Correlati neurobiologici del disturbo depressivo maggiore

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Punti chiave:• Il disturbo depressivo maggiore è causato dall’impatto cumulativo di geni,

eventi avversi nell’infanzia e fattori stressanti nella vita adulta• Le interazioni geni-ambiente sembrano predire il rischio di un individuo di

sviluppare un disturbo depressivo maggiore meglio dei geni o dell’ambiente considerati singolarmente

• Anormalità strutturali e funzionali in pazienti con disturbo depressivo maggiore sembrano associati con bassi livelli di fattore neurotrofico cervello-derivato, un funzionamento alterato dell’asse ipotalamo-ipofisi surrene e dalla tossicità glutammato-mediata

• Queste anormalità possono contribuire all’occorrere di episodi ricorrenti di depressione e al cronicizzarsi del disturbo.

• Limiti e sviluppi futuri nel campo della psicofarmacologia

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Il disturbo depressivo maggioreL'episodio depressivo maggiore è caratterizzato da sintomi che durano almeno due settimane causando una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.[2] Fra i principali sintomi si segnalano:• Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno.• Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior

parte del giorno, quasi ogni giorno (anedonia).• Significativa perdita di peso, in assenza di una dieta, o significativo aumento di peso, oppure

diminuzione o aumento dell'appetito quasi ogni giorno.• Insonnia o Ipersonnia quasi ogni giorno.• Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi

ogni giorno.• Affaticabilità o mancanza di energia quasi ogni

giorno.• Sentimenti di autosvalutazione oppure

sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa quasi ogni giorno.

• Diminuzione della capacità di pensare o concentrarsi, o difficoltà a prendere decisioni, quasi ogni giorno.

• Ricorrenti pensieri di morte, ricorrente ideazione suicida senza elaborazione di piani specifici, oppure un tentativo di suicidio o l'elaborazione di un piano specifico per commettere suicidio.

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Il disturbo depressivo maggiore

Nella maggior parte dei casi, però, la depressione si configura come disturbo depressivo maggiore, cioè un decorso clinico caratterizzato da più episodi depressivi maggiori; nel 50-60% dei casi, infatti, un episodio depressivo maggiore sarà seguito da un ulteriore episodio depressivo, portando quindi alla formazione di un disturbo depressivo.

Il disturbo depressivo maggiore trova la sua causa principalmente nell’effetto “cumulativo” che i geni e lo stress psicosociale esercitano sul cervello.

STRESS GENI

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Una revisione dell’ipotesi monoaminergica• Gli studi nel campo della neurobiologia del disturbo depressivo maggiore si sono

inizialmente concentrati sui neurotrasmettitori monoaminergici serotonina e noradrenalina. L'ipotesi monoaminergica ha proposto che gli individui depressi fossero probabilmente in uno stato di deficit di tali neurotrasmettitori poiché diversi antidepressivi incrementano i livelli di noradrenalina e serotonina in maniera consistente (Hirschfeld, 2000) . Tuttavia, nonostante gli antidepressivi monoaminergici siano generalmente usati come prima scelta nel trattamento della depressione, essi non sortiscono effetti benefici in via immediata e per alcune persone non ne sortiscono affatto.

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Una revisione dell’ipotesi monoaminergica• la scoperta che il livello di sintesi di serotonina possa essere basso nei pazienti

depressi può essere spiegato in più modi. Una riduzione della sintesi di serotonina può rispecchiare una depressione, la depressione può rispecchiare una carenza di serotonina, o un terzo fattore può essere responsabile della riduzione della sintesi di serotonina e dell'esordio della depressione.

• Studi sperimentali che coinvolgono pazienti la cui depressione si presenta in stato di remissione possono aiutare a chiarificare il ruolo della serotonina nel disturbo depressivo maggiore: in molti di questi studi veniva praticata la deplezione del triptofano per un periodo di tempo limitato, al fine di ridurre i livelli di serotonina nel cervello. I pazienti sottoposti a questo trattamento erano soggetti ad una breve ricaduta dei sintomi durante la deplezione del triptofano, specialmente se erano in remissione solo da qualche mese.

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Una revisione dell’ipotesi monoaminergica

Tuttavia, individui senza una storia personale o familiare di disturbo depressivo maggiore non mostravano alcun cambiamento nell'umore se

sottoposti a deplezione di triptofano (Ruhe et al., 2007), a dispetto del fatto che la deplezione di triptofano alteri l'attività di regioni del cervello coinvolte nella regolazione dell'umore, come l'amigdala, sia nei pazienti normali sia in quelli affetti dal disturbo (Cools et al., 2005). Un abbassamento dei livelli di

serotonina non induce quindi depressione di per sé.

