B2Eyes Magazine 08-2011

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B2eyes magazine è il periodico indirizzato a tutti gli ottici-optometristi italiani e alle maggiori aziende produttrici e distributrici di articoli di ottica (montature, lenti oftalmiche, filtri solari, lenti a contatto, liquidi, accessori, macchinari e strumenti) presenti sul territorio nazionale. In ogni numero il magazine propone e approfondisce contenuti che vanno dall’attualità alla moda, dall’aggiornamento professionale alla consulenza legale. Inoltre sono presenti le ormai consolidate rubriche cerco&offro, corsi e le informazioni dalle aziende. Particolare attenzione è riservata allo sviluppo del mercato, quindi alle nuove opportunità di business, ma anche alle innovazioni in campo medicale e tecnologico, argomenti anch’essi importanti per la crescita professionale del punto vendita specializzato.

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Sono un ottico. Porto avanti il mio centro da anni, ma penso al futuro, a come nella mia professione

stiano diventando sempre più importanti gli aspetti imprenditoriali: marketing, comunicazione, acquisti e offerte commerciali.Per questo sono entrato in un grande gruppo, dove poter accedere a servizi di alto livellosenza fare il passo più lungo e senza correre il rischio di essere assorbito da una catena, sapendo di restare fedele a me stesso e nello stesso tempodiventare più

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Mensilededicato al mondo degli occhiali,

della vista, della visionee della percezione visivaSettembre 2011 numero 8

www.b2eyes.com

In copertina Transitions

Direttore ResponsabileAngelo Magri

RedazioneB2Vision

Via Ripamonti 44 - 20141 MilanoTel. 02 36638601 - Fax 02 36638600

Francesca [email protected]

Direttore commercialeLuciano Cristiano

cel. 334 [email protected]

PubblicitàDanae de Stefano

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B2VisionVia Ripamonti 44 - 20141 Milano

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MeloriaStampa

Mediagraf S.p.a.Viale della Navigazione Interna, 89

35027 Noventa Padovana (PD)

Registrazione presso il Tribunale di MilanoN. 293/2009 in data 17 giugno 2009

Registrazione R. O. C.: 18653€ 1,80 - Copia omaggio

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B2TRADEEditoriale Finalmente fieri di queste… fiere! 3Il punto La regolarizzazione delle professioni tutela il cittadino 5Futuro in vista La formazione? Passato, presente e futuro della nostra professione 7Strategie e mercato Boots Pharmacy: un fenomeno di marketing inglese che parla italiano 8Attualità Vogliamo essere la fiera del progresso e dell’evoluzione continua 12Logo Italia torna al bambino senza... barba-trucchi! 15Parte da Roma il roadshow di Vision Group 18Distribuzione Io, ottico per caso 21

B2STYLEModa Parigi e i suoi lunetiers 24

B2EXPERT Meditazioni L’amo, non l’amo 33Consulente Liquidità aziendale: la gestione degli strumenti di pagamento 37Lab La best practice nella gestione del portatore di lenti a contatto 43

B2TECH Lenti a contatto C’è acqua su Marte? 46Lenti oftalmiche Essilor, nel 2012 nuova campagna consumer 50Lenti oftalmiche Hoya, quanto conta la risorsa umana 53Materiali Intercast, un anno vissuto intensamente 59

B2JOBVetrina offro/cerco 62

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EDITORIALE

FINALMENTE FIERI DI QUESTE… FIERE!

sattamente un anno fa questa rivista usciva con un edito-riale molto critico, già dal titolo (“Fiere o… ferie?”) nei confronti dei maggiori saloni

europei del settore, reduci da una o addirittura più edizioni di basso profilo. Il pezzo chiudeva con un auspicio: «Noi ci permettiamo di suggeri-re un livello di qualità professionale dell’offerta più elevato e una migliore razionalizzazione ed evidenziazione dei vari segmenti merceologici in mostra. E, magari, costi espositivi più avvicinabili, soprattutto in periodi di crisi come l’attuale». Tre-centosessantacinque giorni dopo sembra di essere calati in tutt’altra dimensione. Lo confermano i risultati delle due rassegne che già si sono svolte quest’anno, opti di Monaco a gennaio e Mido a marzo. Ma soprattutto lo annunciano aspettative e progetti di quelle che verranno, a partire dal Silmo di fine mese sino alle edizioni 2012 delle altre: lo hanno potuto riscontrare i lettori negli ultimi tre numeri del nostro magazine, compreso quello che state sfogliando. I vertici di Silmo, Mido e opti, in rigoroso ordine di apparizione su queste pagine,

mostrano non soltanto un ovvio ottimismo, ma pro-pongono soprattutto fatti e novità concrete. Parigi punta forte sulla creatività e l’esclusività delle idee del Village, luogo ormai culto per gli ottici di tutto il mondo alla ricerca di montature diverse dall’omo-logazione di gran parte delle griffe e con un vero contenuto di “prodotto”. Milano l’anno prossimo riproporrà il lunedì, tradizionale giorno di visita degli ottici italiani, oltretutto sostenuto dalla dome-nica, venendo tuttavia incontro anche alle esigen-ze dei buyer esteri, che prediligono pianificare il lavoro nei giorni feriali, avendone così due (con il martedì) a disposizione. Monaco insiste sulla ra-zionalizzazione e funzionalità degli spazi e, quindi, dei tempi di visita per gli ot-tici, in particolare esteri, che ormai sono quasi un quarto dei visitatori complessivi del salone. La risposta finale sul loro esito, come al solito e come è giusto, spetterà al mercato. Ma i presupposti, stavolta, lasciano più di uno spiraglio all’ottimismo.

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Angelo Magri

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COS’È UN TRONO?UN TRONO È UNA PANCARIVESTITA DI VELLUTO.

Napoleone Bonaparte

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IL PUNTO

LA REGOLARIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI TUTELA IL CITTADINO

ella prima settimana di luglio si è tenuta, nella sede dell’Università Boc-coni di Milano, una tavola rotonda sul tema della liberalizzazione delle professioni, sul quale è da tempo in corso un’ampia discussione che sta arrivando alle sue conclusioni in sede legislativa. Il nostro paese deve armonizzare la legislazione in materia con quella degli altri paesi della Ue – le cui norme hanno come punto di riferimento la direttiva Bolke-

stein - tenendo presente che negli indicatori Oecd sulla regolamentazione delle professioni l’Italia risulta, con il Lussemburgo e il Sudafrica, la meno liberale e aperta alla libera concor-renza. Alla tavola rotonda, organizzata nel quadro della presentazione di una ricerca della fondazione Rodolfo Debenedetti dal titolo eloquente “Legami familiari e professioni regola-mentate” e moderata dall’economista Tito Boeri, hanno partecipato l’onorevole Luigi Bersani, il professor Mario Monti, presidente della prestigiosa Università e già commissario europeo alla concorrenza, e il sottosegretario Luigi Casero. Per una volta, su questo argomento, destra e sinistra si sono trovate sostanzialmente d’accordo e dalla tavola rotonda è partito un invito ad accelerare i tempi della rimozione dei tanti lacci e lacciuoli che impediscono la libera cir-colazione delle professioni nell’Europa unita. Il tema della liberalizzazione delle professioni è complesso e comprende molti capitoli che vanno dalla fine del valore legale dei titoli all’abro-gazione degli ordini e degli albi professionali. Ricordando che ciò di cui si è discusso nella tavola rotonda citata sono le professioni riconosciute e regolamentate, mentre per tutte le altre dovranno essere concepiti approcci normativi totalmente differenti. Ci preme sottolineare, al di là dei possibili effetti della liberalizzazione del mercato delle professioni, le implicazioni professionali che da una regolamentazione diversa e dalla limitazione degli ordini, degli albi e di ogni altra forma di disciplina possono derivare, soprattutto in ambiti in cui non esistono sistemi di tutela dei cittadini. La regolamentazione di tutte le attività a carattere professionale ha, infatti, un primo imperativo che ne costituisce anche la loro ragion d’essere: quello della tutela dei cittadini/clienti, che si afferma non solo con l’accertamento della esistenza di un titolo abilitante e del superamento del relativo esame, ma con la verifica delle reali compe-tenze e dei loro limiti, del compimento di un regolare percorso di aggiornamento e del possesso delle abilità necessarie all’esercizio dell’attività caratteristica, lasciando alla libera concorrenza – euro-pea – il livello del costo delle tariffe, la pubblicità, ecc. Come si può capire, si tratta di un tema che riguarda da vicino l’ottica e che non si esaurisce con la disputa ottico/optometrista, ma che richiede un approfondimento e la creazione di strumenti culturali adeguati a predisporre le soluzioni opportune, nell’interesse della categoria, perché la professione sia accolta nella disciplina delle professioni in modo adeguato e in risposta alle attese di tutta la filiera e dei cittadini ametropi.

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Danilo Fatelli

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na professione senza un’adeguata formazione sarà sempre penalizzata in un contesto dove la competitività gioca un ruolo sempre più importan-te. Troppo sovente si parla di formazione riferita alla professione ottico optometrica con una superficialità quasi disarmante anche da parte di “pseudo” addetti ai lavori, senza valutare quanto la stessa giochi un ruolo fondamentale nello sviluppo della professione.In Italia Federottica ha da sempre perseguito la strada della formazio-

ne nel suo ultradecennale impegno per l'implementazione della professione optometrica, perfettamente consapevole che sia soprattutto dalla formazione che potranno derivare le competenze professionali. Così, con la ben nota coerenza e attraverso un grosso impegno sia economico sia intellettuale, Federottica ha favorito la costituzione negli anni Settanta di scuo-le di optometria regionali post diploma di ottico, ponendo le basi per lo sviluppo di una scien-za che diventava un bagaglio culturale sempre più indispensabile per migliorare il servizio che l’ottico doveva offrire al pubblico. Una costante e produttiva presenza a livello interna-zionale, l’acquisizione delle realtà formative a livello europeo e mondiale, unita alla preziosa collaborazione con l’Università di Milano Bicocca, hanno permesso di implementare nei primi anni del terzo millennio il primo corso di laurea in ottica e optometria, dando l’avvio a quella indispensabile formazione universitaria che la professione optometrica richiede per essere al pari delle altre realtà formative europee e mondiali. A distanza di dieci anni le sette Univer-sità statali italiane dove è presente il corso di laurea in ottica e optometria permetteranno di acquisire nel prossimo futuro un ulteriore sviluppo formativo che permetterà il passaggio da una laurea di primo livello a una formazione di secondo livello, completando così il lungo e impegnativo percorso iniziato quattro decenni orsono. Ma questa è un’altra storia.Mi si chiede se profilo professionale e formazione possono essere considerati disgiunti. È dalla formazione che discendono le competenze: una formazione seria, completa e a livello univer-sitario dovrà necessariamente portare a sviluppare e consolidare quelle competenze che per-metteranno all’ottico optometrista di svolgere, senza sovrapporsi ad altre professionalità, ma al contrario collaborando con esse attraverso l’indispensabile compe-tenza e professionalità, di svolgere serenamente e con profitto per sé e per i propri ametropi questa bellissima e stimolante professione.È lapalissiano che una formazione adeguata, una competenza seria non disgiunta da una solida e indispensabile preparazione anche di natura imprenditoriale permettano di stare “sul mercato” inteso in senso lato, con una maggiore tranquillità e serenità. Chia-ramente è altrettanto evidente che l’indispensabile e irrinunciabile componente formativa non può essere “acquistata” attraverso investimenti di pura natura economica, bensì attraverso risorse intellettuali che richiedono anni di preparazione e di sacrificio. E forse, anzi sicuramente, sarà questo l’atout vincente dell’ottico optometrista nell’immediato futuro.

FUTURO IN VISTA

LA FORMAZIONE? PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELLA NOSTRA PROFESSIONE

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Giulio VelatiPresidente di Federottica

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oots è l’insegna di una catena di farma-cie, nata in Inghilterra,

che ha sviluppato un concept originale basato sull’integrazione del core business caratteristico con altre merceologie e servizi, che assumono un ruolo e un peso deter-minante sia in termini di spazio nel punto di vendita sia nel fatturato, e sull’estensione dei propri marchi a tutta la gamma dei prodotti trattati.Il principio a cui si ispira il concept

delle “pharmacy & beauty” di Boots è di utilizzare la forza di attrazione della farmacia e soprattutto dei far-maci che il Nhs (Sistema sanitario nazionale inglese) fornisce genero-samente agli inglesi per sfruttarne le visite “obbligate”, l’ampiezza del bacino di utenza in relazione alle location dei format di Boots e proporre tutte le merceologie che l’utenza a cui si rivolge gli consente di vendere. L’espansione dell’inse-gna è avvenuta attraverso l’artico-lazione in quattro format:•flagship: sono il format di mag-

giore dimensione focalizzato sul

STRATEGIE E MERCATO

BOOTS PHARMACY: UN FENOMENO DI MARKETING INGLESE CHE PARLA ITALIANO

L’insegna, oltre alla farmacia, copre la commercializzazione al dettaglio di una serie molto ampia di merceologie e di servizi, di cui la principale è l’ottica

Bdi Danilo Fatelli

Due punti vendita dell’insegna britannica

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STRATEGIE E MERCATO

reparto beauty dove spesso sono presenti anche delle beauty halls, veri e propri centri estetici

• farmacie di prossimità: sono localizzate come farma-cie di quartiere e svolgono funzioni di primo interven-to sanitario (primary care trusts), solo in Inghilterra sono oltre 1.600

•healt & beauty: punti vendita di centro città o di vie dello shopping

•airport: prodotti per il last minute della bellezza e della salute.

