppure Slow News e Wolf sono due servizi in abbonamento dedicati
al mondo dell’informazione e del giornalismo, un tipo di servizio editoriale per
appassionati del settore o per gli addetti ai lavori. Uscendo dall’Italia, ma rimanendo in
Europa, vi è il più calzante esempio di prodotto editoriale quasi completamente digitale,
che si fonda su di un modello economico basato su abbonamenti e newsletter e che ha una
linea editoriale che si rivolge ad un tema ben specifico: Politico.eu. La testata giornalistica
tratta solo ed esclusivamente notizie relative al mondo politico dell’UE. È figlia di Politico,
medesima mission editoriale ma nata a Washington per raccontare tutta la politica nella
capitale degli Stati Uniti. Politico.eu, per raccontare le istituzioni europee a Bruxelles, si
avvale di tre strumenti: il sito internet, due tipi di newsletter (una gratuita ed una ad
abbonamento) ed il settimanale cartaceo. Questo tipo di informazione monotematica e
quasi unica nel suo genere fa registrare un milione e mezzo di utenti sul proprio sito
internet ogni mese, ben 50mila abbonati al “Brussels Playbook” (la newsletter curata da
Ryan Heath), più di 250 clienti tra istituzioni e imprese che usufruiscono della newsletter
con più servizi chiamata Politico Pro e ben 30mila lettori del settimanale cartaceo che esce
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ogni Giovedì e che è riservato agli abbonati dei servizi di newsletter o gratuitamente presso
le Istituzioni Europee.131
Altre piccole comunità con le quali il giornalismo del futuro dovrà fare i conti sono
le vere e proprie comunità territoriali. Nonostante sia un tipo di editoria che negli ultimi
anni è stata messa a margine nella discussione sul futuro, ultimamente il giornalismo locale
sembra poter essere un modello di business sul quale investire nel futuro prossimo. Uno
dei più grandi sostenitori di questa teoria è Rasmus Kleis Nielsen, direttore del Reuters
Institute fot the Study of Journalism dell’Università di Oxford ed autore del libro Local
Journalism: The Decline of Newspapers and the Rise of Digital Media. Nielsen sostiene
che “i siti hyperlocal, spesso, sembrano avere un legame più forte con la comunità locale
di forme più vecchie di media dove la copertura delle notizie spesso era razionalizzata e
centralizzata, a tal punto da poter sembrare distante dalle vite quotidiane delle persone.
Finora, però, i progetti hyperlocal raramente si sono trasformati in imprese robuste o in
organizzazioni non profit capaci di autofinanziarsi a lungo termine, dato che molti siti
vengono chiusi solo dopo pochi anni.”132 Nonostante questi importanti presupposti
economici che non sembrano garantire un futuro sostenibile per questo tipo di giornalismo,
Nielsen sostiene che la sfida del giornalismo si giocherà soprattutto sul locale. Questo
perché le vite di tutti noi, sostiene Nielsen, sono concentrate nel nostro territorio di
riferimento: compriamo al mercato locale, percorriamo le strade cittadine, tifiamo squadre
locali e così via. “Il business dell’informazione ha per tradizione riflesso questa realtà: ci
interessavamo della nostra comunità, cercando notizie sui media locali e le autorità e le
imprese che erano interessate a raggiungerci compravano a loro volta gli spazi
131 David Carretta, Ora c’è Politico a Bruxelles. E sa rendere un po’ sexy perfino l’Ue, articolo in IL – Il Futuro dei Giornali, Magazine de Il Sole 25 Ore, Giugno 2016, n° 81 pag.56
132 Rasmus Kleis Nielsen, Sempre più media, sempre meno giornalismo locale, 19 GIUGNO 2015, http://it.ejo.ch/economia-media/sempre-piu-media-sempre-meno-giornalismo-locale
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pubblicitari dei media locali.”133 Tuttavia il subentro delle nuove tecnologie e la
percezione di un mondo sempre più globalizzato, hanno spostato l’attenzione di tutti verso
una dimensione superiore. L’essere connessi in ogni istante con contatti e notizie che
vengono ricondivise e riproposte in ogni angolo del globo ha fatto sì che il mercato delle
news locali venisse meno. Sono gli stessi publisher locali ad essersi arresi alla nuova
tendenza convinti che interessassero di più gli aggiornamenti di conflitti internazionali o le
questioni politiche nazionali. In realtà molti sondaggi sugli interessi e comportamenti dei
consumatori di News riportano risultati differenti da quella che potrebbe essere la
percezione del fenomeno. Secondo i risultati del già citato Digital News Report 2016 alla
domanda “A quali tipi di notizie siete interessati?” al primo posto vi sono le notizie locali
sia per i lettori appartenenti al genere maschile che femminile134.
La potenzialità di un mercato più attento alle esigenze locali, però, è già stato
percepito dai due principali colossi del mondo digitale: Google e Facebook. Entrambi
infatti hanno puntato negli ultimi anni al potenziamento di tutti quei servizi che potessero
rispecchiare questo tipo di esigenza. Effettuando una ricerca su Google da smartphone, ad
esempio, i primi risultati che appariranno saranno più pertinenti possibili alla posizione
segnalata dal gps del nostro telefono. Queste novità hanno però ulteriormente aggravato le
finanze di tutti i news brand locali che prima erano i principali fornitori pubblicitari per
tutti gli investitori locali, ma che adesso si sono visti scavalcare dai grandi colossi digitali.
Cosciente di quanto sia promettente questo tipo giornalismo, Il centro per il Community
Journalism ha promosso il lavoro di due ricercatori, Josh Stearns e Molly de Aguiar che
hanno pubblicato nel febbraio 2016 il Local News Lab. Una ricerca promossa dalla
133 ibidem 134 17. Digital News Report - Distinctions between Hard and Soft News, Reuters Institute for the
Study of Journalism – University of Oxford http://www.digitalnewsreport.org/survey/2016/hard-soft-news-2016/
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Geraldine R Dodge Foundation e per la quale J. Sterns e M. Aguiar hanno trascorso un
anno e mezzo testando nuovi modelli economici e forme di coinvolgimento della comunità
con il giornalismo locale. Il risultato sono 6 articoli che cercano di dare indicazioni sulle
possibili strade da seguire per riuscire a risollevare economicamente i progetti
d’informazione locali. Possiamo riassumere il risultato di questo report135 in 4 punti
fondamentali:
1. Rilancio delle inserzioni locali e buona formazione dei venditori di
pubblicità;
2. Il Crowdfunding è una strada percorribile;
3. Dialogo con la comunità per l’impostazione della linea editoriale;
4. Collaborazione diretta con la comunità per la creazione di notizie.
Per quanto riguarda il primo concetto, i due ricercatori rilanciano l’importanza della
pubblicità sulla stampa locale. Ma per conseguire lo scopo di una rinascita di questo tipo di
mercato occorre informare debitamente gli inserzionisti sui maggiori vantaggi che
avrebbero rispetto ad altri tipi di investimenti. Ne consegue, sostengono Aguiar e Stearns,
anche una maggiore preparazione per i venditori delle testate. Un processo complesso ma
possibile che potrebbe essere implementato cercando di sviluppare un Crowdfunding.
