AICARISSIMIFIGLI dellaChiesaparticolare diSanMarino ... · 2 luglio (che l’antico calendario...

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Pennabilli, 6 luglio 2009 Beatissimo Padre, a nome dell’intera Diocesi di San Marino-Montefeltro, in- tendo far giungere a Vostra Santità i sensi della nostra profon- da devozione e della nostra infinita venerazione. Santità, La sentiamo ogni giorno “dentro il nostro cuore” e ringraziamo il Signore del dono straordinario della Sua pre- senza e del Suo Magistero. Viviamo ogni giorno il compito – lieto e sacrificato – del- la testimonianza di Cristo risorto di fronte all’uomo di oggi. In questa missione che “irrobustisce la nostra fede” (Giovan- ni Paolo II), sentiamo che il Suo Magistero, forte e tenerissi- mo, illumina le nostre menti, fortifica i nostri cuori e ci aiuta ad essere parte viva dell’unico popolo del Signore, da Vostra Santità guidato. Santità, la Sua parola e la Sua testimonianza ci apparten- gono totalmente e ci fanno desiderare di vivere la nostra vita solo per Cristo e per la Sua Santa Chiesa. Preghiamo la Madre del Signore perché Le dia forza, in questo momento in cui le forze del demonio, in modo terribile e spesso imprevedibile, La rendono oggetto di attacchi vili e sconsiderati. Sappia, Santità, che siamo pronti a dare la nostra vita per Lei. Beatissimo Padre ci benedica tutti come figli amatissimi. Della Santità Vostra devotissimo. PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LV - N. 7 - LUGLIO-AGOSTO 2009 Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB di Forlì - Direttore responsabile: Francesco Partisani Continua a pag. 2 contiene I.R. AI CARISSIMI FIGLI della Chiesa particolare di San Marino-Montefeltro LETTERA APERTA DEL VESCOVO MONS. LUIGI NEGRI ALLA DIOCESI Carissimi, leggendo in questi giorni lo straordinario libro di Anto- nio Socci su Karol Wojtila sono stato colpito dalla conoscen- za di un avvenimento da me, fino ad oggi, ignorato. Il 12 settembre 1968 (dieci giorni prima della sua morte) San Pio da Pietrelcina inviava una lettera pubblica a Paolo VI fatto oggetto di terribili attacchi – dentro e fuori la Chiesa – per la pubblicazione dell’Enciclica “Humanae Vita”. Ho sentito allora impellente il dovere di coscienza di rivolgere, anche a nome dell’intera Diocesi, questo messaggio a Bene- detto XVI. Vescovo di San Marino-Montefeltro Auguriamo a tutti i nostri lettori Buone Vacanze

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Pennabilli, 6 luglio 2009Beatissimo Padre,a nome dell’intera Diocesi di San Marino-Montefeltro, in-

tendo far giungere a Vostra Santità i sensi della nostra profon-da devozione e della nostra infinita venerazione.Santità, La sentiamo ogni giorno “dentro il nostro cuore”

e ringraziamo il Signore del dono straordinario della Sua pre-senza e del Suo Magistero.Viviamo ogni giorno il compito – lieto e sacrificato – del-

la testimonianza di Cristo risorto di fronte all’uomo di oggi.In questa missione che “irrobustisce la nostra fede” (Giovan-ni Paolo II), sentiamo che il Suo Magistero, forte e tenerissi-mo, illumina le nostre menti, fortifica i nostri cuori e ci aiutaad essere parte viva dell’unico popolo del Signore, da VostraSantità guidato.Santità, la Sua parola e la Sua testimonianza ci apparten-

gono totalmente e ci fanno desiderare di vivere la nostra vitasolo per Cristo e per la Sua Santa Chiesa.Preghiamo la Madre del Signore perché Le dia forza, in

questo momento in cui le forze del demonio, in modo terribilee spesso imprevedibile, La rendono oggetto di attacchi vili esconsiderati.Sappia, Santità, che siamo pronti a dare la nostra vita per Lei.Beatissimo Padre ci benedica tutti come figli amatissimi.Della Santità Vostra devotissimo.

PERIODICO DELLA DIOCESI DI S. MARINO-MONTEFELTRO - NUOVA SERIE - Anno LV - N. 7 - LUGLIO-AGOSTO 2009Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB di Forlì - Direttore responsabile: Francesco Partisani

Continua a pag. 2

contiene I.R.

AI CARISSIMI FIGLIdella Chiesa particolaredi San Marino-Montefeltro

LETTERA APERTA DEL VESCOVOMONS. LUIGI NEGRI ALLA DIOCESI

Carissimi,leggendo in questi giorni lo straordinario libro di Anto-

nio Socci su Karol Wojtila sono stato colpito dalla conoscen-za di un avvenimento da me, fino ad oggi, ignorato.

Il 12 settembre 1968 (dieci giorni prima della sua morte)San Pio da Pietrelcina inviava una lettera pubblica a Paolo VIfatto oggetto di terribili attacchi – dentro e fuori la Chiesa –per la pubblicazione dell’Enciclica “Humanae Vita”. Hosentito allora impellente il dovere di coscienza di rivolgere,anche a nome dell’intera Diocesi, questo messaggio a Bene-detto XVI.

Vescovo di San Marino-MontefeltroAuguriamo a tutti i nostri lettori Buone Vacanze

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2MONTEFELTRO DALLA PRIMA PAGINA

MONTEFELTROPERIODICO DELLA DIOCESI

DI SAN MARINO-MONTEFELTRONUOVA SERIE

Anno LV - N. 7 - luglio-agosto 2009Poste Italiane s.p.a. - Sped. abb. post.

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 2 - DCB di Forlì

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Associato allaFederazione Italiana Settimanali Cattolici

Con questo gesto a cui vi ho asso-ciato, in qualche modo intendo ricorda-re questo anno, intenso e straordinario,che abbiamo vissuto insieme. Ringrazioil Signore dell’esperienza del primotratto della Visita pastorale; per me èstata ed è una esperienza di straordina-ria importanza, defatigante ma piena diuna profonda sollecitazione alla fede.Ho cercato di condividere la Vostra esi-stenza quotidiana; posso dire che hocercato di entrare dentro il vostro cuoree molti di voi sono entrati nel mio cuo-re. Ho condiviso le vostre gioie, i vostridolori, le vostre fatiche, le vostre trepi-dazioni, le vostre aspettative. Porto conme la commozione di una grande testi-monianza di fede che mi è venuta dallastragrande maggioranza dei cristiani cheho incontrato. Porto con me la grandetrepidazione per i grandi problemi cheanche fra di noi sono aperti: il problemadi un lavoro dignitoso, il problema del-la crisi delle famiglie, soprattutto quellegiovani, le tragedie in una realtà giova-nile che vive quasi senza accorgerseneuna lontananza dalla Chiesa e quindiuna lontananza da se stessi. Mettiamotutto questo nelle mani del Signore, at-traverso la mediazione di Maria, Madredel Signore e Madre della Chiesa, che ilnostro popolo da secoli venera nelleparrocchie, nei santuari, nelle edicole

Continua da pag. 1 che gremiscono le strade di queste no-stre vallate. Vi chiedo una preghieraparticolare per i molti problemi che laDiocesi è chiamata ad affrontare in que-sti prossimi mesi ed un aiuto particolareper me, che nei primi giorni del mese diagosto, predicherò un turno di esercizispirituali alle monache trappiste di unconvento venezuelano, la cui fondazio-ne risale al grande convento di Vitor-chiano. Su tutti il Signore faccia scen-dere la sua benedizione e ci faccia ritro-vare ancora più uniti nel mistero dellasua presenza in noi e fra di noi. Permet-tetemi anche di consigliarvi di usare nelmigliore dei modi questi mesi che nor-malmente sono di minore intensità lavo-

rativa e danno spazio a qualche possibi-lità di riposo. Non sia soltanto un ripo-so fisico, che pure è necessario, ma siauna ripresa del lavoro sulla nostra iden-tità di fede; che ci siano anche possibi-lità di esprimere con maggior verità econtinuità la carità nei confronti dei fra-telli. Rivolgo un grande abbraccio aibambini, ai malati ed agli anziani chesono la mia costante compagnia, la miapreoccupazione quotidiana.

Vi benedico tutti di cuore.Pennabilli, 10 luglio 2009

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3MONTEFELTRO TERZA PAGINA

Il periodo tradizionalmente consa-crato alle vacanze è punteggiato da fe-stività riferite alla Vergine Maria. Dal2 luglio (che l’antico calendario litur-gico riservava alla festa della Visita-zione di Maria) fino all’8 settembre siincontrano costantemente feste maria-ne o feste di santi che hanno stretta re-lazione con la Vergine.

Pensiamo al 16 luglio con la Verginedel Carmelo, al 26 con i santi Gioac-chino e Anna, al 5 agosto con la Ma-donna della Neve, al 14 agosto conMassimiliano Kolbe e al 15 agosto conla Festa dell’Assunta, al 20 agosto consan Bernardo e al 22 con Maria Regi-na, per finire con il 26 agosto, festadella Madonna di Czestochowa. Parecosì che la Vergine Maria desideri se-gnare il periodo del riposo con la be-nefica luce della sua presenza.

Del sopra citato san Bernardo, devo-to cantore della Vergine, si narra chesalutasse ogni effige mariana con leparole dell’angelo: Ave Maria! Ungiorno ripetendo il consueto saluto sisentì rispondere dalla Vergine: AveBernardo!

Questo episodio, non solo ci intro-duce nella lettura del bellissimo dipin-to di Filippino Lippi che abbiamo scel-to per accompagnare la nostra medita-zione, ma anche riassume simbolica-mente tutto l’itinerario cristiano: dive-nire cioè, come Maria, tempio dellaPresenza di Gesù. Rispondendo a SanBernardo con le stesse parole del salu-to angelico, Maria sembra indicargliche l’inabitazione divina, di cui ellaera stata per grazia ricolma, era ora perlui, come per ogni discepolo del Si-gnore.

Nel quadro del Lippi s’immortalal’intimità del rapporto che legava que-

sto grande monaco e la Vergine Maria.Pur senza esservi raffigurato tutto il di-pinto è pieno della Presenza di Cristo,del suo Mistero, della sua Parola.

Bernardo è qui raffigurato curvo sul-la Parola, mentre la medita e la com-

In altre parole è necessario imitareMaria che meditava nel suo cuore glieventi e le parole del Figlio confron-tandole con le parole della legge, deiprofeti e degli altri scritti sacri, nonchécon quelle dei rabbini del suo tempo.

“L’ARTE COME PREDICAZIONE EVANGELICA”Un fatto al mese

di Suor Maria Gloria Riva*

Imparare Cristo da Maria

menta. Al sopraggiungere della Vergi-ne solleva il capo estatico ed apre lemani in un gesto di stupore.Ignoranza delle Scritture è ignoran-

za di Cristo commentava san Gerola-mo, ma l’esperienza successiva ci hainsegnato che la sola Scrittura non ba-sta, è necessario legger la Scritturaall’interno della grande tradizione del-la Chiesa, è necessario leggerla “in gi-nocchio” con mente e cuore aperti allavoce dello Spirito. Continua a pag. 4

Maria qui, infatti, fissando negli occhiBernardo lo riporta alla Parola, glielaindica, additando tuttavia, con l’altramano, il cuore.

Il cuore di Maria è uno specchio diumiltà, traluce di verità e perciò pene-tra a fondo il senso ultimo della Paro-la, così alla sua scuola S. Bernardo hacompreso più a fondo il Mistero diCristo che la Parola stessa custodisce edischiude. Anche noi dobbiamo essere

Filippino Lippi, Visione di San Bernardo, Firenze, Badia

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4MONTEFELTRO DALLA TERZA

educati a questa scuola per imparareCristo.

