Assemblea Unindustria Reggio 2014 - intervento di Stefano Landi

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COSTRUIRE IL FUTURO CON LE IDEE Relazione del Presidente Stefano Landi

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COSTRUIRE IL FUTURO CON LE IDEERelazione del Presidente Stefano Landi

Reggio Emilia, 4 luglio 2014

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Autorità, Presidente Squinzi, Signore e Signori, Colleghe e Colleghi,

l’Assemblea degli industriali reggiani è da tempo uno dei momenti nei quali la nostra comunità s’incontra per confrontarsi sul presente e, soprattutto, sul futuro.

Due dimensioni che in questo pomeriggio di luglio si intrecciano assumendo un’ulteriore valenza simbolica.

Oggi, infatti, si concludono il biennio costituente di Unindustria Reggio Emilia e il mio mandato alla sua guida.

A questo proposito ho il piacere di annunciarvi che pochi minuti fa l’assemblea degli industriali reggiani ha scelto Mauro Severi come Presidente per il prossimo quadriennio.

Le Associazioni, così come gli enti e le organizzazioni, vivono e si rinnovano quando praticano, come noi, un’autentica rotazione degli incarichi.

Il futuro appartiene a lui, ai Colleghi che chiamerà al suo fianco e agli imprenditori che, attraverso il loro impegno quotidiano, daranno ancora più forza e autorevolezza alla nostra Associazione.

Caro Mauro, tanti auguri!

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Per la nostra Associazione si avvia, dunque, un nuovo ciclo.

Da tempo, ogni imprenditore, ogni istituzione, ogni ente e ogni cittadino, deve affrontare nuovi modi di pensare, di lavorare e, soprattutto, di produrre valore.

Una trasformazione all’interno della quale si collocano questi anni d’impegno associativo dei quali traccerò un sintetico bilancio.

UNINDUSTRIA

Per prima cosa va riconosciuto a Unindustria Reggio Emilia il merito di aver compreso la discontinuità di questa fase storica.

In altri termini, abbiamo colto il divario tra la percezione di un futuro incerto e la necessità di idee e strumenti capaci di guardare al futuro.

Proprio la consapevolezza di ciò ci ha spinti a dar vita a una nuova grande associazione unitaria.

Il primo gennaio 2013 è finalmente caduto il “muro” che per oltre cinquant’anni ha diviso l’imprenditoria reggiana.

Un evento, perseguito da tempo, che ci ha collocati ai vertici del sistema associativo locale e confindustriale.

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Sin dal primo giorno di vita la nuova Associazione è diventata il luogo nel quale hanno iniziato a dialogare, tra loro, persone, storie, consuetudini ed esperienze diverse.

Sommando competenze diverse abbiamo potenziato i servizi e predisposto nuove e più incisive iniziative.

Oggi, Unindustria Reggio Emilia può contribuire alla costruzione di quel futuro al quale è dedicato questo grande appuntamento.

Un impegno che ha caratterizzato anche gli ultimi anni, nel corso dei quali ci siamo confrontati con tutti gli attori economici, sociali ed amministrativi del territorio.

QUATTRO ANNI D’IMPEGNO ASSOCIATIVO

La nostra è stata un’attività di ascolto, di proposta e talvolta di critica costruttiva, sviluppatasi lungo due direttrici principali.

La prima è certamente costituita dalle attività per il rinnovamento e il riposizionamento competitivo del nostro sistema territoriale.

In tale ambito siamo stati i primi a considerare Reggio Emilia come parte integrante di un’area vasta, per comprendere la quale abbiamo commissionato cinque grandi ricerche nei soli ultimi tre anni.

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Le prime due, dedicate alla definizione delle traiettorie di sviluppo dell’industria reggiana e alle possibili forme di governance locale dell’innovazione.

Le altre tre, per approfondire le potenzialità dell’alta velocità e della nuova stazione mediopadana.