Questo nuovo sistema di raccolta fondi, prevalentemente su piattaforme web, consente ad
un progetto, in questo caso un progetto editoriale, di poter raccogliere dei piccoli contributi
economici dalle tante persone interessate alla realizzazione dell’idea. Per quanto riguarda il
secondo punto, i due ricercatori tengono a precisare che una raccolta fondi di questo tipo
non può essere fine a se stessa, ma dovrebbe essere inserita all’interno di un quadro
135 Molly de Aguiar and Josh Stearns, Lessons Learned from the Local News Lab, Geraldine R. Dodge Foundation, Febbraio 2016
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Manuel Primi - 82 -
strategico più generale. Per spiegare cosa si intende all’interno del “Lessons Learned from
the Local News Lab” per quadro strategico in un contesto di stampa locale, occorre passare
alla spiegazione dei punti successivi poiché ognuno propedeutico per gli altri. Quello che
suggeriscono Aguiar e Stearns è un capillare dialogo e collaborazione tra giornalisti locali
e comunità di riferimento. In poche parole la cura degli interessi della propria comunità,
della propria nicchia di riferimento. I social network possono essere un luogo dove si
sviluppa questo tipo di dialogo ma, il trovarsi sullo stesso territorio propone una enorme
quantità di alternative che prevedono anche confronti faccia a faccia. Quel che viene
suggerito alle testate locali è l’organizzazione di incontri, dibattiti o presentazioni
all’interno dei luoghi di socialità del proprio territorio di riferimento. In questo modo i
giornalisti e la testata possono confrontarsi dal vivo sui temi caldi, avere dibattiti ed
uscirne entrambi, sia lettori che giornalisti, più arricchiti e più orientati verso i il punto di
vista altrui. Abbiamo qui spostato l’attenzione su di un tipo di stampa a livello territoriale e
quindi la comunicazione con i propri lettori non deve necessariamente svolgersi all’interno
dei social network, che abbiamo visto nel capitolo precedente essere appositamente adibiti
a questo scopo. Quel che viene suggerito nei risultati di questa ricerca è un dialogo dal
vivo e quindi la creazione di incontri con i propri lettori sul territorio di riferimento e per
permettere poi che i diversi punti di vista e le diverse opinioni trovino riscontro all’interno
della linea editoriale del progetto editoriale. Il crowdfunding quindi assume, all’interno di
questo quadro, un aspetto di membership da parte dei lettori che si sentono coinvolti e
rappresentati all’interno della redazione.
Come ulteriore conferma di quanto sostenuto sull’importanza delle news locali vi
sono i risultati di un’indagine condotta da Nielsen in collaborazione con il Gruppo
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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Editoriale Citynews.136 La ricerca è stata effettuata intervistando 1500 individui
rappresentativi dei lettori di news on line. Dai risultati risulta una percentuale pari all’86%
che dichiara di aver letto almeno una notizia relativa a territorio dove vive, mentre il 76%
preferisce un mix di new tra locale e nazionale. Oltre ai dati statistici l’indagine Nielsen
parla di un maggior riconoscimento qualitativo verso le testate giornalistiche locali. Le
redazioni situate sul territorio sono considerate dai lettori di news on line come più
attendibili e più precise rispetto alle altre di interesse nazionale. Per quanto riguarda il tema
della sostenibilità economica i risultati della ricerca dimostrano come le pubblicità sui siti
internet di informazione risultino catturare più attenzione dei lettori rispetto alla pubblicità
situata sui siti di news nazionali. Il 61% del campione infatti, dichiara di prestare maggiore
attenzione alla pubblicità situata sui siti locali. Inoltre, i siti di informazione locale si
contraddistinguono per essere uno strumento efficace di guida al punto vendita e
passaparola. Il 71% degli intervistati dichiara di essere più orientato ad andare in un punto
vendita dopo aver letto una news locale, contro il 29% per le testate nazionali, e con il 69%
che dichiara di parlarne con amici e parenti. Atteggiamento supportato dal fatto che gli
136 Sandy Suardi, Siti di news locali: un touchpoint strategico, 22 Marzo 2017, http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2017/sites-local-news-a-strategic-touchpoint.html
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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annunci proposti sono percepiti come più vicini agli interessi dei lettori. [Vedi Figura 13]
Figura 13
Chiudiamo questo paragrafo sull’importanza delle nicchie per il sostentamento
economico dei progetti editoriali del futuro, con l’esempio di un caso che rispecchia a
livello teorico quanto sostenuto finora all’interno di questo lavoro. Il progetto di cui vorrei
parlare è Pratosfera137. Questo progetto editoriale si concentra su una determinata e ben
specifica zona geografica, Prato per l’appunto, e ristringe ulteriormente la propria nicchia
di riferimento non producendo articoli di cronaca, ma trattando solo di eventi e cultura. Il
progetto di Pratosfera si sviluppa su tre canali di distribuzione. Il primo è un classico sito
internet dove pubblicare i propri contenuti. Vi è poi una newsletter che viene inviata ai
137 http://www.pratosfera.com/chi-siamo/
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Manuel Primi - 85 -
propri lettori una volta a settimana, il martedì, dove all’interno è possibile trovare una
guida completa su tutti gli eventi mondani e culturali presenti in città fino al martedì
successivo. All’interno della newsletter e del sito vi sono la maggior parte di fonti di
ricavo: pubblicità sotto forma di articoli sponsorizzati, banner e pubblicità vendute da
Google. Il terzo ed ultimo canale di distribuzione è Telegram, un’applicazione di
messaggistica istantanea prevalentemente utilizzata per le conversazioni su smartphone e
che viene utilizzata per il progetto Prato Oggi. Questo servizio di Pratosfera offre ai propri
iscritti due brevi rassegne stampa ogni giorno su tutto ciò che accade in città. Vi è quindi
un servizio offerto di scrematura dell’Overload informativo da parte della redazione stessa
per i propri utenti. All’interno di questi due messaggi giornalieri (uno all’ora di pranzo e
l’altro all’ora di cena) vi è un’accurata selezione di tutti i principali eventi accaduti
all’interno della città di Prato, tutti accompagnati da titolo, breve descrizione e link diretto
alla testata giornalistica che meglio ha raccontato l’argomento. Un insieme di link quindi,
che non produce traffico verso il proprio sito internet, fatta eccezione per una sola notizia
di cultura ed eventi pratesi all’interno di ogni messaggio, e che quindi non ha paura di
fornire lettori anche ad altre testate giornalistiche. Questo servizio di selezione notizie,
oltre a sperimentare un nuovo strumento di distribuzione come un’applicazione di
messaggistica istantanea, rappresenta un ottimo esempio di cura della propria comunità di
riferimento. Un servizio non invasivo per i lettori e che crea ordine all’interno
dell’overload informativo. Grazie a questi sistemi che creano un forte rapporto di fiducia
tra lettori e redazione, Pratosfera riesce a realizzare circa 100mila utenti al mese sul
proprio sito internet, 800 iscritti alla newsletter settimanale, quasi 400 iscritti al canale
Telegram, ma soprattutto riesce a vendere spazi pubblicitari all’interno della propria città
di riferimento rendendo il proprio lavoro sostenibile dal punto di vista economico.
