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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTA’ DI ARCHITETTURA Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura_L17 prof. arch. Caterina Giannattasio Corso di Teoria e Storia del Restauro L’apparato legislativo in materia di monumenti e paesaggio

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTA’ DI ARCHITETTURA

Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura_L17

prof. arch. Caterina Giannattasio

Corso di Teoria e Storia del Restauro L’apparato legislativo in materia di monumenti e paesaggio

I riferimenti normativi

1. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - 2004

2. La Legge 457 e i piani di recupero - 1978

3. Il Piano Paesistico Regionale della Sardegna - 2006

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio_2004

PARTE PRIMA - Disposizioni generali

PARTE SECONDA - Beni culturali

PARTE TERZA - Beni paesaggistici

PARTE QUARTA – Sanzioni

PARTE QUINTA - Disposizioni transitorie, abrogazioni ed

entrata in vigore

Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

(G. Urbani_D.Lgs 22.01.04)

Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni

paesaggistici (art. 2).

Beni culturali (L. 1089/1939): cose immobili e mobili che presentano

interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico

e bibliografico.

Verifica dell’interesse culturale

Riguarda “Le cose (…) che siano opera di autore non più vivente e la cui

esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta

anni, se immobili (…).

Beni paesaggistici (L. 1497/1939 e L. 431/1985 - Galasso): immobili e

aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali,

morfologici ed estetici del territorio.

.

Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

(G. Urbani_D.Lgs 22.01.04)

TUTELA (art. 3) Esercizio di funzioni volte a:

- individuare i beni costituenti il patrimonio culturale;

-garantirne la protezione e la conservazione per i fini di pubblica

fruizione.

VALORIZZAZIONE (art. 6) Esercizio di funzioni volte a:

-promuovere la conoscenza del patrimonio culturale;

-assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica.

I competenti organi del Ministero, d’ufficio o su richiesta formulata dai

soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati

conoscitivi, verificano la sussistenza dell’interesse artistico, storico,

archeologico o etnoantropologico.

L’accertamento dell’interesse artistico, storico, archeologico o

etnoantropologico comporta che i beni restano definitivamente

sottoposti alle disposizioni del testo.

A. BENI CULTURALI

A. BENI CULTURALI

Interventi previsti:

1. Protezione (art. 20) Operazione indiretta divieto di distruzione,

danneggiamento, smembramento, demolizione, spostamento, se non

previa autorizzazione.

2. Conservazione (art. 29) Operazione diretta Da compiersi

mediante interventi di:

a) Prevenzione (attività idonee a limitare le situazioni di rischio);

b) Manutenzione (attività e interventi destinati al controllo delle

condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza

funzionale e dell’identità del bene);

c) Restauro (intervento diretto sul bene, attraverso operazioni

finalizzate all’integrità materiale e al recupero del bene medesimo, alla

protezione e alla trasmissione dei suoi valori culturali).

A. BENI CULTURALI Interventi vietati (art. 20)

I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o

adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico

oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione.

Interventi soggetti ad autorizzazione (art. 21)

1. Sono subordinati ad autorizzazione del Ministero:

a) la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione,

dei beni culturali;

2. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l’esecuzione di opere e

lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad

autorizzazione del soprintendente. Il mutamento di destinazione d'uso

dei beni medesimi è comunicato al soprintendente. L’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione

tecnica dell’intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni.

Se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell'autorizzazione, il

soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già

date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione.

B. BENI PAESAGGISTICI

Paesaggio = parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla

natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni (art. 131).

Beni paesaggistici (art. 136): -cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità

geologica;

-le ville, i giardini e i parchi (…);

-i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente

valore estetico e tradizionale;

-le bellezze panoramiche (…);

-tutti i beni tutelati per legge (territori costieri, territori contermini ai laghi, fiumi,

torrenti, corsi d’acqua, ghiacciai, montagne per la parte eccedente determinate

altezze, vulcani, etc.).

La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che

esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili (art. 131).

PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA

Piano paesaggistico (art.143)

In base alle caratteristiche naturali e storiche e in relazione al livello di

rilevanza e integrità dei valori paesaggistici, il piano ripartisce il territorio

in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a

quelli significativamente compromessi o degradati.

In funzione dei diversi livelli di valore paesaggistico riconosciuti, il piano

attribuisce a ciascun ambito corrispondenti obbiettivi di qualità

paesaggistica.