Anche se la farmacia e la croce verde che le distingue in tutta Europa sono il punto di riferimento di queste superfici, il loro modello è più simile a quello dei drug store con il loro mix variegato di merceologie con in più la forza di attrazione della farmacia e con un solo precedente rappresentato da una catena di farmacie di New York - Duane and Red - che si basano su principi commerciali e organizzativi molto simili. L’applicazione di questo basilare principio di merchandising obbliga i clienti a passare davanti all’esposizione degli altri prodotti che utilizzano in modo spregiudicato l’allesti-mento tipico dei supermercati. La descrizione del layout tipo di una farmacia Boots aiuta a capire meglio il suo funzionamento: i punti di vendita hanno sempre un’am-pia superficie aperta sulla strada o sul mall del centro commerciale in cui oltre l’insegna compare l’elenco delle merceologie che tratta. La farmacia consiste in un banco di dimensioni ridotte individuato da un cartello con la scritta “prescription”, dietro il quale è presente un farmacista in camice e con il badge col suo nome. È sempre collocato nel punto più lontano del lay out ed è disposto tra l’ingresso e il banco della farmacia come qualsiasi supermercato.

Boots e l’otticaLa gamma dei prodotti che compongono l’assorti-mento è molto vasta e parte naturalmente da quelli più affini alla farmacia, vale a dire bellezza, cosmesi, profumeria e bambino (incluso giocattoli e giochi) per poi ampliarsi a prodotti elettrici di base, materiale fotografico e cibi e bevande pronte da asporto. Nei format di prossimità è quasi sempre presente un’area dedicata all’ottica il cui peso in Inghilterra è crescente anche perché Boots ha acquisito di recente l’insegna inglese Dollond & Aitchison la cui storia è stata spesso intrecciata con quella dell’ottica italiana (per un certo periodo la proprietà è stata di De Rigo). Il reparto di ottica, che tra spazi di vendita e sale per la refrazio-ne e gli interventi di chirurgia, non è mai inferiore ai 120 – 150 mq, si trova o in prossimità del banco della farmacia o nel sottopiano. La grande diffusione delle Boots Pharmacy in Inghilterra e una particolarità a cui accenneremo dopo hanno creato un forte legame fra l’insegna e il servizio sanitario da cui si è originata la presenza, nel format più grande di negozi e clinic ottiche. In Inghilterra occhiali e lenti a contatto godono, a certe condizioni, della fornitura o dell’integrazione del prezzo da parte dello Stato. In base a ciò molti dei reparti optician di Boots sono veri e propri dispensari del Servizio sanitario nazionale e sono attrezzati per praticare anche la chirurgia laser. L’altro punto di forza delle politiche commerciali di Boots, a cui rimandava-mo sopra, è rappresentato dall’impiego dei prodotti a marca propria inclusi naturalmente tutti i generici e gran parte dei prodotti non prescription. Uno di questi prodotti è una crema per il viso a marca Serum 7 – Bo-ots laboratoires - che in molti paesi è diventata leader

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del suo segmento di mercato, è stata lanciata di recente in Italia.

La governance italianaCiò che stiamo descrivendo non è solo una catena con forti connota-zioni originali, ma un vero e proprio fenomeno mondiale presente in 25 paesi che opera con 116.000 col-laboratori che danno vita a circa 3.200 punti vendita e consegna oltre 160.000 clienti fra farmacie, centri medici e ospedali perché l’origine e la forza del gruppo che controlla Boots è proprio l’ingrosso dei prodot-ti farmaceutici. L’Italia, nonostante Boots non vi sia ancora presente e i suoi marchi vi siano appena arriva-ti, è il paese di riferimento di que-sto colosso della farmacia e della distribuzione farmaceutica che attra-verso vari passaggi, fra cui quello in Unichem, è arrivato a essere con-trollato dal gruppo italiano Alliance

Boots dei Signori Stefano Pessina e Ornella Barra che in Italia e in molti paesi operano da tempo nel mondo del wholesale farmaceutico attra-verso Alliance Healtcare Italia, che serve oltre 10.000 farmacie, con 32 depositi regionali, ed è socia di 2.600 di queste. La combinazione dell’effi-cacia nella distribuzione all’ingrosso e al dettaglio dei farmaci con la gestione integrata del punto vendita farmacia con altre merceologie, e la preponderanza di prodotti a proprio marchio rispetto a quelli dell’indu-stria fanno di Boots un fenomeno industriale e distributivo di grande importanza che ha avuto successo in molti paesi e, verificandosi alcune condizioni, potrà averlo anche in Italia, perché la sua dinamicità com-merciale riduce moltissimo il peso dei cosiddetti prodotti etici che sono a carico totale o parziale dello Stato e sui quali il margine è ridotto.

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ATTUALITÀ

VOGLIAMO ESSERE LA FIERA DEL PROGRESSO E DELL’EVOLUZIONE CONTINUA

di Angelo Magri

ÈSecondo il numero uno di opti di Monaco di Baviera, nessuna fiera al mondo di ottica

offre un panorama così vasto e variegato ai buyer tedeschi ed esteri in uno spazio tanto funzionale

il salone che ogni anno apre la stagione dell’ottica e nel 2012 è in programma dal 13 al 15 gennaio. Abbiamo chiesto a Dieter Dohr, di-rettore generale di GHM, società cui è affidata la realizzazione di opti, e

della quale, dal 2008, è il responsabile dell’organizzazione, di tracciare le prospettive della fiera di Monaco di Baviera.

Quali saranno le principali novità di opti ’12?In primo piano ci saranno naturalmente le novità proposte dai nostri espositori. Dal 13 al 15 gennaio 2012, infatti, da Monaco di Baviera partirà la nuova stagione dell'ottica e dell'occhialeria. Le forti aspettative da parte sia degli espo-sitori sia dei visitatori, che guardano sempre con grande

attesa all’appuntamento con opti, nascono dal profilo e dalla formula del salone, che ha una struttura molto chiara e ben articolata. Dall’edizione 2008 le categorie vengono co-stantemente aggiornate e ottimizzate in collaborazione con i nostri espositori e visitatori. Il nostro obiettivo è consolidare la posizione di opti sullo scenario internazionale, adeguan-dola all’attuale situazione del mercato. In questo contesto opti si propone come il salone del progresso e dell'evoluzio-ne continua.

Quali opportunità offrirà opti ’12 agli ottici ita-liani per agevolare la loro partecipazione?Anche nella prossima edizione, i marchi leader di tutto il mondo presenteranno agli operatori del settore una rasse-gna completa di alto livello del mondo dell’ottica. Gli ottici

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ATTUALITÀ

italiani troveranno quindi una panoramica a 360 gradi su occhiali, lenti a contatto, arredi per negozi, strumenti e mon-tature. Particolare interesse sarà suscitato come sempre dalle mille espressioni del design più innovativo, originale, esclusivo e moderno. Del resto opti è il punto di riferimento per tutti coloro che cercano qualcosa di speciale e sono alla caccia di tendenze e mode insolite. Nell’area YES!, ad esempio, molti giovani stilisti presenteranno le loro prime collezioni. In poche parole, l’offerta espositiva di opti è ricca di anteprime e novità già all’inizio della stagione. Visitan-do il salone, gli ottici italiani potranno quindi acquisire le informazioni necessarie per pianificare il proprio lavoro nei restanti 365 giorni dell’anno. La particolarità è che i visita-tori possono trovare tutto questo in spazi ristretti, con una disposizione su quattro padiglioni che riduce al minimo gli spostamenti per una visita più agevole. Nessun altro evento offre all'operatore qualificato una tale vastità e varietà di prodotti, su una superficie così compatta, in tutti i segmenti dell'ottica e dell'occhialeria. Un solo giorno è sufficiente per avere una visione completa delle ultime evoluzioni del mercato. Voglio mettere in evidenza anche il programma di convegni di opti-Forum: con un’agenda ricca di pre-sentazioni tradotte in simultanea in lingua inglese, tutti i visitatori possono raccogliere idee e suggerimenti preziosi per la loro attività quotidiana, il marketing e la vendita.

Pensa che anche dopo il 2012 opti resterà una fiera “locale” che non viene considerata in diretta concorrenza con Mido e Silmo?La partecipazione di tutti i key player internazionali, con 470 espositori da 26 paesi, indica che opti con-tinua ad acquisire peso e statura internazionale. L’attrattività del salone e dell’offerta merceologica si riflette anche nella composizione dei circa 22.000 visitatori giunti nel 2011. A partire dal 2008 il numero

di buyer esteri è aumentato costantemente, portando la quota al 22% del tota-le (dato 2011). Infatti opti ha puntato con impe-gno e perseveranza a una sempre maggiore internazionalizzazione da quando GHM ha acquisito l'organizzazio-ne del salone quattro anni fa.

Il direttore di opti, Dieter Dohr

Da sinistra: uno dei Forum che caratterizzano la sessione formativa del salone tedesco e l’ingresso dell’edizione del gennaio scorso

italiani troveranno quindi una panoramica a 360 gradi su occhiali, lenti a contatto, arredi per negozi, strumenti e mon-tature. Particolare interesse sarà suscitato come sempre dalle mille espressioni del design più innovativo, originale, esclusivo e moderno. Del resto opti è il punto di riferimento per tutti coloro che cercano qualcosa di speciale e sono alla caccia di tendenze e mode insolite. Nell’area YES!, ad esempio, molti giovani stilisti presenteranno le loro prime collezioni. In poche parole, l’offerta espositiva di opti è ricca di anteprime e novità già all’inizio della stagione. Visitan-do il salone, gli ottici italiani potranno quindi acquisire le informazioni necessarie per pianificare il proprio lavoro nei restanti 365 giorni dell’anno. La particolarità è che i visita-tori possono trovare tutto questo in spazi ristretti, con una disposizione su quattro padiglioni che riduce al minimo gli spostamenti per una visita più agevole. Nessun altro evento offre all'operatore qualificato una tale vastità e varietà di prodotti, su una superficie così compatta, in tutti i segmenti dell'ottica e dell'occhialeria. Un solo giorno è sufficiente per avere una visione completa delle ultime evoluzioni del mercato. Voglio mettere in evidenza anche il programma di convegni di opti-Forum: con un’agenda ricca di pre-sentazioni tradotte in simultanea in lingua inglese, tutti i visitatori possono raccogliere idee e suggerimenti preziosi per la loro attività quotidiana, il marketing e la vendita.

una fiera “locale” che non viene considerata

di buyer esteri è aumentato costantemente, portando la quota al 22% del tota-le (dato 2011). Infatti opti ha puntato con impe-gno e perseveranza a una sempre maggiore internazionalizzazione da quando GHM ha acquisito l'organizzazio-ne del salone quattro anni fa.

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L’ex Formelli, azienda di Casalecchio di Reno che ha costruito il proprio successo sull’eyewear per i più piccoli, riallaccia il filo con la tradizione grazie a Barbapapà,

nuova licenza della casa madre francese, che ha vinto il Silmo d’Oro 2010

olorati, amichevoli, rispettosi della natura. Chi non ricorda gli allegri componenti della famiglia dei Barbapapà? Era-no gli Anni Settanta quando

una serie animata raccontava la storia di questi gommosi personaggi, mamma, papà e due figli. Ora ritornano protagonisti delle montature distribuite da Formelli, oggi Logo Italia, non nuova ai prodotti per bambini. Kickers, Winnie the Pooh, Disney e Harry Potter sono, infatti, i principali marchi distribuiti dall’azienda bilognese, in quasi 70 anni di attività. La caratteristica comune è la riconosciuta qualità della produzione Logo, che in Francia è leader nel segmento bimbo. Nel corso degli anni cambiano le licenze, Logo si aggiudica il Silmo d’Oro 2010, oltre che con Tag Heuer, anche con Barbapapà proprio nella categoria “Enfant”, a ulteriore conferma del grande “savoir faire” dell’azienda. «Non rientria-mo certo perché manchino le collezioni da bimbo, anche se sono meno di quando uscimmo; credia-

Cdi Francesca Tirozzi

LOGO ITALIA TORNA AL BAMBINO SENZA… BARBA-TRUCCHI!

Saverio Vecchia, amministratore delegato di Logo Italia

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ATTUALITÀ

mo però fortemente ci sia spazio nel target di età specifico e sul versante di una proposta qualitativa forte - ha rivelato Saverio Vecchia, amministratore delegato di Logo Italia, la società di Casalecchio di Reno che da un paio d’anni aveva rinunciato a questo business - Abbiamo qualcosa di veramente interessante da presentare: la collezione Barbapapà è tecnica, con un target di età preciso e un nome importante. Queste componenti, oltre al know-how di anni e una clientela che ci conosce per la qualità dei prodotti, sono la base di una decisione solida con un'idea precisa di sviluppo. Barbapapà nasce da una collaborazione tra Logo e oftalmologi fran-cesi specializzati che ci viene riconosciuta immedia-tamente da chi di campionari se ne intende. Senza barba-trucchi!». Il campionario Barbapapà ha un target per i più piccoli, cioè dai 2 ai 6 anni, è formato da 18 modelli in acetato con una forte connotazione tecnica legata a ponti ribassati, cerchi tendenzial-mente alti per ampliare il campo visivo e una forte robustezza della struttura e delle cerniere flex. Il tut-to naturalmente a misura di bimbo, con la dolcezza dei personaggi sulle aste, di peluche per la vetrina e un gadget per ogni piccolo cliente.

