Confronti di giugno (parziale)

7
6,00 EURO - TARIFFA R.O.C.: POSTE ITALIANESPA - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1 COMMA 1, DCB 6 GIUGNO 2014 Oman: la sfida della modernità

description

 

Transcript of Confronti di giugno (parziale)

Page 1: Confronti di giugno (parziale)

6,00

EU

RO

- T

AR

IFFA

R.O

.C.:

PO

STE

ITA

LIA

NE

SP

A -

SP

ED.

IN A

BB

. P

OS

T. D

.L.

353/

2003

(C

ON

V.

IN L

. 27

/02/

04 N

.46)

AR

T.1

CO

MM

A 1

, D

CB

6GIUGNO 2014

Oman: la sfida della

modernità

Page 2: Confronti di giugno (parziale)

2

Anno XLI, numero 6Confronti, mensile di fede, politica, vita quotidia-na, è proprietà della cooperativa di lettori ComNuovi Tempi, rappresentata dal Consiglio di Am-ministrazione: Nicoletta Cocretoli, Ernesto FlavioGhizzoni (presidente), Daniela Mazzarella, Pie-ra Rella (vicepresidente), Stefania Sarallo.

Direttore Gian Mario GillioCaporedattore Mostafa El Ayoubi

In redazioneLuca Baratto, Antonio Delrio, Franca Di Lecce,Filippo Gentiloni, Adriano Gizzi, Giuliano Liga-bue, Michele Lipori, Rocco Luigi Mangiavillano,Anna Maria Marlia, Daniela Mazzarella, Carme-lo Russo, Luigi Sandri, Stefania Sarallo, Lia Ta-gliacozzo, Stefano Toppi.

Collaborano a ConfrontiStefano Allievi, Massimo Aprile, Giovanni Avena,Vittorio Bellavite, Daniele Benini, Dora Bognan-di, Maria Bonafede, Giorgio Bouchard, StefanoCavallotto, Giancarla Codrignani, Gaëlle Cour-tens, Biagio De Giovanni, Ottavio Di Grazia,Jayendranatha Franco Di Maria, Piero Di Nepi,Monica Di Pietro, Piera Egidi, Mahmoud SalemElsheikh, Giulio Ercolessi, Maria Angela Falà,Giovanni Franzoni, Pupa Garribba, Daniele Gar-rone, Francesco Gentiloni, Svamini Hamsanan-da Giri, Giorgio Gomel, Laura Grassi, Bruna Ia-copino, Domenico Jervolino, Maria Cristina Lau-renzi, Giacoma Limentani, Franca Long, MariaImmacolata Macioti, Anna Maffei, FiammettaMariani, Dafne Marzoli, Domenico Maselli, Cri-stina Mattiello, Lidia Menapace, Adnane Mokra-ni, Paolo Naso, Luca Maria Negro, Silvana Nitti,Paolo Odello, Enzo Pace, Gianluca Polverari,Pier Giorgio Rauzi (direttore responsabile), JosèRamos Regidor, Paolo Ricca, Carlo Rubini, An-drea Sabbadini, Brunetto Salvarani, Iacopo Sca-ramuzzi, Daniele Solvi, Francesca Spedicato,Valdo Spini, Valentina Spositi, Patrizia Toss,Gianna Urizio, Roberto Vacca, Cristina Zanazzo,Luca Zevi.

Abbonamenti, diffusione e pubblicitàNicoletta CocretoliAmministrazione Gioia GuarnaProgrammi Michele Lipori, Stefania SaralloRedazione tecnica e grafica Daniela Mazzarella

Publicazione registrata presso il Tribunale diRoma il 12/03/73, n. 15012 e il 7/01/75,n.15476. ROC n. 6551.

Hanno collaborato a questo numero: L. Bizzarri, M. Boccia, A. Bosi, G. Ceccut-ti, T. Chiarioni, F.M. Colorni, A. De Pie-ro, G. Giulietti, A. Jabbar, E. Nucci, F. Pe-rina, I. Piccirilli, V. Vita.