Gli obbiettivi di qualità prevedono:

1. Il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle

morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle

tecniche e dei materiali costruttivi;

2. La previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili

con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio

paesaggistico del territorio;

3. Il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposte

a tutela compromessi o degradati.

Il Piano paesaggistico ha contenuto descrittivo, prescrittivo, propositivo.

La sua elaborazione si articola nelle seguenti fasi:

a. Ricognizione del territorio e conseguente definizione dei valori

paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;

b. Analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio (individuazione

dei fattori di rischio, degli elementi di vulnerabilità del paesaggio,

confronto con atti di programmazione e pianificazione);

c. Individuazione degli ambiti di paesaggio e definizione dei relativi

obbiettivi di qualità paesaggistica;

d. Definizione di prescrizioni generali e operative per la tutela e l’uso del

territorio;

e. Determinazione di misure per la conservazione dei caratteri

connotativi delle aree tutelate;

f. Individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree

significativamente compromesse o degradate;

La Legge 457 del 1978

L. 457 del 1978_Norme per l’edilizia

Legge finalizzata a riscattare le zone particolarmente degradate dei

centri storici e a risolvere il problema della scarsa disponibilità di

abitazioni.

Non è quindi idonea alla gestione del patrimonio edilizio antico, in

quanto non distinguendolo da quello contemporaneo, esso risulta

assoggettabile alle medesime categorie operative, e non considera

la complessità del reale e delle molteplici variabili d’intervento che

esso richiede, con un approccio non rispettoso dei principi della

conservazione.

Tale legge, insieme a tutte le norme esistenti in materia , è stata

riunita, nel 1999, nel d.l.n. 490, “Testo Unico in materia di Beni

Culturali e Ambientali”, aggiornato di nuovo nel 2001, con il D.P.R.

n. 380, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari

in materia edilizia”.

L’articolo 3 (L) definisce gli interventi edilizi, aggiornando l’articolo

31 della legge n. 457 del 1978 che stabiliva le categorie

d’intervento ammissibili:

- manutenzione ordinaria;

- manutenzione straordinaria;

- restauro e risanamento conservativo;

- ristrutturazione edilizia;

- ristrutturazione urbanistica.

L. 457 del 1978_Norme per l’edilizia

a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che

riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle

finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in

efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche

necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli

edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e

tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle

singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle

destinazioni di uso;

c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi

edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la

funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel

rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo

stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali

interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo

degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi

accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso,

l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

Categorie d’intervento

d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a

trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico

di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in

parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il

ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi

dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi

elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione

edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione

e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto

a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a

quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per

l'adeguamento alla normativa antisismica;

Categorie d’intervento

La L. 457/78, inoltre, istituisce le zone di recupero: aree individuate

all'interno del territorio comunale, in cui «per le condizioni di degrado,

si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico

esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al

risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del

patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili,

complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad

attrezzature».

Tali zone possono essere diverse da quelle individuate dalla zona A

del centro storico, determinata secondo la legge 765/1967.

Lo strumento di tutela che disciplina tali aree è il Piano di Recupero, il

quale prevede «la disciplina per il recupero degli immobili, dei

complessi edilizi, degli isolati e delle aree (…), anche attraverso

interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime

di intervento».

I piani di recupero hanno funzione di piano particolareggiato e sono

finalizzati a disciplinare interventi su complessi edilizi esistenti senza

alterare l’assetto urbanistico dell’area interessata.

Zone di recupero

e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e

urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere

precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:

e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero

l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente,

fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla

lettera e.6);

e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da

soggetti diversi dal Comune;

e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici

servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo

inedificato;

e.4) punto abrogato;

Nuove costruzioni

e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture

di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni,

che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come

depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare

esigenze meramente temporanee ancorché siano installati, con

temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive

all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta

ed il soggiorno dei turisti;

e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti

urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e

paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova

costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume

superiore al 20% del volume dell’edificio principale;

e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di

impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di

lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;

Nuove costruzioni

f) gli "interventi di ristrutturazione urbanistica", quelli rivolti a

sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso,

mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la

modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete

stradale.

Ristrutturazione urbanistica

Il piano paesaggistico della Regione Sardegna_2006

Approvato nel 2006, rappresenta il primo piano

paesaggistico, in Italia, elaborato secondo la

normativa del Codice dei Beni Culturali e del

Paesaggio (Codice Urbani D. Lgs. n. 42/2004).