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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3.2 Modelli di business esistenti
We are living at the most exciting time
for journalism since the advent of television.
James Harding, direttore BBC News
La linea editoriale scelta da un qualsiasi progetto giornalistico è direttamente
correlata al tipo di modello economico con il quale decidiamo di finanziare il nostro
lavoro. Alcuni tipi di modelli economici non sono consigliabili per le vecchie testate
generaliste (vedremo a breve il perché) con una nota reputazione sulla carta stampata.
Occorre quindi calibrare bene quelle che sono le proprie esigenze, economiche e
lavorative, per poi scegliere su quali tipi di finanziamento fondare un progetto editoriale. I
modelli economici che prenderemo in esame nel corso di questo capitolo sono rivolti sia al
mondo digitale che a quello cartaceo. Anche se il supporto cartaceo rappresenta quel tipo
di fruizione delle notizie che con il sopravvento del web si avvia verso il disuso, questo
non vuol dire che il quotidiano o il mensile su carta incontreranno necessariamente la loro
fine in un futuro prossimo. Così come è avvenuto per la Radio che è riuscita a ritagliarsi
una fetta di pubblico di riferimento per far fronte al proprio superamento tecnologico da
parte della televisione, non vi è ragione di pensare che anche la stampa cartacea non riesca
ad ottenere questo tipo di risultato per garantire la propria sopravvivenza. Tuttavia questo
capitolo, così come gran parte di questo lavoro, si concentrerà su quello che è il mercato
delle notizie on line per riuscire a comprendere quali sono le diverse alternative che un
progetto giornalistico digitale può intraprendere per far si che sia economicamente
sostenibile.
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 87 -
Il modello Mainstream. Il primo tipo di finanziamento di cui parleremo è anche il
modello più diffuso nel web. Si tratta di un tipo di finanziamento che si basa quasi
esclusivamente sulla pubblicità. Esistono diversi tipi di pagamento da parte degli
inserzionisti ma tra i principali troviamo il Pay per impression, dove lo sponsor paga la
testata giornalistica per il numero di volte che la propria pubblicità è apparsa sugli schermi
dei lettori; ed il Pay per Click , un modello economico tramite il quale la pubblicità viene
pagata alla testata giornalistica solo ed esclusivamente se il lettore aprirà l’annuncio
pubblicitario. Questi tipi di modelli economici sono riusciti da una parte, a garantire
ingressi economici a tutte quelle testate giornalistiche in grado di ottenere una grande mole
di visualizzazioni da parte dei lettori, dall’altra però ha di fatto tagliato le gambe a
chiunque non fosse in grado di convertire le masse di utenti in lettori. Le problematicità di
questo modello però, non si fermano alle piccole realtà. Abbiamo già accennato nelle
Figura 14
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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pagine precedenti al fenomeno del click baiting. Questo tipo di giornalismo dai titoli
“impressionanti” ed “esclusivi”, che promettono al lettore dei contenuti mozzafiato solo ed
esclusivamente per ottenere l’attenzione della massa e quante più possibili visualizzazioni
è direttamente collegato a questo tipo di modello economico. Pur di ottenere tutto e subito
molte testate giornalistiche hanno abbandonato l’idea di poter sviluppare un progetto
editoriale di qualità volto ad ottenere risultati e lettori fidelizzati nel medio lungo termine.
Da qui le colonne di destra dei principali quotidiani generalisti nazionali, i video di gattini
sui social e una grande quantità di breaking news da parte di tutti gli attori che
contribuiscono all’amplificazione dell’Overload informativo. Ciò nonostante questo
modello economico è il predominante all’interno del mercato editoriale on line ed è
riuscito a produrre anche delle grandi realtà editoriali. Vi è ad esempio il caso
dell’Huffington Post che nel Dicembre del 2014 dichiara al mondo di essere tra i più
grandi e proficui siti d’informazione esistenti riuscendo a guadagnare 100 milioni di dollari
l’anno138. Il problema è del come Huffington post, o altri esempi come questo, siano
riusciti ad ottenere questo tipo di successo economico. Oltre alla questione di qualità, di un
giornalismo sempre più orientato alla massa anziché al valore sociale e politico della
propria professione, vi è anche un discorso di sfruttamento del lavoro dei propri
collaboratori. Non a caso Huffington post nel 2011 è stato citato a giudizio per 105 milioni
di dollari ai danni di oltre 9 mila blogger che hanno collaborato con la testata ma che non
hanno mai avuto un riscontro economico, nonostante l’azienda incassasse utili da
capogiro139. “La buona notizia è che, a oggi, - Scrive Andrea Daniele Signorelli - si è già
trovato un modello che renda l’informazione sul web economicamente sostenibile per la
138 Henry Blodget, Huffington Post Now Makes $100s Of Millions Of Revenue, Putting Early Skeptics In Their Place, 3 Dicembre 2014, http://uk.businessinsider.com/huffington-post-revenue-2014-12?r=US
139 Jeremy W. Peters, Huffington Post Is Target of Suit on Behalf of Bloggers, 12 Aprile 2011, https://mediadecoder.blogs.nytimes.com/2011/04/12/huffington-post-is-target-of-suit-on-behalf-of-bloggers/
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Manuel Primi - 89 -
società editrice; la cattiva notizia è che questo modello è quanto di più lontano dal
giornalismo di qualità si possa immaginare: redazioni ridotte all’osso; una pletora di
giornalisti freelance affamati (più o meno metaforicamente) che scrivono articoli a
velocità inaudite, per compensi irrisori e senza mai muoversi da casa. La priorità assoluta
è quindi data ad articoli potenzialmente virali da dare in pasto alle centinaia di migliaia di
fan su Facebook, conquistati tramite campagne acquisti condotte puntando sul pubblico il
più generalista possibile.140” Quindi, se si vuole garantire al proprio pubblico una