Le immaginiOman: la sfida della modernità · Michele Lipori, copertinaI «moderni» del deserto · Michele Lipori, 3

Gli editorialiGerusalemme, la pace «impossibile» · Confronti, 4La polveriera nigeriana · Enzo Nucci, 5Il cittadino Davide contro la rete Golia · Vincenzo Vita, 6Quell’alluvione che unisce gli «ex-nemici» · Mario Boccia, 7

I serviziElezioni europee Unione incompiuta, democrazia dimezzata · Felice Mill Colorni, 8

La Pulzella d’Orléans contro «Mutti» · Flavia Perina, 10Ora Renzi utilizzi bene questa vittoria · Giuseppe Giulietti, 11

Società Ripensare la cittadinanza · Adel Jabbar, 12La cornice e il contenuto · Alessandro Bosi, 13Cittadinanza e Pubblica amministrazione· Luca Bizzarri, 14Quei bambini che «non risultano» · Augusta De Piero, 16

Medio Oriente Le parole e i gesti di Francesco pellegrino · Luigi Sandri, 17Roma e Costantinopoli, la pace di Gerusalemme · 21

Oman Attese, speranze, problemi del sultanato · M. Lipori, L. Sandri, 23Una modernizzazione molto contraddittoria · Michele Lipori, 27

Don Milani Anche la censura non è più una virtù · Giuliano Ligabue, 30

Le notizieEutanasia La battaglia dell’associazione «Luca Coscioni», 32Diritti umani Lo sfruttamento delle donne immigrate nel Qatar, 32

La campagna «Stop alla tortura» di Amnesty international, 32Ambiente Greenpeace contro la distruzione della foresta amazzonica, 33

La Giornata mondiale della Terra, 33Ortodossia Uno scisma rischia di minare il Concilio panortodosso del 2016, 34Chiesa cattolica «Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri» riflette sulla Lumen Gentium, 34Fedi Il Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, 35Medio Oriente Il viaggio degli amici di Neve Shalom - Wahat al-Salam, 35

Le rubricheIn genere Tra luoghi comuni e discriminazioni · Daniela Mazzarella, 36Note dal margine 12 maggio 1974 · Giovanni Franzoni, 37Osservatorio sulle fedi Quale uso per l’otto per mille? · Antonio Delrio, 38Spigolature d’Europa Cronaca di uno scetticismo annunciato · Adriano Gizzi, 39Diari dal Sud del mondo Uno status symbol utile ed economico · Ilaria Piccirilli, 40Opinione Evangelizzazione e pubblicità · Filippo Gentiloni, 41Cinema «...Strada per strada, dialogando» · Giuliano Ligabue, 42Documentario La storia dei nuovi ebrei di San Nicandro · Carmelo Russo, 43Libro Il Vecchio Cattolicesimo in Italia · David Gabrielli, 44Libro L’uomo: il miglior amico del cane · Tullia Chiarioni, 45Segnalazioni 46

RISERVATO AGLI ABBONATI: chi fosse interessato a ricevere, oltre alla copia cartacea della rivista, anche una mail con Confronti in formato pdf può scriverci a [email protected]

CONFRONTI6/GIUGNO 2014

WWW.CONFRONTI.NET

Page 3: Confronti di giugno (parziale)

3

LE IMMAGINI

L’Oman, paese ricco del Golfo, alle prese con evidenti contraddizioni fra tradizione e modernità, è schiacciato dal peso geopolitico dell’Arabia Saudita

che impedisce qualsiasi apertura reale alla modernità e alla democrazia.La copertina e le foto di questo numero sono state scattate da Michele Lipori

durante il seminario itinerante organizzato da Confrontidal titolo «Oman: tesori della tradizione e sfide della modernità» (vedi servizio a pagina 23).

I «MODERNI»

DEL DESERTO

Page 4: Confronti di giugno (parziale)

4

GLI EDITORIALI

È fallita la mediazionedel segretario di Statoamericano John Kerryper spingere il premier israelianoBenjamin Netanyahu e il presidentepalestinese Mahmud Abbas ad un accordo-quadro in vista di una pacegiusta, equa e globale.Nel frattempo, doposette anni di vanitentativi, al-Fatah e Hamas si sonoriconciliati, ponendo –se l’accordo reggerà – le basi di un governo di unità nazionale.

