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ALLEGATO n. PROGETTISTA: PROPONENTE: DATA: SCALA: COMUNE: PROVINCIA: Aprile 2014 VERNANTE CUNEO SAN PIO ENERGIA s.r.l. Via Colle di Nava, 5 12060 Magliano Alpi (CN) DERIVAZIONE IDROELETTRICA SUL TORRENTE VERMENAGNA Documentazione ai sensi del Regolamento regionale 10/R del 29 luglio 2003 e Verifica di Impatto Ambientale ai sensi del D. Lgs. 152/2006 e L.R. 40/98 Dott. Ing. Stefano Santero Strada degli Oreglia 12041 - Bene Vagienna (CN) Dott. Agr. STEFANO ASSONE Via Mongrando, 41/a - 10153 Torino 011/6598961 [email protected] RELAZIONE PAESAGGISTICA 24

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ALLEGATO n.

PROGETTISTA:PROPONENTE:

DATA:

SCALA:

COMUNE:

PROVINCIA:

Aprile 2014

VERNANTE

CUNEO

SAN PIO ENERGIA s.r.l.

Via Colle di Nava, 5

12060 Magliano Alpi (CN)

DERIVAZIONE IDROELETTRICA SUL TORRENTE VERMENAGNA

Documentazione ai sensi del Regolamento regionale

10/R del 29 luglio 2003

e Verifica di Impatto Ambientale ai sensi del D. Lgs.

152/2006 e L.R. 40/98

Dott. Ing. Stefano Santero

Strada degli Oreglia

12041 - Bene Vagienna (CN)

Dott. Agr. STEFANO ASSONE

Via Mongrando, 41/a - 10153 Torino

� 011/6598961

[email protected]

RELAZIONE PAESAGGISTICA

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San Pio Energia Srl Derivazione idroelettrica

sul Torrente Vermenagna

Provincia di Cuneo

Comune di Vernante

Studio SINTESI Ingegneria e Paesaggio

Studio Ing. S. Santero Relazione paesaggistica Pag. 1

1. Premessa

La presente relazione paesaggistica, redatta ai sensi del D.P.C.M. del 12 dicembre 2005,

costituisce elemento integrante della documentazione prodotta in osservanza della L.R. 40/1998 e

relativa al progetto in esame, elaborato per conto della Soc. San Pio Energia Srl, ed inerente la

realizzazione di una derivazione idrica finalizzata alla produzione di energia elettrica sul Torrente

Vermenagna, nel Comune di Vernante (CN).

I seguenti capitoli riportano un inquadramento dell’area oggetto di studio e del suo immediato

intorno, in merito a localizzazione topografica, geomorfologia e litologia, pedologia ed uso del suolo,

paesaggio e vegetazione potenziale e reale, una sintetica descrizione degli interventi in progetto e

degli impatti da questi determinati. I dati presentati derivano sia da indagini bibliografiche, sia da

osservazioni raccolte in campo, nel corso di sopralluoghi condotti presso l’area.

2. Localizzazione topografica

La realizzazione dell’impianto idroelettrico in progetto interesserà un tratto del Torrente

Vermenagna, nel territorio del Comune di Vernante (TO). Più specificamente l’area di intervento si

sviluppa a Sud Est del concentrico comunale, in sinistra orografica del Torrente Vermenagna, per un

tratto che si estende per una lunghezza di circa 850 m, da località Tetto Marine, ove è ubicata l’opera

di presa, fino a località Tetto Romanin, a fronte della quale è previsto l’edificio della centrale

idroelettrica.

L’estratto della Carta Tecnica Regionale, ai Fogli n° 226150 ne riporta con precisione la

collocazione.

Il comune interessato dalla realizzazione dell’impianto in progetto è situato nella porzione Sud

della Provincia di Cuneo (non molto distante dal confine nazionale con la Francia ), ad una quota di

circa 785 m s.l.m. Confina con i comuni di Boves, Entracque, Limone Piemonte, Roaschia e

Robilante.

Dal punto di vista idrografico il torrente Vermenagna nasce sul versante italiano delle Alpi

Marittime, nella valle omonima, attraversa i comuni di Limone Piemonte e di Vernante, dove riceve in

sinistra idrografica il rio di Valle Grande, il principale affluente, scende poi a Robilante e Roccavione.

Al confine fra uest'ultimo comune e Borgo San Dalmazzo si getta nel Gesso.

Circa la viabilità locale, l'asse stradale più importante, unico di un certo rilievo, è la strada statale

20 del Colle di Tenda e di Valle Roja che parte da Moncalieri (TO) e termina al Colle di Tenda per

quanto riguarda il tratto italiano per proseguire in Francia nella Valle di Roja. E' parte della strada

eurepea E74.

L’altra importante via di comunicazione è la linea ferroviaria facente parte della Cuneo – Limone

– Ventimiglia, detta anche linea del Tenda, che ha una lunghezza complessiva di 96 km.

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ll comune interessato dalla realizzazione dell’impianto idroelettrico in progetto si colloca a circa

16 km (in linea d’aria) a Sud di Cuneo, e a circa 11 Km a Nord dal confine con la Francia.

La zona d’intervento è facilmente raggiungibile percorrendo la strada statale precedentemente

menzionata (SS 20), provenendo da Cuneo si deve oltrepassare il comune di Vernante ed arrivare

alle località Tetto Romanin e Tetto Marine.

Con riferimento alla normativa vigente il sito oggetto di intervento, ricade in zona sottoposta a

vincolo ambientale e paesaggistico (D.Lgs 42/04), in quanto interessa la fascia di rispetto di 150 m

dalla sponda del Torrente Vermenagna.

Il sito in esame non ricade in aree naturali protette di interesse nazionale, regionale o provinciale,

benché parte del territorio del Comune di Vernante faccia parte del Parco naturale Alpi Marittime.

L’area di intervento è situata a Sud del centro abitato di Vernante.

Il Comune di Vernante fa parte della Comunità Montana delle Alpi del Mare, il cui territorio si

colloca a Sud rispetto al capoluogo di provincia e si inoltra sino al confine con la Francia.

La caratterizzazione del sito è stata effettuata sia con riferimento a materiale bibliografico e

cartografico specifico nonché a fotografie aeree, sia mediante sopralluoghi sull’area di intervento e

zone limitrofe.

3. Aspetti geomorfologici e litologici

Le forme del paesaggio mostrano tratti molto complessi direttamente correlabili con la variazioni

climatiche del Quaternario. I tratti morfologici fondamentali, quali l’andamento dei principali crinali e

delle incisioni maggiori, sono condizionati in modo determinante sia dai vincoli imposti dalla

complessa struttura geologica che dalla diversa predisposizione delle litologie affioranti nei processi

degradatori. Il comportamento evolutivo dei corsi d’acqua risente in modo determinante di profili di

fondo ereditati dal precedente modellamento glaciale. L’andamento del T. Vermenagna, a monte del

Ponte Nuovo di Robilante, è condizionato inoltre da un lineamento tettonico con direzione Nord-

Ovest/Sud-Est.

Il reticolo idrografico minore, orientato in prevalenza normalmente rispetto ai solchi principali e

caratterizzato da una generale tendenza erosiva, risulta invece influenzato, oltre che dai tratti della

morfologia glaciale wurmiana, impostazioni di carattere morfometrico (tendenza dell’acqua a scorrere

secondo la massima pendenza) e soprattutto dalla tettonica.

Per quanto riguarda il settore interessato dagli interventi in oggetto si precisa che l’alveo del

T.Vermenagna presenta un andamento unicursale, con alternanze di tratti subrettilinei e di tratti

sinuosi. La caratteristica di questo modello fluviale è la notevole stabilità dell’alveo, senza tendenze di

divagazione. Il letto ben inciso è infatti in grado di smaltire sia le portate di piena ordinaria che

straordinaria; soltanto nel caso di piene a carattere straordinario, si potrebbero verificare allagamenti a

livello puntuale e, soprattutto, a causa della velocità molto elevata delle acque, accentuati fenomeni

erosivi sul fondo e lungo le sponde.