fruizione delle notizie completamente gratuita ci si deve preoccupare di attirare quanto più
traffico possibile e quindi, questo modello economico, comporta necessariamente una linea
editoriale quanto più generalista possibile. Allo stato attuale, infatti, un grande testata
nazionale generalista che sta lentamente effettuando il passaggio dal cartaceo al digitale
incontra enormi difficoltà ad eguagliare con internet quelle che erano le entrate garantite
dalla vendita del cartaceo. Il quasi totale monopolio pubblicitario posseduto dai grandi
colossi del web, come Google prima di tutto, impone alle testate giornalistiche un mercato
segnato dalle decisioni di terzi soggetti e non permette quasi più il controllo diretto sui
ricavi. Inoltre le sempre più invasive pubblicità contenute nel web hanno portato gli utenti
a ricorre a software che impediscono la visione di spot o banner pubblicitari. Adblock è il
software più diffuso al mondo per questo scopo e secondo il Report 2016 di Human
Highway gli utenti Italiani che bloccano la pubblicità online sono circa il 23% per un totale
di 300 milioni di euro di mancato incasso per gli editori italiani141 [Vedi Figura 14]. Per
arginare i bassi profitti concessi da Google e il fenomeno degli AdBlockers i publisher
devono puntare sempre ad un maggior numero di lettori. Quanto è più grande una testata
140Andrea Daniele Signorelli, Tiratura illimitata – Dal crowdfunding ai native ads: Inchiesta sul giornalismo che cambia, Mimesis Edizioni, 2015, Pag. 28
141 Andrea Signorelli, 7 milioni di italiani usano gli adblocker, 8 Giugno 2016, La Stampa, http://www.lastampa.it/2016/06/08/tecnologia/news/milioni-di-italiani-usano-gli-adblocker-x0A3damMdwmvtVIiC1QHiM/pagina.html
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tanto più dovrà garantire un maggior flusso di utenti trattando breaking news e sempre più
video virali o gossip dell’ultimo minuto. Al contrario le piccole realtà possono riuscire
nell’impresa di essere economicamente sostenibili puntando su pochi articoli evergreen ma
ben posizionati su Google. Una differenziazione nei prodotti e nelle forme di
finanziamento sarebbe comunque auspicabile, qui di seguito alcuni esempi di modelli
economici che potrebbero aiutare il già consolidato, ma per nulla perfetto, modello
mainstream.
Native Advertising. BuzzFeed ed il suo grande successo economico ed editoriale
ha portato un’onda di cambiamento all’interno del panorama informativo. Il creatore di
questa formula vincente è Jonah Peretti ed in una sua lettera ai propri 700 dipendenti nel
2014 parlava di 100 milioni di dollari di entrate e 75 milioni di utenti unici al mese142. Il
modello editoriale di BuzzFeed è noto in tutto il mondo e molte testate giornalistiche
hanno tentato di affrontarlo spesso con pessime conseguenze. Questo perché il portale di
Peretti si basa tutto sulla viralità dei propri contenuti sul web. Buzzfeed riesce a creare sia
contenuti che riescano a cavalcare gli algoritmi di Facebook sia articoli con ottimi
posizionamenti su Google. In poche parole riescono a creare contenuti che riescono
immediatamente a convertire e a moltiplicare il traffico sul proprio sito internet. Quel che
rende speciale questo tipo di modello è la sua forma di finanziamento. Buzzfeed infatti fa
parte di quel modello economico detto Native Advertising. All’interno del proprio sito
internet Buzzfeed non utilizza pubblicità diretta (banner, pop-up, ecc), ma la fonte dei
propri guadagni è sempre basata sulla pubblicità. Sono gli stessi contenuti ad essere
sponsorizzati, veri e propri articoli, video, classifiche, immagini che vengono realizzate per
142 Lukas I. Alpert, Buzzfeed Crosses $100 Million in Revenue, Staff Memo Says, 25 Novembre 2014, Wall Street Journal, http://blogs.wsj.com/cmo/2014/11/25/buzzfeed-crosses-100-million-in-revenue-staff-memo-says/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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le aziende sponsorizzatrici. Sono sempre più le testate giornalistiche che si affidano a
questo tipo di sostenibilità economica. Ebbe molto successo una raccolta di 5 articoli
pubblicata sul sito del Wall Street Journal che raccontava del narcotraffico in Colombia
negli anni ’90, di Pablo Escobar e del cartello di Medellin dal titolo Cocainenomics143.
Questo tipo di contenuto, ancora disponibile sul sito del Wall Street Journal, non contiene
nessun tipo di pubblicità diretta, l’unica dicitura riportata per far capire che si tratta di un
contenuto sponsorizzato è e la scritta “sponsor generated content” [vedi Figura 15] ad
inizio pagina, scritto piccolo ma in posizione centrale. La raccolta Cocainenomics
finanziata da Netflix per lanciare l’uscita della propria serie televisiva sulla vita di Pablo
Escobar al suo interno è un dossier molto accurato e ben scritto, completo di mappe che
rappresentano le tratte del narcotraffico, date storiche e foto d’archivio. La differenza tra la
pubblicità tradizionale ed il Native Advetising sta proprio nella qualità del contenuto
offerto al lettore che fa si che quest’ultimo metta in secondo piano il fatto che
quell’articolo sia sponsorizzato. Nonostante questo modello economico sia da poco nato e
già così remunerativo presenta grandi problematicità che non si possono ignorare.
Innanzitutto vi è una questione etica. Ponendoci un caso limite come esempio, cosa si può
143 Cocainenomics, http://www.wsj.com/ad/cocainenomics.html
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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e cosa non si può scrivere all’interno di un articolo che viene finanziato da una grande
società che eticamente non rappresenta quei valori sui quali la nostra testata giornalistica si
fonda? Di fatto il Native Advertising potrebbe trasformare le testate giornalistiche di
informazione, inchiesta e approfondimento in mere agenzie di marketing pubblicitario. È
un aspetto che si deve tener presente se si sceglie questa strada economica/editoriale.
