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www.hbritalia.it IDEE › STRATEGIE › INNOVAZIONE aprile 2009 n.4 ITALIA Le grandi sfide per il management del XXI secolo di Gary Hamel UN GRUPPO DEI PIÙ IMPORTANTI ESPERTI DI MANAGEMENT DEL MONDO HA IDENTIFICATO LE SFIDE PIÙ AMBIZIOSE CHE DOVRANNO ESSERE AFFRONTATE PER REINVENTARE LA GESTIONE AZIENDALE E RENDERLA PIÙ ADEGUATA A UN MONDO SEMPRE PIÙ VOLATILE.

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IDEE › STRATEGIE › INNOVAZIONE

aprile 2009 n.4

ITALIA

Le grandi sfideper il managementdel XXI secolodi Gary Hamel

UN GRUPPO DEI PIÙ IMPORTANTIESPERTI DI MANAGEMENT DEL MONDOHA IDENTIFICATO LE SFIDE PIÙ AMBIZIOSECHE DOVRANNO ESSERE AFFRONTATEPER REINVENTARE LA GESTIONE AZIENDALEE RENDERLA PIÙ ADEGUATAA UN MONDO SEMPRE PIÙ VOLATILE.

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LLaa ggeessttiioonnee aazziieennddaallee è indubbia-mente una delle invenzioni più impor-tanti dell'umanità. Per più di un secolo,i progressi compiuti nel campo delmanagement – le strutture, i processi ele tecniche usati per aggregare gli sfor-zi umani – sono stati il motore dellosviluppo economico. Il problema è chele più importanti innovazioni nellagestione aziendale sono avvenutedecenni fa. La progettazione dei flussidi lavoro, il budgeting annuale, l'anali-si della redditività degli investimenti, ilproject management, l'organizzazioneper divisioni, il brand management:questi e molti altri strumenti indispen-sabili erano stati inventati già ai primidel Novecento. L'evoluzione della gestione aziendaleha seguito una classica curva a S: dopoun rapido inizio ai primi del ventesimosecolo, il ritmo dell'innovazione hadecelerato gradualmente, fino ad assu-mere un andamento molto lento inanni recenti. La gestione aziendale,

sequestro dell'anidride carbonica (perconoscere l'elenco completo, si visiti ilsito www.engineeringchallenges.org).Così, ci siamo domandati: perché imanager e gli studiosi di gestioneaziendale non possono darsi obiettivialtrettanto ambiziosi?

Nuove realtà, nuovi imperativi Sebbene ciascuno di noi avesse undiverso motivo per sentirsi frustratodalla solita maniera di fare manage-ment, eravamo tutti accomunati dauno stesso convincimento: per dotarele aziende degli strumenti necessariper affrontare il futuro occorre unarivoluzione nella gestione aziendalenon meno radicale di quella che hadato origine all'industria moderna. In origine, il management è statoinventato per risolvere due problemi:il primo, indurre i dipendenti semispe-cializzati a eseguire mansioni ripetitivein modo competente, diligente ed effi-

come il motore a combustione, è unatecnologia matura che deve esserereinventata per far fronte alle esigenzedi una nuova era. Con questo scopo,nel maggio 2008 un gruppo di accade-mici e leader d'azienda si sono riunitiper definire una «road map» per rein-ventare il management. (Per un elencodei partecipanti, si veda il riquadro amargine «Un programma per l'innova-zione manageriale»).L'obiettivo immediato del gruppo eraquello di stilare un elenco di sfide deci-sive per la gestione aziendale sullequali concentrare le energie degliinnovatori manageriali di tutto ilmondo. I partecipanti hanno prestospunto, in parte, dalla U.S. NationalAcademy of Engineering, che recente-mente ha proposto 14 sfide epocali incampo ingegneristico per il ventunesi-mo secolo, come effettuare il reverseengineering del cervello umano, fareprogressi nel campo dell'informaticasanitaria e sviluppare metodi per il

Le grandi sfideper il managementdel XXI secolodi Gary Hamel

UN GRUPPO DEI PIÙ IMPORTANTI ESPERTI DI MANAGEMENT DEL MONDO HA IDENTIFICATO LE SFIDE PIÙ AMBIZIOSE CHE DOVRANNO ESSERE AFFRONTATE PER REINVENTARE LA GESTIONE AZIENDALEE RENDERLA PIÙ ADEGUATA A UN MONDO SEMPRE PIÙ VOLATILE.

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segreto per il successo, come si posso-no ispirare i dipendenti a portare allavoro ogni giorno i doni dell'iniziativa,dell'immaginazione e della passione?In un'epoca in cui i costi nascosti del-l'industrializzazione sono diventatisgradevolmente evidenti, come si inco-raggiano gli alti dirigenti a farsi caricodelle responsabilità verso tutti glistakeholder? Per affrontare con successo questiproblemi, i top manager e gli espertidevono prima ammettere di aver rag-giunto i limiti di «Management 1.0»,ovvero il paradigma dell'epoca indu-striale basato sui principi di standar-dizzazione, specializzazione, gerar-chia, controllo e supremazia degliinteressi degli azionisti. Devonoammettere, cioè, che gli imperativiaziendali di domani giacciono al difuori dell'inviluppo della performan-ce delle prassi manageriali odierne,così permeate di burocrazia. In secondo luogo, devono coltivare,

ciente; il secondo, coordinare questemansioni in modo da riuscire a pro-durre beni e servizi complessi in gran-di quantità. In breve, i problemi darisolvere erano l'efficienza e la scala diproduzione, e la soluzione prescelta èstata la burocrazia, con una strutturagerarchica, obiettivi a cascata, una pre-cisa definizione dei ruoli e regole eprocedure complesse. Oggi i manager si trovano ad affronta-re una serie di nuovi problemi, prodot-ti da un ambiente volatile e spietato.Alcuni dei più cruciali sono: in un'epo-ca di rapido cambiamento, come sipossono creare organizzazioni chesiano tanto adattabili e flessibili quan-to focalizzate ed efficienti? In unmondo in cui i venti di distruzionecreativa soffiano con l'impeto di unuragano, come può un'azienda innova-re velocemente e coraggiosamente, inmodo da restare redditizia e al passocoi tempi? In un'economia creativadove il genio imprenditoriale è il

MANAGEMENT & STRATEGIA

LUKEBEST

Gary Hamel ([email protected]) è visiting professordi management internazionale e strate-gico alla London Business School edirettore di The Management Lab(www.managementlab.org), un'orga-nizzazione di ricerca no-profit dellaSilicon Valley, specializzata nell'innova-zione manageriale. Il suo ultimo libro(con Bill Breen) si intitola Il futuro delmanagement (Etas, 2008)

anziché reprimere, l'insoddisfazionerispetto allo status quo. Ciò che serveè un po' di sana ribellione. Per esem-pio, chi dice che deve essere necessa-rio un corpo contundente come unacrisi di performance per scatenare ilcambiamento? Chi dice che le azien-de dovrebbero essere molto più capa-ci di operare anziché di innovare?Chi dice che così tante persone deb-bano lavorare in aziende poco stimo-lanti? Chi dice che il primo impulso

dei manager debba essere quello dievitare le responsabilità sociali anzi-ché farsene carico? Sicuramente pos-siamo fare di meglio. Infine, chiunque abbia a cuore lagestione aziendale deve avere ilcoraggio di puntare in alto. Che sitratti di mandare l'uomo sulla Luna,decifrare il genoma umano o costrui-re un supercollisore in grado di svela-re i misteri dell'universo, i grandirisultati hanno inizio da grandi aspi-razioni. Lo stesso dicasi per il mana-gement. Troppo spesso gli accademicisi accontentano di codificare lemigliori prassi esistenti, anziché guar-dare oltre. I professionisti sono gene-ralmente più portati a domandarsi«Qualcun altro ha già fatto questo?»,piuttosto che «Vale la pena di provarequesto?». Ciò che serve, oggi più chemai, sono obiettivi ambiziosi per sti-molare la ricerca di modi radicalmen-te innovativi per mobilitare e organiz-zare le abilità umane.

