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1 LITURGIA « CULMEN ET FONS » LA LITURGIA NELLA VITA DELLA CHIESA marzo 2014 - anno 7 n. 1 www.liturgiaculmenetfons.it

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LITURGIA«CULMEN ET FONS»

LA LITURGIA

NELLA VITA DELLA CHIESAmarzo 2014 - anno 7 n. 1www.liturgiaculmenetfons.it

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La liturgia“culmine e fonte”della vita della Chiesadon Enrico Finotti

marzo2014 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

“Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tendel’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte dacui promana tutta la sua energia. Il lavoroapostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventatif igli di Dio mediante la fede e il battesimo, siriuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa,prendano parte al sacrif icio e alla mensa delSignore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli,nutriti dei « sacramenti pasquali », a vivere « inperfetta unione »; prega aff inché « esprimano nellavita quanto hanno ricevuto mediante la fede »; larinnovazione poi dell’alleanza di Dio con gliuomini nell’eucaristia introduce i fedeli nellapressante carità di Cristo e li inf iamma con essa.Dalla liturgia, dunque, e particolarmentedall’eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, lagrazia, e si ottiene con la massima eff icacia quellasantif icazione degli uomini nel Cristo e quellaglorif icazione di Dio, alla quale tendono, come aloro f ine, tutte le altre attività della Chiesa” (SC10).

Il Concilio Ecumenico Vaticano II è fondatosulla liturgia come su un basamento primario sucui poggia il suo sviluppo dottrinale e da cuideduce le sue molteplici conseguenze pastorali1.

Ecco una considerazione che ha potuto farecon soddisfazione ogni liturgista che ha avutola fortuna di assistere alle discussioni conciliariin questa materia: la visuale liturgica è ormaiuna forza travolgente nella Chiesa e tuttacompenetrata con il movimento pastorale,missionario, spirituale, ecumenico, teologico: igrandi movimenti, che animano in questomomento il mistico Corpo di Cristo. Per coloroche hanno f in qui considerato la liturgia e ilmovimento liturgico come cose molto marginalinella vita della Chiesa, l’assistenza a quellediscussioni avrà avuto valore di ‘rivelazione’2.

I. Il signif icato dei termini ‘culmine efonte’

Culmen signif ica che l’intera vita della Chiesaraggiunge il suo f ine nella Liturgia: l’annunzio, lacatechesi e ogni altra attività pastorale sono

intimamente orientate a condurre i f igli dellaChiesa alla celebrazione liturgica. Il f ine dellaliturgia è quello di lodare, benedire, adorare eglorif icare la Maestà divina. Questo f ine saràperfetto nell’eternità, mentre quaggiù, pur essendogià presente nel mistero, è in costante costruzione.Dichiarare la liturgia come culmen signif icariconoscere che il f ine della Chiesa non è sul pianovisibile, temporale, sociologico ed umanitario, matrascendente ed eterno. La Liturgia è un attotrascendente che ci introduce nel cielo e ci sollevadal triste esilio di questa terra votata al peccato.La liturgia non è un mezzo per raggiungereobiettivi temporali e storici, ma è già la meta dellacontemplazione divina, velata ancora dall’opacitàdei simboli visibili, ma reale e che si svelerànell’eternità. Non si celebra dunque per un qualchescopo, ma la celebrazione ha valore compiuto inse stessa in quanto mediante essa si accedeall’eterno e si viene coinvolti nella realtà ultimadella contemplazione e della glorif icazione di Dio.Qui già siamo nella realtà che ci attende, soltantoche sulla terra tale realtà divina rimane velata e lasi percepisce solo nella fede. Ogni tentativo quindidi strumentalizzare la liturgia come un mezzo perottenere scopi temporali, anche se nobili enecessari, non è giustif icato. La liturgia èsemplicemente un f ine, una meta, superataunicamente dalla visione beatif ica oltre la mortecorporale. E’ questo l’equivoco di gran partedell’odierna pastorale, che ormai secolarizzata etutta intenda alle cose del mondo non percepiscepiù il suo vero f ine e usa la stessa liturgia comeuno strumento didattico o psicologico peroperazioni relegate soltanto nell’orizzonte storico,sociologico, umanitario e culturale. In una talevisione la liturgia tende ad essere esclusa,emarginata e incompresa, e, qualora vi si ricorre,la si piega ad uno tra i tanti strumenti per scopisemplicemente intramondani e f ilantropici in unavisione cristiana ormai secolarizzata e temporale.La liturgia ha quindi valore per se stessa come l’attod’amore è giustif icato in se stesso e mai usato peraltri scopi. L’atto sublime col quale viene resa unasublime gloria a Dio, ossia l’atto liturgico, ha unvalore in sé ed è compiuto in se stesso e per sestesso. Se fosse veramente compreso questoprincipio, né la liturgia sarebbe emarginata neltessuto pastorale, né sarebbe sf ruttata econtinuamente mistif icata a seconda degliobiettivi ‘pastorali’ del momento e delle situazionicangianti. Una liturgia funzionale alla ‘pastorale’è una contraddizione in termini, in quanto lafunzionalità ad altro è intimamente estranea allanatura propria della liturgia, che è f ine, meta eglorif icazione gratuita e riposante della creatura,che adora il suo Creatore. L’intera pastorale invecedeve tendere necessariamente ad introdurreadeguatamente ogni fedele alla celebrazione degnae corretta della liturgia e a farlo partecipare confrutto, in modo interiore ed esteriore. Ogniespressione ‘pastorale’ che distogliesse dalla

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IN QUESTO NUMERO

Immagine di copertina: Antonio Vivarini e Giovanni

d’Alemagna, Polittici di San Tarasio, 1443-1444,

Venezia, Chiesa di San Zaccaria.

Nell’ultima pagina: Luca Signorelli, polittico di Arcevia,

1507.

2 LA LITURGIA “CULMINE E FONTE”’ DELLA VITA

DELLA CHIESA

significato dei termini

primato delle liturgia

il senso teologico della liturgia

la conversione liturgica di Naaman Siro

don Enrico Finotti

10 LE DOMANDE DEI LETTORI

a cura della Redazione

14 PER CELEBRARE CON FRUTTO

mons. Athanasius Schneider

17 LA MISTAGOGIA PASQUALE

Mons. Antonio Donghi

19 GOCCE DI LITURGIA

mons. Orlando Barbaro

_______________________

LITURGIA “CULMEN ET FONS”

Rivista trimestrale di cultura religiosa a cura della Associazione

Culturale Amici della Liturgia via Stoppani n. 3 - Rovereto.

Registraz. Tribunale di Trento n. 1372 del 13/10/2008

Direttore Responsabile: Massimo Dalledonne.

Tipografia “Centro Stampa Gaiardo” Borgo Valsugana (TN)

Redazione: Liturgia ‘culmen et fons’ - Editrice FEDE & CULTURA

viale della Repubblica n. 15, 37126 - VR

REDAZIONE

d. Enrico Finotti, Sergio Oss, Marco Bonifazi, Ajit Arman, Paolo

Pezzano, Mattia Rossi, Giuliano Gardumi, Fabio Bertamini.

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Liturgia ‘culmen et fons’ - via Stoppani, 3 - 38068 Rovereto

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liturgia, che la strumentalizzasse ad altro, che lainquinasse con interventi indebiti e riduttivi nonpuò pretendere lo statuto di pastorale autentica inquanto devia dal suo scopo primario portare i fedelial culmine più alto possibile della vita della Chiesain terra, che è la celebrazione liturgica in attesadello svelamento del mistero che, pur velato dalsacramento, è già presente ed operante. Proprio ilfatto che la liturgia già contiene il mistero e locomunica impedisce di considerarla un semplicemezzo per altri obiettivi per quanto nobili. Infatti,la differenza tra il ‘mezzo’ e il ‘f ine’ sta qui: il mezzonon contiene la realtà alla quale predispone, il f ineinvece è la realtà stessa, resa attuale e disponibile.La Liturgia allora è nell’ordine dei f ini in quantoin essa si viene già ora a contatto reale col misterodivino e, in tal senso, non può essere ridotta ad unsemplice mezzo. Se di mezzo è possibile parlare ariguardo della liturgia è in riferimento alla sua vesteesteriore e alla sua natura sacramentale che inquanto realtà simbolica rivestita di elementi visibiliè eff imera e relativa al tempo. Sotto questo aspettola liturgia è un mezzo nell’orizzonte spazio-temporale in vista di conseguire la realtàsoprannaturale ed eterna nella gloria. Il sacramentoallora è mezzo in quanto involucro visibile etemporaneo, è f ine in quanto realtà ontologica edinteriore che già contiene e comunica il f ine ultimoe la meta def initiva, il mistero divino. La differenzatra la liturgia terrena e quella celeste non sta nelcontenuto, ma nella modalità di accesso al mistero:velato dal sacramento sulla terra, svelato nella lucedella gloria nella visione beatif ica. Si afferma ancheche la Liturgia è un mezzo per realizzare un f inepiù alto che è la carità. Ma in realtà è proprio nellaliturgia che sia la carità verso Dio, sia quella versoil prossimo raggiungono il suo apice. Infatti laglorif icazione adorante ed obbedienziale che siesprime nella liturgia è il più alto e diretto gradodi carità verso Dio: mai Dio è tanto amato comenell’atto liturgico il cui vertice è il sacrif icio diCristo, atto supremo e insuperabile di amore delFiglio verso il Padre. Nel sacrif icio sacramentaledell’altare la carità della Chiesa e di ogni suomembro diventa incandescente e, qui in terra,nessun altro atto di carità verso Dio può superarnel’intensità e la qualità: mai noi amiamo Dio nel suogrado massimo, come quando partecipiamodegnamente al sacrif icio divino, f igli nel Figlio. Maanche la carità verso il prossimo raggiunge il suovertice nella liturgia: mai noi amiamo i fratelli contanta profondità come nella liturgia quandovolgiamo lo sguardo al Signore (conversi adDominum) con i nostri fratelli e per i nostri fratelli.Se questo non fosse vero non avrebbe senso la vitacontemplativa intesa come singolare edeff icacissima forma di carità e di missioneuniversale: coloro che si ritirano sul monte percontemplare nella liturgia il mistero in intimitàdivina esercitano la forma più potente ed eff icacedi amore verso il prossimo e verso l’intera creazione.E’ allora ben chiaro che quella carità che non

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tramonterà mai e sarà l’eredità eterna dei f igli diDio non ha nella liturgia un mezzo, ma ha in essauna dimora, anticipo reale, vivo e pulsante dellagloria immortale, anche se velata dai simbolieff imeri del mondo presente.

Fons signif ica che la liturgia dalla sua pienezzariversa nell’anima dei fedeli ogni grazia ebenedizione del cielo, in tal modo che essivengono purif icati e ulteriormente e continua-mente elevati per rendere a Dio un culto semprepiù degno e santo. In tal senso la liturgia stessache è il culmine della vita della Chiesa ne è alcontempo la fonte per un progresso spiritualeininterrotto e crescente verso la pienezza delRegno.

