Africa 05 2014 Settembre-Ottobre
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www.missionaridafrica.orgn.5 settembre 2014
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IL RE CERCA
MOGLIE
swaziland
Somaliland
La nazione che non c’èMozambico
Grand Hotel dei sogniAnniversari
Mohamed Alì a KinshasaBenin
Le cure del frate-dottore
Quando: sabato 29 e domenica 30 novembre 2014Dove: a MILANO, Hotel Machiavelli Quota di partecipazione: 200 euro, studenti 150 euroNumero di partecipanti: 40
Dialoghi sull’AfricaUn weekend di incontri per capire, conoscere e confrontarsi
Giulio Albanese, giornalista e missionarioAlessandra Brivio, docente Università Bicocca di MilanoCristiana Fiamingo, docente Università Statale di MilanoElisa Kidanè, missionaria e giornalistaColette Kitoga Habanawema, medico e psicoterapeuta in CongoStefano Liberti, giornalista e scrittore
Raffaele Masto, scrittore e reporter Enzo Nucci, corrispondente Rai da NairobiMarina Petrillo, giornalista di Radio Popolare Gigi Pezzoli, Pres. Centro Studi Archeologia Africana Alberto Salza, antropologo e analistaRaffaello Zordan, giornalista di Nigrizia
Info: [email protected] 334.2440655 www.missionaridafrica.org
I primi iscritti potranno usufruire dell’ospitalità, semplice ma gratuita, offerta dai missionari Padri Bianchi a Treviglio, o del pernottamento scontato in hotel a Milano.
4a edizione
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ze alle spalle: con malati di Aids in Africa, assieme a missionari; negli slums dell’India con le suore del-la Carità. Ma persone come loro danno fastidio ad una so-cietà come la nostra, im-pegnata a contemplarsi l’ombelico e preoccupata di non perdere l’altissimo tenore di benessere cui sia-mo stati abituati. Certo, dà meno fastidio chi in questi Paesi si reca per portare armi, trafficare droga o es-seri umani: costoro porta-no soldi a casa, mentre per Vanessa, Greta e persone come loro è possibile che si debba pagare un riscatto o che comunque si debba pagare un volo “di Stato”.C’è chi, a vent’anni, sce-glie di passare le proprie
vacanze al mare, in disco-teca o altrove, per dimenti-care la noia di ogni giorno. C’è chi invece che, senza dire nulla, vuol condivide-re, sentirsi solidale con chi soffre, anche se ha poco da portare, se non l’amo-re. Sul profilo Facebook di Greta spiccano questi versi: «Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polveriz-zate da un’esplosione». Pa-role che valgono più di un trattato.Di fronte alle ipocrisie di una certa politica, all’i-nazione, quando non è complicità, di chi ha re-sponsabilità per agire e in-tervenire, la generosità e le prese di posizione imme-
diate di questi giovani mi lasciano senza parole.In Corea, papa Francesco ha denunciato «lo spirito di disperazione che sembra crescere come un cancro in mezzo alla società» facen-do pagare il suo tributo a tanti giovani, e ha lancian-do un appello perché non siano mai derubati della loro speranza.Queste parole di Francesco e il prossimo mese missio-nario di ottobre mi spin-gono pensare a Vanessa e Greta, e a quanti come loro - incoscienti! - volontari, missionari laici o consacra-ti, hanno deciso di portare un po’ di speranza in quelle periferie dimenticate, ab-bandonate o disprezzate da tutti. Anche a costo di esse-re presi a pesci in faccia. •
Vanessa Marzul lo (Bergamo) e Gre-ta Ramelli (Varese),
21 e 20 anni; due ragazze tutto cuore e generosità. E ingenuità, forse; ma a vent’anni è normale esse-re idealisti e voler salvare il mondo. Due ragazze se-questrate da gente senza scrupoli. Si dice spesso che oggi i giovani non sono più capaci di cose serie, che sono tutti mammoni e smidollati. La notizia di questo rapimento, invece, ha portato alla luce un’altra storia, fatta di impegno e di altruismo; ci ha fatto ca-pire che vi sono ancora dei giovani entusiasti, capaci di idealismo. Peccato che si parli di loro solo quando qualcosa va storto.Questa notizia ha anche suscitato un vespaio di ac-cuse, di insulti, di prese di posizione assurde da par-te di una certa stampa che conosciamo e dai social network. Le ragazze sono state definite “cretine”, “dementi”, “incoscienti”, “sprovvedute”, e mi limi-to agli epiteti più educati. Eppure cretine non erano, e neppure sprovvedute. Una conosceva l’arabo e si era preparata per questi in-contri interculturali; l’altra aveva già varie esperien-
editoriale
Dementi e incoscenti chi?