Obiettivi ambiziosiIncoraggiati da questi pensieri, lanostra brigata di accademici, CEO,consulenti, imprenditori e venturecapitalist ribelli si è posta le seguentidomande: che cosa si deve fare percreare organizzazioni adatte per ilfuturo? Quali dovrebbero essere lepriorità fondamentali dei pionieridella gestione aziendale di domani?Gli ambiziosi obiettivi emersi dall'in-contro non si escludono a vicenda, nésono esaustivi. L'attuale modello dimanagement è un tutto integrato chenon può essere suddiviso facilmente intanti moduli; ecco perché c'è un certogrado di sovrapposizione tra le diversesfide. Tuttavia, ciascun obiettivo ambi-zioso illustra un percorso cruciale nel

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LE GRANDI SFIDE PER IL MANAGEMENT DEL XXI SECOLO

adattarsi, innovare e ispirare, tenereun comportamento socialmenteresponsabile e perseguire l'eccellenzaoperativa. Per infondere nelle impresetali qualità, gli studiosi e i professioni-sti del management devono ricostruirele basi della gestione aziendale. Per farquesto, dovranno andare alla ricerca dinuovi principi nelle aree più diverse,quali l'antropologia, la biologia, ildesign, le scienze politiche, l'urbanisti-ca e la teologia.

Debellare le patologie dellagerarchia formale. Anche se lagerarchia sarà sempre una caratteristi-ca delle organizzazioni, c'è il bisognoimpellente di limitare le conseguenzeassociate alle strutture autoritarie everticistiche. Tra i problemi più comu-ni, riscontriamo la tendenza ad attri-buire troppo peso all'esperienza a sca-pito del pensiero innovativo, a nondare ai seguaci sufficiente voce in capi-tolo nella scelta del leader, a perpetua-re disparità di potere che non possonoessere giustificate dal divario dellecompetenze, a dare ai manager unincentivo ad accentrare l'autoritàquando invece dovrebbe venire distri-buita, e a indebolire l'autostima degliindividui che hanno poco potere forma-le. Per superare questi difetti, la pirami-de organizzativa tradizionale deve esse-re rimpiazzata da una gerarchia «natu-rale», dove lo status e l'influenza sonocorrelati al contributo dato all'aziendaanziché alla posizione occupata. Legerarchie devono essere dinamiche, dimodo che il potere affluisca rapida-mente a coloro che creano valore a sca-pito di quanti non lo creano. Infine,anziché una singola gerarchia, è oppor-tuno che ce ne siano molte, ciascunadelle quali sia un barometro della peri-zia in qualche area cruciale.

Combattere la paura e aumenta-re la fiducia. I sistemi autoritaririflettono una profonda mancanza difiducia verso la serietà e la competen-za dei dipendenti, e tendono anche aesagerare l'importanza delle sanzioniquale strumento per costringere allaconformità. Ecco perché molte impre-

viaggio che conduce al «Management2.0» ed è opinione condivisa che iprimi dieci siano i più importanti.

Fare in modo che il lavoro delmanagement serva un fine piùelevato. Le aziende cercano perlopiùdi massimizzare la ricchezza degli azio-nisti, un obiettivo che appare inade-guato sotto molti aspetti. Come cata-lizzatore emotivo, la massimizzazionedella ricchezza non ha il potere dimobilitare appieno le energie umane;è una difesa insufficiente contro i criti-ci che mettono in dubbio la legittimitàdel potere societario; e non è abba-stanza specifica o pressante da sprona-re al rinnovamento. Per tutte questeragioni, le prassi manageriali di doma-ni dovranno concentrarsi sul consegui-mento di obiettivi nobili e socialmenterilevanti.

Incorporare a pieno titolo le ideedi comunità e cittadinanza neisistemi di gestione. Nel mondointerdipendente di domani, i sistemifortemente collaborativi avranno lameglio sulle organizzazioni caratteriz-zate da relazioni antagonistiche in cuio si vince o si perde. Eppure oggi lestrutture di corporate governancespesso acuiscono il conflitto promuo-vendo gli interessi di alcuni gruppi,come alti dirigenti e apportatori dicapitale, a spese di altri, solitamente idipendenti e le comunità locali. Infuturo, i sistemi di managementdovranno riflettere uno spirito dicomunità e di cittadinanza, ricono-scendo in tal mondo l'ineluttabileinterdipendenza di tutti i gruppi distakeholder.

Ricostruire le fondamenta filoso-fiche del management. Le aziendedi domani dovranno essere capaci di

Il management «moderno», gran parte del quale risale alla fine deldiciannovesimo secolo, non può essere ulteriormente perfezionato.

Per formulare una «road map» allo scopo di reinventare il manage-ment, un gruppo di studiosi e di CEO ha individuato 25 sfide ambiziose.

Se gli innovatori della gestione aziendale non affrontano tali questioni,le aziende non riusciranno a destreggiarsi nel mondo volatile di domani.

L’idea in breve

zarsi in unità più piccole e creare strut-ture fluide, basate su progetti.

Ridurre sensibilmente l'influssodel passato. I processi di manage-ment spesso contengono sottili distor-sioni che favoriscono la continuità ascapito del cambiamento. Per esem-pio, i processi di pianificazione raffor-zano una visione datata dei clienti edei concorrenti; i processi di prepara-zione dei bilanci preventivi non aiuta-no le idee rischiose a ottenere i finan-ziamenti iniziali; i sistemi di incentivopremiano più i manager amministrato-ri che gli imprenditori interni; i sistemidi misurazione sottostimano il valoredi creare nuove opzioni strategiche; e iprocessi di assunzione attribuisconoun peso eccessivo alle capacità analiti-che, sottovalutando quelle concettuali.Nonostante la creatività sia importan-te, queste preferenze impercettibiliper lo status quo devono essere porta-te alla luce, esaminate e, se necessario,espunte.

Condividere il lavoro di stabilirela direzione. Man mano che il ritmodel cambiamento accelera, e che l'am-biente di business si fa più complesso,sarà sempre più difficile per un picco-lo gruppo di alti dirigenti tracciare larotta del rinnovamento aziendale.Ecco perché la responsabilità di stabi-lire la direzione deve essere ampia-mente condivisa. Inoltre, soltanto unprocesso di partecipazione può pro-durre un impegno sincero a un cam-biamento proattivo. La lungimiranza el'intuito, anziché il potere e la posizio-ne, dovranno determinare il grado diinfluenza nel definire la direzione incui dovrà muoversi l'azienda.