Possiamo così osservare che se da un lato la liturgiarappresenta la meta della pastorale e l’apice dellavita cristiana risulta al contempo la viva sorgentedi quella vita divina che già essa elargisce. Tuttala realtà creata e storica riceve proprio dallaliturgia la sua energia rigenerante. Senza tale forzaogni cosa rimane opaca e ogni realtà sidecompone nei miasmi del peccato. Unatrasformazione della realtà mondana senzal’intervento della liturgia è fallimentare f in daisuoi esordi, perché sarebbe voler costruire senzail Signore e privi della forza soprannaturale delsuo Santo Spirito. Una pastorale aliturgica è unafalsa pastorale in cui l’uomo conf ida in se stessoe Dio è abbandonato come non necessario edessenziale alla salvezza. In tal senso si comprendecome i pilastri portanti della pastorale vera sianoi sette sacramenti e come ogni annunzio e ogniazione sul tessuto umano e sul creato non possamai evadere dalla celebrazione regoare, degna,fruttuosa dei sacramenti e specie del sacrif icioeucaristico. Ogni energia di vita scaturiscedall’eucaristia e dai sacramenti. Senza di esse lacarità anche quella eroica diventa f ilantropia: Ese anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi ilmio corpo per esser bruciato, ma non avessi lacarità, niente mi giova (1 Cor 13, 3) e ogniannunzio e catechesi diventano scienza sterile.E’ la liturgia che rende i fedeli corpo di Cristo eintimi a Lui, templi dello Spirito Santo ecompiacenza del Padre. Solo con questa ricostru-zione interiore ad opera della grazia, che la liturgiaa vari gradi esercita, l’uomo può incidere sulcreato e compiere un progresso storico conformeai piani di Dio. Un volontariato eroico senza ilsacramento e un’attività indefessa senza la liturgiaè in f in dei conti un batter l’aria e una gestionedel temporale eff imera e fragile. Dio si compiacesoltanto di chi opera nel suo divin Figlio edistrugge ogni progetto e ogni apparente successoche non fossero in sintonia col Figlio unigenito ela indissolubile potenza dello Spirito, che mai spirafuori dell’orizzonte di Cristo, Verbo incarnato. Suquesta base ben si comprende come la Liturgiasia il metro fondamentale per verif icare se le

nostre opere sono state fatte in Dio e per attingerein essa la forza di una pastorale e di ogni altra attivitàumana che abbia futuro e concorra alla costruzionedella nuova creazione.

La liturgia allora da un lato anticipa il cielo sullaterra in quanto culmine e meta di ogni attivitàintellettuale, spirituale e corporale, dall’altro lato èla fonte necessaria e non facoltativa per ognirigenerazione soprannaturale nell’edif icazione delpiano divino di restauro dell’intero creato.

La Chiesa in tutte le sue dimensioni, locale,particolare e universale non potrà allora che mettereal centro la liturgia ben celebrata con regolarità,solennità, bellezza e fruttuosità: Dio al primo posto;la preghiera prima nostra obbligazione; la liturgiaprima fonte della vita divina a noi comunicata,prima scuola della nostra vita spirituale, primo donoche noi possiamo fare al popolo cristiano, con noicredente ed orante, e primo invito al mondo, perchésciolga in preghiera beata e verace la muta sualingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice delcantare con noi le lodi divine e le speranze umane,per Cristo Signore e nello Spirito Santo3.

II. Il primato teologico e pastorale dellaliturgia

Il primato teologico della liturgia deve tradursi inun primato pastorale nella vita concreta dellacomunità cristiana. La liturgia insomma deveemergere nella vita della Chiesa universale e locale(diocesi e parrocchia) come il momento più alto enobile, culmine e fonte di ogni altra attivitàecclesiale. Se al primato teologico non segue quellopastorale si creerebbe un dannoso squilibrio tra ladottrina e la prassi: si afferma la centralità dellaliturgia solo a livello di principio e la si neganell’impostazione pratica della ‘pastorale’. Taleoperazione ha diversi livelli: - eliminando di fattola liturgia - sostituendola con surrogati -inquinandola con elementi estranei funzionali aintenti ‘pastorali’ eff imeri e di creazione privata.Consideriamo questi vari livelli:

1. Una ‘pastorale’ senza liturgia. E’ quella attivitàecclesiale che si attua unicamente su un pianoumanitario, nell’orizzonte sociologico eintramondano. In una visione unicamente psico-logica e sociologica la comunità cristiana tende aridurre la proprio intervento soltanto al pianovisibile e storico delle contingenza, delle emergenzee delle opinioni dominanti. In un concetto terreni-sta di pastorale non c’è più spazio per il trascendente,non ci si cura più dell’anima e della sua salvezza,dello spirito e della santif icazione personale, dellameta dell’eternità, della gravità del peccato e dellanecessità della conversione e della remissione deipeccati, della contemplazione di Dio e della sua

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glorif icazione. Tutto invece si riduce all’orizzonteterreno del visibile e ogni valore è concentrato sullaprassi e la produzione in riferimento alla cittàterrena, allo sviluppo materiale e al potenziamentodei ‘diritti umani’ relegati tuttavia al livello riduttivodella visione materialistica. Ogni elevazione delpensiero e dell’arte diventano insignif icanti eininfluenti come espressioni mitiche, ineff icaci einf ine inutili. Metaf isica, teologia, liturgia, arte epoesia sono ritenute intrattenimenti non necessari,di natura ascientif ica, ineff icaci sui reali problemidella vita e tuttalpiù relegati nel privato e nellafantasia degli individui. Una ‘pastorale’ che siallinea a questa visione sarà necessariamente unapastorale aliturgica e si impegnerà in realizzazioniculturali e sociali, certamente interessanti ed ancheutili, ma prive di ogni anelito trascendente e diogni energia di grazia. Nel caso estremo di questaimpostazione verrebbe certamente meno l’identitàdella Chiesa, scomparirebbe il suo stesso essere enon avremmo nessuna operazione soprannaturale,ma unicamente la celebrazione dell’uomo e dellasua prassi. E’ evidente che con questa mentalità laliturgia della Chiesa è del tutto emarginata,celebrata in modo minimale e in un tonoperennemente feriale e pauperista.

2. Una ‘pastorale’ con una ‘liturgia’ di sostituzione.In alcune comunità cristiane si accetta l’importanza

e anche la centralità della spiritualità, ossia ilprimato e la necessità della preghiera, ma non siritiene che la liturgia possa soddisfare veramente aquesto scopo e quindi la si sostituisce con facilità econ f requenza con ‘momenti’ di preghierasoggettivi, costruiti dai vari gruppi e dagli operatoriecclesiali a seconda delle sensibilità, dellecircostanze e degli obiettivi conformi al progettodelle molteplici espressioni della vita parrocchiale.Non si crede che la liturgia della Chiesa accolta,rispettata e celebrata nella sua forma oggettivasecondo la mente della Chiesa e la tradizionesecolare, possa essere eff icace per l’odiernaevangelizzazione e l’attuale sensibilità cultuale.Succede allora che la liturgia venga sostituita dacreazioni private. Ciò avviene soprattutto nellegrandi occasioni, in raduni e giorni importanti e inparticolare nella catechesi e nella ‘pastorale’giovanile: di fatto in questi frangenti non si celebrala liturgia, ma si costruiscono dei surrogati diprivata composizione. La liturgia con la suaoggettività, nella continuità della tradizione, nellesue forme collaudate e approvate dall’esperienza deisecoli e dall’autorità della Chiesa, con il suo enormepatrimonio teologico, spirituale ed artistico, non èritenuta capace di esprimere un culto conforme aitempi attuali e alle situazioni esistenziali odierne.Questa sua forma classica potrà interessare la

Lambert Jacobsz, Cena di Emmaus, sec. XVII

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cultura e il mondo dei concerti musicali e inquesto ambiente viene ancora ammessa. La liturgiadella Chiesa, quindi, nella sua forma codif icata esoggetta a precise leggi rituali, stabilite nei libriliturgici, non è più in grado di essere scuola dispiritualità per il popolo di Dio, il quale devericostruire il suo culto nell’ascolto del presente ecol linguaggio corrente. Ed è così che oggi si assistead un fenomeno ormai invalso di una pastorale‘liturgica’ di sostituzione. Il fenomeno non ànuovo, richiama, infatti, il proliferare medioevaledei pii esercizi come surrogati alla liturgia deltempo. Tuttavia le moderne creazioni sono moltopiù precarie ed esposte a molteplici errori dottrinalie cultuali. Infatti il tessuto odierno ecclesialepresenta una grande liquidità dottrinale, spiritualee morale che non garantisce più quel legame equella dipendenza e tutela di cui erano circondatii pii esercizi medioevali, veri capolavori dispiritualità e validi metodi di preghiera, proprioperché saldamente inseriti e collaterali alla liturgiadella Chiesa di cui volevano essere umilepedagogia per il popolo più semplice. La creazionesoggettiva di surrogati cultuali impropriamentedetti ‘liturgia’ è oggi esposta a rischi estremi, chediff icilmente impediscono l’assunzione gratuita efacilona di pensieri e impostazioni mentali e ritualieretiche e devianti. Questo proprio per il fatto chenon si ritiene più che la liturgia della Chiesa siamaestra e guida, ma piuttosto che l’alternativa ad

essa sia la strada giusta per un culto eff icace edattuale. Mentre gli antichi pii esercizi avevano unapredisposizione alla stima, al rispetto e alladipendenza dalla liturgia, alla quale essiintendevano portare il popolo, imitando i modulirituali e gli accenti oranti dei grandi riti liturgici,le nuove creazioni sono critiche verso la liturgia,mosse da pregiudizi ideologici e hanno la pretesaprevia e acritica di essere superiori e ben piùaggiornate rispetto alla liturgia della Chiesa. Sivuole in tal modo sì realizzare un camminospirituale nel quale abbia un ruolo centrale lapreghiera, ma tale preghiera non vuole la Chiesamaestra, ma in nome di un intervento libero espontaneistico dello Spirito, senza alcuna verif icaoggettiva con il dogma della fede, ci si ritieneautosuff icienti nel produrre comunque un cultosanto e gradito a Dio. Una liturgia ‘fai da te’, doveCristo stesso e la Chiesa sono emarginati e resispettatori di ciò che a noi piace fare in unnarcisismo cultuale introverso, chiuso in se stessoe quindi precario, volubile, eff imero e nonraramente erroneo. E’ il trionfo del capriccio, ilvoler accedere alla divina Maestà a modo nostroper piegare, in f in dei conti, la Maestà divina ainostri desideri e in tal senso celebrare un atto diidolatria. Ed ecco che in questo orizzonte al postodella Messa si preferisce il ‘momento di preghiera’fatto da noi, al posto dell’Uff icio divino, ritenutoun residuo monastico ormai irrecuperabile, una

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Incredulità di Tommaso, 1559 - 1661

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sacra rappresentazione, ecc.. Non è lontano il rischioche la giornata liturgica e lo stesso anno liturgicosiano ormai estranei alla liturgia sostituita dallasoggettiva interpretazione dei gruppi ecclesiali. Inquesto modo è realmente possibile che oggi unfanciullo frequenti l’intero itinerario catechisticosenza aver mai celebrato in modo suff iciente eregolare gli atti liturgici della chiesa, in quantoalimentato unicamente da surrogati catechisticisempre estranei sia al cammino del popolo di Dio,sia alle grandi tappe oggettive dell’anno liturgicocon i suoi solenni riti e la sua tradizione. Certamentein una comunità cristiana impostata in questo modonon potrà aver alcun senso il motto conciliare:Liturgia culmen et fons della vita della Chiesa.