Gerusalemme, la pace«impossibile» Confronti

Dunque, è naufragato anche il tentativodel segretario di Stato americano, JohnKerry, di spingere il premier israelianoBenjamin Netanyahu e il presidente

palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen) araggiungere un accordo-quadro che aprisse lavia ad una pace equa e giusta tra le due parti.L’opera di mediazione, iniziata nel luglio del2013, si è arenata nell’aprile scorso. L’attua-zione del principio «due popoli/due Stati» siè sbriciolata come un castello di sabbia quan-do ci si è addentrati in ciascuno dei nodi fon-damentali da risolvere: confini definitivi tra idue Stati; questione dei profughi; insedia-menti; status di Gerusalemme; sorte dei pri-gionieri politici.

La pre-condizione posta da Netanyahu perprocedere era che Abbas accettasse di rico-noscere Israele «come Stato ebraico»; il pre-sidente ha rifiutato, perché altrimenti diver-rebbe impossibile risolvere la questione deiprofughi palestinesi, e significherebbe ritene-re «fuori posto» gli arabi israeliani, il 20% dei7,5 milioni di abitanti del paese, nati là ove sitrovano, e dove vivevano i loro antenati. D’al-tronde, nella pace con l’Egitto (1979) e con laGiordania (1994) Israele non aveva postoquella condizione. Da parte sua Abbas ha po-sto come condizione per continuare a tratta-re che il premier troncasse l’espansione degliinsediamenti in Cisgiordania.

Nel frattempo, in campo palestinese avve-nivano due fatti assai importanti. Il 23 aprileal-Fatah, il partito di Abbas che governa la Ci-sgiordania, e Hamas, il Movimento di resi-stenza islamico che dal 2007 guida da solo laStriscia di Gaza, hanno sottoscritto un accor-do che dovrebbe portare, entro fine giugno, adun governo di unità nazionale e, entro sei me-si, a nuove elezioni del Parlamento e del pre-sidente palestinese. Più volte, negli ultimi set-te anni, le due parti avevano tentato, invano,di superare le loro divergenze: infine, Hamasaccusava Abbas di essere succube di Israele edegli Usa. Che cosa, dunque, ha spinto ora ilMovimento islamico ad un’evidente svolta? Laconstatazione del fallimento del progetto diconquista del potere in Medio Oriente da par-

te dei Fratelli musulmani di cui esso è il ramopalestinese. E poi il fatto di aver perso l’aiutodi Teheran, che ha visto con molto disagio laposizione critica di Hamas contro il regime si-riano di Bashar Assad. Esso, dunque, rischia-va un pericoloso isolamento. Inoltre, si è resoconto che la bicefalia intra-palestinese raffor-zava Israele (finora Hamas aveva sempre con-siderato «nullo» ogni accordo che Abbas aves-se sottoscritto con questo paese). Ha pesato,anche, il cambio di regime in Egitto. I Fratellimusulmani e il presidente Mohamed Morsiaiutavano la Striscia; ma, dopo che nel luglio2013 i militari guidati dal generale Abdel Fat-tah al-Sisi hanno rovesciato quel regime, essihanno chiuso la frontiera con Gaza, un terri-torio già isolato da Israele, il quale regola l’en-trata/uscita di merci e persone da e per la Stri-scia, ridiventata una prigione a cielo aperto.

L’accordo intra-palestinese – dirà il prossi-mo futuro quanto stabile – è stato commen-tato così da Netanyahu: «L’Autorità naziona-le palestinese deve scegliere tra la pace conIsraele e la pace con Hamas». Replica di Ab-bas: «Riconciliazione palestinese e negoziaticon Israele non sono incompatibili. Non esi-ste incompatibilità perché ci siamo impegna-ti a una pace giusta basata sulla soluzione dei“due Stati”, in conformità con le risoluzioni deldiritto internazionale». E gli Usa? Il diparti-mento di Stato ha espresso «delusione» per-ché, ha spiegato la portavoce Jen Psaki, «l’av-venuta riconciliazione potrebbe complicaregli sforzi di pace», in quanto ogni governo pa-lestinese deve impegnarsi in maniera inequi-vocabile sui princìpi della nonviolenza e deldiritto all’esistenza dello Stato di Israele. Re-plica dei palestinesi: se si rispetteranno le ri-soluzioni dell’Onu sulla questione israelo-pa-lestinese, e le trattative porteranno ad una pa-ce equa, giusta e globale, l’intera Palestina ri-conoscerà Israele. Da parte sua Kerry ha la-sciato intendere – poi smentendosi – che, fal-lita la soluzione «due popoli/due Stati», aIsraele non rimarrà che una politica diapartheid nei Territori palestinesi occupati.Ma altri si chiedono: è possibile l’ipotizzatasoluzione, data l’inarrestabile ebraicizzazionedi Gerusalemme-est (i palestinesi la rivendi-cano come capitale del loro futuro Stato, maintanto la vita di quanti di essi là abitano è re-sa difficile da Israele, e con vari pretesti mol-te loro case sono distrutte), e dato il continuoampliamento degli insediamenti? D’altrondeNetanyahu si regge alla Knesset (Parlamento)