Due grandi novità, queste ultime, per le quali sono stati analizzati: il bacino d’utenza potenziale; l’impatto che la nuova stazione potrebbe avere sul Capoluogo e le conseguenti esigenze infrastrutturali.

Abbiamo così contribuito a promuovere l’idea che il futuro della comunità reggiana è legato all’area che si snoda lungo l’asse Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, la cui ampiezza va dall’Appennino fino a Mantova e Verona.

Soprattutto, abbiamo reso evidente l’esistenza di un nuovo baricentro mediopadano.

Un dato che impone una diversa progettualità riferita a fattori locali come il lavoro, l’innovazione, la cultura, l’istruzione e l’offerta turistica che vanno ora declinati sulla scala dell’area vasta.

Anche il sistema confindustriale deve considerare questa nuova dimensione che impone maggiori e più sofisticati livelli di collaborazione tra le diverse associazioni provinciali.

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Una dimensione, quella dell’area vasta, di cui ha tenuto conto anche il processo che ha portato a definire la governance locale dell’innovazione.

In questi anni abbiamo sostenuto con ancora maggior intensità il progetto di Reggio Emilia Innovazione al quale abbiamo dedicato studi, ricerche, risorse umane e finanziarie.

Nel dicembre 2013 abbiamo sottoscritto il Protocollo d’intesa che riconosce Reggio Emilia Innovazione come soggetto deputato al coordinamento della attività riferite all’innovazione che saranno via via concentrate nel Tecnopolo.

Allo stesso modo ci siamo impegnati per l’ulteriore specializzazione della sede universitaria reggiana, per un suo rafforzamento nelle attività di ricerca applicata e per promuovere le collaborazione con le aziende.

Un impegno ben rappresentato dal sostegno dato ai progetti di ricerca a beneficio delle imprese ascritti nell’ambito dei Dottorati di ricerca.

La seconda direttrice delle attività realizzate nel quadriennio è quella dei servizi alle imprese.

Ci riferiamo soprattutto a servizi capaci di contribuire al miglioramento delle performance aziendali e di supportare le imprese in questi difficili anni.

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Un insieme di prestazioni associative la cui quantità e varietà impone di ricordare solo quelle maggiormente significative.

La prima, è certamente l’assistenza alle aziende non solo nei loro rapporti con le banche, ma anche nell’analisi della loro situazione economico -finanziaria e nella predisposizione dei conseguenti piani d’intervento.

Un ambito, quello del credito, che ha visto anche lo stanziamento straordinario di 250.000 euro finalizzato sia ad aumentare la capacità di garanzia delle imprese, sia a ridurre l’onerosità dei tassi a loro applicati.

Di grande importanza è stato anche il supporto dato alle imprese nella lunga e non ancora conclusa fase di ricostruzione successiva al sisma del 2012.

Allo stesso modo voglio ricordare l’ampio pacchetto di servizi predisposti per ambiti di grande importanza aziendale, come l’ambiente, la sicurezza sul lavoro o, ancora, l’assistenza per districarsi nella sempre più complessa e tortuosa normativa fiscale.

Vale la pena richiamare poi, anche la promozione di nuove forme di welfare aziendale.

Soluzioni che, attraverso la nostra iniziativa WelfaRE, possono consentire di conciliare le agevolazioni fiscali

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e contributive per le aziende, con maggiori vantaggi economici per i collaboratori.

L’Associazione si è impegnata con grande intensità anche per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese attraverso un servizio di accompagnamento e ricerca partner sui mercati del mondo.

In questi anni siamo stati pionieri anche nella promozione delle Reti d’Impresa.

Più in generale, ci siamo impegnati per aiutare gli imprenditori reggiani a esplorare il nuovo in ogni sua forma.

Allo stesso tempo, ci siamo attivati per contribuire allo sviluppo delle competenze dei giovani e alla modernizzazione della scuola.

