Casistica clinica Pagg. 146-148 · Il paziente viene trattato con diazepam, biperide-ne e...

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Introduzione È noto che i farmaci neurolettici tradizionali possono causare, quali effetti indesiderati, sindro- mi extrapiramidali acute e, più raramente, la sin- drome maligna da neurolettici. Va inoltre cosiderato che, oltre ai citati effetti inde- siderati, questi antipsicotici tradizionali, ma anche al- cuni di nuova generazione, vengono attualmente te- nuti sotto controllo per una potenziale cardiotossicità 1 . Le sindromi extrapiramidali acute (Disto- nia acuta) sono caratterizzate dall’insorgenza di dolorose contrazioni toniche involontarie di alcuni gruppi muscolari che determinano crisi oculogire, protrusione della lingua, rigidità della mandibola, dei muscoli del collo, tremori etc 2 . Sindrome extrapiramidale acuta e sindrome maligna da neurolettici Vincenzo Cesario Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, Ospedale di Caprino Veronese, Dipartimento per la Salute Mentale ASL 22, Regione Veneto. Pervenuto il 17 luglio 2007. Riassunto. Viene presentato il caso di un grave effetto indesiderato, manifestatosi in un uo- mo di 24 anni, dopo la somministrazione di una fiala di aloperidolo per via endovenosa. Il pa- ziente, affetto da psicosi acuta, veniva trattato con aloperidolo per via venosa; successiva- mente accusava un grave malessere, caratterizzato da rigidità muscolare, ipersudorazione, ipertensione arteriosa, tirage respiratorio con cianosi. Il caso suscita interesse per una sin- tomatologia inconsueta e di difficile inquadramento clinico-diagnostico, per un quadro trop- po grave – per entità e durata dei sintomi – da poter essere definito una semplice crisi ex- trapiramidale acuta, ma anche senza sufficienti presupposti per poter essere ricondotto alla sindrome maligna da neurolettici. Con questa esperienza è possibile ipotizzare un conti- nuum tra le due sindromi, che, invece, ancora molti ritengono essere espressione di due di- stinti processi eziologici. Scopo di questo articolo è quello di porre l’attenzione sul rischio di gravi effetti indesiderati che si può correre con l’uso parenterale di farmaci neurolettici tra- dizionali, senza tener conto dell’opportunità alternativa d’impiego di nuovi farmaci antipsi- cotici oggi disponibili, forse meno rapidi nell’efficacia clinica, ma più sicuri per tollerabilità. Parole chiave. Aloperidolo, sindrome extrapiramidale acuta, sindrome maligna da neu- rolettici. Summary. Acute extrapyramidal syndrome and neuroleptical malignant syndrome. A case report. A case of serious undesirable, effect arisen in a 24-year old male treated with intra- venous injection of haloperidol, is presented. The patient has been affected by acute psy- chosis and was treated with intravenous injection of haloperidol, successively a serious uneasiness with muscular rigor, perspiration, high blood-pressure, serious shortness of breath with cyanosis appeared. This case arouses interest for an unusual symptomatol- ogy and for a difficult diagnostical framing too, because was too much serious to consid- er it a simple acute extrapiramidal crisis, however without all characteristics to consid- er it a neuroleptic malignant syndrome. With this experience is possible to suppose a con- tinuity between these two syndromes that several authors consider expression of different aetiological processes. Final aim of this report is to put in evidence the serious undesirable effects risk with using of a parenteral giving of traditional neuroleptic med- ications, without consider the alternative opportunity to using other new antipsycotic medications available nowadays, perhaps not quick enough than a traditional neurolep- tic for effectiveness, but more sure about the tolerability. Key words. Acute extrapyramiramidal syndrome, haloperidol, neuroleptic malignant syndrome. Casistica clinica Vol. 99, N. 3, Marzo 2008 Pagg. 146-148

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Introduzione

È noto che i farmaci neurolettici tradizionalipossono causare, quali effetti indesiderati, sindro-mi extrapiramidali acute e, più raramente, la sin-drome maligna da neurolettici.

Va inoltre cosiderato che, oltre ai citati effetti inde-siderati, questi antipsicotici tradizionali, ma anche al-

cuni di nuova generazione, vengono attualmente te-nuti sotto controllo per una potenziale cardiotossicità1.

Le sindromi extrapiramidali acute (Disto-nia acuta) sono caratterizzate dall’insorgenza didolorose contrazioni toniche involontarie di alcunigruppi muscolari che determinano crisi oculogire,protrusione della lingua, rigidità della mandibola,dei muscoli del collo, tremori etc2.