Page 5: Confronti di giugno (parziale)

5

GLI EDITORIALI

Il paese africano piùpopoloso del continenteè balzato al centrodell’attenzione di tutti imedia internazionali acausa del rapimento di300 studentesse daparte dei terroristiislamici di Boko Haram.Lo stesso presidentenigeriano è costretto adammettere che ormai lastruttura statale èinfiltrata dai terroristi atutti i livelli: governo,Parlamento, esercito,servizi segreti, polizia,magistratura.

grazie all’alleanza determinante con l’estremadestra, per cui «non può» sciogliere i nodigordiani che una pace giusta esigerebbe.

Poi, il 27 aprile Abbas ha aperto un altrofronte: «La Shoah è stato il più efferato crimi-ne contro l’umanità dell’era moderna». Era laprima volta che dal presidente palestinese ve-nivano parole come queste. Poi ha aggiunto:«Il mondo deve fare ogni sforzo per combat-tere il razzismo e l’ingiustizia e portare giu-stizia e uguaglianza ai popoli oppressi, ovun-que essi siano. Il popolo palestinese, che sof-fre l’ingiustizia e l’oppressione e al quale sononegate pace e libertà, è in prima fila nel chie-dere che vengano alleviate l’ingiustizia e ilrazzismo». Ma il premier israeliano ha com-mentato: Abbas si è appena alleato con Ha-mas, che non solo nega la Shoah, ma «tentadi compierne un’altra con la distruzione del-lo Stato di Israele».

Negli ultimi mesi l’Unione europea e, in es-sa, il governo italiano, presi dalle elezioni del25 maggio, sono rimasti sostanzialmente si-lenti di fronte a questa catena di eventi. Eora, con il nuovo Parlamento europeo, i varileader politici e i nuovi eurodeputati si ricor-deranno che, quando si parla della pace aGerusalemme e dintorni, si parla anche delfuturo dell’Europa?

La polveriera nigerianaEnzo Nucci

Goodluck Jonathan, presidente cristia-no della Nigeria dal 2010, da naviga-to e scaltro politico si stava preparan-do (seppur con qualche affanno e

preoccupazione) ad una riconferma per unsecondo mandato. In fondo le elezioni inprogramma il prossimo anno presentavanomolte incognite per lui che non ha rispetta-to il patto dell’alternanza alla guida del pae-se più popoloso d’Africa(178 milioni circa,ndr), perché da vicepresidente non ha cedu-to il passo al candidato islamico, come vuo-le una legge non scritta. Il dardo più impor-tante da scoccare dal suo arco era il sorpas-so del Sudafrica, che è l’unico paese del con-tinente a far parte del Brics (Brasile, Russia,India, Cina, Sudafrica). La Nigeria infatti èdiventato il paese africano con il più alto Pro-