Sviluppare misure di performan-ce olistiche. I sistemi di misurazioneesistenti hanno molti difetti: tendono aenfatizzare eccessivamente alcuniobiettivi, come il raggiungimento deitarget di profitto di breve periodo, sot-tovalutando altri obiettivi importanti,come la costruzione di nuove piatta-forme di crescita; inoltre, spesso nontengono conto dei fattori impercettibi-

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MANAGEMENT & STRATEGIA

cie, ma è anche un presupposto per lavitalità a lungo termine di un'organiz-zazione. Le aziende che non sposano,non incoraggiano e non sfruttano unadiversità di esperienze, di valori e dicapacità non riusciranno a generareuna ricca varietà di idee, opzioni edesperimenti, tutti ingredienti essenzia-li per un rinnovamento strategico. Isistemi manageriali del futuro dovran-no attribuire un alto valore alla diver-sità, al disaccordo e alla divergenza,tanto quanto al conformismo, al con-senso e alla coesione.

Reinventare il processo di for-mulazione della strategia comeprocesso in divenire. In un mondoturbolento, la previsione è difficile e lapianificazione a lungo termine ha pocovalore. I processi gestionali che cerca-no di pervenire alla «strategia miglio-re» attraverso metodi analitici di tipotop-down devono lasciare il posto amodelli basati sui principi biologicidella varietà (generare numeroseopzioni), della selezione (ricorrere aesperimenti a basso costo per sotto-porre rapidamente a verifica le ipotesicruciali) e ritenzione (riversare risorsenelle strategie che hanno maggiorepresa nel mercato). In futuro, la diri-genza non formulerà la strategia, ma siimpegnerà a creare le condizioni nellequali le nuove strategie possano emer-gere ed evolvere.

Destrutturare e disaggregarel'organizzazione. Per intercettare leopportunità che appaiono e scompaio-no alla velocità della luce, le organiz-zazioni devono essere in grado diriconfigurare rapidamente le capacità,le infrastrutture e le risorse.Sfortunatamente, in molte organizza-zioni i rigidi confini tra un'unità e l'al-tra, i «silos» funzionali e i feudi politi-ci ostacolano il rapido riallineamentodelle capacità e delle attività. Le gran-di unità organizzative che racchiudonocentinaia o migliaia di dipendenti pon-gono un altro pericolo, perché spessoportano al pensiero di gruppo su gran-de scala. Per sviluppare la capacità diadattarsi, le aziende devono organiz-

se sono piene di dipendenti ansiosi,che hanno paura di prendere l'iniziati-va o di fidarsi della propria capacità digiudizio. La capacità di adattarsi, l'in-novazione e l'impegno dei dipendentiverso l'azienda possono prosperaresoltanto in una cultura fondata sullafiducia, dove non trovi spazio la paura.In un simile ambiente si condivideampiamente l'informazione, si espri-mono liberamente le opinioni contro-verse e si incoraggia l'assunzione dirischi. La mancanza di fiducia demora-lizza e la paura paralizza, perciòentrambe devono essere estromessedai sistemi di gestione di domani.

Reinventare gli strumenti di con-trollo. I sistemi di controllo tradizio-nale garantiscono alti livelli di confor-mità, ma al costo di inibire la creativi-tà, l'imprenditorialità e l'impegno deidipendenti. Per superare il trade-offtra disciplina e innovazione, i sistemidi controllo del futuro dovranno fon-darsi di più su valutazioni tra pari(peer review) e di meno sulla supervi-sione esercitata dall'alto; dovranno farleva sul potere delle aspirazioni e deivalori condivisi, allentando al tempostesso la camicia di forza delle regole edelle restrizioni. Obiettivo: aziendedotate di dipendenti perfettamentecapaci di esercitare l'autodisciplina.

Ridefinire il lavoro di leadership.Le gerarchie naturali richiedono leadernaturali, cioè individui che sappianomobilitare gli altri anche in assenza diautorità formale. Nel «Management2.0» i leader non saranno più visti comegrandi visionari, capaci di decideresenza mai sbagliare e di mettere in rigai dipendenti con il pugno di ferro.Dovranno, invece, diventare «architettisociali», «estensori di costituzioni» e«imprenditori di significato». In questonuovo modello, il compito del leader ècreare un ambiente i cui tutti i dipen-denti abbiano l'opportunità di collabo-rare, innovare ed eccellere.

Espandere e sfruttare la diversi-tà. La diversità non è soltanto essen-ziale per la sopravvivenza di una spe-

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LE GRANDI SFIDE PER IL MANAGEMENT DEL XXI SECOLO

la maggior parte del proprio capitaleemotivo, e che hanno meno da perde-re dal cambiamento.

Espandere la portata dell'autono-mia del dipendente. I dipendenti allabase e ai livelli intermedi della piramideorganizzativa spesso sentono di nonavere il potere di avviare il cambiamento.Rigide linee di condotta, limiti di spesastringenti e mancanza di tempo da dedi-care al perseguimento dei propri obietti-vi riducono la loro autonomia e inibisco-no la capacità dell'organizzazione di rin-novare se stessa. Le aziende devonoriprogettare i sistemi gestionali in modoche favoriscano la sperimentazione loca-le e le iniziative prese dal basso.

Dare potere ai ribelli e disarmarei reazionari. I monarchi in carica nonsi mettono, di solito, a capo di unarivoluzione. Eppure, la maggior partedei sistemi di gestione conferisce unafetta sproporzionata di influenza sullastrategia e la politica a un piccolonumero di alti dirigenti. Ironia dellasorte, questi sono gli individui chehanno un maggiore interesse nello sta-tus quo e sono, dunque, più portati adifenderlo. Ecco perché le aziendeconsolidate spesso consegnano il futu-ro nelle mani delle start-up. L'unicasoluzione è sviluppare sistemi gestio-nali che ridistribuiscano il potere acoloro che hanno investito nel futuro

li, eppure cruciali, che stanno alla basedel successo competitivo, come il valo-re dell'innovazione generata dai clien-ti. Per superare questi limiti, le aziendedovranno creare sistemi di misurazio-ne più olistici.

Allungare gli orizzonti temporali ela visione prospettica dei dirigen-ti. I sistemi di retribuzione e di incenti-vo spesso accorciano artificialmente gliorizzonti temporali e distorcono la pro-spettiva. Per esempio, la ricerca suggeri-sce che la maggior parte dei dirigentinon è disposta a finanziare una nuovainiziativa redditizia se, così facendo, siriducono gli utili correnti. Costruire unnuovo sistema di incentivi che riportil'attenzione dei dirigenti sul creare valo-re a lungo termine per tutti gli stakehol-der è una priorità cruciale per l'innova-zione manageriale.