di Paolo Costantini
2 africa · numero 5 · 2014
sommario
copertinaLa più bella del reame a cura della redazione e Per-Anders Pettersson
attualitàAfricanewsa cura di InfoAfrica
Ombre sul commercio equodi Marco Trovato
Leader graniticia cura della redazione
Nel Paese che non esiste di Stefano Rotta e Marco Gualazzini
Terrore jihadistaa cura della redazione
societàLa fabbrica delle cornadi Damiano Rossi
Imprenditori genialia cura della redazione
Stop ai razziatori di tombedi Desmond Moodley
Robocop in Congodi Gustave Kimbundu
Il Grand Hotel dei sognidi Raffaele Masto e Vlad Sokhin
libri e musicaLibri e musicadi P.M. Mazzola e C. Agostoni
culturaStregati da Ouagadougoudi Marco Trovato
Acrobazie a Nairobidi Michele Vollaro e Jennifer Huxta
storiaQuella magica notte di pugnidi Marco Trovato
sportMister BMXdi James Nkosi Sithole
viaggi In carrozza!di Morgan Klingiel
chiesaIn pellegrinaggio dal frate-dottoredi Anna Pozzi e Bruno Zanzottera
Nella buona e nella cattiva sortedi Raffaele Masto
togu naa cura della redazione
vita nostraa cura di P. Costantini
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COME RICEVERE AFRICAper l’Italia:
Contributo minimo consigliato30 euro annuali da indirizzare a:
Missionari d’Africa (Padri Bianchi)viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG)
CCP n.67865782oppure bonifico bancario su
BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi
IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315
per la Svizzera:Ord.: Fr 35 - Sost.: Fr 45
Africanum - Rte de la Vignettaz 57CH - 1700 Fribourg CCP 60/106/4
africa rivista
EDITOREProv. Ital. della Soc. dei Missionari
d’Africa detti Padri Bianchi
DIRETTORE RESPONSABILEAlberto Rovelli
DIRETTORE EDITORIALE
Paolo Costantini
COORDINATOREMarco Trovato
WEBMASTERMatteo Merletto
AMMINISTRAZIONEBruno Paganelli
PROMOZIONE E UFFICIO STAMPAMatteo Merletto
PROGETTO GRAFICOE REALIZZAZIONEElisabetta Delfini
DIREZIONE, REDAZIONEE AMMINISTRAZIONE
Cas. Post. 61 - V.le Merisio 1724047 Treviglio (BG)
tel. 0363 44726 - fax 0363 [email protected]
www.missionaridafrica.orghttp://issuu.com/africa/docs
FOTOFoto di copertina
Per-Anders Pettersson/Luz
Si ringrazia Olycom
COORDINAMENTO E STAMPAJona - Paderno Dugnano
Periodico bimestrale - Anno 92settembre-ottobre 2014, n° 5
Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48
L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forni-ti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite ver-ranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata
e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).
40Dall’Africa c’è semprequalcosa di nuovo
Plinio il Vecchio (I secolo d.C.)