dotto interno lordo nonostante la forte insta-bilità politica, la corruzione diffusa a tutti i li-velli, la carenza di infrastrutture e la debolez-za energetica: una bella contraddizione, peressere il primo produttore di petrolio conti-nentale e l’ottavo al mondo. Eppure la scassa-ta carretta nigeriana viaggiava abbastanzaspedita. Gli intoppi certo non mancavano. Iterroristi islamici di Boko Haram sono lagrande incognita. Da un anno in tre stati fe-derali del nord est è in vigore lo stato d’emer-genza con l’esercito governativo impegnatonella caccia agli integralisti. Pochi i risultaticonseguiti e tante le perdite tra le fila dei mi-litari. Poi è arrivato il sequestro di massa del-le quasi 300 studentesse della città di Chibok.Non era certo la prima volta che i fondamen-talisti rapivano ragazze, in particolare cristia-ne, per ridurle in schiavitù: obiettivo della lo-ro assurda campagna è infatti il sistema edu-cativo che, essendo modellato su quello occi-dentale, preparerebbe una classe dirigente«europea», non in linea dunque con i princi-pi dell’islam. In particolare le ragazze (corol-lario di una oscurantista interpretazione reli-giosa) non dovrebbero nemmeno studiare,per dedicarsi esclusivamente a figli e marito.E proprio questo sequestro ha reso improvvi-samente il re nudo. Il presidente GoodluckJonathan ha infatti riconosciuto il rapimentodopo 19 giorni di ostinato ed imbarazzato si-lenzio, quando ha chiesto l’aiuto internazio-nale per rintracciare le ragazze: ammissioneesplicita di totale incapacità del suo governodi fronteggiare la situazione. Ad aggravare lasituazione si è aggiunta anche sua moglie. Lafirst lady (innervosita dai toni accusatori) hafatto fermare per alcune ore dalla polizia i pa-renti delle ragazze che l’avevano incontrata eche sono alla testa delle proteste di piazza.

L’establishment nigeriano deve ora affron-tare l’ondata mediatica ed emozionale susci-tata dalla campagna internazionale, promos-sa in prima persona da Michelle Obama. Ilgoverno di Abuja non è in grado di liberare leragazze ed è sotto pressione da parte della co-munità internazionale. I terroristi di BokoHaram hanno invece dimostrato un alto livel-lo di preparazione militare (sicuramente su-periore a quello dell’esercito governativo) eduna inusitata capacità mediatica. Il video del-le 136 ragazze convertite all’islam che recita-no il Corano ha avuto un effetto deflagranteper la perfetta scelta dei tempi di diffusioneed il sapiente uso politico, con il leader dei

Page 6: Confronti di giugno (parziale)

6

GLI EDITORIALI

La Corte europea di giustizia hacondannato Google,riconoscendo a un privato cittadino il «diritto all’oblio». È giusto porre dei limitialla libertà della rete in nome della tutela della riservatezza? E quali differenze di trattamento fra cittadini privati e personaggi pubblicipossiamo accettare?

fondamentalisti che si è detto pronto ai nego-ziati per il rilascio, prendendo in contropiedeil governo che ha balbettato un poco convin-to «non trattiamo», subito smentito. Questofilmato ha colpito al cuore il sistema politicodella Nigeria che, pur essendo il primo paeseafricano, mostra falle inconfessabili nel siste-ma di sicurezza interno. Uno schiaffo capacedi disarticolare la struttura statale che – co-me ammise lo stesso presidente lo scorso an-no – è infiltrata dai terroristi a tutti i livelli:governo, Parlamento, esercito, servizi segre-ti, polizia, magistratura. Insomma è la resadelle istituzioni nigeriane.

Secondo Amnesty international, i verticimilitari erano stati avvertiti di un imminenteattacco a Chibok, ma non mandarono nessunrinforzo, lasciando solo 17 tra poliziotti e sol-dati a presidiare la cittadina. E poi le confes-sioni dei militari che temono i terroristi, me-glio equipaggiati e più motivati. Salari e addi-rittura il cibo destinati ai soldati si fermanonelle tasche dei funzionari corrotti. Infatti l’e-sercito nigeriano (che una volta era conside-rato il più forte d’Africa) ha oggi il rapportopiù basso del mondo tra personale militare epopolazione, frutto di tagli alle spese degli ul-timi 15 anni. Tutto questo ha lesionato irri-mediabilmente i rapporti di fiducia tra eser-cito e governo. E il risultato è una polverieranel centro del continente.

Il cittadino Davidecontro la rete GoliaVincenzo Vita

La recente sentenza della Corte europeadi giustizia (13 maggio 2014), che hariconosciuto il cosiddetto diritto all’o-blio invocato dal cittadino spagnolo

Costeja Gonzàles, condannando Google arimuovere un link a lui riferito, ha aperto unvasto dibattito. Come era prevedibile, anchein questo caso il corpo a corpo ha visto pro-tagonisti i difensori tout court della decisio-ne da una parte, i commentatori furibondidall’altra. Più facile la prevalenza di questiultimi, perché la «sacralità» della rete vincepressoché sempre sul e nel suo territorio.Tuttavia, sfidando il senso comune – comeci invita a fare Gramsci, si parva licet – ègiusto difendere la sentenza.