Cristo, scriveva Giovanni Paolo II, èil Maestro per eccellenza, il rivelatoree la rivelazione. Non si tratta solo diimparare le cose che Egli ha insegna-to, ma di imparare Lui. Ma quale mae-stra, in questo, più esperta di Maria?Se sul versante divino è lo Spirito ilMaestro interiore che ci porta alla pie-na verità di Cristo (cfr Gv 14, 26; 15,26; 16, 13), tra gli esseri umani, nes-suno meglio di Lei conosce Cristo,nessuno come la Madre può introdurcia una conoscenza profonda del suo mi-stero (RVM 14).

Maria appartiene alla dimensioneceleste, è accompagnata dagli angeli,ma appare a Bernardo senza giungeredall’alto, dal cielo. Ella viene al santomonaco come in cammino. Maria pri-ma di noi ha peregrinato nella fede,per questo la sua scuola è autorevole.La divina maternità non le scontò nul-la del faticoso cammino della vita, an-che lei, come il Figlio, imparò l’obbe-dienza dalle cose che patì.

La sua presenza nella vita del cre-dente è, come canta la tradizione popo-lare “nemica di ogni eresia”, ella infat-ti rappresenta il legame indissolubiletra la divinità e l’umanità di Gesù.Questa vittoria certa della fede sull’e-resia, irrobustita e sorretta dalla pre-senza di Maria è testimoniata nella te-la del Lippi da un diavolo posto pro-prio alle spalle di S. Bernardo, che vi-sto vanificato ogni tentativo di corru-zione dell’anima del monaco, mordesconsolato le catene.

Imparare Cristo da Maria ha un pri-mo frutto immediato, spontaneo: sen-tirsi membro del suo corpo.

Al dialogo nutrito di sguardi fra laVergine e san Bernardo fa da sfondoun panorama pieno di armonia e bel-lezza entro il quale un gruppo di mo-naci ripresentano simbolicamente l’oraet labora benedettino. Due dimensioni,

Continua da pag. 3 queste, che dicono sinteticamente latotalità dell’esistenza. Nell’atto delpregare s’inscrive l’attività dello spiri-to nella quiete, nell’immobilità del cor-po, mentre nel lavoro è inscritto ilcoinvolgimento pieno dell’uomo- cor-po – cuore – spirito, nell’attività quoti-diana. Qui la vita monastica è rappre-sentata, non tanto quale fuga-mundi,ma nella sua espressione più genuina ecioè come tensione a una vita cristianapiù piena e perfetta, a una imitazionedi Cristo più completa e radicale. Lavita monastica è dunque questo: starecon il Signore e fare nel contempo unaforte esperienza di chiesa.

Nel quadro di Filippino, la beatifi-cante visione di Bernardo, la sua co-munione con Maria che rende più vivae penetrante la comprensione della Pa-rola, non è disgiunta, né estranea allavita laboriosa e quieta che si dipananel quotidiano dei confratelli. Essereuniti agli altri, nel proprio posto e nelproprio ruolo, sperimentare l’unità nel-le differenze è frutto della Presenza delRisorto in mezzo ai suoi. Quando pre-ghiera e impegno nel mondo nasconoda un’amicizia sincera e fedele con ilSignore Gesù e da una tensione a co-struire rapporti veri con i fratelli, allo-ra lì è l’esperienza autentica dellaChiesa, lì è la santità della vita.

Lippi descrive ogni particolare conminuzia, seguendo in questo la sapien-te tradizione fiamminga, ogni angolodi quest’opera è quadro a sé eppure, inessa, cura del dettaglio e armoniadell’insieme rimangono in prefettoequilibrio.

Così avviene nella nostra vita quan-do ci poniamo alla scuola di Maria. LaBeata Vergine infatti, mentre ci aiutaad evangelizzare gli infiniti luoghi del-la nostra vita e della nostra coscienzache ancora hanno bisogno della lucetrasformante del Vangelo, ci apre, nel-lo stesso tempo, al coraggio della testi-monianza.

Cristo ci è venuto incontro, Cristo ciha salvati qui e ora, nella nostra imper-fezione e debolezza. Così mentre go-

diamo della grazia della salvezza diCristo, dell’aiuto di Maria, dell’e-sempio dei Santi, del conforto dellacomunità dei fratelli ci riconosciamoperò sempre nella figura orante delcommittente che posto in basso a de-stra nella tavola della Badia di Firenze,contempla la scena implorante.

La vita cristiana non è acquisizionescontata ma è tensione verso una mètamai raggiunta eppur sempre vicina pergrazia e per dono. In questa tensione lapreghiera, e in particolare la preghieradel Rosario, ci aiuta a dare parole algemito inesprimibile dello spirito chein noi neppure sa che cosa sia conve-niente domandare.

Un piccolo cartiglio collocato soprail capo di Bernardo riporta una massi-ma di Epitteto, filosofo stoico del IIsecolo: “Sustine et abstine”. Tale ver-so, in sintonia con gli insegnamenti disan Bernardo, è come un segnale indi-catore per colui che si lascia conqui-stare dalla bellezza che la tavola spri-giona: l’astinenza, vissuta secondo gliinsegnamenti del Vangelo, lungi dal-l’essere rinnegamento della propria na-tura umana e della propria corporeità èinvece un prezioso mezzo per “soste-nere” la santità di vita e la tensioneverso la bellezza della vita spirituale.

Non bisogna farsi illusioni, il maleha un suo fascino verso il quale ogniuomo sperimenta un’attrazione. Nondobbiamo però neppure disperare: nonsiamo in balia dei nostri istinti! Abbia-mo sensi spirituali che combattono pernoi e con noi, abbiamo un avvocatopresso il Padre che ha sperimentato,proprio in virtù del suo essere nato dadonna, la fragilità della natura umana.

Forse la pausa delle vacanze desti-nata al riposo del corpo e dello spiritoè occasione propizia anche per prende-re consapevolezza di questa lotta, manel contempo della vittoria che Cristoci ha meritato e di cui la Vergine è pre-zioso e fulgida testimone.

* Comunità Monasticadell’Adorazione Perpetua - Pietrarubbia

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5MONTEFELTRO ORDINAZIONE DIACONALE

Sabato 20 giugno, in Cattedrale, Mons. Luigi Negri ha ordinatoDiaconi permanenti coniugati, cinque nostri fratelli nella fede. So-no Domenico Cecchetti, Antino Cecchi, Giovanni Ceccoli, Leo-nardo Errani, Gilberto Fanfani. Rappresentano tutta la Diocesi evanno ad aggiungersi, in un sol giorno, ma che giorno…, al primoe fino ad ora unico Diacono della nostra Chiesa, Don GrazianoBartolini. È stato un momento forte per la Diocesi di San Marino-Montefeltro rappresentata nella Cattedrale di Pennabilli da tantisacerdoti e moltissimi fedeli. Abbiamo voluto raccogliere dai “pro-tagonisti” di questo grande evento per la Chiesa sammarinese-fe-retrana il loro racconto, la loro storia, per sapere da loro quelloche sta a monte di una vocazione importante che, come ha detto ilVescovo nell’Omelia “hanno vissuto e vivono pienamente la lorovocazione laicale dentro il popolo di Dio come sposi e padri e vi-vono una missione della Chiesa dentro il mondo attraverso la loroprofessione, il loro impegno, le circostanze della loro vita quoti-diana e sono coinvolti nel mistero del sacerdozio di Cristo. Nel pri-mo grado di questo ordine sacro che la Chiesa offre anche a lorocome possibilità di una immedesimazione più profonda col misterodel Signore e con un’assunzione più piena della responsabilità cheCristo ha e vive nei confronti della comunità della Chiesa. “En-trate dentro il sacerdozio di Cristo nel livello più radicale, iniziale

Cinque nuovi diaconi per la nostra ChiesaCinque nuovi diaconi per la nostra Chiesama ben identificato – ha continuato Mons. Negri: diventate diaco-ni del Signore e vorrei dire che assumete, dell’immagine del nostrosalvatore che permane come capo della Chiesa, la caratteristicadel servizio”. In questo numero pubblichiamo le testimonianze ditre neo Diaconi; le altre due le troverete nel prossimo.

F.P.

DOMENICO CECCHETTI

La vocazioneal diaconato permanente

Rendo volentieri una testimonianza sullavocazione diaconale, o meglio come il Si-gnore è riuscito a prendermi e a farmi ma-turare questa disponibilità, nonostante l’etànon più giovane. Il percorso è nato conqualche servizio alla Chiesa di Dogana, do-ve gradualmente ho maturato l’idea di spen-dere il mio tempo libero al servizio dellaChiesa. Nel primo periodo il servizio veni-va vissuto però come un servizio di volon-tariato sociale. In un secondo momento èavvenuto in me un cambiamento radicalenel vivere la fede e nel vivere il servizio.Infatti vivevo la fede come attrazione e ti-more della Divinità senza farla partecipedella mia vita o meglio senza permetterle dientrare dentro. Mi dichiaravo cristiano, pro-nunciavo preghiere alla Santissima Trinitàed alla Madonna, ma senza capire tutta laloro grandezza e la loro portata. Inoltre nonsapevo valutare, nella giusta misura, l’im-menso Amore di Dio verso l’uomo, verso lasua creatura.

È evidente che era prevalente in mel’orgoglio, il credere di poter penetrare lavita e il cielo da solo. Ad un certo momen-to è sopraggiunto (provvidenzialmente) uncerto avvilimento e l’inevitabile crisi: il mioessere cristiano era una cosa formale, nondava frutti, la mia vita non cambiava di unavirgola, ero fermo, direi bloccato, non av-veniva in me alcun cambiamento o miglio-ramento spirituale e comportamentale. DioPadre, suo Figlio Gesù Cristo, lo Spirito

Santo, la Vergine Maria ed i Santi non ag-giungevano niente alla mia vita. Eppure, se-condo me, conoscevo e cercavo di vivere,al meglio, il mio essere cristiano.

È proprio il caso di dire che “l’Amore diCristo ci spinge...” come riporta San Paolonella seconda lettera alla comunità cristianadi Corinto, anzi direi che non molla, perchéquando la crisi stava per trasformarsi in sfi-ducia, lo Spirito del Signore è venuto inaiuto: mi ha messo in ginocchio, mi ha im-parato un po’ di umiltà, mi ha predispostoad affidarmi, mi ha dato la capacità diascoltare e il desiderio di far penetrare den-tro il suo messaggio, il suo Vangelo. Mi so-no reso conto che lui era l’Autore della vitae che esiste un suo progetto su questa vita eche anche su di me, come su tutti, Dio haun progetto scritto fin dall’eternità. Far en-trare dentro di sé Dio, amarlo come Padreda figlio (seppure adottivo), capisci che seifiglio di un Amore grande, più grande di te,un Amore che trascende tutto e tutti. LaBeata Vergine Maria credo sia stata digrande aiuto con la sua dolcezza e la sua te-nerezza al mio camminare verso il Signoree verso l’ordinazione.

Per questo cambiamento avvenuto nellamia vita devo ringraziare anche tanti Sacer-doti, eloquenti Maestri ed Amici sinceri.Quando incominci a prendere coscienzadell’amore di Dio Padre incominci a gioire(e a piangere di gioia, a volte) per l’incar-nazione di suo Figlio Gesù Cristo e per lasua vita donata, in perfetta obbedienza alPadre suo, per la nostra salvezza. È unascoperta ed un incontro che cambia la vita,che cambia tutti i parametri precedenti, è unimpatto che ti pone in un atteggiamento di

perplessità, come dire: e adesso cosa fac-cio? Le domande arrivano presto dal Sacer-dote che ti chiede servizi e ti invita a fre-quentare corsi per i ministeri laicali. Poi ar-riva la chiamata del Pastore e l’invito a fre-quentare un cammino in preparazione al-l’ordine del diaconato permanente. Dovreinominare tanti Sacerdoti come segno di rin-graziamento, ma non posso non citare, per-ché sono a loro riconoscente, i Pastori:Mons. Paolo Rabitti per aver creduto in mee avermi chiamato a frequentare il corso peril diaconato e Mons. Luigi Negri per averposto in me tanta fiducia ed avermi, il 20 giugno scorso, imposto le mani e, così,ordinarmi diacono permanente della Chiesaparticolare di San Marino Montefeltro. AMons. Agostino Gasperoni un grazie since-ro per avermi accompagnato come Guidaspirituale, con la pazienza e la pacatezzadell’uomo di fede sempre pronto ad elargi-re consigli e insegnamenti di vita.