3. Una ‘pastorale’ con la liturgia inquinata. Piùfrequente è il caso nel quale si celebra regolarmentela liturgia, considerandola certamente nella suaimportanza e necessità, tuttavia non si crede in essaf ino in fondo e non la si accetta ‘alla lettera’, ma sitende a rivederla, a interpretarla, a integrarla equant’altro. In altri termini la liturgia della Chiesaè ‘inquinata’ per così dire dai nostri rifacimenti,mutamenti e aggiunte. Non si è veramente convintisull’eff icacia intrinseca della liturgia così com’è neilibri liturgici approvati dalla Chiesa. Si prova uncerto disagio ad eseguirla con precisione anche neiparticolari, che talvolta sono autentiche gemme cheda sole hanno un’eloquenza del tutto singolare, unaprofondità inaudita e una genialità insospettata. Edecco che gli atti liturgici della Chiesa sono sì ritenuticentrali e importanti nell’impostazione pastorale,ma si percepisce una continua spinta e unapermanente tentazione ad andare oltre il rito inquanto esso non sembra suff icientemente incisivoed eff icace sulla gente. Molti elementi liturgiciallora vengono ripensati, ricostruiti, completati,omessi, ecc.: - i canti sono del tutto in generesostituiti – le monizioni frequenti e farraginosesembrano d’obbligo in ogni celebrazione – l’omeliadiventa prolissa e sproporzionata al ritmo del rito –l’atto penitenziale, la preghiera dei fedeli, laprocessione offertoriale, lo scambio della pace, ilringraziamento, il congedo, sono spesso ripensatie adattati con estrema libertà, con competenzatalvolta insuff iciente, con gusti non raramentebanali, con forme improvvisate e superf iciali. Ciòche sta alla radice di questo intento è ancora lamentalità che la liturgia in se stessa sia troppopovera, oppure fuori del tempo o non immedia-tamente comprensibile e non adeguatamente vivae ‘mossa’, soprattutto in una visione esteriore dellapartecipazione attiva. Siccome, si dice, l’autoritàdella Chiesa è lenta nella revisione e nell’adat-tamento dei riti all’attualità, si interviene conestrema libertà in loco. Naturalmente qui sidimentica che il soggetto della liturgia e Cristostesso e la Chiesa, sua indissolubile sposa e che ogniatto liturgico è tale in quanto è proprietà del Signoree della Chiesa. Infatti afferma il Concilio Vaticano

II “Nessuno osi…”. Come si può ben intendereanche in questa situazione, purtroppo ormaiusuale, di liturgia inquinata il principio culmen etfons può essere dichiarato solo a parole, ma non èdi fatto applicato nel tessuto pastorale, in quantonon emerge nitido nella celebrazione dei riti dalmomento che essi subiscono continuamenteintegrazioni, le quali appaiono molto piùimportanti rispetto agli elementi oggettivi stabilitidalla Chiesa.

III. Il senso teologico della liturgia persuperare la crisiOccorre riscoprire il senso teologico della liturgia.Essa è eff icace sul piano sacramentale soltanto sei suoi contenuti e le sue forme oggettive sonorispettate e fedelmente celebrate. Se la liturgia èsostituita o inquinata perde la potenza interioredella grazia e le anime ne sono private. La cosa èanaloga all’annunzio della Parola di Dio: questaopera soltanto nella misura che rimane pura, mase viene inquinata dall’eresia perde il suo mordentesoprannaturale di grazia. La forza sacramentaledella liturgia passa attraverso i testi stabiliti dallaChiesa e non dalle nostre composizioni private;passa attraverso i riti della Chiesa e non dalle nostreinvenzioni rituali; passa attraverso i canti (testi emusiche) stabiliti dalla Chiesa e non dalle nostrecreazioni, per quanto piacevoli e geniali; passaattraverso la proclamazione dei testi della SacraScrittura e non dai nostri commenti e inter-pretazioni per quanto ‘ispirati’. Se non ci si formasu questo presupposto teologico non si potrà usciredall’attuale crisi della liturgia. In f in dei conti èCristo che ci salva con parole e gesti stabiliti daLui; non siamo noi a salvarci pur con tutta la buonavolontà e la nostra ‘creatività’ liturgica. Sottomet-tere generosamente il popolo di Dio agli atti e alleparole del Signore Gesù Cristo e introdurlo allaloro comprensione e degna recezione, questa è lavera pastorale liturgica, che non può ridursi ad‘educare’ il popolo alla creatività soggettiva e allascoperta dei propri sentimenti religiosi. Occorreche i sacri pastori abbiano il coraggio di consegnareil popolo a Cristo e radunarlo sotto la sua pedagogiasoprannaturale, che Egli esercita in modo sommonei riti istituiti da Lui stesso e per suo comandostabiliti dalla sua Chiesa. E’ necessario che i pastorinon precedano il Signore e non vadano oltre aisuoi comandi sostituendosi a Lui. Essi devonoservire la liturgia e amministrarla umilmente nellafedeltà al ‘deposito’ consegnato dalla Tradizioneapostolica. Essi devono restare laterali a Cristo Gesùed essere essi stessi in primo luogo e visibilmentedavanti al popolo sottomessi ai suoi gesti salvif icicon profonda competenza, umiltà ed abnegazione.La presenza del messale e del libro liturgicoaffermano la dipendenza che il ministro deve avere

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rispetto al rito, che lo precede, lo sovrasta e glichiede una costante, umile e devota fedeltà. Se ifedeli vedranno nei loro sacerdoti l’obbedienza e lasottomissione al rito della Chiesa incontreranno ilSignore, per mezzo dei suoi ministri, nella sua realepresenza e nella potenza oggettiva dei suoi attisalvif ici. Se invece vedranno i loro sacerdoti agiresenza regola con un protagonismo personalistico esterile, i fedeli se ne andranno tristi, annoiati e forseribelli.

IV. La ‘conversione liturgica’di Nàaman SiroLa vicenda biblica di Nàaman, il Siro, rivela conchiarezza la necessità e l’importanza dell’umilesottomissione all’unica liturgia che salva, quellastabilita da Dio. Nàaman, infatti, viene in Palestinaper essere guarito dalla lebbra e si prepara a modosuo: “Quegli partì, prendendo con sé dieci talentid’argento, seimila sicli d’oro e dieci vestiti (2 Re 5,5)”. Egli ha un suo preciso concetto di liturgia:“Certo, verrà fuori, si fermerà, invocherà il nomedel Signore suo Dio, toccando con la mano la partemalata e sparirà la lebbra” (2 Re 5,11) e si attendeda questa la salvezza. Ma ecco che giunto presso ladimora del profeta Eliseo riceve ordini imprevisti ela sua liturgia viene del tutto stravolta: “Eliseo glimandò un messaggero per dirgli: «Và, bagnati settevolte nel Giordano: la tua carne tornerà sana e tusarai guarito” (2 Re 5, 10). Egli si ribella e decide diritornare in Assiria sdegnato: “Nàaman si sdegnò ese ne andò protestando: «… Forse l’Abana e il Parpar,f iumi di Damasco, non sono migliori di tutte leacque di Israele? Non potrei bagnarmi in quelli peressere guarito?». Si voltò e se ne partì adirato (2 Re5, 11-12). Ma il consiglio umile dei suoi servi loconvince a sottomettersi alla ‘scandalosa’ semplicitàed apparente assurdità della liturgia del Dio diIsraele comandata dal profeta Eliseo: “Gli siavvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Se il profetati avesse ingiunto una cosa gravosa, non l’avrestiforse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: bagnatie sarai guarito». Egli, allora, scese e si lavò nelGiordano sette volte, secondo la parola dell’uomo diDio, e la sua carne ridivenne come la carne di ungiovinetto; egli era guarito” (2 Re 5, 14). Neppure isuoi preziosi regali furono necessari, in quanto Dioagisce con potenza in totale gratuità: “Tornò contutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e si presentòa lui dicendo: «Ebbene, ora so che non c’è Dio sututta la terra se non in Israele». Ora accetta un donodal tuo servo». Quegli disse: «Per la vita del Signore,alla cui presenza io sto, non lo prenderò». Nàamaninsisteva perché accettasse, ma egli rif iutò” (2Re 5,15-16). La miracolosa guarigione di Nàaman non èperò f ine a se stessa, ma porta all’adorazionedell’unico e vero Dio, abbandonando decisamenteil culto degli idoli vani: Allora Nàaman disse: «Se èno, almeno sia permesso al tuo servo di caricare

qui tanta terra quanta ne portano due muli, perchéil tuo servo non intende compiere più un olocausto oun sacrif icio ad altri dei, ma solo al Signore (2 Re 5,17). In tutta la Scrittura noi possiamo vedere comeil f ine di tutti gli interventi salvif ici di Dio è lacelebrazione dell’autentica liturgia, così come ilSignore l’ha stabilita e comandata. Il nuovo cultoche Nàaman celebra sulla terra benedetta dal Diodi Israele è il culmine (culmen) e il f ine della suavita rigenerata nelle acque del Giordano: AlloraNàaman disse: «Se è no, almeno sia permesso altuo servo di caricare qui tanta terra quanta neportano due muli, perché il tuo servo non intendecompiere più un olocausto o un sacrif icio ad altridei, ma solo al Signore (2 Re 5, 17). Al contempo lanuova liturgia, comandata di Dio per mezzo delprofeta Eliseo e accolta e celebrata con tanta umiltàda Nàaman, che scende sette volte nel Giordano,fu la fonte (fons) della sua salvezza corporale edeterna. Ma la fragilità umana deve essere sempretenuta a bada f inchè dura la scena di questo mondoche passa. Infatti, il servo del profeta, mosso daavidità, richiede con la frode parte de regali cheNàaman non potè offrire al profeta: Ghecazi, servodell’uomo di Dio Eliseo, disse fra sé: «Ecco, il miosignore è stato tanto generoso con questo Nàamanarameo da non prendere quanto egli aveva portato;per la vita del Signore, gli correrò dietro e prenderòqualche cosa da lui» (2 Re 5, 20) e ricevette in cambioquella stessa lebbra dalla quale Nàaman fu guaritoper la gratuità della misericordia dell’unico e veroDio: … la lebbra di Nàaman si attaccherà a te e allatua discendenza per sempre». Egli si allontanò daEliseo, bianco come la neve per la lebbra (2 Re 5,27). Il ritorno al culto falso e sterile ricaccia l’uomoin una situazione ancor peggiore della prima. Sonoeloquenti a tal proposito le parole dell’ApostoloPietro: Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni delmondo per mezzo della conoscenza del Signore esalvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovoinvischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenutapeggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loronon aver conosciuto la via della giustizia, piuttostoche, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santoprecetto che era stato loro dato. Si è verif icato peressi il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e lascrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago (2Pt 2, 20-22).

