ARALDO - 10-2012 - Novembre

15
1 L’ARALDO di Biella Raccolta mensile di Articoli ed Opinioni redatta in proprio da ALLEANZA MONARCHICA - STELLA e CORONA di Biella Coordinamento redazionale : [email protected] Novembre 2012 (Anno VII - Numero 10.2012) L’ARALDO di Biella, piccolo contributo periodico alla diffusione dell’ideale Monarchico, non rappresenta una testata giornalistica ai sensi della Legge No. 62 del 07 marzo 2001. Esso è quindi una appendice cartacea del Sito http://biellamonarchica.blogspot.com/ che viene aggiornato quale raccolta selezionata di articoli ed opinioni rintracciati liberamente su Internet per Voi ! L’ARALDO di Biella, riconoscendo nell’Unità dei Monarchici un valore assoluto, fortemente auspicabile e necessario, aderisce al Progetto MONARCHICI IN RETE, facendo capo al portale Internet http://monarchicinrete.blogspot.com/ L’F.M.I. è pessimista Al Fondo Monetario Internazionale sono convinti che l’Euro abbia poche prospettive. _____________________________________________________________ di Domenico Lombardi 12 ottobre 2012 Come anticipato in precedenti artico- li, martedì scorso, il Fondo moneta- rio internazionale (Fmi) ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per l’economia mondiale. L’area dell’euro si contrae dello 0,4 per cento nell’anno in corso, trainata dalla performance particolarmente negativa dell’Italia (meno 2,3 per cento) e della Spagna (meno 1,5 per cento). Tra le economie emergenti, quella cinese si attesta su un tasso di e- spansione che è stato ridimensiona- to al 7,8 riflettendo proprio l’indebolimento dell’Europa, princi- pale mercato di sbocco delle espor- tazioni del colosso asiatico; per quanto sempre alto, questo dato è in flessione, per esempio, rispetto al 9,2 per cento ottenuto nel 2009 all’apice della crisi finanziaria inter- nazionale (nello stesso anno l’economia italiana si contraeva del 5,5 per cento). Nel complesso, l’espansione dell’economia mondiale si aggira intorno al 3,3 per l’anno in corso, due decimi di punto in meno di quanto previsto nella primavera scorsa. Ma non è stata la diatriba contabile sui due decimi di punto a scatenare la polemica tra il Fmi e gli europei giunti a Tokyo con una punta mal celata di ottimismo sulla scorta della recente decisione della Banca cen- trale europea circa l’introduzione del programma di acquisti di titoli di sta- to sul mercato secondario (il pro- gramma Outright monetary transac- tions, Omt). Nei lavori preparatori alla riunione della commissione mi- nisteriale che si chiuderà nella gior- nata di oggi, il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, non ha usa- to eufemismi nel sottolineare che le previsioni di crescita assumono l’attuazione degli impegni ambiziosi che le autorità dell’Eurozona hanno preso nei mesi recenti. Il problema, tuttavia, è che proprio tale attuazio- ne non viene affatto data per sconta- ta dall’istituzione di Washington. Lo scontro da politico è diventato anche intellettuale quando è emerso che il World economic outlook, la prestigiosa pubblicazione dell’ufficio studi del Fmi, mette in discussione le ipotesi sulla base delle quali i pa- esi dell’Eurozona hanno imboccato la strada del consolidamento fiscale il cui impatto sulla crescita, ora, è ( Segue a Pagina 3 ) Napolitano si, monarchia no… Vogliamo riflettere? di Alberto Conterio 18 ottobre 2012 Ho sempre pensato che un Sovrano, anche la persona meno adatta, sia in grado di garantire meglio di un Presidente i diritti, le libertà e la de- mocrazia di un paese, anche quan- do “il Presidente” dovesse effettiva- mente essere scelto tra i migliori. Sappiamo che così non è, e dove la scelta cade comunque su una per- sona valida, questa deve poi fare i conti con chi gli ha garantito appoggi politici e denaro per pagare la sua campagna elettorale. Sono quindi un convinto monarchi- co, e da monarchico desidero capire se in Italia, a metà del 2011, con un governo Berlusconi ormai al capoli- nea, un Sovrano avrebbe o menu potuto fare le scelte dell’attuale Pre- sidente della repubblica Giorgio Na- politano. Meglio non essere frainteso però. Ritengo infatti che quanto fatto da Napolitano sia estremamente de- precabile, andando a calpestare un terreno molto vicino, se non fuori, dal confine tra un sistema politico democratico vero ed uno occulta- mente totalitario. Non scrivo dittato- riale ma totalitario per intenderci, semplicemente perché in Italia, mancano in strada i blindati a man- tenere l’ordine! Per avvalorare questa pesante opi- nione, è giusto ricordare infatti, che nel 1922, quando Re Vittorio Ema- nuele III chiamo alla Presidenza del Consiglio Benito Mussolini, scelse costui in Parlamento tra i regolar- mente eletti, mentre Napolitano, ha “ordinato” Senatore a vita uno sco- nosciuto (ai più) per poterlo poi no- minare Presidente del Consiglio con una parvenza di legalità. È bene anche rendere consapevoli che, coloro che difendono questo operato oggi, sul filo di opzioni con- ( Segue a Pagina 5 ) Università Cattolica, tempio del politicamente corretto di Riccardo Calcioli 27 giugno 2012 Sei favorevole all’uscita dell’Italia dall’Euro? Bene, dal prossimo anno accademico non potrai più iscriverti all’Università Cattolica del Sacro Cuore né insegnarvi. Così almeno si deduce dal nuovo Codice Etico per studenti e docenti che è stato varato nei mesi scorsi e che tutti gli studenti che vorranno frequentare l’Università dovranno obbligatoria- mente sottoscrivere. Il rispetto dei princìpi ispiratori del Trattato di Li- sbona e della Costituzione italiana è infatti tra i requisiti fondamentali ri- chiesti a chiunque voglia far parte della prestigiosa università fondata da padre Agostino Gemelli, e uno dei princìpi alla base del Trattato europeo è appunto la moneta unica. Ultimo minuto - Pagina 15 Il M5S non supererà il 20%» Società e cultura - Pagina 2 Non dimentichiamoci del 4 novembre Politica interna - Pagina 7 La crisi strutturale non è risolta, forse si dovrà rivedere l’Euro Storia e tradizioni - Pagina 12 Esecuzioni, torture, stupri Le crudeltà dei parti- giani Speciale Costituente Monarchica "Contro la crisi della politica serve un Re" Adnkronos intervista Franco Ceccarelli - Pagina 9

Transcript of ARALDO - 10-2012 - Novembre

Page 1: ARALDO - 10-2012 - Novembre

1

L’ARALDO di Biella Raccolta mensile di Articoli ed Opinioni redatta in proprio da

ALLEANZA MONARCHICA - STELLA e CORONA di Biella Coordinamento redazionale : [email protected]

Novembre 2012 (Anno VII - Numero 10.2012)

L’ARALDO di Biella, piccolo contributo periodico alla diffusione dell’ideale Monarchico, non rappresenta una testata giornalistica ai sensi della Legge No. 62 del 07 marzo 2001. Esso è quindi una appendice cartacea del Sito http://biellamonarchica.blogspot.com/ che viene aggiornato quale raccolta selezionata di articoli ed opinioni rintracciati liberamente su Internet per Voi ! L’ARALDO di Biella, riconoscendo nell’Unità dei Monarchici un valore assoluto, fortemente auspicabile e necessario, aderisce al Progetto MONARCHICI IN RETE, facendo capo al portale Internet http://monarchicinrete.blogspot.com/

L’F.M.I. è pessimista Al Fondo Monetario Internazionale sono convinti che l’Euro abbia poche prospettive. _____________________________________________________________

di Domenico Lombardi 12 ottobre 2012 Come anticipato in precedenti artico-li, martedì scorso, il Fondo moneta-rio internazionale (Fmi) ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per l’economia mondiale. L’area dell’euro si contrae dello 0,4 per cento nell’anno in corso, trainata dalla performance particolarmente negativa dell’Italia (meno 2,3 per cento) e della Spagna (meno 1,5 per cento). Tra le economie emergenti, quella cinese si attesta su un tasso di e-spansione che è stato ridimensiona-to al 7,8 riflettendo proprio l’indebolimento dell’Europa, princi-pale mercato di sbocco delle espor-tazioni del colosso asiatico; per quanto sempre alto, questo dato è in flessione, per esempio, rispetto al 9,2 per cento ottenuto nel 2009 all’apice della crisi finanziaria inter-nazionale (nello stesso anno l’economia italiana si contraeva del 5,5 per cento). Nel complesso, l’espansione dell’economia mondiale si aggira intorno al 3,3 per l’anno in corso, due decimi di punto in meno di quanto previsto nella primavera scorsa.

Ma non è stata la diatriba contabile sui due decimi di punto a scatenare la polemica tra il Fmi e gli europei giunti a Tokyo con una punta mal celata di ottimismo sulla scorta della recente decisione della Banca cen-trale europea circa l’introduzione del programma di acquisti di titoli di sta-to sul mercato secondario (il pro-gramma Outright monetary transac-tions, Omt). Nei lavori preparatori alla riunione della commissione mi-nisteriale che si chiuderà nella gior-nata di oggi, il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, non ha usa-to eufemismi nel sottolineare che le previsioni di crescita assumono l’attuazione degli impegni ambiziosi che le autorità dell’Eurozona hanno preso nei mesi recenti. Il problema, tuttavia, è che proprio tale attuazio-ne non viene affatto data per sconta-ta dall’istituzione di Washington. Lo scontro da politico è diventato anche intellettuale quando è emerso che il World economic outlook, la prestigiosa pubblicazione dell’ufficio studi del Fmi, mette in discussione le ipotesi sulla base delle quali i pa-esi dell’Eurozona hanno imboccato la strada del consolidamento fiscale il cui impatto sulla crescita, ora, è ( Segue a Pagina 3 )

Napolitano si, monarchia no… Vogliamo riflettere? di Alberto Conterio 18 ottobre 2012 Ho sempre pensato che un Sovrano, anche la persona meno adatta, sia in grado di garantire meglio di un Presidente i diritti, le libertà e la de-mocrazia di un paese, anche quan-do “il Presidente” dovesse effettiva-mente essere scelto tra i migliori. Sappiamo che così non è, e dove la scelta cade comunque su una per-sona valida, questa deve poi fare i conti con chi gli ha garantito appoggi politici e denaro per pagare la sua campagna elettorale. Sono quindi un convinto monarchi-co, e da monarchico desidero capire se in Italia, a metà del 2011, con un governo Berlusconi ormai al capoli-nea, un Sovrano avrebbe o menu potuto fare le scelte dell’attuale Pre-sidente della repubblica Giorgio Na-politano. Meglio non essere frainteso però. Ritengo infatti che quanto fatto da Napolitano sia estremamente de-precabile, andando a calpestare un terreno molto vicino, se non fuori, dal confine tra un sistema politico democratico vero ed uno occulta-mente totalitario. Non scrivo dittato-riale ma totalitario per intenderci, semplicemente perché in Italia, mancano in strada i blindati a man-tenere l’ordine! Per avvalorare questa pesante opi-nione, è giusto ricordare infatti, che nel 1922, quando Re Vittorio Ema-nuele III chiamo alla Presidenza del Consiglio Benito Mussolini, scelse costui in Parlamento tra i regolar-mente eletti, mentre Napolitano, ha “ordinato” Senatore a vita uno sco-nosciuto (ai più) per poterlo poi no-minare Presidente del Consiglio con una parvenza di legalità. È bene anche rendere consapevoli che, coloro che difendono questo operato oggi, sul filo di opzioni con- ( Segue a Pagina 5 )

Università Cattolica, tempio del politicamente corretto di Riccardo Calcioli 27 giugno 2012 Sei favorevole all’uscita dell’Italia dall’Euro? Bene, dal prossimo anno accademico non potrai più iscriverti all’Università Cattolica del Sacro Cuore né insegnarvi. Così almeno si deduce dal nuovo Codice Etico per studenti e docenti che è stato varato nei mesi scorsi e che tutti gli studenti che vorranno frequentare l’Università dovranno obbligatoria-mente sottoscrivere. Il rispetto dei princìpi ispiratori del Trattato di Li-sbona e della Costituzione italiana è infatti tra i requisiti fondamentali ri-chiesti a chiunque voglia far parte della prestigiosa università fondata da padre Agostino Gemelli, e uno dei princìpi alla base del Trattato europeo è appunto la moneta unica.

Ultimo minuto - Pagina 15

Il M5S non supererà il 20%»

Società e cultura - Pagina 2

Non dimentichiamoci del 4 novembre

Politica interna - Pagina 7

La crisi strutturale non è risolta, forse si dovrà rivedere l’Euro

Storia e tradizioni - Pagina 12

Esecuzioni, torture, stupri Le crudeltà dei parti-giani

Speciale Costituente Monarchica "Contro la crisi della politica serve un Re" Adnkronos intervista Franco Ceccarelli - Pagina 9

Page 2: ARALDO - 10-2012 - Novembre

2

Nelle trenta pagine del Codice Etico, invece, neanche un riferimento si trova a Chiesa cattolica, Papa, Ma-gistero. Niente, solo un generico cenno - nel preambolo - all’ispirazione “ai princìpi del cristia-nesimo”. Non solo, i primi articoli del Codice sono una summa del politi-camente corretto, in alcuni punti in evidente contrasto con l’insegnamento della Chiesa, tanto da chiedersi per quale motivo una famiglia dovrebbe scegliere l’Università cattolica anziché un altro ateneo.

E’ una domanda che va ben oltre il Codice Etico, perché se si va sul sito della Cattolica destinato all’orientamento degli studenti delle scuole superiori, alla pagina dedica-ta al “perché scegliere l’Università cattolica”, tra i motivi troviamo: la qualità dell’insegnamento, la possi-bilità di trovare lavoro dopo la lau-rea, la dimensione internazionale, la possibilità di avere dei tutor, le age-volazioni economiche per le persone in difficoltà. E l’identità cattolica dell’ateneo? La fedeltà all’insegnamento della Chiesa, la riflessione cattolica sui vari saperi umani? Assolutamente nulla, non fa parte dei tratti caratteristici dell’Università. Tanto vale allora non chiamarla più cattolica, ma neanche del Sacro Cuore, un nome che dato il nuovo indirizzo diventa imbaraz-zante (soprattutto per il Sacro Cuo-re). E pensare che il papa Giovanni Pao-lo II era così attento al problema che nel 1990 aveva pubblicato una Co-stituzione apostolica dedicata esclu-sivamente alle università cattoliche, la Ex Corde Ecclesiae, in cui defini-va con chiarezza la specificità di questi atenei: la chiara identità catto-lica, che deve essere apertamente dichiarata, e che deve emergere sia dalla “fedeltà al messaggio cristiano così come è presentato dalla Chie-sa” sia attraverso un affronto delle diverse discipline a partire dalla fede cattolica. Invece nel Codice Etico troviamo un inno al relativismo e alla cultura do-minante, inclusa l’introduzione dell’ideologia di genere. La cosa non è passata inosservata e da alcuni siti web cattolici è partito il contrat-tacco che ha almeno ottenuto un risultato: l’Università Cattolica valu-terà fino al prossimo 31 dicembre eventuali “proposte migliorative” del Codice Etico. Così, ad esempio, il sito Culturacattolica.it ha messo a punto una petizione da sottoscrivere per spingere a modificare il docu-mento.

Tra i capitoli maggiormente conte-stati c’è ovviamente l’aver posto come punto di riferimento ideale il Trattato di Lisbona che, come si ri-corderà, non ha accolto il riconosci-mento delle radici cristiane dell’Europa come i vescovi e la San-ta Sede avevano invece chiesto a gran voce durante il lungo negozia-to. Ma questo è ancora niente, perché all’articolo 1 del Codice Etico si as-sume il principio di non discrimina-zione, nel quale si fa rientrare il ge-nere e l’orientamento sessuale, che notoriamente è un modo per taccia-re di omofobia chiunque metta in discussione la cultura gay. E’ un chiaro cedimento all’ideologia domi-nante, in palese contrasto con l’insegnamento della Chiesa, che stabilisce una chiara differenza tra il rispetto (sempre dovuto) della per-sona omosessuale, che ha ovvia-mente tutti gli stessi diritti di qualun-que altra persona, e l’applicazione della “non discriminazione” all’orientamento sessuale. Come sostiene un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, «includere la "tendenza omo-sessuale" fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discrimina-re può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani», vale a dire si tradu-ce facilmente nella promozione dell’omosessualità. O al contrario, nell’impossibilità di poter affermare pubblicamente che quello omoses-suale è un comportamento “oggetti-vamente disordinato” come il Cate-chismo della Chiesa cattolica so-stiene. E’ un punto molto delicato, visto an-che quello che sta accadendo in paesi nord-europei come la Dani-marca e il Regno Unito, dove le Chiese protestanti saranno obbligate a celebrare matrimoni omosessuali proprio in base a questo principio. E anche negli Stati Uniti è in atto un durissimo braccio di ferro tra i ve-scovi cattolici e l’amministrazione Obama proprio su questo punto, perché l’equiparazione delle unioni omosessuali alla famiglia naturale – dicono i vescovi - viola il principio della libertà religiosa sancito dal Primo emendamento della Costitu-zione americana. Ma nell’ambiente ovattato dell’Università Cattolica, evidente-mente, le notizie dal mondo e dalla Chiesa non arrivano. Tratto da : www.svipop.org/

Nota della Redazione Questo bellissimo articolo di denun-cia ci era sfuggito, ma, vista l’importanza, lo proponiamo ai nostri lettori pur con qualche mese di ritar-do. In esso appare chiaro che la struttura dei “nuovi cittadini” dell’era dell’Europa della finanza” si sta via via realizzando anche grazie al la-vaggio del cervello operato sulle nuove generazioni, alle quali non

proponiamo più la scelta di differenti opzioni di insegnamento, ma un pensiero unico alla quale uniformar-si… pena, non poter più frequentare l’Università. Se questo principio do-vesse davvero diventare dominante, ci troveremmo in una situazione ben più grave di secolo fa, quando a studiare erano solo coloro che ave-vano del denaro.