La vocazione al diaconato permanente‘sposato’ non è di un singolo, ma di unacoppia e così è doveroso ricordare mia mo-glie Nevia, con la quale sono sposato da 43anni, per essermi stata vicino e avermi ac-compagnato nel cammino ed ora condivide-re, con partecipazione, la vita matrimonialee diaconale. Io arrivo tardi, un po’ comequei vignaioli che sono andati a lavorarenella vigna sul far della sera. Non potrò farmolto, ne sono consapevole, ma quel pocoche posso fare lo offro volentieri al Signo-re, attraverso il servizio alla sua Chiesa edai fratelli, come ringraziamento del suoAmore e dell’offerta di salvezza che Egli haportato, con la sua umanità, a tutti gli uo-mini.

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6MONTEFELTRO ORDINAZIONE DIACONALE

ANTONIO CECCHI

Un diacono coniugatoracconta...

Fin da piccolo ho avuto la fortuna di vi-vere in una famiglia che, seppure in modosemplice, mi ha sempre aiutato dal punto divista della fede. Dapprima insegnandomi apregare e ad avere rispetto del Signore, poiaccompagnandomi alla S. Messa domenica-le e a ricevere i primi Sacramenti. Una vol-ta sposato ho continuato a partecipare allavita della mia parrocchia sia accanto a miamoglie, sia vicino ai miei figli che ho soste-nuto, a mia volta, lungo gli anni di catechi-smo e nei cammini aggregativi.

La mia attività all’interno della Chiesa,però, si è intensificata a partire dagli ultimiquindici anni. Il mio parroco di allora, donElio Ciccioni, mi ha coinvolto nel progettodi creazione di un gruppo Scout per ragazzia Pennabilli. Divenendo uno dei capi ho co-minciato a rendermi conto dell’importanzae della gioia che dà il servizio reso a Dioattraverso l’evangelizzazione del prossimo.Nel frattempo, terminata l’esperienza Scout,ho iniziato a far parte dell’UNITALSI-USTAL diocesana con i miei familiari. An-che questa è per me un’esperienza moltobella che mi permette di stare accanto agliammalati, ai disabili e agli anziani, biso-gnosi anche del mio servizio, sia nei pelle-grinaggi, sia nella mia realtà quotidiana. Èproprio durante il primo pellegrinaggio aFatima, davanti alla Madre Celeste, che lamia vita ha preso una svolta di fondamenta-le importanza: ho cominciato a desideraredi intraprendere un cammino di fede piùprofondo e mirato che si è poi rivelato esse-re la strada verso i ministeri istituiti. Cosìsono diventato prima Accolito (1997), ope-rando con forte senso di responsabilità nel-la parrocchia e poi Lettore (2006).

Poter ricevere l’ordinazione diaconale èdiventato ben presto un grande desiderio.Mia moglie ha compreso questa volontà emi è stata sempre molto vicina lungo le tap-pe del percorso di fede e formazione parte-cipando con me a incontri, lezioni, ritiri.Lei e i miei figli mi hanno incoraggiato esostenuto nei momenti in cui mi trovavo unpo’ in difficoltà: quando ho dovuto con-frontarmi con concetti non sempre semplici,quando è stato necessario rimettermi a stu-diare dopo tanti anni...

Ho cercato, però, sempre di impegnarmie di seguire gli insegnamenti, perché gli ar-gomenti che venivano trattati erano moltointeressanti e coinvolgenti.

Devo ringraziare per questo anche i di-versi sacerdoti della Diocesi, oltre a Mons.Ciccioni e a Don Maurizio Farneti semprepresenti, perché hanno contribuito in vario

LEONARDO ERRANI

Storia di una vocazione...Sono nato a Macerata Feltria, in una famiglia molto unita, dove ho avuto il primo esem-

pio di “sequela” di Cristo. Infatti mio padre, mia madre, i miei nonni, uniti da un amore fat-to di testimonianza e rispetto reciproco, hanno contribuito a rendere la mia infanzia serena,anche se gli anni del dopoguerra erano duri.

La svolta l’ebbi a cinque anni: vedevo mio padre uscire sistematicamente ogni sera alleventuno e mi chiedevo: “Dove andrà mai?”. Una sera di maggio mi disse: “Vieni, andiamoa trovare il mio amico”. Uscimmo, il profumo dei glicini si spandeva nella notte e le ranegracidavano nel fiume vicino. Camminammo per una strada bianca, mio padre mi tenevaper mano, ero felice e orgoglioso. Ad un tratto si fermò e mi disse: “Guarda!”. E mi indicòun grande crocifisso, tuttora esistente, a cui i bombardamenti tedeschi avevano troncato unagamba.

La luna piena lo rischiarava e il canto dei grilli aumentava, mio padre continuò: “Vedi,io sono cieco da un occhio e lui è senza una gamba. Leonardo, fra persone provate si è ami-ci e Lui è il Figlio di Dio”. Così conobbi per la prima volta Gesù, mi rimase nel cuorel’amico di mio padre.

Con il tempo, ai miei famigliari si sono sostituiti coloro ai quali prestavo lavoro, poi misono formato una famiglia. II mio essere è stato sempre scandito da una continua serie diappuntamenti e di servizi, sia in chiesa che sul lavoro. In mia moglie Gabriella e nelle miefiglie Alessandra ed Eleonora, ho trovato la mia dimensione terrena, costituiscono la mia fa-miglia, e, in mezzo alle sofferenze, alle malattie e alle gioie, i loro riferimenti sono Cristoe la Chiesa. Sono passati molti anni e nelle sofferenze mi scoprivo sempre a pregare. Dice

modo alla mia preparazione culturale e spi-rituale.

Particolare gratitudine va a don AgostinoGasperoni che per anni ha accompagnatome e i miei compagni di cammino dandocianche una grande testimonianza dal puntodi vista umano.

I Vescovi Mons. Paolo Rabitti, prima,Mons. Luigi Negri, poi, hanno avuto fidu-cia in me, mi hanno sostenuto ed è anchegrazie a loro che circa un anno fa sonogiunto alla candidatura al Diaconato perma-nente coniugato. Infine il 20 giugno 2009sono stato ordinato Diacono nella Cattedra-le di Pennabilli insieme a quattro confra-telli.

Avevo tanto atteso questo giorno cheneanche la giornata di mal tempo è riuscitaa sminuire la gioia di ritrovarmi nella Casadel Signore con numerosi parenti e amiciintervenuti da tutta la Diocesi e non solo.Durante la solenne Ordinazione ho provatonel mio intimo una commozione profonda.Non potrò mai dimenticare i momenti fortidella celebrazione come la consegna del li-bro dei Vangeli, guida per la mia nuova vi-ta e l’abbraccio e il bacio di pace scambia-to con il Vescovo.

Un’altra grande emozione l’ho provata ilgiorno successivo, la domenica, in cui holetto e commentato per la prima volta da-vanti alla mia comunità parrocchiale il pas-so del Vangelo.

Ora dovrò continuare ad impegnarminella mia missione in forma più consapevo-le, ufficiale e operativa specialmente occu-pandomi dell’ambito che il Vescovo mi haassegnato come Collaboratore pastorale del

Santuario della Beata Vergine delle Graziee della Parrocchia San Pio V in Pennabilli,nulla togliendo agli impegni verso la miafamiglia e al suo coinvolgimento.

Adesso mi sento proprio uno dei «Diaco-ni fortunati» così come, amabilmente, cichiamano i Diaconi permanenti che si pre-parano a diventare sacerdoti; doppiamentefortunati, perché sposati due volte, con lapropria moglie e con la Chiesa.

L’istituzione diaconale ha radici lontanea quando, cioè, gli Apostoli pregarono eimposero le mani sopra i primi sette uominipronti ad esercitare il loro ministero percompiere, dapprima opere di carità e poiper dare la loro vita sottoforma di serviziopresso le comunità cristiane nascenti.

Il loro amore a Cristo e alla Chiesa eraprofondamente legato alla Beata Vergine,l’umile serva del Signore, che è stata gene-rosa nella diaconia del suo Figlio divino.

I Diaconi, da allora, hanno maturato econsolidato il loro ruolo di servi della Chie-sa di Cristo legato strettamente all’azionedel Vescovo da cui dipendono per il tipo diservizio, divenendone umili collaboratorinella guida del popolo di Dio. Perché si di-venta Diaconi ancora oggi? Non solo perdare un aiuto concreto ai servizi ecclesiali,ma per volontà e Grazia di Dio che chiamai propri figli ad essere docili strumenti nel-le Sue mani.

Sia fatta anche di me la volontà del Si-gnore davanti al quale mi prostro umilmen-te mentre guardo con venerazione, affettoprofondo e speciale alla Vergine Madrechiedendo a Lei che mi aiuti a progredirenella fedele sequela di Cristo.

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7MONTEFELTRO DALLA DIOCESICarlo Carretto che il deserto è la scuoladell’intimità divina, e lo spazio silenzioso esenza confini, dell’incontro con l’assolutodi Dio.

La sofferenza è deserto e ti ritrovi solo.“Solo” non significa assenza di uomini, mapresenza di Dio. Infatti quando ogni conte-sa viene meno, Gesù dall’alto di quella cro-ce mi guarda, io mi rassereno e continuo ilmio cammino. Diversi sono gli avvenimen-ti indelebili nella mia vita: la Prima Comu-nione, la Cresima, il Matrimonio con Ga-briella, la Grazia delle due figlie Alessandraed Eleonora, i Ministeri, nella cattedrale diRimini con Monsignor De Nicolò, la Can-didatura al Diaconato, a Pennabilli contutta la mia famiglia.

Ringrazio tutti i sacerdoti che il Signoremi ha messo a fianco, di cui ricordo affet-tuosamente sia il nome che la presenza,perché mi hanno arricchito spiritualmente eculturalmente, mettendomi a disposizione illoro tempo e la loro preparazione.

L’esperienza fatta in momenti particolaricon il Rinnovamento nello Spirito, ha datoun’impronta definitiva alla mia vita, facen-domi fissare lo sguardo su Gesù.

Un grazie a mio fratello Cesare col qua-le divido il lavoro. Ha sempre collaboratonel tempo che sottraevo all’attività per de-dicarmi alla mia formazione e questa èun’ulteriore grazia di Dio.

Oggi sono diacono di Dio, al Suo servi-zio, regolarmente consacrato dal Vescovodi San Marino-Montefeltro, a nome dellaChiesa universale.

La chiamata del Signore è stata per menon immediata, ma è cresciuta piano pianonella mia libertà di espressione e di vita.Cosa avrà riservato il Signore per me? Sen-to intimamente che il diacono è uno cheserve i fratelli, portando loro il pane dellaParola e il pane dell’Eucarestia.

Gli occhi di Gesù, dalla croce, mi chia-mano sempre come una volta a sostare conLui. La Vergine SS.ma interceda per me eper la mia famiglia. Il “sì” di Maria ci sia diaiuto e rinfranchi il nostro cammino.

Durante la mia ordinazione, quando incattedrale a Pennabilli venivano cantate lelitanie dei Santi e Sua Eccellenza il Vesco-vo mi ha messo in mano il Vangelo, ho det-to al Signore: “Eccomi...”. Saprò fare laSua volontà? Dice Isaia “Confida nel Si-gnore, sempre, perché il Signore è una roc-cia eterna”. Tutti siamo strumenti, il nostromodello è sempre Cristo. Signore, che lanostra passione per predicare di Te nasca daun cuore che ama. È impossibile conoscertie non trasmetterti; come quando amiamoqualcuno, il nostro cuore non può che pen-sare, parlare e fare il possibile per la perso-na amata. Predicare Te significa trovare noistessi, perché Ti portiamo nel cuore e Tu cihai creati per Te.