In conclusione Nàaman il Siro guarisce non per lasua liturgia, ma per essersi sottomesso alla liturgiadel vero Dio. Aderendo alla sua liturgia Nàamansarebbe ritornato in Assiria ancora lebbroso e pienodi sdegno; sottomettendosi, invece, alla liturgiastabilita dal Signore per mezzo del profeta Eliseo,ritornò in patria guarito e reso abile all’esercizio diun culto nuovo, santo e gradito alla divina Maestà.

La medesima sf ida è davanti a noi e ci illumina inprofondità in ordine alla crisi delle nostre liturgie ealla loro triste sterilità. Si tratta di scegliere:sottomettersi alla liturgia stabilita da Dio in Cristo

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per mezzo della Chiesa, oppure ribellarsi ad essa epretendere dalle nostre ‘liturgie’ ideologiche lasalvezza. Obbedire alla Chiesa in tutto, in pienafedeltà alla liturgia da lei stabilita con l’autorità delSignore, è il segreto della salvezza e la stradadell’autentica santità. Non scandalizzarsi della suatradizione liturgica e della sua presunta ‘inade-guatezza’ ai tempi, ma accogliere nella fede ilmistero incomprensibile di Dio, che è intrecciatoe fluente nei e dai riti liturgici (per ritus et precesSC) della Chiesa, nascosto sotto i segni umili e neigesti non sempre e comunque conformi alle nostrevedute e sensibilità, è la via necessaria per attingerela grazia nascosta ed operante nella liturgia.Occorre anche in liturgia uscire da se stessi, dallacultura corrente e dai gusti del mondo fluttuantenelle sue eff imere opinioni, per assecondare nellafede il progetto e il linguaggio di Dio, manifestatodalla tradizione liturgica trasmessa f in dal principioe conservata in modo indefettibile ed infallibiledalla Chiesa. Il ritorno illusorio alla liturgia ‘fai date’, tentazione sempre ricorrente, è già segnato nellasua sorte dall’esempio del servo di Eliseo, che,abbandonata la casa del profeta, dove si adorava ilvero Dio in spirito e verità, ha voluto rincorrerenon il Nàaman rigenerato, ma quella ‘liturgia’ dalui ormai abbandonata e volle arricchirsi con i regalivotati a un culto sterile, che era soltanto impa-raticcio umano, come afferma Isaia: Dice il Signore:«Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parolee mi onora con le labbra, mentre il suo cuore èlontano da me e il culto che mi rendono è unimparaticcio di usi umani” (Is 29, 13).

Dio non permetta che, in nome dell’ecumenismoo del dialogo interreligioso o nell’intento dellanuova evangelizzazione del mondo contempo-raneo si abbandoni o inquini o impoverisca laliturgia della Casa di Dio, la Chiesa, una, santacattolica ad apostolica4. In tal caso faremo la f inedi Ghecazi, servo dell’uomo di Dio Eliseo e la lebbradel peccato, guarita dalla pura e santa liturgia dellaChiesa, ritornerebbe ad insidiare in modo ancorpiù virulento tutti coloro che, usciti dal culto rettoe santo, avranno voluto rincorrere il culto falsodegli idoli dei popoli, pur con tutte le miglioriintenzioni.

Conclusione

Ricordiamoci: solo nella santa e retta liturgia dellaChiesa potremo avere la gioia dell’incontro colRisorto e gioire come i discepoli al vedere il Signore(Gv 20, 20). Soltanto nella vera liturgia la nubeluminosa potrà avvolgerci con la sua ombra (Mt17, 5) e introdurci nel mistero che ci farà percepireil monito divino rivolto a Mosè: Togliti i sandalidai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è unaterra santa! (Es 3, 5). Fuori della retta liturgia,invece, la nube divina scenderà, ma per oscurare

lo sguardo di coloro che hanno abbandonato ilSignore, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisternescrepolate, che non tengono l’acqua (Ger 2, 13), comenell’esodo la nube era tenebrosa per gli uni, mentreper gli altri illuminava la notte (Es 14, 20).

E’ emblematico a questo proposito la vicenda deidiscepoli di Emmaus. Essi provenivanodall’esperienza della massima profanazione liturgicaavvenuta sulla terra, l’uccisione del Figlio di Dio, eritornavano alle loro case col volto triste (Lc 24, 17).Veramente sul Calvario il compimento pieno eperfetto del culto fu celebrato dal Signore avvoltodalla nube tenebrosa della massima profanazionedella liturgia di tutti i tempi, il deicidio.

In questo misterioso istante della morte delSignore il ‘Non serviam’ degli angeli ribelli ela disobbedienza dei nostri Progenitori,raggiungono il loro apice. Qui il crollooriginale della Liturgia, prodotto sotto l’alberodel paradiso terrestre, si consuma sottol’albero della croce sul Calvario. Mai laprofanazione raggiunse un limite cosiabissale e mai il tempio di Dio e la santa cittàdi Gerusalemme subirono una così radicaleabiezione. Sembra che in nessun altro istanteDio fosse così lontano e l’uomo così estraneoda Lui. Qui l’adorazione cedette allabestemmia e l’obbedienza fu travolta dallaribellione5.

Ma proprio nel turbine tenebroso e cruento dellapassione il sommo nostro sacerdote Cristo Gesùcelebrò l’atto più sublime ed insuperabile del cultosanto nell’offerta del suo Sacrif icio sulla croce. L’attopiù alto e pefetto della vera liturgia si intreccia conquello della sua massima profanazione.

Ma proprio mentre gli uomini peccatorisembrano celebrare il trionfo della lorosuperbia e il diavolo uscirne vincitore, nelmedesimo svolgersi del peccato di deicidio, sicompie - mistero insondabile! - l’espressionepiù alta e sublime del culto a Dio, l’obbedienzapiù radicale e assoluta, l’adorazione piùsplendida e incrollabile nel cuore dell’Uomo-Dio. Nello stesso evento del crollo spaventosoe tremendo della Liturgia, si compie la suacelebrazione più perfetta: il Sacrif icio delSignore nostro Gesù Cristo. Veramente ilSignore ‘morendo ha distrutto la morte erisorgendo ha ridato a noi la vita’ (MessaleRomano, prefazio pasquale I). Nella inf initae insondabile misericordia divina, quellaLiturgia consegnata ad Adamo f in dalprincipio, e da lui miseramente rif iutata perla perdizione del genere umano, ci è oradonata da Cristo, nuovo Adamo, proprio nelmomento in cui i letali miasmi del peccatohanno sovrastato l’umanità, che giunge f inoall’uccisione del suo Dio. Veramente “laddove

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ha abbondato il peccato, ha sovrabbondatola grazia” (Rm 5, 20)6.

Ed ecco che i discepoli di Emmaus sono raggiuntidal Risorto che li introduce prima con la sua parolae poi con la frazione del pane nei segreti luminosidi quella perfetta e def initiva liturgia che Eglicompì sulla croce. Usciti dalla nube oscura dellafalsa liturgia entrano nello splendore celeste dellaliturgia, vera e santa, e pieni di gioia ritornano aGerusalemme e annunziano con vigore il grandeevento della Pasqua.

Lo scontro tra la retta liturgia e la falsa liturgia èsempre in atto e assume oggi le forme piùsof isticate in nome di una ‘pastorale’ adatta aitempi e al servizio della gente e mossa da unconcetto soggettivo e liquido di verità che evaporanell’eff imero del sentimento e nel fascino delleopinioni vane, appunto perché sradicate dalla basedalla metaf isica perenne e dalla tradizioneindefettibile della Chiesa.

Che il Signore presente vivo e vero nelle azioniliturgiche oggettive della sua Chiesa ci richiami asé e ci doni quella gioia incontenibile che fu datadal risorto ai discepoli di Emmaus, allontani anchedal nostro cuore ogni paura, apra le ali della grandesperanza, renda sorridenti le nostre labbra emelodiose le nostre voci e come loro l’intera Chiesapossa correre nel mondo per l’annunzio luminosoe grato di una novella evangelizzazione.

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1 E. FINOTTI, Vaticano II 50 anni dopo, Fede&Cultura, 2012,p. 251.2 C. VAGAGGINI, «I principi generali della riforma liturgica»,in OR, 8 dicembre 1962.3 PAOLO VI, Discorso nella promulgazione della

Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, ilmercoledì 4 dicembre

1963, a conclusione della seconda Sessione del ConcilioVaticano II.4 Con questo auspicio non si intende incrinare in alcunmodo la dottrina della Chiesa, che riconosce ovunque nelmondo elementi di verità (semina Verbi) e la misteriosaazione dello Spirito Santo, secondo le indicazioni delMagistero perenne e, in specie, dei documenti del ConcilioVaticano II, ma soltanto affermare che ogni apertura edialogo col mondo non potràmai ridurre o inf iciare lapienezza e la perfezione della liturgia cattolica, che CristoSignore ha consegnato alla sua Chiesa per la salvezza ditutte le genti.5 E.FINOTTI ENRICO, Il primato e la centralità dellaLiturgia nella storia della salvezza, ed. Fede&Cultura, … p.6 Idem , p.

Le domande dei lettoria cura della Redazione

1. Vorremmo sottoporre alla redazione unfenomeno da noi molto diffuso: la vegliadella notte di Natale e quella della vigilia diPentecoste, inizialmente venivanocelebrate in modo conforme alle indica-zioni liturgiche, ossia la Messa dimezzanotte era preceduta dall’Uff icio dilettura e la Messa vigiliare di Pentecoste eraprolungata, a immagine della Vegliapasquale, facendo uso delle letture propostecon abbondanza dal lezionario suggerite perquella celebrazione. Ora questi dueimportanti riti liturgici sono sostituiti,rispettivamente da una sacra rappresenta-zione natalizia e da un recital dei cresi-mandi… Ogni nostro tentativo di revisionecade nel vuoto, perché, si dice, ‘non bisognatornare indietro’… Cosa possiamo fare?Grazie, due membri della commissioneliturgica parrocchiale.