Società e cultura

Non dimentichiamoci del 4 novembre Festa di popolo e non delle Forze Armate, il 4 novembre deve ricor-darci più che l’unità territoriale, il completamento morale degli italiani di Angelo Mossone 28 ottobre 2012 Mentre i sudditi a stelle e strisce d’Italia festeggiano “la zucca” (vuota che hanno), è mio desiderio invece prepararmi moralmente alla festa del 4 novembre. L’Italia grazie alla guida determinan-te ed illuminata di Re Vittorio Ema-nuele III aveva vinto da sola la Grande Guerra e conquistato gli ul-timi territori ancora sotto la domina-zione straniera. L’Unità d’Italia, si compiva, realizza-ta da Casa Savoia dopo secoli di lavoro. Si compiva quel giorno, non solo l’unità territoriale, ma soprattut-to l’unità morale degli italiani, poiché le genti italiche, senza distinzione di parte o di origine, si era trovata alla fine concorde nell’affrontare i pericoli

ed i disagi di una guerra totale, di-venendo una sola entità. Nell’evidenza che questo passaggio storico importantissimo, sia oggi o-steggiato e sminuito tentando di di-menticarlo del tutto, occorre chie-dersi perché? Perché, è un argomento che non può essere scisso dall’operato e dalla gloria di Casa Savoia, e poi perché questo passaggio storico, parla di Unità, e noi viviamo in una repubblica con difetto di origine, go-vernata negli ultimi 15 anni circa da forze politiche di chiara ispirazione secessionista. Si tratta quindi di un fatto storico in controtendenza rispetto alle aspira-zioni politiche della classe dirigente oggi al comando. Il “politicamente corretto” istituziona-le considera la prima guerra mondia-le un massacro, una "vittoria milita-re" che portò al fascismo, ad altre guerre, ad altri morti ... perché teme da sempre il confronto storico con il periodo monarchico, potendo offrire a confronto, soltanto vergogne, cor-ruzione e polemiche a quintali. La crisi sociale provocata dalla guer-ra che portò al fascismo però, resta una menzogna. La crisi sociale infatti, era già pre-sente prima della guerra, anzi, toccò il suo punto più virulento nel 1914 sfociando nelle proteste socialiste della “settimana rossa”. In questa “famosa” settimana, si arrivò a far saltare ponti, a bruciare municipi e prefetture, ad alzare alberi della li-bertà, a proclamare repubbliche cit-tadine (es. quella di Fusignano) e a saccheggiare ed incendiare nume-rose Chiese. Questo fu il fenomeno Socialista in quel determinato mo-

Page 3: ARALDO - 10-2012 - Novembre

3

mento storico, e non possiamo far finta che ciò non sia vero attribuen-do alla Grande Guerra la crisi del dopoguerra, perché ripetiamo, la crisi era pre-esistente. Questa, ri-mase congelata durante i 41 mesi di guerra, per poi riprendere virulenta quando la guerra finì. Sempre valida l’affermazione di Gorge Orwel quindi, famoso scrittore e giornalista. Egli scrisse che “chi controlla il passato, controlla il pre-sente”. La cultura insomma diventa leva del potere per moltiplicarne la forza, da sempre, oggi più che mai. La conoscenza infatti essendo ormai libera ed alla portata di tutti, è dive-nuta critica. Bombardati da 1000 notizie ed informazioni al giorno, non ci rendiamo più conto di ciò che è vero e di ciò che è falso, o sempli-cemente mancante o nascosto… I Mass Media quindi (giornali, televi-sione, anche internet) assumono un’importanza decisiva nell’orientamento delle masse. Altro che libertà di stampa, di pensiero e Democrazia! Tornando quindi al 4 novembre, nel-le varie trasmissioni televisive che si dichiarano “storiche” ad esempio, abbiamo mai sentito parlare del Convegno di Peschiera trattando della Prima Guerra Mondiale ? Sono certo di no. Perché? Come mai oc-corre chiedersi? Perché il Convegno di Peschiera è una gloria assoluta di Casa Savoia. Perché il Convegno di Peschiera porta alla leggendaria resistenza sul Piave, ed il Piave porta a Vittorio Veneto, quindi alla vittoria. Insomma senza Casa Savoia l’Italia nel no-vembre 1917 sarebbe uscita di sce-na ingloriosamente. Questo modo vergognoso di com-portarsi, indica che ci troviamo di fronte alla Censura! Nel 2010 quindi dobbiamo registrare in questa repubblica delle libertà, (ma io preferisco dire degli scandali) ancora casi di Censura, ma solo e sempre nei confronti della Storia, di Casa Savoia e della Monarchia in generale. La paura istituzionale del confronto e tale che nei casi di commemora-zione ufficiali, si è giunto alla censu-ra più ridicola. È ormai usanza ad esempio omettere le prime righe del bollettino della vittoria del 4 novem-bre che parlano di SM il Re “Duce supremo” oppure, riferendosi alle commemorazioni per il 90° Anniver-sario del 2008, si è arrivati a “ritoc-care” nelle vecchie fotografie le bandiere copiose che venivano sventolate a Trento e a Trieste In questa visuale politicamente cor-retta o corrotta (dipende dai punti di vista) dovrebbe esserci chiara anche la “trovata” di questi ultimi anni. In modo sottile, si cerca infatti di abbi-nare la festa del 4 novembre alle Forze Armate. Questa mossa segna l’ultimo atto. Atto subdolo, perché fa della vittoria nella Grande Guerra che ci UNI’, un appuntamento per DIVIDERE. Scinde cioè nella ricor-renza il popolo dalle Forze Armate.

Non è un caso. Perché ormai le For-ze Armate non sono più l’espressione del popolo dato dal servizio di leva che pescava tra tutte le classi sociali, politiche ed econo-miche della popolazione. Le Forze Armate infatti sono ormai formate di volontari professionalizzati. Ecco perché è pericolosissimo, perché in ultima analisi tende ad abb-nare questa “storia” ad un gruppo di per-sone… minoritario, che non è più omogeneo, ed in ultima analisi ad allontanare dalla stessa “Storia” la parte maggioritaria della popolazio-ne. Chi vuol cancellare la nostra storia lo fa per assicurarsi il presente, incu-rante di rovinare il futuro dei nostri figli.Noi monarchici siamo invece i testimoni che questa “data” appar-tiene, all’interezza del popolo italia-no, e fa parte della memoria profon-da del Paese e di tutti noi. Fu il Re il 10 novembre 1917 dopo il convegno di Peschiera a credere in Noi proclamando : “Italiani, cittadini e soldati ! Siate un Esercito solo. Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradi-mento, ogni recriminazione è tradi-mento. Questo mio grido di fede in-crollabile nei destini d'Italia suoni così nelle trincee come in ogni più remoto lembo della Patria; e sia il grido del popolo che combatte e del popolo che lavora. Al nemico,

che ancor più che sulla vittoria mili-tare conta sul dissolvimento dei no-stri spiriti e della nostra compagine, si risponda con una sola coscienza, con una voce sola (…)” Il Re parlò di Popolo per UNIRE, la repubblica oggi, ci parla di Forze Armate con il chiaro intento di DIVI-DERE ! Una repubblica insomma, che mina l’unità del Paese contro la storia, anzi nascondendoci o falsificando la storia !!! Perché dobbiamo continuare a ri- cordare questi fatti ? perché con la morte di quegli eroi e la scomparsa del loro spirito di sacrificio, l’Italia si sta lentamente sbriciolando sotto il maglio dell’egoismo, della corruzio-ne senza onore e di un mondo poli-tico cieco. Con questa memoria quindi, non era mia intenzione convertire in ferventi italiani o monarchici tutti i cittadini della repubblica italiana, ma dare ai lettori degli spunti storici “non usuali” per spingerli a fare autonomamente delle riflessioni e dei confronti. La verità va cercata senza prendere per buona quella che ci viene proposta al supermercato, ricordando sempre che l’Italia resta un bene prezioso, tanto prezioso, che SM il Re Umber-to II nel 1946 ha preferito rinunciare al suo prestigio, e passare 37 anni

della sua vita in esilio per non met-terla in pericolo! Concludo ricordando che i Caduti sui campi di battaglia, il cui esempio dovrebbe guidarci sempre, saranno davvero morti soltanto quando noi li avremo dimenticati. ________________________________

L’F.M.I. è pessimista (Continua dalla prima Pagina) sotto gli occhi di tutti. Nella pubblicazione viene notato, e corroborato, che vi è stato un gros-solano errore di sottovalutazione negli effetti del consolidamento fi-scale sulla crescita. Tipicamente, l’impatto di una manovra fiscale, il cosiddetto moltiplicatore fiscale, vie-ne stimato attorno allo 0,5 nelle e-conomie avanzate: in pratica, ogni punto percentuale di aggiustamento fiscale misurato rispetto al prodotto interno lordo “costa” mezzo punto dello stesso pil. Sulla base delle analisi econometri-che messe a punto dai ricercatori del Fmi sulla scorta dell’evidenza più recente, l’effettivo moltiplicatore fi-scale è molto più alto, attestandosi verosimilmente tra lo 0,9 e l’1,7: co-me a dire che, per ogni punto per-centuale di aggiustamento fiscale, il “costo” in termini di pil può essere addirittura di 1,7 punti percentuali, oltre tre volte l’impatto convenzio-nalmente stimato. Il divario tra il va-lore, per prassi, attribuito al moltipli-catore fiscale nel corso degli ultimi trent’anni e quello effettivo all’opera negli ultimi anni, assai più alto, riflet-te le condizioni specifiche in cui i paesi dell’Eurozona hanno avviato l’attuale consolidamento fiscale: il contesto di partenza già altamente recessivo nelle loro rispettive eco-nomie, una politica monetaria con scarsi margini di efficacia dati i tassi di intervento prossimi allo zero e, infine, l’aggiustamento fiscale simul-taneo fra i paesi dell’Eurozona. Eppure la velocità con cui le analisi econometriche del Fmi sono state riprese dai ministri non è indicatore della loro familiarità con l’econometria ma, piuttosto, della generale consapevolezza, al di fuori dell’Europa, che la via di uscita im-boccata dall’Eurozona rischia di es-sere un vicolo cieco. Alcuni, fra i partecipanti alle riunioni di Tokyo, sottolineano che comporterà un de-cennio perduto con tutti i costi eco-nomici e umani che implica un ag-giustamento del genere. Altri tendono a marcare il costo in-tergenerazionale della crisi: la con-dizione di recessione semiperma-nente che caratterizza molte eco-nomie europee e il conseguente aumento del tasso di disoccupazio-ne strutturale, soprattutto giovanile, rischia di compromettere la qualità delle loro opportunità occupazionali nel lungo termine in assenza di radi-cali riforme del mercato del lavoro. Eppure, sono proprio i giovani coloro

“Post it…” In uno degli innumerevoli Comunicati Stampa del CMI (Coordinamento Monarchico Italiano, che rappresenta la bellezza di 56 diverse organiz-zazioni monarchiche italiane) leggiamo incuriositi una “tirata d’orecchie” rivolta ad una “pubblicazione biellese” (nostra concorrente evidente-mente) di cui non avevamo conoscenza. Peccato non avere avuto indi-cazione più precise per poter entrare in contatto con loro, e, detto que-sto, non ci saremmo neppure sognati, da questa Redazione di perdere tempo nel segnalare ciò, se non fosse che, un carissimo amico di Biel-la, presente all’evento indicato sullo stesso Comunicato del CMI, ci ha fatto gradito omaggio di alcune splendide fotografie da pubblicare sul nostro “ARALDO di Biella”. Replichiamo quindi in considerazione del fatto che, non vorremmo essere indicati come ritardatari, o peggio pub-blicatori di notizie ormai obsolete da questi attentissimi “amici monar-chici”. Di fatto, il nostro piccolo Araldo, che non risponde a nessuno, che non sia il nostro ideale ed il buon gusto, si è sempre sentito libero di pubbli-care nei tempi e nei modi, ciò che ritiene più opportuno senza sentirsi obbligato dalle numerose amicizie e conoscenze di cui comunque, an-diamo fieri ed orgogliosi. La sua “costruzione” e pubblicazione inoltre, ha dei tempi fissi entri i quali, pur disponendo di ulteriore materiale, non ci è permesso poterlo inserire sul numero in preparazione. Rientra in questa casistica l’evento citato dal CMI, e pur dispiacendoci per la pubblicazione “differita” nulla di più potevamo ed intendevamo fare. Chi come noi, provvede ad una pubblicazione periodica mensile, …e in campo monarchico, succede soltanto presso Alleanza Monarchica - Stella e Corona, non ha dubbi in proposito.

Vi rimandiamo quindi a Pagina 14 per l’articolo corrispondente alla visi-ta a Torino di SAR la Principessa Maria Pia di Savoia, ringraziando il Comm. Mario Coda per la sua premurosa gentilezza nell’accordarci il permesso di pubblicare le sue splendide fotografie. 10 ottobre 2012 - Redazione de “L’ARALDO di Biella”

Page 4: ARALDO - 10-2012 - Novembre

4

che dovranno accollarsi l’onere di ripagare il debito creato dalle gene-razioni precedenti. Sullo sfondo, una Lagarde che sta mostrando un buon senso tattico sfruttando con determinazione gli spazi politici apertisi tra i vari gruppi di paesi membri per ricalibrare un ruolo per il Fmi potenzialmente più assertivo nel teatro della crisi euro-pea. La sfida che per lei si pone, ora, avendo imboccato questa stra-da, è quella di declinare tutte le con-seguenze del caso, andando oltre le dichiarazioni di principio generiche o da pubblicazione specializzata. Per esempio, risulta indifendibile la posizione del Fmi sulla politica fisca-le tedesca che gli alti funzionari hanno, invece, nuovamente ribadito “essere appropriata”, nonostante la Germania sia prossima al pareggio di bilancio, abbia un debito pubblico che, in rapporto al pil, è il più basso tra le quattro economie sistemiche dell’Eurozona e, al contempo, il tas-so di crescita più elevato del gruppo. Analogamente, non è passato in sordina per gli osservatori extra-europei che il surplus nell’avanzo corrente della Germania ha superato quello della Cina, sia in termini asso-luti che in rapporto al pil (5,4 per cento contro il 2,3). Così facendo, l’economia di Berlino continua a “sottrarre” domanda all’Europa a causa del suo eccesso di risparmio in un contesto, tuttavia, in cui mag-giori esportazioni verso il mercato tedesco mitigherebbero gli effetti del consolidamento fiscale della perife-ria europea. Soprattutto se si consi-dera che i costi in termini di crescita si sono rivelati, appunto, più alti di quanto inizialmente previsto. Tratto da : www.ilfoglio.it/ ________________________________

Segue - Società e cultura ________________________________

Regali, voli e soldi per il dentista: nei guai il ras "tedesco" di Bolzano La Corte dei conti indaga sugli ac-quisti privati del presidente della Provincia autonoma, Durnwalder. Che si difende: "Ricevo anticipi, poi compensiamo" di Cristiano Gatti 21 ottobre 2012 Adesso l'Italia è davvero unita, dalla Sicilia all'estremo Nord alpino: la Corte dei conti ha appena annesso al nuovo Stato unitario, fondato sulle inchieste per spese allegre e sprechi personali, anche l'Alto Adige, che poi è la provincia di Bolzano, ultimo paradiso terrestre rimasto in questa valle di lacrime. Nel mirino dei controllori c'è sua maestà Luis Durnwalder, sovrano assoluto e indiscusso tra gli ameni villaggi del Sud Tirolo (vietato nel

reame chiamarlo Alto Adige: sa troppo d'Italia, puah).Il procuratore contabile Robert Schuelmers, ac-compagnato dalla Guardia di finan-za, si è presentato direttamente ne-gli uffici del governatore filo-austriaco (per sua fiera e reiterata ammissione), chiedendo i faldoni di una specifica voce nel sontuoso bi-lancio altoatesino (entschuldigen, sud tirolese): il fondo personale del presidente. Si tratta di 72mila euro all'anno che il capo del governo lo-cale può gestire a proprio piacimen-to, «anche se è evidente - spiega il procuratore - come i soldi vadano comunque spesi nell'ambito dell'atti-vità istituzionale».