@africarivista
lo scatto38. La benedizione Uganda
africa · numero 5 · 2014 3
24 ottobre le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea na-zionale. In base alla legge corrente, i 63 deputati scelti dai cittadini aventi diritto al voto avranno un manda-to quinquennale; tra i loro compiti c’è anche quello di nominare il prossimo capo dello Stato. Pur dotato di un sistema multipartitico, fin dalla sua indipenden-za nel 1966, il Botswana è sempre stato governato dal Botswana Democratic Par-ty (Bdp), che alle ultime elezioni aveva ottenuto il 51,7% dei consensi.
5 Etiopia.Mai così tanti rifugiatiIl persistere del conflitto in Sud Sudan ha spinto negli ultimi mesi circa 250.000 persone a cercare rifugio
nella vicina Etiopia, divenu-ta in tal modo il Paese con la maggiore presenza di ri-fugiati e richiedenti asilo di tutto il continente africano. La notizia è stata confer-mata dall’Agenzia per i ri-fugiati delle Nazioni Unite (Acnur) secondo cui è stato superato il “primato” appar-tenuto finora al Kenya.
6 Lesotho. Tensione politicaPermane una situazione di incertezza nella piccola nazione del Lesotho dopo che, lo scorso 30 agosto, un presunto golpe milita-re aveva costretto alla fuga il primo ministro Thomas Thabane. Si cerca un’in-tesa politica con gli op-positori per tornare alla stabilità.
1 Centrafrica.Un musulmanoper la transizioneSarà Mahamat Kamoun a guidare il governo del Centrafrica nella fase di transizione seguita all’ac-cordo per un cessate-il-fuo-co raggiunto a Brazzaville tra ribelli dell’ex Seleka e milizie anti-Balaka. I due gruppi si sono dati battaglia portando al collasso un Pa-ese già povero e l’accordo appena firmato resta fragile e appeso alla possibilità che gli scontri armati possa-no riprendere. Ma la scelta di Kamoun, musulmano, fatta dal capo dello Stato Catherine Samba-Panza costituisce un significativo messaggio di pace.
2 Somalia.Amisomvia nel 2016?La missione militare dell’Unione Africana in Somalia (Amisom) lasce-rà il paese del Corno d’A-frica nel 2016, anno in cui dovrebbero essere por-tate a termine le riforme istituzionali previste dal piano strategico Vision 2016 del governo federa-le di Mogadiscio. A dirlo è stata l’inviata speciale
dell’Unione Africana in Somalia, Lydia Wanyoto Mutende, sostenendo che entro i prossimi due anni il governo dovrebbe aver svi-luppato sufficienti capacità per gestire in maniera au-tonoma gli affari interni.
3 Mali.Negoziati e incertezzeMentre ad Algeri, dopo la tregua raggiunta a Ouaga-dougou lo scorso giugno, si tenta di mediare tra le posizioni autonomiste dei Tuareg e quelle del gover-no di Bamako, il nord del Mali resta teatro d’azione di diversi gruppi armati con agende molto differenti. La situazione è difficile no-nostante la presenza di un contingente francese che si propone ufficialmente di lottare contro i grup-pi terroristici attivi nell’a-rea. Conclusa l’operazione Serval, il governo di Pa-rigi ne ha avviata un’altra (Barkhane) che sta coinvol-gendo basi militari in Ciad e Niger e che può contare su circa 3.000 uomini.
4 Botswana.Urne aperte a ottobreIan Khama, Presidente del Botswana, ha fissato per il
Africanews, brevi dal continente
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news a cura di InfoAfrica www.infoafrica.itINFO
Africa
7 Liberia. Ebola, quarantene e coprifuocoDei Paesi dell’Africa occidentale interessati dall’epidemia di ebola, la Liberia sembra essere quello con più problemi nella gestione dell’emergenza. Ad agosto, il governo ha imposto la quarantena in diverse zone del Paese e il coprifuoco a West Point, popolare quartiere di Monrovia: migliaia di liberiani hanno protestato per le misure introdotte ma anche il capo dello Stato Ellen Johnson-Sirleaf ha criticato la lentezza del governo nella risposta alla crisi.