Sindrome extrapiramidale acutae sindrome maligna da neurolettici

Vincenzo Cesario

Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, Ospedale di Caprino Veronese, Dipartimento per la Salute Mentale ASL22, Regione Veneto.

Pervenuto il 17 luglio 2007.

Riassunto. Viene presentato il caso di un grave effetto indesiderato, manifestatosi in un uo-mo di 24 anni, dopo la somministrazione di una fiala di aloperidolo per via endovenosa. Il pa-ziente, affetto da psicosi acuta, veniva trattato con aloperidolo per via venosa; successiva-mente accusava un grave malessere, caratterizzato da rigidità muscolare, ipersudorazione,ipertensione arteriosa, tirage respiratorio con cianosi. Il caso suscita interesse per una sin-tomatologia inconsueta e di difficile inquadramento clinico-diagnostico, per un quadro trop-po grave – per entità e durata dei sintomi – da poter essere definito una semplice crisi ex-trapiramidale acuta, ma anche senza sufficienti presupposti per poter essere ricondotto allasindrome maligna da neurolettici. Con questa esperienza è possibile ipotizzare un conti-nuum tra le due sindromi, che, invece, ancora molti ritengono essere espressione di due di-stinti processi eziologici. Scopo di questo articolo è quello di porre l’attenzione sul rischio digravi effetti indesiderati che si può correre con l’uso parenterale di farmaci neurolettici tra-dizionali, senza tener conto dell’opportunità alternativa d’impiego di nuovi farmaci antipsi-cotici oggi disponibili, forse meno rapidi nell’efficacia clinica, ma più sicuri per tollerabilità.

Parole chiave. Aloperidolo, sindrome extrapiramidale acuta, sindrome maligna da neu-rolettici.

Summary. Acute extrapyramidal syndrome and neuroleptical malignant syndrome.A case report.

A case of serious undesirable, effect arisen in a 24-year old male treated with intra-venous injection of haloperidol, is presented. The patient has been affected by acute psy-chosis and was treated with intravenous injection of haloperidol, successively a seriousuneasiness with muscular rigor, perspiration, high blood-pressure, serious shortness ofbreath with cyanosis appeared. This case arouses interest for an unusual symptomatol-ogy and for a difficult diagnostical framing too, because was too much serious to consid-er it a simple acute extrapiramidal crisis, however without all characteristics to consid-er it a neuroleptic malignant syndrome. With this experience is possible to suppose a con-tinuity between these two syndromes that several authors consider expression ofdifferent aetiological processes. Final aim of this report is to put in evidence the seriousundesirable effects risk with using of a parenteral giving of traditional neuroleptic med-ications, without consider the alternative opportunity to using other new antipsycoticmedications available nowadays, perhaps not quick enough than a traditional neurolep-tic for effectiveness, but more sure about the tolerability.

Key words. Acute extrapyramiramidal syndrome, haloperidol, neuroleptic malignantsyndrome.

Casistica clinica Vol. 99, N. 3, Marzo 2008Pagg. 146-148

La percentuale d’insorgenza di distonie acutedopo la somministrazione di farmaci neuroletti-ci è stimata intorno al 25% e sembrano più espo-sti soggetti giovani (20-40 anni) di sesso maschi-le. I farmaci più a rischio risultano quelli a mag-giore azione incisiva (aloperidolo, perfenazina,flufenazina) e il 50% dei casi si manifesta entrole prime 48 ore dalla somministrazione; altro ele-mento a rischio viene considerata la neurolettiz-zazione rapida (somministrazione ad alti dosag-gi e in tempi brevi)3. Circa i meccanismi eziopa-togenetici, è stata ipotizzata la concausa di duefenomeni: iperattività dopaminergica relativa al-l’effetto dei farmaci antipsicotici verso i recetto-ri post-sinaptici (prima causa); ipersensibilitàdei recettori stessi (seconda causa).

In generale, un episodio di distonia acuta, seadeguatamente trattato attraverso la sospensionedel farmaco e la somministrazione di BDZ e anti-parkinson, recede nell’arco di 6-48 ore, a meno cheil farmaco implicato non sia tra quelli a lento rila-scio4.

La sindrome maligna da neurolettici(SMN) è un evento piuttosto raro (0,02-2% deicasi psichiatrici acuti ricoverati) ma è gravata dauna elevata mortalità (20-40% dei casi); è carat-terizzata principalmente da febbre, confusione,ipersudorazione, tachicardia, tachipnea, rigiditàmuscolare, ipertensione arteriosa, alterazionedella creatinfosfochinasi (CPK) in conseguenzadella rabdomiolisi e leucocitosi5. Detta sintoma-tologia, appannaggio soprattutto di soggetti gio-vani di sesso maschile, tende a comparire nei pri-mi tre giorni dalla somministrazione dei neuro-lettici. Tra questi, l’aloperidolo è tra i piùimplicati per il maggior numero di segnalazioni;ma tutti gli altri sono potenzialmente a rischio;anche in tal caso viene considerata a rischio laneurolettizzazione rapida.