Un’azione che ci ha visto partecipare non solo alle attività di orientamento, ma anche alla promozione della cultura tecnica e all’attività di tutoraggio e indirizzo presso alcuni importanti istituti tecnici.

Unindustria Reggio Emilia ha continuato a perseguire una vera e propria missione culturale ed educativa.

Idee, creatività, studio e lavoro, disciplina e merito sono le condizioni per confermare il primato della nostra cultura tecnica e industriale.

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Ricordo anche che negli ultimi due anni abbiamo sostenuto e ospitato un’importante iniziativa nazionale di Confindustria: la Scuola di Alta Formazione per le Relazioni Industriali, l’Economia e il Lavoro.

Infine, abbiamo consolidato anche i due capisaldi della nostra visione associativa unitaria.

Il primo, è il convincimento che l’associazionismo d’impresa rappresenti, oggi più che mai, un elemento indispensabile per i sistemi produttivi costituiti da piccole e medie imprese.

In realtà come queste l’Associazione agisce come un soggetto collettivo in grado di promuovere e realizzare attività altrimenti impossibili per la singola azienda.

Il secondo caposaldo è la consapevolezza che il futuro si costruisce attraverso la collaborazione tra soggetti diversi, ma capaci di confrontarsi e decidere, insieme, per raggiungere obiettivi di interesse generale.

Naturalmente, è superfluo evidenziare che tutte queste attività associative sono state realizzate in un periodo interamente segnato dalla più grave crisi vissuta dal nostro Paese dal dopoguerra a oggi.

LA GRANDE CRISI

Le cifre, nella loro crudezza, parlano chiaro.

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L’attività industriale si è ridotta di un quarto.

Il Prodotto interno lordo è diminuito del 9%.

Gli investimenti sono crollati del 26% raggiungendo il livello più basso dal dopoguerra.

Sette milioni di italiani sono senza lavoro: una cifra doppia rispetto a quella registrata sette anni fa.

Le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi, equivalenti a 5.000 euro all'anno.

Non c’è stata una guerra, ma i danni economici causati dalla crisi equivalgono a quelli di un conflitto. 

Nel maggio scorso, il Governatore della Banca d’Italia ha evidenziato, nelle sue Considerazioni Finali, che “l’uscita dalla recessione è travagliata e la ripresa si presenta fragile e incerta, anche se non manca un miglior clima di fiducia".

IL SISTEMA ECONOMICO REGGIANO

Nonostante l’andamento negativo del commercio e la durissima crisi del settore edile, il sistema economico reggiano ha dimostrato un’elevata capacità di tenuta.

Negli ultimi anni Reggio Emilia è risultata, tra le province italiane, prima per export manifatturiero pro capite.

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Un dato che ha certamente contribuito a far si che la disoccupazione locale sia oggi meno della metà di quella nazionale ed europea.

A Reggio Emilia, infatti, i disoccupati sono il 6%, contro il 13% della media nazionale; mentre la disoccupazione giovanile non arriva al 18% contro il 40% del Paese.

Risultati raggiunti grazie a un numero elevato di imprese che hanno compreso la fine di un ciclo e, agendo di conseguenza, hanno scelto di rinnovarsi. Il successo del nostro export conferma, infatti, una elevata capacità d’adattamento ai nuovi paradigmi competitivi, produttivi ed organizzativi.

Non intendiamo certo affermare che tutte le nostre imprese sono già saldamente ancorate all’economia globale basata sulla conoscenza.

Ciò che rileviamo è che, anche nel sistema produttivo locale, si manifesta il dualismo osservato dal Centro Studi Confindustria nell’industria nazionale.

Da una parte, ci sono imprese piccole, medie e grandi, che hanno adottato strategie diverse dal passato e adeguate alle nuove dinamiche dei mercati.

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Aziende che hanno saputo trasformare saperi interni e competenze distintive in strumenti di differenziazione dei loro prodotti e dei loro servizi.

Dall’altra, troviamo le imprese che faticano a tenere il passo perché non hanno ancora saputo o potuto adattarsi alle trasformazioni in atto.

