Bucaneve n.10 Marzo 2014
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Giornale trimestrale di InformazioneDirezione e Redazione: Do�. Luciano La�ni
U.O. Oncologia Ospedale di MacerataGrafica: Serena Natali - Stampa: GL Tipografia Colmurano
Aut. Trib. di Macerata N. 607 Reg. Pubbl. N. 2795 Cron. del 13/10/2011
il BucaneveEdizione n° 10
Marzo 2014
S…passi di saluteBenessere e riabilitazione con il Nordic Walking
Si tra�a di una disciplina spor�va che alla camminata affianca l’u�lizzo di due bastoncini per la spinta in avan�; mira ad allenare in modo graduale e progressivo la forza, la resistenza, l’equilibrio e la coordinazione, con momen� lega� alla percezione del proprio corpo e alla socializzazione, unendo all’u�lità dell’esercizio fisico il piacere di trovarsi in compagnia all’aperto, in un ambiente naturale.
Nei pazien� affe� da patologie oncologiche il nordic walking ha anche una funzione riabilita�va poiché favorisce il recupero psico-fisico durante e dopo la mala�a e contribuisce a migliorare la qualità della vita.
Numerosi sono i benefici a livello fisico: camminare in nordic walking migliora la resistenza cardiovascolare, è un efficace brucia-grassi, s�mola il senso del ritmo; migliora l’agilità, rinforza il sistema immunitario, regola-rizza il respiro, incrementa l’ossigenazione.Su un piano più psicologico, s�mola la relazione con gli altri e migliora il tono dell’umore.
Una regolare a�vità fisica, accanto a una sana alimen-tazione, si è dimostrata una preziosa alleata della salute del malato oncologico, in quanto aiuta a prevenire il rischio di recidive, riduce gli effe� collaterali delle terapie, migliora il benessere psico-fisico.
Per incoraggiare la sana abitudine all’esercizio fisico, l’U.O. di Oncologia di Macerata, in collaborazione con l’A.S.D. Macerata Nordic Walking, organizza per giovedì 13 e giovedì 20 marzo alle ore 17 presso l’Abbadia di Fiastra una lezione dimostra�va di nordic walking, la camminata naturale con l’ausilio dei bastoncini.
Camminare in nordic walking è un modo semplice ed efficace per contrastare la vita sedentaria, l’aumento di peso e per ridurre la patologia cronica e i suoi effe�.
Promuove uno s�le di vita sano e contribuisce al recupero psico-fisico nelle persone affe�e da patologie oncologiche.
Alle prime due lezioni dimostra�ve, condo�e dagli istru�ori nazionali della Scuola Italiana di Nordic Walking Daniela Merelli e A�lio Mogianesi, segui-ranno regolari appuntamen� bise�manali.
Le persone interessate all’inizia�va possono ISCRIVERSI o avere maggiori
INFORMAZIONI telefonando aln. 0733.2572556 o consultando il sito
www.maceratanordicwalking.it.
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“Ora sono migliore!”
Edizione n° 10 - Marzo 2014pag. 2
Era il primo o�obre 2012, una data che non dimen�cherò mai, quando a quasi 43 anni la mia vita è improvvisamen-te cambiata. Guidata da un sesto senso e da uno stato d’inquietudine che ancora oggi non mi so spiegare, vado a fare, con un mese di an�cipo, il controllo al seno che fortunatamente - ora lo posso dire - facevo periodica-mente.Eseguendo l’ecografia il medico che mi segue da anni dice che ha trovato un nodulo sospe�o da esaminare meglio, lui non si sbilancia troppo nella diagnosi ma io ho già capito che la cosa è seria, così mi precipito a fare la mammografia e la biopsia, dopo pochi giorni ho già i risulta� e il referto parla chiaro, si tra�a di “carcinoma mammario”. “Carcinoma”: una parola che già solo a sen�rla fa venire i brividi!In quel momento nella mia mente hanno cominciato ad affollarsi una serie di domande: “E adesso cosa mi succede-rà? Perché mi sta capitando tu�o questo? Proprio a me che nella vita ero solita organizzare e programmare sempre tu�o alla perfezione, perché questo fuori-programma?”.Ho dato sfogo a tu�a la mia rabbia e disperazione piangendo per giorni, poi guardando gli occhi tris� ed impauri� di mia figlia mi sono de�a “Devo reagire, lo devo a me stessa, alla mia famiglia e sopra�u�o a mia figlia che ha solo 15 anni!”.Ho affrontato così l’intervento, la chemioterapia e la radioterapia con una forza ed un coraggio che non imma-ginavo di avere, sì perché ci vuole davvero tanto coraggio quando torni a casa dalle terapie e non riesci più nemme-no a salire le scale, quando � guardi allo specchio e non � riconosci più, quando esci di casa con la parrucca e � sembra che tu� � guardino in testa anziché negli occhi, quando leggi nello sguardo delle persone che � osserva-no con aria pietosa “poverina così giovane!”, quando quelli che consideravi amici non si fanno quasi più sen�re e se lo fanno si limitano ad una telefonata di circostanza!