La SMN si manifesta quasi sempre in mododrammatico; le complicanze più gravi sono a ca-rico del rene per la rabdomiolisi, ma possono ve-rificarsi complicanze polmonari (embolie e bron-copolmoniti ab ingestis) e cardiache (infarto)6.Circa i meccanismi eziopatogenetici, si ipotizzaun blocco dei recettori dopaminergici con conse-guente alterazione della termoregolazione. Visono tuttavia altre ipotesi patogenetiche, qualiuna ipofunzione serotoninergica e un’iperfun-zione noradrenergica o un’anomalia biochimicadella fosforilazione ossidativa muscolare; atutt’oggi, comunque, l’origine della SMN è sco-nosciuta7.

La sindrome va trattata in terapia intensiva el’esito dipende in buona misura dalla precocitàdegli interventi, che prevedono la sospensione deifarmaci implicati ed il controllo e trattamento deisintomi e degli squilibri biochimici; la bromocrip-tina viene considerata, in questi casi, particolar-mente efficace. Nelle situazioni favorevoli la sin-tomatologia scompare entro 3-6 giorni, ma in al-cuni casi possono residuare insufficienza renale,parkinsonismo, deficit cognitivi8.

V. Cesario: Sindrome extrapiramidale acuta e sindrome maligna da neurolettici da aloperidolo 147

Sul piano sintomatologico, distonia acuta e SMNevidenziano qualche affinità: rigidità muscolare,tremori, sudorazioni, a volte incremento della CPK;non è presente, nella distonia acuta, l’ipertermia ecomunque il quadro clinico risulta, alla fine, moltomeno grave. Tuttavia queste due sindromi sonosempre state considerate fenomeni separati e con-seguenti a meccanismi eziopatogenetici, pur se perentrambe sconosciuti, comunque distinti.

Il caso riportato assume interesse in quanto hale caratteristiche cliniche che riconducono a indi-viduare aspetti di ambedue le sindromi, attraver-so un continuum sintomatologico che potrebbe in-durre a considerare anche l’ipotesi di meccanismieziopatogenetici comuni.

Descrizione del caso

Il paziente ha 24 anni, è descritto sul piano anam-nestico clinicamente sano fino a 23 anni, poi per un an-no circa ha assunto aloperidolo a bassi dosaggi (1,5mg/die) per disturbi a carico dell’ideazione di tipo deli-rante, insorti dopo essere stato lasciato dalla fidanzata;vengono segnalati anche sporadici abusi alcolici; nelcomplesso, il quadro clinico, tenuto conto dei segni e sin-tomi più evidenti, va ricondotto ad un disturbo schizo-frenico di tipo paranoide9. Il paziente decide di smette-re l’assunzione di aloperidolo e dopo qualche mese va in-contro a un episodio psicotico acuto con episodi dieteroaggressività, per cui viene ricoverato presso il no-stro Servizio Psichiatrico dove viene trattato con diaze-pam e aloperidolo per os (5 mg/die). Durante il terzogiorno di degenza, il paziente, non beneficiando ancoradella cura e presentando la stessa sintomatologia deli-rante dell’ingresso e con agitazione, viene trattato me-diante incremento del dosaggio di aloperidolo, portato a9 mg/die e a fine mattinata ne assume 3 mg per os. Nelpomeriggio dello stesso giorno, accusando ancora unaforte agitazione, gli vengono somministrati 2 mg di alo-peridolo per via venosa diluiti in 100 cc di soluzione fi-siologica, a distanza di 5 ore e mezzo dall’ultima assun-zione. Trascorsa circa mezz’ora, comincia ad accusareuna sintomatologia caratterizzata da rigidità muscolarediffusa, forti tremori agli arti, difficoltà nell’articolazio-ne della parola. Viene ipotizzata una distonia acuta daneurolettici e il paziente viene trattato con biperideneper via parenterale e , in una fase iniziale, si assiste a unmiglioramento del quadro sintomatologico. Durante leore successive, il quadro clinico riprende a peggiorarecon ripetute poussée, la situazione tende ad aggravarsied alla sintomatologia extrapiramidale si aggiungonoipersudorazione, tachicardia, tachipnea, disfagia, disi-dratazione, blocco vescicale, ipertensione arteriosa; latemperatura è normale.