Il brand della maison svizzera, commercializzato nel nostro paese da Logo Italia, riconferma il culto per lo sport, unito a comfort ed eleganza

È stata un’estate di fuoco per Tag Heuer che ha preso parte a Le Mans lo scorso giugno, vestendo lo sguardo e donando comfort al team Audi che si è aggiudicato il primo premio della competizione su 4 ruote. Lo sport rimane dunque il pallino della maison che ha fatto del modello Automatic un occhiale in cui il lusso rimane al primo posto, accompagnato da stile e comodità. Quest’ultima è possibile grazie alla tecnologia brevettata delle cerniere che con un semplice gesto della mano permette di indossare gli occhiali. Uno stile e una linea totalmente riconducibile al mondo Tag Heuer, lo sviluppo dell’aste in gomma animata in beta titanio, portano le aste a essere perfettamente dritte e allineate. Altro modello simbolo di sport ed eleganza è Trends Rubber, un occhiale da vista, risultato dell’unione di tecnologia e della grande esperienza della casa Tag Heuer. Il modello glasant presenta aste bicolore in gomma, che contribuiscono a renderlo estremamente comodo e resistente nonostante la sua leggerezza. Una linea che non va ad alterare quelli che sono i tratti naturali del volto e che esalta la naturale bellezza degli occhi, marcatamente “urban”, per un occhiale che nonostante le performance e le tecnologie applicate risulta essere elegante. E per cambiare look a seconda della giornata, l’ottico ha l'opportunità di offrire ai propri clienti un ampio range di colori. Sono 4 infatti i modelli disponibili in 6 varianti colore differenti.

TAG HEUER, PASSIONE SPORTIVA

Il brand della maison Il brand della maison Il brand della maison Il brand della maison Il brand della maison Il brand della maison svizzera, commercializzato svizzera, commercializzato nel nostro paese da Logo Italia, nel nostro paese da Logo Italia, riconferma il culto per lo sport, unito riconferma il culto per lo sport, unito riconferma il culto per lo sport, unito a comfort ed eleganzaa comfort ed eleganza

È stata un’estate di fuoco per Tag Heuer che ha È stata un’estate di fuoco per Tag Heuer che ha È stata un’estate di fuoco per Tag Heuer che ha È stata un’estate di fuoco per Tag Heuer che ha

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colore differenti.colore differenti.

Due modelli Barbapapà,

in licenza alla francese Logo e distribuiti in

esclusiva presso gli ottici italiani dalla sua filiale,

l’ex Formelli

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ATTUALITÀ

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’evoluzione di Vision Group, il lancio del nuovo sistema di Logistica e Pianificazione e i risultati dell’inse-gna VisionOttica, saranno i temi al

centro dell’incontro in programma, presso lo Sheraton Golf al Parco de’ Medici di Roma. L’amministratore delegato di Vision Group, Marco Procacciante, illustrerà ragione e obiettivi dell’evoluzione che negli ultimi sei mesi ha porta-to al passaggio da Vision Service Group a Vision Group, nato dall’integrazione con Vision Is. Spiegherà, inoltre, le sinergie tra la pianificazione assortimenti e l’insegna VisionOttica, in un progressivo processo d’integrazione tra politiche commerciali e di marketing. Il chief operating di-rector, Daniele Anselmo, e il suo staff spiegheranno l’idea della pianificazione assortimenti del gruppo, sia dal punto di vista commerciale sia da quello gestionale, basata sulla clusterizzazione dei centri ottici per una miglior personaliz-zazione del servizio e sul lancio delle nuove house brand del Gruppo. Il direttore marketing Sergio Perris presenterà i risultati del primo anno di comunicazione del premium brand del gruppo, la lunga e proficua campagna al consumatore finale avviata nell’ottobre 2010 fino a maggio 2011 e destinata a proseguire nei prossimi mesi, nonché il

lavoro svolto dal Comitato di Customer Advocacy. Carlo Redaelli e Maurizio Bianchi chiuderanno la mattinata del lunedì trattando rispettivamente i temi relativi alla collabo-razione con l’Area Medica grazie al programma “Amici per la vista” e alla Certificazione del Servizio. Queste giornate sono il punto di partenza per un road-show, che avrà inizio a ottobre, con il quale il Gruppo incontrerà tutti i centri affiliati sull’intero territorio italiano per approfondi-re opportunamente gli innovativi progetti.

PARTE DA ROMA IL ROADSHOW DI VISION GROUP

di Angelo Magri

LIl 18 e 19 settembre si tiene nella Capitale un incontro con gli affiliati che già hanno sposato

i progetti VisionOttica e/o Pianificazione Assortimenti per affrontare nuove tematiche e nuove sfide, partendo dall’analisi dell’ultimo anno, colmo di novità e grandi risultati

È uno dei massimi esperti italiani di sociologia e marketing, presidente di Astra Ricerche e di vari istituti di ricerca e consulenza, nonché past president della TP – Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti. Enrico Finzi sarà la guida dei lavori nelle giornate romane di Vision Group e interverrà per presentare lo scenario e le prospettive del mercato nel medio e lungo termine.

ARRIVA ENRICO FINZI, RELATORE E MODERATORE D’ECCELLENZA

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i alza presto ogni mattina e da Vogogna prende il treno per percorrere i 70 chilometri neces-sari a raggiungere Angera, una delle più belle località del Lago Maggiore, nota soprattutto per

l’affascinante Rocca Borromea. Qui da circa un anno Laura Piretti, classe 1984, ha aperto un centro ottico. «Sono entrata per caso in questo settore: inizialmente, dopo il diploma di ragioneria, ho lavorato presso un consorzio che poi ha chiuso – racconta Piretti - Poco prima che cessasse l'attività, mi sono messa alla ri-cerca di un nuovo impiego e tra i vari annunci, ne ho trovato uno che cercava un’addetta vendite: chiamai per fissare un colloquio». Presentatasi all’ora e all’in-dirizzo concordati, con sua grande sorpresa, si trovò davanti a un centro ottico. «Informai subito la titolare che non sapevo nulla di occhiali, che avevo un altro tipo di formazione, ma lei mi tranquillizzò, dicendo-mi che bastava solo un po’ di passione – continua la giovane ottica - Passione che lei stessa mi trasmise, attraverso i suoi insegnamenti. In breve tempo capii che quella era la mia strada e cercai di migliorare e di creare una mia professionalità, andando a scuola». Inizia in questo modo, quindi, il percorso di forma-zione di Piretti presso la scuola Leonardo da Vinci di Bergamo prima e successive specializzazioni in Irsoo, dove tuttora sta ultimando il corso di optometria. Inol-tre, per approfondire anche l’aspetto medico, Piretti ha seguito un tirocinio presso un oculista della zona, dove ha assistito anche a piccole operazioni chirurgi-che. Poi il grande passo: dopo l’indipendenza forma-

tiva doveva venire anche quella lavorativa. «L’anno scorso mi sono sentita pronta e ho aperto un negozio tutto mio: mi sono informata tramite amici addetti al settore, mi sono messa alla ricerca di un locale e ho trovato un annuncio in cui si cedeva l’attività di un centro ottico – racconta la giovane - Ho cominciato la mia attività con marchi poco conosciuti, particolari,

DISTRIBUZIONE

Prende il treno tutti i giorni da Vogogna per Angera per andare nella sua “bomboniera”. Così Laura Piretti chiama il proprio centro ottico. Una passione diventata un vero lavoro

per una casualità, ma alimentata da un costante aggiornamento

IO, OTTICO PER CASO

di Francesca Tirozzi

S

E se l’ottico è una lei?

Dodici donne,

una per ogni mese dell’anno.

Un viaggio attraverso il mondo

dell’occhialeria visto dall'altra metà del cielo

Laura Piretti

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puntando su questi senza natural-mente trascurare le grandi griffe». E la ricerca? «A mio parer vale più la parola dei colleghi amici, con cui mi sento regolarmente via facebook, piuttosto che la ricerca intesa come partecipazione alle fiere, anche se non perdo mai l’appuntamento di Mido – dice Piretti – E prima di acquistare un prodotto mi informo molto, soprat-tutto tramite internet». Quando le nominiamo la parola Ecm, Piretti cambia tono. «Sono arrabbiatis-sima che la formazione non sia più obbligatoria, la nostra attività necessita di un aggiornamento costante che dà valore alla nostra

figura – afferma la giovane ottica - Più che il prodotto, vale la profes-sionalità: il cliente deve tornare da me non perché nel mio centro ottico trova la griffe, ma perché vuole essere seguito “da Laura”». Completamente assorbita dalla propria attività, Piretti ha poco tempo per se stessa. «Il lavoro cede poco spazio alla mia vita pri-vata, sono totalmente concentrata sul mio negozio: le mie ultime vacanze le ho trascorse seguendo un corso di contattologia presso Irsoo!», conclude. E i primi sforzi e sacrifici sono stati premiati: nei primi 6 mesi di quest’anno Lunotti-ca ha realizzato un +22% rispetto a giugno 2010. La sua “bomboniera” le sta dando grandi soddisfazioni.

DISTRIBUZIONE

Lunottica, il negozio della giovane professionista, si trova nel centro

storico di Angera

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ualsiasi fashion victim interrogata sul must parigino degli occhiali, ri-sponderebbe La-font. E Lafont può essere il punto di

partenza per un “itinerario delle lenti” nella capitale. La storia inizia nel 1923,

MODA

PARIGI E I SUOI LUNETIERS

Se pensate di visitare la capitale francese in occasione di Silmo, ecco una rapida ma suggestiva guida delle migliori boutique di occhiali

di Luisa Espanet

Q quando Jean Lafont apre all’11 Rue Vi-gnon, in un palazzo anni Trenta vicino alla Madeleine, ritrovo della Parigi bene per la Messa domenicale. Nel 1972 Lafont diventa un marchio. Ora è alla quarta genera-zione e i negozi sono diventati cinque.

Dopo il 2 Rue Duphot, all’angolo con Rue du Fau-bourg St.Honoré aperto nel 1988, è la volta del 12

Rue de Sevigné nel Marais, con le prime vetrine vintage. Nel 1997 viene inaugurato il più gran-

de, 17 Boulevard Raspail, a due passi da La Coupole e St.Germain des Prés. L’ultimo è al

46 Rue de Passy, nel residenziale XVI arron-dissement, con un coloratissimo reparto

bambini. Non lontano, nell’VIII, al 50 Rue François I, dagli anni Cinquanta c’è

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il negozio di Pierre Marly. È lui che ha creato i famosi occhiali da sole per Audrey Hepburn. Accan-to ai marchi più noti ha una sua linea in materiali naturali, legno, cuoio, corno. Al 380 Rue St.Honoré, Marly ha aperto un museo con più di tremila ogget-ti che raccontano la storia degli occhiali: ci sono i rozzi modelli da sole in legno usati un tempo dagli eschimesi, quelli da vista della figlia di Luigi XV, le lenti a contatto di Maria Callas e le “lorgnettes” di Sarah Bernhardt. Al 23 Rue François I ha inaugurato a gennaio la seconda boutique Les plus belles lunettes du monde, dopo quella del 2007 in Rue du Pont Neuf 16. Il nome può apparire pre-suntuoso, ma già le vetrine mantengo-

MODA

no le promesse: modelli classici e d’avanguardia in presentazione a effetto “teatro”. Le plus beau regard du monde” una spa dedicata alla cura del viso. Chi subisce il fascino dei negozi con boiserie e ottoni resterà incantato da Meyrowitz (5 Rue de Casti-glione) di fronte al Louvre. La maison è nata nel 1875 a New York, ma il negozio data del 1922. Oltre ai marchi di designer, da Starck a Vera Wang, ci sono occhiali per lo sport, dal polo al golf, per aviatori, per subacquei. Oltre alle riedizioni di modelli cele-

bri, dai Manhattan di Woody Allen a quelli ispirati da Onassis, ai tondi neri di Sacha Guitry, affezionato cliente, realizzano montature su misura, tecnologiche in aceta-to e titanio o in oro 18 carati. Alain Mikli non è certo un nome nuovo ma il suo nego-zio in Rue de Montor-gueil 90, nel Marais, continua a essere un punto di riferimento.

Diversissimo da quello high tech di Corso

Como a Milano, ha lo stile lineare-chic

delle boutique di moda anni Cin-

mantengo- continua a essere un punto di riferimento.

Diversissimo da quello high tech di Corso

Como a Milano, ha lo stile lineare-chic

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Meyrowitz - 5 Rue de Castiglione

quanta. Più recente, del 2004, ma già con un pubbli-co di modaioli, Mode de vue al 53 di Rue de Turenne. Per chi vuole farsi una rapida idea degli occhiali più di tendenza, d’obbligo un salto da Colette, 213 Rue Saint Honoré. nello store su tre piani, si trova l’ultimo trend di tutto e uno dei primi bar ad acqua. Propone dagli abiti alle scarpe, dai cellulari ai cd, dai libri agli occhiali. Dai new-

yorkesi Moscot amati dagli intellettuali a quelli di Delfina Delettrez, alle limited edition di Ray-

Ban, agli occhiali di velluto di Lapo Elkann. Da non mancare anche L’Eclaireur (40

Rue de Sevigné) l’ultimo dei concept store aperti dal 1980 da Armand & Martine

Hadida e considerati il trampolino di lancio di stilisti e designer. Progettato nel 2009 dall’artista concettuale belga

Arne Quinte, “più che un negozio è un’esperienza”. È rivestito in materiali riciclati e tavole di legno, con oggetti, abiti, accessori in nicchie o su 147 schermi.

Vende tra gli altri gli occhiali di Linda Farrow, Jeremy Scott, Ralph Vaessen.

quanta. Più recente, del 2004, ma già con un pubbli-

yorkesi Moscot amati dagli intellettuali a quelli di Delfina Delettrez, alle limited edition di Ray-

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Rue de Sevigné)aperti dal 1980 da Armand & Martine

MODA

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Eschenbach Optik s.r.l. | Via C. Colombo, 10 | I-20066 Melzo (MI) | [email protected] | www.eschenbach-optik.it

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Che cosa significa biocompatibilità in contattologia,e come si misura?Autore: Paul Karpecki, O.D., F.A.A.O.

