Celeste 63

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Celeste numero 63 - Dicembre 2010

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er la serie: se non ci fosse la cronaca bisognereb-be inventarsele. Questi i fatti, verso la fine dello scorso novembre a Milano, in via Padova,zona

fortemente multietnica per la presenza di tante comunità da tutto il mondo, a qualcuno ( i commercianti?) viene in mente di allestire gli addobbi natalizi disegnando con le luci pensili caratteri di alfabeti diversi ma le cui parole vogliono dire tutte la stessa cosa: Buon Natale. Fatta salva la retorica che accompagna le festività di fine anno ma a cui in fondo tutti finiamo per cedere, si trattava di una buona occasione per dichiarare una “tregua” fra gente e gente, fra lingua e lingua, fra usanze e costumi non sempre assimilabili e non facili da far convivere. Per un po’ di giorni tante persone diverse si sarebbero almeno in parte identificate in quei simboli luminosi, scritti con caratteri talvolta misteriosi ma dall’identico significato, quello della buona volontà di coesistere nonostante le difficoltà e le differenze. Insomma, niente di male.E invece no, l’assessore comunale al decoro, di cui ci sfugge il nome (e non ce ne voglia), è insorto sostenendo (pare) che trattandosi di una via italiana di una città italiana della penisola italiana (guarda dove si va a riscoprire l’italianità, altro che la nazionale di calcio o che so io), non avrebbe concesso l’autorizzazione ad appendere le lucette colorate per la strada con gli auguri multilingue!Confesso che la notizia è rimasta appesa a me, alle orec-chie, aggiungendosi il fatto che perfino i consiglieri leghisti avrebbero fatto un salto sulla sedia lasciandosi sfuggire un

Respinti al mittentedi Riccardo Monaco

Può capitare anche con gli auguri delle festività natalizie, come nel caso di via Padova a Milano

P sorpreso “ohibò”.Si sa come vanno queste cose, inevitabile il salto nei tigì della sera, il codazzo di polemiche, i sottili distinguo dell’oratoria politica, il rovescio della medaglia che finisce per chiamare in causa soprattutto il buon senso comune. Risultato, dato che gli addobbi e le lucette comunque ci vogliono, pare che queste siano state sostituite da altret-tanti cuori, sempre di tubicini illuminati e senza tanti com-menti scritti. Cos’è, un convegno di cardiologia all’aperto? Un’anticipazione sulla festa di San Valentino? Un “segnale” amoroso criptato come sarebbe piaciuto ai trovatori pro-venzali a protezione dell’identità della loro amata? Come si vede, con un po’ di fantasia le interpretazioni fuorvianti non mancherebbero, come non mancherebbero delle osservazioni per andare un po’ più in là. Ad esempio, se la logica dell’assessore fosse impenetrabile, cioè bando agli auguri in lingua diverse sul sacro suolo della patria, cosa dovremmo fare con tutti i biglietti e le cartoline augurali che sciaguratamente portano stampati proprio gli auguri in sette-otto lingue diverse? Al macero, al rogo, non c’è dubbio! E Poste Italiane che ha sempre provveduto all’inoltro di questi biglietti senza nessuna censura preventiva? Deferita al magistrato, non c’è dubbio! Sospetto fortemente che fini-rebbero sul banco degli accusati anche grembiuli da cucina e biancheria intima con la stesse caratteristiche, se non indossati con disinvolta clandestinità. Attentato all’identità nazionale,ecco cosa ci troveremmo di fronte, vilipendio della lingua italiana, oscuramento del tricolore, invasione

culturale aliena e tenta-tivo di colonizzazione da parte di non meglio di-chiarate potenze stranie-re. Altro che Buon Natale, questa è la sindrome da fortezza assediata. Il guaio è che fuori c’è il mondo che va avanti lo stesso, con chi ci sta e ha voglia di fare un pezzo di strada con chiunque stia camminando sul ciglio della strada. Intanto, per quanto mi riguarda, tanti auguri a tutti, ma proprio a tutti, senza eccezioni.

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La grande acquaLe dimensioni del diluvio biblico, i danni subiti, la volontà di

ripartire, gli interventi necessari. di Michele Santi

Una fetta consistente dei territori fra Este e Montagnana è stata invasa dalla furia del’acqua, a causa della rottura di un argine, sul canale Frassine. Passato il momento dell’emergenza, mentre stendiamo queste righe, possiamo passare dalla fase della triste conta dei danni a valutare con polso la situazione. Di certo si è trattato di un fenomeno inatteso e non pre-visto, visto che da molte parti la meteorologia dava per questo periodo segnali ben diversi, con una stagione autunnale che si attendeva ben poco bagnata. La realtà è stata invece ben diversa, ed ha riportato alla memoria di molti altre situazioni già vissute, come l’immagine, solo di un decennio fa, della piazza di Este coperta da un velo d’acqua persistente, e l’area di Este Nuova con le cantine delle abitazioni piene d’acqua sino a qualche metro. Sembrerebbe spontaneo dire che le situazioni più difficili poco insegnano all’uomo, se da parte di chi era deman-dato non si è provveduto alla cura attenta e puntuale dell’ambiente, ed in particolare del corso di fiumi e canali. Le stesse nude cifre danno comunque la sensazione di un disastro di proporzioni che lasciano a bocca aperta. La rottura del Frassine nei pressi di Prà di Botte, fra Meglia-dino San Fidenzio e Saletto, in un’area fortunatamente poco abitata, ha portato all’allagamento di circa 5.000 ettari di terreno, con lo sversamento di oltre 26 milioni di metri cubi di acqua. Una massa liquida fra l’altro destinata a rimanere come peso ingombrante per qualche mese, visto che è impossibile o quasi sperare che gli impianti di bonifica siano in grado di far defluire una quantità di liquido superiore per svariate decine di volte al flusso normale.

Una falla che fra l’altro è stato possibile porre in sicurezza solo grazie all’intervento degli elicotteri dell’esercito, viste le dimensioni e l’entità della stessa rottura. Ma la stessa realtà del sistema di smaltimento delle ac-que nel territorio fra Este e Montagnana è da mettere in discussione, in quanto nonostante storicamente si tratti di un ambito che raccoglie le acque piovane che devono essere allontanate con strumenti di sollevamento mec-canico, con una ricca quantità di canali che servono al duplice scopo di garantire l’irrigazione per le coltivazioni agricole e drenare le acque piovane, alla semplice osser-vazione si intuiscono due colli di bottiglia, ossia i 2 canali che fungono da scolmatori, e cioè il Frassine e il Fratta Gorzone. Da aggiungere alla delicata situazione di questi 2 corsi d’acqua la constatazione che tutto il sistema di smaltimento delle acque, a livello regionale, è collegato in maniera molto sensibile. E infatti, oltre alle tragedia di numerose famiglie che han-no perso tutto quasi nel giro di qualche ora, il dramma è anche quello di un’economia che ha subito forti danni. Oltre infatti ai terreni allagati, che non potranno essere utilizzati per le coltivazioni per diversi mesi, in attesa per di più di analisi per accertare che non vi siano infiltrazioni di metalli nelle stesse estensioni, sono stati perduti circa 150.000 fra polli e tacchini, oltre che 3.000 conigli, senza contare altre specie animali. Stima provvisoria,ma che dà sicuramente le dimensioni di un dramma. La sensazione è comunque quella che in quest’area, come in buona parte della nostra Regione, si sia confermata la tendenza che emerge di fronte alla calamità. È scattata la solidarietà

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spicciola, che ha portato lì per lì a dare accoglienza a chi non poteva rientrare nelle proprie case, mentre diversi imprenditori agricoli hanno subito dato segnali di “rimboc-carsi le maniche” e mettersi in movimento per cercare di reagire di fronte a quanto accaduto. Cosa fare e cosa aspettarsi per i prossimi tempi? Di certo, in attesa di riflessioni, dopo la solidarietà e l’aiuto per chi ha perso molto, si possono accettare alcune indicazioni, a partire da quanto indicato dal Consorzio di bonifica Adige Euganeo. Gli interventi infrastrutturali primari, da mentre in atto,per la mitigazione e la messa in sicurezza idraulica del territorio richiedono per lo meno 25 milioni di euro. In dettaglio è prevista, nel bacino Brancaglia, la sistemazio-ne delle rete di rete di bonifica, per 54 km, come pure la sistemazione del nodo idraulico della botte di Vighizzolo. Ancora la sistemazione del sottobacino Monache nel co-mune di Este, e l’adeguamento dell’impianto che sversa sul Frassine. Nel bacino Vampadore,oltre alla sistemazione dei 35 km di canali, previsto invece l’adeguamento fun-zionale della stessa idrovora Vampadore e la creazione di un bacino di laminazione, per la raccolta delle acque, nei pressi dello stesso impianto. Difficile essere certi che nei prossimi tempi vi saranno i fondi necessari per dare risposta a tutte le necessità. Speriamo non in attesa del prossimo evento catastrofico.