Il PPR è stato approvato relativamente agli

ambiti costieri, che risentono maggiormente

della pressione edificatoria a fini turistici, ed è

attualmente ancora in attesa di approvazione

del secondo stralcio per le zone interne.

Obiettivo principale: la conservazione del

patrimonio storico culturale e del paesaggio

regionale sardo, attraverso la predisposizione

di un quadro di regole coerenti e comuni.

Per una maggiore comprensione del PPR e per

una migliore pianificazione del territorio sardo,

quest’ultimo è stato suddiviso in tre assetti

distinti: ambientale, storico culturale e

insediativo.

Per ognuno di essi sono stati individuati e

catalogati i beni “paesaggistici” da

salvaguardare attraverso la definizione di

norme di tutela specifiche per ogni assetto.

Il paesaggio sardo

“(…) oggi si può ancora ammirare sulla scena sarda uno spettacolo

insolito, presumibilmente transitorio: la compresenza di paesaggi

contemporanei e arcaici, del consumo intensivo e della presenza labile,

talvolta intangibile, dell’insediamento”.

A. Sanna (L’architettura popolare in Italia. Sardegna, 1988, p. 39).

PPR_Relazione generale_02.06

Indirizzi cui i Comuni devono conformarsi:

a. Conservazione della stratificazione storica, da mantenere leggibile

nelle sue fasi eventualmente diversificate;

b. Conservazione e valorizzazione delle tracce che testimoniano

l’origine storica dell’insediamento;

c. Riconoscimento e valorizzazione dei margini (mura, confini,

percorsi);

d. Salvaguardia delle identità e differenze specifiche di ogni ambito;

e. Riqualificazione dell’aspetto ambientale e del paesaggio urbano, con

l’eliminazione delle superfetazioni e il recupero e la riqualificazione

degli spazi pubblici;

f. Individuazione di misure atte a riqualificare i tessuti di antica

formazione anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica,

per sostituire parti incongrue ed incompatibili, nella ricerca del

disegno e della trama originari del tessuto.

Elementi che i Comuni devono prendere in considerazione per la

definizione del “progetto di paesaggio locale”:

a. Centri storici;

b. Tracciati ferroviari, stazioni, caselli, gallerie, ponti;

c. Porti e scali portuali, rotte commerciali antiche, fanali, fari;

d. Infrastrutture idrauliche;

e. Aeroporti storici;

f. Percorsi storici della transumanza;

g. Elementi del paesaggio storico agro-pastorale;

h. Architetture religiose con più di 50 anni dalla data di approvazione del

PPR;

i. Architetture civili;

j. Opere di architettura industriale;

k. Insediamenti archeologici;

l. Comunità agrarie;

m. Villaggi;

n. Percorsi;

o. Recinti.

PPR - Norme tecniche di attuazione

La Regione riconosce i caratteri, le tipologie, le forme e gli innumerevoli

punti di vista del paesaggio sardo, attraverso le interazioni della

naturalità, della storia e della cultura delle popolazioni locali, li considera

fondamentali per lo sviluppo, li tutela e ne promuove la valorizzazione.

Il P.P.R. assicura nel territorio regionale un’adeguata tutela e

valorizzazione del paesaggio.

Esso costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento per gli atti di

programmazione e di pianificazione regionale, provinciale e locale e per

lo sviluppo sostenibile.

Il P.P.R. persegue le seguenti finalità:

a) preservare, tutelare, valorizzare e tramandare alle generazioni

future l’identità ambientale, storica, culturale e insediativa del

territorio sardo;

b) proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale e la relativa

biodiversità;

c) assicurare la salvaguardia del territorio e promuoverne forme di

sviluppo sostenibile, al fine di conservarne e migliorarne le qualità.

Il P.P.R. è rivolto a tutti i soggetti che operano nella pianificazione e

gestione del territorio sardo, in particolare alla regione, alle province, ai

comuni e loro forme associative, agli enti pubblici statali e regionali,

comprese le università e i centri di ricerca, e ai privati.

Nello specifico, gli enti locali provvedono all’adeguamento dei rispettivi

strumenti di pianificazione e programmazione e delle loro varianti alle

previsioni del P.P.R., specificandone ed integrandone i contenuti,

tenendo conto delle realtà locali.