attualità
Ombre sul commercio equo
testo di Marco Trovato
Una ricerca condotta in Africa solleva seri dubbi sull’efficacia della spesa etica
4 africa · numero 5 · 2014
La spesa eticain ItaliaCirca 83 milioni di euro di fatturato, 84 realtà equosolidali distribuite in 15 regioni, oltre mille lavoratori e 5mila volontari impegnati a gestire 253 botteghe. Sono i numeri dell’Assemblea generale italiana del del commercio equo e solidale (Agices: equogarantito.org), che lo scorso maggio ha presentato il suo rapporto annuale, con luci e ombre. «Sono anni non facili per il movimento italiano del commercio equo e solidale: dopo un periodo di espansione delle vendite, oggi le cooperative e le associazioni registrano una stasi», ha dichiarato il presidente di Agices, Alessandro Franceschini. Tutto sommato, tengono bene i prodotti alimentari, mentre la crisi si fa sentire soprattutto con l’artigianato. Tuttavia le prospettive sono buone. «Il fair trade italiano è vitale e capace di trovare strade innovative e formule inedite per ridisegnare il proprio futuro».
africa · numero 5 · 2014 5
6 africa · numero 5 · 2014
attualità
Ogni giorno migliaia di
consumatori acquistano
prodotti fairtrade convinti di
sostenere un commercio
più giusto
LA STORIA Il commercio equo e solidale è nato negli anni Cinquanta, negli Stati Uniti e poi nel Regno Unito. Nel 1964 l’associazione Oxfam UK fonda la prima Alternative Trade Organization (ATO). Nel 1968 nascono in Olanda i Cane Sugar Groups, gruppi di perso-ne attente ai temi dello sviluppo che cominciano a commercia-lizzare lo zucchero di canna. Un anno dopo, in una cittadina olan-dese, Sos Wereldhandel apre la Third World Shop: la prima bottega etica. Nel 1971 in Ban-gladesh viene fondata la prima Cooperativa di commercio equo e solidale (Jute Work). Nel 1974 il Fairetrade (Commercio equo) arriva in Francia per mezzo della Union des comités de jumelage coopération che risponde all’ap-pello dell’Abbé Pierre a favore del Bangladesh. Nel 1989 nasce l’I-FAT (International Federation of Alternative Trade) - oggi WFTO.
NUOVI ACCORDI COMMERCIALI TRA AFRICA E EUROPA
La data del 1° ottobre si avvicina e sono sempre di più gli Stati dell'Africa che si apprestano a siglare gli Accordi di partenariato economico (Ape/Epa) con l'Unione europea. Quel giorno è stato infatti fissato dalla Commissione di Bruxelles come termine ultimo entro il quale concludere i negoziati e firmare la versione definitiva di questi accordi commerciali. In breve, si tratta di accordi comprensivi volti a sostituire la Convenzione di Lomé (1975) e l'Accordo di Cotonou (2000), che fissavano in precedenza un sistema di preferenze doganali tra i Paesi europei e le ex colonie: in cambio di una progressiva apertura dei mercati africani alle merci e ai servizi europei, l'Ue si è impegnata a eliminare tutte le tariffe doganali ai prodotti importati da questi Paesi. Ma secondo alcuni economisti e leader africani gli accordi sarebbero troppo sbilanciati a favore dell'Europa. (Michele Vollaro)
10 africa · numero 5 · 2014
attualità a cura della redazione
Robert Mugabe • al potere da 34 anni Leader della lotta anticoloniale, divenuto Presidente nel 1980, all’indomani dell’indipendenza, il novantenne Mugabe (accusato dai suoi detrattori di aver impoverito l’ex granaio dell’Africa au-strale) ha stravinto per la settima volta le elezioni nel 2013.
Yoweri Museveni • al potere da 28 anniGiunto al potere con le armi nel 1986, è stato riconferma-to Presidente in quattro elezioni: all’ultima, nel 2011, ha ottenuto il 68% dei voti, rimanendo in carica per altri cin-que anni, tra accuse di dispotismo e corruzione.