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di Ferdinando Garavello

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L’alluvione dei Santi ha lasciato ferite molto profonde. L’acqua e la melma del Frassine hanno ormai abban-donato case e aziende, ma il ricordo di quei momenti terribili non intende lasciare la memoria di chi li ha vissuti. Dal giorno dell’esondazione sono passate set-timane e la vita è cambiata per molti. Le storie, i fatti, i piccoli miracoli di un periodo convulso sono migliaia. Ne abbiamo scelte due, dopo averle raccolte dalla voce dei protagonisti. Si tratta solamente di due flash, due vicende che emergono per un istante dal tumulto dei

primi di novembre. Ma possono far capire molto, a chi non c’era, di quanto è accaduto nella bassa padovana.

SalettoSono passati già cinque giorni dalla rotta di Prà di Botte. L’acqua inizia a defluire dalle campagne a nord della Padana inferiore, costretta dalla forza di gravità e dalle pompe installate dalla task force che gestisce l’emergenza. Le prime strade cominciano a tornare alla luce e i residenti possono rivedere la propria abitazione. Pensare di poterci vivere è impossibile: non ci sono luce e gas. L’acqua, invece, c’è ancora. In via Cavaizza, una delle più vicine all’epicentro del disastro, la gente cerca di mettere un po’ d’ordine nelle villette e nei rustici invasi dal fango. Negli occhi ancora l’ondata di piena del Fras-sine, che impiega pochi minuti per coprire la distanza tra la falla e le case. «Eravamo saliti in macchina per andare a vedere l’argine – raccontano Federico e Do-natella Costantin, mentre osservano mestamente il loro garage ormai sommerso – ad un certo punto ci siamo accorti che l’acqua arrivava a velocità impressionante. Allora siamo scappati, abbiamo avuto appena il tempo di tornare a casa e raccogliere i nostri famigliari». Non c’è tempo di fare niente. Il portafogli rimane sul tavolo, le finestre restano aperte. I cani vengono lasciati liberi, nella speranza di dare loro qualche opportunità in più di salvarsi. «Loro se la sono cavata – sorride Federi-co – hanno mangiato quasi tutte le galline, mentre le capre hanno rasato a zero il giardino». «Abbiamo più di un metro e mezzo d’acqua nel garage – continua il pa-drone di casa – non ho idea di come possa andare via. Laggiù ho tantissime cose, compreso tutto il materiale di un trasloco, ancora imballato». Oltre a 70 quintali di legna da ardere, che si asciugherà chissà quando. In quel momento Donatella si mette a ridere. Una risata amara: il postino ha già portato le bollette e gli avvisi di scadenza delle varie rate. Marito e moglie si guardano, increduli. Forse è solo il segnale che la vita deve conti-nuare, sempre e comunque.

L’esondazione del Frassine ha colpito, con conseguen-ze più o meno gravi, centinaia di aziende dell’area fra Este e Montagnana. Il colpo più duro l’hanno subito il settore agricolo e quello degli allevamenti. I capi morti

La rotta, all’improvvisoStorie di uomini e donne, cani e tori, tabacco e trattori

sorpresi dall’acqua

Allevamento Zancanella di Saletto

Allevatore Paolo Zancanella mostra il segno che ha lasciato l’acqua durante l’alluvione

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nell’alluvione sono quasi 200 mila solo per la bassa pa-dovana. Galline, tacchini, conigli e maiali: tutti spazzati via. La devastazione dei primi di novembre ha messo in ginocchio molti allevatori, ma il caso più emblematico sembra essere quello dei fratelli Zancanella. La melma ha ucciso in pochi istanti migliaia di polli, rovinando il tabacco già raccolto e facendo marcire quello ancora nei campi. «Abbiamo perso 20 mila polli e l’intero prodotto annuale del tabacco – ammette Paolo, uno dei fratelli titolari dell’azienda - ne abbiamo salvato solo qualche quintale, portandolo via con i trattori prima che diven-tasse fradicio. Per non parlare del tabacco ancora nei campi, che è stato sommerso ed è quindi da buttare via. In totale saranno 1000 quintali di foglie». L’acqua ha rovinato enormi apparecchiature nuove di zecca, mandando gambe all’aria un investimento sul quale la famiglia contava molto. Ora, a settimane dalla rotta di Prà di Botte, la macchina degli aiuti e dei rimborsi è ormai avviata. Anche se quel giorno di novembre è diffi-cile da dimenticare: «Quando abbiamo capito cosa stava succedendo - racconta Zancanella, ricordando gli istanti dell’emergenza - avevamo ormai l’acqua al ginocchio. Il Frassine passa appena a tre chilometri da qui. Abbiamo messo al sicuro due trattori prima di scappare. Però sia-mo tornati la prima notte per recuperare due tori ancora vivi. Li abbiamo caricati su un rimorchio e li abbiamo

lasciati dove erano, e solo due giorni dopo siamo riusciti a portar loro qualcosa da mangiare». Passato il momento critico, arriva il tempo dei bilanci. Ed il conto è in rosso: in agricoltura le somme si tirano alla fine dell’anno. Ma che somme vuoi tirare quando hai perso capi e raccolto? «Da soli non ce la faremo mai - conferma Paolo Zanca-nella - dobbiamo solo sperare che qualcuno, lo Stato o chissà chi, ci possa aiutare».

Donatella Costantin mostra il livello dell’acqua nella sua casa

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Brevi notizie dal territorio: appuntamenti, mostre, manifestazioni, novità. Tutti i colori del nostro quotidiano e le ultime curiosità.

Le brevi, le newsa cura di Michele Santi

Monselice - Forum MultiarteFine del mese di novembre che ha visto un interessante appuntamento per i giovani, ma non solo, a Monselice. Per “Giovani in Forum” gli adolescenti hanno potuto non solo ascoltare gli utili consigli di chi spesso ha maturato le loro stesse esperienze, ma anche mettersi in confronto con alcuni pro-tagonisti del loro mondo. Dopo una ta-vola rotonda sul tema dei giovani e del successo, si è parlato di confronto tra le Associazioni di categoria e gli stessi protagonisti, e ancora con altri ospiti di calibro, come lo scultore-scrittore Mauro Corona e il giornalista Toni Ca-puozzo. Nella stessa manifestazione è stato inoltre presentato un progetto per la realizzazione di un ospedale nella località di Gasorwe in Burundi, e presentato il resoconto del viaggio in Kenya di alcuni giovani vincitori del concorso dello scorso anno. Infine incontro con la musica, con un figlio d’arte, Giovanni Baglioni, figlio di Clau-dio, che ha tenuto un concerto serale.

Noventa Vicentina - Stagione di prosaHa preso inizio, a Noventa Vicentina, la stagione teatrale di quest’anno organiz-zata presso il teatro Modernissimo, all’insegna di una serie di 8+1 spettacoli che spaziano piacevolmente fra ambiti e generi diversi. Da segnalare, per esempio,il primo spettacolo, riservato agli abbonati, con “La buona madre” di Carlo Goldoni, mentre alla metà del mese di dicembre è stato possibile rivivere un mito d’amore, quello di Romeo e Giulietta, nel capolavoro di Shakespeare e nell’allestimento della Fondazione Atlantide e del teatro Stabile di Verona. Alla metà di gennaio va invece in scena un classico della commedia inglese,con “Arsenico e vecchi merletti”, a cui segue, alla fine del mese “Se no i xe mati, no

Noventa Vicentina - Piccoli a teatroStimolante e varia rassegna di teatro per i più piccoli a Noventa Vicentina. Da domenica 21 novembre sino a marzo del prossimo anno un’occasione men-sile, all’interno del Teatro Modernissi-mo, per gustare, nell’ambito dell’edi-zione 2010/2011 di “Un sipario fra cielo e terra”, la rappresentazione di fiabe tradizionali e di moderni motivi per il divertimento. Si va infatti dal classico “Gatto con gli stivali”, al più recente, per lo meno nell’ispirazione, “C’era una volta il pan-da”, senza dimenticare la sempre at-tuale vicenda de “La bella e la bestia”.