Creare una democrazia dell'in-formazione. Il potere managerialedipende tradizionalmente dal control-lo dell'informazione. Eppure, semprepiù spesso, la creazione di valore haluogo in corrispondenza dell'interfac-cia tra dipendenti di primo livello eclienti. Gli addetti della prima lineadevono essere informati e responsabi-lizzati, in modo da fare tutto il meglioper il cliente senza il bisogno di chie-dere l'autorizzazione. Anche la capaci-tà di adattamento dipende dalla tra-sparenza dell'informazione. Negliambienti volatili, ai dipendenti servo-no la libertà di muoversi rapidamentee i dati per agire in modo intelligente.Se devono riferire le decisioni ai pro-pri superiori, la capacità di adattamen-to risulta attenuata. Ecco perché i costidi accentrare l'informazione stannodiventando insostenibili. Per prenderedecisioni tempestive nel migliore inte-resse dell'intera azienda, i dipendentidi livello più basso devono essere gliindividui più informati all'interno del-l'organizzazione. Perciò, le aziendedevono creare sistemi di informazione«olografici», che diano a tutti i dipen-denti una visione tridimensionale dellemisure cruciali della performance edelle priorità fondamentali.

Le grandi sfide del management

16Dare potere ai ribelli e disarmare i reazionari. I sistemi di ge-

stione devono dare maggiore potere ai dipendenti che hanno investito il proprio capitale emotivo nel futuro anziché nel passato.

17Espandere la portata dell’au-tonomia del dipendente. I

sistemi di gestione devono essere progettati in modo da favorire le iniziative dal basso e la sperimenta-zione locale.

18Creare mercati interni per le idee, il talento e le risorse. I

mercati riescono ad allocare le risorse meglio di quanto non facciano le gerarchie, e i processi di allocazione delle risorse aziendali devono rifl ettere questo dato di fatto.

19Depoliticizzare i processi decisionali. I processi decisio-

nali devono esseri liberi da distorsioni legate alla posizione e devono sfrut-tare la saggezza collettiva dell’intera organizzazione, e anche oltre.

20Ottimizzare meglio i trade-off. I sistemi di gestione tendono

a imporre degli aut-aut. Ciò che serve sono sistemi ibridi che ottimizzino più gradualmente i trade-off.

21Dare libero sfogo all’immagina-zione umana. Molto si sa dei fat-

tori che stimolano la creatività umana. Queste conoscenze devono essere applicate meglio alla progettazione dei sistemi manageriali.

22Favorire le comunità di interessi. Per massimizzare il coinvolgi-

mento dei dipendenti, i sistemi mana-geriali devono facilitare la formazione di comunità di interessi spontanee.

23Riattrezzare il management per un mondo aperto. I network che

creano valore spesso trascendono i confi ni dell’impresa e possono rendere ineffi caci i tradizionali strumenti mana-geriali basati sul potere. Servono nuovi strumenti di gestione per costruire e modellare ecosistemi complessi.

24Umanizzare il linguaggio e la prassi del business. I sistemi ge-

stionali di domani dovranno attribuire altrettanta importanza agli ideali eterni dell’umanità, come la bellezza, la giusti-zia e la comunità, quanta ne ripongono nei tradizionali obiettivi dell’effi cienza, del vantaggio e del profi tto.

25Rieducare la mentalità mana-geriale. Le tradizionali capacità

analitiche e deduttive dei manager devono essere integrate da capacità concettuali e di pensiero sistemico.

1Fare in modo che il lavoro del management serva un fi ne più ele-

vato. Il management, tanto nella teoria quanto nella pratica, deve orientarsi al conseguimento di obiettivi nobili e socialmente rilevanti.

2Incorporare a pieno titolo le idee di comunità e cittadinanza nei si-

stemi di gestione. Occorrono processi e prassi che rifl ettano l’interdipen-denza di tutti i gruppi di stakeholder.

3Ricostruire le fondamenta fi loso-fi che del management. Per creare

organizzazioni che siano ben più che semplicemente effi cienti, avremo bi-sogno di attingere agli insegnamenti di campi come la biologia, le scienze politiche e la teologia.

4Debellare le patologie della gerarchia formale. Le gerarchie

naturali, dove il potere procede dal basso verso l’alto e i leader emergono anziché essere nominati, comportano numerosi vantaggi.

5Combattere la paura e aumen-tare la fi ducia. La diffi denza e la

paura sono tossiche per l’innovazione e il coinvolgimento, e devono essere estromesse dai sistemi manageriali di domani.

6Reinventare gli strumenti di controllo. Per superare il trade-off

tra disciplina e libertà, i sistemi di con-trollo devono incoraggiare il controllo dall’interno anziché i vincoli imposti dall’esterno.

7Ridefi nire il lavoro di leadership. La nozione de «il» leader come

eroico decisore è indifendibile. I leader devono essere rimodellati come archi-tetti di sistemi sociali che favoriscono l’innovazione e la collaborazione.

8Espandere e sfruttare la diversità. Dobbiamo creare una sistema ma-

nageriale che dia valore alla diversità, al disaccordo e alle divergenze tanto quanto alla conformità, al consenso e alla coesione.

9Reinventare il processo di for-mulazione della strategia come

processo in divenire. In un mondo turbolento, la formulazione delle stra-tegie deve rifl ettere i principi biologici della varietà, della selezione e della conservazione.

10Destrutturare e disaggregare l’organizzazione. Per diventare

più capaci di adattarsi e di innovare, le grandi organizzazioni devono essere disaggregate in unità più piccole, più malleabili.

11Ridurre sensibilmente l’in-fl usso del passato. I sistemi di

management esistenti spesso raffor-zano, senza volerlo, lo status quo. In futuro, dovranno facilitare l’innova-zione e il cambiamento.

12Condividere il lavoro di stabilire la direzione. Per coinvolgere

i dipendenti, la responsabilità della defi nizione degli obiettivi deve essere distribuita attraverso un processo nel quale il grado di infl uenza sia propor-zionale al discernimento, non al potere.

13Sviluppare misure di perfor-mance olistiche. Le misure di

performance esistenti devono essere ripensate, perché non prestano suffi -ciente attenzione alle competenze umane fondamentali che stanno alla base del successo in un’economia creativa.

14Allungare gli orizzonti tem-porali e la visione prospettica

dei dirigenti. Scoprire alternative ai sistemi di retribuzione e ricompensa che incoraggiano i manager a sacrifi -care gli obiettivi a lungo termine per i guadagni di breve periodo.

15Creare una democrazia dell’informazione. Le aziende

hanno bisogno di sistemi di informa-zione olografi ci, che diano a tutti i dipendenti gli strumenti di cui hanno bisogno per agire nell’interesse dell’intera impresa.

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MANAGEMENT & STRATEGIA

una grande organizzazione. Per rende-re l'allocazione delle risorse più flessibi-le e dinamica, le aziende devono crearemercati interni dove i programmi eredi-tati dal passato e i nuovi progetti com-petano in condizioni di parità per iltalento e i finanziamenti.