Il mecenatismo. Ci sono casi nel mondo dove gli investimenti a fondo perduto alla
stampa da parte di facoltosi miliardari hanno prodotto tipi di giornalismo molto interessanti
soprattutto dal punto di vista della ricerca tecnologica. Il caso più eclatante e che meglio si
sposa con quanto detto finora è quello del Washington Post. Il Quotidiano della capitale
degli Stati Uniti d’America è tra i più famosi al Mondo grazie anche ad una lunga
tradizione di giornalismo investigativo e d’inchiesta. Nonostante sia la testata giornalistica
che ha dato vita al caso Watergate e alle successive dimissioni del Presidente degli Stati
Uniti Nixon, il Washington Post è un giornale che come tanti soffre della crisi economica
dovuta alle poche vendite del cartaceo. Il quotidiano della capitale è tornato sulla bocca di
Figura 15
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 93 -
molti nell’agosto del 2013, quando ad acquistarlo è stato Jeff Bezos, il mecenate fondatore
di Amazon, per 250 milioni di dollari. “Non so nulla di editoria- ha affermato lo stesso
Bezos in un’intervista -, ma conosco un paio di cose su internet. Questo, assieme alla mia
disponibilità finanziaria, è la ragione per cui ho comprato il Washington Post144”. Infatti il
Post non è ancora stato salvato da qualche magica ricetta del mecenate di internet. Quello
che il capitale di Jeff Bezos garantisce al giornale della capitale è un sostanzioso
investimento quotidiano per sperimentare quanto più possibile. Ma la base di
finanziamento dei progetti digitali del Washington Post è ancora strettamente legata al
vecchio modello di pagine visitate dagli utenti, circa 18,8 milioni di visitatori unici al
mese. Tutti gli occhi però sono puntati sulle mosse del quotidiano all’interno di una
partnership instaurata tra il Post e la stessa Amazon145. Tale collaborazione ha fruttato uno
dei più interessanti esperimenti di finanziamento dei quotidiani ad oggi esistenti: un
quotidiano distribuito solo in digitale. Quello che sembra essere un vecchio modello già
sperimentato ed abbandonato, con la partnership di Amazon, in realtà potrebbe avere degli
interessanti sviluppi nel futuro prossimo. Il team di tecnici assunti da Jeff Bezos ha
sviluppato un’applicazione per Kindle (l’e-Reeder prodotto da Amazon) che consente di
consultare la copia digitale del Washington Post per sei mesi. Al termine di questo periodo
di prova l’abbonamento prevede il costo di 1 dollaro per la consultazione del giornale per
altri sei mesi. Il costo per ora sembra essere strettamente legato alla sperimentazione messa
in atto da Bezos, tuttavia questo tipo di distribuzione permette l’eliminazione di molti costi
aggiuntivi quali rotative, costi di trasporto ed intermediari vari (come ad esempio le
edicole). In definitiva la soluzione di un mecenate che cerca di risollevare l’economia e il
144 Mike Isaac, Amazon’s Jeff Bezos Explains Why He Bought The Washington Post, 2 Dicembre 2014, New York Times, https://bits.blogs.nytimes.com/2014/12/02/amazons-bezos-explains-why-he-bought-the-washington-post/?_r=0
145 Sam Frizell, Amazon Kindle Users Are Getting the Washington Post for Free, Time, 20 Novembre 2014, http://time.com/3597304/amazon-washington-post-kindle/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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nome di un quotidiano storico in nome della Libertà di Stampa non è una soluzione per
tutti, ma se ci si concentra sulla ricerca tecnologica, questa potrà portare ad una soluzione
economica alternativa per molti. Un altro esempio di mecenatismo per salvaguardare il
futuro del giornalismo lo abbiamo con Intercept. La testata lanciata nel febbraio 2014 è
divenuta famosa per il suo giornalismo d’inchiesta. Il direttore Glenn Greenwald è un ex
giornalista del Guardian famoso per lo scoop sul Datagate e le falle nella sicurezza per la
tutela della Privacy. Questo tipo di giornalismo Watch-dog è però completamente
sovvenzionato dalla Silicon Valley. Nello specifico è il magnate di Ebay, Pierre Omidyar,
che garantisce la struttura no-profit della testata. Nonostante alcune dichiarazioni dalla
proprietà dell’Intercept, volte ad una sperimentazione economica per rendere il progetto
del giornalismo d’inchiesta sostenibile, ad oggi il giornale rimane totalmente indipendente,
tanto da non accettare neanche donazioni volontarie per sostenere la causa.
Qualità e abbonamenti - Un tipo di giornalismo che sia sostenibile e allo stesso
tempo investigativo, di qualità, è possibile anche senza il fondatore di Ebay come garante
per l’indipendenza economica. L’esempio proviene dall’Europa ed è rappresentato da
Mediapart. La testata francese è riuscita nell’intento di ottenere i finanziamenti necessari
per la sopravvivenza grazie al proprio lavoro qualitativo. Il debutto di Mediapart in rete è
avvenuto nel 2008 con la pubblicazione dello scandalo Bettencourt che rivelava i
finanziatori della campagna elettorale di Sarkozy. Questo ingresso nello scenario mediatico
insieme alla notorietà riconosciuta al direttore Edwy Plenel, ex direttore de Le Monde,
hanno convito un sempre maggior numero di persone ad abbonarsi alla testata online.
Mediapart conta ben 100 mila abbonati che con 90 euro l’anno possono leggere tutte le
inchieste prodotte dalla testata, chi ancora non è abbonato può usufruire solo della lettura
delle prime righe di ogni singolo articolo. Grazie a questo modello che si basa
principalmente sulla qualità, la testata francese riesce a mantenere una redazione composta
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
Manuel Primi - 95 -
da 30 giornalisti, garantendo allo stesso tempo ricavi e diffusione, senza dover ricorrere a
strategie di click-baiting sui social o sul portafoglio di qualche miliardario.
Modello a 3 teste. Abbiamo visto nel capitolo precedente il caso di Politico
all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea. Questo tipo di progetto nasce però negli
Stati Uniti per raccontare la politica di Washington. Gran parte del modello di Politico.com
è molto simile, sia dal punto di vista editoriale che dal punto di vista economico, al
gemello europeo. Il modello economico/editoriale di Politico è l’esempio perfetto per
capire come sia possibile per gli editori differenziare prodotti ed entrate economiche. Il
50% degli incassi della testata derivano dalla pubblicità inserita all’interno del proprio sito
internet, in poche parole il modello Mainstream descritto poco fa. Un tipo di modello
economico che si adatta perfettamente al tipo di taglio editoriale che viene dato ai
contenuti gratuiti e generalisti all’interno del portale. La particolarità di Politico, che la
rende una testata degna di attenzione e studio, è la ripartizione del restante 50% del
finanziamento. Il 40% si basa sulla propria unicità all’interno dello scenario mediatico.
Politico infatti è l’unica testata che racconta tutto quello che accade nella politica degli
States. La posizione di insider nelle “stanze che contano” rende Politico l’unico giornale in
grado di raccontare ciò che avviene nei corridoi di Capitol Hill e della Casa Bianca, prima
delle altre testate e con una qualità altamente competitiva. Questo tipo di giornalismo è
dedicato potenzialmente a tutti, dato che le decisioni che vengono prese in questi ambienti
influenzeranno la vita di tutti gli statunitensi. Il 40% dell’economia del giornale si basa
quindi sull’esigenza di tutte quelle personalità e organizzazioni di sapere prima di tutti e
meglio degli altri come cambieranno le leggi o l’economia del paese. PoliticoPro, il
servizio che garantisce questo tipo di informazione, conta più di mille organizzazioni
disposte a pagare delle elevate somme di denaro per essere sempre aggiornate sula politica
degli States. PoliticoPro viene quindi suddiviso in 10 sezioni, ognuna delle quali è
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concentrata e specializzata in argomenti differenti: educazione, trasporti, tecnologia,
agricoltura, ecc. Giusto per rendere l’idea di quanto il servizio di Politico si sia reso
indispensabile per la politica statunitense, lo stesso dipartimento dell’Istruzione del
Congresso, nel 2014, ha sottoscritto il proprio abbonamento per la sessione Educazione di
PoliticoPro per ben 25mila dollari l’anno (abbonamento poi disdetto per il prezzo troppo
elevato)146. Il restante 10% del bilancio di Politico viene garantito da una serie di eventi
organizzati su temi specifici. Questo tipo di incontri sono sempre sponsorizzati da grandi
aziende, portano sul palco nomi di spicco e richiamano l’attenzione e la partecipazione (a
pagamento) di moltissimi addetti ai lavori che necessitano di aggiornamenti di settore.