È proprio su questa sottile distinzio-ne, tra dotazione personale e utilità pubblica, che si fonda l'accertamen-to. Secondo alcuni esposti presenta-ti alla Corte dei conti, Sua Maestà sarebbe caduto nel personalissimo. Lo zoom va a fissarsi in particolare sulla festa di compleanno organizza-ta per Durnwalder il 24 settembre dell'anno scorso, a Castel Tirolo, cinquecento invitati adoranti, spesa totale intorno ai 40mila euro: e va bene che i 70 anni arrivano una vol-ta sola, ma dato l'impegno è anche il caso di dire per fortuna.Ad ogni mo-do, la posizione della Corte è molto chiara: se il presidente ha sempre messo di tasca sua, liberissimo. Se invece risultasse che ha pescato nel fondo personale - personale per la personalità politica, non per la per-sona - allora tutti i discorsi cambie-rebbero. Diventerebbe molto sem-plicemente peculato, cioè distrazio-ne di denaro pubblico, cioè reato penale da passare subito alla Procu-ra della Repubblica per il relativo procedimento.Inutile specificare co-me Sua Maestà sia a dir poco imbu-falito. Si imbufalisce per molto me-no, anche per i semplici rilievi della polemica politica, figurarsi con la Finanza in casa. «È un attacco of-fensivo e ingiustificato», tuona men-tre parte subito al contrattacco, di-mostrando così che non sarà per niente italiano nel sentire e nel vive-re la nostra bandiera, ma che lo è pienamente nei modi e nei toni del più classico politico.Replica la Corte dei conti bolzanina, sempre per boc-ca di Schuelmers: «Dai registri sem-bra trapelare uso di denaro per spe-se dentistiche, biglietti aerei di un viaggio a Vienna con la compagna (pellegrinaggio alla capitale, ndr), regali di Natale, canone tv, assicu-razione auto, tasse sulla casa. È ancora tutto da chiarire e da rico-struire. Si tratta di indagare su un'e-ventuale commistione tra privato e pubblico».È comunque una bruttis-

sima botta per il mito dell'intramon-tabile patriarca, che dico patriarca, per il demiurgo di questa invidiatis-sima riserva ancora formalmente italiana, costata ai nostri bisnonni anche parecchio sangue, ma in e-poche recenti sempre più impegnata in uno strisciante allontanamento, nell'indifferenza generale (le regole sono chiare: per chi sceglie d'essere di lingua tedesca ci sono case, lavo-ro e incentivi, per chi sceglie la lin-gua italiana si fatica persino a trova-re una scuola, ormai). Abituato da sempre a un trattamento in guanti bianchi da parte dello Stato centrale, amato nel suo feudo per gli anacro-nistici privilegi strappati all'Italia zer-bina, improvvisamente Durnwalder si ritrova accomunato alla politica furbona dell'odiosa penisola. Non è facile incassare il colpo. Difatti non lo incassa. Minacciando a sua volta azioni legali, spiega così alle agen-zie la linea di difesa: «Non ho usato un euro per spese private. Solita-mente la segretaria anticipa i soldi, poi a fine mese si fanno i conti e le spese vengono registrate. Le mie personali a quel punto vengono de-tratte». Da come la racconta, even-tualmente si può parlare soltanto di soldi a prestito. Va capito. In fondo guadagna solo 25.620 euro netti al mese. Obama ne guadagna 23.083, ma guidare l'America non è come governare il Sud Tirolo. Tratto da : www.ilgiornale.it/

Osservazione… Tutto il mondo è paese si dice! ________________________________

Repubblica I cassieri infedeli di Castelporziano Sentenza della Corte dei Conti: tra il 2002 e il 2008 la cassaforte della tenuta usata come un bancomat di Michele Marangon 7 ottobre 2012 Prime condanne della magistratura contabile per la vicenda degli am-manchi dalle casse della tenuta di Castelporziano. Sperperi e appro-priazioni indebite compiuti in barba a due presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Na-politano: è l'accusa rivolta a Gaeta-no Gifuni, ex potentissimo segretario generale del Quirinale, eminenza grigia a servizio delle più alte istitu-zioni del Paese, il nipote Luigi Tripo-di, Alessandro De Michelis, Giorgio Calzolari, Paolo di Pietro e Gianni Gaetano. Tutti coinvolti nello scan-dalo della gestione di Castelporzia-no, la tenuta estiva del capo dello Stato, utilizzata tra il 2002 ed il 2008 come una specie di bancomat per le spese e il tornaconto personale dei cinque funzionari. Il danno alle cas-se pubbliche è stato calcolato in 4,6 milioni di euro.

Il processo in corso a Roma a vario titolo per abuso d'ufficio, peculato, truffa, falso materiale e falso ideolo-gico ha fatto già registrare la con-danna del cassiere Gianni Gaetano (cinque anni di reclusione patteggiati e ridotti a due con l'indulto). In atte-sa della definizione delle altre re-sponsabilità nell'ambito della truffa, la Corte dei conti del Lazio ha con-cluso il primo grado di giudizio pro-prio nei confronti di Gaetano e dell'altro cassiere contabile Paolo Di Pietro, condannandoli complessiva-mente a restituire 1,4 milioni di euro alla presidenza della Repubblica. Tra le due viene considerata più grave la posizione di Gaetano, che versava il denaro della tenuta sul conto del centro ippico di cui era presidente. Come emerge dalla sentenza nume-ro 894/2012 della sezione giurisdi-zionale del Lazio, Gaetano e Di Pie-tro «nella loro qualità di cassieri con-tabili della tenuta di Castelporziano, si sono appropriati della somma di euro 4.631691,96 avendo la dispo-nibilità delle chiavi della cassaforte e del conto corrente aperto presso la Bnl, sportello presso la presidenza della Repubblica, in esecuzione di un unico disegno criminoso nel peri-odo 2002-2008 che è consistito nella appropriazione dei fondi pubblici destinati alla tenuta, mediante un continuo prelievo di somme con im-porti diversi dalla cassaforte danaro della tenuta medesima». Un meccanismo facile e banale, come ricostruisce la Corte: «A ogni prelievo, che avveniva per uso per-sonale e al di fuori di ogni finalità pubblica, corrispondeva talvolta l’apposizione sullo sportello della cassaforte di un biglietto sul quale veniva annotata la somma preleva-ta, somma a fronte della quale in alcuni casi il prelevante forniva in un secondo momento un documento giustificativo di spesa (fattura) onde consentire la formale contabilizza-zione dell’uscita, e in ogni caso, al fine di mascherare le indebite uscite, la redazione di un fascicolo contabi-le mensile della tenuta (contente, tra l’altro, mastro cassa, mastro banca, stampa controllo prima nota e stralci del libro giornale) inviato periodica-mente per il controllo al servizio ra-gioneria del segretariato». I due cassieri contabili dovranno rifondere le casse del Quirinale in questa misura: a Gianni Gaetano è attribuito un risarcimento di 954.222 euro, a Paolo Di Pietro 477.000, cioè un terzo del suo superiore. Altra brutta vicenda di uso improprio di denaro pubblico, stavolta senza farsi nemmeno scrupolo della massima carica dello Stato. Tratto da : http://roma.corriere.it/

[email protected]

Page 5: ARALDO - 10-2012 - Novembre

5

Napolitano si Monarchia no… (Continua dalla prima Pagina) sentite certo, dalla Costituzione, ma assai spinto e non democratico, normalmente fa parte della linea di pensiero che ha condannato e con-danna tutt’ora l’operato del Re Sol-dato… questo lo dobbiamo come italiani per onore della verità e dell’evidenza a questo grande Re! Torniamo quindi al nostro quesito iniziale : direi che un Sovrano costi-tuzionale, non l’avrebbe fatto, ricer-cando in Parlamento una soluzione democratica. Nell’estate dell’anno passato, queste scelte erano possi-bili, ma andavano chiaramente ca-nalizzate da una figura sopra alle parti, e non di parte come è chiara-mente il Presidente Giorgio Napoli-tano.

Appurato questo però, immaginiamo che un Sovrano fantasioso e un tan-tino spregiudicano, imbocchi la via “Napolitano”… apriti cielo, si sareb-bero levate ole di oche starnazzanti invocanti al sopruso di un Re cattivo, fuori dalle regole e dal tempo, da detronizzare quanto prima e amenità varie. Un film già visto decine di vol-te, che ha per attori gli stessi inter-preti che, dalla rivoluzione francese in avanti, hanno ucciso, violentano, truffato e ingannato il popolo in no-me della “libertà, uguaglianza e le-galità”. Questo avventato Sovrano sarebbe stato costretto a fare marcia indietro certamente, ma la mia ri-flessione dopo questo lungo pream-bolo, giunge finalmente a segno: supponendo che “voglio, posso e comando” questo Re fosse effetti-vamente nella condizione di nomina-re un non eletto a Presidente del Consiglio, avrebbe scelto il Profes-sor Mario Monti ? La scelta di questo nome da parte di Napoletano non è un caso, e per quanto Monti potesse avere la giu-sta autorevolezza, il Presidente avrà preso questa decisione sulla base di intenzioni programmatiche dello stesso Professore, sui tempi e i mo-di quindi di intervenire sui problemi del momento! Siamo così giunti al punto di parten-za e di arrivo della riflessione… Una Corona, che si regge sull’appoggio popolare dovuto al suo gradimento

generale, non avrebbe potuto opera-re mai la scelta fatta da Giorgio Na-politano, perché tutti gli interventi del Professor Mario Monti (per nulla e-qui) sono andati a gravare sulle spalle delle classi più numerose del popolo. Questa è la verità! L’imminente nuovo Disegno di legge che andrà a ridurre (addirittura re-troattivamente) le detrazioni fiscali in favore delle famiglie, per fare solo l’ultimo esempio di una lunga serie, è un intervento vergognoso, che un Sovrano non avrebbe consentito, perché sarebbe stato contrario (in ultima analisi) agli “interessi” stessi della Corona. Concludendo, una Monarchia può assicurare un livello di garanzie su-periori oggi e soprattutto domani, in questo mondo sempre meno attento ai deboli ed alle minoranze, di quan-to possa fare una effimera repubbli-ca. Questa infatti, con la mancanza di continuità che la contraddistingue, può permettersi di trarre forza anche operando contro il popolo. Al popolo italiano quindi, auguro di ritrovare presto le sue origini monar-chiche, affinché questa repubblica del malaffare possa essere final-mente messa a riposo in un museo, in modo che il ricordo dei suoi “fasti” serva da monito alle future genera-zioni. Tratto da : Opinionimonarchiche.com/

Politica interna

Grillo senza freni nei sondaggi sale al 21 per cento di Carlo Bertini 20 ottobre 2012 Ha tutte le carte in regola per esser definito un sondaggio choc, perché per la prima volta fotografa una real-tà finora temuta dai partiti, ma anco-ra mai certificata da un numero così dirompente: la Swg di Trieste asse-gna al Movimento 5 Stelle di Grillo un 21% tondo tondo, che colloca la forza politica del comico genovese sopra il Pdl (al 14,3%) e al secondo posto dopo il Pd (al 25,9%). E’ la rilevazione diffusa ieri ad Ago-rà, che vede gli altri partiti più o me-no stabili e la fiducia in Monti in leg-gero calo dal 39 al 37%. E da cui si evince che la crescita dei consensi grillini stavolta è a discapito Di Pie-tro, che perde l’1,5% dei consensi, al 4,3% rispetto ad una settimana fa, mentre l’M5S cresce appunto dell’1,6%. Saranno pure gli scandali che hanno coinvolto esponenti dell’Idv nel Lazio, saranno le inchie-ste lombarde e il caos che regna nel centrodestra, altro bacino di pesca in potenziale espansione; sarà pure merito del successo della campagna a tappeto di Grillo in Sicilia, dove

ogni sera le piazze traboccano. Fat-to sta che oggi i 5 Stelle sono il se-condo partito d’Italia, anche in diver-se rilevazioni più riservate fatte da altri autorevoli istituti. E se ha ragio-ne Roberto Weber di Swg a dire al Corriere Tv che quello di Grillo «è un partito spugna» come fu la Lega dei tempi migliori; un partito che se arri-vasse all’8% in Sicilia potrebbe tran-quillamente raggiungere il 21% su scala nazionale, allora le implicazio-ni sul piano istituzionale sarebbero molteplici. E le forze politiche già tremano. Solo a livello teorico, al primo partito di opposizione, chiunque vinca le elezioni, spetta indicare un suo e-sponente per la presidenza del Co-pasir, il comitato di controllo sui ser-vizi segreti; è vero che bisogna sia votato dalla maggioranza della commissione e che la scelta del nome non per forza debba cadere su un membro di questo o quel parti-to di opposizione; è vero che i 5 Stelle potrebbero subito tirarsi fuori da tutte le trattative e rinunciare ad ogni incarico istituzionale. Detto questo, la prassi parlamentare vuole pure che due vicepresidenze su quattro della Camera, stessa cosa al Senato, vadano alle opposizioni: oggi ad esempio i vice di Fini sono la Bindi del Pd e Buttiglione dell’Udc, oltre a Lupi e Leone del Pdl. E al Senato sono la Bonino e Chiti del Pd, oltre a Nania del Pdl e a Rosy Mauro della Lega. Quindi, sempre restando nell’ipotesi fissata dai sondaggi, anche Grillo potrebbe far eleggere uno dei suoi sugli scranni più alti, ma non solo: la prassi vuole che all’opposizione toc-chi anche un vicepresidente per o-gnuna delle 14 commissioni perma-nenti, la presidenza della Vigilanza Rai e quella delle giunte per le ele-zioni e della giunta per le autorizza-zioni. «Sono convinto che Grillo in prima battuta non accetterebbe nulla di tutto ciò - sostiene Osvaldo Napo-li, vice capogruppo del Pdl - perché se accettasse una vicepresidenza di Camera e Senato, si tarperebbe le ali per dar battaglia in aula e mettere in pratica ostruzionismi vari; stessa cosa avverrebbe con le vicepresi-denze delle commissioni. Ma non credo rifiuterebbe la Vigilanza Rai o le presidenze di quelle giunte. Certo se diventasse il secondo partito, la grande coalizione diverrebbe una scelta obbligata e si correrebbe il rischio di avere un Parlamento ingo-vernabile». Quelli che nel Pd da sempre tengo-no d’occhio tutti i sondaggi, come Paolo Gentiloni, non credono che Grillo arriverà secondo, «ma un par-tito anti-sistema con un risultato a due cifre, in un sistema tendenzial-mente più proporzionale, può avere una forza micidiale: può far eleggere una valanga di parlamentari che possono avere un’influenza deter-minante, tale da costringere tutti gli altri alla grande coalizione. Come si può frenare questa tendenza? Con la capacità di rinnovarsi dei partiti: il

Pd grazie alle primarie e indiretta-mente al ruolo di Renzi». E non sarà un caso se da giorni Renzi sia di-ventato il primo bersaglio di Grillo che lo definisce «il giovane-vecchio» e lo copre di simpatici epiteti come «ebetino inconsapevole, vuoto con il buco intorno»; salvo poi dire che «se si comporta bene valuterò la sua iscrizione al Movimento come attivi-sta: si sentirà a casa...». Tratto da : www.lastampa.it/ ________________________________

Idv, un partito a rischio estinzione? Viaggio nell'Idv, partito a rischio e-stinzione: dagli scandali sui fondi all'erosione del bacino elettorale. I sondaggi: Di Pietro al 4% di Domenico Ferrara 20 ottobre 2012 "Vogliamo essere un partito di go-verno". Antonio Di Pietro lo ripete costantemente, con ostentazione e convinzione. Ma, allo stato attuale, l'Italia dei Va-lori rischia di non entrare nemmeno in Parlamento. Gli ultimi sondaggi Swg certificano un crollo dell'Idv (che ha perso, in solo due settima-ne, il 2% dei consensi) direttamente proporzionale all'ascesa del MoVi-mento 5 Stelle. Grillo e Di Pietro, due leader, due amici che sono di-ventati inevitabilmente concorrenti. Ma la ventata di antipolitica, gli scandali e le diaspore interne hanno favorito il primo e inabissato il se-condo. Attualmente, il partito dell'ex pm si attesta al 4,3% e rischierebbe di rimanere alla porta del Transa-tlantico (sempre che non cambi la legge elettorale).