Gli elementi morfologici e paesaggistici salienti della zona interessata dall’impianto sono in sintesi

i seguenti:

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• I versanti caratterizzati da un’acclività elevata, interamente boscati e con locali

affioramenti rocciosi in forma di torrioni di estensione contenuta;

• l’asta fluviale del Torrente Vermenagna delimitata da scarpate ripide, occupate da

vegetazione arborea con lembi di radure impostate sulle fasce pianeggianti;

• l’alveo nel tratto in oggetto presenta un profilo longitudinale sostanzialmente costante con

una pendenza medie di poco inferiore al 3%;

• la piana alluvionale del torrente Vermenagna, nel tratto in oggetto, estesa

prevalentemente in sinistra idrografica, non è occupata da borgate ed è esclusivamente

utilizzata a scopi agricoli ed in parte incolta; questa superficie si raccorda in modo brusco

con i versanti della valle principale.

Per un inquadramento geologico generale l’area del bacino del torrente Vermenagna ricade

all’interno del Foglio 91 BOVES, della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000.

Il settore appartiene del punto di vista geologico, alle Alpi Liguri, le quali sono costituite da

numerose unità tettoniche giustapposte e trasportate verso all’esterno dell’arco alpino ed infine

coinvolte nelle deformazioni di età e direzione appenninica. In esse sono presenti complessi rocciosi

derivati dal continente paleoeuropeo, dal suo margine e dall’oceano piemontese ligure.

In particolare, la Valle Vermenagna, è impostata in litotipi appartenenti alla zona Brianzonese,

una delle principali untià tettonico-stratigrafiche dell’arco alpino occidentale, costituita da un

basamentopaleozoico di gneiss, migmatiti e anfiboliti, su cui sono trasgressive due sequenze

carbonifere, da conglomeratiche a pelitco-arenacee (formazioni di Ollano e Murialdo), seguite da

successioni vulcano-clastiche di età permiana (tra cui le formazioni Porfiroidi del Melogno e degli

Scisti di Gorra); completano la sequenza le serie sedimentarie di piattaforma carbonatica, più o meno

lacunose, tipiche del dominio brianzonese.

Il bacino del Torrente Vermenagna, nel settore interessato dall’opera di progetto, è

esclusivamente impostato nei seguenti litotipi:

- Calcari grigiastri dolomitici compatti e sbrecciati, con Diplopora, Encr. Liliiformis, Retzia

trigonella, ecc.

- Quarziti bianche e verdicce, scisti quarzitici, scisti sericitici rossi e verdastri, anageniti.

Per quanto riguarda l’aspetto tettonico si può affermare che, in generale, tutte le unità sopra

descritte sono caratterizzate da una complessa storia deformativi che ha piegato più volte la serie

stratigrafica, determinando la ripetizione ed il rovesciamento dei termini, oltre che consistenti

variazioni dell’originaria potenza delle sequenze sedimentarie. I contatti tra le unità sono sovente di

tipo tettonico, sottolineati dalla presenza di fasce di cataclasiti di varia potenza; in particolare, il

contatto tra il basamento cristallino pretriassico e la serie sedimentaria quarzitico carbonatica è

individuato da una superficie di sovrascorrimento caratterizzata dalla presenza di cataclasiti e dalla

mancanza di diversi termini stratigrafici.

Alle fasi duttili si è sovrimposta una tettonica fragile responsabile di sistemi di faglie e fratture

lungo le quali si è impostata, almeno in parte, la serie idrografica principale. Nella fattispecie i contatti

tettonici sono fortemente inclinati e immergendo prevalentemente verso sud definiscono un assetto

giaciturale a reggipoggio rispetto al versante.

Al di sopra del substrato roccioso sono presenti le coperture pluvio-colluviali quaternarie,

comprendenti la coltre di alterazione e disgregazione in posto della roccia affiorante costituita da

ghiaie, ciottoli e blocchi immersi in matrice da sabbiosa ad argillosa, con potenza compresa da pochi

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decimetri e 1-2 metri, nonché accumuli gravitativi (detrito di falda) più o meno grossolani situati alla

base delle pareti rocciose.

In corrispondenza dei corsi d’acqua minori sono localmente presenti depositi alluvionali

essenzialmente di tipo torrentizio, che si rinvengono lungo le aste dove la pendenza dell’alveo è tale

da consentirne l’accumulo. Sono costituiti da ciottoli e blocchi eterometrici con scarsa o assente

matrice ghiaioso-sabbiosa, localmente più abbondante ove l’energia del corso d’acqua diminuisce in

seguito ad un’attenuazione della pendenza. Localmente si hanno depositi misti detritico-alluvionali, in

cui originari apporti detritici (frane, crolli, detrito di falda) sono parzialmente rielaborati da fenomeni di

trasporto fluviale/torrentizio. Sono costituiti da elementi eterometrici sub-arrotondati o angolosi, la cui

taglia riflette quella degli accumuli detritici da cui si originano, immersi in una matrice prevalentemente

ghiaiosa; rispetto ai depositi torrentizi s.s. hanno un minor coefficiente di arrotondamento dei blocchi.

4. Vegetazione

Di seguito si riporta l’inquadramento vegetazionale relativo all'area di intervento, redatto sulla

base dall’analisi della bibliografia esistente, della documentazione aereo fotogrammetrica, dai Piani

Territoriali Forestali, nonché da quanto emerso nel corso dei sopralluoghi in campo.

Vegetazione potenziale

Di seguito si riporta l’inquadramento vegetazionale, faunistico ed ecosistemico relativo all'area di

intervento, redatto sulla base dall’analisi della bibliografia esistente, della documentazione aereo

fotogrammetrica, dai Piani Territoriali Forestali, nonché da quanto emerso nel corso dei sopralluoghi in

campo.

Vegetazione potenziale

Secondo la carta forestale del Piemonte, redatta sulla base di quella elaborata da Tomaselli

(Note illustrative della carta della Vegetazione Potenziale d’Italia. Coll. Verde, 27 - Ministero

Agricoltura e Foreste, 1970) e modificata ed aggiornata da Mondino (Regione Piemonte ed I.P.L.A.

S.p.A., I boschi e la carta forestale del Piemonte, 1981), la zona in esame ricade nel climax Faggio

(Fagus sylvatica).

Vegetazione reale

La descrizione della vegetazione effettivamente presente presso il sito di intervento deriva dalle

osservazioni compiute in loco nel corso dei sopralluoghi, dall'analisi delle immagini aeree e dallo

studio del Piano Territoriale Forestale Area Forestale n. 11 – Valli Gesso, Vermenagna e Pesio.

Di seguito si propone una descrizione della vegetazione reale rilevata presso l’area in esame

relativamente alle principali formazioni forestali individuate presso la medesima.

Si tratta di un’area montana con copertura arborea, estesa a poco meno del 50% della superficie,

costituita in prevalenza da latifoglie, in particolare da ceduo di faggio. La gestione forestale è

improntata all'utilizzo del ceduo. La pressione antropica è notevole per la presenza di aree estrattive,

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industriali e urbane di estese dimensioni. Il razionale utilizzo delle risorse silvo-pastorali (tra cui la

castanicoltura) e paesaggistiche possono incrementare lo sviluppo economico.

Le Faggete occupano una superficie di 14.108 ha, corrispondenti a circa la metà dell’intera

superficie forestale; si trovano prevalentemente in Valle Gesso (6.705 ha), nell’alta Valle Vermenagna

(4.783 ha) e caratterizzano la parte mediana della Valle Pesio (2.620 ha).