Depoliticizzare i processi deci-sionali. La qualità dei processi deci-sionali ai più alti livelli è spesso com-promessa dall’arroganza dei dirigenti,da pregiudizi inespressi e da datiincompleti. Inoltre, il numero di varia-bili che devono essere prese in consi-derazione nelle decisioni cruciali con-tinua ad aumentare. È raro che i topmanager cerchino il consiglio dei

Creare mercati interni per leidee, il talento e le risorse. Nelleaziende, le decisioni di finanziamentovengono generalmente prese al verticee sono pesantemente condizionate dafattori politici. Ecco perché le impresetendono a investire eccessivamente nelpassato e a finanziare in misura inade-guata il futuro. Per contro, l'allocazionedelle risorse in un sistema basato sulmercato, come il New York StockExchange, è decentralizzata e apolitica.Sebbene i mercati siano chiaramentevulnerabili alle distorsioni di breveperiodo, nel lungo periodo riescono adallocare le giuste risorse alle giusteopportunità meglio di come farebbe

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dipendenti di base per decidere sespendere o meno milioni di dollari perentrare in un nuovo mercato o appog-giare una nuova tecnologia. Tuttavia,chi lavora sul campo è spesso nellamigliore posizione per valutare gliaspetti che possono decretare il suc-cesso o l'insuccesso di una nuova stra-tegia. Le aziende avranno bisogno dinuovi processi decisionali che sappia-no cogliere una molteplicità di punti divista, mettano a frutto la saggezza col-lettiva dell'organizzazione e siano libe-ri da distorsioni legate alla posizione.

Ottimizzare al meglio i trade-off.Negli anni a venire il successo delleaziende dipenderà dalla capacità dei

16Dare potere ai ribelli e disarmare i reazionari. I sistemi di ge-

stione devono dare maggiore potere ai dipendenti che hanno investito il proprio capitale emotivo nel futuro anziché nel passato.

17Espandere la portata dell’au-tonomia del dipendente. I

sistemi di gestione devono essere progettati in modo da favorire le iniziative dal basso e la sperimenta-zione locale.

18Creare mercati interni per le idee, il talento e le risorse. I

mercati riescono ad allocare le risorse meglio di quanto non facciano le gerarchie, e i processi di allocazione delle risorse aziendali devono rifl ettere questo dato di fatto.

19Depoliticizzare i processi decisionali. I processi decisio-

nali devono esseri liberi da distorsioni legate alla posizione e devono sfrut-tare la saggezza collettiva dell’intera organizzazione, e anche oltre.

20Ottimizzare meglio i trade-off. I sistemi di gestione tendono

a imporre degli aut-aut. Ciò che serve sono sistemi ibridi che ottimizzino più gradualmente i trade-off.

21Dare libero sfogo all’immagina-zione umana. Molto si sa dei fat-

tori che stimolano la creatività umana. Queste conoscenze devono essere applicate meglio alla progettazione dei sistemi manageriali.

22Favorire le comunità di interessi. Per massimizzare il coinvolgi-

mento dei dipendenti, i sistemi mana-geriali devono facilitare la formazione di comunità di interessi spontanee.

23Riattrezzare il management per un mondo aperto. I network che

creano valore spesso trascendono i confi ni dell’impresa e possono rendere ineffi caci i tradizionali strumenti mana-geriali basati sul potere. Servono nuovi strumenti di gestione per costruire e modellare ecosistemi complessi.

24Umanizzare il linguaggio e la prassi del business. I sistemi ge-

stionali di domani dovranno attribuire altrettanta importanza agli ideali eterni dell’umanità, come la bellezza, la giusti-zia e la comunità, quanta ne ripongono nei tradizionali obiettivi dell’effi cienza, del vantaggio e del profi tto.

25Rieducare la mentalità mana-geriale. Le tradizionali capacità

analitiche e deduttive dei manager devono essere integrate da capacità concettuali e di pensiero sistemico.

1Fare in modo che il lavoro del management serva un fi ne più ele-

vato. Il management, tanto nella teoria quanto nella pratica, deve orientarsi al conseguimento di obiettivi nobili e socialmente rilevanti.

2Incorporare a pieno titolo le idee di comunità e cittadinanza nei si-

stemi di gestione. Occorrono processi e prassi che rifl ettano l’interdipen-denza di tutti i gruppi di stakeholder.

3Ricostruire le fondamenta fi loso-fi che del management. Per creare

organizzazioni che siano ben più che semplicemente effi cienti, avremo bi-sogno di attingere agli insegnamenti di campi come la biologia, le scienze politiche e la teologia.

4Debellare le patologie della gerarchia formale. Le gerarchie

naturali, dove il potere procede dal basso verso l’alto e i leader emergono anziché essere nominati, comportano numerosi vantaggi.

5Combattere la paura e aumen-tare la fi ducia. La diffi denza e la

paura sono tossiche per l’innovazione e il coinvolgimento, e devono essere estromesse dai sistemi manageriali di domani.

6Reinventare gli strumenti di controllo. Per superare il trade-off

tra disciplina e libertà, i sistemi di con-trollo devono incoraggiare il controllo dall’interno anziché i vincoli imposti dall’esterno.

7Ridefi nire il lavoro di leadership. La nozione de «il» leader come

eroico decisore è indifendibile. I leader devono essere rimodellati come archi-tetti di sistemi sociali che favoriscono l’innovazione e la collaborazione.

8Espandere e sfruttare la diversità. Dobbiamo creare una sistema ma-

nageriale che dia valore alla diversità, al disaccordo e alle divergenze tanto quanto alla conformità, al consenso e alla coesione.

9Reinventare il processo di for-mulazione della strategia come

processo in divenire. In un mondo turbolento, la formulazione delle stra-tegie deve rifl ettere i principi biologici della varietà, della selezione e della conservazione.

10Destrutturare e disaggregare l’organizzazione. Per diventare

più capaci di adattarsi e di innovare, le grandi organizzazioni devono essere disaggregate in unità più piccole, più malleabili.

11Ridurre sensibilmente l’in-fl usso del passato. I sistemi di

management esistenti spesso raffor-zano, senza volerlo, lo status quo. In futuro, dovranno facilitare l’innova-zione e il cambiamento.

12Condividere il lavoro di stabilire la direzione. Per coinvolgere

i dipendenti, la responsabilità della defi nizione degli obiettivi deve essere distribuita attraverso un processo nel quale il grado di infl uenza sia propor-zionale al discernimento, non al potere.

13Sviluppare misure di perfor-mance olistiche. Le misure di

performance esistenti devono essere ripensate, perché non prestano suffi -ciente attenzione alle competenze umane fondamentali che stanno alla base del successo in un’economia creativa.

14Allungare gli orizzonti tem-porali e la visione prospettica

dei dirigenti. Scoprire alternative ai sistemi di retribuzione e ricompensa che incoraggiano i manager a sacrifi -care gli obiettivi a lungo termine per i guadagni di breve periodo.

15Creare una democrazia dell’informazione. Le aziende

hanno bisogno di sistemi di informa-zione olografi ci, che diano a tutti i dipendenti gli strumenti di cui hanno bisogno per agire nell’interesse dell’intera impresa.

dipendenti, a tutti i livelli, di gestiretrade-off apparentemente inconcilia-bili: tra utili di breve e crescita di lungoperiodo, tra competizione e collabora-zione, tra struttura e movimento, tradisciplina e libertà, e tra successo indi-viduale e di squadra. I sistemi tradizio-nali si basano su linee di condottagrezze, universali che prediligono certiobiettivi a spese di altri. I sistemi didomani dovranno incoraggiare unasana competizione tra obiettivi con-trapposti e mettere i dipendenti delleprime linee nella condizione di otti-mizzare i trade-off cruciali. L'obiettivoè creare organizzazioni che sappianoconiugare le capacità di esplorazione edi apprendimento dei network decen-tralizzati con l'efficienza e il focusdecisionale delle strutture gerarchiche.Dare libero sfogo all'immaginazioneumana. Sappiamo molte cose su comestimolare la creatività umana: fornireagli individui strumenti con cui innova-re, permettere loro di trovare il tempoper pensare, non biasimare gli errori ei fallimenti, creare opportunità diapprendimento e di scoperta, e cosìvia. Tuttavia, soltanto una minimaparte di queste conoscenze si è infiltra-ta nei sistemi manageriali. Quel che èpeggio è che molte aziende hanno isti-tuzionalizzato una sorta di apartheiddella creatività, assicurando a pochiindividui ruoli creativi e il tempo diperseguire i propri interessi, e dandoper scontato che gli altri dipendentisono perlopiù privi di immaginazione.I processi manageriali di domanidovranno alimentare l'innovazione inogni angolo dell'organizzazione.