Cosa ha pagato Di Pietro? Gli scan-dali all'interno del suo partito, i bal-letti relativi alle primarie e alle alle-anze nel centrosinistra, i dissidi con la corrente più moderata. E altro ancora. L'indagine nei confronti del capogruppo dell'Idv alla Regione Lazio, Salvatore Maruccio (indagato per peculato e accusato di aver pre-levato a suo favore fondi dai conti del gruppo) ha inciso e non poco. E ha eroso parte della credibilità di Di Pietro nella battaglia per la traspa-renza e per la legalità. Ma il caso di Maruccio è solo la pun-ta dell'iceberg. Perché l'Idv non si può certo definire un partito "imma-colato" e avulso da ogni sospetto. Anzi. Tralasciando la questione dei transfughi e dei cambi di casacca -

Page 6: ARALDO - 10-2012 - Novembre

6

ché su questo Di Pietro pare abbia avuto la calamita - la lotta contro gli inquisiti non arriva da un pulpito ca-sto. Di recente, Marylin Fusco, vice-presidente della Regione Liguria, è stata indagata dalla procura di San-remo per abuso d’ufficio e violazione delle norme in materia di tutela am-bientale. Lo scorso giugno, il consi-gliere regionale della Campania, Dario Barbirotti è stato indagato per una presunta truffa nella gestione dei rifiuti (all'epoca dei fatti contesta-ti era presidente del Consorzio Ba-cino Salerno 2). Il consigliere provinciale di Bologna, Paolo Nanni, è stato indagato a feb-braio scorso per non aver restituito il pass invalidi della suocera, decedu-ta da due anni. Nell'ottobre 2011, a Bari, l'assessore al Contenzioso, contratti e appalti, Emanuele Pascul-li, è stato indagato (in merito a pre-sunte irregolarità di un appalto da 5 milioni di euro) e si è visto revocare l'incarico dal sindaco Emiliano. Come ha ricordato Filippo Facci su Libero, nel 2004, alle comunali di Foggia, Di Pietro ha appoggiato Ric-cardo Leone (Sdi) "che vantava condanne definitive per ricettazione, rapina continuata, resistenza a pub-blico ufficiale, violenza privata, furto continuato e furto in concorso, eva-sione, danneggiamento continuato e violenza privata continuata, oltre ad aver passato due anni in un mani-comio giudiziario". E Domenico Pa-dalino, altro candidato appoggiato (a sua insaputa) da Di Pietro, "vantava due condanne definitive per furto, oltraggio a pubblico ufficiale, inos-servanza dei provvedimenti dell'au-torità e resistenza a pubblico ufficia-le, oltre a essere indagato per porto abusivo d'armi". Paride Martella, ex presidente della Provincia di Latina, è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta su appalti truccati. Gustavo Garifo, capogrup-po provinciale dell’Idv di Genova, è finito in manette a ottobre per aver lucrato sugli incassi delle multe. An-drea Proto, consigliere comunale, reo confesso, ha incassato una con-danna a un anno e nove mesi per aver raccolto la firma di un morto. Solo per citare alcuni casi che poco collimano con la vigorosa battaglia contro i condannati in Parlamento, ché la lista potrebbe continuare. Senza considerare poi il figlio di Di Pietro, Cristiano, consigliere regio-nale a Campobasso, indagato per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Anche lo stesso Antonio Di Pietro è stato indagato in passato (la sua posizione è stata poi archiviata) per truffa in merito ai rimborsi eletto-rali all'Idv e per offesa al capo dello Stato. Ma l'ex magistrato, si sa, è politico animato di grande passione e spes-so scivola nelle esagerazioni e nell'irruenza verbale. Basti ricordare i vari paragoni ed epiteti che utilizzò nei confronti di Berlusconi premier: da Hitler a Mussolini, passando per Gheddafi, Videla e Saddam Hus-

sein. Un linguaggio offensivo che ha trovato validi emuli nel suo stesso partito, ché chi va con lo zoppo im-para a zoppicare. Come quel Fran-cesco Barbato che, pochi giorni fa alla Camera, auspicò il ritorno in campo di Formigoni e Scopelliti. So-lo che il campo concepito dall'espo-nente dipietrista era quello di con-centramento. E poi c'è la questione più politica e che ha visto mandare letteralmente in bambola il leader Idv. Che critica Bersani e poi lo corteggia. Che dice che non vuol rompere con lui ma allo stesso tempo attacca feralmente Monti. Che afferma di candidarsi a premier ma anche di partecipare alle primarie di coalizione. Che accusa Grillo di riproporre le sue idee salvo poi adularlo e avvertirlo che "se stai da solo questi ti fregano", dove per "questi" Di Pietro intende i partiti diversi dal suo. L'ex pm è riuscito pure a complicarsi la vita e a "crea-re" una corrente interna al suo parti-to. Una corrente moderata, che si oppone al machismo e all'ostruzio-nismo di Di Pietro e che vede in Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera, uno dei principali capo-fila. Pochi mesi fa, Donadi ha accu-sato il suo leader di "scondinzolare dietro Grillo", di "mandare tutto al macero" e "di tradire la storia del partito". E oggi, la frattura non si è sanata, dal momento che al Fatto-quotidiano Donadi ha dichiarato che "alle primarie andrà a votare per Bersani". Per risalire la china, a Di Pietro non resta che percorrere la strada da lui annunciata: togliere il suo nome dal simbolo del partito. Non si sa mai che così facendo qualcuno torni a votare Idv... Tratto da : www.ilgiornale.it/ ________________________________

Cattolici e buona politica, ma in quale contenitore? di Angelo Picariello 20 ottobre 2012 Alla fine la sintesi la fa Carlo Costal-li: il processo di nuovo protagonismo dei cattolici in politica va avanti. Da-rio Antiseri lo incalza partendo dalla filosofia per arrivare alla praticissima constatazione di un Paese in cui «la Caritas distribuisce 7 milioni di pa-sti» per cui, senza il contributo della Chiesa «saremmo al tracollo con le piazze invase da accattoni». In altre parole: se l’Italia sta in piedi sulla generosità delle famiglie e dei cattolici perché lasciare l’iniziativa alle oligarchie economico-mediatiche? Insomma, si informa Antiseri, «lo fate o no questo parti-to?». Il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori non si nascon-de: « A Todi andremo avanti con chi ci sta», assicura Costalli chiudendo il convegno "Democrazia e nuovi poteri", organizzato con la Fonda-zione Europa popolare. Quanto alla

forma del contenitore partito/non partito e all’eventuale convergenza con sensibilità diverse il dibattito, però, resta aperto: «Vogliamo esse-re interlocutori della politica, ma non escludo che da Todi 2 possa uscire la proposta di un’aggregazione parti-tica e che il segretario della Cisl Raf-faele Bonanni, che concluderà i la-vori, possa lanciare una proposta in tal senso», anticipa Costalli.

Questo incontro organizzato dall’Mcl è lo specchio del dibattito serrato che attraversa in questo momento il laicato cattolico. Tutti concordi sull’esigenza di un nuovo impulso dare all’impegno sociale e politico rispondendo affermativamente, an-che alla luce della crisi economica e istituzionale che l’Italia attraversa, all’appello più volte lanciato dal Pa-pa e dai pastori a una «nuova gene-razione» di impegno sociale e politi-co. Ma ecco Lorenzo Ornaghi che avverte: «Parlare oggi di partito dei cattolici è fuori della storia, se stare nella storia vuol dire starci con pro-babilità di successo». Resta però il problema di una mag-giore incidenza: «I cattolici - convie-ne il ministro della Pubblica Istruzio-ne - devono chiedersi quale sia la forma aggregativa rilevante, quale il tessuto connettivo». Ma la frammen-tazione in più schieramenti, più che una limitazione, per Ornaghi «può essere anche un’opportunità». Oc-corre innescare però «una fase co-stituente», che veda i cattolici prota-gonisti «attraverso una convergenza di credenti e non credenti. Occorre - conclude il ministro dell’Istruzione - saper cogliere l’evento che passa. Saper cogliere la fortuna, diceva Machiavelli, anche se io parlerei di Provvidenza e di audacia nel saper-ne interpretare i segni». Ma l’audacia per Antiseri deve spin-gersi fino a pensare a un partito. «Attenzione alla diaspora- dice il filosofo della Luiss -. Alla grande vivacità e generosità del mondo cat-tolico ha fatto riscontro un difetto dell’intellighenzia cattolica. Come hanno potuto dei cattolici votare questa legge elettorale?», si chiede Antiseri. Il rischio di dar vita a una «riserva indiana» non lo vede, semmai c’è - a suo avviso - il con-cretissimo rischio, per i cattolici, di fare le riserve indiane all’interno dei vari partiti «servendo i padroni di partiti ormai putrefatti». Di sicuro c’è un vuoto della politica da riempire, ora occupato non tanto e non solo dalla cosiddetta anti-politica, quanto «dall’agglutinarsi di interessi - denuncia Cesare Mirabelli - e dalla creazione di meccanismi antidemocratici cui il mondo della

comunicazione non è estraneo». E questo nuovo protagonismo dei cat-tolici, sostiene il presidente emerito della Consulta, non può che partire dal basso, «mettendo insieme soli-darietà e sussidiarietà». Tema, questo, il protagonismo che parte dal basso, su cui si sofferma il costituzionalista Luca Antonini, se-gnalando il rischio di «un nuovo cen-tralismo», che archivia anche «le eccellenze del federalismo» dopo gli scandali emersi nelle regioni. «Ser-ve un Senato Federale - chiede An-tonini - per superare il federalismo-bancomat e passare a quello della responsabilità». Tutti temi che domani e lunedì entre-ranno nel dibattito a Todi. I lader politici non ci saranno. E Costalli avverte anche per l’Udc: «Se Casini non scioglie il suo partito, o non av-via un profondo rinnovamento, ri-schia anche lui la rottamazione». Tratto da : www.avvenire.it/ ________________________________

Europa pozzo senza fondo All'Ue 16 miliardi l'anno e ce ne tor-nano solo la metà Nel 2011 l'Italia è stata il terzo pae-se contribuente dell'Unione, dopo Germania e Francia. Una voragine che nemmeno l'aumento dell'Iva potrà colmare di Franco Bechis 16 ottobre 2012 Nel primo semestre del 2012 l’Italia ha ricevuto 3,7 miliardi in meno di quanti ne abbia accreditati al bilan-cio dell’Unione europea. Nel 2011 l’Italia ha versato nelle casse dell’Unione europea la bellez-za di 16,2 miliardi di euro, la somma più alta degli ultimi anni. In cambio ha ricevuto i famosi fondi strutturali, che spesso vengono poi persi per i ritardi delle Regioni e degli enti locali nell’utilizzo. Le entrate italiane dall’Unione europea non solo sono a rischio, ma sono state nel 2011 circa la metà delle uscite. Nella partita con l’Unione europea l’Italia ha per-so 7,5 miliardi di euro, un miliardo più di quanto non incasserà ora dai cittadini aumentando l’Iva di un pun-to sia nella aliquota massima (dal 21 al 22 per cento) che in quella inter-media (dal 10 all’11 per cento). Una voragine che continua, visto che nel primo semestre del 2012 l’Italia ha ricevuto 3,7 miliardi in meno di quanti ne abbia accreditati al bilan-cio dell’Unione europea. Certo, il governo italiano può mettersi una mostrina sul petto, perché perdendo miliardi di euro ogni anno l’Italia può dire di essere fra i nove contribuenti netti dell’Unione europea (quelli che pagano più dei benefici ricevuti), piazzandosi addirittura al terzo po-sto, dietro la Germania e di una sola incollatura dietro la Francia. Tratto da : www.liberoquotidiano.it/

Page 7: ARALDO - 10-2012 - Novembre

7

La crisi strutturale non è risolta, forse si dovrà rivedere l’Euro di Antonio Pilati 21 ottobre 2012 La promessa estiva della Bce di ac-quistare in quantità debito pubblico degli Eurostati pericolanti in modo da frenare la corsa dei rendimenti, ormai giunta a soglie disgreganti, ha ottenuto l’effetto richiesto: i mercati si sono raffreddati e, grazie al con-corso anche di altri fattori (la sen-tenza della Corte di Karlsruhe, la vittoria dei partiti europeisti nei Paesi Bassi), si è comprato tempo prezio-so. Ma tempo per fare cosa? A prima vista appaiono almeno tre urgenze alle quali si può applicare il tempo guadagnato. L’urgenza più evidente riguarda la meccanica isti-tuzionale dell’euro: come coordinare la moneta unica sia con un sistema bancario vigilato su scala nazionale e anzi sempre più funzionante – causa crisi – in tale dimensione sia con 17 debiti pubblici differenziati per storia struttura e grado di fiducia ma comunque in crescita. La secon-da urgenza è centrata sulle dinami-che dell’economia: gli squilibri fra i diversi paesi aumentano quando i tassi di interesse continuano a diva-ricarsi e in un solo punto si concen-tra, togliendo domanda alle altre economie euro, un grande surplus (la Germania genera un avanzo su-periore a quello della Cina sia in termini assoluti sia in rapporto al pil: 5,4 per cento contro 2,3 per cento). Tutto ciò porta al risultato controin-tenzionale di una moneta unica che amplia l’eterogeneità dell’area in cui è utilizzata. La terza urgenza ha va-lenza politico-istituzionale e si collo-ca al rango di metalivello: il suo te-ma è l’articolazione fra elementi e organi del complicato sistema istitu-zionale europeo (area a 17, area a 27 e poi a 28, Bce, Esm, Commis-sione, Consiglio), la selezione dei decisori di configurazione (chi stabi-lisce le modifiche da apportare all’architettura di sistema, come vie-ne scelto, a chi risponde), l’aggancio alle dinamiche di scelta della demo-crazia. Per ora corre la liquidità della Bce, ma nel film delle riforme istituzionali cominciano appena a scorrere i titoli di testa. Gli accordi sul funziona-mento del fondo salva-stati Esm so-no rimessi in discussione poche set-timane dopo essere stati varati. La scelta di affidare alla Bce una pene-trante vigilanza bancaria non ha an-cora definito il proprio raggio d’azione (tutti gli istituti o solo i mag-giori), suscita dissenso negli Stati Ue non euro e sembra avere tempi lunghi di rodaggio. La Tobin Tax sconta l’ostilità britannica e introdu-ce una ulteriore differenza nell’assetto delle attività finanziarie in ambito Ue. Il Regno Unito sceglie così di ritirarsi ai margini dei proces-si di integrazione e marca distanza

dalle istituzioni Ue: per farlo nega l’adesione al maxi-budget plurienna-le proposto dalla Commissione. Infi-ne il nesso stringente che lega gli aiuti Esm a condizioni vincolanti re-lative alle strategie di bilancio degli Stati riceventi crea incertezza e au-menta la turbolenza politica: la per-dita di sovranità implicita nell’accettazione delle condizioni provoca in Spagna (ma anche a Ci-pro) instabilità, lacerazioni sociali, traccheggiamenti e tempi lunghi. In Grecia la pièce ha già avuto molte repliche (durano ancora: si discute con quali tempi uno Stato fallito debba applicare misure di rigore), in Italia si sa che prima o poi sarà in cartellone e sotto traccia si ragiona sulla messa in scena (e sull’ampiezza dei guai che l’accompagnano).

In una fase politica che richiede pro-getti inclusivi a lungo raggio e rapidi-tà di riflessi decisionali prevale lo stile collaudato della politica euro-pea: tempi diluiti da rinvii e ripensa-menti, arabeschi tattici, rimpalli tra istituzioni, dominio degli interessi di breve respiro. Il tempo comperato rischia di sfrangiarsi in una rincorsa di date falsamente cruciali: elezioni americane, avvio formale dell’Esm, elezioni italiane e poi tedesche, av-vio operativo dell’Esm. Non è indo-lenza politica o scarsa visione dei decisori, come spesso si dice con formule consolatorie: al fondo stan-no ruvidi grovigli che legano l’azione europea da oltre dieci anni (all’inizio del secolo l’agenda di Lisbona ave-va l’ambizione di trasformare quella europea nell’economia più competi-tiva del mondo entro il 2010). A pri-ma vista si scorgono divergenti inte-ressi geostrategici degli Stati, opi-nioni pubbliche ripiegate sulla di-mensione nazionale o regionale, calcoli di politique politicienne fatti dai partiti e dai leader. A uno sguar-do attento si rivelano divaricazioni strutturali nell’assetto dell’area eco-nomica definita dalla moneta comu-ne e soprattutto ostacoli demografici di lungo periodo: i modelli di Welfare cui da mezzo secolo è abituata la gran parte dei cittadini europei non hanno chance di mantenersi con gli attuali decorsi della natalità (costan-te calo) e delle aspettative di vita (esplosiva crescita). La prima e maggiore divergenza strategica apportata dalla crisi ri-guarda la Germania: essendo l’unico fra i grandi paesi europei che già prima del 2007 aveva (in parte) messo a posto i conti pubblici e mi-

gliorato la produttività, è anche il solo a ottenere vantaggi rilevanti dall’incertezza dei mercati: mentre gli altri stati, soci e/o rivali, finiscono a terra o in gravi difficoltà, la Ger-mania si qualifica come l’unico sog-getto forte e affidabile dell’eurozona guadagnando afflussi di capitale (provenienti soprattutto dal dissesta-to orlo mediterraneo), tassi di inte-resse azzerati, stabile primato politi-co nelle istituzioni dell’Unione. Una tale condizione agevola il consegui-mento di quell’obiettivo di lungo ter-mine (stabilizzare un’economia qua-si-continentale con forte marca ger-manica) che a Berlino risulta prima-rio da quando la rivoluzione digitale, che minimizza tempi e costi di tran-sazione, e l’emergere dei mercati globali, che ne è l’effetto connesso, hanno reso la dimensione un fattore determinante (come gli Usa anche i Bric hanno, uno per uno, larghissima stazza). Per la Germania, che da tempo focalizza la sua strategia e-conomica su Cina e Russia anche a costo di tensioni con gli Stati Uniti, un’area di comando politico e mone-tario è un mezzo cruciale per avere peso su scala mondiale e porsi co-me interlocutore paritario. E’ norma-le in politica trarre da una situazione favorevole tutti i vantaggi possibili e posporne, per quanto si riesce, la fine; una buona crisi, se si sta dal lato giusto, offre eccezionali oppor-tunità: spezzoni del sistema indu-striale o finanziario dei Paesi deboli offerti in saldo; guida ideologica raf-forzata grazie all’esempio; classi dirigenti estere facilmente fidelizza-te. Non è difficile spiegare in una congiuntura di questo tipo i rinvii, gli accordi fatti e poi volatilizzati, i ri-pensamenti: tutto ciò che prolunga uno stato di sofferenza (per gli altri) e di utile (per sé) ha significato. Nella divergenza delle strategie la Francia si colloca dallo stesso lato della Germania: l’illusione di un co-mando continentale alla pari (Hol-lande, che la sera stessa dell’insediamento vola a Berlino con-trastando i fulmini, non è in ciò di-verso da Sarkozy) conta più dell’aggravio dei costi da crisi che lo sbilenco assetto dell’eurozona fa pesare anche su Parigi. Dal lato de-gli svantaggiati si collocano invece, a gradi diversi, il Regno Unito, con la parte non euro del Nord e dell’Est, e i paesi euro del Mediterraneo. L’area non euro patisce su di sé vincoli (vi-gilanza bancaria) pensati da altri e, in varia misura, ricadute recessive: i britannici, che hanno più chance di reazione, accelerano sulla via del distacco, gli altri si mettono in aspet-tativa. I paesi del Mediterraneo, che vivono una recessione specialmente pesante a causa di remoti difetti strutturali e la aggravano con misure di rigore da applicare a tempi stretti, sono i principali sconfitti: perdono autonomia e dignità politica, pati-scono una rapida contrazione del sistema industriale e finanziario, ve-dono separarsi dalle classi dirigenti gruppi sempre maggiori di cittadini. Anche qui sono naturali resistenze, diversivi, finzioni: la confusione ge-