Dalla descrizione delle due sindromi surriferitesi possono evidenziare alcuni punti in comuneche riguardano vari aspetti:■ le sostanze maggiormente responsabili (alope-

ridolo e neurolettici incisivi);■ le modalità di somministrazione più rischio-

se (neurolettizzazione rapida);■ la tipologia dei pazienti più a rischio (sogget-

ti maschi giovani).

148 Recenti Progressi in Medicina, 99, 3, 2008

Gli esami ematochimici fanno rilevare: CPK di 350u/L; mioglobinemia 85 gamma/L; gamma GT 350 u/L; K3,20 mmol/L; calcio 2,04 mmol/L; il resto degli esaminella norma, ECG normale.

Il paziente viene trattato con diazepam, biperide-ne e furosemide per via parenterale, cateterizzato eassistito con ossigenoterapia, ma dopo brevi e tempo-ranee fasi di miglioramento, il quadro clinico perma-ne critico per oltre 5 ore. Desta preoccupazione, inparticolare, la situazione respiratoria con fenomenidi tirage, senso di soffocamento e cianosi che si ripe-tono sempre più frequentemente con il passare deltempo.

Il malato è perciò trasferito in Reparto di terapia in-tensiva dove resta monitorato; svezzato, i disturbi rece-dono progressivamente, subentra uno stato soporoso edopo circa 8 ore il quadro clinico si risolve quasi del tut-to, residuando modesti rialzi della CPK e degli enzimiepatici.

Discussione

Il caso sopra descritto induce a due importantiriflessioni, di cui una più teorica e un’altra di tipopratico.

■ L’aspetto teorico peculiare riguarda il fat-to che sono presenti una serie di sintomi ricondu-cibili sia alla distonia acuta, sia alla sindromemaligna da neurolettici. Di quest’ultima sono pre-senti alcuni aspetti quali l’ipertensione, la tachi-cardia, la tachipnea, la disfagia, la sudorazione ela disidratazione, mentre sono assenti l’iperter-mia e un significativo incremento della CPK; cosìcome la risoluzione piuttosto rapida della crisi ri-sulterebbe inconsueta per una SMN. Della disto-nia acuta sono presenti tutti i sintomi extrapira-midali, compresi quelli che hanno impegnato an-che i muscoli della laringe, evento peraltro raro eche ha determinato grave patologia respiratoria.Sono stati inoltre confermati, come già avvenutoper altri studi in letteratura, alcuni aspetti co-muni a entrambe le sindromi e che riguardano ifattori di rischio, cioè: la tipologia dei soggetti(maschi giovani), i farmaci impiegati (aloperidoloe neurolettici ad azione incisiva), le modalità disomministrazione (neurolettizzazione rapida)10.Per come si è manifestato e sviluppato il quadroclinico del caso, va rilevato un continuum tra ledue sindromi prese in considerazione, con unasintomatologia che ne rappresenta una sorta divia di mezzo, in cui le differenze potrebbero risul-tare più di tipo quantitativo che qualitativo. Ciòpotrebbe aprire la strada, e questo potrebbe ri-sultare un aspetto teorico inedito di particolareinteresse, a una ipotesi di collegamento tra disto-nia acuta e SMN, finora ritenuti eventi separati;non escludendo un’origine eziopatogenetica co-mune.

■ In un’ottica di pratica clinica, questaesperienza conferma i rischi cui si può andare in-contro con l’uso dei farmaci neurolettici tradizio-nali, pur nel rispetto delle indicazioni ufficiali(ad esempio, l’impiego dell’aloperidolo per via ve-nosa viene suggerito nella scheda tecnica del far-maco).

Il fatto, poi, che sia la distonia acuta sia la sin-drome maligna da neurolettici tendano a interes-sare soggetti in giovane età, spesso agli esordidella patologia psichiatrica11, oltre a provocare idanni somatici precedentemente descritti e in ca-si rari anche fatali, determina nei soggetti colpi-ti un impatto oltremodo traumatico con la pato-logia, con il trattamento e con l’équipe curante,impatto da cui deriva un significativo condizio-namento sulla compliance e sul decorso della ma-lattia.

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Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Vincenzo CesarioLocalità Montalto, 1737010 Rivoli Veronese (Verona)E-mail [email protected]

L’opportunità di impiegare farmaci menorischiosi per via parenterale, come i nuo-vi farmaci antipsicotici, pur con un’efficacia te-rapeutica meno rapida, meriterebbe certamentemaggiorie attenzione12.