Favorire le comunità d’interessi.La passione è un importante moltipli-catore del talento umano, soprattuttoquando individui che la pensano allostesso modo convergono attorno a unagiusta causa. Eppure, molti dati sugge-riscono che i dipendenti non sonoemotivamente coinvolti nel propriolavoro; non si sentono gratificati e, diconseguenza, le loro organizzazionihanno una performance insoddisfa-cente. Le aziende devono incoraggiare

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LE GRANDI SFIDE PER IL MANAGEMENT DEL XXI SECOLO

Un programma per l'innovazione managerialeCosa - nel modo in cui le grandi organizzazioni sono gestite, strutturate e diret-te - metterà maggiormente a rischio la loro capacità di prosperare nei decennia venire? In che modo bisognerà cambiare le prassi e i principi manageriali percreare organizzazioni veramente pronte per il futuro? Sono queste le domandeposte a 35 studiosi e professionisti del management che si sono ritrovati perdue giorni in California per discutere il futuro della gestione aziendale. La con-ferenza, organizzata da The Management Lab con il supporto di McKinsey &Co, ha visto coinvolti un gruppo eterogeneo di veterani dell'accademia, teoricidel management New Age, CEO progressisti e un paio di venture capitalist. Le conversazioni sono state molto vivaci e a tratti combattive. Tuttavia, nel corsonell'evento, nessuno ha mai perso di vista l'obiettivo ultimo: sviluppare un pro-gramma coraggioso per spronare la reinvenzione del management nel ventune-simo secolo. Mentre eravamo alle prese con questo compito, ci rendevamo contoche gli esperti di management soffrono spesso di una mancanza di ambizioni. Cisiamo chiesti: quale sarebbe l'equivalente per la gestione aziendale di decifrare ilgenoma umano, trovare una cura per l'AIDS o arrestare il riscaldamento globale? Dopo l'evento, un gruppo di lavoro ha stilato un primo elenco di sfide traendo-le dai materiali raccolti durante la conferenza. Il nostro obiettivo non era quellodi condensare la lista in un piccolo gruppo di meta-sfide, ma di presentare unaraccolta relativamente completa che rendesse omaggio ai variegati, e spessopenetranti, punti di vista di coloro che avevano partecipato. In ultima analisi, ciòche conta non era la conferenza in sé, ma la missione che ci ha portati a riunir-ci: offrire incoraggiamento, direzione – e un po' di copertura aerea – ai ribellidel management ovunque essi siano.

Eric Abrahamson Columbia Business School

Chris Argyris Harvard University

Joanna Barsh McKinsey & Company

Julian Birkinshaw London Business School

Tim Brown IDEO

Lowell Bryan McKinsey & Company

Bhaskar Chakravorti Harvard Business School

Yves Doz Insead

Alex Ehrlich UBS

Gary Hamel The Management Lab

Linda Hill Harvard Business School

Jeffrey Hollender Seventh Generation

Steve Jurvetson Draper Fisher Jurvetson

Kevin KellyWired

Terri Kelly W.L. Gore & Associates

Ed LawlerUniversity of Southern California

John MackeyWhole Foods

Tom MaloneMIT Sloan School ofManagement

Marissa Mayer Google

Andrew McAfeeHarvard Business School

Lenny MendoncaMcKinsey & Company

Henry MintzbergMcGill University

Vineet NayarHCL Technologies

Jeffrey PfefferStanford University

C.K. PrahaladUniversity of Michigan

J. Leighton Read Alloy Ventures and Seriosity,Incorporated

Keith Sawyer Washington University in St. Louis

Peter Senge Society for OrganizationalLearning e MIT

Rajendra Sisodia Bentley University

Tom Stewart Booz & Co.

James Surowiecki autore di La saggezza della folla

Hal Varian University of California, Berkeley

Steven Weber University of California, Berkeley

David Wolfe Wolfe Resources Group

Shoshana ZuboffHarvard Business School (in pensione)

La brigata dei ribelli

85Aprile 2009

ragionamento deduttivo, risoluzioneanalitica dei problemi ed elaborazionedi soluzioni. I manager di domaniavranno bisogno di nuove abilità,come: apprendimento riflessivo o adoppio circuito, capacità di pensierosistemico, risoluzione creativa dei pro-blemi e capacità di pensiero legato aivalori. Le business school e le aziendedovranno riformulare i programmi diformazione per aiutare i dirigenti a svi-luppare tali capacità, e dovranno altre-sì reindirizzare i sistemi managerialiper incoraggiare la loro applicazione.

Trascendere i trade-offI progressi fatti nel conseguimento diquesti obiettivi ambiziosi contribuiran-no a de-burocratizzare le aziende e aliberare le capacità umane. Il fine ulti-mo, tuttavia, è quello di superare ilimiti delle prassi manageriali odiernesenza perdere i benefici che ne conse-guono. Non avrebbe senso, per esem-pio, cercare una cura per la pavidità el'inerzia se gli effetti collaterali fosserol'imprudenza e l'inefficienza. Le

le comunità d’interessi, permettendoagli individui di trovare una più altavocazione all'interno della propria vitalavorativa, aiutandoli a entrare in con-tatto con i dipendenti che condividonopassioni simili e allineando meglio gliobiettivi dell'organizzazione con gliinteressi naturali del personale.

Riattrezzare il management perun mondo aperto. I modelli di busi-ness emergenti si fondano sempre piùsu reti di creazione del valore e formedi produzione sociale che trascendonoi confini organizzativi. In questiambienti, gli strumenti di managementche si basano sull'esercizio del potereposizionale rischiano di essere ineffi-caci e controproducenti. Nelle reti divolontari o di operatori legalmenteindipendenti, il «leader» deve galva-nizzare e ampliare la comunità, anzi-ché gestirla dall'alto. Condizione per ilsuccesso è pertanto lo sviluppo dinuovi approcci per mobilitare e coor-dinare le attività umane. Umanizzare il linguaggio e la prassidel business. Di solito, gli obiettivi delmanagement vengono descritti in ter-mini di «efficienza», «vantaggio»,«valore», «superiorità», «focus» e «dif-ferenziazione». Per quanto importantisiano, questi obiettivi non hanno ilpotere di far palpitare i cuori dellagente. Per creare organizzazioni chesiano quasi umane nella loro capacitàdi adattarsi, innovare e coinvolgere, ipionieri del management devono tro-vare il modo di infondere nelle prosai-che attività di business ideali più pro-fondi, toccanti, come l'onore, la verità,l'amore, la giustizia e la bellezza.Queste virtù universali ispirano datempo immemore gli esseri umani acompiere grandi imprese e non posso-no più essere relegate ai margini deldiscorso e dell'azione manageriale.