Nel primo di una serie di tre articoli Paul Karpecki prende in esame corrispondenze e discordanze tra le convinzioni dei Contattologi e le prove in letteratura scientifica riguardo la punteggiatura corneale (CS), iperfluorescenza transitoria associata ai conservanti (PATH = Preservative-Associated Transient Hyperfluorescence), e complicanze da uso di lenti a contatto

Informazioni sull’autore:Koffler Vision Group Eagle Creek Medical Plaza 120 N. Eagle Creek Dr., Suite 431 Lexington, KY 40509 859-263-4631 [email protected]

Da circa un decennio è ormai in corso un dibattito relativo al significato clinico della punteggiatura corneale asintomatica (CS) con fluoresceina sodica (Fl) in portatori di lenti a contatto (CL); in particolar modo tra gli utilizzatori di soluzioni uniche (MPS) dove i livelli alti di iperfluorescenza si osservano circa 2 ore dopo l’inserimento delle CL.1 Alcuni ricercatori hanno suggerito che questa iperfluorescenza transitoria o “punteggiatura corneale indotta dalle soluzioni (SICS)” è dovuta all’incompatibilità fra lente a contatto e sistema di manutenzione, che è una misura di biocompatibilità, 2, 3 e che può preannunciare

eventi futuri.4, 5

Recenti ricerche suggeriscono che l’iperfluorescenza transitoria osservata negli utilizzatori di MPS è un fenomeno benigno ed eziologicamente diverso dalla CS che si osserva in situazioni fisiologiche e patologiche.6, 7 Queste nuove conoscenze supportano le convinzioni che l’iperfluorescenza corneale negli utilizzatori di MPS, quello che i miei colleghi e io abbiamo definito iperfluorescenza transitoria associata ai conservanti (PATH), è un artefatto senza effetti noti. Mentre molti miei colleghi e io crediamo che la PATH non è associata ad un processo patologico, a quanto pare molti professionisti (ECP) credono ancora che la PATH sia un segno di incompatibilità fra lente a contatto e soluzione. È interessante comprendere perché è così diffusa la convinzione che la CS asintomatica e/o la PATH siano indicatori di incompatibilità fra CL e soluzione, e se questa convinzione si basa su prove scientifiche in letteratura.Per valutare la coerenza tra le convinzioni degli ECP e le prove scientifiche disponibili sulla biocompatibilità tra CL e soluzioni di manutenzione è stata realizzata una ricerca e una revisione sistematica della letteratura a riguardo. Questo primo articolo dei tre passa in rassegna le scoperte sulla biocompatibilità tra CL e soluzioni; gli articoli

due e tre prendono in esame le conoscenze in merito a Fl, CS, PATH e fattori di rischio per le complicanze infiammatorie da uso di CL, e saranno pubblicati nei mesi successivi.

MetodiÈ stata effettuata una ricerca via web a livello mondiale tra gli ECP per valutarne livello di conoscenza e credenze su CS e fattori di rischio per le complicanze da CL. Quando appropriato sono state fatte analisi statistiche per determinare l’associazione tra convinzioni diverse. Per determinare la concordanza di convinzioni fra due misure di biocompatibilità è stato utilizzato Il coefficiente statistico Kappa di Cohen (K)8,9. È stata condotta una revisione sistematica della letteratura (peer-reviewed, riviste di settore e abstract presentati a congressi) su CS e biocompatibilità durante l’uso di CL che comprende tutti i riferimenti pertinenti fino al 31 marzo 2011. Sono stati esclusi i riferimenti in cui venivano considerati trattamenti, patologie oculari o sistemiche gravi, quelli con eziologie chirurgico / traumatiche, o che contenevano informazioni insufficienti o non pertinenti. I risultati di questa indagine sono stati confrontati con le convinzioni manifestate dai partecipanti alla ricerca per determinare quanto queste convinzioni si basano su marketing aziendale o su risultati clinici a supporto.

Risultati e discussioneDemografia dell’indagine Su un totale di 1.229 Contattologi coinvolti il 4,9% lavora in Australia, Nuova Zelanda o nella regione Asia Pacifico, l’1,5% in Africa o in Medio Oriente, il 32,4% nel Regno Unito o nell’Unione Europea, e il 61,2% negli Stati Uniti. Il 36,3% degli intervistati vede meno di 15 pazienti di lenti a contatto la settimana, il 33,8% ne vede da 15 a 30, il 25% vede 25-64 pazienti, e il 5% ne vede più di 65.

Significato di Biocompatibilità nel contesto delle lenti a contatto e prodotti di manutenzione…Sulla base della comprensione da parte degli intervistati del concetto di biocompatibilità, le misure scelte più frequentemente da circa il 60% degli intervistati sono state l’integrità delle cellule corneali, la bagnabilità, e/o le interazioni tra

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CL e soluzioni di manutenzione, mentre la minoranza (30%) ha scelto la fluorescenza corneale associata alle soluzioni di manutenzione (PATH) (Figura 1). Le più comuni risposte scritte sul significato di ‘biocompatibilità’ (non rilevate dalle risposte a scelta multipla) sono state: “mantiene o è compatibile con la salute degli occhi” (13,6%), “è confortevole o non irritante” (13,4%). Solo il 4,9% ha ammesso “di non essere sicuro del significato di biocompatibilità”.Meno del 10% degli intervistati ha scelto solo 1 risposta, mentre il 72% ha scelto 3 o più risposte su un massimo di 8 (Figura 2). Le convinzioni in fatto di misure di biocompatibilità si sono divise in due categorie. La prima comprende bagnabilità e permeabilità all’ossigeno, che sono state scelte insieme per il 97% ca. dal 70,1% degli intervistati (K = 0,969; 95% intervallo di confidenza = 0,9552 - 0,9828). È stata trovata solo una leggera corrispondenza in entrambe queste risposte con una qualunque delle altre scelte (Tabella 1). La seconda categoria, descritta come “risposte cellulari,” comprende CS, PATH, infiammazione della cornea / infiltrati (CIE = Corneal Infiltrative Events), interazioni lente/soluzioni, integrità delle cellule della cornea, e tossicità corneale, in quanto c’era una corrispondenza da sufficiente a moderata (K = 0,2421-0,5537 ) tale che se una era una misura di biocompatibilità, allora lo era anche una delle altre. Oltre l’88% degli intervistati ritiene che le risposte cellulari associate ad utilizzo di CL sono misure di biocompatibilità.Tra gli intervistati che credono che la CS sia una misura di biocompatibilità, il 67,3%, il 67,6% e il 51,5% credono anche che, rispettivamente, CIE, tossicità delle cellule

corneali e PATH misurino la biocompatibilità (K = 0,4307-0,5537). Dei contattologi che credono che la PATH sia una misura di biocompatibilità, l’86,8%, il 68,9%, l’87,0% e il 73,5%, ritiene anche che rispettivamente CS, CIE, interazioni lente/soluzioni e tossicità cellulare siano misure di biocompatibilità (concordanza da sufficiente a moderata; K = 0,2847-0,4307). Mentre il 75% degli intervistati (278 su 370) che valutano la PATH come una misura di biocompatibilità credono anche che l’integrità delle cellule corneali rappresenti una misura di biocompatibilità, essi mostrano solo una lieve corrispondenza (K = 0,1612), in quanto il 62,8% degli intervistati (468 su 745) che valuta l’integrità delle

cellule corneali una misura di biocompatibilità, non crede che la PATH lo sia.

Rassegna sistematicaSono stati identificati in totale 1.198 riferimenti esclusivi; 161 avevano informazioni pertinenti riguardanti biocompatibilità, CL e/o soluzioni di manutenzione.

Ricerca e Studi PubblicatiA differenza di altri tipi di biomateriali, dove si può raggiungere la proprietà dell’inerzia, con le lenti a contatto questo non è possibile semplicemente perché indossare una lente, a prescindere dal materiale, impatta negativamente su film

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lacrimale e occhio.10-15 Attraverso una ricerca approfondita della letteratura e libri di testo sui biomateriali, la biocompatibilità delle CL e delle soluzioni di manutenzione può generalmente essere considerata come “la capacità di un materiale o di una soluzione per la manutenzione delle lenti, durante il loro utilizzo in modo corretto, di interagire con cellule e tessuti viventi e di non essere tossico, nocivo, né provocare reazioni immunologiche.”16 Inoltre, è “la capacità di un materiale di comportarsi in modo appropriato in risposta a una specifica applicazione e luogo di applicazione da parte dell’ospite.17”Sulla base di questa definizione, nessun singolo test può prevedere completamente come la CL influenzerà l’occhio, e sono necessarie molte prove per costruire un “quadro” della “biocompatibilità” del materiale delle lenti, delle soluzioni di manutenzione, e dei loro rispettivi conservanti.18,19 Oltre l’87% degli intervistati ritiene che è necessaria più di una misura per valutare la biocompatibilità (Figura 2).Quando le misure di biocompatibilità sono valutate da sole o misurano solo un aspetto della biocompatibilità, tutte le lenti a contatto attualmente in commercio, le soluzioni di manutenzione (e i loro rispettivi conservanti) e le combinazioni lente/soluzione utilizzate in modo adeguato mostrano buoni livelli di biocompatibilità.20-63

Però in tutta la letteratura ci sono esempi della necessità di più di una misura per valutare la biocompatibilità, come quando un prodotto che presentava una migliore biocompatibilità – secondo le precedenti definizioni - basata sulla misura considerata33,40,64,65 dopo un certo tempo dà risultati scadenti.66,67 Ne è un esempio la bagnabilità, una misura ritenuta da oltre il 60% degli intervistati come indicatore di biocompatibilità: è stato dimostrato che alcune soluzioni di manutenzione la fanno aumentare64 così come è stato anche dimostrato che le MPS con maggiore bagnabilità sono associate a livelli più alti di CIE, come le cheratiti infiltrative.66-72

Considerando la definizione di biocompatibilità e tenendo presente che nessuna misura da sola può valutare con precisione la biocompatibilità, secondo quanto affermato dagli intervistati, tutte le misure evidenziate in figura 1 sono misure adeguate ad eccezione della PATH e del CS, a seconda del contesto.

La validità del CS come misura della biocompatibilitàL’assenza o la presenza di CS può essere oppure no un segno di biocompatibilità, in quanto si osserva in un’alta percentuale di soggetti sani non portatori di CL (fino al 80%) 73-78 e in portatori di CL soddisfatti.20,79-81

Inoltre la frequenza con cui si osserva la CS è spesso dettata dalla frequenza con cui il professionista esegue il test (per esempio, chi crede che la CS è presente solo nelle situazioni patologiche spesso non effettua questo test.) 82 Questo può portare all’errata interpretazione che in presenza di CS ci deve essere un danno epiteliale anche quando tutto il resto dice il contrario. Inoltre il grado di punteggiatura varia significativamente da persona a persona e da un giorno all’altro per lo stesso paziente.74 È interessante notare che anche nelle popolazioni con malattie comuni, come diabete83 e cheratocono 84-86, spesso associate ad occhio secco 87-89 e CS (totale e di grado superiore a 3), 89 rispettivamente, nessuna correlazione è stata trovata tra comfort o qualità della vita in funzione della visione e CS.83-86

La tabella 2 mostra come la maggior parte della letteratura non supporta la CS di per sé come una misura di biocompatibilità come crede ca. il 51% degli intervistati, dal momento che la CS spesso non è correlata con altri segni 10, 20,28,30,33, 35,36,49,90-

100 o sintomi 24,26,28,35,36,43,96,98,101-108 che sono invece vere misure di biocompatibilità. Degli studi che hanno mostrato un’associazione tra la punteggiatura corneale e segni o sintomi,109-114 solo quella a ore 3/9 e l’iperemia congiuntivale 110, 111 sembrano mostrare una certa consistenza, che può essere dovuta alla eziologia della CS, piuttosto che dovuta alla CS stessa. Lo studio di Szczotka-Flynn e collaboratori109 utilizzato per sostenere che la CS asintomatica può essere predittiva della CIE è stato poi ritrattato sulla base di un recente studio più rigoroso (LASH) che ha dimostrato che non esiste nessuna associazione.92 Un altro studio suggerisce un’associazione tra CS e IK, (cheratite con infiltrati) ma non è sostenuto da nessuna validazione statistica.115 Altri studi mostrano risultati inconsistenti in merito all’associazione fra sintomi e dimensioni, profondità, tipo e posizione della CS,112-114 il che rende questi risultati discutibili.