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Noventa Vicentina - Feste di NatalePeriodo natalizio ricco di eventi a No-venta Vicentina. Dopo l’accensione dell’albero di Natale, con animazioni e musica natalizia, trenino di Babbo na-tale per le vie del centro domenica 12 dicembre, a cui segue, dopo 4 giorni, il concerto del coro “Rigo d’Argento” presso la casa di riposo “Ca’ Arnaldi”. Sabato 18 e domenica 19 dicembre mercatino di Natale, con la tradizionale tombola, un intrattenimento musicale e cioccolata calda per tutti. Concerto di Natale nella serata del 23 dicembre all’interno del duomo, mentre il giorno seguente è previsto l’arrivo di Babbo Natale, con la consegna dei doni in serata per i più piccoli.

li volemo”, di Gino Rocca, da gustare come esempio di teatro in lingua ve-neta. Rassegna che continua con altri titoli, con una proposta variata che permette di aprirsi su generi diversi, all’insegna della risata ma pure della riflessione sui misteri della vita.

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Montagnana – MysteriaMontagnana da sentire e vivere in maniere diverse, e per questa volta all’insegna del mistero. Alla fine del mese di novembre, la cinta muraria è divenuta palcoscenico per una manifestazione legata ai “Luoghi di mistero”. Per l’occasione, nel vecchio castello di san Zeno, primo nucleo delle mura medievali, è stata messa in scena la caccia ai fantasmi,con il racconto delle misteriose presenze che a volte si intuiscono all’interno del fabbricato. La mente dello spettatore è stata riportata per un momento nel XIII secolo, più precisamente al marzo del 1242, la data del’incendio di Monta-gnana ad opera del tiranno Ezzelino da Romano. Accanto al fatto storico la rappresen-tazione si è incentrata sul dramma della “dama azzurra” ,con il ricordo del suo amore contrastato.

Ospedaletto Euganeo - Di prova in provaAttesa ormai sicura per il mese di gennaio con le attività del gruppo teatrale “Ospedaletto ci prova”. La rassegna di teatro dialettale, giunta alla nona edizione,vede infatti in programma una serie di appuntamenti interessanti che spaziano dalle rappresentazioni alle proposte diverse. Si inizia da mercoledì 5 gennaio, con la commedia brillante “El pan l’è bon da rendare”, mentre venerdì 7 sarà ospite il giornalista Fabio Zavattaro, vaticanista del Tg1, che presenterà il suo libro “Un santo di nome Giovanni”, sulla figura di papa Wojtyla. Sabato 8 gennaio si continua con la commedia”Ma che colpa ne goi mi?, con testo e regia di Francesco Chiodin. Si continua per ogni fine settimana, sino alla metà del mese di febbraio, sia con spettacoli teatrali e di intrattenimento per bambini, con accanto, pure approfondimenti culturali su temi di attualità.

Noventa Vicentina - Per coro e orchestraBuona musica del genere classico e corale da gustare a Noventa Vicentina. Alla fine del mese di novembre, su iniziativa della Fondazione Stefani, all’intero del duomo cittadino, è stato proposto un concerto per soli coro ed orchestra, con musiche di Vivaldi, Frisina e Purcell. Un passaggio fra tre compositori diversi, con caratteristiche molto variegate, messo in scena dal coro Amici della Musica di Barbarano Vicentino,in colla-borazione con l’Orchestra Officina armonica di Breganze.

Montagnana – Bel cantoOccasione sociale per sottolineare il lavoro posto in atto dal Laboratorio Lirico del Veneto. L‘istituzione, sorta a Montagnana e intitolata ai due grandi tenori locali, Giovanni Martinelli e Aureliano Pertile, nel giro di qualche anno ha dimostrato di essere in grado di raccogliere, dai diversi paesi del mondo, giovani artisti del bel canto. Di recente una delegazione di 15 allievi, guidata dal direttore artistico Cristian Ricci e dall’assessore ai servizi sociali Federica Morello, è stata ricevuta in visita ufficiale dal sottosegretario di Stato Gianni Letta a Palazzo Chigi, dove sono state presentate le attività istitu-zionali svolte dalla stessa accademia.Il Laboratorio Lirico svolge infatti, grazie al sostegno della società Arcus e della regione Veneto, un ruolo importante come catalizzatore per la promozione dell’arte della cultura italiana e del melodramma.

Montagnana – In festaCapodanno ormai tradizionale per rivivere e sentirsi all’interno di un mondo medievale senza età a Monta-gnana. Si tratta di un momento legato al turismo, che porta a coinvolgere lo spettatore per farlo sentire protago-nista, a partire dalla festa medievale della mantella, con la avvincente corsa delle mezzene,dove alcuni forzuti sono pronti a sfidarsi nella gara di corsa con sulle spalle un maiale, premio della competizione. Segue l’escursione con vista ai castelli medievali che caratte-rizzano l’area della Bassa padovana, mentre la manifestazione si conclude con un cenone e veglione di capodan-no, nella notte più lunga, all’interno di un castello medievale.

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L’incontroUn amore può vivere di sole parole?

Sì, in condizioni molto speciali...

U n giorno una signora venne a raccontarmi alcuni eventi della sua vita. Quando iniziò a parlare, come un fiume in piena le sue parole mi trasci-

narono verso di lei e verso ciò che le era capitato. Alcuni anni prima si era trovata di fronte ad un edificio bianco che, in seguito, l’avrebbe vista passare più volte oltre la sua soglia; un edificio pieno di oscuri e strani presagi. E non avrebbe mai immaginato d’incontrare proprio lì l’uomo che l’avrebbe fatta “sognare” per una vita intera. La prima volta che andò in quel posto, lo notò subito e lui notò lei, nonostante la moltitudine di persone. Lei lo amò all’improvviso, senza volere, come trascinata da un vento impetuoso e senza tempo. Aveva percepito il suo fuoco interiore, un’ombra luminosa visibile solo a chi si sta per innamorare. Lui era pieno di dolcezza, nonostante devastato dalla sofferenza. Subito si sedettero vicino ed iniziarono a parlare, quasi si riconoscessero come simili tra loro e “distanti” dagli altri. E come se si amassero da sempre, per salvarsi dalla disperazione, lei s’immerse nei suoi occhi e lui nelle sue parole. Sapevano che si sarebbero rivisti ancora, la situazione lo imponeva. Per ciò, vedendolo pieno di tristezza, la signora decise di proporgli un gioco, un gioco di fantasia: immaginare d’esser in un altro luogo e in un altro tempo. Così iniziarono a raccontarsi delle avventure nelle quali loro erano i protagonisti. Col passare dei mesi si appassionarono sempre più a quelle fantasie. E se lei lo vedeva stanco e malinconico, con tutta la forza del suo amore tentava di trascinarlo nelle storie, pur di portarlo via da quel luogo; lui, disperato, la seguiva. Chiudevano gli occhi e parlavano sottovoce; fortunatamente nessu-no si curava di loro: erano come due fantasmi, ombre perse nella notte. Ogni quindici giorni si ritrovavano lì, in quell’edificio bianco; la situazione lo imponeva. Così, senza esserselo mai confessato, vivevano lì il loro amore, in quella maniera astratta e particolare, dolce e crudele. E ogni volta ricominciavano a raccontarsi tutto ciò che avevano dentro, tutto quello che desideravano l’uno per l’altra. Passavano i mesi, sempre nello stesso modo; non potevano amarsi per davvero, ma lo facevano con quelle fantasie, vere come il sentimento che ormai li univa; e si amavano appassionatamente, come mai era capitato nelle loro vite reali. Poi lui non venne più. L’aveva anche avvisata che forse non ce l’avrebbe fatta a tornare; e lei

l’aveva capito da tempo. Però fecero l’accordo di continua-re a viversi così, nelle loro storie, quelle storie che tanto li avevano incantati, quelle storie che avevan saputo far loro superare ogni ostacolo, ogni disperazione, anche una definitiva separazione.La signora non ha più saputo nulla di quell’uomo che le aveva stordito il cuore. Egli aveva voluto così, l’aveva detto: “Non cerchiamoci più, e viviamoci così, per sempre”. Lei ora è guarita da quella terribile malattia che, come lui, aveva dovuto affrontare con operazioni, chemioterapie, terapie lunghe e pesanti. Dopo un periodo di grande tristezza è tornata ad essere serena; e continua a “vivere quell’amore” nella sua mente: le piace pensare che, anche lui, sta continuando la loro storia, camminando in qualche luogo con lei, o aspettan-dola seduto su una panchina.