Aziende che hanno sofferto, in modo particolare, la caduta della domanda interna, la stretta creditizia, la voracità del fisco e i devastanti effetti della burocrazia.

Fattori critici che non sono stati originati dalla crisi, ma che quest’ultima ha certamente enfatizzato.

UN PAESE MALATO

I mali del Paese, infatti, preesistono alla congiuntura negativa e ne sono essi stessi concausa.

Una situazione che trae origine dall’esaurirsi di quel modello politico, sociale e istituzionale che, per un lungo periodo, è riuscito a integrare l’economia, la politica e la Pubblica Amministrazione.

Oggi la politica si è trasformata in un enorme apparato autoreferente, parcellizzato e sempre più oneroso.

Il suo progressivo indebolimento ha finito col favorire un’eccessiva autonomia della “macchina” burocratica statale.

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L’Amministrazione pubblica è diventata un universo, spesso arbitrario, nel quale procedure, permessi, divieti, interpretazioni, processi, sentenze e sanzioni si sono sovrapposti gli uni agli altri determinando un groviglio inestricabile.

La crisi economica avviatasi nel 2008 ha fatto il resto, contribuendo a determinare l’arretramento economico e civile della società italiana e della nostra comunità.

LA MORTE PER BUROCRAZIA

In questi anni di impegno associativo non mi sono mai stancato di denunciare che ci sono troppe leggi e che non sono più sostenibili la lunghezza e l’opacità delle troppe procedure amministrative.

È in questa zona d’ombra che alligna la corruzione e la criminale commistione tra affari, politica e Pubblica Amministrazione che sta scuotendo non solo il Paese, ma anche il nostro territorio.

Burocrazia e ostilità nei confronti delle imprese stanno letteralmente deprimendo il Paese.

Siamo al primo posto al mondo per capacità di frenare chi intraprende attraverso le conferenze dei servizi, i comitati contro ogni cosa, le iper-tutele ambientali.

In Italia più che lavorare per la crescita ci si impegna

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per impedirla.

Oggi la vera prima grande riforma nazionale consiste nel drastico ridimensionamento della burocrazia.

La seconda è la riduzione dell’enorme carico fiscale che grava sulle imprese e sui cittadini.

In una realtà come questa la conferma della vocazione manifatturiera rappresenta il primo presupposto per ottenere quella crescita che, sola, può garantire lavoro, benessere e coesione sociale.

Per ottenerla è indispensabile il riavvio del mercato interno che, a sua volta, è legato e subordinato alla crescita dell’occupazione.

LAVORO, GIOVANI E CULTURA TECNICA

Ci riferiamo a lavori veri, capaci di dare salari veri.

Noi siamo un grande Paese manifatturiero forte in quel settore medium hi-tech che, meglio di qualsiasi altro, garantisce una più equilibrata distribuzione del reddito nell’intero sistema economico.

Si prova imbarazzo nel dover ricordare che avere fabbriche, tante fabbriche, molte delle quali assolutamente evolute e tecnologicamente avanzate, non è uno svantaggio, ma una vera e propria polizza sul futuro degli italiani.

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Un dato che riguarda, prima di tutto, i nostri giovani.

Una componente rilevante del tasso di disoccupazione viene, infatti, dai giovani fra i 15 e i 24 anni.

Un terzo della loro disoccupazione è da attribuire alla divergenza tra profili richiesti e competenze offerte.

Non ci sono dubbi: servono più cultura e più passione tecnica.

La Reggio Emilia industriale è nata e cresciuta nel mondo grazie alla passione dei suoi tecnici diventati imprenditori.

Nelle fabbriche, nelle nostre multinazionali tascabili e nelle filiere di fornitura reggiane, servono persone capaci di avere una visione d’insieme dei processi e delle dinamiche aziendali, predisposte ad una necessaria flessibilità per rispondere alle nuove esigenze del mercato.