La PATH è una misura della biocom-patibilità delle CL e delle soluzioni di manutenzione?Come si vede in tab.3 la PATH non è una misura di biocompatibilità.1,34,44,46,47,53,57,60,116-133

In tutta la letteratura solo pochi studi hanno

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trovato un’associazione tra PATH, segni, sintomi, e/o “misure di tossicità”.5,55,134-136 Tuttavia alcuni gruppi che hanno effettuato questi studi hanno pubblicato risultati simili che non mostrano alcuna associazione (totale o clinicamente significativa), 56.122 o hanno analizzato di nuovo i dati che mostrano come la PATH non è un fattore eziologico in complicanze da utilizzo di lenti a contatto (ad esempio, CIE).116,117

Mentre la stragrande maggioranza degli studi non hanno riportato alcuna associazione significativa tra la PATH e altre misure cliniche,34,44,46,47,53,57,60,117-134 solo pochi studi hanno trovato un’associazione fra PATH con alcuni segni.114-116 L’unico studio pubblicato in letteratura scientifica che ha riportato un’associazione tra PATH e modificazioni oculari ha evidenziato solo una debole correlazione inversa tra PATH (ma non punteggiatura congiuntivale con verde di lissamina) e soglia chimica congiuntivale.116 Invece non è stata evidenziata alcuna correlazione fra soglia chimica della cornea o soglia di sensibilità corneo-congiuntivale e PATH o punteggiatura congiuntivale.Solo uno studio ha mostrato un’associazione statisticamente significativa fra la PATH e la riduzione di comfort o secchezza, 55 mentre diversi altri studi hanno suggerito questi risultati senza però alcun supporto statistico.3,137-141 In questi studi i gruppi che utilizzavano una soluzione unica con minori livelli di PATH mostravano livelli favorevoli in alcune misure e sintomi di comfort rispetto a quelli che utilizzavano una soluzione unica con più alti livelli di PATH, anche se non c’era correlazione tra questi livelli e il comfort.3,137-141 La mancanza di associazione tra comfort e PATH non è sorprendente dal momento che anche una CS grave29 non è predittiva del comfort, e quando la riduzione del comfort è elevata (a fine giornata)144 la PATH è generalmente assente.Mentre il 60,6% degli intervistati ritiene che l’integrità delle cellule della cornea è una misura di biocompatibilità, studi hanno dimostrato che la PATH non è un indice di citotossicità142; infatti i danni alla superficie corneale valutati in microscopia elettronica 21,143-145 e i dati di citotossicità in vitro sono meglio correlati con i sintomi di irritazione rispetto alla PATH.146

Altri studi sulla PATH utilizzano metodi

inadeguati per misurare il fenomeno. In una ricerca è stata utilizzata la fluorofotometria che ha evidenziato come le MPS associate ad alti livelli di PATH dopo 2 ore provocano maggiore diffusione della fluoresceina da una parte all’altra della cornea.147-149 Tuttavia questa metodologia presenta dei problemi, in quanto una ricerca ha dimostrato che non possono essere effettuate misure accurate di permeabilità della cornea con questo metodo quando sono presenti CS in alcune zone con grado superiore a 1 (≥ 5 per punteggiatura) a causa di effetti di confusione sulle misure fluorometriche.150

Un ricercatore ha scoperto un livello superiore di esfoliazione delle cellule negli occhi di chi utilizza MPS (con PATH) rispetto a quelli che utilizzano un sistema al perossido151 ma non è stato ancora evidenziato il significato e l’importanza, perché questo studio è ancora preliminare e condotto solo su 5 soggetti e non è ancora stato riprodotto da altri ricercatori.Inoltre, se la PATH è una misura di biocompatibilità, le soluzioni che mostrano bassi livelli di PATH a 2 e 4 ore dovrebbe ro mostrare tassi più bassi di infiammazione della cornea/infiltrati, meno tossicità cellulare, e una migliore integrità delle cellule della cornea come riferito dal 39,9%, 45,8%, e il 60,6% degli intervistati rispettivamente. Invece le MPS con bassi livelli di PATH a 2 ore sono state associate a CIE 66-72, e in tutti gli studi eccetto uno152 hanno dimostrato una maggiore capacità di incidere negativamente sulla fisiologia dell’epitelio normale153 154 e di provocare livelli più alti di tossicità cellulare rispetto alle MPS con elevati livelli di PATH dopo 1 e 4 ore dall’inserimento delle lenti.141-143,153-164

Inoltre le MPS con livelli più elevati di PATH tra 1 e 4 ore mostrano una tossicità cellulare bassa o nulla23,25,141-143,153-161, 164, in tutti gli studi, pochi esclusi,151.165.166 che solitamente utilizzavano intervalli non pertinenti all’uso effettivo.

Inoltre, quando venivano effettivamente rilevate CS asintomatiche in portatori con successo di CL (senza specificare dopo quanto tempo dall’applicazione), non vi era alcuna associazione tra estensione della punteggiatura, indipendentemente dal grado, e la soluzione di manutenzione81, 167 o il disinfettante/conservante presente nella soluzione stessa167. I risultati erano simili quando la punteggiatura corneale veniva

valutata dopo 6/8 ore di utilizzo delle lenti.38 Questo suggerisce che la valutazione della fluorescenza corneale con fluoresceina dopo 2 ore negli utilizzatori di MPS può dare al professionista un falso segnale che può essere erroneamente interpretato come CS.

Una nota sulle limitazioni Dato che questo studio è stato basato su di un indagine via web promossa da riviste specializzate in optometria in tutto il mondo, chi non legge queste riviste non ha potuto parteciparvi. Se anche gli altri contattologi che leggono soprattutto letteratura peer-reviewed avessero partecipato all’indagine i risultati potrebbero essere stati differenti. Inoltre gli autori hanno fatto il massimo sforzo per assicurare che gli intervistati fossero in grado di rispondere alle domande in base alle loro convinzioni, piuttosto che a quelle degli autori, dando diverse opzioni e domande a risposta aperta; tuttavia alcuni partecipanti potrebbero non avere capito cosa si intendeva per “fluorescenza corneale associata alle soluzioni per la manutenzione delle lenti” e questo numero è probabilmente basso. Infine una percentuale elevata di intervistati può aver risposto preferibilmente ‘bagnabilità e permeabilità all’ossigeno’, solo perché queste erano le prime due risposte su 8 possibili.

ConclusioneSulla base dei risultati dell’indagine, una parte sostanziale di contattologi crede che CS e PATH asintomatiche siano misure di biocompatibilità. Queste convinzioni non sono supportate dalla gran parte della rigorosa letteratura scientifica, e quindi sono molto probabilmente causate da messaggi di marketing del settore.Nessuno sta dicendo che la punteggiatura corneale è di per sé una cosa buona: è di fondamentale importanza sapere se questa è presente, e cosa significa nel contesto della situazione complessiva del paziente. In qualità di professionisti responsabili è essenziale basare le decisioni cliniche sulla base di forti evidenze medico-scientifiche.

BibliografiaLa lista dei riferimenti bibliografici è disponibile su richiesta dall’editore ([email protected])Paul Karpecki lavora per Koffler Vison Group, Eagle Creek Medical Plaza, Kentucky. Il supporto editoriale e scientifico per la ricerca e la review della letteratura sono state fornite da BioScience Communications, New York.

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Impegno e concentrazione definiscono la qualità della nostra vita, privata e professionale, che andrebbe affrontata con coscienza, gentilezza, rispetto e serietà

intelligente, sa ascoltare, vede cose nel profon-do, coglie aspetti che ai più sfug-gono, è sensibile e attento, ha fantasia: l’amo. È

banale e conformista, parla solo lui a senso unico, non si accorge di niente e nessuno, passa su tutto e chiunque come un panzer: non l’amo. Ha un senso etico in tutto ciò che fa, è capace di rispetto verso le persone, gli animali, gli oggetti, i luoghi, rispetta gli impegni, rispetta il lavoro altrui e apprezza i talenti dei collaboratori: l’amo. Cerca la strada più comoda, è opportunista, non gli importa nulla di chi o ciò che lo circonda, inquina, mangia male, insulta, non onora i pagamenti, non riconosce chi lo aiuta, non sa leggere le qualità positive: non l’amo. Ha passione ed entusiasmo: l’amo. È solo ambizioso e arrivista: non l’amo. È ottimista e coraggioso: l’amo. Sempre negativo, incupito, arrabbiato: non l’amo. Valorizza chi lavora con lui e mette a proprio agio, per far sì che ogni persona possa esprime-re al meglio i suoi potenziali: l’amo. Sgrida, urla, mortifica, minaccia, crea un clima sgradevole: non l’amo. In sua presenza si sprigiona armonia: l’amo. In sua presenza c’è elettricità, tensione, fastidio: non l’amo. È leale, aperto, sincero: l’amo. È pettegolo, manipolatore, insincero e falso: non l’amo.

Coinvolge e motiva: l’amo. Comanda e impone: non l’amo. Ha sogni e progetti sal-damente agganciati alla sua vita e li porta avanti con coerenza, cogliendo gli spunti per crescer, migliorare, studiare, approfon-dire, evolvere: l’amo. Pensa di tirare a cam-pa’, si mette nel mucchio col più “furbo”, vuole il massimo con il minimo sforzo, magari dando sempre la colpa agli altri (la crisi, il destino, i colleghi, i concorrenti, il cielo, la luna e le stelle): non l’amo. Potrei andare avanti con questo elenco lunghis-simo, ma abbiamo capito il senso. Ho declinato aggettivi al maschile, ma sono validi tanto quanto al femminile: parliamo di genere umano, in senso lato. Ci riferiamo a uomini e donne, come persone evolute nello spirito e nella mente, oppure parliamo di maschi e femmine, generi d’appartenenza “animale”. La differenza è sostanziale e si manifesta in ogni gesto, azione, presenza, scelta che compiamo, che osserviamo compiere. È vero che in ognu-no di noi c’è un po’ di tutto, siamo esseri complessi e ricchi di contraddizioni, però l’impegno e la concentrazione definiscono

la qualità della nostra vita, privata e profes-sionale. Impegno, concentrazione, dedizio-ne, passione sono valori con cui ci confron-tiamo ogni giorno. Un fine pensatore che stimo molto, Carlo Maria Martini, cardinale che si fa chiamare semplicemente "don",

afferma che la coscienza è un muscolo da allenare tutti i giorni e richiede un costante sforzo di volontà, insieme a un progetto di vita e professio-nale cui essere agganciati. È così per l’imprenditore e per il professionista, ma anche per il collaboratore, il dipendente. Siamo tutti nella stessa barca e non importa quale ruolo il destino ci chiama a svolgere, l’importante è cercare di farlo con gentilezza, con rispetto, con coerenza, con serietà, per dare un contributo reale, atti-vo, riconoscibile, positivo. Per noi stessi e la soddisfazione della nostra anima e anche per le persone che sono coinvolte con noi, che vivono con noi, che lavorano con noi. Ci sono momenti di fragilità e reazioni di aggressività, ci sono storie di preoccupazioni

e paure che vengono sfogate su chi si trova lì con noi: proviamo pensare che anche le altre persone si sentono deboli, hanno i loro

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sicurezza, nelle nostre voglie di nuotare insieme potremo trovare scoglio sicuro per tutti. La ricerca e l’espressione della qualità personale sono un valore per tutti. È uno spazio da concedere a chi collabora con noi, è una dimensione da trovare noi stessi. Non passa attraverso la cupa severità, non passa dall’ambizione sfrenata, non passa dal “mordi e fuggi”. Passa come un’emanazione sottile di cortesia, di affetto, di disponibilità. L’affermazione del talento, del valore, dell’originalità non si manifesta con l’alterigia, con i colori sgargianti, con le stranezze fini a sé stesse. Equilibrio, rispetto e interpretazione delle tradizio-ni, proporzioni, discrezione, eleganza, classe, misura: tutti elementi coesi fra loro che confermano la durata nel tempo di cose importanti, che non stancano, che ci accompagnano. Un oggetto (un bell’oc-chiale, strumento del benessere visivo – per vedere e da vedere), un’amicizia (una persona conosciuta, due parole profonde, un’osservazione sensibile, uno sguardo magico indimenticabile), un luogo “sacro” (c’era quel raggio di luce particolare, il refolo di vento con un profumo). Emozioni che arricchiscono la nostra vita e che, se riusciamo a coglierle e a farne tesoro, diventano il nutrimento con cui esistiamo

nel quotidiano, per il nostro impegno, per essere d’aiuto agli altri, collaboratori, clienti, fornitori, consulenti, ecc. Il valore di un’impresa – negozio, studio, azienda – è dato anche da questa onda che promana, che si percepisce, che tocca sensi sottili ed evidenti. Un buon negozio non è quello dove si fanno solo gli occhiali perfetti, pun-to. Questo è il minimo. Un buon negozio è il luogo dove gli occhiali si fanno bene e con passione, con gentilezza, con armonia. Una buona azienda non è solo quella dove i pacchi partono completi di listini e pubbli-cità e i tabulati sono senza errori. Si dà per scontato che questo avvenga ovviamente. Ricordiamoci bene che una buona azienda avrà sempre un grande successo se dalla sua sede partiranno pacchi e telefonate fatte da persone felici di lavorare lì, serene, coinvolte, che sanno di lavorare nel pieno rispetto di tutti. Un buon occhiale è quello costruito da persone attive ed appassiona-te, con idee e poesia, con cervello e creati-vità, in tutti i ruoli. Queste sono le differen-ze che contano, questi sono gli elementi che definiscono le vere differenze e non occorrono altre originali stranezze. Il mon-do è pronto per riconoscere ed accogliere questi valori, oggi più che mai. Vogliamo provare a pensarci, siamo pronti noi?

UNA POESIA

Un'opera d'arte non è un essere vivente che cammina o corre, è la creazione di una vita che fa scaturire una reazione.Per alcuni è un miracolo della mano dell'uomo.Per alcuni è un miracolo della mente.Per qualcuno è un miracolo della tecnica.Per qualcuno conta quanto sia reale.Per qualcuno conta quanto sia trascendente.È come la Quinta Sinfonia: suggerisce un sentimento che riconosce solo chi l'ha provato almeno una volta e lo sta ricercando.Lo conosce ma vuole risentirlo.Lo conosce ma vuole rivederlo.Un'opera d'arte rivela che la natura non può fare ciò che fa l'uomo.

di Louis Khan

MEDITAZIONI

Louis Khan (1901 - 1974), architetto e pensatore importante, ha svolto

attività didattica e di ricerca oltre che professionale. Famoso e

ammirato in tutto il mondo, ancora oggi i suoi lavori sono riferimento imprescindibile per chiunque sia

appassionato di architettura

pensieri, le loro esperienze da elaborare, i loro momenti delicati. Quindi, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità d’inter-rompere il ciclo e portare armonia. Poche cose sicure ho imparato: solo chi è più forte è capace di magnanimità. Chi è più umile e comprensivo ha davvero valore, chi sa essere gentile, chi sa sorridere e ascoltare vuole davvero bene agli altri. La persona intelligente è gentile e porge un sorriso, la persona insicura si rapporta con arroganza e protervia: lo verifichiamo tutti nel nostro quotidiano. Il cliente che onestamente ci dice aver lui stesso rovinato l'occhiale e con cortesia chiede la riparazione; il cliente che ha fatto mangiare l'occhiale dal cane e arrogante pretende la sostituzione in garanzia (difetto di fabbricazione del cane o dell'occhiale?). Le mie collaboratrici rac-contano di quell'ottico elegante di Roma, di quello simpatico di Torino, di quello garbato di La Spezia, di quello gentile di Bari, ed io li conosco personalmente, li vedo e so che sono ottici intelligenti, sensibili, quindi li rispetto, li stimo. Poi mi raccontano dell'ottico prepotente e cafone, e conosco anche questi (pochi per fortuna) e cerco di dare anche a loro un ottimo servizio, chissà mai che non calmino gli iracondi spiriti. Nelle nostre fragilità siamo travolti dalle onde dell’in-

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Una gestione finanziaria corretta della propria azienda implica la definizione di una politica che preveda incassi rapidi dai clienti e pagamenti programmati ai fornitori:

la dilazione concessa è, infatti, un propulsore agli acquisti, comportando d’altra parte una serie di costi per i grossisti stessi, che risultano quindi restii a concederla

e modalità con cui regolare i propri debiti sono molte-plici e si diffe-

renziano notevolmente per efficacia, velocità e praticità.