E’ questo un chiaro esempio di sostituzione dellaliturgia (vedi articolo di fondo di questonumero). Si tratta di mettere in luce gliargomenti giusti per fondare il ritorno ai ritiliturgici in questione. Vi è una diffusapresunzione che tutto ciò che piace a noi siaimmediatamente e senza verif ica piacevole egradito anche a Dio. Si ritiene che Dio accettiogni espressione di culto sempre e comunqueal di là del valore e della qualità dell’atto di cultopresentato. L’importante, si dice, è che siaconforme ai nostri sentimenti e aspirazioniinteriore e interprete della nostra religiosità. Main tal modo si dimentica che anche ladimensione religiosa è stata inquinata dalpeccato originale e che non ogni modalità diculto è vera e santa agli occhi di Dio. Per questo,infatti, il Signore dovette insegnarci di nuovo apregare (Mt 6, 7-14) e la Chiesa consegna aicatecumeni il Pater noster. Ma ancor primanell’Antico Testamento Dio stesso per mezzo diMosè sul Sinai dovette organizzare di nuovo econ estrema precisione il culto santo, come erada Lui comandato e gradito (cfr. Esodo 25-31).Non si può accedere alla Maestà divina consuperf icialità e senza una verif ica dei contenutie delle forme cultuali adeguate. Tutto ciò cheattiene al culto santo deve essere approvato daDio e conforme alla sua volontà. Sta in questol’eccellenza e il valore della liturgia rispetto allanostra creazioni private. Mediante la liturgia noi

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possiamo essere certi della validità ed eff icacia delculto e della sua accettazione da parte di Dio. Essainfatti ha come soggetto Cristo stesso, il Figliounigenito, e la Chiesa sua sposa immacolata.Celebrare la liturgia allora signif ica salire sulvascello, offerto dal cielo, pe ascendere consicurezza al trono di Dio e off rire a Luiun’adorazione degna e conforme alla sua santità.Per questo la liturgia è pienamente eff icace pernoi: Dio stesso la garantisce perché consegnatada Lui mediante il Figlio nella Chiesa. Sicomprende bene così l’eccellenza della liturgia chein questa luce non potrà essere superf icialmentesostituita con la precarietà della nostra religiositànaturale incrinata dal peccato. E’ per questo cheanche la preghiera personale del cristiano deveessere continuamente verif icata su quella liturgicae riceverne alimento ed eventuali correzioni: infattila liturgia è la scuola con quale la madre Chiesaistruisce i suoi f igli introducendoli e facendolicrescere nel culto vero e santo che Dio gradisce.E’ allora evidente come le forme di preghieraprivate e soggettive di singoli o gruppi, per quantosincere e ben preparate non reggano con gli attiliturgici e non possano in alcun modo sostituirli,non potendo tali forme off rire quella graziasoprannaturale che è presente e operanteoggettivamente nella celebrazione della liturgia.

Inoltre ogni culto di composizione privata nonrappresenta in alcun modo la Chiesa in quantotale, ma rimane espressione di privati, singoli oassociati. La liturgia invece è la preghiera pubblicae uff iciale dell’intera Chiesa e come tale accedealla Maestà divina e ne ottiene grazia su grazia. Ifedeli hanno quindi diritto di poter partecipare alculto proprio della Chiesa, di cui sono membravive abilitate al culto nuovo e al sacrif icio perennedai sacramenti del battesimo e della conferma-zione. Questo diritto non può essere leso con unasuperf iciale sostituzione della liturgia col cultoprivato di alcuni.

Alla luce di questi argomenti si capisce come laveglia liturgica sia di Natale come di Pentecosteabbiano un valore del tutto superiore econtengano un’eff icacia del tutto diversa rispettoa forme di culto soggettive e legate unicamentealle persone che le hanno composte e proposte.

2. … La Via crucis ormai non la si riconoscepiù perché da troppi anni le 14 stazioni sonoridotte a poche e i temi riguardano prevalen-temente argomenti come: la mano, il volto,il cammino, la caduta, lo sguardo ecc. Sicambia continuamente nel numero dei qua-dri e nelle tematiche secondo i gruppi a cui èaff idata l’animazione… Non vediamo comepoter modificare questo modo di fare e qualiargomenti proporre per un ripensamentoserio e onesto, che tuttavia riteniamo alquan-to difficile per una mentalità da troppo tempo

lasciata indisturbata e anche sostenuta dacoloro che avrebbero dovuto educarci su unadiversa strada… Un gruppo di catechiste

Il pio esercizio della Via crucis non è un attoliturgico, tuttavia, la domanda in questione offrel’occasione per una chiarif icazione riguardo anchealla liturgia. E’ questo il caso dell’inquinamentodella liturgia (cfr. articolo di fondo). Si accoglieun preciso rito chiamandolo ancora col suo nometradizionale, ma se ne altera la struttura e icontenuti, togliendo, aggiungendo e rifacendocon grande libertà gli elementi interni del ritostesso. Soprattutto si parte con la convinzione cheil rito oggettivo come è stabilito dalla Chiesa nonsia adeguato o pastoralmente eff icace. Per questolo si modif ica e si conferisce a queste variazionisoggettive un valore superiore ai moduli già f issatidalla Chiesa. Ma con questo procedimento sif inisce per offrire al popolo di Dio qualcosa didiverso da quello che la tradizione liturgica e laChiesa intendono dare. Si accorre alla Chiesa perla Via crucis o per il rosario e ci si ritrova davantiad una drammatizzazione, si va in Chiesa per laMessa, per un’adorazione eucaristica, per unsacramento, per le esequie, ecc. e ci si trova davantiad una libera rielaborazione del rito con un ampioventaglio di modalità offerte dagli operatori diturno (cori, catechisti, gruppi….sacerdoti).L’incongruenza di un simile modo di fare la sicomprende in modo immediato. I fedeli a lungotermine perderanno l’identità dei vari riti e nonsapranno più distinguere tra il rito della Messa equello di un’Ora canonica (lodi, vespri), tra i varie specif ici riti dei sacramenti e i sacramentali, traun atto liturgico e un pio esercizio, ecc. Tutto saràliquido, senza regola e senza identità propria. Intal modo la celebrazione sarà vittima delclericalismo, ossia si andrà in chiesa per vederequello che in quella circostanza ci offrirà il ‘prete’con estrema libertà e fantasia, oppure quello checi esibiranno questo o quell’altro gruppo. Latradizione liturgica con la sua fedeltà, continuitàe regolarità collasserà e sarà sostituita daimprovvisazioni eff imere. Questo procedimentoha già da lungo tempo insidiato le nostre liturgiee i fedeli ne percepiscono sempre di più il disagioe la noia. E’ questo uno dei principali motivi percui si è aperta da tempo la reazione estrema di unritorno assoluto e talvolta ideologico al regimeliturgico precedente. Su questa strada dellamistif icazione dei riti si prepara a ritmo semprepiù accelerato la reazione opposta travolgendo inmodo violento le autentiche realizzazioni dellariforma liturgica del Concilio Vaticano II. Il temutoritorno al passato è alimentato con un’eff icaciasorprendente e crescente proprio da coloro chesono gli artef ici della creatività liturgica più spinta.Aveva ragione il papa Benedetto XVI quando ebbea dire che “il novus ordo sarà accettato se sicelebrerà con maggior senso del sacro…”. E’ allora

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necessario ritornare ad una più seria formazioneliturgica unita ad una più convinta docilità almagistero della Chiesa. Bisogna cambiarementalità e accettare che la salvezza non insorgeda noi e dalle opinioni dominanti del mondo, maviene dall’alto da Cristo Gesù il quale agisce semprein intima ed indissolubile unione con la suaChiesa. Occorre credere che ogni vera mozionedello Spirito santo non divarica mai dalla suaperenne sorgente, Cristo risorto, vivo e presente,e non contraddice mai il pensiero che il Signoreinfonde infallibilmente alla sua Chiesa, suo misticocorpo. La liturgia, infatti, è quel culto in spirito everità che viene offerto incessantemente al Padredal suo divin Figlio in comunione con la Chiesanella potenza dello Spirito Santo. Cristo, Spirito eChiesa sono realtà intrecciate e indissolubili enessuno dei tre opera in attrito o fuori da unacomune azione soprannaturale che sarà insop-primibile nei secoli. Una liturgia ‘fai da te’ creatada chiunque per quanto geniale e moderna nonsarà mai quella stabilita dal Signore e non potrà inalcun modo avere accesso all’altare celeste perattingere la salvezza.

3. … La nostra festa patronale f ino nonmolti anni fa prevedeva la Messa ‘grande’al mattino e la processione pomeridiana.Ora con la scusa del troppo traff icostradale e della modificata sensibilità deifedeli non si fa più la processione e lastessa Messa è diventata veloce, piatta,anonima come una celebrazione di unadomenica qualunque. Oggi l’attenzione èdel tutto concentrata sul socializzare,ecco allora i giochi organizzati, il pranzosociale e tanto di concerto folcloristicoalla sera. Il tutto organizzato dallaparrocchia col contributo del Comune.Cose belle e che possono anche essercondivise ma che inevitabilmente ridu-cono la festa religiosa a festa campestre.Che dire?

Un volontario della parrocchia

Il caso che qui viene ricordato, purtroppo, siè molto diffuso in questi ultimi decenni nellenostre parrocchie. E’ forse il segno piùevidente della secolarizzazione che investe lavita delle nostre comunità cristiane. Tuttoparte dal criterio del successo. Abituati dasecoli al grande concorso di popolo nelle festepatronali e liturgiche in genere ci si spaventadavanti ai frutti dell’attuale secolarizzazioneche ha svuotato le chiese e allontanato i fedelidai sacramenti. Pur di non perdere il concorsodella massa e in nome di una pastorale attentaalla vita odierna a poco a poco le nostreparrocchie guidate dai loro parroci sonoscivolate in una accondiscendenza quasi totalecon la società e la cultura imperante. La società

ormai secolarizzata non chiede più le manifestazionireligiose, anzi proprio queste costituiscono unproblema per i ritmi della vita odierna, si dice, e laconf igurazione urbana e il traff ico stradale. Occorrealtresì riconoscere che ogni altra manifestazione(sportiva, culturale e sociale) non trova ostacoli disorta per fermare il traff ico e disporre aree pubbliche.Si tratta quindi di diff icoltà ideologiche più che reali.Sta di fatto che l’abbandono della liturgia centrale esolenne in una festa patronale soppiantata damanifestazioni secolari ha colpito l’identità stessadella Chiesa locale e ne ha oscurato la sua missione.Ma la mentalità secolaristica è pure entrata all’internodel popolo di Dio ed è diventata la mentalità di molticristiani e anche di alcuni loro pastori. Per essa lapastorale odierna deve abbassare lo sguardo sulvisibile e assumersi in pieno il modus vivendi dell’uomod’oggi: è la pastorale secolarizzata che non prevedepiù in modo suff iciente la dimensione soprannaturalee le esigenze proprie della trascendenza,dell’adorazione e della salvezza dell’anima. E’ chiaroche in questa visione la liturgia e i sacramentiscolorano e sono perlopiù emarginati e celebrati da

Lelio Orsi, Noli me tangere, 1575, Wadsworth

Atheneum, Hartford

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un piccolo gruppo di fedeli. A questo punto si trattadi scegliere: o ritornare alla dimensionesoprannaturale della vera pastorale o proseguiresulla strada inf ida di una pastorale secolarizzata cheriduce i suoi interessi alla dimensione antro-pocentrica, umanitaristica e terrenista, come uniciambiti degni di interesse e di impegno. La comunitàcon il suo pastore deve darsi un colpo d’ala eriproporre con coraggio e f iducia soprannaturaleil primato della liturgia celebrata in modo solennee centrale nelle sue feste. Non dovrà lasciarsispaventare dall’afflusso debole dei fedeli, soprattuttoin seguito all’abbandono prolungato dellatradizione liturgica e il forte fascino dei costumisecolari ormai radicati, ma conf idando unicamentenella potenza della grazia ridonare a coloro che ilSignore chiama una celebrazione curata, convintae fedele che riprenda quel primato di Dio edell’adorazione che rimane l’insopprimibile centrodi una festa che sia cristiana. Nei tempi nei qualiviviamo la ricerca del successo a qualsiasi costo è lavia sicura della degenerazione spirituale edell’abbandono della liturgia. Infatti, questa non faparte dell’interesse del mondo. Occorre il coraggiodella fede, che conf ida solo in Dio e il peso dellasolitudine che avvolge quel piccolo resto cheintende camminare nella fedeltà. Da questi piccolie silenziosi testimoni della tradizione di fedenascerà il frutto della novella evangelizzazione dellemasse secondo i ritmi e i tempi stabiliti da Dio.