I motori di ricerca, gli aggregatori di conte-nuti sono la nuova frontiera del capitalismodigitale, il cuore della nuova fase (terza oquarta che sia) di internet. Sono, in breve, ipoteri forti, importantissimi e benefici per labiblioteca digitale dei saperi: ma non senzapeccati. La componente debole della societàdell’informazione è costituita, al contrario, daicittadini semplici, senza potere. Il Quarto e ilQuinto Stato. Mentre chi svolge attività pub-blica ha certo diritto alla privacy, da inserire– però – in un quadro di pesi e contrappesialtrimenti bilanciati; chi vive in una circoscrit-ta sfera privata giustamente invoca garanziemaggiori. Del resto, c’è una consolidata giuri-sprudenza da parte delle Autorità garanti inmateria. La stessa Corte europea ha ricono-sciuto l’eccezione dell’interesse pubblico (sco-pi storici, statistici o scientifici...), consideran-do invece i motori di ricerca non meri agentitecnologici, bensì responsabili del trattamen-to dei dati. Giustamente, si è parlato di sen-tenza che segna un’epoca. E così certamenteè e sarà. È stato anche osservato che la Cortece ne ha messo di tempo, visto l’importanteprecedente della «sentenza Lindqvist» del2000, quasi omologa. È l’antica metafora del-lo scontro impari tra Davide e Golia, in cuil’indifeso Davide vince perché la pura forza èsolo un veicolo di ingiustizie. Entriamo, così,in una delle grandi contraddizioni del secolo,quella tra la rigorosa difesa della libertà dellarete e l’altrettanto decisiva tutela della riser-vatezza. Quando si confrontano diritti coes-senziali, il buon governo significa comporre eriequilibrare i poli dialettici, ben differenzian-do tipologie e situazioni. Sembra facile... di-ceva un famoso slogan pubblicitario. In realtà,siamo nel vivo di uno dei caratteri fondatividella post-modernità: luce o tenebre? Diven-ta cruciale la capacità di autoregolamentazio-ne dei principali soggetti in campo, lontanoda ogni tentazione di promulgare leggi, leggi-ne, editti autoritari. Ecco, dunque, di cosa ciparla la sentenza ed è opportuno che la lettu-ra dell’articolato giuridico voglia cimentarsisu quanto sta sotto la superficie dei segni for-mali, per cogliere i drammi morali e socialisottesi al rischio del voyeurismo tecnologicoche corre sul filo delle tastiere. In fondo, il cit-tadino spagnolo chiedeva semplicemente larimozione di una notizia di molti anni prima:un pignoramento, superato dalla giustizia manon dall’implacabile memoria della rete. E seun ragazzo avesse un piccolo problema con la

Page 7: Confronti di giugno (parziale)

7

GLI EDITORIALI

Boccia, foto-giornalistaspecializzato inreportage sociali e d’attualitàinternazionale, ha scritto questatestimonianza dalleterre tra BosniaErzegovina, Croazia eSerbia colpite dallarecente alluvione che haprodotto danni enormi,anche sull’economia diquelle popolazioni.Fortunatamente, lasolidarietà riesce asuperare i vecchi odi esta riunendo gli exnemici negli aiuti.

droga e si vedesse inseguire per sempre dallanotizia, fuori da ogni ragionevole contesto?

Tanti anni fa – era «solo» il 1998 – un pro-fetico film di Peter Weir, The Truman showci ammoniva sul grande fratello imminentee immanente. E se sembrò allora un’esagera-zione orwelliana, la concreta realtà successi-va si è incaricata di dirci che il buio della ra-gione è fittissimo. Le intercettazioni perma-nenti della National security agency (ameri-cana) raccontate da Snowden e dal soldatoManning ci indicano che la nobile e sacro-santa battaglia per la trasparenza è sconfina-ta nello spionaggio incondizionato. Dove ilbene e il male si mischiano e si confondono.Obama è intervenuto e forse ha messo qual-che freno. Ma la trama nervosa del bene im-menso costituito dall’informazione può tra-sformarsi in un «elettroregime». ZygmuntBauman e David Lyon hanno scritto (2013)un efficacissimo volume, Sesto potere. La sor-veglianza «liquida» dilaga e diventa un’ope-razione di marketing commerciale, piuttostoche una casa di vetro. Non ci si abbandoni,allora, all’ennesima ri-edizione della contesatra gli apocalittici e gli integrati. È la questio-ne democratica. E scusate se è poco. Senzarinvii: Il domani è già passato.

