Arturo martini scultore2

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ARTURO MARTINI “L'arte non sopporta teorie, generi, stile. È un discorso spontaneo, misterioso ma fatale, come lo svolgersi della nascita nel grembo materno, una facoltà naturale eterna che stupisce per la semplicità di ripetersi nel tempo come il filo d'erba...” Personalità di cerniera fra una visione ottocentesca della scultura e una coraggiosa spinta innovativa: Il giovane scultore

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A. Martini scultore nel periodo giovanile

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ARTURO MARTINI

“L'arte non sopporta teorie, generi, stile. È un discorso spontaneo, misterioso ma fatale, come lo svolgersi della

nascita nel grembo materno, una facoltà naturale eterna che stupisce per la semplicità di ripetersi nel tempo come il filo

d'erba...”

Personalità di cerniera fra una visione ottocentesca della scultura

e una coraggiosa spinta innovativa:

Il giovane scultore

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FormazioneNato a Treviso nel 1889, dopo aver frequentato lo

studio dello scultore conterraneo Antonio Carlini (1906) ed aver

lavorato presso la fabbrica di ceramica Gregorj (e da tale giovanile

esperienza derivò forse la sua predilezione a modellare in creta e

in gesso, che doveva manifestarsi più tardi in alcuni capolavori), si

recò a Venezia dove scoprì la plastica di Medardo Rosso, e quindi

a Monaco (1910) dove seguì le lezioni di Adolfo Hildebrand

studiando su modelli la scultura antica e del Rinascimento.

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Nel 1919-1920 è stato, con Wildt, l’artefice principale nella scultura italiana della riconquista del volume, e per primo ha praticato un purismo impostato su forme elementari ed originarie. Dopo questo momento, che lui stesso chiamava “periodo del sasso”, è stato uno dei maggiori esponenti in Italia,ma oggettivamente anche nel panorama europeo,del Ritorno dell’ordine. Arturo Martini (il terzo da sinistra) assieme ad altri giovani artisti in una foto del 1913.

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“La mia prima scultura è stata un ritratto di Mazzini. La terza - perché la seconda non l’ho mai fatta - un camino: ossia un pompiere che spegneva un camino”

Queste le parole di Martini a proposito delle sue prime sculture da ragazzo. Quasi tutte le piccole opere da lui realizzate nel primissimo periodo, quando era ancora adolescente, sono andate perdute. E’ ritenuto che la prima opera conosciuta di Arturo Martini sia la statuina di un “Veneziano del ‘700” firmata e datata 1905.

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Il periodo del sasso

Il gruppo di opere che vengono alla luce in questo giro di mesi fra l’aprile del 1921 e l’autunno del 1922 segna veramente il momento di maggiore maturità nello sviluppo della propria idea della scultura, quel grembo plastico, quell’idea del sasso intorno al quale dall’inizio del decennio sta elaborando teorie e soprattutto sperimentando risultati. Fuoriescono dalla cantina buia di Vado una serie di ‘ritratti’ straordinari: Busto di ragazzo, Fanciulla col passero, Il poeta Cecov, Amica del cipresso, Busto di fanciulla e le sculture sue più sorprendenti L’Ofelia e il gesso dipinto de L’amante morta.

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Busto di ragazzo

Una delle opere di maggior risalto nella sperimentazione bronzea di Arturo Martini, il Busto di Ragazzo presenta un’intensa ma quasi irreale espressione del volto.Si ritrova tuttavia una certa peculiare analogia con i canoni estetici e compositivi dei ritratti scultorei medievali.

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Fanciulla col passero

Straordinaria scultura essenziale, Fanciulla col Passero compendia le linee guida della poetica artistica del giovane Martini.Ricorda anche, il Carmen II di Catullo (il passero di Lesbia).

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Il poeta Checov

Forte è in quest’opera l’incisività grafica dei particolari, come si può chiaramente notare dalla veste accuratamente scolpita.La posizione leggermente inclinata della testa rispetto all’andamento compositivo nel suo insieme può essere un richiamo ai canoni rappresentativi di Botticelli (La Primavera, La nascita di Venere).

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Amica del cipresso

In questa scultura partendo da forme squadrate e compatte l’artista giunge ad una figura elementare ma compiuta.

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Busto di fanciulla

La scultura è semplificata in linee essenziali ed assume una forma chiusa, nettamente definita, non ci sono più infatti stilizzazioni esasperate.La scrittrice Margherita Sarfatti fu proprietaria dell’opera, e ne descrisse il corpo come: “tronco d’albero, tutto rotondo e compatto”.

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Ofelia

Arturo Martini eterna l’aspetto innocente della protagonista della celeberrima tragedia shakespeariana nell’attimo subito successivo all’atto estremo della giovane ragazza che decide di morire per amore nei confronti di Amleto.L’opera appare in perfetta armonia la vicenda, per questo distaccandosi leggermente dalle rigide ed essenziali forme del Martini comune.

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Una delle pagine più struggenti e sorprendenti nel panorama europeo della scultura del periodo per quel sentimento di sospensione che vi aleggia, per il taglio della figura alle ginocchia che ne rende la composizione solida e strutturalmente forte, in dialettico contrasto con l’allungamento delle braccia e delle dita delle mani, e con un ritrovato linearismo nella decorazione cromatica del morbido cuscino, dell’abito a cannoncini (certamente di ascendenza più medievale che etrusco) e dell’acconciatura dei capelli raccolti entro una retina (anche questa da dama col liocorno), per finire nell’espressione e nel movimento del volto che guarda in completa astrazione da ciò

che la realtà sottopone, il cielo.

L’amante morta