PRESTITO DELLA SPERANZASi potrà accedere al prestito a partire dal 1º settembre 2009 rivolgendosi per quanto ri-

guarda la Diocesi di San Marino-Montefeltro alla Caritas diocesana.Alcuni segnali positivi fanno ben sperare in una ripresa economica, così dicono gli esperti.

Tuttavia cassa integrazione e licenziamenti continuano a lasciare a casa sempre più lavorato-ri. La situazione diventa drammatica quando una famiglia perde, con il lavoro, l’unica fontedi reddito. Se poi c’è l’affitto o un mutuo da pagare si sprofonda in un mare di problemi.

In questo periodo di crisi, insieme agli aiuti che ogni Caritas diocesana sta mettendo incampo, i Vescovi italiani hanno voluto dare all’Italia un segnale di solidarietà e di aiuto con-creto. Pensando al minimo necessario per una famiglia per “rimanere a galla” si è ipotizza-ta la cifra di 500 euro al mese per un anno o, eventualmente, anche due. Così da “svalica-re” l’anno 2010 che, si spera, segni la ripresa definitiva. Questo sostegno economico non èperò a fondo perduto e non è la Chiesa a erogarlo ma è dato in forma di prestito dalle ban-che che hanno aderito alla proposta della Chiesa italiana. Di questo prestito la Conferenzaepiscopale italiana si è fatta garante. È nato così il “Prestito della Speranza”.

Il 31 maggio scorso in ogni parrocchia si è fatta la colletta nazionale per costituire il fon-do di garanzia. Le banche convenzionate metteranno a disposizione 300 milioni di euromentre la Chiesa cattolica ha costituito un fondo di 30 milioni di euro per le eventuali in-solvenze. Si è stimato così di poter erogare un prestito a 20-30 mila famiglie. Le famiglieche potranno accedere a questo prestito sono quelle che hanno “tre figli che studiano o chesono gravate da situazioni di malattia o disabilità e che, a causa della crisi economica, han-no perso la fonte di reddito”. Trattandosi di un prestito la famiglia deve poi restituirlo allabanca fino a un tempo massimo di 5 anni. Si potrà accedere al prestito a partire dal 1 set-tembre 2009 rivolgendosi per quanto riguarda la Diocesi di San Marino-Montefeltro alla Ca-ritas diocesana. La scelta della famiglia è dovuta al fatto che essa “è uno degli ammortizza-tori sociali più efficienti, inoltre è anche la trama relazionale più necessaria per un armoni-co sviluppo delle persone e della società. Inoltre la famiglia numerosa è la più espostaall’emergenza”. Questa opzione non esclude l’aiuto a famiglie non numerose o a personesingole, per le quali sono già in corso interventi e progetti di vario tipo e spesso a fondo per-duto. L’iniziativa intende solo dare un segno di speranza a quei nuclei familiari che, in untempo di crisi come questo, fanno più fatica e rischiano di essere lasciati a se stessi.

don Mirco Cesarini

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8MONTEFELTRO UFFICIO LITURGICO

Riflessioni di mezza estateTEMPO DI RIPOSO, LA VACANZA NON È AFFATTO SINONIMO DI DISPERSIONE E DI DISSIPAZIONE,

MA DI ATTIVITÀ DIVERSA. CON TANTE BELLE ESPERIENZE

Rivalutare la vacanzaFaccio coincidere ormai da tanti anni la

mia breve vacanza estiva con il soggiornoin una casa ospitale nell’ambiente dolo-mitico, mettendomi a disposizione degliospiti per qualche scambio spirituale. Sia-mo diventati una famiglia e per tutti iltempo di riposo è anche tempo nel qualeci si può dedicare a ciò che ci interessa dipiù, a ulteriori e più profonde conoscen-ze, a nuove esplorazioni, fra cui emergequella fondamentale del proprio animo.Un tempo di ricostruzione interiore e nondi abdicazione e di abbandono. Credo chela vacanza debba essere rivalutata comemomento di libertà e riappropriazione dinoi stessi, per esplorare le profondità delproprio spirito, per dare spessore e consi-stenza alla propria vita interiore.

Vivere continuamente fuori di sé signi-fica rinunciare alla propria grandezza ealla propria libertà. Non si può riempiretotalmente la giornata di riposo con gio-chi, chiacchiere inutili e distruttive, occu-pazioni esterne.

L’uomo vale per quello che riesce amaturare in se stesso, per quello che è,quindi per i silenzi che riesce a creare e apenetrare con la sua pazienza e la sua vo-lontà. Vivere al di fuori è rinunciare allapropria natura e alla propria dignità.

È la tentazione normale di tutti coloroche hanno paura a rientrare in se stessi, aguardare dentro di sé, la tentazione chesvuota alla radice le ore e i giorni puredestinati ad arricchire la nostra esistenza.La vera vacanza passa per altre strade.Sostare dinanzi agli spettacoli della natu-ra, misurare la grandezza del mare e delcielo stellato, ammirare estasiati un’alba oun tramonto, rimanere incantati dinanzialla maestà delle nostre montagne è dareluce e colore agli occhi e respiro all’a-nima.

Il salmista ci ha preceduto in questacontemplazione: “I cieli narrano la gloriadi Dio e l’opera delle sue mani annunziail firmamento”. E San Francesco ci offrele parole giuste per esprimere i nostri sen-timenti con il suo meraviglioso Canticodelle creature, l’inno ufficiale delle va-canze cristiane.

Lo splendore della natura è un’oc-casione provvidenziale di preghiera intesacome risposta alla parola di Dio. Il creatoè il primo degli interventi di Dio. Ma ilcredente sa che c’è anche un’altra Parola,

ancora più esplicita, più densa, più ricca,e più coinvolgente. Il tempo della vacan-za è anche il tempo della preghiera piùprolungata e più intensa in questo senso.Leggere libri che concilino questa rifles-sione, cominciando naturalmente dallaSacra Scrittura, ricercare, anche comuni-tariamente, luoghi di silenzio e di quiete,passare momenti di relax spirituale inqualche chiesa, in qualche santuario, inqualche monastero o casa di spiritualità èun pensiero che deve attraversare effica-cemente i giorni della nostra vacanza. Il

zio. Così è capitato a me di celebrarel’Eucaristia festiva in una chiesa moltogrande, con una assemblea di centinaia difedeli che arrivavano a gruppi prima del-la celebrazione, che prendevano ordinata-mente posto nelle lunghe panche, che ri-spondevano, cantavano, vivevano gioio-samente il momento dello scambio dellapace, si accostavano alla comunione. Lapresenza di non pochi giovani dava a chiguardava e studiava attentamente la situa-zione un elemento di fiducia e una inie-zione di speranza. Impossibile dire che ilConcilio non ha maturato e fatto cresceredi non poco il popolo cristiano. La rifor-ma liturgica, l’accesso alla Bibbia, il ri-chiamo alla partecipazione alla vita eccle-siale stanno dando i loro frutti. Oggi pos-siamo contare su una comunità cristianacertamente più viva e più sensibile diquelle che avevamo ereditato dal passato.

Chiese piene sulle Dolomiti o al marenon significa affatto partecipazione coraledei battezzati all’incontro domenicale.Certamente la maggior parte di questi ri-mane abitualmente sulle strade, sullespiagge, nelle case, impegnati nei diversi-vi che le vacanze portano sempre con sé.Quanta gente, per esempio, si incontra insu e in giù, a correre o a piedi o in bici-cletta. La cura del corpo che non permet-te in uguale misura anche la cura dellospirito.

Ma per una volta almeno lasciamo an-dare le statistiche, certo non confortanti,forse anche meno confortanti del passatoanche recente.

Chiese piene significa che si tratta dimoltissime persone, migliaia e migliaia.Se si tengono presenti le parole di Gesù eanche la sua esperienza di vita, possiamorimanere contenti e soddisfatti perché ab-biamo fra le mani un enorme potenzialedi Chiesa che, portato alle sue estremeconseguenze, potrebbe rivoluzionare ilmondo.

La conclusione è dunque quella dismettere di lamentarsi e di impegnarsi in-vece con la massima attenzione alla curadi quanti si muovono intorno a noi. Se lacomunità cristiana diventerà veramenteuna comunità missionaria, la nostra Chie-sa potrà guardare al suo futuro con sere-nità e fiducia.

don Lino Tosi

riposo dello spirito, la gioia di ritrovarefinalmente se stessi, la pienezza di coluiche riesce a dare alla propria vita la di-mensione sicura della trascendenza edell’eternità.

Momenti di ri-creazione nel senso piùprofondo della parola.

Giornate piene anche quelle della va-canza: un altro lavoro sostituisce la faticaquotidiana della professione, della routi-ne, dell’impegno obbligato e in qualchemodo subìto.

La vacanza intesa non come abdicazio-ne, resa, rilassamento, ma come momentocreativo della fantasia e della ragione.L’uomo si esprime meglio nell’organiz-zazione della propria vacanza che delproprio lavoro!

Iniezione di fiducia e speranzaPer noi preti penso sia normale metter-

ci a disposizione della parrocchia che ciospita per le vacanze, per qualche servi-

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9MONTEFELTRO INDULGENZA PLENARIA

I documenti che pubblichiamo di seguito sanciscono lo “Spiri-tuale Vincolo di Affinità” che il Santo Padre, in seguito alla ri-chiesta partita dalla Diocesi, e presentata dalla PenitenzieriaApostolica retta dal Cardinale Stafford, ha concesso al Santua-rio Diocesano della B.V. delle Grazie di Pennabilli. Così laSanta Sede ha stabilito che i pellegrini che si recheranno inquesto Santuario, attenendosi alle consuete condizioni, potran-no lucrare l’Indulgenza Plenaria. Sono state riconosciute, in talmodo, al Santuario ove è venerata la sacra Immagine dellaB.V. delle Grazie, le stesse caratteristiche di S. Maria Maggiorein modo tale da beneficiare dell’Indulgenza alla stessa manieradi cui gode la Basilica di Roma, a far data dal 29 gennaio scor-

so, giorno in cui il Santuariodi Pennabilli è stato iscritto neiregistri della Basilica di Roma,con il documento redatto dallaPenitenzieria Apostolica. Il de-creto che è a firma del Cardi-nale Arciprete Bernard F.Law e controfirmato dal dele-gato del capitolo Mons. CiroBovenzi ha valore perpetuo,senza alcuna limitazione.

F. P.

IlIl SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLE GRAZIESANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLE GRAZIEdi Pennabilli unito da spirituale vincolo di affinitàdi Pennabilli unito da spirituale vincolo di affinitàcon la Basilica di S. Maria Maggiore di Romacon la Basilica di S. Maria Maggiore di Roma

Beatissimo PadreElio Ciccioni, Vicario Generale e Rettore del Santuario sotto il titolo della Beata Vergine delle Grazie, in Pennabil-li, nel territorio della diocesi di San Marino-Montefeltro, con l’approvazione premurosa dell’Ecc.mo Vescovo e conl’assenso benevolo dell’Em.mo Cardinale Arciprete della Basilica Papale di S. Maria Maggiore, rivolge umile pre-ghiera a Vostra Santità per chiedere il dono della indulgenza plenaria, per i fedeli che con devozione visiteranno ilpredetto Santuario Mariano.I fedeli, infatti, che sono soliti visitare tale tempio, coltivano, con particolare affetto, la devozione alla Beata Vergi-ne e sanno che questa fedele devozione, porta di per sé ad un emendamento della vita e ad un generoso impegno aprogredire nelle virtù, specialmente della Fede, della Speranza e della Carità, verso Dio e verso i fratelli; di qui ilfrutto della indulgenza, in quanto essa richiede di escludere ogni affetto verso qualsiasi genere di peccato e insiemeporta con sé la fioritura di una pietà più viva.E affinché i fedeli possano attingere questi attesi benefici, sarà premura di coloro a cui è affidato il Santuario, dimettere a disposizione un numero abbondante di confessori.L’unione spirituale, attraverso le preghiere e le buone opere con il principale tempio Mariano, a somiglianza delquale, sono arricchiti degli stessi giorni di indulgenza, è nata per corroborare la comunione filiale con Vostra San-tità e inoltre perché giunga gradito il sentimento di unità e di comunione con tutti i fedeli della chiesa in ogni lati-tudine.La Penitenzieria Apostolica per la speciale facoltà concessa dal Sommo Pontefice, di buon grado accoglie la pre-ghiera e concede l’INDULGENZA PLENARIA alle consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione euca-ristica, preghiera secondo l’intenzione del Sommo Pontefice) ai fedeli veramente pentiti, da lucrare nel Santuario del-la Beata Vergine, qualora assistano devotamente a una sacra funzione, o recitino almeno il Padre nostro e il Credo:a. Nel giorno della festa della Basilica Liberianab. Nel giorno di festa dello stesso Santuarioc. Nelle solennità liturgiche della Beata Vergined. Una volta all’anno in un giorno liberamente scelto da ciascun fedelee. Ogni volta che un gruppo si rechi in pellegrinaggio per devozione al SantuarioIl presente decreto ha valore perpetuo, senza alcuna limitazione.