Mariagrazia ParigiAssociazione Riprogettare la vita (c/o Ospedale di Este)

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14 Ai musei Civici Eremitani a Padova. Fino al 16 gennaio 2011.

Giorgione a Padova. L’enigma del carro

Musei Civici Eremitani ospitano una grande mostra dedicata ai capolavori del Giorgione, il grande pit-tore nato nel 1478 a Castelfranco Veneto e morto

a Venezia nel 1510. A 500 anni dalla morte, questa importante mostra vuole approfondire quale sia stato realmente il rapporto di Giorgione con la città di Padova e muove da uno dei massimi dipinti: La Tempesta (presente in mostra). Nel quadro lo stemma dei Carraresi riportato sulla porta dipinta dal Giorgione fa pensare che ci siano delle verosimiglianze con il paesaggio della Padova del Quattrocento, quindi metterebbe in luce influenze re-ciproche tra Giorgione e l’ambiente culturale, artistico

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La cattura di Cristo

Madonna col bambino, un devoto e i santi Nicola e Ludovico da Tolosa

Madonna col bambino, i santi Pietro, Caterina, Lucia, Paolo e due donatori

La tempesta e letterario della città tra il XV e XVI secolo. Sempre al clima culturale del tempo, che tanta influenza ebbe nella personalità nonché nell’arte del Giorgione, rimandano i riferimenti al sapere e agli studi scientifici tanto evoluti nella Padova nel sedicesimo secolo. Una particolare attenzione va al rapporto con Copernico (a Padova tra il 1501-1503) e alle conoscenze astronomiche e geogra-fiche del tempo (riproposte dall’artista nel famoso fregio di Castelfranco) per mezzo di affascinanti strumenti scientifici e di testi originali che documentano tra l’altro, l’elaborazione delle teorie eliocentriche tra Padova e Venezia nei primi anni del Cinquecento.

Orari:Aperto tutti i giorni: 9.00 - 19.00Chiusura: tutti i lunedì non festivi, Natale, S.Stefano, Capodanno

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F ine ottobre. Canada, Churchill nel Manitoba, baia di Hudson. In pieno territorio di orsi polari. Norbert Rosing, fotografo tedesco, specialista

nell’immortale gli animali artici, orso polare compreso, sta ultimando delle foto. I suoi cani husky lo attendono tranquilli, accovacciati sulla neve. La temperatura è rigida ma sono abituati alla severità del clima e infilando il muso tra il folto pelo cercano di riscaldarsi. L’obiettivo di Norbert è puntato, angolature diverse incorniciano una bellezza da mozzare il fiato, orizzonti che a fatica rendono giustizia nel perimetro di un click. Tutto sommato è stata una giornata fervida, gli scatti frenetici si sono susseguiti con spontanei-tà e semplicità, un’infinita sequela di immagini da rivedere in tutta tranquillità in una stanza calda decidendo che tenere e che buttare. Luce perfetta, nonostante il tempo gelido. I cani attendono incuranti della quiete e dei pochi suoni che ogni tanto fendono l’aria, non c’è frenesia per le lancette che scorrono veloci. Appena inizia il buio si smette e si riprende l’indomani. Ora sono lì, qualcuno dormicchia, qualcuno fiuta l’aria con insistenza. Di lì a poco un orso polare, un bell’esemplare, si avvicina cauto, affondando le grosse zampe nella neve. Si ode solo lo scricchiolio dei suoi passi sulla coltre bianca. La luce del giorno si riflette dolcemente sul blu acciaio della volta celeste. Norbert alza gli occhi, distogliendoli dalla macchina fotografica. Un tumulto al cuore, il freddo si fa ancor più intenso mentre un senso di malessere s’impossessa di lui. L’orso punta verso gli husky. Non rallenta l’andatura, anzi si avvicina con passo deciso. I cani si alzano in allerta, gli occhi rivolti al loro nemico secolare, l’orso. Norbert trattiene il fiato e pensa che, tutto sommato, sono stati dei validi amici, compagni di molte avventure, con cui ha condiviso freddo e giornate difficili. Gli hanno donato fedeltà, che non è cosa da poco. Ed ecco che inizia a scendere una nebbiolina azzurrina, la

sagoma dell’orso è a pochi passi dai cani da slitta. Però accade l’imprevisto. Da un iniziale stato di massima allerta i cani cominciano a rilassarsi e l’orso, a pochi passi, fa capire loro che non ha intenzioni ostili. L’orso si stende a pancia in su e si lascia annusare in posizione di arrendevolezza. Si fa abbracciare dalle loro zampe minute e con delicatezza muove il corpo per non ferire quelli che considera amici. Norbert sgrana gli occhi per osservare meglio ma la scena, che ha dell’incredibile, gli appare così: l’orso sta giocando coi cani. Il grosso animale si tuffa sulla neve, si alza su due zampe, si rotola e gli husky non si tirano indietro. Nuovi soggetti da fotografare mentre felice per l’epilogo della storia si rasserena. Per una settimana, tutte le sere, l’orso tornerà e giocherà con i cani. Si ripresenterà per la pura gioia di giocare. Il desiderio di leggerezza, piacere e diver-timento che l’attività ludica reca con sé. Senza spiegazioni esagerate e complicate, chissà l’orso voleva unicamente esprime creatività, mascherare aggressività, comunicare emozioni e bisogni. E lo ha fatto nel modo più semplice che conosceva. Non c’è altro da dire.

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Giochi sulla neveAlcune volte la natura ci sorprende regalandoci

immagini piene di tenerezza. di Chiara Scavazza

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Chardin, il pittore del silenzio

P alazzo dei Diamanti a Ferrara celebra uno dei più straordinari pittori di tutti i tempi, Jean Si-méon Chardin (1699-1779) con una retrospet-

tiva italiana. Chardin, il pittore del silenzio. La rassegna ripercorre la carriera di questo grande protagonista dell’arte del Settecento che, con la sua tecnica pittorica innovativa, elevò gli oggetti di uso domestico e i gesti delle persone comuni facendoli diventare protagonisti della rappresentazione artistica. Con la sua nuova poe-tica dell’arte, fondata sull’armonia delle forma contro la logica dominante della razionalità, interpreti della scena diventano proprio gli oggetti quotidiani, gli ambienti do-mestici e le figure umane, dai rampolli della borghesia alla servitù, raffigurati nelle attività quotidiane. Nella

Palazzo dei Diamanti a Ferrara fino al 30 gennaio 2011.

Jean Siméon Chardin, La bambina col volano, 1737

Francia del Settecento, dedita alla sontuosa vita di corte e all’effimero, egli ritrae un’altra realtà. Pittore meditati-vo, dipinge il silenzio che impregna le nature morte e le sue scene di interni. La pittura diviene così poesia del quotidiano in grado di trascendere i gesti delle persone comuni trasformandoli in personaggi di grande spicco. In mostra una ricca e ampia selezione di opere: si va da quelle giovanili ai capolavori degli ultimi anni di attività, provenienti da musei e collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Chardin fu un punto di riferimento per artisti quali Cézanne, Matisse e Morandi, affascinati e influenzati dalla sua tecnica, focalizzata sul rapporto fra colori e sulla trasformazione degli effetti che la luce produce posandosi sugli oggetti e sulle persone.