I Comuni, le Province e la Regione al fine di attuare i principi di tutela

paesaggistica, in forma singola o associata, redigono:

a) Programma di azione per il paesaggio;

b) Programmi di conservazione e valorizzazione paesaggistica dei beni;

c) Piani operativi di recupero e riqualificazione dei beni paesaggistici e

delle aree interessate.

Per raggiungere gli obiettivi di qualità paesaggistica, si individuano le

seguenti categorie di azioni:

a) conservazione che comprende il mantenimento delle caratteristiche,

degli elementi costitutivi e delle morfologie, nonché gli interventi

finalizzati al miglioramento strutturale funzionale delle componenti di

paesaggio;

b) trasformazione ambientale, agroforestale, urbanistica ed edilizia

subordinata alla verifica della loro compatibilità e in armonia con i livelli

di valore paesaggistico riconosciuti;

c) recupero, ricostruzione e rinaturalizzazione, volti a reintegrare i valori

paesaggistici preesistenti ovvero ad attuare nuovi valori paesaggistici,

compatibili con le finalità del PPR.

Le azioni da realizzare possono essere composite in relazione alla

complessità degli elementi territoriali presenti in unico sistema

relazionale.

I Comuni nell’adeguare i propri strumenti urbanistici alle disposizioni e

previsioni del P.P.R, provvedono a:

a) individuare i caratteri connotativi della propria identità e delle

peculiarità paesaggistiche, e promuovere il mantenimento e la

valorizzazione;

b) definire le condizioni di assetto necessarie per realizzare un sistema

di sviluppo sostenibile a livello locale;

c) individuare gli elementi areali e puntuali del territorio sottoposti a

vincolo in quanto beni paesaggistici ai sensi dell’art. 134 d. lgs. 42/2004;

d) stabilire le modalità per la valorizzazione ambientale e paesaggistica

del proprio territorio in conformità alle previsioni del PPR;

e) individuare i fattori di rischio e gli elementi di vulnerabilità del

paesaggio nel proprio ambito di competenza;

I Comuni, nell’adeguarsi alle prescrizioni del P.P.R., procedono

all’identificazione cartografica dei beni paesaggistici presenti nel proprio

territorio.

Inoltre promuovono il ricorso all’istituto del concorso di idee per la

realizzazione di spazi e interventi volti ad elevare gli standard qualitativi

dei relativi progetti.

Rientra all’interno dei beni paesaggistici tutelati dal PPR anche la

tutela dei centri storici di tutto il territorio regionale, che lo

strumento normativo individua come centri di antica e prima

formazione.

Il perimetro di tali ambiti è tracciato dal PPR attraverso l’analisi

della cartografia storica, a partire dalla grande levata pre-catastale

effettuata da Alberto de La Marmora tra il 1834 ed il 1838 e la

consequenziale cartografia catastale del De Candia, realizzata a

partire dal 1851, sino alla serie IGM dell’Ottocento e Novecento

supportate dalla disamina dell’iconografia storica d’archivio.

Centri matrice

L'art. 52 delle Norme Tecniche di Attuazione obbliga i comuni a

dotarsi di piani particolareggiati, o ad aggiornarli, dando

indicazioni puntuali su come effettuare la perimetrazione dei

cosiddetti 'centri matrice', e prevede linee operative rivolte alla

conservazione del patrimonio edilizio esistente, ponendo

particolare attenzione alla qualità del progetto e alla questione del

riuso, nonché contemplando la promozione di attività turistiche, di

ricerca, artigianali e culturali, con l'intento di garantire la vitalità

dei luoghi, da un punto di vista sia economico che sociale.

Centri matrice

Conclusioni

Il quadro di riferimento legislativo è fondamentale per comprendere i

principi su cui esso si basa, e dunque focalizzare gli aspetti di cui tener

conto in fase operativa, ovvero in fase di adeguamento degli strumenti

urbanistici locali vigenti al PPR, nel rispetto dello stesso, ovvero in

coerenza con le Carte del Restauro e del Paesaggio e con il Codice

Urbani.

A prescindere dall’oggetto dell’intervento, che sia un vasto ambito

urbano, una piccola area agricola, o un singolo manufatto architettonico

- quest’ultimo da considerarsi come elemento costitutivo della stratificata

trama che costituisce il paesaggio storico - metodologicamente

bisognerà sempre seguire un percorso che parta dal generale, per

arrivare al particolare, sia nella fase di pianificazione, che in quella

operativa, nel rispetto delle peculiarità locali e dei principi del restauro

modernamente intesi.