Chiaramente ci sono diversi fattori possibili che contribuiscono alla vulnerabilità dell'umore agli effetti dell'alterazione della serotonina.

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Geni che influenzano il metabolismo della serotonina modulano l’impatto dello stress

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Geni che influenzano il metabolismo della serotonina modulano l’impatto dello stress

• Gli studiosi nel campo della genetica non hanno identificato un gene o una serie di geni che causano depressione, tuttavia polimorfismi di alcuni geni possono aumentare il rischio di essere depressi.

• I geni possono predisporre gli individui al disturbo depressivo maggiore in diversi modi. Ad esempio i geni possono aiutare il controllo del metabolismo del neurotrasmettitore e dei suoi recettori, il numero di particolari tipi di neuroni e le connessioni sinaptiche ad essi associati, la trasduzione intracellulare di segnali neuronali e la velocità con cui tutti questi possono cambiare la risposta allo stressor ambientale (Wurtman, 2005).

• Il gene per il trasportatore della serotonina è il più studiato nel disturbo depressivo maggiore (Levinson, 2006).

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Geni che influenzano il metabolismo della serotonina modulano l’impatto dello stress

Il gene per il trasportatore della serotonina (SERT)

presenta un polimorfismo che dà luogo a due differenti

alleli (uno corto e uno lungo).

L'allele corto riduce la sintesi del trasportatore della

serotonina.

Si pensa che questo riduca la velocità con cui i neuroni serotoninergici possono adattarsi ai cambiamenti nella loro stimolazione

(Lesch et al., 1996).

L'interazione geni-ambiente suggerisce che i portatori

dell'allele corto del trasportatore della

serotonina potrebbero essere considerevolmente

vulnerabili alla depressione se sottoposti ad uno stressor

di vita (Caspi et al., 2003).

Dato che uno stressor acuto aumenta il rilascio di

serotonina, il polimorfismo può influenzare la sensibilità di un individuo allo stress e

persone sane con l'allele corto mostrano una

attivazione esagerata dell'amigdala se esposti a

stimoli che richiamano una condizione stressante (Munafo et al., 2008).

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Il ruolo del fattore neurotrofico cervello-derivato (BDNF)

Vi sono tuttavia molti altri fattori genetici che possono influenzare il rischio di sviluppare una depressione, un altro gene molto studiato è quello che codifica per il fattore neurotrofico cervello-derivato (BDNF).

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Il ruolo del fattore neurotrofico cervello-derivato (BDNF)

Un polimorfismo che può moderare l'effetto interattivo del polimorfismo del trasportatore della serotonina e dello stress psicosociale è localizzato

sul gene che codifica per il BDNF.

Il BDNF è importante per la crescita cellulare e per permettere

cambiamenti nelle sinapsi tra i neuroni nel corso della vita.

Il BDNF contribuisce a questi processi in primis attivando i fattori di

trascrizione del DNA. Ad esempio, nel nucleo del rafe localizzato a

livello del tronco encefalico, il BDNF stimola la trascrizione di geni coinvolti nella funzionalità del

sistema serotoninergico serotonina, come il trasportatore della

serotonina ed il triptofano idrossilasi (un enzima di sintesi della

serotonina).

Al contrario, l'attivazione dei recettori per la serotonina da parte

della serotonina rilasciata dal nucleo del rafe stimola l'espressione genica

del BDNF.

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Il ruolo del fattore neurotrofico cervello-derivato (BDNF)• Durante lo sviluppo cerebrale questo processo ciclico promuove la

crescita, la formazione di sinapsi e la sopravvivenza dei neuroni serotoninergici e l'eventuale innervazione di diverse regioni cerebrali. La capacità del sistema serotoninergico di adattarsi in risposta a diversi stimoli continua però a essere influenzata dal fattore neurotrofico nel corso della vita (Martinowich et al., 2008).

• Un polimorfismo comune nel gene che codifica per il BDNF produce alleli denominati “val” e “met”. Tale polimorfismo influenza il trasporto intracellulare e la secrezione del BDNF (Bath et al., 2006).