Quell’alluvione cheunisce gli «ex-nemici»Mario Boccia

Apoche settimane dall’inizio dell’ondatadi maltempo che ha colpito la regionetra i fiumi Bosna, Sava e Drina, la situa-zione è ancora drammatica per decine

di migliaia di persone. Una vasta regione og-gi divisa fra tre stati (Bosnia Erzegovina,Croazia e Serbia) e due mini-stati (le due «en-tità» che compongono la Bosnia). Terre ric-che di acqua, attraversate da un dedalo di fiu-mi minori, e abitate da genti di tradizioni an-tiche, conviventi da secoli, tanto da renderedifficile al viaggiatore distinguere tra l’ospita-lità serba, croata o bosniaca. Se ne scriviamooggi, mentre le acque si ritirano, è perché l’e-mergenza è ancora in atto e le conseguenzesull’economia saranno pesanti. Nonostante lagravità della situazione (o forse proprio perquello) è evidente che popolazioni primaspinte all’odio e alla guerra e poi mantenute

divise da politici nazionalisti, oggi si stannoaiutando tra loro. La situazione in Bosnia Er-zegovina, in questo senso, è esemplare. I cit-tadini raccolgono aiuti, ma cercano di evitaregli amministratori corrotti, per la distribuzio-ne. Riconoscono nella corruzione e nell’asset-to istituzionale costruito per mantenere le di-visioni, più che una conseguenza, un fine del-la guerra. Le maschere ideologiche del nazio-nalismo hanno coperto l’arricchimento di po-chi e l’impoverimento di troppi. Gli specula-tori di oggi (che alzano i prezzi dei generi diprima necessità per gli aiuti umanitari) sonoi profittatori di guerra di ieri. Questo è chiaroanche per chi ci aveva creduto. Così è nataun’istintiva solidarietà tra onesti, che non silasciano dividere «etnicamente».

Era successo nelle proteste dei plenum cit-tadini, dove ci si riuniva tra lavoratori priva-tizzati e smobilitati, studenti e altro (perfinoex-combattenti invalidi senza pensione). Ci siriconosce tra soggetti sociali, portatori di di-ritti, piuttosto che tra «popoli» diversi. «Ba-sta nazionalismo», era scritto sui muri dei pa-lazzi del potere, nei giorni delle proteste deicittadini. Ora sta succedendo anche nellecampagne, in favore degli alluvionati. Così daPrniavor sono partiti camion di aiuti, metàper Doboj e metà per Maglaj, e lo stesso tradecine di altre piccole città, oggi divise tra li-nee di confine «morbide», ieri da durissimelinee del fronte. Si aiuta chi ha bisogno, nonciascuno i «propri». Perfino i «Vip» si sonospesi per l’emergenza in modo nuovo (ma èpiù esatto dire «vecchio»). In tv sfilano voltinoti, che invitano a donare, ma soprattutto in-tervengono persone che testimoniano decinedi storie di aiuto tra «ex-nemici». «Quandoaiuti qualcuno vicino a te, i confini non esisto-no più», dicono. «L’alluvione ci ha fatto senti-re che siamo tornati a essere un popolo» midice commossa al telefono Rada Zarkovic,presidente della Cooperativa «Insieme» diBratunac, che produce e trasforma piccolifrutti. «Abbiamo perso un sacco di soldi e an-cora non sappiamo quanti campi sono finitisott’acqua – lamponi, more, mirtilli etc. – mastiamo distribuendo parte delle marmellate edei succhi di frutta che abbiamo in magazzi-no agli alluvionati». Questo è il contributo chepossiamo dare: sostenere progetti, anche pic-coli, ma che abbiano la capacità di ricostruirerelazioni umane in territori orribilmente di-visi dal rancore per i lutti subiti. Per riconqui-stare fiducia e sconfiggere la paura.

Per dare un contributoeconomico che porti un aiutoconcreto alla cooperativaInsieme di Bratunac:http://insiemecontrolalluvione.wordpress.com