Prot. N. 29/09/I

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10MONTEFELTRO INDULGENZA PLENARIA

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11MONTEFELTRO INDULGENZA PLENARIA

SPIRITUALE VINCOLO DI AFFINITÀCon la Papale Basilica Liberiana

La Basilica Papale di S. Maria Maggiore, primo tempio dedicato a Maria Santissima,gloria e lode del Concilio Efesino, per secoli brillò per la devozione del popolo di Dioe soprattutto dei Romani Pontefici, che l’hanno poi tramandata, con grandi beneficispirituali.

Per rinnovare il vincolo spirituale con la Papale Basilica Liberiana, vi è una peculiarecaratteristica chiamata col nome di SPIRITUALE VINCOLO DI AFFINITÀ, inforza della quale è ben accetta la preghiera presentata dalla Penitenzieria Apostolica,affinché nei singoli casi conceda l’indulgenza plenaria alla stessa maniera di cuigode la medesima Basilica di S. Maria Maggiore, cioè:

a. Nel giorno della festa della Basilica Liberiana (5 agosto)b. Nel giorno di festa dello stesso Santuario.c. Nelle solennità liturgiche della Beata Vergine.d. Una volta all’anno, in un giorno liberamente scelto da ciascun fedele.e. Ogni volta che un gruppo si rechi in pellegrinaggio al Santuario.

Queste indulgenze volentieri vengono concesse alle solite condizioni, alla CHIESASANTUARIO DEDICATA ALLA BEATA VERGINE DELLE GRAZIE in Pennabilli,Diocesi di Sanmarino-Montefeltro.

Questa Chiesa è iscritta nei registri della Basilica, insieme con il documento dellaPenitenzieria Apostolica, con il quale sono state concesse le indulgenze.

Il presente documento viene inviato, affinché i fedeli e i pellegrini lo possano cono-scere, a conferma e ad incremento della loro pietà.

Dato a Roma, il 29 gennaio 2009.

S.E. il Cardinale Arciprete

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MONTEFELTRO CRONACA12

chiede di rimanere in questa storia perascoltare, per cogliere la potenza di quellaVite.

Oggi la via del Vangelo ha a che fareanche con la costruzione di un popolo at-traverso la partecipazione.

La via della santità si intreccia con altrevie: quella della pastorale, dell’educazione,della trasmissione della fede.

Nelle nostre parrocchie deve attivarsiuna comunità in cui ognuno si prenda curadell’altro; la parrocchia deve essere comeun cerchio in cui uno è tirato dentro. Lenostre comunità cristiane sono vive finchéhanno una soglia sempre varcata, cioè fin-ché c’è gente che entra in contatto con noi.

Noi adulti abbiamo il compito di pren-derci cura dei piccoli, di consegnare loroqualcosa di prezioso come la linfa che sca-turisce dalla vera Vite!

Dopo il convegno il Consiglio Diocesa-no si è fermato con don Giancarlo per unmomento di riflessione sugli obiettivi for-mativi che occorre porci e sul futurodell’A.C.

Laura Valli

AZIONE CATTOLICA Santi insiemeCONVEGNO DIOCESANO ADULTI

esempio. Il canovaccio del discorso ci vie-ne offerto dal Vangelo di Giovanni: “Iosono la vite vera e voi i miei tralci. Comeil tralcio non porta frutto se non sta attac-cato alla vite così siete voi se non rimane-te nel mio amore”.

Don Giancarlo ha posto in maniera mol-to forte l’accento sulla relazione interper-sonale, la santità nasce dal rapporto conl’altro nell’amicizia, è frutto di relazioniamicali, “non vi chiamo più servi ma ami-ci”. La via del Vangelo oggi è la via delfaccia a faccia della relazione. Il nostroDio ci porta oggi dentro le nostre storie,dentro le nostre vicende, ci chiede di esse-re vivi e fecondi. Proprio dentro le nostrevite, dentro le nostre relazioni noi faccia-mo esperienza dei nostri limiti e delle no-stre paure, è lì che noi facciamo esperien-za della croce.

Il rimanere del tralcio nella vite sembrauna cosa normale (è la via della grazia, deisacramenti, del Vangelo) ma oggi quel ri-manere significa che quel Vangelo entrinel tempo e nelle storie. Il cammino delVangelo ha a che fare con il tempo, il tem-po costruisce una storia. Il Vangelo ci

Il convegno diocesano adulti si è svoltoil 23 maggio a Novafeltria, nel teatro par-rocchiale.

Il relatore è stato Don Giancarlo Leo-pardi, assistente regionale unitario dell’E-milia Romagna.

Il tema, “Santi insieme”, è stato sceltopoiché in questo triennio si è pensato diconoscere alcune figure di santi della no-stra zona appartenuti all’Azione Cattolicae di riflettere sulla loro vita “normale”.Questo appuntamento crea lo sfondo peraltri appuntamenti, il primo sarà il 20 set-tembre quando ci recheremo in pellegri-naggio alla tomba di Alberto Marvelli.

La storia di tanti aderenti all’A.C., checi hanno preceduto è una storia di santità.Il loro compito era quello di aiutare le gio-vani generazioni a fare un’esperienza chefosse strada per arrivare al Signore, allasantità.

Don Giancarlo, nella sua profonda e ric-ca meditazione, ci ha parlato della suaesperienza di sacerdote appassionato diuna difficile parrocchia alla periferia diBologna, dove con costante lavoro sta ot-tenendo ottimi risultati da portare come

COMUNICATO STAMPA

I capitani reggenti in visita alla coloniadi Chiusi della Verna

e inaugurazione del nuovo immobileSi rinnova la tradizionale visita degli Eccellentissimi Capitani Reg-genti alla Colonia Montana “San Marino” a Chiusi della Verna (AR),prevista per giovedì 16 luglio p.v. dalle ore 10 circa, alla presenza diAutorità locali e sammarinesi, attestando così l’interesse dello Statoper questa significativa esperienza educativa e salutare in una naturaintatta ed incantevole.Nell’occasione sarà inaugurato l’immobile pluriuso di legno realiz-zato grazie al finanziamento della Fondazione San Marino Cassadi Risparmio della Repubblica di San Marino – SUMS e SocietàUnione Mutuo Soccorso e la fattiva collaborazione del settore tec-nologico dell’AASS.Una proposta nata nel lontano 1954 da don Giuseppe Innocentini,per tutti don Peppino, in tenda, nei boschi dell’Appennino, verso Ba-dia Prataglia e dal 1967 si trasferisce in maniera stabile, grazie allacollaborazione della Congregazione di Serravalle, presso l’attualeedificio a Chiusi della Verna.Migliaia ormai i ragazzi che in questi 42 anni hanno avuto l’oppor-tunità di vivere questa esperienza. Anche quest’anno la Colonia diChiusi della Verna sta ospitando oltre 350 tra ragazzi e ragazze (divi-si in cinque turni da 15 giorni, due turni di ragazze, due turni di ra-gazzi e uno di adolescenti). Questo ad indicare la costante fiducia chele famiglie ripongono in quest’opera.

Diversi gli elementi che permettono alla Colonia della Verna di pro-seguire nel cammino:– prima di tutto la grande dedizione di don Giuseppe Innocentini(l’anima di questa realtà);– il Comitato della Congregazione di Serravalle per la cura e il mi-glioramento delle strutture unitamente alla Giunta di Castello di Ser-ravalle;– un qualificato gruppo di collaboratori ed animatori “volontari” chegarantiscono l’organizzazione e la conduzione dell’attività, oltre a co-loro che supportano i vari lavori necessari;– il Centro Sociale S. Andrea di Serravalle per quanto riguarda la se-greteria (dal rapporto con i genitori per le iscrizioni e tutte le infor-mazioni, alla realizzazione di dispense sul tema educativo) e il sup-porto dell’attività.Da segnalare il sostegno da parte dello Stato con contributo del-l’Istituto di Sicurezza Sociale di San Marino che permette di integra-re la quota richiesta ai partecipanti alla Colonia e coprire così tutte lespese. Infine una citazione all’AA.SS. servizio tecnologico che ha at-tivamente contribuito alla realizzazione del nuovo immobile; dei variEnti (Fondazione San Marino Cassa di Risparmio della Repubblica diSan Marino – SUMS e Società Unione Mutuo Soccorso), ditte e pri-vati che con la sensibilità che li contraddistingue sono pronti ad inve-stire nelle attività sociali ed educative per le nuove generazioni, dan-do così il loro prezioso supporto all’opera della Colonia Montana“San Marino” a Chiusi della Verna.

Colonia Montana “San Marino” a Chiusi della VernaTel. 0575 599032Centro Sociale S. Andrea di Serravalle – Tel. 0549 900759

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13MONTEFELTRO OTTO PER MILLE

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14MONTEFELTRO UN PO’ DI STORIA

Dall’avvocato Carlo Cucci, mio carissimo fraterno cugino,ho ricevuto, per telefono da Rimini, la notizia che in un re-cente libro che parla di deportati feretrani, era inserito ancheil nome mio e quello di mio fratello Italo. Poi gentilmente miha inviato anche il volume di Paride Dobloni. Sorpreso e in-curiosito perché del fatto non ne avevo mai scritto o parlato inpubblico, forse tradito in qualche conversazione privata conl’amico Pier Luigi Nucci, diligente storico di Pietracuta, misono messo subito alla lettura del libro che ho sfogliato piùvolte. Ho apprezzato la fatica dell’autore e le iniziative degliIstituti scolastici di Novafeltria e di Pennabilli, l’impegno del-la Comunità Montana e delle varie Associazioni che hannovoluto mantenere vivo il ricordo di un episodio minore dellaSeconda guerra mondiale. Non dobbiamo dimenticare il pas-sato per affrontare il presente. Ho in testa l’esempio di PadreIbrahim Faltas, parroco di Gerusalemme che ogni anno, contitanico sforzo, porta ragazzi israeliani e palestinesi a visitarein Germania e in Polonia o campi di concentramento e di ster-minio. Solo guardando gli orrori del passato, questi ragazzipossono programmare il loro presente.

Tornando al volume voglio precisare e ricordare quel gior-no anche se son passati da allora ben 65 anni. Peccato che ab-bia distrutto i diari di quei tempi dove avevo registrato giornoper giorno le piccole e grande tragedie di cui sono stato spet-tatore e qualche volta attore. Ma lo scrupolo che le mie pagi-ne potessero nuocere a qualcuno di quei protagonisti mi haportato a quella decisione che oggi rimpiango. Ma come ri-cordare i nomi delle due spie che hanno condotto i fascisti-te-deschi a rastrellare casa per casa gli uomini? O denunciarefatti di sangue che ho voluto dimenticare?