Io questo coraggio l’ho avuto anche grazie alla mia meravigliosa famiglia, mio marito colonna portante perché a lui mi sono aggrappata con tu�e le forze e che ha vissuto con me ogni a�mo del mio percorso con pazienza e serenità, mia figlia che anche quando mi vedeva senza capelli diceva “Mamma sei bella lo stesso”, le mie sorelle che non mi hanno mai fa�o sen�re sola, i miei genitori che con grande forza e dignità mi hanno aiutato in casa quando tornavo sfinita dalle chemio, tu� i paren� che mi hanno fa�o sen�re il loro calore e mi hanno coccolato, le due colleghe d’ufficio che non mi hanno mai fa�o pesare la mia assenza dal lavoro ed infine ma non ul�mo per importanza c’era il mio luogo
dell’anima, la Santa Casa di Loreto, perché era lì che mi rifugiavo nei momen� di angoscia ed era tra quelle mura che trovavo la serenità che non riuscivo ad avere in nessun altro luogo.
Grazie a tu�o questo sono arrivata alla fine del mio percorso di cura, ma proprio quando avrei potuto �rare un sospiro di sollievo perché il peggio era passato, psico-logicamente sono crollata, improvvisamente quella forza e quel coraggio erano spari� e io mi sen�vo fragile, indifesa e più spaventata di prima.
E’ stato così che, decisa a chiedere aiuto, ho conosciuto la psicologa del reparto di Oncologia e insieme abbiamo intrapreso un lavoro che mi ha aiutato a districare la matassa dei miei pensieri nega�vi e mi ha dato le chiavi per ges�re questa nuova vita.
Ora sto provando a camminare da sola e mi sento come una bambina che muove i suoi primi passi, a volte cade ma poi si rialza, perché è proprio come se fossi nata per la seconda volta!!Ho imparato ad amare la vita con le sue imperfezioni e i suoi fuori-programma, ad apprezzare anche le piccole cose, quelle che prima davo per scontate o neanche notavo, e a volte sono felice e serena molto più di quanto non lo fossi prima della mala�a, ho fa�o nuove amicizie con ragazze che hanno fa�o il mio stesso percorso e mi sono anche iscri�a ad un corso di pilates!Non mancano certo momen� di ansia e paura sopra�u�o quando si avvicina la data dei controlli periodici, ma la mia psicologa dice che il tempo guarirà anche questo stato d’animo, per il momento cerco di affrontare tu�o con la consapevolezza che la vita mi sta dando una secon-da opportunità ed io non intendo sprecarla.
Questa esperienza mi ha cambiato molto e credo che non sarò mai più la stessa persona che ero prima ma sono felice perché in fondo non mi piacevo poi così tanto, ora credo di essere migliore!
Emanuela
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Nella nostra vita siamo sempre porta� a fare proge�, piccoli e grandi: dall’organizzare un’a�vità lavora�va, decidere di comprare casa, fino a cosa facciamo il fine se�mana o semplicemente come trascorriamo la serata. Tante idee che vengo-no messe in discussione dalla mala�a. L’urgenza di risolvere la situazione porta a veicolare tu�e le risorse su quello che sta accadendo: capire bene la diagnosi, trovare la cura giusta, trovare il medico giusto.Le emozioni sono talmente coinvolgen� che ci si ritrova a pensare solo alla mala�a, alle cure, alle prospe�ve future e mol� proge� vengono rimanda� o abbandona� completamente.