Questo sistema a 3 teste permette di mantenere una redazione di 400 dipendenti, la metà
dei quali sono giornalisti.
Paywall. Questo tipo di modello è già stato ampliamente sperimentato negli ultimi
anni da diversi editori con risultati di dubbio successo. Per spiegare questo tipo di
finanziamento e le sue implicazioni per un progetto editoriale è sufficiente tradurre quasi
letteralmente all’italiano il suo nome. Si tratta di inserire all’interno del proprio sito
internet un “muro” oltre il quale l’utente non può leggere nessun articolo se non è disposto
a “pagare”. Questo tipo di sistema permette all’editore di decidere quanto poroso debba
essere questo “muro”. È possibile renderlo rigido, anche detto Hard Paywall, in modo tale
che nessun articolo sia leggibile se non dietro pagamento, è possibile inserire il Paywall
dopo qualche riga dell’articolo oppure si può optare per un tipo di “muro” che si attiva solo
dopo un tot. di articoli letti in un determinato periodo di tempo: il cosiddetto Metered
Paywall. Il Corriere della Sera, ad esempio, ha optato per questa opzione. Sul sito internet
146 Valerie Strauss, U.S. Education Dept. decides Politico Pro costs too much, 30 Gennaio 2014, Washington Post, https://www.washingtonpost.com/news/answer-sheet/wp/2014/01/30/u-s-education-dept-decides-politico-pro-costs-too-much/?utm_term=.bc23c5601fd5
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del Corriere è possibile leggere gratuitamente un totale di 20 articoli al mese, superato
questo limite scatta il Paywall che richiede la sottoscrizione di un abbonamento. Il primo
mese di abbonamento è in offerta a soli 99 centesimi, nei mesi successivi il costo previsto è
di 9,99 Euro. In un primo momento il Paywall del Corriere sembra che abbia ottenuto dei
risultati soddisfacenti, circa 26 mila abbonati nel primo mese147, per poi trovare un calo del
traffico web pari al 15% circa. 148 Probabilmente il primo dato positivo è dovuto alla
formula di sconto applicata all’abbonamento del primo mese. Ad ogni modo il modello
Paywall per i siti di informazione sembra non essere una soluzione alla crisi economica
dell’editoria. Prima di tutto perché basta avere un minimo di dimestichezza con la
tecnologia per aggirare il “muro” e proseguire con la lettura. Il motivo principale però è
una questione legata all’Overload informativo. Così come abbiamo detto in precedenza,
per ogni fonte primaria ne esistono altre dieci o venti secondarie che riprendono la notizia,
la rilavorano e la ripubblicano gratuitamente sulla rete. Questo sistema concede al lettore
un numero sempre più elevato di notizie gratuite e quindi la possibilità di aggirare il
Paywall semplicemente migrando su un altro sito d’informazione. Questo accade
soprattutto per i media generalisti che trattano ogni tipo di notizia. Siti con una linea
editoriale più unica o specializzata, abbiamo visto il caso Francese di Mediapart, sono
meno soggetti a questo tipo di migrazione dell’utente perché il contenuto che si cela dietro
il Paywall è unico e non può essere trovato altrove.
Vi è poi un’altra questione che ha fatto innervosire i vari lettori del Corriere.it, ed è
un tema strettamente legato alla natura generalista della testata e al modello di
147 Davide Casati, Corriere della Sera: 26mila gli abbonati alla nuova offerta digitale, 22 febbraio 2016, http://www.corriere.it/cronache/16_febbraio_22/corriere-sera-26mila-abbonati-nuova-offerta-digitale-4e1d503e-d981-11e5-b385-82888b0a9701.shtml
148 Pier Luca Santoro, Corriere: Effetto Paywall?, 29 Febbraio 2016, DatamediaHub, http://www.datamediahub.it/2016/02/29/corriere-effetto-paywall/#axzz4c2rYbevY
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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finanziamento Mainstream tuttora esistente all’interno del sito. Il Corriere.it propone per il
suo portale e poi sui diversi canali social tutte quelle soft news poco rilevanti in termini
qualitativi e che puntano principalmente al traffico facile delle masse di utenti. Tutte quelle
soft news con gattini, brevi dichiarazioni di vip o Breaking news estremamente povere, se
visualizzate, concorrono al conteggio dei 20 articoli leggibili nell’arco del mese. Se si deve
pagare per la visualizzazione delle notizie gli utenti si aspettano sempre più qualità ed
unicità. Esattamente come affermavamo all’inizio di questo capitolo, la linea editoriale di
un publisher deve essere in linea con il modello economico che si sceglie e viceversa.
L’essere generalisti nel caso dei Paywall, non sembra essere la strada vincente. Infatti i
risultati della International News Media Association ci parlano di un sempre minor
interesse da parte degli editori per la soluzione Paywall all’interno dei loro siti internet149.
Il sondaggio effettuato da INMA risale all’anno 2015 e già riportava che l’interesse verso i
Paywall era in netto calo rispetto all’anno precedente.
Crowdfunding Concludiamo con un ultimo modello economico a cui abbiamo già
fatto riferimento nelle pagine precedenti. Il sistema di raccolta fondi on line per finanziare
progetti, anche detto crowdfunding, è un tipo di soluzione che negli ultimi anni ha riscosso
notevoli risultati in tutto il mondo. Questo tipo di soluzione permette ad un singolo
giornalista o ad una piccola realtà di ottenere i finanziamenti necessari per iniziare o
proseguire il proprio lavoro. Basandosi su piccoli investitori disposti a pagare delle piccole
somme di denaro, il crowdfunded journalism non si adatta alle grandi realtà editoriali. Solo
nel 2014 sono stati finanziati tramite Kickstarter – la piattaforma di Crowdfunding più
seguita - più di 200 progetti legati al giornalismo: nuove testate cartacee, portali online,
149 Joseph Lichterman, Survey: News orgs are prioritizing mobile development and placing less emphasis on paywalls, 18 Maggio 2015, http://www.niemanlab.org/2015/05/survey-news-orgs-are-prioritizing-mobile-development-and-placing-less-emphasis-on-paywalls/
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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radio, reportage fotografici e soprattutto inchieste e reportage.150 Una soluzione dal basso
che permette di finanziare dei piccoli progetti ambiziosi che altrimenti non troverebbero il
modo di essere economicamente sostenibili. Uno dei problemi è nella confusione e
disorganicità con la quale vengono presentati questi progetti all’interno delle piattaforme
come Kickstarter. In pratica, all’interno della piattaforma si trovano numerosissime
raccolte fondi per altrettanti progetti editoriali disposti in maniera casuale. Non è certo che
un buon progetto riesca ad ottenere i finanziamenti necessari per dare il via ai lavori
mentre è possibile che un’idea meno ambiziosa e meno originale riesca a raccogliere anche
più del dovuto. Tutto sembra un po’ lasciato alla fortuna in questa fase iniziale. Ma la
problematicità maggiore è rappresentata dal seguito del progetto. Non vi è certezza, infatti,
che il materiale prodotto dal lavoro giornalistico sia seguito in un secondo tempo.