* * *Era un bel giorno di luglio di quel terribile 1944. Avevo in-

dugiato a letto e la mamma mi venne a svegliare perché deimiliti mi cercavano. Mi sono alzato brontolando e ho presenta-to i miei documenti che mi esentavano dal servizio militareperché studente di teologia. Mio fratello minore Italo era giàstato interrogato, messo al muro con minacce e poi rilasciatoper la giovane età e forse anche per la gracilità fisica che lo hasempre caratterizzato. E non venne portato a S. Leo. Poi dove-vo recarmi proprio a San Leo con il signor Calisti Biagio alquale era morto il padre e che era venuto a Majolo per trasfe-rire alcune galline e gli accessori della bara (croce, maniglieche quella volta si smontavano a funerale avvenuto). Messo iltutto in una sporta ci siamo avviati lungo la provinciale fino alPonte Grande, dopo il quale una carrareccia faceva da scorcia-toia per San Leo e si sbucava al bivio di S. Apollinare. Di lìsempre per una povera strada verso la città regale. C’era un belsole, dai campi saliva l’odore delle stoppie, il frinire delle ci-cale. Tanta pace e tranquillità. In alcuni punti la strada era unagalleria di verde che ombreggiava il percorso. All’improvvisoun crepitare di colpi sfacciati di moschetto sibilarono per l’ariaproprio sulle nostre teste. Istintivamente ci siamo buttati nelfosso che costeggiava la strada, tra le galline impastoiate chestarnazzavano gridando per poter scappare. Dopo lunghi attimidi silenzio, ci siamo rimessi in piedi per riprendere il cammino.

CON GLI OCCHI SMARRITICON GLI OCCHI SMARRITISSTTOORRIIEE DDII DDEEPPOORRTTAAZZIIOONNEE CCIIVVIILLEE DDEELLLL’’AALLTTAA VVAALL MMAARREECCCCHHIIAA

* * *Sbucati in un piccolo avallamento formato dal rio Maggio,

abbiamo visto una scena da film. Contro un albero era appog-giato a mani alzate un povero disgraziato e tutto intorno unacerchia di giovani militi con le armi imbracciate. Ho subitonotato un giovane soldato che poteva avere non più di 12 an-ni che frignava con i pantaloni bagnati perché si era fatto lapipì addosso. Dietro di lui spuntò un tenentino ventenne conuna benda su un occhio e rivolto al piccolo spaventato, di-chiarò: “Ecco gli eroi di Mussolini!”. Frase ambigua e da menon allora non catalogata.

Cosa era successo? La pattuglia aveva visto un uomo cor-rere via e immaginando chi sa quale nemico aveva urlato apiù voci l’alt, ma quello correva più forte e allora hanno fattofuoco a cerchio correndo il rischio di spararsi tra loro, comeera capitato al ragazzo che piangeva perché un proiettile loaveva sfiorato. Chi era il malcapitato che correva il rischio diessere fucilato? Era ‘e mat dal Jole’, un sempliciotto che vistii soldati si era dato alla fuga e più quelli urlavano di fermarsie più il poveretto correva. Biagio ed io, assieme alle stessespie che accompagnavano, siamo intervenuti a spiegare la si-tuazione e dopo un po’ si sono convinti e hanno riformato lacolonna con noi al centro.

* * *Attraverso i campi, in silenzio si camminava verso la città.

Alla mia sinistra c’era il ragazzino che ancora singhiozzava.Ho tentato di rivolgergli qualche parola di conforto, ma nonho avuto alcuna risposta. Alzando di tanto in tanto gli occhialla rocca sempre più incombente abbiamo iniziato la salita.Credo che dopo i cortei al tempo di Berengario, nessun per-sonaggio abbia avuto una scorta così solenne e giovanile co-me la nostra. Infatti i militi erano tutti giovanissimi e comeseppi dopo, erano tutti ex discoli tolti ai carceri minorili conl’alternativa: arruolarsi o rimanere dentro. È naturale che tuttiabbiano scelto l’aria libera anche se non del tutto libera daipericoli.

Giunti in piazza a San Leo c’era molta folla che attendevaincuriosita dagli spari e dalla strana processione che avevanotato guardando dall’alto. Per mia fortuna vidi subito una ra-gazza, sorella di Biagio, alla quale dissi di correre ad avvisa-re mons. Cupi che oltre ad essere l’arciprete di San Leo, eraanche il vicario generale della Diocesi.

* * *Venne solerte e appena mi vide mi salutò con il diminutivo

che abitualmente usava nei miei confronti. Subito si mise aconfabulare con i capi, parlando italiano e tedesco e alla finefui chiamato e fatto accompagnare da un milite per il ritornoa casa. Mons. Cupi aveva testimoniato che ero seminarista edesentato dal servizio militare fino alla fine del corso di teolo-gia. Il Ragazzo che mi accompagnò fino alla porta mi con-gedò dicendo: “Va’ dritto e non ti voltare: Ti tengo sotto tiroe ti sparo”. Non c’era bisogno delle sue parole per mettermile ali ai piedi nella corsa verso casa. Ma appena imboccata la

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15MONTEFELTRO UN PO’ DI STORIAvecchia strada verso la Jole, mi accorsi di essere accompa-gnato dietro le siepi da un tale che mi faceva pst pst per ri-chiamare la mia attenzione. Ma ricordando lo sguardo armatoche mi accompagnava dall’alto, camminavo in fretta, facendosolo cenno con le mani di ‘più avanti’.

Infatti quando fui certo di essere fuori dal tiro feci una bre-ve sosta per confabulare con il tizio che si era sottratto al ra-strellamento ma voleva sapere la sorte di tutti gli altri che era-no rimasti nel palazzo comunale in attesa di destinazione ver-so i lavori forzati, e anche chissà, verso la Germania. Dissiquello che sapevo e corsi verso casa dove la mamma e i fra-telli attendevano ansiosi.

* * *La cronaca di quella giornata vide nel pomeriggio altri epi-

sodi tragici con qualche spunto anche comico. Fu bruciatauna casa a Valdirose, portato via del bestiame. Uno spuntoquasi comico, anche le mucche che mia cugina Mariucciaaveva nascosto tra i calanchi della rocca di Majolo, furono re-quisite e il marito che aveva cercato di difenderle, fu pure in-colonnato e portato via. Quando la sorella Rosina le urlò daun capo all’altro del Poggio quello che era capitato, Mariuc-cia rispose: “Del marito non mi importa. Mi dispiacciono lemucche!”. Quando in seguito la prendevamo in giro si giusti-ficava: “Ho detto così perché il mio Tugnino è sammarinese esapevo che lo avrebbero rilasciato (come di fatto avvenne) male mucche che erano italiane non le ho più riviste (come difatto avvenne)”.

* * *Entrati poi in tutte le case per sequestrare eventuali armi, in

casa del babbo della Mariuccia, il vecchio Guglielmo caccia-tore per necessità e minatore per lavoro, trovarono un cornoche serviva ai falciatori come ‘acquaiolo’ dove tenevano lapietra con un po’ d’acqua per affilare le falci, trovarono dellapolvere da sparo. Per controllare se era ancora valida uno deiragazzi vi accostò un fiammifero. Subito esplose una piccolafiamma che ustionò il volto del giovane che subito gettò via ilcorno. Giunto nel capoluogo di Majolo, il medesimo si acco-stò alla fontanella e tentava di lavarsi il viso anche per atte-nuare il dolore con la frescura dell’acqua.

La Dina di Claudio che abitava lì accanto e che ha sempreavuto un cuore tenero che la spingeva a interessarsi dei fattialtrui, si accostò con parole gentili per offrire i suoi eventualiaiuti, ma il ragazzo la respinse con modi rudi: “Non si preoc-cupi di me, signora. Sono un uomo forte. Non ho paura diniente. Pensi che ho avuto il coraggio di sparare a mio padre”.

* * *Ho visto il triste manipolo scendere incolonnato verso la

‘voltata’ per sparire poi su a Pennabilli dove erano acquartie-rati. Erano i disperati militi della famigerata Camilluccia checome mosca cocchiera aiutava i tedeschi e che si sono mac-chiati di diversi delitti. La fucilazione del mio coetaneo Anto-nio Balducci (nella foto), fucilato sul Roccione, tra le urladella gente e le invocazioni delle Monache Agostiniane. Ac-corse Mons. Luigi Giardi per confortare il condannato. Arrivòanche il Vescovo Vittorio de Zanche che invano perorò la sal-vezza del giovane e all’ufficiale che gli intimò di far tacere lafolla, il Vescovo rispose: “Basta sospendere l’esecuzione e ilpopolo farà silenzio”. Invece tuonò la scarica dei moschetti ei presenti lanciarono un urlo che ancora trasvola nei cieli pen-

nesi. Altra vittima fu la povera Virginia Longhi accusata dispionaggio e di amare un capo partigiano. La sua fucilazionefu particolarmente odiosa perché la povera ragazza non fu uc-cisa dal plotone, ma crollò prima per un infarto alla vista deifucili spianati. Gli stessi tedeschi criticarono l’inutile crudeltà.

* * *Il tempo è passato: 65 anni, ma i ricordi ancora sono vivi e

gli interrogativi si moltiplicano. Innanzi tutto una preghiera eun elogio alle vittime morte sulla Rupe di Pennabilli o neilontani campi di concentramento. Un grazie al Signore perquelli come me e per quelli che erano con me che hanno avu-to la fortuna di un ritorno alla propria casa e di poter ancoraoggi vivere in pace. Un pensiero e di perdono anche per queidisgraziati ragazzi che forse non si rendevano conto di quelloche facevano. Anche loro hanno avuto una cattiva sorte. Ab-biamo saputo che lasciando Pennabilli si sono ribellati ai lorocomandanti e dopo averli uccisi si sono dati alla macchia eforse qualcuno ancora vive in preda ai rimorsi. Chissà se ilgiovane piagnucoloso si è finalmente asciugato gli occhi?

Ma altri pensieri frullano per la mente. In quei tempi uncolpo di fortuna, il gesto di un attimo poteva cambiare la sor-te. Se nella piazza di San Leo non avessi visto l’Elvira cheportò il messaggio a Mons. Cupi, avrei dovuto continuare lamarcia fino all’Agenzia dove era il punto di raccolta per an-dare a lavorare a Gabicce e forse più tardi in Germania.

Quel ragazzo mio coetaneo, Antonio Balducci ha lasciato isuoi vent’anni sulla Rupe di Pennabilli, mentre io i mieivent’anni di allora li ho più che quadruplicati. PERCHÉ?

Don Eligio Gosti

Paride DobloniCON GLI OCCHI SMARRITI…8 giugno 1944Storie della prima deportazione civilein Alta ValmarecchiaRamberti Editore, Rimini

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16MONTEFELTRO APPUNTAMENTI

Il G8 dell’Aquila è stato unnotevole successo organizzati-vo e di leadership per l’Italia eil suo Governo. Lo ha dichia-rato il Presidente della Repub-blica e la gran parte dei com-mentatori si è ritrovata in que-sto giudizio. Ma esso non in-tacca una realtà di fondo, cioèche questi summit rimangonodei vuoti esercizi retorici cheservono ai leader dei grandiPaesi, da un lato, per discuterecongiuntamente dei problemi del mondo e, dall’altro, per lan-ciare messaggi tranquillizzanti alle rispettive opinioni pubbli-che, con il supporto dei mass media che ne danno un enormerisalto. Infatti il grosso del lavoro di intesa viene fatto dietro lequinte, dagli sherpa, che nelle settimane precedenti limano leparole dei documenti ufficiali, per non incorrere in qualchescivolone diplomatico.

Prendiamo le dichiarazioni finali di questo vertice. Esse so-no piene di grandi principi, di impegni solenni, di buoni pro-positi. Ci si rende però subito conto che non c’è nulla più diciò e nulla ci può essere. Per avere un carattere normativo,un’entità dotata di potere di enforcement dovrebbe giudicarecome sono concretamente attuate le prese di posizione deiPaesi del G8 nelle legislazioni nazionali e sovranazionali. Maa questo non si è mai arrivati e forse non ci si arriverà mai:proprio i grandi Paesi non hanno alcuna intenzione di cedereneanche un minimo di sovranità nazionale a nessuna entità su-periore. Sappiamo quanta difficoltà incontra il processo di in-tegrazione europeo. Si può facilmente immaginare che questadifficoltà risulterebbe moltiplicata per mille, se si volesse ten-tare una operazione di devoluzione di sovranità su scala pla-netaria. Pertanto, dobbiamo accontentarci di quello che passail convento. Ma anziché limitarci a commentare alcune paro-le, per quanto credibili e autorevoli, vorremmo fare alcune do-mande ai leader del G8. Non che abbiamo la pretesa che essileggano queste poche righe. Tuttavia crediamo che queste sia-no le domande che la cosiddetta opinione pubblica si pone. Equindi, presto o tardi, i leader dovranno fare i conti con esse.