Le Faggete occupano prevalentemente l’ambito montano, e in particolare la catena alpina,

collocandosi nei distretti più esterni dove possono raggiungere il limite altitudinale della vegetazione

arborea come avviene nelle zone appenniniche. In tali ambiti le precipitazioni risultano più abbondanti

e le temperature mitigate per la risalita di aria più calda e umida dalla pianura, con minore rischio di

gelate tardive e precoci. Il faggio è una specie mesofila a temperamento suboceanico favorita appunto

da ambienti piuttosto livellati in termini di temperature e di precipitazioni; il suo optimum è

rappresentato da stazioni con inverni anche freddi, ma non gelidi e con primavere piovose e nebbiose,

senza gelate. Caratterizzano principalmente il versante orografico sinistro della valle, nel cui

fondovalle si sviluppa (in area a prato-pascolo), l’impianto in progetto.

Il versante orografico destro, invece, è caratterizzato dalla presenza di faggete, di castagneti e di

acero tiglio frassineti. I Castagneti sono la Categoria forestale con la maggiore estensione in

Piemonte. Tale diffusione, spesso in purezza, di una specie pur indigena è soprattutto opera

dell’uomo che fin dall’antichità ha progressivamente sostituito le formazioni boschive originarie, in

particolare Querceti di rovere e, alle quote superiori, faggio, con il castagno. In particolare sono

Castagneti mesoneutrofili a Salvia glutinosa delle Alpi (CA20X), ossia popolamenti di castagno, puri o

in mescolanza con altre latifoglie subordinate o più raramente con conifere. Cedui, fustaie sopra

ceduo, spesso a struttura irregolare originatisi per l'abbandono della coltura da frutto, presenti in

diversi ambiti stazionali. Cenosi tendenzialmente mesofile, da mesoneutrofile a debolmente acidofile o

Castagneti acidofili a Teucrium scorodonia delle Alpi, ossia popolamenti di castagno, puri o in

mescolanza con rovere, betulla e faggio, più raramente conifere.

Gli acero tiglio frassineti, invece, una delle categorie con la superficie più estesa a livello

regionale. Le specie principali costituenti il soprassuolo sono il frassino maggiore, gli aceri di monte e

riccio, tigli e castagno. Sono presenti Acero-tiglio-frassineti di forra e acero-tiglio-frassineti di

invasione.

Si tratta in prevalenza di formazioni secondarie, sviluppatesi in ambito montano in seguito

all’abbandono di prati e coltivi dei fondivalle e dei versanti più freschi, caratterizzati da una maggiore

fertilità stazionale; la facilità di disseminazione e la rapidità di accrescimento hanno contribuito alla

diffusione di queste formazioni, talora in nuclei di limitata estensione, determinata dal regime

patrimoniale e dalla conseguente frammentazione particellare. Il ruolo di specie pioniere svolto dal

frassino maggiore e dall’acero di monte viene sottolineato dalla rapida evoluzione che spesso i

popolamenti d’invasione subiscono, in particolare dove più favorevoli risultano le condizioni stazionali;

in tali ambiti alle specie principali costituenti il soprassuolo ne subentrano altre che costituiranno le

cenosi definitive in equilibrio con i fattori ambientali locali. Condizione più marginale è assunta dagli

Acero-tiglio-frassineti di forra che si sviluppano su greti, impluvi incassati e versanti ombrosi con suoli

poco profondi o a tasche; si tratta di popolamenti di tipo primario, soggetti a periodici ringiovanimenti,

la cui dinamica evolutiva risulta più lenta o del tutto bloccata.

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Vegetazione nell’area di intervento

La vegetazione dell’area di intervento, come si può notare dalle immagini aeree e da differenti

viste della Documentazione fotografica allegata, è costituita da aree vegetate di limitata estensione.

In destra idrografica tra l’opera di presa e l’opera di restituzione, si individuano fasce boscate di

limitata estensione alternate a piccole superfici prative. Le parti forestale sono costitute da poche

matricine e diverse ceppaie di: frassino maggiore, acero di monte, robinie, pioppi neri, noccioli,

sambuchi e rovi, mentre in prossimità del corso d’acqua le ceppaie di salici rappresentano le essenze

più dissuse.

Sulla sponda sinistra dove insisteranno le strutture dell’impianto si possono distinguere diverse

situazioni.

Aree prossime alla traversa, all’opera di presa e al bacino di carico:

Traversa: lungo le superfici spondali sono presenti diverse ceppaie di salice, frassino maggiore

ed alcune matricine di noce nostrano.

Sedimentatore e bacino di carico: queste strutture insisteranno su un’area prativa polifita (dove

sono state individuate a scopo indicativo Achillea millefolium, Alchemilla vulgaris, Bellis perennis,

Dactylis glomerata, Daucus carota, Erigeron annus, Festuca rubra, Festuca sp, Heracleum

sphondilium, Lolium perenne, Petasites hybridus, Pimpinella major, Plantago lanceolata, Plantago

media, Polygonum bistorta, Prunella vulgaris, Ranunculus montanus, Rumex acetosa, Sedum album,

Taraxacum officinale, Trifolium pratense, Trollius europaeus)

Primo tratto della condotta forzata: attraverserà anche in questo caso l’area prativa ed una

piccola porzione con ceppaie di salice, frassino maggiore e noci.

E’ da segnalare che a monte dell’area prativa è presente un rimboschimento di limitata

estensione di abete rosso.

Aree prossime alla Condotta forzata

Lungo il percorso della condotta forzata, che insisterà quasi completamente sulla strada sterrata,

si rilevano verso le superfici prative, filari di con alberi di piccole dimensioni di acero di monte,

frassino, robinie intercalati con specie arbustive (Sanguinello, Fusaggine, biancospino). In sinistra

idrografica è invece presente il versante boscato con faggio.

In questo caso è da segnalare che lungo il percorso è presente la collina di detriti su cui si

rilevano alcuni esemplari di larice e betulle.

Aree prossime alla centrale idroelettrica

L’edificio della centrale verrà localizzato ai margini della scarpata della strada sterrata. Questa

scarpata è caratterizzata dalla presenza di diversi faggi con dimensioni variabili tra i 20 ed i 40 cm di

diametro e dalla presenza di alcuni noccioli, sambuchi e frassini.

Il canale di restituzione attraverserà una superficie prativa con le stesse caratteristiche definite in

precedenza.

Da segnalare che allo sbocco del canale nel Torrente Vermenagna sono presenti alcune ceppaie

di salici e olmi montani attualmente tagliate in quanto sottostanti alla linea elettrica.

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5. Paesaggio

Il sito di intervento ricade nel settore centrale della Valle Vermenagna; in questo contesto, il

paesaggio risulta caratterizzato dalla presenza del fondovalle piuttosto stretto dell’omonimo torrente e

da versanti acclivi presenti in sinistra idrografica e da versanti moderatamente acclivi in destra

idrografica.

La ridotta superficie pianeggiante di fondovalle tra l’abitato di Vernante ed il confine comunale

con Limone Piemonte è destinata ad un utilizzo a prati permanenti. Malgrado una regressione

importante e costante negli anni restano attive alcune aziende di allevamento bovino che utilizzano i

foraggi prodotti in loco. Da segnalare in questo fondovalle, proprio nell’area di realizzazione

dell’impianto la presenza di una collina completamente artificiale formata da una accumulo di inerti

prodotti dall’escavazione delle gallerie della linea ferroviaria e la presenza della linea elettrica.

Il versante in sinistra idrografica è caratterizzato da aspetti di notevole naturalità. L’esposizione

nord e le pendenze decisamente acclivi hanno determinato nei secoli l’utilizzo esclusivo a bosco

ceduo di faggio. Osservando il versante da Tetto Marinè si distingue una copertura forestale

decisamente più marcata nella parte medio bassa del versante, mentre verso la parte alta sono

evidenti le pareti rocciose prive di vegetazione formate da calcari grigiastri dolomitici.