Addirittura si possono ottenere casi in cui i lettori sono anche in numero minore dei
finanziatori del progetto, questo perché è più facile e veloce riuscire a donare 2 Euro che a
leggere e seguire un articolo in Long Form d’inchiesta, in più lo scenario confuso e il caos
di questi portali di raccolta fondi non sempre riescono a garantire un rapporto continuativo
tra donatore e giornalista. Perplessità a parte, questo tipo di modello riesce a garantire una
stabilità economica al giornalista o al gruppo di professionisti che riescono ad emergere
dalla raccolta fondi on line. Di fatto le potenzialità di questo nuovo sistema sono tante e i
risultati possono variare da progetto a progetto. Resta comunque sia un tipo di
finanziamento che se mirato ad un singolo progetto o ad un singolo giornalista, riuscirebbe,
almeno in un primo momento, a risollevare le sorti del giornalismo d’inchiesta che più di
tutti sta subendo i colpi inflitti dalla gratuità delle news on line.
150 Andrea Daniele Signorelli, Crowdfunded Journalism. È la stampa bellezza, 10 marzo 2015 https://www.che-fare.com/crowdfunded-journalism-e-la-stampa-bellezza/
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Conclusioni
Il giornalismo non è morto e di certo non morirà finché vi saranno storie da
raccontare. Il giornalismo e l’editoria, come abbiamo visto, stanno cambiando così come
cambiano le abitudini e le necessità di una società segnata dai mutamenti tecnologici
sempre più frequenti. Il problema principale è che questo cambiamento per l’editoria
rappresenta uno scenario molto più complesso, pieno di piattaforme su cui distribuire e di
diversi tipi di linguaggio da utilizzare. Tutto questo scardina i vecchi modelli economici su
cui si basavano i grandi quotidiani nazionali e rompe gli schemi comunicativi che i vari
professionisti avevano utilizzato per svolgere il loro mestiere. All’interno di questo lavoro
si è voluto verificare come e quanto sia cambiato il mestiere giornalistico, sia a livello
pratico che teorico, sia dal punto di vista del singolo giornalista che da quello dell’editore.
Abbiamo visto nel primo capitolo quali sono i dati economici che caratterizzano
questo periodo di transizione dal cartaceo al digitale nei principali gruppi editoriali del
paese (Gruppo Espresso, Mondadori, RCS, 24Ore). Si è potuto constatare che il mercato
dell’editoria è in netta crisi e che le perdite economiche sono sempre più consistenti ogni
anno di più. Si è potuto altresì verificare che non si ha un pieno controllo e consapevolezza
delle varie piattaforme digitali. Un problema che di fatto rallenta di molto il passaggio da
un modello all’altro e che penalizza ancora di più quelle testate che non riescono a fare i
conti con i nuovi linguaggi ed i nuovi mezzi di distribuzione. Una problematicità che non
solo si traduce concretamente in perdite economiche ma che si ripercuote anche
sull’immagine del brand nell’immaginario collettivo e dei lettori più affezionati. Il
passaggio dal cartaceo al digitale non solo è inevitabile ma potrebbe rivelarsi l’unica
soluzione per riportare al centro della società il ruolo di questa professione. L’esempio di
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Amazon che con il Washington Post sperimenta un’applicazione per la distribuzione
dell’edizione giornaliera sui vari dispositivi Kindle è il caso più calzante di questo intero
lavoro. In Italia l’edizione cartacea è ancora al centro delle redazioni giornalistiche. Il
fulcro economico ed editoriale di gran parte delle testate tradizionali. Porre in primo piano
un tipo di supporto in disuso e che comporta importanti costi di stampa e distribuzione è un
problema assai radicale e profondo. I nuovi criteri di finanziamento all’editoria, orientati al
passaggio dal cartaceo al digitale, aiuteranno di certo un cambiamento di rotta. Tuttavia i
fondi diretti emessi dallo Stato italiano non saranno distribuiti ai grandi gruppi editoriali
quotati in borsa che quindi dovranno trovare da soli i fondi necessari per investire sul
cambiamento. Fondi a parte è giusto ribadire che prima di essere un cambiamento di
investimenti all’interno dei vari gruppi è innanzitutto un diverso approccio alla creazione
della notizia e verso i propri lettori.
Nel secondo capito dedicato interamente al mondo digitale abbiamo per l’appunto
notato questo netto cambio di tendenza. La possibilità di comunicare con i propri lettori e
raccoglierne i feedback attraverso i social network, ad esempio, rappresenta una grande
novità per tutto il mondo giornalistico. Se utilizzati prevalentemente come canale di
ascolto e dialogo, i canali social possono aiutare le varie testate giornalistiche al passaggio
dal cartaceo al digitale. Un continuo confronto con il lettore adesso è possibile ed in tempo
reale. Questo può servire per comprendere quali sono le nuove esigenze di fruizione, i temi
più letti ed il modo in cui vengono discussi sono tutte informazioni che si possono
raccogliere per correggere le varie linee editoriali. Allo stesso tempo però, il mondo social
comporta una serie di criticità con le quali il mondo dell’editoria deve necessariamente fare
i conti. Prima di tutto vi è il fatto che i social sono piattaforme cosiddette Walled Garden,
ovvero circuiti chiusi che difficilmente promuovono contenuti volti ad indirizzare gli utenti
su altri siti. È necessario quindi che il mondo del giornalismo si adatti alla creazione di
DAL CARTACEO AL DIGITALE. Come cambia il giornalismo nell'era 2.0
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contenuti ad hoc specificatamente creati per il mondo social e che allo stesso tempo non
tradiscano la propria identità editoriale.
Se Facebook è l’equivalente del bar dove ci si reca in pausa pranzo per avere un
attimo di relax, leggendo il giornale gratuitamente e discutendo con i vari amici delle
notizie quotidiane, in questo nuovo contesto Google prende il posto delle vecchie edicole.