Gatto con trancio di salmone, due sgombri, mortaio e pestello, 1728

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Gold news A cura di Fabrizio Ferro

Damiani conquista il Middle East Premier Award 2010 Bahrain, novembre 2010 - Un altro importante riconosci-mento internazionale per Damiani, premiata da pubblico ed opinion leaders in occasione dell’annuale Middle East Premier Awards for Watches, Jewellery & Pens tenutosi in Bahrain a fine ottobre. Nel corso della manifestazione, giun-ta ormai alla 6° edizione, il bracciale ISOTTA di Damiani è stato incoronato vincitore della categoria “Best Fashionable Jewellery”. ISOTTA è un masterpiece realizzato in brillanti, zaffiri in gradazione di colore, calcedonio ovale cabochon e pietra lunare montati su oro bianco, come nella più classica tradizione dell’alta gioielleria. Le straordinarie sfumature di colore e la stupefacente varietà di pietre di forme diverse creano una nuance delicata, che va dal blu intenso dei pre-ziosi zaffiri al bianco tenue delle pietre preziose, evocando storie mitiche di un amore ormai lontano nel tempo. I “Midd-le East Premier Awards” vengono assegnati sulla base di un voto online da parte del pubblico e di quello di un comitato speciale, assicurando così l’imparzialità e l’autorevolezza della votazione. Un’ ulteriore conferma internazionale ed un nuovo successo di pubblico per Damiani, per il design e l’ar-tigianalità manifatturiera Made in Italy delle sue creazioni.

Il Rosa è di valore. L’unica grande miniera di diamanti rosa al mondo si trova nel Kimberly. Si chiama Argyl Diamond Mine e sforna diamanti che vanno da un rosa intenso, quasi purpureo, allo champa-gne. L’estrazione avviene dal 1985, con metodi che rispet-tano sia l’ambiente che i minatori. I diamanti trovati sono stati datati circa 1.580 milioni di anni e la loro formazione potrebbe avere avuto luogo in circa 400 milioni di anni con una ridotta dimensione media dei cristalli e insolite caratte-ristiche fisiche e di colorazione dei diamanti di Argyle. Tutto questo per introdurre il Pink fancy intense, o rosa intenso, del peso di 24,78 carati e di purezza eccezionale. È stato venduto all’asta in Svizzera per più di 45 milioni di dollari (33 milioni di euro), praticamente raddoppiando un precedente record e diventando la pietra preziosa più cara acquistata nel corso di un’asta. Lo ha reso noto il 17 novembre 2010 la casa d’aste Sotheby’s. Il diamante rosa è stato tagliato in

forma rettangolare. Chi lo lo ha acquistato? Laurence Graff, il maggior commerciante mondiale di gioielli ed è il gioiello più pagato di tutti i tempi: infrangerebbe quindi il vecchio record di vendita del diamante proveniente dalla famiglia reale della Spagna, venduto a 25 milioni di dollari. A cui seguiva il diamante blu Wittelsbach, di cui si ha notizia fin dal XVII secolo e che nel 2008 è stato venduto dalla casa d’aste Christie’s per 24 milioni di dollari, un diamante è per sempre!

L’arte di Movado. Da sempre un capolavoroRodolfo Valentino disse: «Le donne non sono innamorate di me, ma della mia immagine sullo schermo. Io sono soltanto la tela sulla quale le donne dipingono i loro sogni». E questa è la parola del primo sex symbol maschile del mondo del cinema. A quel tempo il suo…tempo era scandito da un orologio da tasca, piu simile ad una sveglietta che ad un orologio, e racchiuso in una cassa di forma piatta a sogliola della lunghezza di circa sette centimetri e larga tre, foderata di pelle con un meccanismo di carica del tutto singolare; si apriva dalle due estremità lasciando vedere al centro il quadrante di forma quadrata e, aprendolo e richiudendo-lo, si caricava l’orologio. Il suo nome evoca lo spirito del progetto; ERMETO, orolologio della casa svizzera Movado creato da una ispirazione di Valentino e che gli fu donato un anno prima della sua prematura scomparsa a 31 anni. Era l’anno 1926. L’anno 1988, in occasione del Salone di Basilea, Movado presentava il “Times/5”, orologio che por-tava la firma del genio americano Andy Warhol oggi oggetto di culto e battuto nelle maggiori aste mondiali e con il quale la Casa inaugurava la “Artist’ Series”, a conferma della sua vicinanza al mondo dell’arte. Oggi, nel corso dell’appena concluso Salone del Golf 2010, tenutosi a Verona dal 27 febbraio al 1 marzo, l’originalissimo segnatempo, prodotto in serie limitata di soli 250 pezzi, è stato esposto per tutti gli appassionati presso lo stand B&P Movitalia, distribu-tore in esclusiva per l’Italia. Ricordiamo che già nel 1947 Nathan George Horwitt, artista della scuola del Bauhaus, firmò il Movado Museum® Watch, entrato nel 1960 a far parte della collezione permanente di design del Museum of Modern Art di New York.

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Ci credereste? Frammenti di vita reali, ma tutt’altro che scontati.

Sembra vero: purtroppo lo è

U na delle “carambole” più imprevedibili della crisi economica rimbalza sui dentisti. La loro associazione professionale ANDI regi-

stra nell’ultimo anno un calo del 40 % delle attività e per oltre il 50% di loro lamenta ricavi inferiori a quelli dell’anno precedente. Evidentemente chi doveva taglia-re le spese familiari ha deciso di cominciare dalle cure odontoiatriche. Ci aspetta un’Italia di sdentati? Oppure molte delle cure per cui si spendevano fior di quattrini erano superflue e affrontate solo per motivi di immagine, ovvero la visita dentistica come status-symbol? E dei dentisti chi si preoccupa? Chiederanno lo stato di calamità naturale o la cassa integrazione? Effettueranno massicce svendite di Ferrari e panfili destabilizzando così il mercato del lusso? O faranno saldi di fine stagione, magari ricorren-do a seducenti pubblicità televisive? Che so sconto del 30% su tutte le protesi; regala un apparecchio alla per-sona che ami; sorridenti o rimborsati, con pagamento in 50 rate a tasso zero; … e se vi fate trapanare entro novembre riceverete in regalo una scatola di marron glacés; supervalutiamo tutte le vostre vecchie ottura-zioni; pensaci… un dente d’oro è per sempre!.... Una proposta per un nome: associazione “Trapano Amico” andrebbe bene?

Invece un’arcata dentaria malferma sarebbe stata auspicabile per quell’insegnante di un istituto di Piove di Sacco, inopinatamente balzato agli onori delle cro-

nache per avere morso sul collo un alunno refrattario ai richiami e alla disciplina. Ci si immaginerebbe almeno una levata di scudi di Amnesty International. Non è così; anzi un sondaggio condotto da un quotidiano locale assicura al docente “mordace” un consenso del 64% e una larga fascia di indifferenza, cioè una percentuale quasi plebiscitaria, che neppure il Cavaliere riesce ad ottenere. La stranezza della cosa sta poi nel tipo di “sanzione disciplinare”; si fosse trattato di un ceffone scappato di mano, via, si potrebbe anche capire; ma il morso richiede destrezza, agilità, forse anche premedi-tazione. Che dire? Il ministero dell’Istruzione si ricordi di inserire nei prossimi corsi di formazione dei docenti la vecchia pellicola di Roman Polanski “Per favore non mordermi sul collo”.

Originalità di politici e alte cariche istituzionali: Bersani “rimbocchiamoci le maniche”; Cota “rimbocchiamoci ancora di più le maniche” (chi scrive sentì per la prima volta questa esortazione da Tanassi nei tardi anni Ses-santa); invece il nuovo Presidente della Corte dei Conti, in occasione della solenne cerimonia di insediamento, presente il Capo dello Stato, ha dichiarato che il vero rimedio contro la corruzione è l’onestà. Giusto, perbac-co. Quando sentiremo dire dal Presidente dell’Istituto superiore di Sanità che l’unico rimedio contro le malattie è la buona salute?

Fabio Orpianesi

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In Messico i giorni che precedono il Natale sono carat-terizzati da una simpatica tradizione popolare (risalente probabilmente alla metà dei XVI secolo), las posadas, che ripropone l’episodio dell’arrivo a Betlemme di Giuseppe e Maria e della loro ricerca di un luogo dove alloggiare. Dar posada significa ospitare un viandante e, nella tra-dizione natalizia, la posada è l’abitazione che accoglie i protagonisti della natività. In quest’occasione un corteo segue Giuseppe e Maria che domandano ospitalità, in una casa. Prima di arrivare alla casa dove verranno accolti, si fermano a chiedere il permesso per allog-giare presso altre abitazioni con esito, però, negativo. Poi la processione riprende al suono degli strumenti

musicali, intervallato da preghiere e canti di litanie. Finché, davanti alla casa prescelta, al gruppo che domanda posada con un canto, risponde dall’inter-no dell’abitazione un secondo coro. Poi la porta si apre per accogliere gli ospiti con Giuseppe e Maria. Dopo aver pregato tutti insieme, la famiglia ospitante offre dolci e bevande.