Il versante in destra idrografica presenta caratteristiche diverse dovute a pendenze meno acclivi per l’evidente influenza dell’azione glaciale sulle morfologie con frequenti cambi di pendenza ed

all’esposizione sud. In questo caso si individuano alcune borgate (Tetto Marinè, Tetto Salet), che con

le attività agricole hanno determinato una variazione del paesaggio sottraendo superfici ad un area

che sarebbe totalmente dominio delle faggete.

Su questo versante infatti, si individua una mosaicatura di prati permanenti asciutti destinati alla

produzione di foraggio con aree boscate spesso destinate alla coltivazione del castagno.

Sempre su questo versante sono presenti importanti vie di comunicazione: la strada statale 20

del Colle di Tenda e dalla ferrovia Cuneo-Nizza.

Infatti storicamente la Valle Vermenagna nei secoli è stata terra di transito verso il mare e la

Francia, questa antica vocazione oggi con la S.S. 20 e la linea ferroviaria connotano l'area come

importante collegamento internazionale. Si rammenta, che nel 1883, per il traffico delle diligenze

postali fu scavato il traforo stradale sotto il colle di Tenda, tra le valli Vermenagna e Roya, lungo 3,3

km, uno dei primi delle Alpi.

La Valle Vermenagna (Comuni di Roccavione, Robilante, Vernante, Limone Piemonte): è una

zona caratterizzata da una forte economia turistica bistagionale nella parte alta della Valle ed una

spiccata connotazione artigianale ed industriale nella parte bassa. Nel settore produttivo, in

particolare, è rilevante la presenza di imprese operanti nella lavorazione dei minerali. Oggi la valle

Vermenagna vede in Limone Piemonte il centro turistico più importante delle Alpi sud-occidentali,

sorto come stazione sciistica fin dal 1907.

Vernante integra l'offerta dell'area con gli itinerari tracciati nel Parco delle Alpi Marittime (borgata

di Palanfré e Vallon Grande) ed i murales dedicati a Pinocchio. Una caratteristica architettonica delle

antiche borgate fra Robilante e Vernante sono i tetti in paglia di segale con le capriate a puntoni

ricurvi, presenti in una concentrazione che gli studiosi considerano la più alta delle Alpi occidentali.

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Da Vernante si diparte una diramazione laterale (Valle Grande), che risale in direzione circa SO

fino alla frazione Palanfrè, ai piedi del monte Colombo dove si giunge alla Riserva Naturale Bosco e

Laghi di Palanfrè. Si tratta di una bellissima faggeta giunta fino a noi praticamente intatta e con

esemplari di oltre 300 anni di età, la faggeta è stata tutelata fin dal 1979 dalla Regione Piemonte sotto

forma di Riserva Naturale. Nel 1995 è stata accorpata con l'allora Parco Naturale dell'Argentera e

dall'unione ha preso forma il Parco Naturale delle Alpi Marittime. Il bosco bandito ha un'estensione di

oltre 20 ettari.

Con riferimento alla Carta dei paesaggi agrari e forestali del Piemonte redatta dall’I.P.L.A.

(Settore Suolo e Settore Cartografia Informatica, 1992; aggiornamento del 1997), il cui estratto è

riportato nella Figura seguente , l’area oggetto di intervento si colloca nell’Unità di Paesaggio OII, di

cui si riporta di seguito la scheda illustrativa.

Carta dei Paesaggi Agrari e Forestali del Piemonte

Legenda

O Sistema di paesaggio: Rilievi montuosi e Valli Alpine (Latifoglie)

Area di intervento Limiti amministrativi

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Sistema di Paesaggio: O – Rilievi Montuosi e Valli Alpine (Latifoglie)

INTERPRETAZIONE TERRITORIALE E AMBIENTALE

Pendici montuose, su esposizioni ed acclività varie, dominate dalla presenza di boschi di

latifoglie, puri o misti, spogli d'inverno. La conformazione morfologica regionale del rilievo alpino

occidentale, nei confronti della parte corrispondente d'oltralpe (ma l'osservazione vale anche per i

“Rilievi interni delle valli settentrionali"), evidenzia l'estrema esiguità della montuosità piemontese, per

la breve distanza che corre tra lo spartiacque del confine amministrativo e la nostra pianura.

Questa diversità è così accentuata che finisce per assumere per certi settori l'importanza di una

semplice frangia: un contrafforte dell'edificio alpino occidentale, molto più espanso in territorio

francese. Conseguentemente, considerate le altimetrie di confine rispetto alla pianura piemontese,

l'erosione ha conformato versanti assai ripidi e valli profondamente incise. Il Sistema evidenzia bene

questi aspetti, resi ancor più manifesti dalla presenza di dure litologie che i torrenti diretti al piano, a

metà del loro percorso hanno potuto superare solo incidendo varchi tortuosi e precipiti (Valli Cuneesi).

Forti valenze estetiche interessano la varia distribuzione delle specie forestali di latifoglie, che si

manifesta stagionalmente con piena appariscenza in autunno per l'effetto cangiante dei fogliami delle

singole essenze. Boscosità esuberante, tutta piemontese, che il versante francese non possiede, per

la ridotta umidità atmosferica. Questo regno delle latifoglie occupa estesamente l'orizzonte montano,

quasi sempre sottoposto territorialmente alla fascia submontana prospiciente la pianura.

Sui versanti, ai boschi si alternano pascoli, prati e coltivi, in parte abbandonati, ricavati in un

lungo scorrere di secoli a spese dalla copertura forestale preesistente. Presenza marginale di conifere

sui pendii più erti e rupestri ancora nella fascia climatica tipica delle latifoglie.

Abitati di pietra con coperture in "lose" sovente posti su bassure, ma anche diffusamente sparsi in

aree climaticamente privilegiate. Dei Sistemi di Paesaggio che caratterizzano l'arco alpino, questa

parte di territorio montuoso ha conosciuto nei secoli il più capillare e intensivo sfruttamento,

nonostante che i caratteri fisici del rilievo, per notevole acclività, non offrissero grandi opportunità

all'insediamento antropico.

Ciò che ha comunque determinato un richiamo economico, con presenze insediative rurali anche

in queste terre, va ricercato negli aspetti climatici della bassa montagna, non così sfavorevoli ai

seminativi, specie se confrontati con le condizioni insalubri della pianura di allora, interessata da una

diffusa presenza di acquitrini; una pianura per di più ancora afflitta da piene fluviali violente, anche

disastrose.

A partire dalla caduta dell'Impero romano e ai secoli che sono seguiti, con la perdita del sapere,

come è stato per il frumento il cui seme divenne irreperibile, l'uomo non potendo più contare su questa

importante risorsa, si rivolge alla montagna, ancora solo marginalmente abitata, dove può contare

sulla pastorizia e i suoi latticini, sostentamento fondamentale dopo la scomparsa dei seminativi di

pianura. Intorno all'ottocento del primo millennio, si mette dunque mano al dissodamento dei suoli

forestali.

Arrampicandosi su pendii spesso disagevoli, in cerca di un qualche reddito, modificando

profondamente i singoli versanti, deviando i ruscelli, sfruttando ogni pendenza ed esposizione

favorevole, con la parziale eliminazione delle selve l'uomo ricava coltivi e prati pascoli; dei boschi

rimasti si favoriscono specie forestali a danno di altre; si impiantano frutteti (castagneti) dove era

prevalente il querceto misto; per irrigarli, si derivano acque dai torrenti; si aprono sentieri e mulattiere

fin nei più nascosti recessi. Mutano considerevolmente le fisionomie originarie. Alla fine del primo

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millennio in montagna, la presenza di una società organizzata è gia rilevante; si consoliderà per

secoli.

La contiguità con i fondivalle e la vicina pianura, favoriscono la capillare penetrazione antropica,

in valli e vallecole. I segni dell' agricoltura protratta per secoli permangono ovunque; le pendici ne

conservano ancora per gran parte memoria. Per una sorta di contrappasso, da un cinquantennio,

l'uomo sta abbandonando al suo destino, questo settore montuoso; per gran parte l'esodo è già

avvenuto. Neppure si è tentato un riuso collettivo di queste terre: la frammentatissima proprietà privata

non sembra consentirlo. Nelle mutate condizioni socio-economiche, di queste terre non si sa più che

farne.