La prima domanda ha a che fare con il dopo-crisi. Prendiamoper buono che le politiche monetarie e fiscali attuate ci aiutinoad uscire relativamente presto dalla grave recessione che ci stacolpendo (comunque, per quanto fortunati, non vedremo questauscita prima del 2010). La domanda che poniamo è la seguente.Chi ci dà la certezza che la ripresa non porterà con sé i vecchivizi dell’indebitamento eccessivo e della sregolatezza finanzia-ria? Il dubbio ci viene perché, per evitare queste tentazioni, c’èuna sola via da seguire: ridurre gli enormi squilibri nelle bilan-ce dei pagamenti dei grandi Paesi del mondo, Usa e Cina in te-sta. Finché gli Usa consumeranno molto di più di quanto produ-cono e la Cina produrrà molto di più di quanto consuma, non cisarà tregua nella finanza mondiale. Ma gli Usa sono disposti arinunciare al loro tenore di vita? E la Cina è disposta ad au-mentare il livello di consumo della sua popolazione, con le con-seguenze sociali che questo comporta? E qualora lo facesse che

conseguenze avremmo sulle ri-sorse del pianeta? La secondadomanda ha a che fare con ilconsueto esercizio retorico de-gli aiuti allo sviluppo dei Paesipoveri (in particolare quelliafricani), che viene puntual-mente proposto nei vertici delG8. Davvero i leader dei Paesiricchi pensano che, destinando20 milioni di euro all’Africa,possono risolverne i problemi?Non sarebbe meglio finalmente

togliere i vincoli al commercio mondiale che impediscono aiPaesi africani di vendere i loro prodotti agricoli nei Paesi ricchi?Forse in questo modo si potrebbe aggirare l’annoso problemadel passaggio di denaro straniero per le mani corrotte dei Go-verni e delle amministrazioni pubbliche. Ma immaginate le lot-te degli agricoltori europei contro una tale apertura!

La terza domanda riguarda quindi proprio il G8, o G14 oG20, che dir si voglia. Perché si continuano a spendere risor-se di denaro e di tempo per questi consessi e si rifiuta di farel’unica cosa che davvero servirebbe, cioè dare più potereall’Onu, alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario? Certo iGoverni nazionali perderebbero peso e prestigio. Ma siamo si-curi che le opinioni pubbliche dei vari Paesi, in questo mo-mento, non pensino che in fondo sarebbe meglio così, vistoche i Governi non sono riusciti ad evitarci la più grande crisieconomica da 70 anni a questa parte? Ci vorrebbe una nuovaBretton Woods. Ma ci sono in giro leader in grado di metter-la in piedi e di sedersi a quel tavolo, avendo davvero sullespalle il peso del futuro?

Nico Curci, Economista (Sir)

LEGGENDO LE DICHIARAZIONI FINALI

Dopo il G8 tre domandeDopo il G8 tre domande

II PPaassttoorrii ddeellllaa CChhiieessaadd’’AAbbrruuzzzzoo rriinnggrraazziiaannoo In occasione del recente viaggio a L’Aquiladella delegazione della Diocesi guidata daMons. Vescovo, con il Vicario Mons. ElioCiccioni e, per la Caritas diocesana, DonMirco Cesarini Responsabile e Maurizio Ci-ma, di cui abbiamo dato conto nel prece-dente numero del giornale, la Chiesa parti-colare di San Marino-Montefeltro ha porta-to ai fratelli colpiti dal terremoto i fruttidella raccolta effettuata in tutte le Chiesee la somma messa a disposizione dalla Ca-ritas diocesana.Il Vescovo de L’Aquila Mons. Giuseppe Mo-linari e quello di Sulmona-Valva Mons. An-gelo Spina, hanno ringraziato per il contri-buto ricevuto che andrà a favore delle per-sone rimaste senza casa e che vivono neldisagio quotidiano.

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17MONTEFELTRO SERVIZIO CIVILE

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18MONTEFELTRO ANNIVERSARIO

60 ANNI DI SACERDOZIO DI DON ELIGIO GOSTI3 luglio 1949 - 3 luglio 2009

Nei giorni scorsi Don Eligio Gosti ha festeggiato il 60° anni-versario di sacerdozio. In più di una celebrazione, da quelladel 5 luglio a Maiolo all’ultima del 24 luglio a Loreto con i fra-telli dell’Ustal-Unitalsi, Don Eligio ha voluto vivere questo mo-mento con la stessa intensa adesione alla fede e attaccamentoal ministero sacerdotale dicendo messa per parenti, amici, exparrocchiani, ammalati. Non ha voluto regali, né particolarifesteggiamenti chiedendo a tutti, invece, un gesto di carità ver-so i fratelli poveri della Terra Santa. Di seguito pubblichiamoil ricordo che fa di Don Eligio, Mons. Elio Ciacci che lo ha co-nosciuto come pochi e con il quale conserva ancora vincoli diamicizia stretti e di grande rispetto e stima.Noi del MONTEFELTRO ci uniamo al presbiterio diocesanocon particolare affetto verso un sacerdote che ha favorito ingran misura la conoscenza della nostra Chiesa, con articoli, li-bri e quant’altro lungo questo arco di tempo che coincide conil suo sacerdozio.Auguri Don Eligio da tutti noi.

F.P.

Caro Mons. Eligio,nella ricorrenza del tuo 60º di Messa, oltre

ai cordiali, fraterni auguri per il singolaretraguardo che la Misericordia divina ti haconcesso, mi è spontaneo il riandare agli ini-zi del comune esercizio pastorale, come cap-pellani, nella parrocchia di Novafeltria: tuper più di tre anni (dal settembre 1949 al no-vembre del ’52) ed io a succederti – fortuna-tamente – per soli sette mesi fino al lugliodel ’53.

Fu un’esperienza sostenuta dal giovanileentusiasmo sacerdotale, arricchito dalle mol-teplici attività Parrocchiali e di Associazioniscoutistiche, di azione cattolica, di insegna-mento della religione nelle scuole e del quo-tidiano servizio di visita e assistenza spiritua-le agli ammalati dell’Ospedale civile. Espe-rienza bella apostolicamente, ma non altret-tanto per la nostra salute fisica, messa a duraprova (come spesso ci è capitato di ricorda-re), e non purtroppo per nostra scelta di lo-devole penitenza alla Curato d’Ars; non era-vamo preparati a tanto!

Tuttavia, a te, che ne hai sopportato ilmaggior peso per anni, ti ha insegnato ad affrontare con genero-sità d’impegno i molteplici incarichi che i vari Vescovi, che si so-no succeduti in questa tua (si può dire?) lunga vita sacerdotale esono stati tanti che fa piacere ricordarli tutti: De Zanche, Berga-maschi, Biancheri, Locatelli, Tonini, De Nicolò, Rabitti e l’attualeMons. Negri.

È utile in tale ricorrenza riandare coi ricordi, non solo far unopportuno personale esame di coscienza, ma ancor più per un do-veroso “magnificat” al Signore, per i numerosi uffici che furonorichiesti alle tue non poche capacità sacerdotali: dall’in segna -mento agli alunni del Seminario Minore, alla guida diocesana del-lo Scoutismo e della GIAC. Come non ricordare che dei tre Vica-riati costituenti la Diocesi non ce n’è uno che non ti abbia avutonella responsabilità di Parroco?

A Montegrimano della Val Conca (1954-1962), ad Antico nel-la Val Marecchia (1962-1977) con l’interruzione – in tale periodo– per tre anni in Svizzera, come Cappellano degli emigrati, servi-

zio scelto inizialmente più per unadolorosa incomprensione coi Supe-riori che per un desiderio missiona-rio ma poi, sul campo, rivelatosiricco di stimoli ed iniziative pasto-rali come le visite alle famiglie de-gli emigranti, l’istituzione di un pe-riodico per i loro contatti etc. poi aMaiolo (1977-1982), nel contem-po, coadiutore dell’anziano Parrocodi Talamello con prospettiva disuc cessione, e da Vicario Foraneodello stesso Vicariato hai provve-duto alla cura della parrocchia di Novafeltria dopo il periodo divacanza per la nomina dei Parroco Bianchi ad Arcivescovo di Ur-bino ed infine nel Vicariato sammarinese con la nomina a Parro-co-Arciprete della Pieve di San Marino-Città (1982-1991). Duran-te tale incarico ti sei adoperato per la costituzione della nuova Par-rocchia in zona Murata con la presenza e affidamento ai padri Sa-

lesiani. Nel settembre del 1996 il Ve-scovo Rabitti ti nominò Rettore dellaBasilica di San Marino staccandoladalla nuova parrocchia di Murata.

In questo periodo sammarinese vamenzionata la tua nomina ad Assi-stente diocesano dell’UNITALSI-USTAL che guidi tuttora con passio-ne e zelo, soprattutto nella organizza-zione di molteplici pellegrinaggi inTerra Santa. Per il tuo carattere versa-tile, soprattutto nello scrivere, fin dal1977 ti fu affidato l’incarico di Diret-tore del mensile diocesano “MONTE-FELTRO” incarico protrattosi fino al1995.

Fra le tue apprezzate opere divul-gative, che son diverse, mi piace men-zionare il “NECROLOGIO dei Sacer-doti diocesani defunti dall’anno 1950al 2005” perché stimola sacerdoti efedeli a riandare con la memoria nonsolo al dovuto suffragio, ma anche al-le figure e opere di Vescovi e sacer-doti che ci hanno trasmesso e coltiva-to la Fede ed hanno contribuito con laloro generosa esemplarità e dedizione

a far sopravvivere ed apprezzare la nostra piccola ma amata, ma-terna Diocesi.

Caro Don Eligio, ogni 60º di vita sacerdotale anche se ricco diluce, non è privo delle immancabili ombre, per cui serenamenteaffidarci con gratitudine e fiducia all’imman cabile misericordia diDio Padre e alla comprensione e bontà dei nostri fedeli.

Mi piace pertanto concludere questa fraterna rievocazione conle consolanti parole, che ti adatto personalmente, di Papa Giovan-ni Paolo II: “Ricorda quel solenne momento di sessant’anni fa,quando con trepidazione prendesti per la prima volta nelle tue ma-ni il calice della salvezza... Lo hai ereditato da Cristo stesso, Uni-co ed eterno Sacerdote, attraverso la mediazione del Vescovo DeZanche successore degli Apostoli. Quel Calice stringesti alloranelle tue mani, rivivendo l’atmosfera carica di mistero dell’ultimaCena... evento dolcissimo e insieme drammatico... evento decisi-vo... perennemente presente”.Auguri a nome anche di tutti i confratelli da Don Elio Ciacci

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19MONTEFELTRO PREGHIERA

INTENZIONE PROPOSTA DAL PAPAPER IL MESE DI AGOSTO 2009

C’è differenza fra i rifugiati e gli sfollati. La Convenzione diGinevra considera rifugiato chi “temendo a ragione di esse-

re perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, apparte-nenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni poli-tiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può e nonvuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questoPaese”.

Il rifugiato, quindi, non sceglie di muoversi alla ricerca di condi-zioni di vita più decorose, ma è costretto a lasciare il proprio Paeseper cercare aiuto e protezione in Paesi terzi.

Gli sfollati, invece, rappresentano la migrazione interna, che inquesti ultimi decenni è aumentata in modo esponenziale e costitui-scono quel gruppo che forzatamente per motivi di conflitti interni ècostretto a lasciare le sue case e le sue attività lavorative, senza peròuscire dai confini nazionali.