In Finlandia oltre al classico albero di Natale, viene preparato all’esterno delle case un alberello per gli uc-cellini. Si tratta, infatti, di un covone di grano legato ad un paio e addobbato con semi appetitosi. Anche in altri paesi c’è questo gentile pensiero verso i piccoli volatili che riempiono con il loro cinguettìo le ore della giornata;

Natale nel mondoFra tradizioni antiche e piccoli gesti gentili il mondo intero

celebra la festa di tutti

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ad esempio in Germania, soprattutto nel sud, la gente sparge un po’ di grano sul tetto delle case affinché gli uccellini possano far festa il giorno di Natale.

In Francia, nella notte di Natale, Gesù Bambino passa nelle case a distribuire i regali che riporrà nelle scarpe dei bambini disposte, per l’occasione, con tanta trepi-dazione dai bambini stessi. Inoltre, durante la sua visita appenderà dolci e frutta all’albero di Natale.

In Inghilterra fu sant’Agostino da Canterbury a introdur-re la tradizione natalizia allorché, con i suoi monaci, fu inviato da papa Gregorio Magno a svolgervi la propria missione apostolica. In ogni casa l’albero di Natale oc-cupa il posto d’onore. Persino l’austera città londinese si riempie delle festose luci di multicolori lampadine che addobbano un gigantesco albero allestito per la strada.

Il Natale presenta tutti i caratteri e le manifestazioni dei giorni che segnano l’inizio di un ciclo annuale. Periodo preparatorio è la “novena di Natale” che in Sicilia viene allietata dai ciaramiddari (suonatori di cennamella). Originario carattere purificatorio ha il cenone della vigilia di Natale, tutto di “magro” a cominciare dal capitone che a Roma si vende per tradizione al portico di Ottavia, ma ha soprattutto significato di amicizia.

Nella più antica tradizione popolare, il centro della festa è però costituito dal ceppo. Nell’accensione del ceppo, che rimane sul focolare fino a Capodanno, si fondono due elementi propiziatori: il valore del fuoco, immagine del sole, e il simbolico consumarsi del vecchio anno con tutto ciò che di male vi si era accumulato. Anticamente a Genova, il ceppo natalizio veniva offerto al Doge dalle genti della montagna in una pittoresca cerimonia pubblica chiamata col bel-lissimo nome di “confuoco”, il Doge poi versava sul tronco vino e confetti tra la gioia dei presenti. San Bernardino invece si scagliava sia contro chi butta-va vino sul ceppo, o si serviva del ceppo per scongiurare le tempeste. Entrambi gli usi si sono conservati in Abruzzo fino ai tempi moderni. A Polena, in Abruzzo, si mettono ad ardere tredici piccoli legni “in memoria di Cristo e degli apostoli”. A Isernia il capo di casa benedice il ceppo con l’ acqua santa, mentre i familiari gridano “viva Gesù”. Un tempo si festeggiava il Natale in modo semplice. La maggior parte della popolazione era costituita da contadini la cui vita nel periodo di Natale era molto diversa rispetto al resto dell’anno; non c’era infatti lavoro nei campi e perciò si aveva più tempo per trovarsi, raccontare e ricor-dare mille cose sorseggiando un bicchiere di vino caldo.

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28 Viaggi brevi, escursioni, scoperte per week-end e tempo libero

Bella Maribordi Lamberto Cicognani

Volendo non è impossibile ritagliarsi un breve periodo di pochi giorni durante le feste natalizie e di fine anno per andare a conoscere Maribor, seconda città della vicina Slovenia e raggiungibile in poche ore via au-tostrada per Lubiana. Per secoli sotto l’influenza austriaca (si chiamava Marburg), ha conservato tutte le tracce di quella cultura in un centro cittadino dichiarato patrimonio dell’Unesco per le sue splendide archi-tetture dal Medioevo al gotico al rinascimentale. Per di più Maribor si adagia sulle sponde del fiume Drava e conserva anche un quartiere dei pescatori, il quartiere Lent, dove ancora resiste la vite da uva più antica del mondo,circa 500 anni, certificata nientemeno che dal Guinness dei primati. In effetti la città ha alle spalle un massiccio collinare, il Pohorje, che si ammanta di estesi vigneti solcati da decine di chilometri di strade che, se fanno la gioia di ciclisti e bikers, offrono anche degustazione, cultura del vino, attenzione alle proposte gastronomiche, ricettività e bei paesaggi. Tornando in città, una piccola e felice vena pulsante ricca di caffè, teatri, musei e manifestazioni tutto l’anno, non ci si può far mancare il Castello, le torri che spuntano dalla cinta muraria, il vecchio municipio con cortile a portici, una emblematica Colonna della peste e numerose chiese con altrettante opere d’arte. E che dire della possibilità di navigare sulla Drava in zattera godendosi la città dall’acqua? Maribor sta puntando molto sul turismo: vicinissima all’Austria e alla città di Graz, si è dotata ad esempio di un percorso ciclabile di 70 chilometri che unisce le due città costeggiando il fiume o passando fra le colline della Stiria, regione storica in parte austriaca e in parte slovena. Oppure la variante termale, con il wellness, molto apprezzato da queste parti e che si ritrova in due grandi centri benessere che oggi costituiscono una delle attrazioni più importanti della città, l’Habakuk e il Fontana, con percorsi salutistici, bagni di vapore, piscine, trattamenti di bellezza e rigeneranti, sconfinando nel salutismo terapeutico e vai che vai bene. In più non dobbiamo dimenticare il periodo, che è quello di Natale e delle feste di fine anno, per cui dobbiamo aspettarci una città sontuosamente addobbata con luci e atmosfere forse un po’ scontate ma sempre di sicuro effetto, grazie anche al fatto che la parte più bella della città si specchia nell’acqua con degli effetti magici raddoppiati. La cucina

slovena è piuttosto generosa, provate la zuppa di orzo e farro con dei tocchetti di speck come rinforzo, le sempre gagliarde grigliate di carne, gli struklji, dei saccottini di pasta fresca ripieni di dolce o salato e che da soli fanno un pranzo e lasciatevi consigliare per il vino da chi lo fa in loco e lo conosce molto bene: sono vini figli del Teran, celebre vitigno autoctono, asciutto e autorevole ma che ben accompagna i sostan-ziosi piatti della cucina slovena. Abbordabili e interessanti i prezzi di alberghi e gostilne, pensioni o b&b, come in genere acca-de in tutto il paese; ricordatevi solo di procurarvi la vignetta autoadesiva prima di entrare nelle autostrade slovene, è obbligatoria e in genere si acquista alla vecchia frontiera e si deve ap-plicare al parabrezza subito, i controlli ci sono e sono severi, è il loro pedaggio. Davvero, piccola e bella, Maribor.

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In fisiatria, in ortopedia, in odontoiatria, in gnatologia, in oculistica, in angiologia e in molti altri campi, si parla ormai costantemente di postura. In effetti, gli studi della postura, grazie alle innovazioni tecnologiche, hanno compiuto negli ultimi anni grossi passi avanti. Sempre più la postura risul-ta implicata in molte problematiche muscolo-schelettriche e organiche. La posturologia si trova così, per forza di cose, a essere una scienza multidisciplinare che abbraccia molte branche della medicina e della tecnica. L’equilibrio è garantito da importanti meccanismi fisiologici ai quali contribuiscono principalmente, oltre al sistema nervoso centrale e periferico, anche il sistema visivo, uditivo e degli esterocettori (sensori esterni) di tatto e pressione situati soprattutto sotto la pianta dei piedi. Qualunque causa di modifica dell’equilibrio, dovunque posta lungo l’asse testa-piedi, avrà riflessi immediati trasmessi per via ascendente o discendente lungo le catene muscolari e su tutte le altre parti del corpo, modificandoli con rotazioni e/o traslazioni di compenso. Avviene così una riprogrammazione del sistema posturale dell’equilibrio che comporta modifiche delle principali vie afferenti, sia fisiologiche sia, dopo un certo periodo di tempo, anatomiche. Errori posturali quin-di, anche modesti, col passare del tempo sono in grado di causare prima disagi (dolori, contratture, ecc.) e poi patologie: sovraccarichi con conseguente degenerazione articolare (artrosi, meniscopatie, ecc.) irrigidimenti e de-generazioni dei tessuti elastici, intrappolamento dei nervi, blocchi respiratori, disturbi digestivi, cattiva circolazione, problemi di equilibrio. Già a partire dal primo anno di età, la dentatura del bimbo si forma in funzione della postu-ra che assume e dall’utilizzo della lingua che, assieme al piede, risulta essere il più importante conformatore organo-funzionale; la lingua infatti influenza direttamente la crescita mandibolare, mascellare e la forma delle arcate dentarie. La funzionalità dei muscoli masticatori dovrà, per forza di cose, assecondare la disarmonia presente con riflessi sulle importanti catene muscolari. Resta co-