Con l'abbandono dell'uomo, la natura si riprende ciò che le era stato tolto; il reinselvatichimento

dei luoghi avanza e, mentre i vecchi coltivi vanno coprendosi di arbusti, le specie forestali pioniere

invadono velocemente prati-pascoli in abbandono. Rimangono frazioni, casolari in rovina, luoghi di

culto; resti di immani fatiche che ormai solo le pietre sanno.

Gli effetti attuali, dai contorni ancora imprecisi, solo in parte lasciano intravedere il futuro

paesaggio che ne conseguirà; in questo divenire, al di là di un necessario recupero culturale e in

assenza di azioni di governo, occorre valutare quale capacità autonoma e in quali tempi il bosco misto

di latifoglie potrà ricomporsi senza sottostare per chi sa quanto tempo ad una avvinghiante e

soffocante boscaglia, priva di valore, estetico ed economico.

SOTTOSISTEMA OII-Rilievi interni delle valli occidentali

CARATTERI COSTITUTIVI DEL SOTTOSISTEMA DI PAESAGGIO

Forme, profili e percorsi: versanti a profilo ondulato, crinali arrotondati, valli a V aperta

Fascia altimetrica: 600-1800 m s.l.m.

Dislivelli: fino a 1200 metri

Pendenze: 30%-80%

Aspetti climatici particolari:

Orientamento colturale agrario: foraggero prativo

Copertura forestale:

Variazioni cromatiche stagionali: marcate

Grado di antropizzazione storica: elevato

Grado di antropizzazione in atto: basso

Periodi di forte antropizzazione: dal X al XVIII secolo

Densità insediativa: 40-89

Distribuzione insediativa: centri minori

Dinamica del paesaggio: parziale cambiamento degli ordinamenti colturali

Effetti della dinamica del paesaggio: ampliamento dei corridoi ecologici

INTERPRETAZIONE DEL SOTTOSISTEMA DI PAESAGGIO

Solchi vallivi ad orientamento Est-Ovest che a ventaglio scendono alla pianura. Forte è la

dissimetria vegetazionale dei versanti costituita da una fitta estensione boschiva e cedui di latifoglie a

mezzanotte, da predominanti estensioni coltivate ed insediamenti in pietra a mezzogiorno. Fondivalle

generalmente poco estesi, a prato stabile che ha quasi ovunque soppiantato il coltivo.

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Sovraunità: OII 1

Pendici montuose erte, a faggete cedue (vedi foto 10, 12, 13, 14 allegate), in genere ancora

utilizzate; alternate localmente con aree prative non piu` sfalciate. Secondariamente castagno a

minore altitudine, dove le condizioni climatiche lo permettono.

6. Descrizione dell’intervento in progetto

Vengono di seguito delineati gli aspetti di maggiore rilievo del progetto dell’impianto idroelettrico

oggetto del presente studio: un quadro di maggiore dettaglio si potrà trarre dagli elaborati progettuali

allegati.

La ditta SAN PIO ENERGIA SRL, con sede in Via del Colle di Nava 5 a Magliano Alpi , con la

presente propone il progetto relativo alla costruzione di un nuovo impianto idroelettrico sul

Torrente Vermenagna in Comune di Vernante.

Il tratto di Torrente Vermenagna interessato dall’impianto si estende per una lunghezza di circa 850 m,

da località Tetto Marine, ove è ubicata l’opera di presa, fino a località Tetto Romanin, a fronte della

quale è previsto l’edificio della centrale idroelettrica.

L’impianto in progetto

• garantisce il rilascio del deflusso minimo vitale in qualsiasi condizione di esercizio

• non prevede capacità di invaso, risulta quindi un impianto ad acqua fluente che valorizza un

salto nominale con portata media è pari a 26,85 m, con portate comprese tra comprese tra un

minimo di 500 l/s e un massimo di 5000 l/s , mentre la portata media si attesta su 1285 l/s.

• ha una potenza massima nominale di 1280 kW e media di 339 kW, le due turbine Kaplan

installate, con una potenza totale installata pari a 1020 kW consentono una produzione media

annua di 2,3 GWh.

L’impianto è costruttivamente costituito da:

• una traversa con sbarramento mobile gonfiabile, dotata di passaggio artificiale per ittiofauna e

dispositivi di misura e di rilascio del DMV.

• Una opera di derivazione in sponda sinistra orografica con canale di adduzione, dissabbiatore

e bacino di carico interrati e un piccolo locale sgrigliatore con caratteristiche tipologiche tipiche

locali.

• Una condotta di adduzione in acciaio diametro 1600 mm completamente interrata e dello

sviluppo di circa 810 m, quasi completamente posata sotto la sede della strada sterrata

esistente.

• Un edificio che ospita le opere elettromeccaniche e di gestione dell’impianto, realizzato con

caratteristiche tipologiche tipiche locali

• Un canale di restituzione completamente interrato dello sviluppo di circa 42 m.

Si descrivono di seguito gli elementi principali del progetto che hanno maggiore rilevanza

paesaggistica.

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Opera di captazione

L’opera di captazione è prevista al limite di un pianoro praticamente incolto. Si prevede la formazione

di uno sbarramento mobile, abbattibile in condizioni di piena e dotato di scala di monta per ittiofauna,

una opera di presa con dispositivi di rilascio del Deflusso Minimo Vitale e una vasca interrata che

ottempera alle funzioni di sedimentazione e di bacino di carico per la condotta forzata interrata.

Sbarramento

Lo sbarramento in progetto poggia su di un basamento in cemento armato fissato tramite chiodature

al fondo in roccia dell’alveo. La parte emergente dello sbarramento è realizzata tramite l’utilizzo di un

gommone in materiale elastomerico completamente abbattibile in condizioni di piena.

La struttura della traversa è larga 16,45 m, mentre il gonfiabile ha dimensioni pari a 12,65 m alla base

e 15,65 m in sommità. La struttura trapezoidale risulta necessaria al fine del corretto ancoraggio dello

sbarramento al basamento in cemento armato.

Immediatamente a valle dello sbarramento di prevede la realizzazione di una platea dell’estensione di

6,50 m per una larghezza media di circa 15,20 m. La platea è costituita da massi intasati in c.a. Al

termine della platea di realizza un gradino di 30 cm in modo da consentire la dissipazione dell’energia

cinetica del flusso d’acqua al fine di limitare al massimo eventuali fenomeni di erosione.

Per evitare fenomeni di erosione delle sponde si prevede la formazione di alcuni brevi tratti di

scogliera in corrispondenza dello sbarramento.

La traversa è dotata di una scala di rimonta per ittiofauna, viene realizzata una gaveta di imbocco in

sinistra orografica, prima del dispositivo paratronchi dell’opera di presa. La gaveta ha dimensioni di

150 cm di larghezza per 50 cm di profondità rispetto al livello dell’acqua a monte. Il fondo della gaveta

è posto a quota 835,50 m s.l.m.

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Sezione della traversa sul Torrente Vermenagna

Opera di presa e adduzione

L’opera di presa è costituita da una vasca che ha funzione di imbocco per il canale di adduzione, essa

è protetta da un dispositivo paratronchi con struttura metallica e, appena a monte dell’imbocco da uno

stramazzo di presa.

Il dispositivo paratronchi si estende planimetricamente per tutto lo sviluppo del manufatto, per una

lunghezza complessiva di 680 cm, la parte superiore si eleva rispetto al piano di campagna di 100 cm

assolvendo alla funzione di costituire un parapetto per l’eventuale operatore e un migliore accesso ai

singoli elementi del paratronchi che, in caso di danneggiamento possono essere così facilmente

sostituiti.