nerale deriva, alla fine, dal divario fra intenti dichiarati (per lo più nobili) e azioni concrete (di egoistico reali-smo). Le opinioni pubbliche pesano: con l’Europa che sempre più nella men-talità collettiva dei vari paesi si as-socia alla recessione, i programmi di riparazione degli assetti istituzionali, di solito delineati come progresso dei processi di integrazione, sono sempre più difficili da vendere. Giu-liano Amato, citando Delors, sostie-ne che l’Europa è sempre andata avanti “con una maschera sul viso”, ovvero con i leader politici che ce-devano sovranità nazionale senza dirlo ai propri elettori (nazionali); ora però l’opinione pubblica, toccata sul vivo, si è fatta attenta e da una be-nigna indifferenza sta passando a un attivo rigetto. L’astuzia della ma-schera non funziona più, la pressio-ne sui leader si è fatta acuta e tutti, in vista delle elezioni, difendono solo interessi percepibili nell’immediato. I grovigli strategici ed elettorali non si risolvono con la buona volontà o con la fantasia: a renderli intricati e intrattabili sono fattori strutturali. Si combinano, intrecciandosi sotto la pressione del debito, i difetti di im-pianto dell’euro e l’affanno contabile dei sistemi pubblici. L’eurozona si è rivelata, sotto il fuoco della crisi, una costruzione a somma zero, il contra-rio di un’idea win-win: se guadagna-no i tedeschi, che giocano in casa (il modello con cui ci si misura l’hanno montato loro), perdono italiani e spagnoli. In un’area a moneta unica, caratterizzata da forti divari di pro-duttività e di efficienza istituzionale tra i paesi componenti ma priva di una gestione comune del debito so-vrano, i paesi debitori, pressati da un cambio troppo alto (trainato dalle economie forti) e compressi da un debito che il mercato rilutta a finan-ziare (se non a prezzi esosi), vedo-no le proprie economie precipitare per mancanza di ossigeno in una spirale al ribasso, mentre i paesi creditori allineano afflussi di capitale (in uscita dai debitori), tassi di inte-resse favorevoli e quindi competitivi-tà in crescita. Economie che si diva-ricano faticano nel tempo a mante-nersi in un ambito comune: nell’attuale architettura dell’euro il debito, che nella crisi catalizza sfi-ducia, diventa il reale fattore disgre-gante in quanto, amplificando le spinte dei fondamentali, indirizza economie disomogenee, che in tempo di crescita e quindi di fiducia possono muoversi in parallelo, su percorsi divergenti. Il dato drammatico è che oggi – e ancor più nei prossimi anni – la de-mografia sospinge il debito pubblico. Sanità e previdenza scricchiolano non solo per l’allungamento della vita e il calo di natalità ma anche per le crescenti differenziate (e costose) chance di cura. I percorsi di vita di-ventano sempre più variegati e complessi: la taglia unica del Welfa-re pubblico non è più adatta a una popolazione molteplice e con le sue disfunzioni espande la spesa (in

Page 8: ARALDO - 10-2012 - Novembre

8

tendenza sempre meno alimentata da lavoratori giovani). Riorganizzare il Welfare, con dosi crescenti di mer-cato e di scelta individuale, è un’operazione complicata e lunga che nel breve periodo non darà ef-fetti – anzi aumenterà forse il carico del debito. Il tempo comperato dalla Bce non durerà per molto: a inizio anno l’ingente iniezione di liquidità effet-tuata con la Ltro ha creato effetti sui mercati, raffreddando i rendimenti, per poco più di tre mesi. La reces-sione si volgerà, come prevedono al Fmi, in una durevole stagnazione (forse un lustro) che ha nell’eurozona il suo epicentro. Con il debito come variabile cruciale, il gio-co combinato dei fattori (meccanica perversa dell’euro, demografia osti-le, stagnazione prolungata) tiene i paesi deboli del Mediterraneo sull’orlo del disastro. George Soros, Martin Wolf, Charles Dumas sono convinti che i danni derivanti da una difesa prolungata – e alla fine pro-babilmente vana – di una moneta sbagliata nell’impianto siano supe-riori ai costi di una rapida separazio-ne consensuale. Per l’Italia il tema è decisivo e un errore strategico può condizionare i prossimi vent’anni: nel 1992 una difesa del cambio oltre i limiti del ragionevole ebbe esiti drammatici. Tratto da : www.ilfoglio.it/

Nota della Redazione La fila dei contrari e di chi, un pochi-no alla volta si sta ricredendo sulla costruzione Europea e soprattutto della moneta unica si allunga sem-pre più… Saranno tutti dei cretini ?

L’opinione di…

Corruzione, repubblica e saggezza popolare di Alberto Conterio 9 ottobre 2012 Con fa fine del federalismo legaiolo, affogato nell’insaziabile corruzione di localismi e autonomie poco vir-tuose, ho la speranza che il partito degli anti-unitari, che vedeva nume-rosi rappresentanti in tutte le forze politiche nazionali, abbia fatto ormai il suo tempo. Costoro, negli ultimi vent’anni, ricalcando le orme di Cat-taneo, non hanno fatto che danni ai cittadini e al nostro Paese. Nonostante ciò, lo stereotipo secon-do cui, al sud si ruba, mentre al nord si lavora, ci accompagnerà ancora per anni, con la sua penosa scia di luoghi comuni e polemiche. Abbiamo comunque appurato, che in questa Italia repubblicana si ruba a più non posso, dalla Vetta d’Italia a Pantelleria senza scrupolo alcuno,

e così, mi sembra corretto fare alcu-ne considerazioni sul merito. Partirei dalla Sicilia per un ipotetico volo d’uccello a risalire la penisola, in quanto il Governo del “tecnico” Monti, ha recentemente rifornito le casse ormai vuote del dimissionario Presidente Lombardo con novecen-to milioni di Euro, che serviranno alle spese vive di gestione, permet-tendogli di pagare almeno gli stipen-di ai suoi numerosissimi dipendenti. La Regione Siciliana infatti, è la re-gione italiana con il più alto numero di dipendenti pubblici. Pur essendo curioso di poter effettuare un con-fronto diretto con una delle due Pro-vince autonome di Trento e Bolzano, rapportando i dipendenti pubblici al numero dei cittadini residenti, resto concorde che questa elargizione di denaro sia una vergogna che stento a credere appartenga ad un Gover-no tecnico appunto, come si vuol far credere.

Nel Lazio, sappiamo oggi cosa ac-cadeva abitualmente. Nei dintorni di Roma infatti, i festini e i banchetti sono come un tempo, ancora assai di moda presso una casta politica di intrallazzatori che si credono al di sopra della Legge : “(…) sono soldi che mi spettavano di diritto” ha avu-to il coraggio di dichiarare il Consi-gliere Fiorito, quando è stato inter-rogato dalla Guardia di Finanza sugli indebiti prelievi ! Continuando il nostro viaggio verso le Alpi, potremmo fermarci in Emilia, in Veneto, anche in Piemonte, ma preferiamo fotografare il “sistema” Lombardo (…che coincidenza l’omonimia con il nome del Presi-dente della Regione Siciliana vero?) dove le indagini stanno portando in evidenza una serie infinita di illeciti. Corruzione e appropriazioni indebite di ingenti somme di denaro pubblico per interessi personali di moltissimi esponenti politici locali, da destra a sinistra transitando per i duri e puri della Lega Nord naturalmente. E se è vero, che il settentrione d’Italia è sempre stato più progredito del mezzogiorno, troviamo conferma anche in questo vergognoso argo-mento… Al sud siamo rimasti al clientelismo che permette migliaia di dipendenti pubblici pronti al voto politico per rieleggere i propri “bene-fattori”, mentre al nord l’evoluzione dalla prima alla seconda repubblica è servita a darci la cognizione e la libertà di poter far man bassa per

interesse personale esclusivo. Ciò rientra comunque nella normalità di una repubblica, che nata da una frode, si è evoluta passando da un prima ad un dopo “manipulite” , sen-za cambiare i suoi valori fondanti di riferimento, rivalutandoli semplice-mente al nuovo “ambio”. Insomma, si rubava prima e si è continuato a rubare (di più) anche dopo manipuli-te. I risultato sono sotto agli occhi di tutti, e non si possono smentire ! Il minimo comune denominatore di questa vergognosa situazione, resta quindi la repubblica, che come isti-tuzione, si presta meglio di altre alla corruzione generalizzata e senza controllo, dove i cittadini restano indifesi alla mercé dei più furbi ! A coloro che conoscendomi, sorri-dono con sufficienza sapendomi orgogliosamente monarchico, ri-spondo che l’antica saggezza popo-lare, sintetizzata nei proverbi e nei modi di dire tipici dei diversi luoghi d’Italia, conferma le mie opinioni sull’argomento. Da noi in Piemonte, che di repubblica avevamo già dovu-to soffrire quella imposta dalle baio-nette francesi, vi sono due modi di dire molto eloquenti che servono al caso. Il primo evidenzia una situazione di caos o di chiassoso disordine e-sclamando : “ma è una repubblica !”, mentre il secondo, ancor più chiaro, era utilizzato per identificare un pro-dotto di scarto, di avanzo, comun-que di evidente seconda scelta… veniva infatti chiamato “repubblica” il contenuto del secchio degli scarti (fondi di salame, croste di formag-gio, ossi disossati ecc.) che il salu-miere teneva nascosto sotto al ban-cone del negozio, che per pochi sol-di, poteva essere acquistato a peso, per integrare l’alimentazione dei maiali ! Tanto è, e tanto andava scritto in proposito. Desideriamo cambiare l’attuale ver-gognosa situazione di diffusa illegali-tà ? Ricordatevi di queste riflessioni alla prossima tornata elettorale, …potreste avere una scelta in più da operare ! Tratto da : Opinionimonarchiche.com/

Ambiente e salute

Il guru verde Lovelock, stronca gli ambientalisti di Riccardo Calcioli 20 giugno 2012 Il suo pensiero ha influenzato gene-razioni di attivisti verdi, le sue teorie hanno ispirato le politiche ambientali degli ultimi venti anni, ma ora James Lovelock ammette di aver sbagliato e sconfessa i suoi discepoli. E’ cer-tamente la più clamorosa “conver-sione” nelle fila del mondo ecologi-sta, ed è arrivata a compimento alla vigilia della Conferenza internazio-nale sull’ambiente di Rio de Janeiro che si apre oggi.

In una intervista riportata dal Daily Mail, il 92enne scienziato britannico bolla come “sciocchezze senza sen-so” il concetto di sviluppo sostenibile e altre teorie ecologiste, critica il movimento verde che ha trasformato l’ecologia in “una religione che ha soppiantato il cristianesimo” e mini-mizza le minacce dei cambiamenti climatici come l’innalzamento dei livelli del mare (“nel peggiore dei casi non supererà i 60 centimetri in un secolo”). Eppure era soltanto il 2009 quando uscì il suo ultimo libro su Gaia (“The vanishing face of Gaia”, Il volto di Gaia che sparisce), in cui lanciava “l’allarme definitivo”: si è ormai oltrepassato il punto di non ritorno, miliardi di persone mori-ranno entro il 2040, non vale più neanche la pena cercare di cambia-re politiche, al massimo bisogna mettere al riparo la “memoria” della civiltà per i pochi che sopravvive-ranno alla catastrofe. Era l’ultima puntata di una lunga saga iniziata nel 1979 quando, allora scienziato della Nasa, pubblicò un libro che segnò una svolta epocale nella concezione del pianeta Terra e dell’ambiente: “Gaia, uno sguardo nuovo alla vita sulla Terra”. Si tratta di una teoria – a cui non a caso die-de il nome della divinità greca della Terra - secondo la quale il nostro pianeta sarebbe un organismo vi-vente la cui biosfera è in grado di controllare i cambiamenti fisici e chimici in modo da mantenere la Terra in condizioni idonee a permet-tere la vita degli esseri che la abita-no. Si tratta di una teoria ampiamente criticata dalla comunità scientifica ma immediatamente accolta con entusiasmo dal movimento ecologi-

http://www.reumberto.it

Il più documentato sito internet su Re Umberto II di Savoia

Page 9: ARALDO - 10-2012 - Novembre

9

sta ed entrata nell’immaginario col-lettivo: in Italia, ad esempio, ha fatto la fortuna di un eco-catastrofista come Mario Tozzi che per anni ha condotto un programma su Rai3 chiamato appunto “Gaia-il pianeta vivente”. La fortuna di questa teoria si deve al fatto che si presta perfettamente per “spiegare” in chiave anti-umana il riscaldamento globale: essendo un organismo vivente, la Terra – diceva Lovelock – reagisce all’attacco dei parassiti e dell’infezione esattamen-te come fa il nostro organismo, con la febbre. Ecco, il riscaldamento globale altro non sarebbe che la febbre del pianeta che in questo modo si difende dalla presenza ne-fasta dell’uomo. Negli anni Lovelock è andato avanti in un crescendo di previsioni catastrofiche che – grazie alla sua reputazione di scienziato - hanno fatto per molto tempo la for-tuna del movimento ecologista. Il rapporto ha cominciato a incrinarsi nel 2004 quando in nome della ridu-zione delle emissioni di anidride carbonica (CO2), Lovelock ha preso ufficialmente posizione a favore dell’energia nucleare, senza alcun dubbio la più “pulita”. Ma la svolta clamorosa si è avuta due mesi fa, quando in una intervi-sta, Lovelock ha candidamente am-messo che lui e altri opinionisti eco-logisti, come Al Gore, erano stati erroneamente allarmisti sugli effetti del cambiamento del clima: “Il pro-blema è che non sappiamo come si comporta il clima, anche se pensa-vamo di saperlo venti anni fa - ha ammesso -; la verità è che dall’inizio del millennio non c’è più riscalda-mento globale, la temperatura è ri-masta pressoché costante, mentre secondo la nostra teoria avrebbe dovuto crescere rapidamente”. E ora il nuovo attacco che sconfessa tutto il movimento ecologista, diven-tato una religione che “usa il senso di colpa” dei cittadini per ottenere i propri scopi che nulla hanno a che vedere con il rispetto dell’ambiente e dell’equilibrio del pianeta. Lovelock ci è arrivato a 92 anni, vuol dire che c’è ancora speranza. Tratto da : www.svipop.org/

Speciale

Costituente

Monarchici riuniti a Roma: "Contro la crisi della politica serve un re" Roma - (Adnkronos) - Assemblea costituente nella Capitale per fare proposte e decidere un eventuale programma politico in vista delle prossime elezioni politiche e comu-nali 13 ottobre, ore 16:34 Roma, 13 ott. (Adnkronos) - Quale prospettiva per un periodo di grave sbandamento politico? I monarchici italiani non hanno dubbi : "Serve un re". L'assemblea costituente monar-chica si è ritrovata infatti oggi all'ho-tel de la Minerve a Roma per fare proposte e decidere un eventuale programma politico in vista delle prossime elezioni politiche e comu-nali. "Sono circa 180 i partecipanti all'evento di oggi, con un'età media tra i 45 e i 60 anni", racconta Franco Ceccarelli, uno degli esponenti del partito ancora “in nuce”. "C'erano anche dei diciottenni e un minoren-ne accompagnato dalla madre". Arrivano da tutta Italia i nostalgici della monarchia, dalla Sicilia al Pie-monte (''sabaudo''), con una mag-gioranza di romani - per evidenti comodità logistiche. "Noi cerchiamo - spiega Ceccarelli - un rinnovamen-to basato sulla tradizione e un re potrebbe rappresentare la continuità dello Stato al di la di ogni contrasto politico''. C'è però un “piccolo pro-blema” chiamato Costituzione: "In Italia la monarchia non può tornare a meno che non si cambi la Costitu-zione, ma in questo caso basta vo-lerlo", dice. Non sembra proprio una passeggia-ta ma il 'Progetto unitario dei monar-chici italiani' che nasce sulle ceneri del vecchio Partito democratico ita-liano di unità monarchica (Pdium)

scioltosi nel '72 per "problemi di bi-lancio insanabili", ce la sta mettendo tutta. "Già durante le scorse elezioni amministrative qualche partito mo-narchico era apparso in giro per l'Ita-lia e stiamo cercando di unire le for-ze". Tra i loro obiettivi, c'è anche la lotta ai "poteri forti e alla globalizza-zione". "Oggi - conclude Ceccarelli - ci sono stati 35 interventi e vedremo cosa ci prospetta il futuro". Se per ora i promotori ci sono, il partito è però ancora in cerca di un nome. Tratto da : www.adnkronos.com/

Nota della redazione La notizia battuta da Adnkronos, battuta mentre erano ancora in cor-so i lavori della Costituente è una di quelle che non è passata inosserva-ta, anche se il clamore di queste settimane su questioni puramente più “materiali” (corruzione, inciucci, truffe e litigi) l’ha messa in secondo piano… c’è da scommetterci! Il tono leggermente ironico dell’agenzia che ha messo in risalto “la nostalgia” e “l’età media tra i 45 e i 60 anni” soprattutto, non deve pre-occupare oltre misura. Sono i partiti oggi al potere che fanno della no-stalgia di un tempo che fu la loro bandiera o no? I moderati guardano al Partito Popolare di Don Sturzo, mentre la sinistra, non ha ancora abbandonato l’idea dell’egemonia filo sovietica. E che dire dell’età me- dia dei politici italiani oggi? Basta guardare un Tiggì qualsiasi per ren-dersi conto che esclusi Renzi e qualche “grillino” in erba (non il caro “vecchio” Beppe che viaggia oltre…) l’età media è molto più vicina ai 60 che ai 45!