Mswati III • al potere da 29 anniHa ereditato il trono del padre (il leggendario Sobhuza II che ha regnato sul Paese per 61 anni) e accentrato nelle sue mani tutto il potere. Maggiori informazioni nell’ampio servizio alle pagine 40-47.
Omar Hassan al-Bashir • al potere da 25 anniAl potere dal 1989, è accusato dalla Corte penale inter-nazionale dell’Aja di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e di genocidio per le sue responsabilità nel massacro del Darfur.
Idriss Déby • al potere da 24 anniHa preso il potere nel 1990 con le armi spodestando il ditta-tore Hissène Habré e da allora è scampato (con l’aiuto di Pa-rigi) a numerose rivolte, congiure interne e tentativi di colpi di stato.
Isaias Afewerki • al potere da 23 anniEx combattente per l’indipendenza dell’Eritrea, è diventato un dittatore spietato. Salito al potere nel 1991, ha negato la democrazia, il voto, la libertà di opinione. E ha fatto sparire i suoi oppositori.
José Eduardo Dos Santos • al potere da 35 anniGiunto al potere nel 1979, mantiene il controllo sulle ricchezze del Paese: pe-trolio e diamanti. Viene accusato dall’opposizione di nepotismo, corruzione, gestione oscura del denaro pubblico.
Leader Granitici
africa · numero 5 · 2014 11
Paul Biya • al potere da 39 anniÈ il più longevo leader africano. Già Primo Ministro dal 1975, è diventato Presidente nel 1982 e da allora governa un Paese con un livello di corruzione tra i più alti al mondo, mantenendo un control-lo rigido sulla stampa e sull’opposizione.
Mohamed Abdelaziz • al potere da 38 anniIl Segretario del Fronte Polisario che dal 1976 contende al Maroc-co i territori del Sahara Occiden-tale è il leader inamovibile del
popolo saharawi. Ma si autoproclama un sincero sostenitore della democrazia.
Teodoro Obiang Nguema• al potere da 35 anniDivenuto Presidente nel 1979, è stato sempre ri-eletto - l’ultima volta nel dicembre 2009 - con almeno il 95% dei voti, tra denunce di brogli e accuse di corruzione, mantenendo il controllo
sulle ricchezze del Paese: petrolio e legname.
Blaise Compaoré • al potere da 26 anniSospettato di avere collaborato all’assassinio nel 1987 del suo predecessore (il carismatico Thomas Sankara), è stato eletto Presidente quattro volte (due mandati settennali e due quinquen-nali) e ora punta a ricandidarsi nel 2015.
Yahya Jammeh • al potere da 20 anniHa preso il potere con un golpe nel 1994 e da allora non lo ha più spostato nessuno. Ha fatto im-prigionare e condannare a morte
gli oppositori e in seguito alle proteste inter-nazionali ha deciso di far uscire il Gambia dal Commonwealth.
Denis Sassou Nguesso • al potere da 17 anni È in carica dal 1997 (ma aveva già ricoperto il ruo-lo di presidente dal 1979 al 1992). Ha promesso di aprirsi alla democrazia ma la Costituzione che ha promulgato nel 2002 gli conferisce maggiori poteri.
Sono abili, tenaci, spregiudicati. E, soprattutto, incollati alle poltrone. Ecco i ritratti dei Presidenti africani al potere da più tempo
RecordIl più longevo leader politico di sempre è stato l’ex presidente del Malawi Hastings Banda (1898-1997): quando perse le elezioni, nel 1994, aveva 96 anni. Oggi Robert Mugabe, 90 anni, capo di Stato dello Zimbabwe, è il più vecchio Presidente vivente... Seguito da Giorgio Napolitano, 89 anni, in carica dal 2006.