Introduzione

Recentemente classificata fra le cardiomiopa-tie primitive acquisite (acquired primary car-diomyopathy), la miocardite è definita dalla pre-senza di infiltrato infiammatorio del miocardio connecrosi e/o alterazioni degenerative non tipiche dinecrosi ischemica (infarto del miocardio)1.

In contrapposizione alla semplicità della defi-nizione, sia la diagnosi siala terapia delle miocarditirimangono un problemanella pratica clinica.

Sebbene la biopsia conmetodiche immuno-isto-chimiche rappresenti lametodica invasiva chepermette di formulareuna diagnosi di certezza2, fondamentale è il contri-buto delle metodiche di imaging non invasivo nellaassistenza ai pazienti con sospetta miocardite3.

Dall’eziologia all’anatomia-patologica

Nonostante l’estrema varietà di agenti eziologi-ci responsabili di processi infiammatori a caricodel tessuto miocardico2, le infezioni virali trami-te un danno diretto o immunomediato a livellomiocitario, rappresentano di gran lunga la causapiù frequente di miocardite nei paesi occidentali4.

La patogenesi della miocardite virale può es-sere suddivisa in 3 fasi: la prima fase caratteriz-zata da proliferazione virale, la seconda in cui siverifica il danno miocardico acuto (immuno-me-diato o diretto) e la fase tardiva che persiste neltempo in cui si realizzano i processi di fibrosi e ri-modellamento ventricolare5.

Il danno miocardicodovuto a miocardite si ca-ratterizza per una infiam-mazione con successivaevoluzione in fibrosi ditessuto miocardico. Que-sto può localizzarsi inqualsiasi zona delle pare-

ti muscolari cardiache, sebbene prediliga una di-stribuzione multifocale (a “patch”), con prevalentecoinvolgimento dello strato epicardico della paretelaterale ventricolare sinistra6.

Dal punto di vista istologico, la miocardite vi-rale è caratterizzata dalla contemporanea pre-senza di abbondante infiltrato infiammatorio(predominanza di linfociti, meno macrofagi eneutrofili) e tessuto fibrotico di natura non ische-mica2.

Ruolo dell’imaging cardiaco non invasivo nelle miocarditi

Gianluca Di Bella1, Concetta Zito1, Fabio Minutoli2, Carmelo Anfuso2, Giuseppe Dattilo1,Rocco Donato2, Sebastiano Coglitore1, Francesco Arrigo1, Scipione Carerj1

1Istituto di Medicina e Farmacologia Clinica e Sperimentale; 2Dipartimento di Scienze Radiologiche, Università,Messina.

Pervenuto il 7 gennaio 2007.

Riassunto. La miocardite è una malattia cardiaca caratterizzata da infiammazione deltessuto miocardico. In contrapposizione alla semplicità della definizione, la diagnosi e laterapia delle miocarditi rimangono un problema nella pratica clinica. In questa revisio-ne poniamo l’attenzione sul ruolo delle tecniche di imaging nella diagnostica dei pazien-ti con miocardite acuta e/o pregressa.

Parole chiave. Imaging cardiaco, miocardite, risonanza magnetica cardiaca.

Summary. Role of non invasive cardiac imaging in myocarditis.Myocarditis is a cardiac disease characterized by inflammation of myocardial tissue.

Despite clear definition, diagnosis and therapy of myocarditis remain a problem in clin-ical practice. In this paper, the role of non-invasive cardiac imaging techniques in identi-fying patients with acute and chronic myocarditis is reviewed.

Key words. Cardiac imaging, cardiac magnetic resonance, myocarditis.

Editoriale Vol. 99, N. 3, Marzo 2008Pagg. 149-154

In questa revisione, poniamo l’attenzionesul ruolo e potenzialità delle tecniche diimaging cardiaco nella diagnosi non invasi-va e nell’assistenza ai pazienti con sospet-ta miocardite acuta e pregressa.

La necessità dell’imaging cardiaconella diagnosi di miocardite

Sebbene la diagnosi di miocardite possa essereposta mediante la combinazione di criteri clinici, dilaboratorio e strumentali, spesso nella pratica ladiagnosi differenziale con altre forme di cardio-miopatie, quali la cardiomiopatia ischemica e dila-tativa, risulta difficoltosa3,4. L’estrema variabilitàdel quadro clinico (febbre, dispnea, dolore toracico,diarrea, scompenso cardiaco, morte cardiaca im-provvisa), la presenza di dati di laboratorio nonspecifici di coinvolgimento infiammatorio cardiaco,l’assenza di alterazioni specifiche sia all’elettro-cardiogramma sia all’ecocardiogramma, rendonodi primaria importanza la possibilità di avere a di-sposizione tecniche o metodiche accurate nel porrediagnosi di miocardite (tabella 1).