Rieducare la mentalità manage-riale. In passato la formazione mana-geriale si è concentrata soprattutto sul-l'aiutare i leader a sviluppare un parti-colare portafoglio di abilità cognitive:potenziamento delle facoltà governatedall'emisfero sinistro del cervello,

MANAGEMENT & STRATEGIA

imprese devono diventare molto piùcapaci di adattarsi, innovare e ispiraresenza per questo diventare meno foca-lizzate, disciplinate o orientate allaperformance. Per risolvere questo paradosso biso-gnerà operare una chiara distinzionetra fini e mezzi. I dirigenti spessodifendono prassi logorate dal tempoperché non riescono a immaginareprocedure meno burocratiche per con-seguire obiettivi essenziali. Per esem-pio, molte aziende hanno regolamentimolto dettagliati che disciplinano iviaggi d'affari. Per intraprendere unviaggio i dipendenti devono ottenereun'autorizzazione preventiva, rispetta-re rigidi limiti di spesa e presentare unresoconto delle spese di viaggio perl'approvazione. Quasi tutti sono d'ac-cordo con l'obiettivo di tenere i costisotto controllo, ma potrebbe esserciuna maniera meno burocratica perottenere questo risultato. Un possibileapproccio è quello di pubblicare i reso-conti di spesa di ciascun dipendentesull'intranet societario, facendo leva

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LE GRANDI SFIDE PER IL MANAGEMENT DEL XXI SECOLO

sulle pressioni dei pari per tenere afreno i dipendenti spendaccioni.Spesso la trasparenza è altrettantoefficace quanto un regolamento appli-cato alla lettera, ma è anche più flessi-bile e meno costosa da amministrare.Ricorderete certamente la reazionedi sdegno dell'opinione pubblicaquando nel settembre 2008 si è sapu-to che i dirigenti della AIG avevano

me dell'avidità consumare il settoredell'investment banking sarà scusatoper aver pensato che il problema,forse, potrebbe essere stato un livellodi burocrazia insufficiente. Dopotutto, gli ingranaggi burocratici – pro-cedure operative dettagliate, ruolistrettamente definiti, attenta supervi-sione e chiari criteri di approvazione– servono a tenere i dipendenti sotto

speso 400.000 dollari in un'esclusivalocalità turistica pochi giorni dopoche il Governo era intervenuto a sal-vare la compagnia di assicurazionecon una manovra da 85 miliardi didollari. Difficilmente i dirigenti dellaAIG si comporteranno di nuovo inmodo così prodigo. Ciò nonostante, chiunque nel 2008abbia osservato a bocca aperta le fiam-

>> Nella produzione scientifica di Gary Hamel, profes-sore di Strategia alla London Business School e ricono-sciuta autorità internazionale sul tema, la progressivaatrofizzazione del management e delle sue teorie è untema ricorrente. Già nel 1994, nel suo libro Alla conqui-sta del futuro, scritto in collaborazione con G. K.Prahalad, egli aveva levato il dito accusatore contro que-sto perverso fenomeno, con particolare riferimento aquell’area particolarmente sensibile del managementche è la strategia. La causa principale di ciò, che poi eraed è alla radice di tanti insuccessi aziendali, era da ricer-care nella ristrettezza delle basi concettuali della strate-gia fin dal livello teorico. La stragrande maggioranza diquelli che se ne occupavano erano economisti e tecno-logi, mentre brillavano per la loro assenza gli esperti dialtre discipline, che pure avrebbero potuto allargarneampiamente e soprattutto utilmente i confini. In Leader della rivoluzione, uscito nel 2000, Hamel avevarincarato la dose, sostenendo che i teorici e i managernon avevano capito come il discrimine non fosse tantofra vecchie e nuove aziende, e neppure fra le impresedell’era industriale e le nuove imprese dot com, ma fracoloro che sono in grado di introdurre profonde inno-vazioni e coloro che non lo sono. Per cui, a fare la dif-ferenza sono non i miglioramenti incrementali, leinnovazioni continue, e nemmeno i nuovi prodotti, male «rivoluzioni», ossia le innovazioni radicali nei modellie nei concetti di business. Hamel torna ora sul tema con questo articolo (forsepreludio a un nuovo libro) nel quale propone dei moonshots, delle fotografie lunari del management del futu-ro. Alla redazione di questa sorta di manifesto hanno

IL COMMENTO

Strategie radicate nel reale

di Antonio Martelli / Docente di Strategia e Politica aziendale, Università Bocconi

partecipato in totale 35 teorici e pratici del manage-ment e della strategia fra i più eminenti, visto cheincludono nomi quali Chris Argyris, Henry Mintzberg,Tom Malone, C. K. Prahalad e Peter Senge, tutti unitidal desiderio di voltare finalmente pagina e di redige-re infine l’agenda del rinnovamento del management. Ilmanifesto contiene anche un elenco delle 25 principa-li sfide che teorici e pratici del management dovrebbe-ro – dovranno – affrontare a questo scopo. Sarebbe difficile non concordare sul fatto che le princi-pali innovazioni teoriche sono state realizzate nel mana-gement prima del 1950. Successivamente gli apportisono diventati sempre più incrementali: sempre piùnumerosi, ma via via anche sempre più minuscoli.Perfino nel segmento concettuale e pratico più vivacedel management, quello della strategia appunto, si ha lasensazione di essere di fronte a un fenomeno statico,come hanno rilevato fra gli altri anche David J. Collis eCynthia Montgomery (si veda l’articolo «Risorse percompetere», in Harvard Business Review Italia, settembre2008). Anche qui si tratta, infatti, quasi esclusivamentedi perfezionamenti di concetti già noti, di ritocchi maga-ri importanti, ma pur sempre ritocchi a un quadro chenelle sue linee essenziali rimane inalterato. E che, pertornare a Hamel, è ormai chiaramente insufficiente. La preoccupazione di base che ha mosso i 35 «ribelli» èquindi più che fondata. Resta però l’interrogativo se iltipo di soluzione che viene proposto sia proprio quelloche dà le maggiori garanzie di successo: se cioè ilmanagement possa essere riformato, per così dire, dal-l’interno, riflettendo su sé stesso e con un ancoraggiomolto forte all’ambiente manageriale americano. E qui

87Aprile 2009

controllo. Indubbiamente oggi sta-remmo tutti meglio se i banchieri acaccia di bonus fossero stati control-lati più strettamente. Il controllo è un fattore essenziale, matroppo spesso viene esercitato a scapi-to dell'iniziativa, della creatività e dellapassione, che sono gli ingredienti cru-ciali per il successo di un'organizzazio-ne. Negli ambienti dinamici, come nel

lungo periodo. I dipendenti delleprime linee – i «cervelloni» che creanoe vendono strumenti finanziari sofisti-cati – devono essere chiamati a rispon-dere dell'impatto delle loro azioni sulrischio patrimoniale e sulla redditivitàa medio termine della banche. In annirecenti, tuttavia, la loro unica respon-sabilità è stata quella di sfornare pro-dotti finanziari a getto continuo. I ban-

mondo iper-reattivo della finanzamoderna, l'autorità decisionale deveessere ampiamente distribuita e quindiil controllo deve provenire dallenorme organizzative, non da procedu-re di revisione sclerotiche. La centralizzazione e il controllo dra-coniano probabilmente non sono ilmodo migliore per evitare che gli indi-vidui si assumano rischi imprudenti nel