4. … Sono un lettore assiduo della vostra rivistae vi ringrazio per la preparazione e la chiarezzache sapete offrire sui vari argomenti. Ma ognivolta che ricevo la rivista, dopo aver letto coninteresse e curiosità gli articoli, mi chiedo:Come dire queste cose agli altri e comerealizzare ciò che viene suggerito? Eppure ditela verità e sento che è questa la strada giusta,perché, e voi lo dimostrate, questa è la visionedella liturgia secondo il pensiero della Chiesa…In realtà voi vi riferite sempre alle leggiliturgiche stabilite dalla Chiesa, ma è appuntoqueste leggi che fanno problema perchésembra che tutto debba essere libero, spon-taneo e continuamente variabile… Tutto verociò che dite, ma quanti raccolgono questiinsegnamenti? … Condivido con voi questaardua missione!

Un cordiale saluto da un giovane parroco

La crisi culturale odierna ha la sua radice ultimanel soggettivismo che vuole opporsi alla visioneoggettiva della realtà. La crisi della ragione che nonè più ritenuta capace di cogliere la realtà nella suadimensione oggettiva e ancor meno di raggiungerele verità assolute trascendenti (metaf isica) mina allebasi la possibilità di una teologia razionale eoggettiva e per ciò stesso sicura e condivisa. La crisidella fede che, senza un fondamento razionale

scade in un f ideismo sterile, non prevede contenuticerti e dogmi dichiarati e insuperabili, ma si riducead un vago e vaporoso sentimento religioso. Inf inela morale non accetta più il suo fondamentooggettivo nella legge naturale impressa dal Creatorenelle sue creature, ma pretende una continuarevisione ideologica a seconda delle situazioni e deidesideri contingenti. In questo impressionantequadro di totale insicurezza culturale anche la lexcredendi, la lex orandi e la lex vivendi trasmessefedelmente dalla tradizione cristiana sono alquantoinsidiate e non hanno più una cordiale accettazioneda parte degli stessi fedeli. Qui si può capire ilmotivo per cui la liturgia intesa nella sua formaoggettiva nella coerente continuità con la tradizionepur nello sviluppo omogeneo delle sue parti, nonabbia la dovuta considerazione. Il soggettivismoimperante ed esteso in tutte le dimensioni umanefondamentali, razionale, spirituale e morale nonconsente un’assunzione serena della forma oggettivadella liturgia che suppone precise leggi, chiarestrutture rituali e ben def initi contenuti eucologici.A questo punto occorre rientrare in se stessi,guardare in faccia il problema, approfondirel’argomento e fare una scelta coerente. Infatti, lalex credendi, come la lex orandi e la lex vivendi nonsono lasciate al capriccio soggettivo, ma appunto inquanto lex sono intrinsecamente costituite da normeoggettive, nella loro sostanza valide per tutti e inogni epoca. I riti liturgici in particolare sono taliproprio perché riconosciuti dalla Chiesa, approvatie pubblicati nei suoi libri liturgici. E’ questaassunzione, riconoscimento, approvazione ecodif icazione da parte della Chiesa che stabilisce lanatura liturgica di un atto cultuale e ne garantiscela sua eff icacia davanti a Dio, alla Chiesa nella suauniversalità e ad ogni fedele che si unisce allacelebrazione della liturgia. Una mentalitàsoggettivistica non potrà far altro che fuggire laliturgia ed esercitare il culto fuori di essa in unapermanente precarietà creativa e senza alcunagaranzia soprannaturale. Tale atteggiamento porteràad uscire anche dalla lex credendi perdendo ildogma della fede e dalla lex vivendi travolti dalturbine inf ido e mutevole di una coscienza lasciataa se stessa ed esposta ad ogni aberrazione. Non ècerto questa la via di Dio e la strada della salvezza.La legge divina presiede all’atto originale dellacreazione ed è il contenuto della rivelazione in ognisua fase dall’Antico al Nuovo Testamento. La leggeevangelica porta a compimento quella antica (Mt 5,17) e riconduce a quella delle origini (Mt 19, 8). Nullaè caotico, ma tutto è coerente e signif icativonell’opera di Dio, il quale è Logos sussistente e dalquale ogni creatura riceve una reale partecipazionealla sua impronta razionale: … a immagine di Dio locreò (Gen 1, 27).

Solo su questa base teologica sarà ancora possibilecelebrare la sacra liturgia in perfetta osservanza dellesue leggi e in piena conformità al suo spirito.

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INTERVISTA A MONS. A. SCHNEIDER,VESCOVO AUSILIARE DI ASTANA

KAZAKHSTAN (III parte)

Per celebrare con frutto

Quali atteggiamenti, gesti o segni occorreoggi recuperare affinché il grande misterosia percepito, celebrato e ricevuto conmaggior intelligenza e frutto?

Si avverte oggi chiaramente da più parti l’urgenzadi ritrovare lo spirito liturgico, che è lo spiritoliturgico di Gesù Cristo stesso e che è costituitoessenzialmente dall’atteggiamento di riverenza e diadorazione, suscitato dall’amore soprannaturale ef iliale. Il Concilio Vaticano II ci insegna che perraggiungere questo f ine è necessario riconoscereanzitutto il primato assoluto di Dio, delsoprannaturale, dell’eterno, della contemplazione:“Ciò che in essa [nella Chiesa e nella liturgia] èumano sia ordinato e subordinato al divino, ilvisibile all’invisibile, l’azione alla contemplazione,la realtà presente alla città futura, verso la qualesiamo incamminati” (Sacrosanctum Concilium, 2).

Gli Apostoli e i primi cristiani hanno vissuto un talespirito liturgico, poiché “camminavano nel timoredel Signore” e questo ha edif icato la Chiesa, comepossiamo leggere negli Atti degli Apostoli: “la Chiesasi edif icava e camminava nel timore del Signore”(At. 9, 31).

San Tommaso d’Aquino considerava i segniesteriori, la sacralità e la bellezza un elementoessenziale del culto Divino: “Il culto esterno èsempre ordinato principalmente a disporre gliuomini al rispetto verso Dio. Ora, l‘affetto umano èportato a rispettare ben poco le cose ordinarie,mentre si ferma con ammirazione dinanzi a quelleche si distinguono per una certa eccellenza. E diqui è nato l‘uso da parte dei re e dei principi, chedevono essere rispettati dai sudditi, di coprirsi di

vesti preziose e di abitare case più ampie e piùbelle. Quindi era necessario ordinare al culto diDio dei giorni speciali, una dimora speciale e degliarredi e ministri speciali, per indurre gli uomini aun maggior rispetto verso Dio. Inoltre, come si èdetto [a. 2; q. 100, a. 12; q. 101, a. 2], lo statodell‘antica legge era destinato a pref igurare ilmistero di Cristo. Ora, ciò che deve raff igurareun oggetto deve essere qualcosa di determinato,così da esserne una somiglianza. Anche per questodunque era necessario che si ris rispettasserospeciali norme nelle cose riguardanti il culto diDio.” (Summa theologiae I-II, q. 102, a. 4)

La Sacra Scrittura dà alla Chiesa di tutti i tempiun modello sublime da imitare nelle celebrazioniliturgiche. È la liturgia della Gerusalemme Celeste,descritta nel libro dell’Apocalisse. Essa presentaatteggiamenti, gesti e segni ben determinati comeper esempio:

- inginocchiarsi e fare inclinazioni profondecioè prostrazioni (cf. Ap. 4,10; 7, 11);

- offrire incenso (cf. Ap. 8, 3);

- lodare Dio con un “nuovo canto”, alieno daogni espressione mondana o sensuale, cioèin modo spirituale come conviene allacreatura redenta (cf. Ap. 5, 9);

- spogliarsi di se stessi e della propria gloriaper gettare le proprie corone davanti al Tronodi Dio (cf. Ap. 4, 10);

- pregare e cantare insieme con gli Angeliconsci quindi di stare insieme con loro allapresenza della maestà di Dio, (cf. Ap. 5, 11-14;7, 9-12);

- trascorrere un tempo di silenzio più o menoprolungato durante la celebrazione liturgica(Ap 8, 1: “si fece silenzio in cielo per circamezz’ora”);

- mettere nel centro visibile dell’assemblealiturgica Cristo, l’Agnello immolato e vivo (cf.Ap. 5, 6; 7, 9; 21, 22; 22, 1-3); Cristo è infatti“l’Agnello che sta in mezzo al Trono” (Ap. 7,17), e questo suo trono è la Croce e ilTabernacolo eucaristico, e non la sede o iltrono del celebrante umano.

Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che i nostristessi gesti liturgici debbono conf igurarsi almodo celebrativo della nuova Gerusalemme:“Nella liturgia terrena noi partecipiamo peranticipazione alla liturgia celeste che vienecelebrata nella santa città di Gerusalemme, versola quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristosiede alla destra di Dio (Ap 21,2; Col 3,1; Eb 8,2)quale ministro del santuario e del verotabernacolo; insieme con tutte le schiere dellemilizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria”(Sacrosanctum Concilium, 8). Il Concilio diceinoltre che il silenzio è anche un modo di

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partecipazione attuosa nella liturgia (cf.Sacrosanctum Concilium, 30).