Il motore di ricerca, come abbiamo visto, diviene la piattaforma principale dove ci si reca
per trovare quello che si cerca e per approfondire temi ed argomenti. L’approccio iniziale a
questo lavoro era volto a scoprire quanto, questa nuova piattaforma, potesse mettere in
crisi i vecchi modelli giornalistici. Nel corso della stesura del capitolo dedicato alla SEO e
a Google ci si è resi conto che le nuove tecniche di scrittura richieste dalla piattaforma
sono per gran parte vecchie regole di buon senso e di buon giornalismo. Si tratta infatti,
come abbiamo visto, di scrivere articoli pensando al lettore. Titoli efficaci, una struttura
che sia graficamente ottimizzata alla fruizione su schermi piccoli e luminosi e l’uso di
quelle parole che il lettore intende trovare al suo interno. La novità più significativa ed
interessante sembra essere quella del link building. Una buona pratica SEO che in ambito
giornalistico si traduce in “riconoscimento del lavoro altrui”. Questa vecchia pratica di
buon giornalismo con Google diventa un regola che se sfruttata in pieno è in grado di
ottimizzare il lavoro redazionale. Permette infatti ad ogni testata di potersi concentrare su
temi ed aspetti che si possono coprire meglio. Questa migliore ottimizzazione del lavoro
redazionale ha la potenzialità di accrescere i propri punti di forza e risparmiare tempo e
risorse in temi ed argomenti che potrebbero non essere qualitativamente rilevanti.
Che il giornalismo non sia morto ma al contrario si ponga su di un livello superiore
all’interno dell’era digitale lo abbiamo visto nel capitolo dedicato alla verifica delle fonti.
La missione di questa professione è sempre stata quella di raccontare il presente, renderlo
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comprensibile ai più e suggerire, magari, chiavi di lettura per affrontare il futuro. Abbiamo
visto come, in uno scenario segnato dall’overload informativo, il giornalismo è chiamato a
rafforzare questa sua “vecchia” vocazione. In uno scenario mediatico segnato dal caos il
giornalista è chiamato a porre rimedio. Garantire ai propri lettori un’informazione
attendibile, ordinata e che sappia dare ordine e priorità alla dieta mediatica è un
giornalismo che svolge il suo lavoro, è un giornalismo che riconquista fiducia, che punta su
di una sempre maggiore qualità e che quindi, riesce a sopravvivere nel tempo. Abbiamo
dimostrato come la verifica delle fonti, la lotta alle fake news e all’overload informativo
siano i nodi cruciali per garantire un futuro, sia in termini economici che di prestigio, a
questa professione.
Nonostante questa riscoperta dell’importanza del lavoro d’informazione dovuta a
reali esigenze dei lettori vi è al contempo una svalutazione, in termini economici, di questo
lavoro. A concorrere a questa realtà vi è da una parte lo stesso Overload Infomativo che lo
riqualificherebbe. La gratuità e la libertà delle informazioni nella rete fanno si che per ogni
fonte primaria, magari a pagamento, ve ne siano altre 10 o 100 secondarie che la ritrattano
e la ridistribuiscono gratuitamente. Ad aggravare ulteriormente lo scenario economico vi
sono le stesse grandi piattaforme digitali (I vari Google, Facebook ecc..) che detengono la
maggior parte del business pubblicitario tanto utile agli editori. Riuscire a trovare un
modello economico che valorizzi e renda sostenibile il lavoro giornalistico è un traguardo
difficile da raggiungere per tutti. Lo è ancor di più per le vecchie testate generaliste, cioè
gran parte delle vecchie testate giornalistiche con tiratura nazionale. Abbiamo visto infatti,
come il pubblico non sia più omogeneo ed interessato a tutto, ma sempre più suddiviso in
piccole nicchie contraddistinte da tanti interessi differenti. Da qui una possibile riscoperta
del giornalismo territoriale ma soprattutto un diverso approccio da parte delle redazioni sui
propri prodotti. Il modello giornalistico tradizionale è rivolto a misurare i propri risultati
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attraverso il grande contenitore che è il giornale quotidiano. Il diverso approccio del
giornalismo on line sta proprio nell’efficacia di ogni singolo articolo e non di un insieme di
essi. Ogni singolo contenuto prodotto può infatti essere misurato sia in termini quantitativi
(traffico internet ricevuto), sia in termini qualitativi (attraverso i commenti dei lettori).
Questo diverso punto di vista, così come abbiamo detto all’interno di questo lavoro, sposta
il dibattito sul futuro del giornalismo dai contenitori ai contenuti. Uno sguardo rivolto
sempre più verso i propri lettori e ai loro interessi piuttosto che verso le diverse piattaforme
su cui essere presenti.
In questo scenario contraddistinto sempre più da nicchie di lettori e da grandi
giornali generalisti, abbiamo visto nell’ultimo capitolo che finanziare i propri progetti
editoriali è possibile ma a diverse condizioni. Abbiamo potuto notare come sia possibile
sopravvivere al cambiamento tecnologico e come i modelli economici si siano evoluti e
differenziati all’interno dello scenario di internet. Tuttavia è giusto ribadire il concetto che
ad ogni modello economico corrisponde un diverso approccio editoriale e viceversa.
Comprendere e conoscere le proprie esigenze e quelle dei propri lettori è il primo passo, ed
il più importante, per poi affrontare scelte economiche incidenti che potrebbero cambiare
radicalmente la natura di un progetto giornalistico.
In conclusione mi sento di affermare che il giornalismo è tutt’altro che morto, anzi
il nuovo scenario mediatico che si sta man mano delineando è ricco di sfumature e
potenzialità. Sono infatti innumerevoli le strade percorribili all’interno di così tante
piattaforme ed altrettanti format comunicativi. La formula vincente per sopravvivere al
cambiamento resta comunque la qualità. Una pietra angolare sulla quale bassare le proprie
fondamenta per la costruzione del futuro. L’insieme di pratiche e tecniche di copertura
giornalistica, di diffusione del contenuto e di dialogo con i propri lettori garantiscono un
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futuro giornalistico fondato sempre su una maggiore qualità dei servizi e delle
informazioni offerti. A giovarne però non sarà solamente la professione stessa, che così si
garantirebbe una sostenibilità economica duratura, ma anche l’intera società ed i sistemi
economico/politici che si basano sul libero scambio di informazioni. Per ogni testata
giornalistica però, diviene fondamentale essere il più flessibile possibile per poter far
fronte a tutti i cambiamenti in corso e a quelli che sicuramente verranno. Se ogni testata
giornalistica riuscisse nell’intento di costruire delle salde fondamenta basate su qualità,
consapevolezza della propria missione professionale e delle necessità dei propri lettori,
ogni tipo di cambiamento tecnologico o di comportamento che verrà non sarà più un
ostacolo così insormontabile come adesso può sembrare l’era del 2.0.
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