Intervento alla Costituente Proponiamo ai nostri lettori, l’intervento di Alberto Conterio, letto durante i lavori della Costituente dal Dott. Roberto Tomao a causa dell’impossibilità dell’autore di poter essere presente all’evento. “Biella, 13 ottobre 2012 Desidero ringraziare quanti oggi so-no presenti a questa Costituente, così come desidero scusarmi per la mia assenza, non voluta, ma dovuta a questioni economiche contingenti all’attuale grave stato di crisi eco-nomica che coinvolge il mio lavoro e la mia famiglia. Qualche amico, mi ha confidato che questa “occasione” potrebbe essere l’ultima per i monarchici italiani. Ri-tengo che sia esagerato, ma essere al contrario troppo ottimisti può es-sere altrettanto negativo per il buon esito delle nostre intenzioni. Sono convinto che avremmo sempre delle occasioni, finché saremo in grado di formulare dei sogni in favore della nostra Causa. La possibilità reale di unire gran par-te dei monarchici in un solo movi-mento politico DEVE essere sfrutta-ta, e abbiamo il DOVERE di essere positivi, ottimisti e soprattutto sgom-bri dai ricordi negativi del passato. Ciò non toglie che dobbiamo essere anche prudenti. I grossi calibri del fuoco amico, sono già entrati in a-zione contro di noi ed i nostri sogni pochissimi giorni fa…. “L’ennesimo tentativo d’inciuccio” l’hanno definito ! e le speranze no-stre, sono “la preoccupazio-ne” di costoro ! Cosa dire ? Pazienza, non si può piacere a tutti ! Francamente, ritengo che dobbiamo sperare di piacere più alla gente normale, che piacere a questi “ami-ci” monarchici o presunti tali. Ecco perché non possiamo barattare la prudenza con la fretta, …perché correremmo il rischio di perdere davvero l’ultimo valore spendibile in nostro possesso : Il Simbolo di Stel-la e Corona. Sarà soltanto l’unione di alcuni pic-coli gruppi come qualcuno ama scri-vere nei suoi comunicati stampa ? Le nostre possibilità saranno sem-pre scarse perché vi sarà sempre qualche detrattore interno ? Saremo snobbati domani come lo siamo oggi ? …ancora pazienza, nessuno però potrà dire che è dipeso dalle nostre volontà ed aspettative. Ma se, …come io spero, come noi speriamo, questa iniziativa dovesse avere successo, avremmo tracciato un solco nella storia dell’associazionismo e dei movimen-ti politici monarchici italiani de-gli ultimi 40 anni ! Qualunque cosa avverrà, la nostra idea ne trarrà comunque beneficio, e con essa la nostra Patria. Occorre dialogare tra noi, sulla base delle nostre speranze, su ciò che

Collaborate con Alleanza Monarchica

Stella e Corona

Abbiamo bisogno del tuo aiuto !

Page 10: ARALDO - 10-2012 - Novembre

10

riteniamo opportuno, e di ciò che vorremmo si potesse fare. Chiedo a tutti voi, di affrontare que-sto dialogo cercando di essere pro-positivi e nei panni di chi domani, ascoltate le nostre parole, o letti gli atti di questa Costituente, deside-rasse unirsi a noi per collaborare. Abbiamo l’obbligo di essere sinceri, chiari e assolutamente pratici.

Faccio un esempio che spero ri-sponda a queste tre qualità : Un an-no fa (giorno più o giorno meno) si è svolto il Congresso del più vecchio partito del panorama politico nazio-nale, il Partito Radicale. Da alcuni articoli di giornale che par-lavano di questo evento, ho appre-so, che gli iscritti attivi a que-sto soggetto politico (Dirigenti, delegati e attivisti) sono circa 500, ai quali si sommano altri 1000 iscritti circa. Insomma 1500 persone in tutto ! Nonostante questi numeri esigui (e sono numeri assolutamente alla no-stra portata) il Partito Radica-le, è presente ovunque, con iniziative importanti, innovative ed alcune davvero originali. Si può non essere d’accordo con loro, ma ad esempio, il ricorso sulle firme alle liste di Cota e For-migoni sono una battaglia di legalità, e la battaglia sul sovraffollamento disu-mano delle carceri nel nostro Paese è un’iniziativa in favore dei diritti umani. Qualcuno può appuntare che sono molte an-che le iniziative meno lodevoli di questo movimento, ma non è questo il motivo della mia ci-tazione, e non mi interessano gli obiettivi del Partito Radicale in se. Quello che desidero evidenziare è che una piccola forza, con idee chia-re, condivise e portate avanti con orgoglio e testardaggine da tutta l’organizzazione, servono ad ottene-re VISIBILITA’anche in presenza dell’ostracismo dell’intera classe politica nazionale e dei media a loro collegati !!! Qual’è dunque il nostro compito in questa Costituente ? Il nostro compi-to è facilitare l’aggregazione dei mo-narchici italiani attorno al simbolo di Stella e Corona, creando condizioni valide perché que-sto avvenga in modo naturale, …senza forzare nessuno e senza escludere nessu-no.

Per fare ciò, è indispensabile essere disposti ad ascoltare, facendo un passo indietro. So bene che alcuni di noi vorrebbero potersi presentare alle elezioni o-vunque vi sia la possibilità di mettere assieme una lista, per poter parteci-pare alla vita politica attiva d’Italia. Anch’io la pensavo così, ora però, visti gli ultimi sviluppi della politica italiana, ma sarebbe meglio dire del-la corruzione e degli sperperi attuati dalla politica italiana, e per risponde-re al meglio allo sconforto dei citta-dini, credo che occorra avviare un progetto responsabile ed attento. Di elezioni in Italia ne faremo a iosa anche in futuro, ed arrivare un atti-mo dopo ben preparati, è preferibile che giungere in fretta a questi ap-puntamenti come un’armata branca-leone. Dobbiamo approntare una serie di punti condivisi tra di noi, a livello storico, politico e sociale, alla quale uniformarci tutti, con il verbo e le azioni, sotto una guida costante di un gruppo di coordina-mento infles-sibile ed effettivamente presente 24 ore su 24 ! Non possiamo più pensare di agire autonomamente a 360 gradi secon-do le nostre preferenze ed abi-lità personali. Dobbiamo stabilire un programma di priorità con tempi e modi d’agire a livello nazionale, da adat-tare even-tualmente alle varie situazioni locali, ma questo deve essere il PRO-GRAMMA di tutti.

Se desideriamo fare politica, occorre capire che ognuno di noi contribui-sce con il suo anello a creare una catena. Dobbiamo insomma, impa-rare a dare di noi un’immagine di INSIEME. Dobbiamo smettere di parlare di noi e per noi, ma, dobbia-mo imparare ad agire in gruppo e per il gruppo, restando continua-mente in contatto tra noi, per trarre il massimo beneficio da ogni informa-zione ed idea. Non deve essere un programma infinito per piacere a tutti, bastano 4 o 5 argomenti o punti chiave, che andranno ripetuti a pap-pagallo ed in ogni occasione in mo-do uniforme dalle Alpi a Pan-telleria. Ripeto : occorre dare un’immagine di INSIEME, di GRUPPO. L’individualismo DEVE essere ban-dito !

E il programma deve essere docu-mento che tracci un solco chiaro in favore del popolo, della gente che lavora e che tira avanti il carrozzone di questa repubblica, evitando ar-gomenti che possano crea-re tra noi tensioni. Perché se è vero che noi monarchici non siamo di destra e non siamo di sinistra, è anche vero che non siamo tutti uguali e che poli-ticamente, socialmente ed eticamen-te possiamo avere opinioni diverse. Quindi proprio perché siamo un in-sieme eterogeneo dobbiamo cercare di trarre vantaggio da ciò, re-legando gli argomenti che possono creano fratture (come succede ai partiti tradizionali) alla sfera perso-nale di ognuno di noi, senza pregiu-dizi ed ipocrisie. Dobbiamo e possiamo accettare di avere tra noi opinioni estreme anche su argomenti importanti, perché nell’insieme dei problemi della gente comune, che da politici saremo chiamati a risolvere, questi saranno sicuramente una minoranza ! Occorre quindi convergere con en-tusiasmo su argomenti pratici di tutti i giorni !

È mia opinione che sia necessario lavorare su : - Possibili provvedimenti necessari a rilanciare l’economia delle FAMIGLIE, perché così fa-cendo tutta l’economia nazionale ne trarrà vantaggio. - Possibili provvedimenti necessari a far si che le rendite fi-nanziarie siamo meno remunerative delle rendite ottenute dalla produ-zione di beni reali. - Possibili provvedimenti necessari al riordino territoriale ed istituzionale del Paese, per giun-gere ad eliminare l’inutile, offrendo ai cittadini un servizio migliore con un risparmio di spe-sa. - Possibili provvedimenti necessari a salvaguardare le produ-zioni nazionali e a rendere meno competitive quelle delocalizzate o straniere, perché se il popolo non lavora in Italia, il mercato interno crolla. Non desidero sottrarre altro tempo a questo evento e vi saluto da Biella, sperando vi siano ancora occasioni come questa in futuro alla quale po-ter partecipare di persona. Una stretta di mano a tutti Voi Alberto Conterio”

Dal Vaticano

Il Papa: nel dialogo interreligioso si giocano il rapporti della Chiesa con il mondo della Redazione online 20 ottobre 2012 Nel dialogo ecumenico e interreli-gioso voluto dal Concilio Vaticano II "si gioca una parte rilevante del dia-logo della Chiesa con il mondo con-temporaneo". Lo ha affermato Be-nedetto XVI nel discorso pronuncia-to alla cerimonia di consegna del prestigioso 'Premio Ratzinger', dive-nuto ormai una sorta di 'Nobel della teologià. A riceverlo, presenti i 262 vescovi di tutto il mondo che parte-cipano in questi giorni al Sinodo sul-la Nuova Evangelizzazione, sono stati quest'anno Remi Brague, fran-cese professore emerito di filosofia medievale e araba all'Universitè Pantheon-Sorbonne (Parigi I) e il gesuita padre Brian E. Daley.

E ha aggiunto che c'è bisogno "di uomini che tengano lo sguardo fisso verso Dio attingendo da questa sor-gente la vera umanità per aiutare chi il Signore mette sul nostro cammino a comprendere che è Cristo la stra-da della vita; uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio, per-chè possano parlare anche alla mente e al cuore degli altri". "Opera-re nella vigna del Signore perché gli uomini e le donne del nostro tempo possano scoprire e riscoprire la vera 'arte del viverè: questa - ha ricordato il Papa teologo - è stata anche una grande passione del Concilio Vati-cano II, più che mai attuale per l'im-pegno della nuova evangelizzazio-ne". Nel corso della cerimonia è toccato al cardinale Camillo Ruini, presiden-te del comitato scientifico della Fon-dazione Ratzinger, presentare le biografie dei premiati (ai quali vanno ciascuno 50 mila euro, dai diritti d'autore di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI). Ruini ha affermato che il conferimento dei premi è oggi rafforzato dall'Anno della Fede e dal

Page 11: ARALDO - 10-2012 - Novembre

11

sinodo sulla nuova evangelizzazio-ne, a 50 anni dal Concilio. La Fon-dazione, ha spiegato l'ex presidente della Cei, ha visto infatti nei premiati "due studiosi che, a partire di una straordinaria conoscenza delle origi-ni e della storia della fede cristiana, sanno guardare in avanti, per co-struire sulla base di questa medesi-ma fede il presente e il futuro della famiglia umana, in conformità con l'intenzione profonda della teologia di Vostra Santità". Remi Brague è anche professore di filosofia delle religioni europee al'U-niversità Ludwig Maximilian di Mo-naco, oltre che membro dell'Institut de France, Academie des Sciences Morales et Politiques (tra le sue nu-merose pubblicazioni, "Il futuro dell'Occidente", "La saggezza del mondo", "Il Dio dei cristiani, unico Dio?"), mentre padre Brian E. Daley è ordinario di teologia all'Università di Notre Dame (Indiana, Usa), intito-lata a "Catherine F. Huisking" e già docente di teologia storica per 18 anni alla Scuola Weston di teologia dei gesuiti a Cambridge, Massachu-setts (autore di "La speranza della Chiesa primitiva", "Sulla dormizione di Maria, le prime omelie patristiche" e "Gregorio Nazianzeno"). Nel suo discorso Benedetto XVI ha esaltato i documenti del Concilio in tema di dialogo ecumenico ("Unitatis e redintegratio") e interreligioso ("Nostra Aetate"), ma anche la inno-vativa dichiarazione "Dignitatis Hu-manae" sulla libertà religiosa, della quale ha sottolineato la straordinaria portata. In proposito, il Pontefice ha osservato che "l'ecumenismo e il confronto con le altre religioni" sono "due aspetti decisivi per la Chiesa nei nostri tempi". Nel dialogo ecumenico e interreli-gioso voluto dal Concilio Vaticano II "si gioca una parte rilevante del dia-logo della Chiesa con il mondo con-temporaneo". Lo ha affermato Be-nedetto XVI nel discorso pronuncia-to alla cerimonia di consegna del prestigioso 'Premio Ratzinger', dive-nuto ormai una sorta di 'Nobel della teologià. A riceverlo, presenti i 262 vescovi di tutto il mondo che parte-cipano in questi giorni al Sinodo sul-la Nuova Evangelizzazione, sono stati quest'anno Remi Brague, fran-cese professore emerito di filosofia medievale e araba all'Universitè Pantheon-Sorbonne (Parigi I) e il gesuita padre Brian E. Daley. Tratto da : www.avvenire.it/

Dall’estero

Scudetto afghano del Maggiore Mario Renna Brigata alpina "Taurinense" 20 ottobre 2012 La Tempesta di Harirod non è il tito-lo di un B-movie ma il nome dei vin-citori della prima edizione della Ro-shan Afghan Premier League, il campionato di calcio afghano spon-sorizzato (come in Italia) da una compagnia telefonica, conclusosi ieri con la vittoria dei Toofaan (Tempe-sta) Harirod - rappresentativa dell'Afghanistan occidentale che prende il nome da un fiume che scorre nell'ovest - che hanno battuto in finale per 2 a 1 i Simorgh Alborz, squadra del nord. La notizia vera però è che il Paese ha, nel vero senso della parola, un nuovo terreno (verde) di unità e di incontro tra le sue diverse regioni ed etnie. Che lo sport unisca è quasi un luogo comune, ma a giudicare dal successo nazionale di pubblico (rea-le e televisivo, senza contare quello di YouTube, che ha proposto tutti i match), c'è da essere ottimisti. Oltre al cricket e al Taekwondo, che ha fruttato all'Afghanistan una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra, c'è il calcio tra le passioni sportive dei giovani afghani, che a migliaia si sono presentati alle selezioni tipo Grande Fratello per trovare un posto nelle otto rappresentative regionali che si sono disputate la Champions locale. A organizzare il tutto è stato il principale gruppo mediatico afgha-no, Moby Group, che insieme alla Federazione Calcio e un paio di sponsor ha creato un doppio evento: prima la selezione dei giocatori, tra-mite un reality televisivo (Maidan-e-Sabz, ovvero 'Campo Verde') con tanto di giuria e televoto, e poi il campionato vero e proprio con due gironi di quattro squadre di diciotto giocatori, seguiti da semifinali e fina-le giocate allo stadio di Kabul che per l'occasione ha fatto il pieno con 25.000 spettatori, ai quali aggiunge-re diversi milioni di persone che hanno seguito le partite in diretta su ToloTv, il principale network privato, e su YouTube. Risultati che Zaid Mosheni, direttore di Moby Group, commenta con un certo orgoglio da cui traspare anche una speranza per il futuro del Paese oltre che per il suo business: "Gli Afghani sono stanchi di sentire solo cattive notizie. Lo sport distrae e unisce al tempo stesso, ed è la chiave per coinvolge-re i giovani di questo Paese, i quali costituiscono metà della popolazio-ne se non di più." Difficile dargli torto, anzi. Intanto He-rat si gode la vittoria dei suoi benia-mini del Toofaan Harirod (ieri in cen-tro è comparso per la prima volta un maxi-schermo che ha trasmesso il match) mentre Moby Group ha già annunciato l'edizione 2013 con un numero di squadre che si annuncia in crescita, anche grazie alla formula

del casting che appassionerà tutto il Paese ben prima del fischio d'inizio, proprio come succede in Europa con il calciomercato milionario. Qui le cifre in gioco sono enorme-mente più contenute, anche se la qualità dello spettacolo è di un certo livello e soprattutto in netto miglio-ramento. La Premier League intanto attira gli sponsor (Afghan Internatio-nal Bank e Hummel, multinazionale danese di abbigliamento sportivo) e gli extra per i calciatori più forti non mancano: al top-player di ciascuna partita è andato un assegno di 10.000 Afghani, la valuta locale, pari a 150 Euro, mentre ai campioni di Afghanistan sono andati complessi-vamente 15.000 Dollari. Una discre-ta sommetta, da queste parti. Tratto da : www.lastampa.it/ ________________________________

Grecia, Samaras lancia l'allarme "A fine novembre casse vuote" della Redazione 5 ottobre 2012 La Grecia ha fondi a disposizione per arrivare "fino a fine novembre. Poi le casse sono vuote". Lo ha detto il primo ministro greco, Antonis Samaras, in un'intervista all'Handelsblatt. Occorre sbloccare in tempi brevi il pagamento degli aiuti: "Abbiamo bisogno di più tempo per il consolidamento, ma non ne-cessariamente di più crediti".