MANAGEMENT & STRATEGIA

può valere il confronto con i problemi che si posero isuoi fondatori intorno agli inizi del Novecento, i variFrederick Taylor, Henry Fayol e via elencando. Essi nonavevano strumenti di analisi concettuale altrettanto raf-finati quanto quelli degli esperti di oggi, ma avevanocapito a fondo il senso della rivoluzione industriale, cheaveva poi già più di un secolo di vita, e i suoi effetti sul-l’economia e sulla società del loro tempo. Oggi una rivoluzione del management può avveniresolo se si parte dalle mutate condizioni in cui dirigen-ti, consulenti e accademici devono operare e riflettere:e queste nuove condizioni si chiamano anzitutto glo-balizzazione, parola che praticamente non comparenell’articolo di Hamel. Il concetto di management, oggigiorno, è una esten-sione di quello di strategia: e la strategia vincente èquella che punta a rendere una azienda capace dicompetere su scala globale. Per mettere le cose inprospettiva: attualmente, il 20% circa del prodottolordo mondiale, vale a dire 15 mila miliardi di dollari su60 mila, viene prodotto e consumato su mercati glo-bali. Ma entro 15 anni molti altri Paesi (e molti altriprodotti e servizi) entreranno a far parte dei mercatiglobali, per cui quella percentuale salirà del doppio eforse anche del triplo. A quell’epoca il PIL del mondosarà probabilmente intorno a 90 mila miliardi di dolla-ri (a valori 2007), per cui l’area globale accessibilesarà pari a 40mila miliardi e forse più. Superata la crisieconomico–finanziaria in corso, e anche a causa diessa, l’ulteriore balzo in avanti dell’integrazione eco-nomica imporrà una forte accelerazione al ritmo delletrasformazioni economiche, per cui assisteremo a

ristrutturazioni radicali in ogni settore e in ogni eco-nomia nazionale.Di conseguenza, i principi manageriali e strategici di cuisi avrà bisogno saranno certo radicalmente diversi daquelli attuali ma, soprattutto, nel senso che dovrannobasarsi sull’integrazione delle culture e, allo stessotempo, su quegli aspetti delle singole culture nazionaliche più possono contribuire a mantenere gli specificivantaggi competitivi. Un compito, questo, al quale i teo-rici e pratici del management e della strategia non sisono finora dedicati con neppure una frazione dell’im-pegno che sarebbe necessario. Si deve certo concorda-re con Hamel sull’idea che il rinnovamento del manage-ment dipenderà dalla capacità di costruire proposte divalore, oltre che dall’assicurarsi l’accesso ai mercati ed«esserci». Ma queste proposte di valore non potrannoprescindere dall’integrazione fra le culture e da aspetta-tive elaborate a livello planetario. Il manifesto di Hamele soci, per quanto ricco di suggestioni – a cominciare daquelle relative alla necessità di rinsaldare le basi etichedel management – soffre ancora un po’, magari incon-sapevolmente, di monoculturalismo. Una delle ragioni per cui Peter Drucker è stato il teoricodel management che, nella seconda metà delNovecento, è ricaduto meno negli stereotipi tradiziona-li e ha elaborato idee che sono in buona parte tuttoravalide è che egli aveva assorbito l’esperienza manage-riale degli Stati Uniti nell’ambito della cultura europea dicui era profondamente imbevuto. Eppure oggi neppurequesto basterebbe più. Per far fronte alle nuove sfide, ilpensiero manageriale e strategico ha soprattutto biso-gno di aprire una finestra sul mondo. <

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LE GRANDI SFIDE PER IL MANAGEMENT DEL XXI SECOLO

chieri hanno bisogno di incentivi che liinducano a considerare il successo inun'ottica di lungo periodo. Devonocominciare a vedersi come ammini-stratori, responsabili per la salvaguar-dia degli interessi di quanti ripongonofiducia in loro, anziché come mercena-ri motivati soltanto da retribuzionimilionarie. Controlli dall'internoanziché dall'esterno, orizzonti tem-porali che si estendano oltre i dodicimesi, il perseguimento di uno scoponobile, lo spirito di comunità: questiobiettivi ambiziosi dovranno esseregli ingredienti essenziali di qualsiasialternativa di lungo periodo al ciclodi eccessi e pentimenti che ha carat-terizzato il settore dei servizi finan-ziari statunitense per la maggiorparte dell'ultimo secolo.

Non tutti gli obiettivi ambiziosi sononuovi; molti affrontano problemi chesono endemici nelle grandi organiz-zazioni. Li abbiamo evidenziati conl'obiettivo di ispirare nuove soluzionia problemi che si vanno preparandoda tempo. La Fondazione Gates si èdedicata a combattere la malaria, chenon è affatto un obiettivo nuovo.Eppure coloro che hanno promossol'iniziativa sono convinti che nuoveidee, nuove terapie e nuovi metodi disomministrazione daranno risultati diimportanza storica. Analogamente,nuove menti sgombre da vecchi pre-giudizi e nuovi strumenti come quelliche hanno dato vita a una rivoluzionesociale sul web potrebbero permet-terci di sottrarci alle restrizioni diprassi manageriali incrostate dallatradizione. L'obiettivo di Management 2.0 è direndere tutte le organizzazioni genui-namente umane, tanto quanto le per-

nostra inventiva e il nostro senso disolidarietà. Ciò che le aziende untempo consideravano soltanto unimperativo morale – creare organiz-zazioni che siano genuinamenteumane – è diventato un ineludibileimperativo di business. È una sfida da far tremare, ma nonperdetevi d'animo. I primi pionieridel management hanno dovuto tra-sformare esseri umani ostinati e abi-tuati a pensare con la propria testa indipendenti obbedienti e rispettosi,lavorando contro l'essenza dellanatura umana. Noi, invece, lavoriamocon la natura umana stessa: il nostroobiettivo è rendere le organizzazionipiù umane, non meno. McCallum,Taylor e Ford ci invidierebbero que-sta opportunità.

sone che ci lavorano. Le personesanno adattarsi: ogni giorno, migliaiadi individui in tutti i continenti inizia-no un nuovo lavoro, ritornano a scuo-la per acquisire nuove capacità, cam-biano carriera a metà della propriavita o cercano di barcamenarsi nelle

situazioni di crisi familiare. Le perso-ne sono innovative: ogni giorni,milioni di individui pubblicano nuovipost sui blog, inventano nuove ricet-te, scrivono poesie o ridipingono lepareti di casa. Le persone sono atten-te alle esigenze della comunità: pen-sate a tutti coloro che conoscete chefanno volontariato nella scuola deifigli, danno una mano all'ospedalelocale, allenano una squadra di quar-tiere o fanno la spesa per chi non puòmuoversi da casa. Sfortunatamente,la tecnologia gestionale spesso drenadalle organizzazioni le qualità che cirendono umani: la nostra vitalità, la

(Traduzione di Adele Oliveri/ShaKe)Ristampa n. 09021

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