Capita però che il tempo passi, il percorso di cura è stato delineato, ci sono rassicurazioni, ma rimangono tante incer-tezze; se facciamo un’analisi della nostra vita ci rendiamo conto che, spesso, molte faccende sono rimaste bloccate al momento della diagnosi. Non è raro infa� sen�re le persone dire frasi �po: “Da quando mi sono ammalato non esco più di casa”, oppure “….Non vado più alla bocciofila”, e se chiedo da quanto tempo accade, rispondono anche 3-4 mesi o più. Una signora disse che non andava più a trovare i nipo�ni e si riproponeva di farlo quando “tu�o fosse finito”, e per finito intendeva il termine delle chemioterapie e la guarigione. Accade quindi che a�vi-tà, impegni, che prima sembravano importan� sono messi in
standby in a�esa di sen�rsi “guari�”. L’impedimento ad uscire molto spesso non dipende solo dalle condizioni fisiche, ma anche da quelle psicologiche: può accadere infa� di provare la difficoltà di affrontare lo sguardo degli altri e vedere nei loro occhi commiserazione e pietà; questo fa sen�re le persone diverse ed ancora più demoralizzate di quanto siano. Oppure perché non si riesce a fare le cose come prima: “Una volta camminavo anche per 10 km al giorno, ora dopo pochi passi sono già stanco; allora evito di uscire”. Cambiano anche le relazioni familiari, ad esempio l’a�enzione alla cura fa a volte dimen�care di essere in coppia e tralasciare tu�e quelle a�vità che un tempo producevano benessere.Sicuramente una diagnosi importante sconvolge la vita e la prospe�va con la quale la si osserva; possono intervenire aspe� depressivi come la scarsa voglia di a�vità sociali e ricrea�ve. È necessario un tempo in cui metabolizzare la no�zia e tu�e le cure. È opportuno però anche rifle�ere sulle affermazioni e sui comportamen� di “chiusura”. Una diagnosi fa sen�re una persona MALATA, ma se il pensiero sulla “mala�a” diventa invadente, passa in secondo piano, a volte, che si rimane PERSONA. Ciò che aiuta e sos�ene sono invece tu�e quelle a�vità che prima facevano stare bene; indubbiamente è necessario tenere conto dei limi� che la nuova situazione ha creato, e muoversi rispe�ando il proprio corpo. È importante rifle�ere sul senso della vita e delle cose che sono importan� per sé; può venire naturale sen�re la preoccupazione che si potrebbe non viverle più, ma proprio perché sono fondamen-tali per sé, non le si può lasciar sfuggire neppure per un momento. Troppo spesso si me�e il punto su ciò che manca, ma quello che sos�ene è rinforzare ciò che si ha e che vale la pena di vivere.