La difficoltà diagnostica ha sicuramente contri-buito a sottostimare la precisa incidenza di tale pa-tologia, anche se sono attribuibili a miocardite cir-ca il 9-12% delle morti cardiache improvvise e cir-ca il 9% delle cardiomiopatie dilatative6,7.

Inoltre, negli ultimi anni, si è osservato un ri-dimensionamento della biopsia miocardica conl’applicazione dei criteri di Dallas, considerata ilgold standard nel porre la diagnosi di miocardite8.Con i criteri di Dallas, per ottenere una sensibilitàdiagnostica del 80%, sono necessari almeno 17 pre-lievi bioptici, e tali criteri hanno mostrato una bas-sa specificità nella diagnosi clinica di miocarditepoiché la ricca presenza di cellule infiammatorieassociata a fibrosi è riscontrabile in numerose pa-tologie cardiache ad eziologia non primariamenteinfettivo-infiammatoria9.

Va altresì ricordato che le nuove metodiche im-munoistochimiche, attualmente adottate dai pato-logi cardiovascolari in supporto dell’istologia stan-dard, hanno portato ad un radicale miglioramentodella sensibilità nella diagnosi di miocardite, an-che focale8,10.

Inoltre, la biopsia è l’unico ausilio che permet-te di porre diagnosi eziopatogenetica di miocardi-te virale, in presenza di genoma virale con reazio-ne a catena della polimerasi, ed immuno-mediata,in sua assenza8-10.

Le tecniche di imaging cardiaco

ECOCARDIOGRAFIA

L’ecocardiografia rappresenta la metodica diimaging di prima esecuzione nei pazienti con so-spetta miocardite11,12, in quanto permette di evi-denziare sia le dimensioni ventricolari, solita-mente normali o lievemente aumentate, sia i di-sturbi di cinetica parietale a carico dei ventricolisinistro (circa 2/3 dei pazienti) e destro (1/4 deipazienti). Talvolta, durante la fase acuta, con-sente di mostrare un’ipertrofia (aumento dellospessore parietale), espressione della tumefa-zione infiammatoria, che è reversibile e regredi-sce dopo qualche mese rispetto alla fase acuta11.Inoltre, l’ecocardiografia consente di individua-re eventuali complicanze, quali il versamentopericardico, la formazione di trombi ed il coin-volgimento del ventricolo destro, oltre che rive-larsi molto utile nel valutare la risposta alla te-rapia (recupero contrattile e diminuzione dispessori).

I limiti della metodica dipendono dalla bas-sa specificità nel differenziare la miocardite dallacardiomiopatia ischemica e dilatativa (i disturbidi contrattilità e la dilatazione non sono repertispecifici di miocardite) e dalla bassa sensibilitànei casi di miocardite focale con normale cinesiventricolare, casi che rappresentano ben 1/3 dellemiocarditi12.

150 Recenti Progressi in Medicina, 99, 3, 2008

Tabella 1. Potenzialità delle tecniche di imaging non invasivo nella miocardite.

Ecocardiografia SPET In-111ab-Antimyosin

Tomografiacomputerizzata

multicanale

MRI

Morfologia miocardica +++ + +++ ++++

Funzione cardiaca +++ - ++ ++++

Morfologia coronarica + - ++++ ++

Individuazione danno miocardico ++ ++++ +++ ++++

Differenziazione miocardite vs infarto + +++ +++ ++++

Aumento accuratezza biopsia + ++ ++ ++++

Follow-up ++++ + + ++++

Radiazioni ionizzanti No si si no

Pertanto, tecniche di imaging appaiono in-dispensabili nella pratica clinica per unadiagnosi non invasiva più accurata, per una cor-retta stratificazione prognostica e per verificarel’efficacia del trattamento delle miocarditi.

Al fine di aumentare l’accuratezza diagno-stica dell’ecocardiografia, in questi anni sono sta-te proposte varie applicazioni delle metodiche eco-cardiografiche ed in particolare il backscatter e letecniche derivate dal Doppler tessutale13. Nono-stante gli incoraggianti risultati (presenza di mag-gior ecogenicità parietale nei pazienti con accerta-ta miocardite all’esame istologico), la valutazionetessutale tramite backscatter non è routinaria-mente applicata nella clinica sia per le problema-tiche connesse alla metodica stessa, sia per l’im-possibilità di differenziare la miocardite da moltealtre cause di disfunzione sistolica ventricolare13.