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Il ruolo del fattore neurotrofico cervello-derivato (BDNF)

Studi postmortem mostrano livelli di BDNF più bassi nell’ippocampo e nella corteccia prefrontale in pazienti con una depressione sintomatica (Duman et al., 2006. Martinowich et al., 2007

Alcuni studi mostrano infatti una vulnerabilità maggiore alla depressione in presenza dell’allele corto per il SERT, l’allele “met” per il BDNF e di life events stressanti, rispetto alla condizione in cui sia presente solo l’allele corto per il SERT congiuntamente ad uno stressor psicosociale

(Kim et al., 2007

Questo fattore può determinare una ipersensibilità ippocampale allo stress

Persone con l’allele “met” mostrano un ippocampo più piccolo alla nascita, una ipoattivazione dell’ippocampo a riposo, una iperattivazione durante l’apprendimento e una memoria scarsamente dipendente dall’ippocampo (Duman et al., 2006)

Conseguenze:

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Gli stressor psicosociali nell’infanzia e i cambiamenti nella funzionalità dell’asse HPA

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Gli stressor psicosociali nell’infanzia e i cambiamenti nella funzionalità dell’asse HPA

Scimmie che vengono temporaneamente allevate da coetanei invece che dalle loro madri sviluppano risposte esagerate allo stress. Queste risposte sono in associazione con anormalità nell'attività della serotonina e dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (Suomi et al., 2006)

Studi nei ratti suggeriscono anche che le esperienze infantili possano alterare la reattività dell'asse HPA e che queste alterazioni sono parzialmente mediate da modificazioni che non coinvolgono cambiamenti nel DNA sottostante (cambiamenti epigenetici) (Tsankova et al., 2007)

l'ippocampo di ratti adulti deprivati delle cure materne mostra queste modificazioni epigenetiche per il gene del recettore dei glucocorticoidi, che aiuta a mediare l'effetto del cortisolo rilasciato dalle ghiandole surrenali in risposta allo stress.

I cambiamenti risultanti nell'espressione dei recettori per i glucocorticoidi aumentano la reattività dell'asse ipotalamo ipofisi surrene (de Kloet et al., 2005)

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Il fattore di rilascio della corticotropina influisce sulla sensibilità allo stress.

Lo stress può attivare l'ipotalamo e direttamente l'asse HPA, stimolando la sintesi locale e il rilascio di fattore di rilascio della corticotropina. Lo stress può anche attivare l'asse indirettamente rilasciando tale

fattore dai neuroni in altre strutture cerebrali, a inclusione dell'amigdala (Makino et al., 2002).

Le connessioni reciproche tra il sistema noradrenergico e l'ipotalamo creano una cascata a

feed-forward in cui lo stress attiva progressivamente la segnalazione noradrenergica e il fattore di rilascio della corticotropina. Una attivazione di tale sistema

si pensa possa aumentare la vigilanza e la paura

La mancata regolazione dell'ipotalamo e del fattore di rilascio della corticotropina extraipotalamico può

aiutare a spiegare perchè i pazienti con disturbo depressivo maggiore hanno spesso livelli elevati di

fattore di rilascio della corticotropina e di noradrenalina nel flusso sanguigno e nel fluido

cerebrospinale e perché essi mostrano una percezione fallimentare delle minacce ambientali congiuntamente con reazioni esagerate allo stress

(Wong et al., 2000).

Uno studio recente suggerisce che l'impatto dell'abuso infantile sulla vulnerabilità individuale per la depressione può essere moderata dal gene

per il recettore del fattore di rilascio della corticotropina di tipo uno (Bradley et al., 2008).

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Il ruolo e i cambiamenti del sistema dopaminergico nella risposta allo stress.

• La dopamina sembra sempre più giocare un ruolo importante nella fisiopatologia del disturbo depressivo maggiore (Firk et al., 2007).

• E' stata suggerita una relazione complessa tra la disfunzione della serotonina, l'ipersensibilità allo stress e la vulnerabilità a sviluppare un disturbo depressivo maggiore

• Le minacce ambientali percepite dall'amigdala aumentano i livelli di dopamina nella corteccia prefrontale e nello striato ventrale (Nestler et al., 2006).

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Il ruolo e i cambiamenti del sistema dopaminergico nella risposta allo stress.

Le minacce ambientali percepite dall'amigdala aumentano i livelli di dopamina nella corteccia prefrontale e nello striato ventrale (Nestler et al., 2006). Un feedback inibitorio locale assicura un ritorno ad un equilibrio omeostatico. Comunque, uno stressor importante può interrompere questo sistema di

feedback alterando i livelli striatali di BDNF.

Un feedback anormale nel sistema dopaminergico striatale può aiutare a spiegare perchè i pazienti depressi attribuiscono spesso una salienza

inappropriata a eventi negativi lievemente stressanti. Inoltre, cambiamenti nel sistema dopaminergico striatale sembrano essere il substrato biologico

dell'anedonia riportata da molti pazienti (Nestler et al., 2006. McClung et al., 2008)

Una prova dell'anormalità della neurotrasmissione dopaminergica esiste: un polimorfismo nel recettore d2 della dopamina è stato recentemente ritenuto risponsabile dell'influenza dell'effetto di eventi stressanti passati sull'umore

attuale (Elovainio et al., 2007).