Postura e Benessere

munque il fatto che se la postura non è allineata, anche il piano occlusale, di conseguenza, non sarà allineato, ma sarà funzionale a quella determinata e unica postura. Un raddrizzamento del piano occlusale non accompagnato dall’opportuno programma di rieducazione posturale, comporterà un sicuro miglioramento estetico, ma anche un probabile peggioramento della schiena ovvero della postura in generale. L’importanza di ciò risulta ancora più evidente se si pensa che spesso alle problematiche sopra descritte si accompagnano problematiche da postumi di eventi traumatici, cattive abitudini di vita, alimentazione non corretta, fattori genetici, stress emotivi ecc.Nell’ultimo decennio sono state messe in commercio delle strumentazioni in grado di aiutare il Posturologo nella ricer-ca delle cause che provocano le mal posture e delle loro possibili risoluzioni, avvalendosi dei dati raccolti durante la seduta di analisi posturale. Nello specifico lo strumento più affidabile è la PEDANA POSTURO-STABILOMETRICA, ausilio diagnostico estremamente efficace e ripetibile nel tempo nelle valutazioni posturologiche del paziente che consente di valutare l’efficacia dell’intervento terapeutico.

La postura è l’adattamento personalizzato di ogni individuo all’ambiente fisico, psichico ed emozionale.

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di Massimo Milanetto

PEDANA POSTURO-STABILOMETRICA

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Ingredienti per 8 persone: 4 petti d’oca, 2 l di vino friularo, farina di fecola, 2 coste di sedano, 6 carote, 1 dl olio extravergine d’oliva, salvia, timo, rosmarino, sale e pepe q.b.Pulite i petti d’oca levando loro parzialmente la pelle; salateli, pepateli e rosolateli in una padella con un po’ di olio. Mondate le cipolle, il sedano e le carote, riduceteli a pezzettini, quindi disponete le verdure in un tegame assieme alle erbe aromatiche. Disponetevi sopra i petti d’oca rosolati, coprite il tutto con il vino e cuocete a fuoco lento e a tegame coperto per circa un’ora e mezza. A cottura ultimata passate al colino il fondo di cottura e fatelo legare con un po’ di fecola. Scaloppate i petti d’oca e disponeteli sui piatti coprendoli con il loro fondo di cottura. Decorate il piatto con le carote del fondo di cottura.Vino consigliato: Bagnoli di Friularo

Oca al vino rosso

Ricette a cura di Marina Gallo

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Il grande magroIn gioco tra i fornelli alla ricerca del meglio del gusto

di Lamberto Cicognani

Riproponiamo un grande classico della vigilia di Natale, solitamente riservata ad una cena di magro: si tratta del capitone, la femmina dell’anguilla, che da nord a sud vanta una sua storia ed una indiscussa popolarità. Già i romani ne erano ghiotti e ad una mensa che si rispettasse non mancava mai. Oggi, da Comacchio a Napoli, il capitone continua ad essere ricercato e assicura gusto e un giusto equilibrio a tavola, ricordando che sono gli eccessi a far male, non i piaceri.Per il capitone arrostito servirà un’anguilla da un chilo o poco più, aceto bianco, olio d’oliva, foglie di alloro, aglio, prezzemolo, sale e pepe q.b.Dopo aver tagliato il capitone sotto la testa e averlo spellato e ben lavato, ricavatene dei filetti da sette-otto centimetri di lunghezza, preparate una marinatura con foglie di alloro, olio, sale, pepe, aceto bianco e lasciatevi i filetti a marinare per una mezza giornata. Passato questo tempo avvolgete i filetti in foglie di alloro e disponete sulla griglia bagnando con una emulsione di olio e aceto bianco usando come pennello dei rametti di prezzemolo. A cottura ultimata di-sponete su un piatto di portata e servite accompagnando, udite udite, o con un rosso giovane ma di buona personalità

o con un bianco gran secco, ad esempio un nettare del Collio Goriziano.Il capitone in umido invece va accompagnato con la polenta di farina gialla, per cui fate i conti con l’orologio in modo che questa sia pronta a cottura ultimata del piatto principale.Vi serviranno il capitone, aglio, salvia, mezzo bicchiere di vino bianco, una cipolla, mezzo bicchiere d’aceto, 250 gr. di passata di pomodoro, olio, sale, pepe.Pulito e lavato il capitone, tagliatelo a pezzi e lasciatelo un paio d’ore in acqua e aceto, poi fate appassire in un po’ d’olio la cipolla tritata e l’aglio schiacciato. Asciugate il capitone, infarinatelo leggermente e fatelo indorare nell’olio (a parte), deponetelo nel soffritto, appena prende calore sfumate con il vino bianco, aggiungete la passata di pomodoro e la salvia, aggiustate di sale e pepe e lasciate sul fuoco moderato per 35-40 minuti. Nel frattempo avrete preparato la polenta gialla, eliminate ciò che resta dell’aglio e della salvia dal capitone in umido e servite con il giallo pasticcio di mais. Nel calice un vino capace di asciugare il palato, senza seccarlo, per cui, mode-stamente e semplicemente ci berrei volentieri sopra anche un onesto cabernet franc delle nostre terre.

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Sullo scaffale: novità in libreria, titoli e trame.

XY“L’ho detto ai carabinieri, l’ho detto al Procuratore, l’ho detto a tutti quelli che mi hanno chiesto “cosa avete visto?”: l’albero, abbiamo visto, l’albero ghiacciato. È stata la prima cosa che abbiamo visto, appena arrivati al bosco - e anche dopo, quando abbiamo visto il resto, è rimasto l’unica cosa intera che abbiamo visto. L’albero. Era lì, al suo posto, all’imboccatura del bosco, cristallizzato come sempre nel suo cappotto di ghiaccio, la cui trasparenza era offuscata dalla neve fresca - ma era rosso. Era rosso, sì, come se Beppe Formento, nell’atto di ghiacciarlo, avesse messo dello sciroppo di amarena nel cannone…”(XY di Sandro Veronesi, Fandango, 394 pagg., 19,50 euro)

La ragazza che rubava le stelle Una storia di menzogne e misteri, amore e odio, violenza e redenzione, peccato e per-dono, ma anche speranza, la speranza di trovare finalmente il proprio posto nel mondo. Zee Finch è ferma sul molo e fissa il mare. Le stelle si riflettono sulle acque dell’oceano disegnando un sentiero luminoso. Una volta Zee conosceva bene quel sentiero. Eppure, un giorno, aveva perso quella rotta perché quel giorno sua madre si era suicidata. Zee era fuggita da tutto e da tutti. Passati quindici anni è venuto il momento di ripercorrere la rotta perduta dove si realizzerà il destino che l’aspetta.(“La ragazza che rubava le stelle” di Brunonia Barry, Garzanti, 395 pagg., 18,60 euro)

Profumo di lavandaL’incontro con la Madonna di Medjugorje per Paolo Brosio è stato un evento capace di cambiare in profondità la sua vita, donandogli un cuore nuovo. Questo è il racconto del cammino che continua dopo il primo libro “A un passo dal baratro” attraverso le fatiche, le speranze, gli incontri, i segni e i miracoli di ogni giorno. Sulla collina delle apparizioni, dalla cui sommità si scorgono sterminate distese di lavanda, la Madonna ha abbracciato la sua esistenza. (“Profumo di lavanda” di Paolo Brosio, Piemme, 315 pagg., 19,50 euro)