Anche l’applicazione del Doppler tessutale èstata suggerita come ausilio nel paziente con mio-cardite acuta14,15.

Recentemente è stata dimostrata la possibilitàdi identificare, con lo studio ecocardiografico dellostrain, la disfunzione longitudinale derivata dal-l’edema in assenza di alterazioni della cinesi all’e-cocardiografia transtoracica15.

In conclusione, l’ecocardiografia riesce ad identi-ficare la disfunzione sistolica segmentaria, a valuta-re l’evoluzione del processo infiammatorio miocardi-co, la presenza di eventuali complicanze e l’effettodella terapia, ma non permette una diagnosi dif-ferenziale con la cardiopatia ischemica.

METODICHE MEDICO-NUCLEARI

La diagnostica medico-nucleare in pazienti con so-spetta miocardite si avvale fondamentalmente del-l’impiego di anticorpi monoclonali anti-miosina mar-cati con 111In (indium), in grado di rilevare la necrosimiocitaria16. Tale metodica di imaging, inizialmentesviluppatasi per la individuazione dell’infarto delmiocardio acuto, ha visto ampliarsi le proprie appli-cazioni, comprendendo varie patologie miocardichecaratterizzate da necrosi cellulare. L’insulto ischemi-co ed infiammatorio al miocardio, associato a necrosidei miociti, comporta, infatti, la perdita dell’integritàdella membrana cellulare e l’esposizione all’ambien-te extracellulare delle catene intracellulari di miosi-na che, essendo macromolecole insolubili, rimangonolocalizzate a livello delle cellule necrotiche. Le catenepesanti della miosina, così esposta, rappresentano iltarget per gli anticorpi monoclonali radiomarcati.

L’accoppiamento tra l’esame con anticorpi anti-miosina ed un esame con traccianti di perfusione con-sente di meglio distinguere pazienti con necrosi su ba-se ischemica (alterazioni concordanti di entrambi itraccianti), da pazienti con miocardite diffusa o focale.

La diagnostica medico-nucleare, nell’evi-denziare il danno miocardico da miocarditeha mostrato una alta sensibilità (83%), mauna moderata specificità (53%)16.

RISONANZA MAGNETICA CARDIACA

La risonanza magnetica cardiaca (RMC) è l’u-nica metodica diagnostica che, pur non utilizzan-do radiazioni ionizzanti, permette una valutazio-ne multiparametrica della funzione e della morfo-logia cardiaca senza limiti di risoluzionespaziale3, consentendo, inoltre, una maggiore ca-

ratterizzazione dei tessuti rispetto alle altre tec-niche di imaging.

La RMC evidenzia, tramite immagini pesate T2(senza mezzo di contrasto) l’edema durante la faseacuta di miocardite (figura 1A-B), mentre, con la tec-nica del “delayed contrast enhancement” (DCE), doposomministrazione di mdc a base di gadolinio, riesce amostrare il danno miocardico acuto (edema, infiltratoinfiammatorio, fibrosi) e la cicatrice cronica conse-guenza della miocardite (figura 1C-D e figura 2)12,17.

La metanalisi pubblicata da Liu et al.18, su studicondotti dal 1998 al 2005 che hanno utilizzato in talu-ni casi sequenze T2 pesate ed in altri casi sequenze T1pesate pre e post-contrasto, oppure sequenze T1 gra-dient echo dopo somministrazione di gadolinio (me-todica DCE), ha chiaramente evidenziato una sensi-bilità media dell’86% e una specificità media del 95%.

Questi risultati presentano un ulteriore incre-mento diagnostico nell’identificare un coinvolgi-mento miocardico secondario a miocardite, quandosi esegue un protocollo comprensivo di sequenzeT2-pesate e sequenze gradient echo inversion re-covery T1-pesate dopo somministrazione di gado-linio (metodica del DCE)19.

La localizzazione del danno miocardico a livel-lo epicardico (edema o fibrosi) rende possibileescludere l’infarto miocardico17-19 in quanto, comeè noto, in caso di infarto miocardico, l’endocardiorisulta sempre coinvolto dal processo necrotico(fronte d’onda ischemico endo-epicardico, figura 3).Differentemente, il tessuto fibrotico conseguenzadi miocardite avrà distribuzione casuale (endo,meso o epicardica) con prevalenza nel versanteepicardico e nella parete laterale (figure 1 e 2).