A tergo del dispositivo paratronchi, in direzione parallela allo stesso, si sviluppa un canale della

larghezza di 150 cm, il canale passa sotto al primo tratto della scala di monta per ittiofauna e termina

con una chiusa metallica dotata di luci per il rilascio del DMV.

Lo stramazzo di presa è costituito da uno stramazzo in c.a. a parete spessa, dello sviluppo di 500 cm

e con coronamento a quota 835,00 m s.l.m.

La vasca di presa è separata dal canale di adduzione tramite una paratoia piana che assolve alla

funzione di attivare-disattivare la derivazione.

Il canale di adduzione con sezione scatolare in c.a. ha larghezza pari a 200 cm, altezza di 272 cm e

lunghezza pari a 16 m. Il canale presenta una apertura superiore a circa 2/3 dello sviluppo al fine di

consentire la misura ed il controllo della portata derivata. Nella medesima sezione sono installati un

idrometro ad ultrasuoni ed un correntometro a corde foniche.

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Sezione dell’opera di presa

Bacini di sedimentazione e carico

Al termine del canale di adduzione si sviluppa una vasca interrata delle dimensioni planimetriche

complessiva di 21,60 m per 8,20 m di larghezza.

La portata addotta confluisce nella vasca di sedimentazione, della dimensione di 14,00 x 5,00 m, la

vasca è dotata di uno sfioratore laterale della lunghezza di 11,50 m e posto ad una quota di 836,00 m

s.l.m. e di una paratoia dissabbiatrice collegata al vano di sfioro laterale, e da questa allo scarico delle

vasche, costituito da un tubo in cemento del diametro di 150 cm, con partenza a quota 833,27 m s.l.m.

e restituzione nel T. Vermenagna a quota 833,12 m s.l.m.

Il canale dissabbiatore è separato dal bacino di carico da un setto in cemento armato posto a quota

834,27 m s.l.m. e sormontato da una griglia metallica.

La griglia metallica è dotata di un meccanismo sgrigliatore automatico inserito all’interno di un casotto,

che di fatto costituisce l’unico elemento dell’opera di presa emergente rispetto al piano campagna.

Il casotto ha dimensioni planimetriche di 9,50 x 8,00 m, il tetto a due falde ha altezza di gronda a 3,65

m e di colmo a 5,60 m. Le pareti sono rivestite in pietra locale, l’orditura del tetto è in legname, mentre

la copertura è in lose. L’accesso al casotto è garantito da un portone di accesso in legname.

La vasca di carico ha il fondo a 830,60 m s.l.m. con dimensioni planimetriche di 6,00 x 5,00 m.

La condotta forzata in progetto, che ha origine dalla vasca di carico ha quota di fondo scorrevole pari

a 831,00 m s.l.m.

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Sezione del bacino di carico

Condotta forzata

La condotta forzata è prevista in tubi in acciaio del diametro di 1600 mm completamente interrati. La

lunghezza complessiva della condotta è pari a circa 810 m.

La condotta si sviluppa dal bacino di carico per circa 70 m su di un tratto di terreno naturale, i

successivi 675 metri di condotta sono posati al di sotto della strada sterrata esistente, infine, a seguito

della collina artificiale il tracciato torna su di un tratto di terreno naturale lungo circa 65 m.

Centrale idroelettrica

L’edificio di produzione è situato a monte dell’abitato di Vernante, a circa 700 m dal limite del

concentrico, posizionato sulla sponda sinistra del Torrente Vermenagna. La zona scelta si presenta

come un’area pianeggiante di origine alluvionale a margine del torrente, alla base delle montagne che

delimitano la vallata.

Esternamente il fabbricato della centrale idroelettrica si presenta come un edificio costituito da due

blocchi sormontati da tetto a capanna. Internamente il blocco principale è riconducibile alla zona di

produzione mentre il blocco secondario, nettamente più piccolo, ospita il locale riservato all’ENEL.

Le dimensioni esterne dei due blocchi sono rispettivamente di 12.25 x 9.30 per il corpo maggiore, 7.50

x 4.50 per il blocco minore.

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Pianta della copertura della centrale

L’edificio della centrale costituisce l’elemento più visibile dell’intero impianto, perciò la progettazione di

questo elemento deve tener conto dell’impatto visivo che genera nel contesto in cui viene posizionato.

Per garantire un inserimento adeguato del nuovo fabbricato si è scelta una tipologia costruttiva che

riprende l’edificato tipico del luogo, con un edificio composto da blocchi a pianta rettangolare e tetto a

capanna. Il richiamo maggiore per l’edificato del luogo è costituito dai materiali utilizzati: i muri sono

rivestiti in pietra locale, i tetti in lose. Per quanto riguarda le aperture, ad eccezione del lato verso il

versante di monte che è prevalentemente contro-terra, sono presenti tre finestre in legno e vetro, un

grande portone in legno, avente dimensioni di 3.50x4.15, che permette l’accesso di persone e mezzi

al locale dove sono installate le turbine. Il locale tecnico riservato ad ENEL presenta tre bocche di

aereazione grigliate, una porta che risponde ai requisiti richiesti per i locali tecnici, una apertura in

blocchetti di vetro-cemento.

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Prospetto laterale

La struttura portante del fabbricato è costituita da pareti in cemento armato continue lungo tutto il

perimetro dell’edificio, sia per le porzioni interrate che per gli elementi in elevazione fuori terra; al fine

di mascherare la struttura alla vista esterna tutte le pareti emergenti dal suolo sono rivestite in pietra

locale su tutti i prospetti. Le parti di muratura contro terra sono protette dall’umidità da un rivestimento

impermeabilizzante e da un drenaggio in pietrame (vespaio) con tubi drenanti per la raccolta

dell’acqua alla base.

La copertura è costituita da una struttura in legno con trave di colmo e travi laterali appoggiate ai muri

perimetrali in cemento armato. Su questi travi si poggia l’intero sistema di orditura principale e

secondario, il tutto realizzato in legno.

Canale di restituzione

L’acqua che azione le due turbine viene scaricata in due grandi vasche in cemento armato poste al di

sotto del locale di produzione ad una quota di 807.90 m s.l.s.. Da queste vasche l’acqua viene

convogliata verso l’esterno della centrale con un tratto di canale ad imbuto che unisce i due flussi di

scarico e li convoglia nel canale di restituzione che, partendo da quota 808.80 m s.l.m., riporta l’acqua

nel torrente Vermenagna. Questo canale è realizzato in cemento armato con dimensioni interne pari a

4.00x1.00 m e pendenza fissa constante pari a 5 ‰. Lo sbocco del canale nel torrente è protetto da

una scogliera in massi ciclopici che riprende la forma della sponda esistente.

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Sezione della centrale e del canale di scarico

Passaggio artificiale per l’ittiofauna

Il passaggio artificiale per l’ittiofauna è del tipo a bacini successivi comunicanti tra loro attraverso

fenditure verticali a tutta altezza. Il passaggio è alimentato con la portata di 0,150 m3/s, che assicura il

giusto compromesso tra attrattività da valle, velocità nei passaggi e dissipazione dell’energia nelle

vasche.

Ciascun bacino ha dimensione in pianta di 2,00 m x 1,20 m ed è profondo 0,65 m. Le fenditure,

anch’esse profonde 0,65 m, sono larghe 0,20 m e permettono il passaggio della portata di 0,150 m3/s

con un carico idraulico di 0,20 m, corrispondente al dislivello tra le vasche successive.

Il passaggio termina in una depressione ricavata nella platea a valle dello sbarramento, in cui

confluisce anche la restante portata di rilascio al fine di aumentare l’attrattività del dispositivo di risalita

per l’ittiofauna.

Da monte l’alimentazione è assicurata da uno stramazzo Bazin posto al termine di un breve canale

ricavato nella spalla sinistra della traversa fluviale in progetto. Il canale principia dal petto della

traversa con una sezione a cielo aperto larga 1,50 m e fondo a quota 835,50 m s.l.m.. All’interno della

spalla in cemento armato dello sbarramento forma una curva di 90° verso sinistra per indirizzarsi

verso la sponda, dove lo stramazzo finale alimenta la prima vasca del passaggio artificiale per

l’ittiofauna.