La situazione della Grecia, secondo Samaras, è sempre più preoccupan-te: "La democrazia greca si trova probabilmente di fronte alla sua sfi-da più grande". Poi ha aggiunto che la tenuta della società "è messa in pericolo dalla disoccupazione cre-scente, come è stato in Germania alla fine della Repubblica di Wei-mar". Per il premier la società "nel suo insieme" è minacciata dai popu-listi dell'estrema sinistra e "da qual-cosa che non si era mai visto prima nel nostro Paese: la crescita di un partito dell'estrema destra, si po-trebbe dire fascista, neonazista". Alba dorata, questo il nome della formazione citata da Samaras, nei sondaggi "è già la terza forza politi-ca in Grecia, tendenzialmente in crescita", ha ricordato il premier el-lenico, che ha concluso con un mo-nito: "Se falliamo sarà il caos. La gente sa che questo governo è l'ul-tima chance per la Grecia". Tratto da : www.avvenire.it/

Cambogia: veglie e preghiere dei cattolici in ricordo di re Sihanouk Redazione radio Vaticana 18 ottobre 2012 La morte di re Norodorm Sihanouk era un evento "atteso", che non ha colto di sorpresa la popolazione cambogiana; "l'età avanzata e l'esi-lio" che si era imposto dal 2004 "lo hanno tenuto lontano dalle vicende interne, ma la gente mostra però ancora di amarlo". È quanto afferma p. Mario Ghezzi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) da 12 anni nel Paese del Sud-est asiatico, che anticipa all'a-genzia AsiaNews la "veglia di pre-ghiera di tutte le comunità cattoli-che" in programma per sabato sera, 20 ottobre. Phnom Penh ha accolto listata a lutto la salma dell'ex mo-narca, scomparso all'età di 89 anni il 15 ottobre scorso a Pechino, dove ha trascorso per cure mediche gli ultimi anni di vita. Secondo fonti go-vernative, quasi 100mila persone hanno assistito al passaggio della bara, durante il tragitto dall'aeropor-to a Palazzo reale. La Cambogia osserva una settimana di lutto na-zionale e la salma di Sihanouk re-sterà esposta per tre mesi, per per-mettere alla popolazione di dare l'e-stremo saluto a un politico, prima ancora di un monarca, che ha se-gnato la storia recente del Paese. Il governo ha bandito programmi radio e tv "gioiosi", che contrastano con il "dolore" per la perdita del re. Can-cellato anche il Festival dell'acqua, in programma il mese prossimo, ce-lebrazione caratterizzata da fiere, eventi e fuochi d'artificio che attira ogni anno milioni di visitatori. Padre Ghezzi conferma ad AsiaNews la "gran folla che ha accompagnato il passaggio della bara", nei "10 km che dividono l'aeroporto dal Palazzo reale". Il missionario racconta che "nonostante il sole cocente, molti hanno atteso anche cinque ore per veder passare la bara". Anche la Chiesa cattolica cambogiana inten-de onorare la memoria del defunto monarca, con eventi speciali e cele-brazioni. "Sabato sera - racconta padre Ghezzi - si terrà una veglia di preghiera in tutte le comunità cattoli-che del vicariato apostolico" di Phnom Penh. Nella capitale la cele-brazione sarà presieduta dal vesco-vo emerito mons. Emile Destombes, che "ha personalmente conosciuto e incontrato più volte re Sihanouk". Il prelato racconta sempre, conclude il missionario Pime, di come il monar-ca gli avesse confidato che "nella sua camera da letto avesse una sta-tua della Madonna di Lourdes, che invocava ogni sera prima di coricar-si". Intanto analisti ed esperti di poli-tica cambogiana si interrogano sul lascito del defunto re e sul futuro della monarchia nel Paese. Se in passato re Sihanouk ha saputo gui-dare la nazione all'indipendenza, altri ricordano le troppe influenze esercitate dagli stranieri e la conni-venza col regime dei Khmer rossi,

http://www.reumberto.it

Il più documentato sito internet su Re Umberto II di Savoia

Page 12: ARALDO - 10-2012 - Novembre

12

durante il quale anch'egli ha perso cinque dei suoi 14 figli. Un tempo egli era considerato una "minaccia" per il potere del premier Hun Sen, col quale ha più volte avuto forti scontri verbali; tuttavia, la decisione di abdicare nel 2004 per il figlio Si-hamoni ha contribuito a placare le acque, stemperando la lotta di pote-re. Oggi l'attuale monarca è visto come una figura "simbolica", senza nessuna influenza reale nella vita della nazione. Per questo i più con-cordano nell'affermare che il vero erede di re Sihanouk è l'attuale Pri-mo Ministro Hun Sen, ex quadro nel regime di Pol Pot, da decenni alla guida della Cambogia e vero leader della nazione. (R.P.) Tratto da : http://it.radiovaticana.va/ ________________________________

Londra, le Olimpiadi trainano la ripresa Dopo 9 mesi di recessione il Pil britannico segna +1%. Volano il settore dei servizi e quello dell’entertainment. Cameron: “Dati positivi ma c’è molto da fare” della Redazione online 25 ottobre 2012 Dopo nove mesi l’effetto congiunto delle Olimpiadi e del Giubileo della Regina traina la Gran Bretagna fuori dalla recessione. Anche grazie ai Giochi, che hanno portato nella capi-tale londinese milioni di turisti, l’economia è tornata a crescere. Nel terzo trimestre dell’anno il Pil è salito di un punto percentuale, segnando il massimo degli ultimi cinque anni, un dato per superiore alle stime che indicavano un incremento dello 0,6%, dopo la contrazione dello 0,4% tra aprile e giugno. Già ieri il premier conservatore David Came-ron aveva dichirato durante il Que-stion Time alla Camera dei Comuni l’imminente arrivo di “buone notizie”. Oggi l’Ufficio nazionale di statistica ha confermato la ripresa e messo l’accento sulla straordinarietà della spinta venuta dal grande evento e-stivo.

Anche se è ancora presto per calco-lare con precisione l’impatto che Olimpiadi e Paralimpiadi - costate circa 11 miliardi di sterline tra dena-ro pubblico e sponsor - hanno avuto sui conti britannici, pare però che le vendite dei biglietti siano state così determinanti da rappresentare circa lo 0,2% della crescita del Pil. In par-ticolare, a beneficiarne è stata so-prattutto l’attività di agenzie di im-piego e dei settori alberghiero e di

entertainment. E se il motore della ripresa è stato soprattutto il settore dei servizi, imponendosi con un au-mento dell’1,3%, determinante ma con minore intensità è stato anche il comparto manifatturiero. Male, inve-ce, l’attività edilizia, restata in forte contrazione. Nonostante i numeri decisamente positivi, però gli analisti restano cauti sul futuro. Anche il premier David Cameron, pur apprezzando i dati, mette in guardia da un eccessivi entusiasmo. «C’è ancora molto da fare – ha scritto su Twitter -, ma i dati dimostrano che siamo sulla strada giusta». Prudente anche il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne: «I dati deboli di ieri prove-nienti dall’area euro devono farci ricordare che dobbiamo far fronte a difficile sfide, in casa e all’estero». Tratto da : www.lastampa.it/

Storia e tradizioni

Esecuzioni, torture, stupri Le crudeltà dei partigiani La Resistenza mirava alla dittatura comunista. Le atrocità in nome di Stalin non sono diverse dalle effera-tezze fasciste. Anche se qualcuno ancora lo nega di Giampaolo Pansa 7 ottobre 2012 C’è da scommettere che il nuovo libro di Giampaolo Pansa, La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti (Rizzoli, pagg. 446, euro 19,50; in libreria dal 10 ottobre), farà infuriare le vestali della Resistenza. Mai in maniera così netta come nell’introduzione al volume (di cui per gentile concessione pubblichia-mo un estratto) i crimini partigiani sono equiparati a quelli dei fascisti. Giampaolo Pansa imbastisce un romanzo che, sull’esempio delle sue opere più note,racconta la guerra civile in chiave revisionista, sottoli-neando le storie dei vinti e i soprusi dei presunti liberatori, i partigiani comunisti in realtà desiderosi di so-stituire una dittatura con un’altra, la loro. Tanto i partigiani comunisti che i miliziani fascisti combattevano per la bandiera di due dittature, una rossa e l'altra nera. Le loro ideologie erano entrambe autoritarie. E li spingevano a fanatismi opposti, uguali pur es-sendo contrari. Ma prima ancora delle loro fedeltà politiche venivano i comportamenti tenuti giorno per giorno nel grande incendio della guerra civile. Era un tipo di conflitto che escludeva la pietà e rendeva fatale qualunque violenza, anche la più atroce. Pure i partigiani avevano ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti,

spesso infondati, o sotto la spinta di un cieco odio ideologico. Avevano provocato le rappresaglie dei tede-schi, sparando e poi fuggendo. Ave-vano torturato i fascisti catturati pri-ma di sopprimerli. E quando si trat-tava di donne, si erano concessi il lusso di tutte le soldataglie: lo stu-pro, spesso di gruppo. A conti fatti, anche la Resistenza si era macchiata di orrori. Quelli che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorderà nel suo primo messaggio al Parlamento, il 16 maggio 2006, con tre parole senza scampo: «Zone d'ombra, eccessi, aberrazioni». Un'eredità pesante, tenuta nascosta per decenni da un insieme di complicità. L'opportuni-smo politico che imponeva di esalta-re sempre e comunque la lotta parti-giana. Il predominio culturale e or-ganizzativo del Pci, regista di un'o-perazione al tempo stesso retorica e bugiarda. La passività degli altri par-titi antifascisti, timorosi di scontrarsi con la poderosa macchina comuni-sta, la sua propaganda, la sua ener-gia nel replicare colpo su colpo.

Soltanto una piccola frazione della classe dirigente italiana si è posta il problema di capire che cosa si na-scondeva dietro il sipario di una sto-ria contraffatta della nostra guerra civile. E ha iniziato a farsi delle do-mande a proposito del protagonista assoluto della Resistenza: i comuni-sti. Ancora oggi, nel 2012, qualcuno si affanna a dimostrare che a scen-dere in campo contro tedeschi e fa-scisti e stato un complesso di forze che comprendeva pure soggetti mo-derati: militari, cattolici, liberali, per-sino figure anticomuniste come E-dgardo Sogno. È vero: c'erano an-che loro nel blocco del Corpo volon-tari della liberta. Ma si e trattato sempre di minoranze, a volte di pic-cole schegge. Impotenti a contrasta-re la voglia di egemonia del Pci e i comportamenti che ne derivavano. Del resto, i comunisti perseguivano un disegno preciso e potente che si è manifestato subito, quando ancora la Resistenza muoveva i primi passi. Volevano essere la forza numero uno della guerra di liberazione. Un conflitto che per loro rappresentava soltanto il primo tempo di un pas-saggio storico: fare dell'Italia uscita dalla guerra una democrazia popola-re schierata con l'Unione Sovietica. Dopo il 25 aprile 1945 le domande sulle vere intenzioni dei comunisti italiani si sono moltiplicate, diven-tando sempre più allarmate. Mi rife-risco ad aree ristrette dell'opinione pubblica antifascista. La grande maggioranza della popolazione si preoccupava soltanto di sopravvive-re. Con l'obiettivo di ritornare a un'e-

sistenza normale, trovare un lavoro e conquistare un minimo di benes-sere. Piccoli tesori perduti nei cinque anni di guerra. Ma le élite si chiede-vano anche dell'altro. Sospinte dal timore che il dopoguerra italiano a-vesse un regista e un attore senza concorrenti, si interrogavano sul fu-turo dell'Italia appena liberata. Sa-rebbe divenuta una democrazia par-lamentare oppure il suo destino era di subire una seconda guerra civile scatenata dai comunisti, per poi ca-dere nelle grinfie di un regime stali-niano? Era una paura fondata su quel che si sapeva della guerra civile spagno-la. Nel 1945 non era molto, ma quanto si conosceva bastava a far emergere prospettive inquietanti. Anche in Spagna era esistita una coalizione di forze politiche a soste-gno della repubblica aggredita dal nazionalismo fascista del generale Francisco Franco. Ma i comunisti iberici, affiancati, sostenuti e inco-raggiati dai consiglieri sovietici inviati da Stalin in quell'area di guerra, a-vevano subito cercato di prevalere sull'insieme dei partiti repubblicani, raccolti nel Fronte popolare. A poco a poco era emerso un inferno di ille-galità spaventose. Arresti arbitrari. Tribunali segreti. Delitti politici bruta-li. Carceri clandestine dove i detenu-ti venivano torturati e poi fatti spari-re. Assassinii destinati ad annientare alleati considerati nemici. Il più cla-moroso fu il sequestro e la scom-parsa di Andreu Nin, il leader del Poum, il Partito operaio di unifica-zione marxista. Il Poum era un pic-colo partito nel quale militava anche George Orwell, lo scrittore inglese poi diventato famoso per Omaggio alla Catalogna, La fattoria degli ani-mali e 1984. Orwell aveva 34 anni, era molto alto, magrissimo, sgrazia-to, con una faccia da cavallo. Era arrivato a Barcellona da Londra alla fine del 1936. Una fotografia lo ritrae al fondo di una piccola colonna di miliziani del Poum. Una cinquantina di uomini, preceduti da un bandiero-ne rosso con la falce e martello, la sigla del partito e la scritta «Caser-ma Lenin», la base dell'addestra-mento. Orwell stava sul fronte di Huesca quando i comunisti e i servizi segreti sovietici decisero la fine del Poum. Lo consideravano legato a Lev Da-vidovic Trotsky, il capo bolscevico diventato nemico di Stalin. In realta era soltanto un gruppuscolo antista-liniano con 10 mila iscritti. L'opera-zione per distruggerlo venne ordita e condotta da Aleksandr Orlov, il nuo-vo console generale dell'Urss a Bar-cellona, ma di fatto il capo della filia-le spagnola del Nkvd, la polizia se-greta sovietica. Nel giugno 1937, un decreto del governo repubblicano guidato dal socialista di destra Juan Negrin, succube dei comunisti, di-chiaro fuori legge il Poum, sospetta-to a torto di cospirare con i naziona-listi di Franco. Tutti i dirigenti furono imprigionati. Se qualcuno non veni-va rintracciato, toccava alla moglie finire in carcere. Gli arrestati si tro-varono nelle mani del Nkvd che li rinchiuse in una prigione segreta,

Page 13: ARALDO - 10-2012 - Novembre

13

una chiesa sconsacrata di Madrid. Interrogato e torturato per quattro giorni, Nin rifiuto di firmare l'accusa assurda che gli veniva rivolta: l'aver comunicato via radio al nemico na-zionalista gli obiettivi da colpire con l'artiglieria. Gli sgherri di Orlov lo trasportarono in una villa fuori città. Qui misero in scena una finzione grottesca: la liberazione di Nin per opera di un commando di agenti della Gestapo nazista, incaricati da Hitler di salvare il leader del Poum. Ma si trattava soltanto di miliziani tedeschi di una Brigata internaziona-le, al servizio di Orlov. Nin scompar-ve, ucciso di nascosto e sepolto in un luogo rimasto segreto per sem-pre. E come lui, tutti i suoi seguaci svanirono nel nulla. Quanto accade-va in Spagna fu determinante per la svolta ideologica di uno scrittore americano di sinistra, John Dos Passos. Scrisse: «Ciò che vidi mi provoco una totale disillusione ri-spetto al comunismo e all'Unione Sovietica. Il governo di Mosca diri-geva in Spagna delle bande di as-sassini che ammazzavano senza pietà chiunque ostacolasse il cam-mino dei comunisti. Poi infangavano la reputazione delle loro vittime con una serie di calunnie». Le stesse infamie, sia pure su scala ridotta, vennero commesse in Italia da ban-de armate del Pci, durante e dopo la guerra civile. C'è da scommettere che il nuovo libro di Giampaolo Pansa, La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti (Rizzoli, pagg. 446, euro 19,50; in libreria dal 10 ottobre), farà infuriare le vestali della Resistenza. Mai in maniera così netta come nell'intro-duzione al volume (di cui per gentile concessione pubblichiamo un estrat-to) i crimini partigiani sono equiparati a quelli dei fascisti. Giampaolo Pan-sa imbastisce un romanzo che, sull'esempio delle sue opere più no-te, racconta la guerra civile in chiave revisionista, sottolineando le storie dei vinti e i soprusi dei presunti libe-ratori, i partigiani comunisti in realtà desiderosi di sostituire una dittatura con un'altra, la loro. Tratto da : www.ilgiornale.it/

Notizie in breve

Laurea Honoris Causa per Re Michele di Romania 10 ottobre 2012 All'Università di Scienze Agrarie e Medicina Veterinaria di Bucarest, la Principessa Margarita e il Principe Radu di Romania hanno ricevuto il dottorato honoris causa per Re Mi-chele di Romania. Durante la cerimonia, dopo aver a-scoltato l'inno reale, il rettore dell'u-niversità ha elogiato il lavoro del So-vrano e il suo sostegno per le uni-versità del paese.

Anche se non era presente, il Re ha voluto esprimere la sua gratitudine per l'assegnazione del titolo acca-demico attraverso una lettera letta dal Principe Radu.