Il cimitero di PragaLungo il XIX secolo, tra Torino, Palermo e Parigi, troviamo una satanista isterica, un abate che muore due volte, alcuni cadaveri in una fogna parigina, un garibaldino che si chiamava Ippolito Nievo, scomparso in mare nei pressi dello Stromboli, il falso bordereau di Dreyfus per l’ambasciata tedesca, gesuiti che tramano contro i massoni, carbonari e mazziniani che strangolano i preti con le loro stesse budella, confraternite diaboliche e messe nere. Eccetto il protagonista, tutti gli altri personaggi di questo romanzo sono realmente esistiti e hanno fatto quello che hanno fatto. (“Il cimitero di Praga” di Umberto Eco, Bompiani, 521 pagg. 19,50 euro)

Appunti di un venditore di donneUn noir straordinario in cui la suspense corre sul filo di uno dei momenti più drammatici del dopoguerra italiano. Mentre l’Italia vive i giorni drammatici del sequestro Moro, una Milano stremata dagli scontri politici si prepara a diventare la Città da Bere degli anni Ottanta. Per la società ricca i divertimenti si fanno sempre più estremi. È in questo ambiente, tra ristoranti di lusso e discoteche che conduce i propri affari un uomo enigmatico che vende le donne. La comparsa improvvisa di una ragazza, Carla, sembra risvegliare dolorosa-mente in Bravo sensazioni che credeva sopite per sempre. È invece l’inizio di un incubo.(“Appunti di un venditore di donne” di Giorgio Faletti, B.C. Dalai, 397 pagg., 20,00 euro)

A cura di Chiara Scavazzain collaborazione con Libreria Gregoriana - Este

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Il meccanico LandruUna delle prime settimane del 1930, sabato. Stasera a Bellano ci sarà un gran ballo. In città la situazione si fa complicata: esplodono pettegolezzi, conflitti familiari, baruffe, truffe, rivalità politiche tra il segretario del Fascio, il parroco e il direttore del cotonificio. I cambia-menti e l’arrivo dei sei meccanici innescano un valzer di coppie e di innamoramenti dalle conseguenze imprevedibili. Intorno a Landru Angelici, scansafatiche e opportunista, e ai suoi colleghi, si muove una vivace folla di personaggi.(“Il meccanico Landru” di Andrea Vitali, Garzanti, 370 pagg., 18,60 euro)

L’esecutoreIl protagonista è l’ispettore Joona Linna, questa volta alle prese con un viaggio allucinato nella profondità dei nostri incubi. Joona Linna, di origini finlandesi, da anni vive a Stoccolma. È stato dovunque ma mai in quell’appartamento elegante e lussuoso, da cui proviene una musica struggente e rarefatta. Un brano di violino suonato da un esecutore impareggiabile. L’uomo è come sospeso a pochi centimetri dal pavimento e sembra ondeggiare nell’aria Aveva ragione il collega che l’ha chiamato sulla scena del delitto: c’è qualcosa di inspiegabile. Il cadavere sembra fluttuare nel nulla. Omicidio o suicidio? (“L’esecutore” di Lars Kepler, Lomganesi, 573 pagg., 18,60 euro)

TormentQuante vite bisogna vivere prima di incontrare qualcuno per cui valga la pena di morire? Daniel ha nascosto Luce in un luogo sicuro, una scuola piena di Nephilim, la progenie nata dagli incroci tra angeli caduti ed esseri umani. Qui la ragazza scopre che cosa sono davvero le Ombre che la perseguitano da sempre, ma anche come sfruttarle per spiare le sue pas-sate incarnazioni. Luce capisce che è nel passato che si nasconde la chiave per decifrare il futuro, ma anche che Daniel nasconde dei segreti.(“Torment” di Laure Nate, Rizzoli, 459 pagg., 17,00 euro)

I dolori del giovane WalterDa quando Luciana Littizzetto racconta le loro avventure in “Che tempo che fa”, su Rai Tre la domenica sera, il Walter e la jolanda sono diventati personaggi quasi reali nell’immaginario degli italiani, simpatici e familiari come due rassicuranti vecchietti del piano di sopra. A fare da sfondo alle loro epiche gesta, i fatti di cronaca e di politica che grazie alla loro stravaganza scatenano la fantasia comica più divertente d’Italia. (“I dolori del giovane Walter” di Luciana Littizetto, Mondadori, 199 pagg., 18,00 euro)

Ogni cosa alla sua stagioneIl priore di Bose ricorda le feste natalizie della sua infanzia nel Monferrato, in una società rurale e contadina. Narra di come in quei giorni, nonostante il freddo pungente, tutti si attardassero per strada a scambiarsi auguri e stessero insieme con un bicchiere di vino e un pò di pane. A Natale chi lavorava lontano tornava al paese e ne approfittava per dis-sipare malintesi e chiedere scusa senza sentirsi troppo umiliato. Racconta del presepe e del pranzo di Natale.(“Ogni cosa alla sua stagione” di Enzo Bianchi, Einaudi, 127 pagg., 17,00 euro)

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Un esercizio di primaria importanza nel rebirthing (vedi il numero di Celeste precedente) è quello della cosiddetta visualizzazione; serve a riconoscere chi siamo, cosa abbia-mo tralasciato o perso di vista dal momento della nascita in poi e a renderci consapevoli della meraviglia del creato di cui siamo parte integrante e irripetibile. Siete in un ambiente tranquillo, distesi sul vostro letto o divano, luce soffusa, una candela?, musica dolce, vestiti comodi, una coperta. Chiudete gli occhi e respirate lentamente. L’ideale sarebbe poter registrare le parole che direte e che potrete riascoltare a vostro agio. Osservate delle pause mentre parlate, di trenta o più secondi, la vostra voce è tranquilla e rassicurante, visualizzerete i messaggi che manderete

fuori di voi. Ascolta-tevi, ci sono parole che non avete detto oggi? Una circostan-za, una persona con la quale non avete

interagito in modo completo? Fatelo ora, completate quel messaggio, dite a quella persona “ ti amo” e poi lasciatela andare, la vostra comunicazione è stata ricevuta. Lascia-tevi andare a livelli sempre più profondi, scendete in voi stessi mentre vi sentite al sicuro, mentre aprite il petto e la gola e vi espandete ricevendo il respiro nello spazio del vostro cuore. Scendete ancora sentendovi al sicuro nel bozzolo del vostro vissuto, con gli occhi dell’anima vedrete un bambino piccolino, un neonato che, da solo, vi aspetta: siete voi. Prendetelo in braccio, è al sicuro con voi, portatelo in un luogo bellissimo e soffice e tenetelo

Un esercizio di visualizzazione per rendersi presenti a se stessi e riconoscersi

vicino in modo da sentire il battito del suo cuore, è il vostro. Quel neonato è una creazione perfetta, tanto perfetta che può respirare dolcemente come state facendo voi, con la bocca aperta e la mascella allentata. Dite al bambino che ha portato felicità con la sua venuta, che il suo posto è il posto giusto, che, innocente, viene dall’amore di un Dio e che merita di provare tutto l’amore che esiste. Accarezza-te il bambino e preparatevi ad ascoltarlo, se volete fargli una domanda: quel bambino è in contatto con l’universo e vi ama, vi risponderà. Ascoltatelo, alzerà la sua piccola mano per toccarvi il viso e voi, mentre conservate la sua immagine negli occhi dell’anima, prendetevi la testa con tutte e due le mani, “ascoltate” con le vostre mani la meraviglia che esse leggono, la stupenda creazione che avete portato alla luce, la perfetta opera d’arte che siete.Potete, dovete amarvi e dire al bambino che non lo dimen-ticherete un’altra volta, respirate profondamente e lasciate che il piccolo cresca nel vostro cuore, ha bisogno di spazio.Questo piccolo essere saggio, conoscitore dell’universo è sempre con voi, ora, vicino a voi, innamorato di voi. I vostri occhi sono sempre chiusi, adesso cominciate a ricordare la stanza in cui vi trovate, com’era prima che li chiudeste, riapriteli lentamente pensando che potete continuare l’esperienza d’amore riconoscendo in ogni viso intorno a voi quello del bambino, presente in ogni essere davanti a voi. Adesso aprite gli occhi e rimanete nella pienezza dell’amore che avete ricevuto. Questo esercizio è di pri-maria importanza nella pratica del rebirthing, nella cono-scenza del sé. Torniamo alla nostra nascita, rinasceremo migliori anche alla vita adulta.

Beauty, salute e benessere a portata di mano. di Sonia Lunardon

Rebirthing, tu allo specchio.

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