Leader Granitici
attualità
Nel Paese che
testo di Stefano Rotta foto di Marco Gualazzini/Parallelozero
Reportage dalla nazione fantasma del Somaliland
non esiste12 africa · numero 5 · 2014
Monumento all’indipendenza nel centro di Harghesia, capitale dell’autoproclamata Repubblica del Somaliland
Nel Paese chenon esiste
africa · numero 5 · 2014 13
14 africa · numero 5 · 2014
Il confine con l’Etiopia è tirato con una corda. Ma c’è, e si sente. Anche
lo Stato c’è, dall’altra par-te: prova a esistere dentro la Somalia, Stato che non c’è, come una matrioska intrappolata nel caos. Il Somaliland, dal 1991 in-dipendente dall’inferno di Mogadiscio, ha il control-lo del suo territorio; lì, al-meno lì, non si combatte più. Ci sono università e ospedali pubblici, ministe-ri, giornali indipendenti, esercito e guardia costiera antipirateria. Ma solo una manciata di Stati intratten-gono rapporti diplomatici e politici (fra questi Regno Unito, Kenya, Etiopia) con questa nazione musulma-
na - quattro milioni di abi-tanti affacciati sul mondo arabo - e porto strategico nel golfo di Aden. È un pa-radosso, uno dei tanti del Corno d’Africa, uno Stato senza territorio, la Soma-lia, governa un territorio senza Stato: il Somaliland. Vecchio protettorato bri-tannico, indipendente per qualche giorno nel 1991, oggi è l’unica fetta pacifica e relativamente stabile di questa arena martoriata da guerre, faide, disastri am-bientali, corruzione e traf-fico d’armi. Da vent’anni senza catene e senza guer-riglia, senza neppure voce per dirlo al mondo. La sua causa vale poco, in ter-mini geopolitici, un po’
come lo scellino locale: ce ne vogliono 6.000 per fare un dollaro, nelle stra-de i change (cambiavalu-ta) impilano le banconote sui tappeti, buoni pure per pregare.
La droga dei poveriShari’a e scellini, mutila-zioni genitali e tanti nuo-vi laureati. È un Paese in transizione fra Medioevo e globalizzazione a chiedere il riconoscimento. «Abbia-mo i requisiti di sovranità richiesti dalle convenzioni internazionali», afferma il ministro degli Affari Esteri, Mohamed Omar. «Siamo, siamo una comu-nità con un forte senso di identità comune, ben or-
ganizzati a livello sociale (la famiglia, il clan, sono molto strutturati e influen-ti, ndr) e politico. Ci sono elezioni realmente demo-cratiche e giustizia indi-pendente».Tiene molto a sottolinea-re il concetto, che si com-menta da sé, di home made democracy. Rovescio della medaglia: abuso diffuso di khat, pianta anfetaminica da masticare che svuota le tasche, accende i sensi, alla lunga nuoce al cer-vello; e mancanza d’im-piego per i giovani, solo il 10% degli ultimi 500 lau-reati ha trovato un posto. «Sono questi, l’occupazio-ne e la sanità, i nostri due fronti: ridurre gradual-
attualità
Ha proclamatola sua indipendenza dalla Somalianel 1991.Da allora vive in pace, sospeso tra Medioevoe globalizzazione.In attesa dell’agognato riconoscimento ufficiale da parte della comunità internazionale
Tony
KAR
UMBA
/Afp
18 africa · numero 5 · 2014
attualità a cura della redazione
La mappa dei movimenti integralistiche inneggiano alla guerra di religione
Gruppo islamicomarocchino combattente
Seleka
Ansaru - Boko Haram
Ansar al-Sharia
Al Shebaab
Uamsho
Ansar al-Islam
Al-Qaeda nel Maghreb islamico
Boko Haram
Ansar Dine - Mujao
africa · numero 5 · 2014 19
MujaoMovimento per l’unicità e la jihad in Africa occi-dentaleÈ un gruppo terrorista isla-mista nato nel 2011 con l’o-biettivo di portare la jihad anche nei territori dell’A-frica occidentale. Ha le sue basi nel nord del Mali, ma è attivo anche nei deserti di Mauritania e Niger, dove si finanzia con rapimenti di occidentali. Il mauritano Hamada Ould Mohamed Kheirou è considerato il comandante dell’organiz-zazione: sulla sua testa gli Usa hanno messo una ta-glia da cinque milioni di dollari.