“Signore e signori, sono lieto di aver ricevuto la notizia che il Senato Accademico di Scien-ze Agrarie e Medicina Veterinaria di Bucarest abbia deciso di darmi il titolo di Dottore Honoris Causa in occasione del 160° anniversario del-la nascita della Università Agrara rumena. Grazie per l'onore che mi date e per aver invitato me e la mia famiglia alla cerimonia. Io non considero questo gesto come un premio personale, ma piuttosto come un omaggio alle generazioni che hanno sofferto per avere la Ro-mania un paese democratico, pro-spero e libero. I giovani di oggi potranno godere i frutti dei nostri sacrifici nei prossimi decenni. Questa università è nata 160 anni fa con la tradizione e la modernità e sin dal suo inizio lo stato lo ha apprez-zato con il sostegno. Solo due anni dopo la dinastia del trono con il voto unanime della na-zione romena, nel mese di agosto 1868, Carlo ho messo la pietra an-golare della Scuola rumena di Agra-ria Herăstrău, con la speranza che possa durare per insegnare molte generazioni di rumeni. Oggi, mi rivolgo a voi a nome del mio predecessore, con viva gratitu-dine per tutto ciò che è stato realiz-zato in questa università e la con-vinzione che gli studenti faranno questo paese prospero e felice. Che Dio ci aiuti!” L'evento ha visto la partecipazione di membri del governo, dell'Acca-demia, del Senato e rappresentanti del corpo studentesco, così come i rappresentanti della società civile romena. Al termine della cerimonia, il Princi-pe ereditario ed i partecipanti hanno firmato l'Atto istitutivo del Centro di Ricerca Hortinvest. Elaborato da : http://monarchico.blogspot.it/

Romania, statua per la Regina Maria 12 ottobre 2012 Il Principe Radu e il Principe Nicola di Romania hanno partecipato alla cerimonia di inaugurazione della statua dedicata alla Regina Maria di Romania, nella città di Oradea, in Transilvania. Alla cerimonia la fami-glia reale rumena era rappresentata dal Principe Radu e dal Principe Ni-cola di Romania ed era presente anche l'Arciduchessa Maria Madda-lena d'Austria, figlia della principes-sa Ileana di Romania e nipote della regina Maria di Romania. La statua è stata inaugurata per o-norare la visita della Regina Maria, insieme a Re Ferdinando, alla città di Oradea avvenuta il 23 maggio 1919, dopo la liberazione della città da parte delle truppe del generale Traian Mosoiu. Nel teatro di Oradea si è svolto per l’occasione, un con-certo sinfonico dell'Orchestra Filar-monica di Stato, diretta da Romeo Rimbu, dove gli ospiti d'onore oltre ai Principi Radu e Nicola di Roma-nia, l'arciduchessa Maria Maddalena d'Austria. Al termine, i fuochi d'artificio hanno concluso la giornata. Elaborato da : http://monarchico.blogspot.it/ ________________________________

Spagna, celebrata la Giornata nazionale 12 ottobre 2012 Il Re Juan Carlos, la Regina Sofia, il Principe e la Principessa delle Astu-rie e la infanta Elena di Madrid han-no presieduto le cerimonie in occa-sione della festa nazionale di Spa-gna.

Dopo la parata militare si è svolto a Palazzo Reale un ricevimento alla quale hanno partecipato numerose autorità. Visto il perdurare della crisi economica che colpisce la Spagna, sono stati apportati tagli alla parata militare che quindi si è svolta in tono minore rispetto agli anni precedenti. La “Festa Nazionale Spagnola” è conosciuta anche come “giornata della hispanidad”, ed è il giorno de-dicato alla commemorazione della scoperta dell'America appunto, av-venuta il 12 ottobre 1492. Elaborato da : http://monarchico.blogspot.it/

74 anni per l’Imperatrice Farah 14 ottobre 2012 L'Imperatrice Farah della Persia compie 74. Farah Pahlavi, nata il 14 ottobre 1938 col nome di Farah Diba, è la vedova di Mohammad Reza Pahlavi, Shah dell'Iran, e Imperatrice della moderna Persia, oggi Iran.

Anche se i titoli della famiglia impe-riale iraniana sono stati aboliti dal regime islamico repubblicano, lei è ancora formalmente Imperatrice. Molti Stati ancora si riferiscono all'ex Imperatrice come Sua Maestà Impe-riale Shahbanou dell'Iran nei docu-menti ufficiali. Elaborato da : http://monarchico.blogspot.it/

________________________________

Matrimonio reale in Lussemburgo 20 ottobre 2012 Alla cerimonia religiosa che si è svolta nella Cattedrale di Notre Da-me di Lussemburgo, Sua Altezza Reale il Principe Guglielmo, erede al trono del Lussemburgo, si è sposato con la Contessa Stéphanie de Lan-noy.

Il matrimonio si è svolto in pieno ri-gore regale, ed è stato seguito non solo dagli abitanti del piccolo stato, ma è stato trasmesso dalle tv di tutto il mondo. (tranne che nella nostra repubblica - Ndr) La cattedrale di Notre Dame di Lus-semburgo era decorata per

http://www.reumberto.it

Il più documentato sito internet su Re Umberto II di Savoia

Page 14: ARALDO - 10-2012 - Novembre

14

l’occasione con 3mila rose, 500 piante e fiori diversi. La sposa è arrivata alla Cattedrale accompagnata dal fratello maggiore, ed ha scelto un bellissimo abito di Elie Saab di pizzo, ricamato con fili d’argento e un lunghissimo strasci-co. Stéphanie sfoggiava anche un velo di tulle di seta color avorio ricamato con fili d’oro. Guglielmo, erede al trono del Lus-semburgo, era in alta uniforme.

Presenti al matrimonio : Re Alberto II del Belgio e la Regina Paola, il Re di Norvegia Harald V e la Regina Sonja, il Principe Hans-Adam II del Liechtenstein e la Principessa, la Principessa Carolina di Monaco, gli eredi al trono di Spagna, Principe Felipe e la Principessa Letizia delle Asturie, la Regina Beatrice d'Olan-da, la Regina Margherita di Dani-marca e il Principe consorte Henrik, la Regina Silvia di Svezia, la Princi-pessa Lalla Salma, moglie del Re Mohammed VI del Marocco. Presenti anche Principe ereditario del Giappone Naruhito, e il Principe Emanuele Filiberto di Savoia con la Principessa Clotilde Courau, e altre famiglie reali come quelle di Roma-nia, Giordania, Grecia e Bulgaria. Grandi assenti il Principe William e Catherine Middleton, la Casa Reale inglese ha inviato come rappresen-tanti il principe Edoardo, quartogeni-to di Elisabetta II, accompagnato dalla moglie Sophie. Gli sposi dopo la cerimonia hanno passeggiato per le vie della città per salutare i loro sudditi, infine si sono affacciati dal balcone ducale. I lussemburghesi hanno potuto se-guire la cerimonia su uno schermo gigante nel centro della città. Elaborato da : http://monarchico.blogspot.it/

Dalla Redazione

Torino: Principessa Maria Pia di Savoia presenta il libro “La mia vita, i miei ricordi” di Stefano Piovano 28 settembre 2012 Per la città legata agli splendori della Casa Reale italiana, la giornata di lunedì scorso resterà nei cuori del pubblico accorso numeroso per scoprire o rendere omaggio al lega-me tra la famiglia Savoia e il capo-luogo piemontese. La primogenita di Umberto II e Maria Josè è ritornata nella culla delle sue origini, dinastiche, dopo alcuni anni di assenza. L’accoglienza riservata alla Principessa Maria Pia di Savoia è stata solenne ma allo stesso so-bria; accolta come ospite del Consi-glio Regionale dal Presidente dell’assemblea, Valerio Cattaneo, la figlia maggiore dell’ultimo Re d’Italia commossa dall’entusiasmo dei pre-senti, ha presentato il suo libro: “ La mia vita, i miei ricordi”, edito Monda-dori.

Il testo corredato da inedite fotogra-fie ricostruisce la storia di una fami-glia importante per la creazione del-lo stato italiano, attraverso gli avve-nimenti pubblici si intrecciano mon-danità e il quotidiano. Gli aneddoti di Maria Pia di Savoia permettono di scorgere particolari interessanti, senza nostalgie per il tempo andato. L’omaggio ai palazzi reali di Napoli, suo luogo di nascita “1934”, Racco-nigi e del Quirinale, abbandonato nel dopo guerra per rispettare l’esito del Referendum istituzionale che sancì

la svolta repubblicana, ricostruisco-no l’infanzia italiana di una maestra di stile, vicina alla moda dell’alta so-cietà senza mai rinunciare alla sem-plicità popolare. Una temeraria custode delle memo-rie sabaude, con una propria identità esercitata da modella per Vogue e successivamente come raffinata penna giornalistica. Il bel mondo si può ammirare negli scatti di vita pri-vata, sin dall’età di tre anni con la mamma Maria Josè per passare agli anni portoghesi a Cascais in com-pagnia del padre, Re Umberto II. In quegli anni, Maria Pia convolò a nozze nel 1955 con Alessandro di Jugoslavia, con cui ebbe quattro figli, tra cui Sergio presente in sala con alcuni collaboratori - inviati di Gente, il rotocalco settimanale atten-to nel corso degli anni alla vita “rea-le” e nobiliare italiana. La moglie, la mamma, la principes-sa, la modella, la scrittrice rivivono a Torino accanto al secondo marito, Michele di Borbone Parma, ottanta-sei anni portati con eleganza e retti-tudine, perfettamente descritti nella autobiografia: “Un prince dans la tourmente” (Nimrod), dove si scopre tra le altre cose l’esperienza del con-flitto in Vietnam, infatti il principe venne recluso per alcuni mesi in una prigione di canne di bambù. Una coppia di sangue blu che ama raccontarsi, farci sognare e riflettere perché la vita è una fantastica av-ventura come ci ricorda S.A.R. Ma-ria Pia di Savoia che deve essere accompagnata dal sorriso e dall’ottimismo. Facciamoci trascina-re dalla memoria di una signora al-lontanata dal proprio paese in tenera età con i propri genitori e fratelli, co-stretta a reinventarsi in modo spe-ciale, basta rileggere una dichiara-zione della principessa Maria Josè negli anni ottanta del Novecento: “Credo che i miei figli posseggano una dote in comune, ereditata dal padre: la bontà, la gentilezza d'ani-mo, insomma una specie di innato slancio verso gli altri che qualche volta addirittura li tradisce, defor-mando un poco la loro immagine presso l'opinione pubblica”. Per gustare tutti i ricordi partendo dagli inizi e giungere alle visite tori-nesi al figlio Sergio di Jugoslavia e

L’ARALDO di Biella al 7° anno con Voi !

Collaborate con la Redazione

Inviateci i vostri articoli alla seguente E-Mail

[email protected]

Page 15: ARALDO - 10-2012 - Novembre

15

le permanenze capitoline da amici della aristocrazia pontificia, non ci resta che sfogliare e ammirare il li-bro: “La mia vita. I miei ricordi” di Maria Pia di Savoia pubblicato dalla Mondadori con introduzione di Alain Elkann. Tratto da : www.culturalnews.it/ ________________________________

Roma: Villa Ada, due viali intitolati a Umberto II e Maria Jose' 27 ottobre 2012 Due viali di Villa Ada intitolati a Um-berto II e Maria Jose' di Savoia, ul-timi sovrani d'Italia, oggi, sabato 27 ottobre, alle ore 11.30, alla presenza del sindaco di Roma, Gianni Ale-manno e dei principi di casa Savoia. "Un evento storico per Roma e l'Ita-lia, un gesto di riconciliazione nei confronti del Re di Maggio Umberto di Savoia - spiega uno dei promotori dell'iniziativa, Mariofilippo Brambilla di Carpiano - Dopo 66 anni dalla fine della monarchia la città di Roma o-norerà la memoria degli ultimi so-vrani d'Italia con l'intitolazione di due Viali al Re Umberto II e alla Regina Maria Jose' all'interno di Villa Ada, già Villa Savoia, che fu tra le resi-denze più amate dal Re".

Presente all’evento, SAR il Principe Vittorio Emanuele di Savoia, la Prin-cipessa Marina ed il figlio Principe Emanuele Filiberto. Nel suo discorso all'intitolazione di largo Re Umberto II e viale Regina Maria Josè, nel parco romano di Villa Ada, Vittorio Emanuele di Sa-voia ha lanciato un nuovo appello alle istituzioni per la "giusta e defini-tiva" sepoltura al Pantheon dei suoi nonni (Re Vittorio Emanuele III e Regina Elena), dei suoi genitori (Re Umberto II e Regina Maria Josè) e di sua zia (Principessa Mafalda). Vittorio Emanuele di Savoia ha defi-nito la sepoltura al Pantheon "un atto di giustizia storica per chiudere

il periodo della transizione istituzio-nale". Pubblichiamo di seguito la Nota Stampa ufficiale :

NOTA STAMPA DI S.A.R. IL PRINCIPE

VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA

IN OCCASIONE DELL’INTITOLAZIONE DI

VIA RE UMBERTO II E DI VIA REGINA MARIA JOSÈ

A ROMA ROMA - 27 OTTOBRE 2012 ORE 12.00 Dalle ore 11.30 di oggi, nel parco di Villa Ada in Roma, alla presenza di numerose Autorità Civili e di molti cittadini si sta svolgendo la cerimo-nia d’intitolazione di due vie alla memoria di Re Umberto II e della Regina Maria José: un momento storico, per la prima volta nella storia dell’Italia post 1946. S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele, presente alla cerimonia con S.A.R. il Principe Emanuele Filiberto, ha rila-sciato la seguente dichiarazione: «Per la prima volta nella storia d’Italia dopo il 1946, la più importan-te Amministrazione Comunale della nostra Patria, quella di Roma Capi-tale, ha voluto intitolare due strade alla memoria dei miei Augusti Geni-tori, il Re Umberto II e la Regina Ma-ria José. Ricordo questo parco con grande emozione pensando ai primi anni della mia infanzia, in particolare a Zia Mafalda, ai miei Nonni, il Re Vit-torio Emanuele III e la Regina Elena, che insieme ai miei Genitori atten-dono ancora la giusta e definitiva sepoltura nel Pantheon di Roma. Tale gesto sarebbe molto significati-vo: lancio nuovamente, a nome di tutta la mia Famiglia questo appello alle Istituzioni, perché con questo ultimo atto di giustizia storica si pos-sa finalmente chiudere il periodo della transizione istituzionale. Sono grato al Sindaco On. Gianni Alemanno per la Sua sensibilità, ringrazio l’On. Giovanni Quarzo per il suo impegno e tutto il Consiglio Comunale di Roma che ha voluto, in modo bipartisan, tributare questo omaggio ai miei Genitori ed alla sto-ria d’Italia». Ufficio Stampa della Real Casa d’Italia

Informazioni

Per informazioni, iscrizione ad Alle-anza Monarchica, o abbonamento

ad Italia Reale contattare :

Presidenza Nazionale Avv. Roberto Vittucci Righini

Casella Postale No. 1 10121 Torino Centro

E-mail : [email protected]

Segreteria Nazionale Avv. Massimo Mallucci

Genova E-mail :

[email protected]

Segreteria Nazionale Giovanile

Sig. Lorenzo Beato Roma

E-mail : [email protected]

Commissario per il Piemonte

Sig. Alberto Conterio Cellulare : 340.5875737

E-mail : [email protected]

Presenza on line

Alleanza Monarchica Stella e Corona Sito Nazionale www.alleanza-monarchica.com/ Sito locale di Biella http://biellamonarchica.blogspot.com

Opinioni Monarchiche Le Opinioni di Alberto Conterio http://opinionimonarchiche.blogspot.com

Archivio Storico On line In favore della verità storica http://archiviostorico.blogspot.com

Savoia - Monarchia Oggi Forum di libero dialogo http://forum.politicainrete.it

Monarchici in Rete Portale unico dei monarchici italiani http://monarchicinrete.blogspot.com

Ultimo minuto

Il M5S non supererà il 20%» Francesco Riccardi 30 ottobre 2012 «Il risultato del Movimento 5 Stelle è sicuramente un successo. Parados-salmente, però, rischia di essere decisivo, di dover scegliere se dare l’appoggio al governatore Crocetta. Di doversi cioé "sporcare le mani" con la politica. E questa scelta in-fluenzerà il risultato a livello nazio-nale», spiega Roberto Cartocci, do-cente di Scienze politiche all’Università di Bologna. Professore, il primo dato che im-pressione è quello dell’astensione. Se l’aspettava così ampia? È un primato negativo non del tutto inaspettato ma figlio dello "spirito dei tempi": quelli della sfiducia e della smobilitazione dei vecchi arnesi. Poi sul voto in Sicilia hanno pesato an-che la mancanza di veri leader na-zionali e l’"ammucchiata" finale dell’amministrazione precedente. Queste elezioni sono un test nazio-nale? I partiti le hanno interpretate come delle prove generali, le hanno sfrut-tate per verificare alcune tattiche. La pletora di candidature segnala le forti divisioni esistenti nel centrode-stra e nel centrosinistra. Così che i grandi partiti hanno raccolto più o meno tutti tra un settimo e un ottavo dell’elettorato, senza che nessuno sia nettamente prevalente. Ma il movimento di Grillo ha vinto perché partiva da zero ed è arrivato al 15% (primo partito) o ha fatto flop perché non ha il governatore e non ha raggiunto il 30% previsto da al-cuni? Sostenere che il M5S abbia fatto flop mi sembra davvero esagerato. Per arrivare al 30% occorreva esse-re un partito popolare, fortemente radicato sul territorio. E anche at-trezzato... in tutti i sensi che questa parola può avere in Sicilia. Sarei prudente anche nel sostenere, come fa qualcuno, che il 15% in Sicilia può equivalere al 25% in Italia. Secondo me senza apparati forti non si supe-ra il 20% (che peraltro non è certo poco). Queste elezioni che cosa dicono allora sul piano nazionale? Al centrodestra dicono che ha asso-luto bisogno di ristrutturarsi e ritrova-re un’identità unitaria, altrimenti fini-rà per essere nuovamente "bastona-to". Nel centrosinistra, il Pd dovreb-be fermarsi a riflettere sulla vittoria ottenuta alleandosi con l’Udc e il risultato marginale conseguito inve-ce dalla sinistra. La posizione fronti-sta evidentemente non paga. Tratto da : www.avvenire.it/