Il beato Giovanni Paolo II così illustrava il pensierodel Vaticano II in merito allo spirito liturgico:“Bisogna ricordare, oltre a ciò, che i PadriConciliari, nel riferirsi al “vero e autentico spiritodella Liturgia” (Sacrosanctum Concilium, 37)avevano presente quanto la costituzione sulla SacraLiturgia enuncia nel suo proemio (Ivi, 1-4) e nellaprima parte del primo capitolo (Ivi, 5-13). Se lariforma liturgica creò le condizioni e i mezzi perpromuovere nel popolo di Dio il recupero di unpiù profondo senso della “Chiesa in preghiera” edella “preghiera della Chiesa”, molto ancora restada fare per raggiungere questo obiettivo. … Se laLiturgia non portasse i fedeli a manifestare con lavita il mistero salvif ico di Cristo, Dio e Uomo, e lagenuina natura della vera Chiesa, dove ciò che è“umano” è “ordinato e subordinato al divino, ilvisibile all’invisibile, l’azione alla contemplazione,la realtà presente alla città futura verso la quale

siamo incamminati” (Sacrosanctum Concilium, 2),non si potrebbe parlare dell’applicazione del vero eautentico spirito della Liturgia” (Discorso ai presulidella regione Nordeste III della ConferenzaEpiscopale del Brasile in visita «ad liminaapostolorum», 29 settembre 1995).

Nella liturgica eucaristica si deve quindi evitareaccuratamente tutto ciò che può offuscare ancheminimamente la gloria di Dio e la centralità di Cristonel Suo Trono, cioè la Croce e il Tabernacoloeucaristico. Questo offuscamento è oggi purtroppoevidente quando si enfatizza il ruolo del celebrantee dell’assemblea in modo autoreferenziale medianteparole e gesti e mediante la centralità assunta dalcelebrante che dall’abside è costantemente rivoltoal popolo come fosse nel contesto di una lezionescolastica o di una rappresentazione teatrale.L’attenzione di tutta l’assemblea viene posta sulcelebrante il quale, assumendo una disposizioneda protagonista, f inisce per relegareinevitabilmente in secondo piano la realtà della

presenza di Cristo, che è infondo il celebrante principaledi ogni Santa Messa.

Il beato Giovanni Paolo II ariguardo ammoniva: “IlPopolo di Dio ha bisogno divedere nei sacerdoti e neidiaconi un comportamentopieno di riverenza e di dignità,capace di aiutarlo a penetrarele cose invisibili, anche senzatante parole e spiegazioni. NelMessale Romano, detto di SanPio V, come in diverse Liturgieorientali, vi sono bellissimepreghiere con le quali ilsacerdote esprime il piùprofondo senso di umiltà e diriverenza di f ronte ai santimisteri: esse rivelano lasostanza stessa di qualsiasiLiturgia” (Messaggio aipartecipanti all’assembleaplenaria della Congregazioneper il culto divino e ladisciplina dei sacramenti dal 21settembre 2001).

Aff inché il grande Misteroeucaristico sia percepito,celebrato e ricevuto conmaggior intelligenza e fruttoè necessario ristabilire almenodue gestualità:

Palma il Giovane, la

Messa celebrata nel-

l’Oratorio dei Crociferi

1568-87 - Ospedaletto dei

Crociferi - Venezia

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RADIO MARIAGli insegnamenti del Concilio Vaticano II

secondo lunedì del mese

ad ore 21,00

a cura di don Enrico Finotti

Il primo atteggiamento è quello di guardare tuttianche corporalmente nella stessa direzione, rivoltial Signore nel suo Trono, rappresentato dalla Croceo presente sacramentalmente nel Tabernacolo.Pregare guardando nella stessa direzione è inrealtà un’esigenza stessa dell’atto di adorazione.Questa modalità esprime f isicamente la veritàteologica che l’uomo, e a maggior ragione l’uomoadorante e tutta la Chiesa orante, devono essereorientati a Dio, a Cristo, al Dio incarnato, come alsuo ultimo f ine.

Questa regola della preghiera non è soltantoun’esigenza dell’uomo orante al livello naturale(homo religiosus naturalis), ma fu osservatadall’uomo orante al livello della Rivelazione Divina,giacché così si facevano le preguiere nel Tempiodi Gerusalemme e nella sinagoga da parte delpopolo eletto. Così pregava Gesù stesso, la SuaSantissima Madre Maria e San Giuseppe, quandosalivano al Tempio o frequentavano la sinagoga.

Similmente Gesù ha pregato con i Apostoli durantel’Ultima Cena poiché tutti erano seduti da un latodella tavola in forma di “semi-cerchio”, guardandoinsieme nella stessa direzione. Gesù era seduto nelposto d’onore in “cornu dextro” (nel corno destro),come lo si può vedere nelle più anticherappresentazioni artistiche dell’Ultima Cena.

Quindi, i primi cristiani non pregavanoguardandosi in faccia gli uni gli altri. Laprescrizione dell’orientamento nella preghiera èstata infatti trasmessa dagli stessi Apostoli allaChiesa ed i Padri della Chiesa la illustravano dandoun’ulteriore spiegazione spirituale: i cristianidevono guardare ad Oriente poiché Cristo èl’Oriente venuto dall’alto (cf. cantico “Benedictus”),è il sole della giustizia (cf. Mal 4, 2; Ap 1, 16), cheverrà di nuovo dall’Oriente nella sua parusia (cf.Mt 24, 27).

I Padri della Chiesa e il senso perenne della Chiesahanno visto il vero Oriente nella Croce di Cristo,alla quale il celebrante e l’assemblea liturgica sivolgono, specialmente durante la preghieraeucaristica che costituisce il momento diadorazione per eccellenza. Le parole “conversi adDominum” (rivolti al Signore) erano pronunciateda sant’Agostino dopo l’omelia per invitareletteralmente tutti gli astanti a volgersi nella stessadirezione per adorare il Signore. Il movimentointeriore di guardare al Signore doveva pernecessità trovare corrispondenza anchenell’espressione esterna. Nell’usus antiquior del RitoRomano il celebrante prega al inizio della Messa:“O Dio, volgiti verso noi” (“Deus Tu conversus”) e ifedeli rispondono dicendo: “E il Tuo popolo gioiràin Te”.

Così Cristo, nella Croce posta sopra l’altare opresente nel tabernacolo, rivolge il Suo sguardo alcelebrante e al popolo e li invita a loro volta a

riorientare il cuore e la direzione del corpo al voltodi Dio.

Nel guardare verso oriente, si afferma chiaramentela dimensione sacrif icale dell’Eucaristia. Il volgersidegli oranti nella stessa direzione non manifestasoltanto, nella maniera più consona, l’atto diadorazione ma anche l’atto di offerta che dal popolosale a Dio. La Santa Messa è nella sostanza l’offertasacramentale del sacrif icio della Croce (cf.Sacrosanctum Concilium, 47). In relazioneall’aspetto sacrif icale come essenza della SantaMessa, il Magistero ha più volte ribadito che

- “In forza del suo intimo rapporto con ilsacrif icio del Golgota, l’Eucaristia è sacrif icioin senso proprio, e non solo in senso generico,come se si trattasse del semplice offrirsi diCristo quale cibo spirituale ai fedeli” (GiovanniPaolo II, enciclica Ecclesia de Eucharistia, 13).

- “La Messa è ad un tempo einseparabilmente il memoriale del sacrif icio nelquale si perpetua il sacrif icio della Croce e ilsacro banchetto della comunione al corpo e alsangue del Signore” (Catechismo della ChiesaCattolica, 1382).

L’atteggiamento del corpo, dove il celebrante el’assamblea liturgica si guardano mutuamente infaccia come in un cerchio chiuso o come sedutialla tavola al modo del costume profano moderno,contraddice non soltanto la legge della preghierabiblica, apostolica, patristica e persino umana-religiosa, ma offusca notevolmente l’aspettoessenzialmente sacrif icale della Santa Messa,convertendo una tale celebrazione eucaristica dalpunto di vista fenomenologico aspetto di una tavolaconviviale. C’è una vera urgenza di ritornare al gestodell’essere “rivolti al Signore” almeno a partire dellapreghiera eucaristica, giacché la celebrazione, detta“versus populum” non è nemmeno prescritta, maun’opzione secondo le norme liturgiche, come haaffermato la Santa Sede (cf. Responsum ad dubiumda parte della Congregazione per il Culto Divino ela disciplina dei Sacramenti dal 25 settembre 2000).

Il secondo gesto è la ricezione del Corpo di Cristonella Santa Comunione nell’atteggiamento adorantedell’inginocchiarsi e direttamente sulla lingua, diciò parleremo in seguito.

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La mistagogia pasquale

mons. Antonio Donghi

La riflessione sulla mistagogia pasquale rappresentaun momento importante per comprendere l’assiomaconciliare che la liturgia é fonte e culmine della vitadella chiesa e della sua missione. Il documentoconciliare da questo punto di vista è molto esplicitoin SC 10. Vorrei perciò, nell’ottica dell’eucologiadell’ottava di pasquale, intravedere il sensoesistenziale della celebrazione dei divini misteri nellanotte di pasqua, nella prospettiva della costruzioneautentica della comunità cristiana e di ogni fedele.Risulta sempre importante accostarci alla lex orandiper comprendere il vero cuore della chiesa.

La caratteristica della mistagogia costituisceun’esperienza di approfondimento esistenziale delproprio modo di essere da parte di tutti coloro chenella notte pasquale hanno celebrato o rinnovato laloro adesione al Cristo, centro del cosmo e dellastoria. Ciò avviene attraverso la meditazione più vivadel Vangelo, un contatto frequente con la comunitàecclesiale, uno sviluppo teologale della conversione.Da questo stile di vita e di preghiera scaturisconorelazioni fraterne e rinnovate nella luce del Risorto.L’esperienza sacramentale celebrata e\o rivissutanella notte pasquale è di tale ricchezza che tutta lavita dell’uomo si rivela necessaria per unapprofondimento e un’assimilazione dei suoicontenuti. Solo nello scorrere del tempo il cristianoriesce a percepire il dono che il Signore ci offre inmodo veramente inesauribile, e a gustare quantosia meravigliosa la condizione che derivadall’incontro pasquale con il Maestro divino.

L’ottava di Pasqua

Ancor oggi la settimana pasquale offre, nel suoinsieme, una grande unità nella tematica liturgica.Infatti essa pone come suo precipuo interesse lapresentazione del mistero delle risurrezione diCristo e i suoi effetti nella comunità cristiana,sottolineando in particolare i temi battesimali, cioèla nuova vita dei battezzati e la costruzione dellachiesa con l’azione incessante dello Spirito Santo.Le caratteristiche della mistagogia sono abbozzatedall’eucologia che troviamo nei formulari di questaottava, in particolare nell’orazione colletta della IIdomenica di pasqua.

Dio di eterna misericordia,che nella ricorrenza pasquale, ravvivi la fede

del tuo popolo,accresci in noi la grazia che ci hai dato,perché tutti comprendiamo l’inestimabile

ricchezzadel battesimo che ci ha purif icati,dello Spirito che ci ha rigenerati,del sangue che ci ha redenti.