Lo stramazzo di alimentazione del passaggio per i pesci è largo 1,50 m come il canale e la soglia è a

quota 835,856 m s.l.m., pertanto è 0,144 m più profondo della quota idrometrica di progetto a monte

della traversa. Anche in questo caso il salto idraulico è limitato a 0,20 m per permettere la risalita dei

pesci ed allo stesso tempo assicurare che la vena idraulica di sfioro non sia rigurgitata.

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7. Impatto degli interventi in progetto

Solo recentemente si è riconosciuto il peso che la componente "paesaggio" riveste nella

definizione della identità di un territorio sia in termini naturalistici che in termini antropici, e dunque

solo da poco tempo si è incominciato a considerare il paesaggio tra le principali componenti

ambientali potenzialmente alterabili dalla realizzazione di un’opera. Ne consegue che a tuttora non si

dispone di metodologie definite che consentano una valutazione oggettiva della entità degli impatti sul

paesaggio né, di conseguenza, di parametri per la definizione delle corrispettive misure di mitigazione

e/o compensazione da attuare. Nel caso in esame si è optato per una valutazione qualitativa degli

impatti, che prevede l’individuazione delle principali interferenze derivanti dalla realizzazione e dal

funzionamento dell’opera e la successiva quantificazione delle stesse in base alla durata degli effetti e

all’entità della riduzione dell’attuale livello di qualità del sistema paesistico.

Durante l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera, le interferenze che potranno

interessare maggiormente il paesaggio saranno ascrivibili all’eliminazione della vegetazione nelle aree

di cantiere (si ricorda che gli abbattimenti di specie arboree saranno ridotti ad un numero esiguo di

esemplari), agli scavi in cui verranno collocati i manufatti ed ai cantieri necessari per la realizzazione

della traversa, nonché per la costruzione degli edifici dello sgrigliatore, della centrale e della cabina

Enel. Considerato quanto riportato circa le caratteristiche del paesaggio nonché le modalità di

realizzazione dell’opera in progetto, è possibile prevedere, per le suddette operazioni, un impatto

negativo sul paesaggio temporaneo, in quanto limitato al periodo di cantiere, parzialmente

reversibile (la chiusura del cantiere e l’attuazione degli interventi di mitigazione consentiranno il

ritorno ad una situazione non dissimile a quella originaria), e di ridotta entità: pur considerando

l’elevata qualità ambientale e paesaggistica del territorio circostante, il sito di intervento presenta un

sensibile livello di antropizzazione, che vede la presenza di centri abitati, infrastrutture (S.S. 20 e linea

ferroviaria), linee elettriche, difese spondali e una collina artificiale derivante dall’accumulo di materiale

di smarino.

In fase di funzionamento dell’opera, gli impatti principali saranno dovuti alla presenza di nuovi

elementi di origine antropica, quali: la traversa, l’imbocco dell’opera di presa, l’opera di restituzione e

gli edifici (sgrigliatore, centrale, cabina elettrica). Invece, sarà completamente non visibile la condotta,

in quanto completamente interrata. Considerato quanto sopra riportato nonché il ricorso, dove

possibile, a tipologie costruttive e a materiali coerenti con gli esempi locali, è possibile ipotizzare che

l’impatto negativo indotto all’opera sul paesaggio risulterà permanente e di entità ridotta.

Le trasformazioni a carico delle componenti naturali o seminaturali ovvero la riduzione delle

superfici interessate da cenosi arboreo-arbustive naturali, in corrispondenza delle aree che

ospiteranno l’impianto in progetto, risultano pressoché trascurabili: gli impatti in questione ancorché

permanenti, risulteranno tuttavia di entità estremamente contenuta in quanto essi riguarderanno

porzioni limitatissime di aree vegetate e allo stato attuale parzialmente alterate da interventi antropici

(costruzione di difese spondali, eliminazione della vegetazione legnosa nella fascia di rispetto della

linea elettrica).

La valutazione dell’impatto visivo dell’opera non può prescindere, dalla visibilità del sito. Questa

è stata determinata direttamente sul campo mediante rilievi visivi e fotografici. Da questi risulta che

l’estensione di territorio entro la quale l'intervento in progetto o parte di esso risulta direttamente

visibile, coincide con un intorno ristretto dell’area di intervento ed alcuni tratti delle infrastrutture

presenti nelle vicinanze. Principalmente è la presenza della vegetazione ripariale, solo parzialmente

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densa e continua a causa della presenza delle difese spondali, a limitare la visibilità del sito dalle zone

circostanti, (vedi foto 1,2, 9, 10, 11, 14 e 16 Documentazione fotografica allegata al presente

progetto).

La traversa di nuova costruzione risulterà direttamente visibile da una porzione di territorio

relativamente limitata; dalle valutazioni effettuate direttamente in campo è emerso come la morfologia

del terreno e la vegetazione ripariale contribuiscano a ridurne l’impatto visivo, riducendone la vista a

chi transita sulla strada statale 20.

La giacitura di fondovalle fa sì che l’area di intervento risulti parzialmente visibile solo dai tratti di

versante destro e sinistro della valle in corrispondenza del tratto sotteso; tali versanti risultano quasi

totalmente boscati e in gran parte disabitati. Dal concentrico di Vernante l’opera non risulta visibile (v.

Foto 21) mentre parti dell’opera o del cantiere risulteranno parzialmente percepibili dalle Borgate Tetto

Romanin, Tetto Salet e Tetto Marina.

Gli edifici dello sgrigliatore e della centrale di produzione già parzialmente schermati dalla

vegetazione ripariale presente lungo la sponda saranno ulteriormente mitigati mediante l’impianto di

nuova vegetazione.

Gli effetti negativi derivanti dalla riduzione del contorno bagnato nel tratto sotteso non saranno di

entità rilevante: tenendo conto dell’entità della portata rilasciata, l’aspetto dell’alveo sarà simile a

quello che attualmente assume nei periodi di magra.

In generale, dunque, considerate le caratteristiche e la qualità del paesaggio in esame

unitamente alla tipologia ed alle modalità costruttive dell’opera, l’impatto indotto dall’opera sul

paesaggio percepibile risulta variabile da temporaneo e di ridotta entità, in fase di realizzazione

dell’opera, a permanente e poco significativo, a costruzione ultimata e durante il funzionamento

della centrale.

E' evidente che gran parte dell'interferenza visiva è riconducibile alla fase di cantiere: gli scavi, la

realizzazione dei manufatti e congiuntamente la movimentazione di materiali e mezzi potranno

interessare, oltre il sito di intervento, le zone immediatamente prospicienti. Tuttavia detto disturbo sarà

limitato nel tempo; la chiusura degli scavi, il riposizionamento dei materiali di risulta e l'inerbimento

riporteranno in breve gran parte delle aree interessate ad una condizione non dissimile a quella

originaria.

8. Misure di mitigazione, compensazione e recupero

Per contenere al minimo l’interferenza sulla componente paesaggio dell’opera oggetto del

presente studio sono stati previsti una serie di accorgimenti e soluzioni progettuali:

• La scelta di un sito di intervento, come già evidenziato, non molto visibile dal territorio

circostante;

• la scelta di interrare completamente parte dei manufatti

• la scelta di realizzare gli edifici fuori terra utilizzando materiali (pietra e legno) e

tipologie costruttive che richiamino la tipologia degli edifici presenti nel territorio circostante;

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• tutte le superfici soggette ad intervento saranno ripristinate con il completo

inerbimento finalizzato al recupero delle caratteristiche naturali originarie dei luoghi;

• le difese spondali, peraltro molto limitate al rispetto delle necessità progettuali, sono

realizzate con massi e pietrame intasati in terra con messa a dimora di talee e specie arbustive

• gli edifici e parte dei manufatti in progetto saranno parzialmente mascherati dallo

sviluppo di vegetazione arborea ed arbustiva autoctona impianta nelle immediate vicinanze;

• il rilascio di una quota di portata (vena stramazzante) al di sopra dello sbarramento

gonfiabile attenuerà l’interferenza visiva del manufatto stesso.