Importante appare, in fine, il ruolo della RMCnel valutare l’efficacia della terapia intrapresa e nel-la selezione dei pazienti da sottoporre a metodicheinvasive, quali, ad esempio, la biopsia17. Mahrholt etal. hanno recentemente utilizzato la tecnica del DCEcome guida alla biopsia ventricolare. Le biopsie ese-guite nelle zone con DCE alla RMC hanno mostratoun valore predittivo positivo di miocardite del 71%ed un valore predittivo negativo del 100%17.

Pertanto, la RMC con DCE, oltre a selezionarei pazienti da sottoporre a biopsia, guida la sede delprelievo bioptico.

I vantaggi della RMC rispetto alle altre metodichedi imaging cardiaco, oltre che per l’elevata risolu-zione spaziale, dipendono dalla possibilità sia di lo-calizzare il danno del tessuto miocardico nella pa-rete ventricolare sia di individuare i disturbi ancheminimi della cinetica ventricolare.

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In conclusione, la RMC è diventata la me-todica non invasiva di riferimento nei pa-zienti con sospetta miocardite per: porrela diagnosi, valutare l’effetto della terapiae guidare la biopsia che tuttora permettedi effettuare la diagnosi di certezza.

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Figura 1. Miocardite parcellare: immagini di risonanza magnetica cardiaca T2 pesate (pannello A e B) mostrano multiple aree di ipe-rintensità di segnale (frecce bianche) a localizzazione subepicardica compatibile con edema. Similmente, le immagini di tecnica del de-layed contrast enhacement (DCE) (pannelli C e D) mostrano iperintensità di segnale (frecce bianche), espressione di danno miocardico.

A B

DC

Figura 2. Miocardite estesa: immagini di Risonanza magnetica cardiaca, in asse corto medio-ventricolare, tramite tecnica del DCEmostrano sia un’estesa area di iperintensità di segnale (frecce bianche nei pannelli A e B) a prevalente localizzazione epicardica,sia un’area di iperintensità di segnale a localizzazione medio settale (testa di freccia nel pannello B), espressione di danno miocar-dico, in paziente con pregressa miocardite estesa.

A B

TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA

Recentemente, la tomografia computerizzata(TC) ha permesso l’identificazione del danno mio-cardico secondario a miocardite grazie all’acqui-sizione tardiva dopo mezzo di contrasto iodato. Inparticolare, 11 pazienti con sospetto di miocardi-te sono stati sottoposti a valutazione con RMC e

TC, dimostrando congruenza nei risultati e con-sentendo, inoltre, la TC multistrato, l’esclusionedi stenosi significative dell’albero coronarico.

Nonostante questi incoraggianti dati preliminari,oltre alla necessità di studi su popolazioni più estese,permangono i limiti della metodica quali la som-ministrazione di mezzo di contrasto iodato e l’eleva-ta somministrazione di radiazioni ionizzanti20.

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Figura 3. Infarto miocardico: immagini di Risonanza magnetica cardiaca a livello dell’asse corto medio. Nel pannello A si osserva la pre-senza di un’ estesa area di necrosi (iperintensità di segnale) ad estensione transmurale (maggiore 75% spessore parietale), localizzata neisegmenti medi della parete inferiore, inferolaterale ed in parte del segmento anterolaterale; il quadro coronarografico del paziente mostravaostruzione della arteria circonflessa. Differentemente, nel pannello B è apprezzabile una piccola area di necrosi (iperintensità di segnale,freccia bianca) ad estensione subendocardica (minore 25% spessore parietale) localizzata nel segmento medio della parete inferiore; il qua-dro coronarografico del paziente mostrava stenosi critica della arteria coronarica destra. (VD: ventricolo destro, VS: ventricolo sinistro).

A B

Conclusioni e prospettive

L’utilizzo delle attuali tecniche diagnostiche ha permesso, con elevata accuratezza, la diretta identifi-cazione del danno del tessuto miocardico. La diagnosi di miocardite nasce dall’integrazione di infor-mazioni cliniche, anatomopatologiche, istologiche, immunoistochimiche, laboratoristiche e dall’ima-ging. Sebbene la biopsia (metodo immunoistochimico) permetta di effettuare una diagnosi di certezzadi miocardite, oggigiorno la risonanza magnetica cardiaca rappresenta la metodica di imagingnon-invasivo di riferimento per la localizzazione spaziale del danno miocardico, consentendo conte-stualmente di escludere il danno miocardico secondario ad infarto. Nuovi studi sono necessari al finedi correlare le informazioni istologiche e dell’imaging con le varie opzioni terapeutiche.

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Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Gianluca Di BellaAzienda Ospedaliero-UniversitariaUnità Operativa di CardiologiaVia Consolare Valeria, 198100 MessinaE-mail: [email protected]