Il corredo genetico del sistema dopaminergico può aiutare a influenzare la vulnerabilità al disturbo depressivo maggiore attraverso l'interazione con l'ambiente.

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Cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello depresso.

• I pazienti in stato di remissione possono presentare anormalità neurobiologiche persistenti. Queste anormalità possono peggiorare nel tempo e alcuni pazienti divengono cronicamente depressi.

• Una cronicizzazione del disturbo in assenza di trattamento antidepressivo sembra contribuire alla progressiva riduzione dell'ippocampo che potrebbe spiegare i problemi di memoria di alcuni pazienti, così come diversi altri sintomi del disturbo.

• I pazienti possono anche presentarsi con anormalità in altre regioni cerebrali subcorticali a inclusione dell'amigdala e dello striato ventrale ed in regioni corticali come la corteccia cingolata anteriore, la corteccia orbitofrontale e la corteccia prefrontale.

• Anche questi cambiamenti possono persistere durante la remissione e possono aiutare a spiegare perchè i pazienti in remissione continuano a mostrare reazioni inappropriate agli stimoli minacciosi. Questa reattività cognitiva contribuisce al rischio di una futura ricaduta.

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Cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello depresso.

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Cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello depresso.

I cambiamenti strutturali nei pazienti affetti dal disturbo sono stati attribuiti alla funzionalità alterata dell'asse HPA. Una ipercortisolemia cronica risulta in una sottoregolazione nei recettori per i glucocorticoidi nell'ippocampo. Riduzioni nella trascrizione del BDNF e di altri geni bersaglio possono contribuire all'atrofia ippocampale (Charney et al., 2004). Questo può ulteriormente compromettere la funzione dell'asse HPA.

Effetti simili mediati dal cortisolo possono essere responsabili dei cambiamenti strutturali nell'amigdala, nella corteccia prefrontale e di altre regioni cerebrali. Tutti o alcuni dei cambiamenti strutturali possono contribuire al rischio di ricaduta seguente ad un periodo di omeostasi apparente (Bouhuys et al., 2006. Brown et al., 2008).

La crescita e la sopravvivenza delle cellule cerebrali coinvolge inoltre azioni multiple del glutammato (Charney & Manji, 2004)

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Pattern di attivazione anormali possono spiegare l'instabilità dell'umore

• Le anormalità nella struttura del cervello in pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore sono state collegate a cambiamenti nell'attività metabolica cerebrale (Charney, Manji, 2004). Queste anormalità funzionali sono state associate direttamente con la gravità del disturbo (Hasler et al., 2007).

• Diversi studi di neuroimmagini spiegano come gli episodi depressivi possano essere caratterizzati da anormalità multiple nelle connessioni di diverse regioni corticali e sottocorticali (Ressler, Mayberg, 2007).

• L'assenza di una regolazione corticale del sistema limbico può spiegare la sensibilità allo stress, l'instabilità emotiva, l'irritabilità e i comportamenti suicidi spesso osservati in individui affetti da depressione. Diverse regioni cerebrali continuano a mostrare anormalità funzionali dopo la remissione clinica (Bremner et al., 2003).

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Il trattamento farmacologico della depressioneFarmaci antidepressivi: • La revisione dell'ipotesi monoaminergica non rende giustizia alla

moltitudine di sistemi interconnessi coinvolti nella fisiopatologia del disturbo depressivo maggiore. Questo spiega perchè il trattamento con antidepressivi, la maggior parte dei quali ha come bersaglio le monoamine, frequentemente non porta alla remissione clinica.

• Tra i nuovi farmaci studiati vi sono quelli che bersagliano l'ormone di rilascio della corticotropina, la dopamina e i sistemi glutammatergici.

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Strategie di trattamento basate sulla farmacogenetica

Uno studio recente non ha trovato effetti significativi per il polimorfismo del gene del trasportatore della serotonina nella risposta clinica al citalopram (un SSRI). Pazienti con l'allele corto mostravano una prognosi negativa.

Un polimorfismo del gene che codifica per il recettore 2A per la serotonina, invece, sembra predittivo di una risposta positiva al citalopram.

Sembrano implicati anche geni coinvolti nella funzionalità dell'asse HPA, del fattore di rilascio della corticotropina e della noradrenalina.

Polimorfismi in geni per alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci possono inoltre influenzare i livelli sanguigni dei farmaci avendo quindi un impatto sull'efficacia degli stessi.

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