Si descrivono di seguito nel dettaglio gli interventi di rivegetazione.

Una volta ultimati gli interventi edilizi e la posa di macchinari ed impianti, si procederà alla

rivegetazione di tutte le aree interessate, anche solo temporaneamente, dal cantiere (zone di

stoccaggio dei materiali, zone di manovra dei mezzi, ecc.) non destinate ad accogliere manufatti,

edifici o piste di accesso.

Le aree da recuperare saranno state interessate dal riporto di terreno agrario precedentemente

stoccato e dal successivo livellamento; nelle zone in terrapieno si procederà alle lavorazioni

superficiali di arieggiamento.

Tali superfici saranno quindi inerbite con un miscuglio erbaceo plurispecifico.

Obbiettivo principale dell'intervento di ripristino è la immediata creazione di una copertura

vegetale con caratteristiche simili alla fitocenosi presente in zona; il cotico erboso che si formerà

rappresenterà una valida protezione fisica del suolo (diminuzione della velocità delle acque di

ruscellamento, miglioramento della resistenza al taglio degli strati superficiali del terreno, incremento

dell’azione di drenaggio e pompaggio dell'acqua nel suolo) ed eserciterà una efficace azione di

contrasto alla diffusione di specie avventizie e/o infestanti, esotiche, provenienti dalle colture agrarie

circostanti.

L'intervento di inerbimento deve essere il più tempestivo possibile, sarà effettuato con il metodo

della semina a spaglio o con quello dell'idrosemina, utilizzando un miscuglio composto da sostanze

colloidali e agglomeranti, sostanze igroscopiche, materiale organico, fertilizzante e sementi.

Il concime utilizzato per l’idrosemina dovrà essere del tipo a lenta cessione con un alto titolo d

azoto per favorire la germinazione delle sementi.

E’ importante l’uniforme distribuzione della miscela inerbitrice sulla superficie interessata. I semi,

quindi, non vengono interrati ma rimangono in superficie, parzialmente protetti dalle sostanze solide

componenti la miscela.

Con questo sistema si tende a ridurre al minimo i tempi di lavorazione, concentrando le diverse

operazioni (fertilizzazione, concimazione, semina, irrigazione e protezione del terreno), in un unico

intervento, grazie al quale sia anche possibile ridurre al minimo le cure colturali.

Per ogni metro quadrato di superficie trattata oltre ad una adeguata quantità di acqua variabile a

seconda del tipo di idroseminatrice utilizzata, la miscela dovrà contenere le seguenti sostanze nella

quantità minima indicata:

- sostanze colloidali e agglomeranti 300 gr

- sostanze igroscopiche 250 gr

- materiale organico 400 gr

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- concime complesso azotato a lenta cessione 30 gr

- miscuglio di sementi 30 gr

Molto importante è la presenza delle sostanze agglomeranti che hanno la prerogativa di legare le

particelle terrose fini, opponendo una resistenza all'azione erosiva degli agenti meteorici sul terreno

nudo.

Esse devono poter penetrare nel terreno per alcuni centimetri e formare un reticolo in modo da

espletare l'azione antierosiva di protezione e di garantire, nel contempo, l'infiltrazione dell'acqua ed i

normali scambi gassosi tra radice ed atmosfera, necessari per lo sviluppo dei vegetali.

Gli agglomeranti devono essere biodegradabili e non lasciare traccia nel terreno dopo 6-12 mesi

dalla loro applicazione in modo da contribuire, con le loro proprietà, al trattenimento del terreno

superficiale nei primi mesi dopo la semina; la funzione antierosiva degli agglomeranti permette anche

di “incollare” il seme al terreno garantendo un buon attecchimento del seme.

Le sostanze igroscopiche tipo la cellulosa rivestono anch’esse una notevole importanza tecnico-

colturale in quanto trattengono l’acqua e garantiscono per lungo tempo il minimo apporto di acqua alle

piante.

Il miscuglio di sementi da utilizzare sarà composto in prevalenza da (90%) graminacee prative,

comunque con caratteristiche di buona rusticità e resistenza al calpestio nonché elevata capacità

colonizzante e in minore misura (10%) da leguminose anch'esse rustiche ed adatte a pascoli montani.

La porzione superiore delle scogliere in massi verrà rivegetata mediante l’infissione di talee di

salici arbustivi (Salix purpurea e S. eleagnos) secondo una densità di 2-4 talee/mq: tale intervento,

oltre che ad incrementare la stabilità dei manufatti, grazie al potere consolidante degli apparati

radicali, consentirà di mascherarli e di ammorbidirne le geometrie, diminuendone l’artificialità e

l’impatto visivo; a tale proposito si vedano gli schemi grafici allegati. L’elasticità e la flessibilità delle

ramificazioni, tipica di tali specie, fa sì che, qualora fossero raggiunte dall’acqua in caso di piene

eccezionali, le chiome non subiscano danni ingenti e non determinino ostacolo apprezzabile alla

corrente.

Pur essendo costruiti con materiali e finiture esterne compatibili con quelli delle costruzioni

presenti in zona, si ritiene opportuna la mitigazione del fabbricato della centrale e del locale che ospita

lo sgrigliatore: a tale scopo si procederà all’impianto di alcune macchie arboreo-arbustive miste,

composte da specie autoctone, tipiche degli ambiti di fondovalle alpini (Fraxinus excelsior, Acer

platanoides, Crataegus monogyna, Cornus sanguinea, Corylus avellana, Viburnum lantana) da in

prossimità dell’edificio. Verranno messe a dimora piante a pronto effetto in zolla CFR 10-12 cm per

quanto riguarda le specie arboree e piantine radicate in contenitore o fitocella, di altezza pari a 60-80

cm, per quanto riguarda le specie arbustive. Si interverrà secondo densità medie pari a 1 pianta ogni

10 mq per gli alberi e di 1 pianta/mq per gli arbusti, con rapporti simili tra le varie specie; le piantine

verranno protette dai danni potenzialmente arrecati dalla fauna mediante la posa di shelter in

materiale plastico; la competizione delle specie infestanti sarà contenuta mediante la stesura di un

telo pacciamante in fibra di cocco (fascia continua di larghezza pari a 1 m); per prevenire l’eccessiva

evaporazione dell’acqua dal terreno, oltre all’utile contributo del materiale pacciamante, si inseriranno

nelle buche di impianto piccoli quantitativi di resine idroritentrici in grado di assicurare il trattenimento

e la cessione controllata dell’acqua irrigua.

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Tali macchie, in considerazione della limitata estensione planimetrica e del contesto naturali

forme circostante, avranno, a fronte di una valenza ecologica trascurabile, una funzione

paesaggistica di rilievo: le piante a maturità saranno in grado di celare alla vista dalla sponda

opposta e dalla strada statale, gli edifici in progetto.

Ad integrazione di quanto descritto, a titolo di compensazione degli impatti residui, il

proponente eseguirà un intervento di integrazione e miglioramento a carico della formazione

boscata ripariale esistente presente nel tratto sotteso dall’impianto in progetto.

Verrà effettuato un diradamento selettivo finalizzato all’eliminazione degli esemplari morti o

malvenienti, a favorire le autoctone (salici, pioppi, ontani).

La continuità del popolamento verrà incrementata mediante l’infissione di talee di salice nella

porzione superiore delle scogliere in massi esistenti ed intasate in terra migliorata e mediante la

messa a dimora di piantine radicate di specie ripariali (salici, pioppi, olmi, frassini) in corrispondenza

del ciglio di sponda.