Pagamento anticipato, con contrassegno e frazionatoLe forme di pagamento più utilizzate si possono riassumere nel pagamento anticipato, con contrassegno o dila-zionato nel tempo. Per pagamento anticipato si intende l’effettuazione del pagamento al proprio fornitore prima della scadenza, o prima che la fornitura sia eseguita. Il pagamento con contrassegno è il pagamento contestuale alla consegna della mer-

ce: in genere lo spedizioniere ritira il corrispettivo del bene consegnato e, se non pattuito diversamente, il pagamento della merce da parte del ricevitore sarà effettuato esclusiva-mente attraverso una forma di paga-mento "garantito" (contanti o assegno circolare di norma) dato che il vettore dovrà corrispondere in ogni caso al suo mandante la cifra specificata. La pattuizione diversa, che deve essere chiaramente esplicitata in forma scritta, può prevedere il ritiro da parte dell'incaricato di un assegno bancario intestato direttamente al proprietario della merce. Un’ulteriore modalità di pagamento è il pagamen-to frazionato. L’importo della fattura in questo caso non dovrà essere

regolato in un’unica soluzione, ma in più soluzioni (ad esempio 30, 60, 90 giorni fine mese). A differenza del pagamento rateale, considerato come una forma di finanziamento regolabi-le dopo molte mensilità, il pagamento frazionato prevede semplicemente la suddivisione di una scadenza in più momenti, agevolando così il cliente nel pagamento della stessa. Con riferimento agli strumenti di paga-mento il bonifico bancario rimane lo strumento più diffuso, in quanto consente una maggiore discrezionali-tà in relazione al momento di effettua-zione del pagamento (al contrario ad esempio delle Ri.ba) e quindi mag-giore flessibilità nella gestione delle proprie liquidità.

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Come stabilire la strategia più corretta da utilizzare con i propri fornitori? Indubbiamente in tale scelta giocano un fattore fondamentale i rapporti instaurati: i fornitori abituali sa-ranno più propensi a concederci pagamenti posticipati nel tempo, mentre fornitori saltuari chiederanno pagamenti anticipati. Gli obiettivi da perseguire per una corretta gestio-ne del ciclo passivo, specie in un periodo di generale scarsa liquidità come quello attuale, devono essere la riduzione del circolante attraver-so un’oculata gestione dei termini di pagamento ai fornitori di beni e

di servizi, nonché il contenimento dei costi operativi. Ciò può essere verificato con un semplice indice, il cosiddetto Capitale Circolante Netto Commerciale (Ccnc), dato da: rimanenze + crediti commerciali – debiti commerciali. Il miglior Ccnc è un valore negativo, ovvero caratte-rizzato da:• valore contenuto dei crediti

commerciali (come si verifica nel caso dei negozi al dettaglio in cui i clienti pagano principalmente in contanti, con strumenti di paga-mento o con carte di credito) e con tempi medi di incasso estrema-mente contenuti;

• giacenze di magazzino controllate e a elevata rotazione;

• elevata esposizione finanziaria nei confronti dei fornitori con dilazio-ni di pagamento particolarmente favorevoli, dovuta al peso contrat-tuale esercitato nei confronti dei fornitori stessi.

Un Ccnc negativo è sintomatico di una situazione finanziaria partico-larmente favorevole, dal momento che tutti gli investimenti in circolante commerciale sono totalmente finan-ziati dai fornitori. Un aumento della dilazione di pagamento, infatti, si accompagna a una maggiore dispo-nibilità a breve di risorse monetarie.

CONSULENTE

Il 6 luglio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la manovra correttiva 2011 (Decreto Legge 98/2011). Nel testo si segnalano rilevanti interventi relativi al settore della previdenza quali l'anticipo di un

anno dell’aggancio dell’età pensionabile alle aspettative di vita, l'aumento graduale dell’età pensio-nabile delle lavoratrici del settore privato a partire dal 1° gennaio 2020 e il blocco della rivalutazione delle pensioni, che scende al 45 per cento per quelle di importo compreso da tre a cinque volte il trat-tamento minimo, è azzerata per le pensioni di importo superiore. Anche per il 2012, inoltre, si prevede una tassazione agevolata del reddito dei lavoratori e uno sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro per le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato in attuazione

di quanto previsto da accordi o contratti collettivi aziendali o territoriali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e

correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, col-legate ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili della impresa, o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale, compresi i contratti aziendali sotto-scritti ai sensi dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra Confindustria, Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Fra i provvedimenti che interessano il lavoro nel settore privato si ricorda l’introduzione di un regime di favore per le nuove imprese costituite da parte di giovani o di persone che hanno perso il posto di

lavoro, con la riduzione al 5 per cento dell’imposta sostitutiva di irpef e relative addizionali.

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Informazione incompleta, piccole negligenze, mancata comprensione dell’utilizzatore e assenza di coinvolgimento sono i fattori da cui dipende la maggior parte degli insuccessi nell’applicazione delle lac. Un report in due puntate per stabilire il confine tra chi si limita

a fornire e chi applica professionalmente lenti a contatto

ccade sovente che il portatore di lenti a contatto le ritenga responsabili di una serie di sintomi non

riconducibili direttamente a esse. Il contattologo sa che queste problematiche secondarie si evolvono nel tempo e sono patite anche da soggetti che non le usano, pertanto facilmente le può considerare causa unica di molte situazioni quantomeno fastidiose. Consapevole di ciò, il contattologo deve preventivamente mettere in atto pratiche e competenze per minimizzare queste situazioni a iniziare dal controllo periodico dei segni che indicano lo stato di salute del segmento anteriore oculare, anche in collaborazione con l’oftalmologo. Così si allontanerà il rischio di dover gestire alcune rare quanto scomode controindicazioni all’uso, dovute sia a problematiche sistemiche o locali (ad esempio glaucoma e diabete), fino alle meno diffuse e difficili da riconoscere.

Anamnesi del problema del portatoreIl colloquio preliminare con il nostro portatore è sempre importante. Quando è motivato da un problema specifico, questo si manifesta immediatamente, ma nel caso in cui il portatore sia abituato a visite di routine periodiche, come nel caso delle sedute abbinate al rinnovo delle lenti a contatto, si potrebbe avere

LA BEST PRACTICE NELLA GESTIONE DEL PORTATORE DI LENTI A CONTATTO

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A una maggiore difficoltà nell’evidenziare anomalie interessanti. La seguente e semplice proposta di schema anamnestico può aiutare a velocizzare e finalizzare un controllo:•quanti giorni a settimana porta normalmente le sue

lenti?•di solito a che ora le indossa? •a che ora le toglie?• come le sembra di vedere? • come si trova a usarle durante la lettura o l’uso del

computer?• sente mai le sue lenti asciutte o fastidiose?

Le sedute di controllo Un intervallo appropriato per effettuare un controllo di lenti a contatto in un normale portatore può avvenire ogni sei mesi. Questo lasso di tempo potrebbe essere adeguato sia nel caso di neo-portatori, sia in quello di portatori consolidati che fanno un uso giornaliero intenso (superiore a 10 ore per giorno). A meno che, il soggetto non lamenti dei fastidi nell’utilizzo, l’indicazione generale sarà di venire al controllo indossando le lenti a contatto, meglio se da un numero di ore, in linea alle abitudini medie di utilizzo, in modo da poter notare con maggior facilità le eventuali zone di miglioramento dell’applicazione.

di Francesco Vargellini optometrista docente Istituto B. Zaccagnini

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N8 201145

Un esempio di lampada a fessura digitale, con sistema di acquisizione fotografico. Oltre a strumenti di questo tipo, inizialmente si può anche ripiegare sull’utilizzazione di una semplice compatta digitale, appoggiata opportunamente all’oculare; con alcuni modelli è possibile scattare fotografie di buona qualità.

Insuccesso clinicoAlla base dell’insuccesso di un’applicazione può essere annoverata anche la percezione globale di “attenzione” ricevuta dal professionista. Per risolvere casi articolati non basta avere le conoscenze tecniche e una strumentazione efficace, ma occorre anche far percepire alla persona la nostra attenzione, dedicandole la giusta quantità di tempo. Il nostro paziente potrebbe non avere il tempo di percepire le nostre capacità e, per quanto sia difficile ammetterlo, una diagnosi “rapida e accurata supportata dalle nostre competenze e abilità, sarà spesso percepita dal portatore di lac come “frettolosa e superficiale”. Nel caso in cui il portatore si sia rivolto già a un collega, ma senta il bisogno di avvalersi di un secondo consulto, ricordiamoci di valutare e definire correttamente il tempo da dedicare alla visita come un elemento di rafforzamento della relazione professionista-portatore, da utilizzare discrezionalmente in base all’interlocutore e al suo problema. In questi casi si è portati a pensare che il nostro precedente collega non avesse attuato nessuna delle nostre considerazioni e valutazioni cliniche o che non avesse effettivamente capito come risolvere il problema del nostro paziente. Se il portatore risulta avere ancora il problema dichiarato alla seduta di controllo precedente, o il problema è tra

quelli legati a condizioni casuali, (ad es. una congiuntivite asettica), oppure la causa non è stata individuata ed eliminata al primo controllo. In entrambi i casi la persona che decide di affidarsi a un nuovo professionista ha stabilito che il precedente non è in grado di gestire il proprio caso. Non si deve solo far bene il proprio compito, ma si deve anche dare la sensazione di averlo svolto al meglio delle competenze e delle possibilità. Quante volte si sente dire dai propri pazienti che il precedente professionista gli era sembrato frettoloso, che non gli era piaciuto nei modi, che non aveva capito nulla del suo problema, oppure che non aveva esposto con chiarezza come intendeva affrontare la situazione? Ogni genere di procedure tecniche o cliniche, non solo quelle delle applicazioni di lenti a contatto, possono essere eseguita seguendo numerose strategie originali sviluppate da ciascun professionista mischiando le conoscenze accademiche, l’esperienza clinica, le deduzioni e i suggerimenti acquisiti dai colleghi, leggendo pubblicazioni specializzate e ascoltando i pazienti. Fermo restando che ogni situazione non è mai uguale alla precedente, è ovvio che si possono trovare tanti punti di similitudine che nel tempo ci consentono di maturare strategie sempre più efficaci (prosegue nel n. 9 – ottobre 2011 di b2eyes magazine).

Un esempio di lampada a fessura digitale, con sistema di acquisizione fotografico. Oltre a strumenti già predisposti a questo tipo di acquisizione multimediale, inizialmente si può anche ripiegare sull’utilizzazione di una semplice compatta digitale, appoggiata opportunamente all’oculare; con alcuni modelli è possibile scattare fotografie di buona qualità

LAB

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Questa è la domanda, alquanto provocatoria, che si è posto Eef van der Worp in relazione alla quantità di deposizione dello strato lipidico sulla superficie di una lente a contatto (R)GP

C’È ACQUA SU MARTE?

LENTI A CONTATTO

ecentemente mi sono imbattuto nella let-tura di un articolo di Eef van der Worp e devo dire di esserne rimasto affascinato, poiché solleva un problema che, per chi pratica contattologia tutti i giorni, è tutt’al-tro che marginale: l’idrorepellenza. Tutti noi sappiamo che la lacrima ha un’orga-

nizzazione su tre strati, uno basale mucinico a contatto con i glico calici corneali, uno acquoso e uno lipidico. È proprio quest’ulti-mo, l’elemento su cui si concentra l’osservazione mossa da van der Worp, in quanto la parte lipidica della lacrima deputata alla conservazione dell’integrità del film lacrimale dall’evaporazione parrebbe non essere altrettanto presente durante l’applicazione di una lente a contatto, specie se (R)GP. L’atto applicativo sia esso costituito da una lac morbida o dura è, di per sé, sempre un mo-mento di estrema rivoluzione dei normali processi conservativi della cornea che hanno la lacrima per principale interprete della sua integrità e metabolismo. Il fluido che giace a mo’ di menisco nei margini palpebrali e permea sia congiuntiva che cornea, ha trasparenza ottica, funzioni nutrizionali e difensive verso la prin-cipale lente dell’occhio. Prodotto dalle ghiandole lacrimali in una quantità pari a 12 microlitri per minuto in volume, il “tear layer” - come lo chiamano gli anglosassoni - riveste importanti funzioni come la regolarizzazione dell’epitelio corneale, generando una superficie più omogenea, lubrifica lo scorrimento delle palpebre contro il bulbo oculare e rimuove i detriti e i rifiuti metabolici attraverso l’ammiccamento, alimentando la non vascolarizzata cornea attraverso un processo di interscambio ossigenativo e proteggendo la stessa dalle infezioni, mediante proteine antibat-teriche come i lisozimi. In un occhio normale il film lacrimale si muove seguendo ogni ammiccamento per 2-3 secondi a seguito dei quali si ferma e si stabilizza per circa 10-20 secondi, con minime o assenti rotture. Se la lacrima diviene sottile espone la superficie oculare a possibili rischi di aggressione batterica, poi-ché la sua parziale e temporanea rottura rende immediatamente scoperta dallo scudo protettivo la cornea.