Al-Qaedanel Maghreb islamico È il movimento qaedista più organizzato. Si finan-zia con sequestri di occi-dentali, contrabbando e traffico di cocaina. Nato nel 2005 in Algeria, come eredità del Gruppo salafi-ta per la predicazione e il combattimento, oggi opera anche in Mauritania, Mali e Niger, dove punta a in-staurare un califfato isla-mico. Il suo comandante militare, l’algerino Abdel-malek Droukdel, è consi-derato il braccio armato
dell’ideologo egiziano al-Zawahiri, erede di Osama bin Laden.
Ansar DineIl suo nome in arabo signi-fica “difensore della fede”. È un gruppo fondamen-talista formato da ribelli tuareg che hanno scelto di imbracciare Corano e Ka-lashnikov. Apparso sulla scena nel marzo del 2012, guidato con pugno di ferro dal feroce Iyad ag Ghaly, si batte per l’instaurazione della sharia nel nord del Mali, dove mantiene le sue basi, malgrado l’offensiva militare francese Serval.
Boko HaramAttivo dal 2002 nel nord-est della Nigeria, e nei vi-cini Camerun e Ciad, è uno dei più spietati gruppi terroristici, artefice di at-tentati, incursioni contro scuole, attacchi a chie-se cristiane e sequestri (clamoroso il rapimento di massa delle duecento studentesse nigeriane, lo scorso aprile). Il suo leader Abubakar Shekau è ritenu-to responsabile della morte di oltre quattromila civili. Si batte per l’imposizio-ne della sharia. Il termine Boko Haram significa “l’e-ducazione occidentale è sacrilega”.
Gruppo islamicomarocchino combattenteMovimento terroristico le-gato ad al-Qaeda, è autore di sanguinosi attentati: a Casablanca (2003), a Ma-drid (2004) e a Marrakech (aprile 2011). Tra i suoi
affiliati vi sono anche mi-liziani che hanno combat-tuto in Afghanistan.
Al-ShebaabQuesta organizzazione ambisce a instaurare in Somalia uno Stato islami-co. Da sei anni conduce attacchi contro il governo di Mogadiscio e le truppe dell’Unione Africana che lo sostengono. I suoi at-tentati sconfinano anche in Kenya e Uganda, dove frange autoctone fonda-mentaliste fiancheggiano la “guerra agli infedeli”.
SelekaFormazione ribelle di ma-trice fondamentalista, ha esportato la guerra san-ta “contro gli infedeli” in un Paese, la Repubbli-ca Centrafricana, dove musulmani e cristiani hanno storicamente con-vissuto senza problemi, e dove oggi si massacrano a vicenda.
UamshoGruppo separatista isla-mico originario dell’isola di Zanzibar (il suo nome significa “risveglio” in kiswahili), sta diffonden-dosi sulle coste della Tan-zania, dove i suoi discepoli predicano la violenza con-tro gli infedeli e incendia-no chiese cristiane.
AnsaruL’Avanguardia per la pro-tezione dei musulmani nell’Africa nera (Ansaru), specializzatasi nel seque-stro di stranieri occidentali (tra cui l’ingegnere italiano Silvano Trevisan, ucciso
a marzo 2013), condivi-de l’indole sanguinaria di Boko Haram, nel nord del-la Nigeria.
Ansar al-Sharia Dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, que-ste milizie salafite hanno preso il controllo della Ci-renaica, regione ricca di petrolio, potendo contare su grandi quantitativi di armi provenienti da Niger e Ciad.
Ansar al-IslamGruppo integralista nato nel 2011, all’indomani della caduta del regime di Ben Ali, artefice di nume-rosi attentati, può contare su centomila miliziani e su armamenti provenienti dalla Libia.