il BucaneveEdizione n° 10 - Marzo 2014pag. 3
Do�. Luigi Di VitantonioPsicologo Psicoterapeuta
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U.O. Oncologia Ospedale di San Severino MarcheAOM – Unità Operativa di Oncologia di Macerata
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Edizione n° 10 - Marzo 2014pag. 4
Do�.ssa Lucia MontesiPsicologa Psicoterapeuta
“E se sen�ssi qualcun altro?”Il secondo parere in oncologia e il ruolo dello psicologo
Può accadere al momento della diagnosi, quando si stenta a credere alla no�zia, oppure quando occorre prendere decisioni difficili sul tra�amento; può essere un bisogno urgente quando la mala�a improvvisamente avanza, ma anche il desiderio di una ulteriore conferma, quando le cose vanno bene.Capita spesso che, durante il percorso della mala�a, il malato oncologico si trovi a pensare “E se sen�ssi qualcun altro?”, “Magari vado da quel famoso…”, “Però, quasi quasi, almeno una volta andare a Milano…”.Chi è malato di cancro deve confrontarsi con una mala�a minacciosa, che richiede tra�amen� spesso invasivi e che provoca intense reazioni emo�ve. È comprensibile pertan-to che, più di altri mala�, senta l’esigenza di avere più opinioni su diagnosi, prognosi, scelte terapeu�che: di poter ricorrere a quello che comunemente chiamiamo “secondo parere”.Il secondo parere è una opinione supplementare data da un altro medico per confrontare, confermare o correggere una prima diagnosi o proposta terapeu�ca, ed è considera-to u�le in caso di diagnosi severa e di terapie impegna�ve, di mala�e rare o di interven� con impa�o pesante sulla qualità della vita. I mo�vi che spingono i mala� a chiederlo possono essere diversi. Il malato può voler partecipare in modo a�vo e autonomo alle scelte terapeu�che, oppure spera di ricevere da un secondo professionista un parere più o�mis�co; a volte è costre�o dall’ansia a cercare nuove conferme, oppure non può acce�are che non vi siano più tra�amen� efficaci contro la mala�a. Altre volte il bisogno nasce dal contesto terapeu�co, sopra�u�o dall’insoddisfazione sulla completezza delle informazioni o sui risulta� o�enu�.Oggi la seconda opinione è considerata un diri�o del malato e un dovere del medico. Nei Paesi anglosassoni e in gran parte d’Europa è una pra�ca abituale, raccoman-data dalla associazioni mediche e richiesta dalle compa-gnie assicura�ve. In Italia l’a�enzione a queste problema-�che è più recente e di frequente la ricerca è condo�a di nascosto dal proprio medico di riferimento e sulla base del “sen�to dire”, del consiglio di amici o paren�, o di infor-mazioni - non di rado fuorvian� - o�enute dal Web. Malgrado la nostra U.O. di Oncologia accolga questo bisogno dei mala� favorendo le consulenze esterne, accade che i pazien� �tuban� confidino il proprio disagio allo psicologo, comba�u� tra il bisogno di disporre di altri pareri e il �more di urtare il proprio oncologo («Mi dispia-cerebbe, è tanto bravo e disponibile!») o di incorrere nelle sue ire («E se si arrabbia e poi non mi cura più con la stessa a�enzione di prima?»), o raccon�no con amarezza espe-
rienze in cui sono sta� redargui� dal proprio medico per aver consultato altri specialis�. La maggior parte delle volte, il loro bisogno di una seconda opinione non nasce dall’insoddisfazione nel rapporto con il proprio medico, ma dall’esigenza di arginare l’ansia, di ricevere rassicurazione o di percepire un maggior controllo sulla mala�a.Il lavoro dello psicologo, in ques� casi, è di sostegno e legi�mazione dei bisogni e dell’autonomia del malato, e di pari passo rinforzo della fiducia nel proprio medico, ricordando che comunque un medico valido e sicuro di sè stesso non si sen�rà sminuito né offeso dal bisogno del suo paziente di sen�re un altro parere.Quando la richiesta di altri pareri diventa una ricerca osses-siva, da parte del malato o dei suoi familiari, di soluzioni illusorie di fronte a una prospe�va dolorosa di peggiora-mento della mala�a, compito dello psicologo è mantenere la fiducia e la speranza, ma allo stesso tempo aiutare ad acce�are la realtà.Di fronte a difficili scelte tra più opzioni disponibili, ugual-mente valide sul piano tecnico (“Per questo intervento può andare indifferentemente a Bologna o Perugia…”), lo psicologo aiuta a tenere a bada tu� i fa�ori emo�vi che interferiscono sulla decisione, perché sia la più ada�a a quella persona. Infine, anche per il secondo parere è prioritaria la regola della personalizzazione: non tu� i mala� hanno gli stessi bisogni. Se per alcuni avere un secondo parere è un vantaggio da rivendicare, per altri è ansiogeno e stressante. Solo una valida relazione tra medico e paziente perme�e di conoscere e rispe�are i bisogni di quel par�colare individuo e di favorire al massi-mo il suo benessere.