L’applicazione, quindi, di una lente a contatto rappresenta un atto in cui la delicata struttura del film lacrimale si destabilizza1, dividendosi in due strati principali:

lo strato pre e post lente. Il livello pre lente consiste in uno strato superficiale lipidico, con un parte basale più acquosa mentre il film post lente consta di una composizione acquoso-mucinica, a ridosso dell’epitelio corneale. Alcuni studi stanno esaminando la composizione fisica del film lacrimale (spessore e struttura2) e bio-meccanica (componenti lipidici, mediatori infiammatori/pro-teine) durante il porto di una lente a contatto, sia con sia senza sintomi conseguenti a un disturbo della superficie oculare. Una lente a contatto, pochi istanti dopo la sua applicazione dovrebbe bagnarsi completamente, circondarsi e mimetizzandosi nel fluido lacrimale instaurando un’armonica relazione con il materiale che compone la lente stessa. In particolare, il Pre lens tear film (Pltf) è artefice del comfort di porto, mentre il Post lens tear film (Poltf) si associa più all’appoggio della lente che al suo movimen-to. Conseguentemente si potrebbe dire che il Pltf è molto sottile e instabile rispetto a un normale film lacrimale tale da generare un minimo strato lipidico superficiale, che è più facile riscon-trare sulla superficie di una lente a contatto morbida piuttosto che (R)GP dove, molto spesso, rischia di essere assente. Il Poltf agisce come un cuscino durante il porto di una lente a contatto lubrificandone la superficie posteriore, ma talvolta la sua staticità provoca ristagno di detriti e di metaboliti di rifiuto, causando “binding” della lac e pregiudicando l’integrità corneale. Ecco

R

di Marco Tovagliacontattologo

Mappacon disomogeneità lacrimali

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quindi il perché dell’interrogativo del noto e preparato opinion leader olandese che in uno studio condotto, purtroppo su un solo portatore, avvalendosi di una sofisticata strumentazione micro-scopica e della collaborazione di una blasonata casa produttrice di lenti a contatto (Procornea), ha messo in evidenza la scarsa presenza della componente lipidica sulle superfici di una strut-tura (R)GP in fase applicativa. Le domande che si sono posti i ricercatori in questo studio sono state principalmente due, ovvero se si riformi uno strato lipidico sulla superficie di una lente (R)GP una volta posta sulla cornea e, soprattutto, se ci possano essere risposte differenti in termini di disposizione del film lacrimale tra vari tipi di materiale (basso Dk, medio Dk, alto Dk, trattamento al plasma, ecc). La risposta a tali quesiti è sicuramente intrigante e sarebbe di interesse, senza alcun dubbio, non soltanto agli applicatori ma, soprattutto, ai produttori di polimeri, di lenti a contatto e soluzioni manutentive. I fratelli Guillon3 hanno stabilito, durante un precedente studio, che la presenza di uno strato lipidico sulla superficie anteriore di una lente a contatto (R)GP o PMMA sia assente o così sottile da essere particolarmente invi-sibile, creando in questo modo una rapida destabilizzazione del film lacrimale. A causa dell’apparente assenza di lipidi su una lente (R)GP è stata introdotta una nuova classificazione in cui non è lo spessore lipidico a essere valutato ma la quantità dello stesso che copre la superficie della lente, attribuendo con valore (0) un grado di assenza, (1) tra lo 0% ed il 25% fino ad arrivare a (4) >75% e ≤ 100%. Nell’esperimento l’area misurata è stata di 200 µm e la convinzione a cui si è giunti è che l’assenza di lipidi sia indipendente dalla tipologia di polimero utilizzato. In particolare sembrerebbe essere il bordo a condizionare lo spargimento del film lacrimale nella sua principale barriera lipidica, attuandone un ostacolo alla sua diffusione. Contrariamente alle lenti a contatto morbide, le (R)GP, sono più condizionate dalla geometria4 e dal movimento della lente, più che dalla natura del materiale; questo, comunque, non implica

che differenze nei polimeri non abbiano influenza sulla bagna-bilità. Un altro aspetto determinante può deri-vare dalla temperatura dove, in particolare, sulla superficie frontale è generalmente più bassa anche di un

paio di gradi centigradi, e in via puramente teorica si potrebbe pensare che questo fenomeno possa ostacolare la diffusione omo-genea del film lipidico. Tale riscontro, in effetti, è particolarmente tangibile, basti pensare ai frequenti casi di idrorepellenza che si manifestano su lenti a contatto nuove consegnate nel passaggio di stagione estate-autunno. Facendo, inoltre, delle considerazioni sulla stabilità del film lacrimale si è visto che nei bambini5 risulta essere più resistente pur essendovi una frequenza tra gli ammic-camenti ridotta a 3-4 per minuto, rispetto a un adulto dove incre-menta a 15-30. Può, quindi, una minor frequenza tra gli ammic-camenti essere utile alla conservazione della stabilità e integrità della lacrima6? Lo studio che è stato quindi condotto da Worp è consistito nell’analisi dello strato lipidico sulle superficie di lenti (R)GP costruite nella stessa geometria, calcolata su base topografica, ma con polimeri differenti. In particolare sono state osservate immagi-ni scattate7 sulle superfici delle lac con una velocità di 2000 frames in 20 secondi, comparandole con il pattern lipidico

di un occhio a cui non sia stata applicata alcuna lente. Tutte le lenti applicate sono state sottoposte allo stesso metodo di pulizia pre-applicativa con una soluzione unica e risciacquate con salina prima di essere applicate. Prima della valutazione si sono attesi 5 minuti dall’atto dell’applicazione, a un soggetto già portatore a cui è stata chiesta la temporanea sospensione dal porto delle sue lenti abituali per una tempo sufficiente prima di sottoporsi all’esperimento. Le immagini tratte nelle varie prove applicative hanno mostrato una difficile o assente deposizione dello strato lipidico sul materiale PMMA, che è considerato la

Superficie idrorepellente

LENTI A CONTATTO

"Ice flow" pattern lipid

Materiale basso Dk

Medio Dk al plasma

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madre di tutti i polimeri rigidi e noto per le sue eccelse proprietà di bagnabilità. Nei materiali a basso Dk sono state riscontrate tracce lievi, se non del tutto assenti anche in questo caso, di lipidi sulla superficie anteriore pre-lente della lacrima. Tutte le immagini osservate mostrano una varietà di pattern con aree di coalescenza, ma sono risultate essere indipendenti dalla tipologia di supporto plastico e dalla presenza o meno di un trattamento al plasma. Soprattutto la cosa più interessante che è stata notata in questo studio è che non si sia evidenziata alcuna differenza tra un basso Dk, medio Dk od alto Dk confermando una sdoganata opinione degli applicatori che veda nei materiali ad elevato Dk8 una minore bagnabilità. In aggiunta a ciò si è provveduto a inse-rire le lenti con e senza la soluzione di conservazione osservando, anche in questo frangente, una similitudine di comportamenti tra lenti trattate al plasma e non. Cosa succede, quindi, con l’assenza anche di un sufficiente strato lipidico nella superficie lacrima-le pre lente? Lo strato acquoso, conseguentemente, evapora velocemente generando discomfort e accelerando la formazione di depositi e favorendo lo spargimento mucinico sulla superficie frontale. L’interrogativo iniziale, purtroppo, non può ancora tro-vare risposta certa ma apre, indubbiamente, dibattiti e curiosità tali da richiedere ulteriori approfondimenti per poter assicurare un futuro più sicuro e salutare ai materiali per lenti (R)GP ed ai portatori degli stessi.Polimeri testati:Contamac Optimum Comfort (Ruflofocon C) Dk 65Contamac Optimum Extra (Ruflofocon D) Dk 100Contamac Optimum Extreme (Ruflofocon E) Dk 125Paragon Thin (Paflufocon C, Dk 23)Paragon HDS (Paflufocon B, Dk 40)Paragon HDS 100 (Paflufocon D, Dk 100)Bausch & Lomb Boston ES (Enuflufocon A, Dk 18)Bausch & Lomb Boston EO (Enuflufocon B, Dk 58)Bausch & Lomb Boston XO (Hexafocon A, Dk 100)PMMA (Poly Methil MethaAcrylate, Dk 0)

A special thank to Eef van der Worp, Boptom, PhD, FAAO, FIACLE, FBCLA.Per oltre 10 anni ha prestato servizio come relatore e capo del dipartimento di contattologia alla School of Optometry- Hogeschool Utrecht in Olanda. È ricercatore all’Eye Research Institute Maastricht e all’Università di Maastricht, dipartimento di oftalmologia in Olanda e tiene una posizione aggiunta nella Pacific University in Oregon, USA. Ha ricevuto il suo grado di PhD nel 2008 con la tesi sulle lenti (R)GP, topografia corneale e staining ad ore 3-9.Riferimenti:Main text ed immagini tratte da Global Contact 2-101. www.optometry.co.uk/uploads/cet-answers.../feb-26-2010-c-13056.pdf2. Craig J., “Structure and function of the preocular tear film”. In: Korb D, et al., editors. The Tear Film: structure, function and clinical examination. Butterworth-Heinemann: London; 2002. P. 18-51.3. Guillon j, Guillon M. “The role of tears in contact lens performance and its measuremen”t. In: Ruben M, Guillon M, editors. Contact Lens Practice. Chapman & Hall: London; 1994. P. 453-483.

4. Madigan MC, Holden BA.”Preliminary report, lens wear and its effects on wetting angle”. Int Eyecare 1986;2:36-44.5. Bacher LF., “Factors regulating eye blink rate in young infants”. Optom Vis Sci; 87(5):337-43.6. Van der Worp E, De Brabander j, Swabrick H, Hendrikse F. “Eyeblink frequency and type in rela-tion to 3-9 o’clock staining and gas permeable contact lens variables”. Optom Vis Sci 2008;85:857-66.7. King-Smith P, Nichols J, Nichols K, Braun R. “A high resolution Microscope for imaging the Lipid Layer of the Tear Film”. ARVO Poster 2010.8. Guillon M, Guillon J-P. “In vivo wettability of high Dk (R)GP materials”. Contact Lens Ant Eye 1995;18(1):9-15.

LENTI A CONTATTO

La secrezione lipidica avviene per mezzo delle ghiandole del meibomio e rilasciata nella lacrima attraverso il processo meccanico dell’ammiccamento. Tale produzione oleosa può essere regolata da parte del sistema parasimpatico e ha la funzione di impedire l’evaporazione lacrimale e prevenire la fuoriuscita della lacrima dai margini palpebrali. Lo strato lipidico si compone di esteri del colesterolo, lecitine, acidi grassi e fosfolipidi. La parte acquosa della lacrima è prodotta dalle ghiandole lacrimali e dalle accessorie di Krause e Wolfring. L’entità in termini di spessore dello strato acquoso è di circa 6-8 µm. La componente mucinica è costituita da un doppio strato; uno più profondo prodotto dalle cellule dell’epitelio corneale (glicocalici) in spessore di 0,02 µm – 0,04 µm, mentre il più esterno è prodotto dalle ghiandole di Manz e le cripte di Henle ed è di spessore da 0,6 µm a 1 µm. L’applicazione di una lente a contatto accresce il numero di cellule adese ai glicocalici, incrementando la produzione mucinica. Le mucine presentano un alto peso molecolare glico-proteico e hanno sia una carica polare che apolare; la terminazione apolare si allinea con le cellule idrofobiche epiteliali, la polare attrae l’acqua rendendo la cornea bagnabile (Fatt I, Weissman BA. The tears and the lids. In: Fatt I, Weissman BA, eds. Physiology of the eye: an introduction to the vegetative functions, ed 2. Boston: Butterworth-Heinemann, 1992:232).

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LENTI OFTALMICHE

ESSILOR, NEL 2012 NUOVA CAMPAGNA CONSUMER

CCreare valore, generare traffico nel punto vendita, migliorarne l’efficienza: a questo punta il progetto di comunicazione, insieme ai servizi dedicati

al Centro Specialista Varilux

ontinua la mis-sion di Essilor che raccoglie i frutti della cam-pagna rivolta al consumatore

finale, veicolata attraverso stampa e TV, on air fino allo scorso maggio. Massimo Barberis, direttore mar-keting della filiale italiana, parla degli ottimi riscontri ottenuti da questa strategia di comunicazione e dei servizi rivolti ai propri clienti, gli ottici.

La grande novità di Essilor del 2011 è stata la campa-gna di comunicazione al consumatore finale. Qual è il bilancio di questa nuova strategia?La campagna consumer ha ottenuto ottimi riscontri e sarà una strategia che continuerà nel tempo. Infatti il progetto, che s’inserisce in una solida politica di consolidamento del brand, si configurerà anche per il 2012, i cui dettagli sono in fase di lavora-zione: la tematica sarà sempre la lente progressiva e l'obiettivo informare il consumatore finale riguardo alle molteplici possibilità offerte dalle lenti oftalmiche e dei loro benefici e quindi, offrire nuove op-portunità di business ai nostri clienti, gli ottici optometristi. L’idea è sempre quella di nobilitare il nostro network Centro Specialista Varilux. L’obiettivo di Essilor è contribuire allo sviluppo

del mercato stimolando nuove oppor-tunità di business a livello locale per l’ottico optometrista, da sempre nostro referente privilegiato.

Come verrà curato questo tipo di servizio a livello locale?Essilor ha messo a punto un pro-

gramma completo a sostegno dei centri ottici specializzati Varilux per rispondere a tre importanti necessità: differenziazione e creazione di valore, creare traffico nel punto vendita e migliorarne l’efficienza. Il servizio si chiama Essilor Solutions e mette in evi-denza il punto vendita come un luogo

privilegiato di comunicazione, intera-zione, esperienza e intrattenimento. A supporto di questa mission mettiamo a disposizione specifico materiale di comunicazione per allestire il punto vendita e le vetrine e affianchiamo i centri ottici nella delicata fase di ven-dita attraverso il supporto di preziosi

dimostratori che permetteranno di argomentare in maniera semplice e diretta la particolarità di ogni prodotto.