In tale ambito dobbiamo sperimentare di più.

IMPRESE & LAVORO

In tale prospettiva acquista un’importanza ancora maggiore la riforma del mercato del lavoro.

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Il Governo ha mosso i primi passi in modo efficace, introducendo col decreto Poletti importanti elementi di flessibilità per un utilizzo del contratto a termine in linea con gli altri paesi europei.

Confindustria ha recentemente presentato le proprie proposte in materia di lavoro.

Tra le proposte per il recupero di competitività è fondamentale la valorizzazione di una contrattazione aziendale virtuosa, la focalizzazione su salari basati sulla produttività, sostenuti da decontribuzioni, da incentivazioni fiscali e da qualsiasi strumento idoneo a favorire l’indispensabile riduzione del costo del lavoro.

Produttività, efficienza, competitività da un lato, e rispetto e valorizzazione del lavoro dall’altro, sono i valori imprescindibili sui quali costruire, anche a Reggio Emilia, una rinnovata esperienza di relazioni industriali, dove anche il tema del welfare – che ho citato prima – dovrà trovare una giusta valorizzazione.

Relazioni per innovare, per crescere, per risolvere i problemi, ma, soprattutto, capaci di leggere e di interpretare il cambiamento e di confrontarsi con le migliori pratiche internazionali.

Oggi, gli imprenditori e i loro collaboratori devono unirsi nel comune obiettivo di rilanciare le loro imprese.

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Non ci sono alternative, dobbiamo predisporci per trovare nuove soluzioni a vantaggio di tutti.

TRASFORMAZIONI, TRANSIZIONE E RIFORME

Quella che stiamo vivendo, infatti, non è solo una crisi, ma una “grande trasformazione” dell’economia e della società.

Una vera e propria transizione tra due epoche storiche.

In una prospettiva come questa, nessuno ha più ragioni di altri, ma tutti devono avere la consapevolezza e il coraggio necessari per affrontare percorsi innovativi, fondati sulla revisione dei vecchi paradigmi.

Senza vere riforme è impossibile costruire il futuro.

Dall’esecutivo guidato da Matteo Renzi sono venuti segnali incoraggianti.

Nella sua agenda dei primi cento giorni sono entrate la legge elettorale, la Pubblica Amministrazione, le riforme istituzionali, la delega fiscale e la legislazione del lavoro.

L’esito della recente tornata elettorale, con la grande voglia di cambiamento testimoniata dagli elettori, ci spinge a ritenere che sussistano le condizioni per realizzare quanto anticipato o avviato.

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Allo stesso tempo, il semestre di Presidenza italiana della Commissione offre l’opportunità per un cambio di passo nella politica europea, come per altro chiesto dai cittadini nelle recenti elezioni.

Per il nostro Paese è indispensabile una politica continentale che abbandoni l’austerità per concentrarsi sulle imprese e sul lavoro.

INVESTIRE!

In Italia deve tornare a crescere la domanda, vale a dire i consumi e gli investimenti.

È indispensabile tornare a investire.

Questa è la via per ottenere aumenti di produttività e l'altrettanto necessaria crescita dell'occupazione.

Servono investimenti, privati e pubblici, nazionali ed europei.

Servono investimenti fissi per accrescere la domanda interna.

Ci riferiamo a costruzioni, a macchine e attrezzature, ai mezzi di trasporto; pensiamo, in particolare, agli investimenti pubblici, che da anni scendono, mentre la qualità delle infrastrutture peggiora a vista d’occhio, regalandoci immagini da paese del quarto mondo.

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Al contrario, noi vogliamo un’Italia capace di stupire il mondo come è stato nel dopoguerra e come è ancora nelle nostre possibilità e potenzialità.

SALUTI

Care Colleghe e cari Colleghi,

oggi sta a voi giudicare se ho assolto il compito che quattro anni fa mi avete assegnato.