I doni pasquali ( acqua, Spirito, sangue) sonoscaturiti dal Cristo e costituiscono una radicalenovità per la comunità cristiana , chiamata a viverenel Risorto( cfr 1 Gv 5,6ss). L’acqua , il sangue e loSpirito esprimono come il Gesù storico, crocif issoe ora risorto, sia sempre attuale nella vita della chiesache lo riconosce il Figlio di Dio e il Rivelatore delPadre. Attraverso il contatto con l’acqua , il sanguee lo Spirito, il battezzato è chiamato ad entrare nelmistero del Risorto per divenire in lui progres-sivamente una persona sola, pur ovviamentenell’alterità. Lo Spirito mediante l’azione dell’acqua( Battesimo) e del sangue ( Cena del Signore) lacomunicato la salvezza alla comunità riunitaattorno al Cristo. L’atto sacramentale del Battesimoe la celebrazione eucaristica sono il segnodell’azione dello Spirito Santo e, contempo-raneamente, testimonianza, nello stesso Spirito,della propria fede viva e vitale nel Risorto.

Il dono dell’incontro pasquale, inserito nellaquotidianità della vita, permette al cristiano dicomprendere in modo sempre più approfondito lemeraviglie del mistero della risurrezione di Gesù.

Il gusto della risurrezione

Questo dono, che il Risorto nel contesto dellacelebrazione offre ai credenti, deve essere fattoproprio da ciascuno di loro per mezzo di un realeapprofondimento del dono avuto. In questo sensocosì prega la liturgia dell’ottava di pasqua nelleorazioni collette:

Concedi ai tuoi fedeli di esprimere nella vitail sacramento che hanno ricevuto nella fede(lunedì dell’ottava di pasqua)Donaci di testimoniare nella vitail mistero che celebriamo nella fede.(venerdì dell’ottava di pasqua)

In queste orazioni scopriamo la caratteristica di ogniitinerario mistagogico all’interno della esperienzaliturgica. La fede si invera nell’atto celebrativo perrendere luminosa nello stile pasquale la vitaquotidiana. E’ nel vissuto di tutti i giorni che l’azioneliturgica evidenzia tutta la sua fecondità,trasf igurando l’uomo e rendendolo sacramento nelferiale dell’ineffabile amore divino. Scopriamo diconseguenza che la settimana pasquale racchiudein se stessa il senso più profondo dell’interodiscorso mistagogico. Ciò diviene possibile perchéla celebrazione eucaristica rappresenta l’ambiente

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vitale nel quale non solo l’iniziazione a Cristo nonsi esaurisce mai, ma il dono dell’iniziazione vienecontinuamente approfondito in chiave pienezza digloria. Infatti nell’evento liturgico ci si dà il tuttodi Dio nel f rammento sacramentale perchéprogressivamente veniamo trasf igurati nel Tutto.In tal modo il discorso mistagogico è legato a tuttolo sviluppo della vita cristiana e oggi riveste unagrande importanza. Il nostro tempo ha grandiesigenze di fare una simile esperienza mistagogicacome viva ed eff icace riscoperta della propriarelazione con il Cristo. Il luogo per eccellenza perquesta continua attualizzazione comprensionedell’inserimento in Cristo di ogni battezzato èappunto la celebrazione eucaristica.

Lo sviluppo della propria identità

La catechesi mistagogica, che è un eventoecclesiale, comporta un paziente sforzo diiniziazione all’esperienza del mistero che opera inogni battezzato per una valorizzazione continuadella propria personalità nel mistero pasquale delMaestro. Infatti la fecondità del camminosacramentale permette ad ogni discepolo delSignore di ritrovare pienamente se stesso, come ciinsegna di nuovo il messale romano.

O Dio, che nei sacramenti pasquali hai dato al tuo popolo la salvezza,

effondi su di noi l’abbondanza dei tuoi doni,perché raggiungiamo il bene della perfetta libertàe abbiamo in cielo quella gioiache ora pregustiamo sulla terra.( martedì dell’ottava di pasqua)

L’esperienza ecclesiale del dono della salvezza siritraduce nella percezione continua del proprioinserimento in Cristo. l’iniziazione cristianasignif ica chiaramente un ingresso continuo eprogressivo nella personalità del Maestro, unapartecipazione nel più profondo dell’essere dellasua esperienza trasformante, una condivisioneeffettiva dell’intero tracciato della sua storia. Ilgusto della gioia che il Cristo offre e della libertàche continuamente regala comporta un entrare inlui e un lasciare che lui entri in noi. E’ lo stile dellarelazione che esiste tra la vite e i tralci nel vangelodi Giovanni. E’ un dinamismo unico e progressivoche stabilisce una comunione totale con Cristo daparte del discepolo che viene assimilato alla suapasqua. Qui comprendiamo la fecondità dell’iconadella trasf igurazione, che anima ogni celebrazioneliturgica.

Anche se questo divenire ha il suo momento fortedi attuazione nella celebrazione dei misteripasquali, tuttavia non si arresta a questo punto. Ilbattesimo è veramente tale, cioè”vita nuova”, se cisi pone in un costante divenire, dopo essere partitida una avvenimento def initivo e stabile quale èstata appunto la rigenerazione nella notte pasquale.La celebrazione dei misteri pasquali è parte

integrante di questa trasf igurazione in Cristo chevive di una tensione verso la pienezza della glorianella Gerusalemme celeste. La nuova nascita esigeun cammino di continua novità di vita,diversamente si potrebbe correre il rischio diatrof izzare a livello esistenziale il mistero celebratoche ha riempito di sé la vita del credente.

Conclusione

Un’autentica esperienza mistagogica esige uncontinuo attingere alla sorgente della verità, CristoGesù, per aiutare il battezzato a comprendere f inoin fondo il signif icato della rigenerazione nelmistero pasquale di Gesù, il signif icato della suaf iliazione adottiva, il senso della misteriosacomunione con le tre Persone della SS. Trinità, ilvalore della sua esistenza teologale che ha l’unicoscopo d’essere un canto di gratitudine nellasupplica alla benevolenza divina.

La percezione dell’ineffabile e misteriosa venutadi Dio nella storia dell’uomo cresce quanto più ilcredente accoglie nella quotidianità la presenza delmistero di Dio ed entra nella luminosità del divinoin un cammino senza soste. Tutta l’esistenza delbattezzato è una mistagogia e il tempo pasquale,sviluppa in modo vero ilo principio della liturgiache è fonte e culmine, poiché dilata la grandezzadell’amore pasquale di Dio nella storia quotidianae genera una costante aspirazione goderne semprepiù la presenza rigenerante.

Risurrezione, miniatura, messale certosino, sec. XIV

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19. il calice

Girando per le sacrestie delle vecchiechiese, ma anche tra le nuove, c’è sempre tra icassetti dei paramenti e le scansie dei vari oggettiutili alla liturgia un posto in cui si conservano ivasi sacri. Tra essi emergono i calici, vasi preziosie destinati ad un ruolo unico nella celebrazioneeucaristica: quello di accogliere il sangue di Cristoversato per la nostra salvezza.

Forse le forme libere e più disparate deicalici “moderni” hanno diminuito una simbologiache invece è ben presente, pur nella diversità dellerealizzazioni, nei calici della tradizione.

Prima di tutto risalta la base solida chesembra quasi ancorare il calice alla terra. Richiamala concretezza della vita e di una natura checostantemente si coniuga con le vicendequotidiane dell’esistenza.

Ma questa natura, che spesso noilimitiamo nell’ambito dell’immediato e delsensibile, non cessa di aspirare all’oltre, a quelladimensione di eterno ed inf inito che spinge adalzare gli occhi dalla terra per rivolgerli verso ilcielo. Ecco allora che dalla base sale verso l’alto unfusto sottile, talvolta decorato, a voltesemplicemente liscio ma ben proteso verso unameta che sembra accoglierlo nell’ampia coppa,accolta ma anche accogliente, in quell’incontrodi libertà che lascia spazio alla grazia redentricedel Cristo.

Tra il fusto e la coppa un anello più o menoevidente afferma nello stesso tempo la diversitàdi due nature, quella umana e quella divina cheper la magnanimità del Padre si uniscono nelmistero dell’incarnazione dell’Unico Figlio, GesùCristo.

Ed ecco inf ine il culmine di un simbolicocammino: la coppa della nuova ed eterna alleanza,il prezioso “utero” che accoglie il sangue versatoper nostra salvezza, il segno eff icace della nuovavita. E’ ampia e capiente ed esprime quellasovrabbondanza di misericordia che Dio riversanel nostro “grembo” dissetando quella sete diinf inito che scaturisce da un cuore creato per Dio.

Ed allora concentra il tuo sguardo in quelsegno che, presentato dal sacerdote e sollevato eporto all’assemblea esprime il senso di un Dio pernoi, in Cristo un Dio con noi e in noi, peralimentare e liberare una vita spesso invischiata inquelle catene che tarpano le ali della nostra libertà.

20. la patena

Sopra il calice viene posto un piccolo piattodi materiale nobile, su di esso viene collocata l’ostiadestinata a divenire il corpo di Cristo. Nellanomenclatura liturgica questo piattino si chiamapatena da latino paténa = patina da patére chesignif ica essere aperto, steso. Etimologia che cirimanda immediatamente a Cristo crocif isso, conle braccia distese in un grande abbraccio cheaccoglie tutto il mondo.

La candida ostia che essa accoglie è il panespezzato e condiviso, è il segno alto di un’offerta aDio che il celebrante rinnova quando innalza quelpiccolo e prezioso piatto verso il Padre perché ilpane “diventi per noi cibo di vita eterna”.

La patena diventa quindi il segnodell’offerta, prima di tutto l’offerta di Cristo al Padrema con Lui e in Lui l’offerta di tutto noi stessi e diquanto il Signore, nella sua grande magnanimità,ci ha donato. “Tutto era così puro; lo spazio in altoe gli alberi con i loro rami dalle nobili forme cosìfreschi; […] Compresi allora come a un uomo possagonf iarsi il cuore, e come egli s’arresti, alzi il viso,apra le mani come una patena, sollevandole suverso l’inf initamente Buono, il Padre della luce, ilDio che è amore, offrendogli tutto quanto d’attornoe nel mondo cresce e risplende in calmastrabocchevole.4 Ma, come ho detto, anche offertadi se stesso in comunione con Cristo. Così siesprime l’apostolo Paolo nel capitolo 12 della sualettera ai Romani: “Vi esorto dunque, fratelli, perla misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi insacrif icio vivente, santo e gradito a Dio; è questo ilvostro culto spirituale”.(12,1)

Ed allora f issiamo i nostri occhi su quel piccolo eprezioso piatto che il sacerdote eleva al cielo,vinciamo le nostre naturali reticenze e lasciamociattirare da Cristo per diventare con Lui offertagradita la Padre e dono di salvezza per l’umanità,quel dono ritualmente espresso nell’azioneeucaristica ma quotidianamente vissuto in ogniistante della nostra vita in un’esistenza eucaristica.

------------------------------------1GUARDINI R., Lo spirito della liturgia I santi segni,

Morcelliana XI ed. 2007, p. 1832 Op. cit. p. 1843 Idem, p. 1864 Idem, p. 178

GOCCE DI LITURGIA

I santi segni(sesta parte)

mons. Orlando Barbaro

Patriarcato di Venzia

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