Secondo calcoli degli esperti, i rifugiati e gli sfollati attualmentepresenti in tanti Paesi sarebbero circa 70 milioni. Diverse organiz-zazioni internazionali e legali si danno da fare per aiutarli e rendonoun servizio vitale a molti di essi.

Anche la Chiesa si sente chiamata in causa con urgenza di frontead un problema così grande. Riportiamo le considerazioni allarmateed accorate del Papa Benedetto XVI nel messaggio per la GiornataMondiale del Migrante e del Rifugiato.

“In tema di integrazione delle famiglie degli immigrati sento ildovere di richiamare l’attenzione sulle famiglie dei rifugiati, le cuicondizioni sembrano peggiorate rispetto al passato, anche perquanto riguarda proprio il ricongiungimento dei nuclei familiari.Nei campi loro destinati, alle difficoltà logistiche, a quelle persona-li legate ai traumi e allo stress emozionale per le tragiche esperien-ze vissute, si unisce qualche volta persino il rischio di coinvolgi-mento di donne e bambini nello sfruttamento sessuale, come mec-canismo di sopravvivenza.In questi casi occorre un’attenta presenza pastorale che, oltre

all’assistenza capace di lenire le ferite del cuore, offra un sostegnoda parte della comunità cristiana in grado di ripristinare la culturadel rispetto e di far riscoprire il vero volto dell’amore”.

Noi credenti, chiamati a sentirci tutti fratelli pensati e voluti dallostesso Padre, dobbiamo reagire alla mentalità corrente, che conside-ra sempre più spesso il rifugiato come un intruso petulante e sco-modo, che pretende un pezzo di quella torta, che noi consideriamogià insufficiente per noi e per i nostri figli.

Il fenomeno migratorio è inevitabile e nessuna misura di difesanazionale dei confini potrà bloccare le masse di diseredati alla ricer-ca di nuove opportunità per sé e per le loro famiglie. Se non impa-riamo a condividere oggi, ne subiremo domani tutte le tragiche con-seguenze.

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - AGOSTO 2009

La carità dell’accoglienza

Il cardinal Bagnasco, presidente della CEI, in una nota del gennaio2009 scrive: Nel difficile momento economico, che molte fami-

glie stanno attraversando in Italia, la Chiesa intende mettere a fuocoquanto sta facendo per venire incontro alla tante forme di povertà,presenti nel nostro territorio e nel mondo.

Apprendiamo così che dal 2003 al 2008 le Caritas diocesanehanno realizzato oltre 863 progetti a livello locale (di cui 164 tut-tora in corso) intervenendo in vari ambiti: 1) ambito del disturbomentale; 2) ambito dell’emarginazione giovanile; 3) impegno nel -l’accoglienza ai rifugiati; 4) impegno contro la tratta degli esseriumani; 5) sostegno alle persone senza dimora; 6) sostegno alle per-sone che vivono in situazioni di bisogno: anziani, disabili, personesole, persone che hanno subito maltrattamenti; 7) sostegno al micro-

reddito; 8) sostegno al consumo responsabile; 9) aiuto ai progetti didiritto alla vita, di affido, di adozione; 10) interventi caritativi sem-pre più numerosi alla popolazioni dell’Africa, dell’Asia, del l’A me -rica latina.

È bello constatare che – attraverso la Caritas – i cristiani stannorispondendo con generosità alle necessità dei fratelli. Ma il Papa citiene a sottolineare che… la marginalizzazione dei poveri del piane-ta potrà trovare validi strumenti di riscatto nella globalizzazione so-lo se ogni uomo si sentirà personalmente ferito dalle ingiustizieesistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad esse con-nesse.La lotta alla povertà ha bisogno di uomini e di donne che vivano

in profondità la fraternità”.

INTENZIONE PROPOSTA DAI VESCOVI ITALIANI

Dio nostro Padre, io ti offro tutta la mia giornata. Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le parole, le azio-ni e le sofferenze in unione con il tuo figlio Gesù Cristo, che continua ad offrirsi a te nell’Eucaristia per

la salvezza del mondo. Lo Spirito Santo, che ha guidato Gesù, sia la mia guida e la mia forza oggi, affinché io possa essere testimone del tuo amore. Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego specialmente per le intenzioni che il Santo Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo mese...

� “Perché sia più avvertito dalla pubblica opinione il problema di milioni di sfollati e rifugiati e si trovino soluzioni con-crete alla loro situazione spesso tragica”.

� “I carcerati trovino – nella loro condizione di detenzione – opportunità di riscatto e di crescita umana e spirituale”.

Vivere la fraternità

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MONTEFELTRO 20 PRIMOPIANO

Ora che è passato come la brezza leggera, in cui sempre il Signoreama manifestarsi, noi della Redazione di “Su Ali d’Aquila”, abbiamo de-ciso di aprire un dibattito su quello che è stata questa Visita Pastorale. Redazione: Cominciamo subito con una domanda provocatoria: Vi è

piaciuto Mons. Negri?Anna: Sì. E non solo a noi, ma a tutti quelli con cui abbiamo parla-

to, che pure rappresentavano sensibilità diverse... Ci era stato detto cheil Vescovo era un intellettuale “scostante” e lontano dai problemi delgregge che il Signore gli ha affidato, ed invece abbiamo avuto modo ditoccare con mano che è una persona ed un pastore completamente di-verso da come ci era stato rappresentato. Abbiamo scoperto un Vesco-vo attento e vicino a noi, ma anche la buona attitudine della Comunitàdi Fratte, a cominciare dalla sua guida, il Parroco, nel porsi senza pre-giudizi all’ascolto.Silvio: Sottoscrivo quanto detto da Anna. Se avete osservato, in quel-

la occasione come in altre, si è potuto davvero toccare con mano una co-munione tra Vescovo e Parroco (sorridenti e scherzosi pure nella serietàdei temi che sono stati toccati). Quella mano del Vescovo sulla spalla didon Erminio valeva davvero un Perù, più che una catechesi impegnata!Questo è stato per me, uno dei doni maggiori: poter vedere la Chiesa lo-cale, Vescovo, Parroco ed Assemblea riuniti in un solo spirito, quello delSignore Gesù.Redazione: Vescovo e Parroco in sintonia?Silvio: Proprio così: la croce d’oro del Vescovo e la croce di legno

di don Erminio non rappresentavano certo due Chiese distanti e duerealtà incomunicabili, quasi due mondi senza porte e finestre, maun’unica Chiesa che si faceva tutto a tutti, pronta a portare l’annuncioevangelico a chiunque lo voglia ascoltare...

FFOORRUUMM

Redazione: Puoi fare qualche esempio concreto?Anna: Lo faccio io: quando abbiamo parlato con Mons. Negri gli ab-

biamo manifestato la nostra gioia nel poter constatare, come cristiani,che don Erminio aveva assunto anche nei mesi passati, di fronte a situa-zioni molto particolari che avevano coinvolto la Chiesa italiana e scossotante coscienze, una posizione coraggiosa e conforme a quella del Ve-scovo. Vi è poi il tema sociale: Mons. Negri, tutti lo sanno, è attentissi-mo ai temi del sociale... Tutti noi sappiamo poi, che anche don Erminioè concretamente impegnato nel “sociale”, con un forte slancio missiona-rio...Redazione: Cosa vi ha detto sui temi sociali il Vescovo?Silvio: Lo abbiamo sentito tutti fare un’analisi molto accurata della

società contemporanea...Redazione: Secondo voi che modello di Chiesa ha in mente il nostro

Vescovo?Silvio: Una Chiesa combattiva. Non per niente nella sua Omelia nel-

la solennità del “Corpus Domini” ha ricordato S. Caterina da Siena, Pa-trona d’Italia. Mons. Negri ci ha ricordato la lotta di questa giovane se-nese che è riuscita a portare il Papa a Roma dall’esilio Avignonese.Scrivendo ai senesi a metà del ’300, Caterina ebbe modo di dire che “sesarete quello che dovete essere – cioè dei cristiani – metterete fuoco intutta Italia”.Redazione: Voi a Fratte mica siete senesi, come Caterina...Anna: Hai ragione, siamo romagnoli ... Ti dico una sola cosa: Mons.

Negri ha dato una sola valutazione molto positiva della sua visita; ci hadetto che porterà un ricordo indelebile della nostra Comunità parroc-chiale e che vede una speranza per il nostro cammino di fede. Spero chequeste parole siano profetiche...

Dibattito sulla Visita Pastorale Dibattito sulla Visita Pastorale di Mons. Luigi Negri a Frattedi Mons. Luigi Negri a Fratte

Riceviamo e pubblichiamoIl Vescovo riceve ogni tanto anche qualche consolazione che offre a tutti come possibilità di reciproca edificazioneCon la mia benedizione

+ Luigi NegriCaprazzino, 25 giugno 2009

Nostra Eccellenza Monsignor Negri,la piccola comunità di Caprazzino le scrive questa lettera per esprimere ‘visibilmente’ la sua gratitudine per il grande onore di cui at-

tualmente si sente rivestita: grazie di cuore per il dono di Don Eugenio! La nostra parrocchia è sempre stata un po’ una ‘famiglia allarga-ta’ pronta ad accogliere con entusiasmo le vari opportunità per stare bene insieme. In tale contesto la religione è sempre stata un fortissi-mo punto di riferimento per tutti e per ciascuno, oggi essa è chiamata a diventarlo, ancor più per chi vive in una società complessa, seco-larizzata, materialista, ambigua e inquietante come l’attuale.

“Io sono la sono la via, la verità e la vita” dice il Signore. Di fronte all’irrompere devastante e rumoroso dell’arrogante potere ma-teriale dell’uomo la vita può difendersi solo coltivando, nel silenzio della preghiera e del fare solidale, la forza della fede.

A tale proposito diventa importante poter contare su una guida spirituale sempre presente; ringraziamo tanto il Signore per averciconcesso per tanti anni Don Bruno, una persona coerente e giusta, un sacerdote che sa arrivare con competenza e semplicità, al cuore dìtutti. È stato quello con lui un tempo molto positivo all’insegna del rispetto e della stima reciproci, di una collaborazione molto proficua, diuna simpatia profusa.

Perdere Don Bruno è stato per tutti un grande dispiacere anche se le serie motivazioni del cambiamento imposto ci hanno aiutato adaccettare più serenamente Dio però, non smentendo mai la sua immensa generosità, ci ha mandato, attraverso Lei Eccellenza, un’altragrande guida; Don Eugenio, un sacerdote giovane, preparato, con una grande passione per Dio e per l’uomo. Trovare in lui il nostro Don“a tempo pieno“ è davvero “una manna dal cielo” un dono che richiama però a sua volta a una consapevole e seria assunzione di re-sponsabilità. La comunità di Caprazzino si impegna solennemente ad accogliere con gioia e amore Don Eugenio, a lavorare con lui per il-luminare la vita con la luce della fede operosa, a restare sempre aperta al mondo nella convinzione che solo l’amore può dar senso e ma-gia al nostro essere e al nostro esserci. Caprazzino, forte nella fede in Dio Padre, chiede umilmente al suo caro Vescovo la Santa Benedi-zione per la sua piccola comunità e per il suo nuova parroco.

Ringraziando di cuore, porge i suoi più distinti e cordiali saluti.La comunità di Sant’Andrea in Strada

A S.E. Mons. Luigi Negri - PennabilliQuesta mattina ho avuto modo di leggere un suo intervento pubblicato su «Studi Cattolici» del mese di giugno 2009, pp. 429 e ss., e

ne sono rimasto entusiasta per la profondità e l’accurata analisi proposta. Con queste righe intendo manifestarvi il mio grazie per la sua ri-flessione che dovrebbe essere portata all’attenzione del mondo cattolico in maniera il più possibile capillare.

La fede non è più parte della vita: questo lo si percepisce direi fisicamente, nella società attuale e, drammaticamente, nell’esistenza dimoltissimi giovani. Tutto questo fa tremare i polsi, se ci si proietta nel futuro con la mente, ma leggere il suo intervento dà la forza per cer-care di riproporre la fede come strumento che informa la vita dell’uomo. Grazie per la sua missione e un ricordo nella preghiera.

(lettera firmata)