Un impegno che la crisi ha reso ancora più difficile, al quale mi sono applicato con passione e trasparenza.

Oggi lascio la guida di una tra le maggiori associazioni di imprenditori dell’Emilia Romagna.

Mi accingo a questo passo animato dalla volontà di continuare a servire il nostro territorio, la sua imprenditoria e la sua comunità, attraverso il mio nuovo incarico nella Camera di Commercio di Reggio Emilia.

Quella che consegno a Mauro Severi è un’Associazione unita; forte economicamente; solida sul piano delle risorse umane e pronta ad avviare un nuovo programma di attività.

Unindustria Reggio Emilia esprime un patrimonio di idee, competenze e proposte che arricchiscono l’intero sistema reggiano.

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Colgo questa opportunità per ringraziare tutti gli interlocutori istituzionali, sindacali, amministrativi, politici e associativi ai quali mi ha unito l’impegno in favore del nostro territorio e della sua comunità.

Voglio ringraziare i tanti Colleghi che mi hanno aiutato e sostenuto esprimendomi, di volta in volta, consenso, dissenso o consigli.

Infine, voglio ringraziare l’intera struttura di Unindustria Reggio Emilia che, nonostante la crisi, è riuscita a tenere saldamente la barra del timone fornendo non solo servizi e assistenza, ma anche consolidando e accrescendo la compagine associativa.

In questi anni, drammaticamente segnati dalla crisi, ho compreso il grande valore dell’associazionismo.

Il suo fine ultimo è dare corpo, anima e progetto a una moltitudine di imprese che sarebbe altrimenti dispersa.

Senza le Associazioni nessun altro assolverebbe questo compito.

Un impegno vitale per un territorio, come il nostro, nel quale operano migliaia di piccole e medie imprese organizzate in distretti e filiere.

Caro Presidente Squinzi,

il nostro fine, come ben sai, è dare soggettività e ruolo

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a una moltitudine altrimenti dispersa.

Caro Giorgio, voglio esprimerti la nostra gratitudine per il tuo impegno in favore dell’imprenditoria italiana e del Paese.

CONCLUSIONI

Autorità, Signore e Signori,

è giunto il momento di rompere la spirale della sfiducia e del pessimismo.

Il rilancio del Paese non può che partire dalle riforme e dall’impegno dei territori come il nostro.

Le prime sono un compito del Governo, il secondo è un movimento che deve partire dal basso.

Deve attingere a quell’incredibile patrimonio di risorse umane, d’imprenditorialità, di impegno e di solidarietà che caratterizza gran parte del Paese.

Mettiamo le imprese e i territori nella condizione di poter lavorare, come nei principali paesi europei, e l’intera Italia riprenderà a crescere.

In tale prospettiva Reggio Emilia deve credere ed investire nuovamente sulle sue capacità collettive.

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Questa è la premessa indispensabile per avviare nel migliore dei modi il nuovo ciclo che si va aprendo.

Ci riferiamo non solo ai segnali di ripresa, ma anche all’avvio delle nuove legislature degli Enti locali che segue di poco il rinnovo della presidenza della Camera di Commercio e, ora, della nostra stessa Associazione.

Un reset dei vertici locali chiamati, tra le altre cose, a interpretare la revisione dell’architettura istituzionale dello Stato.

Scadenze che offrono un’opportunità di rinnovamento fondata su un’ancora più intensa collaborazione tra il pubblico e i privati.

Le cose da realizzare e i progetti non mancano.

Lavoriamo tutti insieme, collaboriamo tutti insieme, abbattiamo barriere, ridiamo fiducia a noi stessi e ai tanti cittadini operosi e onesti di questa terra.

Uno dei santi più amati dagli italiani, il cui nome è stato scelto dal Papa, ci ha lasciato un pensiero che può accompagnarci nei prossimi anni d’impegno.

“Cominciamo col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E, all'improvviso, ci sorprenderemo ad aver fatto ciò che appariva impossibile”.

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