Essilor considera la forma-zione come una strategia di crescita. Come viene strut-turata?Per Essilor la formazione è un costante investimento nella divulgazione di una cultura del benessere visivo di cui ci fac-ciamo portavoce. Ecco perché dedichiamo importanti energie alla promozione di training di aggiornamento e di corsi di for-mazione ad hoc rivolti agli ottici e agli addetti alla vendita. Essilor Training Center consiste in una piattaforma secondo le diffe-renti esigenze e rivolta a profili differenti. L'obiettivo è quello di

affiancare il Centro Specialista Va-rilux con un approccio consulenziale di approfondimento delle soluzioni Essilor in termini di prodotti e servizi ma anche delle tecniche di comuni-cazione e di marketing. A oggi sono state organizzate circa 60 giornate formative, quasi 500 i punti vendita coinvolti e 1.500 i partecipanti.

Massimo Barberis, marketing manager di Essilor Italia

di Francesca Tirozzi

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LENTI OFTALMICHE

In controtendenza rispetto alla delocalizzazione di molte realtà imprenditoriali, Essilor ha deciso di potenziare la propria sede italiana. L’insediamento produttivo di Milano conta 201 dipendenti, di cui 106 dedicati alla produzione: qui vengono gestite tutte le fasi di realizzazione e di commercializzazione delle lenti Essilor per tutto il mercato nazionale ed è da qui che l ’azienda fornisce servizi di assistenza post vendita attraverso una gestione autonoma rispetto alla casa madre. «Abbiamo deciso di puntare al made in Italy perché permette una serie di benefici – ha detto Enzo Rivela, direttore operations di Essilor Italia - Produrre in maniera locale ci permette di offrire ai nostri clienti un servizio che garantisca la massima ottimizzazione in termini di tempistica e flessibilità». A conferma del continuo impegno di Essilor a supportare i propri clienti

localmente, è stato lanciato il Servizio RX48ore in esclusiva per il Centro Specialista Varilux. L’obiettivo è quello di assicurare su prodotti di alto profilo tecnologico un servizio efficiente e rapido. Da lunedì a venerdì, gli ordini di Varilux Physio 2.0 che perverranno entro le ore 14 nella filiale italiana del gruppo francese di lenti oftalmiche, effettuati tramite telefono, fax o via web, saranno presi in carico dal Servizio RX 48ore. Il Servizio RX48ore assicurerà priorità assoluta alle fasi di lavorazione e un invio puntuale con consegna entro il 3° giorno dalla data dell ’ordine. Il servizio risulterà estremamente interessante anche per le Isole, che potranno ricevere le lenti entro il 4° giorno.

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n una scala da uno a cinque, la qualità dei suoi prodotti è quella che ha ottenu-

to il punteggio maggiore (4.61), seguita dalla qualità del servizio di sagomatura a distanza Hoyalog (4.60). Lo stesso rating, tuttavia, è stato raggiunto da un valore meno palpabile, ma altrettanto impor-tante: la preparazione tecnica del personale, seguita a ruota (4.33) dal supporto e la presenza sul campo dell’agente di zona. Sono i risultati dell’indagine annuale condotta da Hoya su un campione di 1.500 ottici italiani, al dicembre 2010, che evidenzia come il conte-nuto tecnologico dell’offerta della filiale italiana del gruppo giap-ponese è tanto importante per la clientela quanto l’aspetto umano. «Questi riscontri sono la confer-ma di una filosofia che fa parte della casa madre cui noi, peraltro, aggiungiamo un’impronta tipica-mente italiana - spiega Maurizio Veroli, da 8 anni in Hoya Italia, di cui 4 alla guida dell'azienda, dopo una serie di esperienze in società americane e svizzere – Un’azienda nipponica già di suo vanta una cura e un’attenzione molto parti-colari nei confronti del cliente, ma nelle risposte degli ottici italiani

LENTI OFTALMICHE

Oltre alla qualità di prodotti e servizi i clienti della filiale italiana del gruppo giapponese apprezzano anche l’approccio “caldo” del suo personale, dal management agli agenti

sul territorio, fino al customer service

Idi Angelo Magri

HOYA, QUANTO CONTA LA RISORSA UMANA

Il management di Hoya Italia

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LENTI OFTALMICHE

interpellati avvertiamo la soddi-sfazione per l’atteggiamento delle risorse umane del nostro gruppo, dal management agli agenti sul territorio, fino al customer care». A maggio Hoya è stata sponsor per il secondo anno consecutivo del Giro d’Italia degli Ottici, iniziativa del gruppo editoriale che pub-blica questa rivista sui mezzi on line di sua proprietà, b2eyes.com e b2eyes TODAY: dalle interviste realizzate con più di venti ottici top è emersa, tra i vari aspetti, proprio l’elevata soddisfazione per l’atten-zione posta da tutto il personale di Hoya Lens Italia nei loro con-fronti. «Siamo consapevoli e fieri di questo approccio professionale ma, al tempo stesso, caldo da parte del nostro team – continua Veroli – Per alimentare lo spirito che poi permette di trasformarci in un gruppo compatto di fronte al cliente, ogni anno dedichiamo un momento conviviale che consolida il feeling tra di noi. L’ultimo si è tenuto alla fine di maggio, vicino a

Milano, e ha coinvolto i 175 dipen-denti della sede di Garbagnate Milanese e delle nostre filiali, oltre ai 22 agenti». Sintonia interna, elevata soddisfazione e fideliz-zazione della clientela, prodotti e servizi top: il mix di tutti questi fattori ha consentito alla filiale italiana dell’azienda giapponese di lenti oftalmiche di chiudere po-sitivamente il 2010. «Nonostante la contrazione del mercato lo scorso anno abbiamo ampliato il parco clienti, da nord a sud del paese e su tutte le tipologie di centri ottici – dice il presidente e amministratore

delegato di Hoya Lens Italia – La nostra crescita sta proseguendo nel 2011, pur in un contesto di mercato più critico, caratterizzato da una generale tendenza a so-stituire l’occhiale da vista con una frequenza più bassa e cercando di spendere meno, benché pa-rallelamente siano in aumento le vendite di prodotti più sofisticati e performanti». La tendenza di Hoya Italia nei confronti del cliente trova ulteriore supporto in Hoya Faculty, il centro di formazione europeo con sede a Budapest, inaugurato nel settembre 2010. «Abbiamo già realizzato due sessioni con ottici italiani e a ottobre è prevista la terza – afferma Veroli – Non è soltanto un’occasione importante per quanto riguarda l’aspetto for-mativo, ma anche e soprattutto un momento d’incontro tra l’azienda e gli ottici, con la possibilità di con-dividere anche le esperienze dei colleghi provenienti da tutta Italia o anche da altri paesi europei».

Maurizio Veroli e la campagna autunno inverno di Hoya Center – Lenti su Misura

Un gruppo di ottici partecipa a una lezione all’Hoya Faculty, il centro di formazione

internazionale di Hoya a Budapest. Il corso è focalizzato principalmente sulla presbiopia,

la prescrizione delle lenti progressive e le strategie per gestire al meglio anche i casi

più complessi e i contenuti di ogni corso sono continuamente personalizzati

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CONGRATULAZIONI !L'ISTITUTO B. ZACCAGNINI SI CONGRATULA CON I 61 STUDENTI

DEL CORSO DI OTTICA BIENNALE CHE HANNO CONSEGUITO L'ABILITAZIONE NELL'A.S. 2010/2011

E CON I 17 STUDENTI CHE HANNO CONSEGUITO LA QUALIFICA DI OPERATORE NEL SETTORE OTTICO

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Accarini RobertoAllegretti LorenaAmadei MarcoAndreella AnnaBarnabè DiegoBarone Marina AsiaBorghesi SaraBoschetto ElisaBruni IlariaCavallini ClaudioCazzola DavideConsolini SaraCornejo Victor HugoCosta LucaDalle Pezze ElisaD'Anna DanieleDe Nuzzo RosariaDel Drago AlessandraEmiro MassimoGamberini MaraGamberini Matteo

Gherardi AlessiaGhinelli SaraGridelli GiorgiaGuercio EvelynKatsiafylloudi GeorgiaLi Volsi FrancescaLiverani ElisaLongo SimonaLudergnani LucaMarangi NicolaMartelli GiuliaMeucci CristianoMolinari AlbertoMoneghini GigliolaMorelli AlessandraMurano MaurizioPatuelli ElisaPedna FedericaPerrone MatteoPierangeli MonicaPisan Isabella

Pontieri FlaviaPrisinzano RobertoQuattrini AlessandraReppucci MiriamSapienza MassimoSartori MarikaSemeraro SabrinaSerafini GiuliaSforzini AnnaSilvestri LeonardoSpada CarlaTabacchi ValentinaTripodi Pasqualina MariaTummino SilviaVentura SilviaVergnano ValentinaVeser DanieleViotto ClarissaZanetta Sara

Amantia VincenzoAttardo AdrianoCasadei RobertoCognigni EmanuelaCosentino DomenicoDell'Aquila Concettina

Fuoti MarcoLazzari LindaMilazzo AlessandoMorganti CristianaRefolo ClaudiaSaugo Lucia

Sbano Valerie VincenzaScotti ElenaSpagnoli SergioUccelli SimonaVita Stefania

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MATERIALI

INTERCAST, UN ANNO VISSUTO INTENSAMENTE

L’azienda di Parma, controllata da Ppg Industries, ha chiuso il 2010 con una crescita superiore al 50% e anche il 2011 si prefigura ricco di soddisfazioni e novità,

con sempre più attenzione nei confronti dei centri ottici

l volume d’affari ha fatto segnare un incre-mento intorno al 55% nell’ultimo esercizio. «E anche la prima parte del 2011 ha confer-mato la tendenza positiva, tanto che siamo convinti di chiudere l’anno in corso con

ricavi in aumento fra il 30% e il 40% - afferma Francesco Pellegrini, responsabile commerciale e marketing di Intercast Europe – In particolare solo per Nxt tre quarti del nostro fatturato lo realizziamo nel segmento sport performance, mentre il restante 25% deriva dal fashion e design». Il punto di forza della società emiliana, nata nel 1975 e dal 2006 controllata da Ppg Industries, è la tecnologia Nxt, avviata per la produzione di filtri solari top e successivamente sviluppatasi anche nel canale Rx e nella produzione di materiali per le montature.

L’azienda consolida e incrementa costantemente la partnership con le migliori aziende di occhiali, deten-trici di house brand o licenziatarie delle migliore griffe, nello sport o nella moda. Nell’ultimo anno sono state due le collaborazioni di maggiore spicco, con Gloryfy e con Lindberg. «Al brand austriaco di occhiali per lo sport, famosi perché indistruttibili e flessibili, oggi diamo il materiale sia per le lenti da sole, anche in versione oftalmica, sia per la montatura – spiega Pellegrini – La nostra collaborazione risale ai suoi esordi, quando Glo-ryfy veniva distribuito esclusivamente nel canale sporti-vo e limitatamente alle regioni subito a nord delle Alpi: oggi che la sua distribuzione sta diventando paneuro-pea e che in Italia si sta aprendo anche al canale ottico, grazie alla Oberalp di Bolzano, è diventato uno dei

Idi Angelo Magri

Francesco Pellegrini, responsabile commerciale e marketing di Intercast Europe

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MATERIALI

nostri maggiori partner e si sta rivelando uno dei brand emergenti di maggiore successo e in rapida espansio-ne. Insieme a Gloryfy, Intercast è stata protagonista del Red Bull Cliff Diving di Malcesine, sul Lago di Garda, alla fine di luglio: un evento di rilevanza mondiale per uno sport “estremo”, cui hanno partecipato due leader della disciplina, Orlando Duque e Alain Kohl, testimo-nial degli occhiali Gloryfy in Nxt. «Per quanto riguarda invece Lindberg, abbiamo collaborato al ritorno della sua linea sole di altissima gamma», ricorda il manager parmigiano. Intercast può contare sulla notorietà di Trivex, materiale di proprietà di Ppg Industries, molto conosciuto non soltanto dalle aziende produttrici, ma anche dagli ottici di tutto il mondo. Ed è da qui che vuole partire per incrementare la riconoscibilità del

brand presso il trade. «Per semplificare la comunicazio-ne ai centri ottici, diciamo che Nxt è il Trivex “colorato” - sottolinea Pellegrini – Questo facilita non soltanto la comprensione, ma anche il messaggio di qualità ottica del prodotto verso il cliente finale. Quest'ultimo, del resto, oggi risulta più preparato, spinge personalmente per acquisti più sofisticati, come il polarizzante, per cui Intercast è in grado di offrire ai centri ottici una doppia opportunità: un’ampia gamma di trattamenti sulla tecnologia Nxt, che vanno dal polarizzante stesso al fotocromatico, al sole versione oftalmica, fino a un’at-tività di training alla forza vendita dedicata alle linee sole dell’azienda che diventa nostra partner. Sulla scia, del resto, di quanto già si fa nell’oftalmico, insieme alle imprese produttrici di lenti che puntano sul Trivex».

nostri maggiori partner e si sta rivelando uno dei brand brand presso il trade. «Per semplificare la comunicazio

conosciuto non soltanto dalle aziende produttrici, ma anche dagli ottici di tutto il mondo. Ed è da qui che vuole partire per incrementare la riconoscibilità del imprese produttrici di lenti che puntano sul Trivex».

Il modello Lindberg Sun dotato di lenti Nxt

Il modello Gloryfy con lenti Nxt

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