Jihad islamica egizianaOrganizzazione islamista ideatrice di feroci atten-tanti, è guidata dal medi-co egiziano al-Zawahiri, il capo di al-Qaeda succedu-to a Osama bin Laden. •
Dilaga in Africa la minaccia terroristica legata ai gruppi dell’islam radicale. Mentre dall’Iraq il califfo Abu Bakr al-Baghdadi esorta i discepoli di Bin Laden a unire le forze per «conquistare Roma e il mondo»
Ansar al-Sharia
Al Shebaab
Uamsho
MUSULMANI NEI PAESI AFRICANI
0-1 %1-25 %25-75%75/100%
società
La fabbrica delle
In Uganda, borse e braccialetti vengono prodotti con le ossa delle vacche
testo e foto di Damiano Rossi
20 africa · numero 5 · 2014
Un mondo di cornaLe corna sono un’appendice ossea, o di altro materiale, che assolve a varie funzioni: soprattutto comunicativa e di richiamo sessuale, ma anche difensiva. Le capre di montagna hanno corna corte e rivolte in avanti. Gli stambecchi, ritorte all’indietro. I cervi e le renne, lunghe e ramificate. Le gazzelle, piccole e appuntite. I bufali, grandi e curve. Anche alcuni insetti, come lo scarabeo rinoceronte, sono dotati di corni.
La fabbrica delle Dall’Equatore arriva una bella storia di succes-so. Ha per protagonisti tre brillanti imprendi-tori ugandesi: Charles Ggala, Florence Kata e
Issa Wamala. Due uomini e una donna che guida-no un piccolo impero economico fondato sulla lavo-razione delle corna di vacca. Si tratta di un’attività innovativa, lanciata pochi anni fa, che potrebbe diventare la vera arma vincente nei confronti del commercio illegale dell’avorio, contribuendo così, ogni anno, alla salvezza di centinaia di elefanti, le cui zanne, come sappiamo, sono utilizzate per pro-durre vari oggetti e soprammobili.
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Vacche a rischioI bovini di razza Ankole (chiamati anche Inyambo) sono allevati lungo il confine tra Uganda e Ruanda. Da queste vacche si ottiene sia carne che latte (quest’ultimo, ad alto contenuto di grassi, viene adoperato per preparare anche burro e yogurt). Anche il sangue è apprezzato dalle popolazioni locali: viene prelevato in piccole quantità dal collo di alcuni capi per preparare bevande energizzanti. Da secoli la vacca Ankole è la fonte primaria di reddito per almeno due milioni di allevatori. Tuttavia, oggi questa razza è a rischio di estinzione poiché i governi di Uganda e Ruanda promuovono la sua sostituzione con razze straniere, più produttive (ma anche più vulnerabili ai parassiti della zona).
bassissimo prezzo. «Pri-ma che arrivassimo noi, le corna venivano buttate e i mattatoi di Kampala do-vevano farsi carico anche dei costi di smaltimento». Oggi nulla viene più but-tato: dall’inizio alla fine del processo, ogni singo-lo pezzo di corna è usato per realizzare accessori di moda come braccialetti, orecchini, bottoni, anelli,
borse, oppure oggetti per la casa come posate, vasi, contenitori, porta candele. Gli scarti della lavorazione sono utilizzati per creare mangime per le galline e fertilizzante per i campi.I prodotti sono venduti in tutto il mondo: dall’Euro-pa a Hong Kong, dagli Sta-ti Uniti alla Corea del Sud. «Abbiamo in programma di allargarci con un nuovo
stabilimento», rivelano i dirigenti della Horn Pro-ducts Ltd. «Ma anche noi dobbiamo fare i conti con la concorrenza spietata dei cinesi, che vengono a Kampala per comprare il materiale grezzo e poi lo esportano in Oriente per farlo lavorare dove il costo del lavoro è più basso». La guerra delle corna è appe-na iniziata. •
renti sfumature di colore, garantendo così un prodot-to finito unico, originale e irripetibile nel suo genere.
Minaccia cinesePoiché in Uganda queste vacche sono allevate come carne da macello, non è stato difficile per Charles Ggala e i suoi soci recu-perare la materia prima di cui avevano bisogno, a
Quarantacinque straordinarie immagini scattate da grandi reporter per raccontare cosa accade in una giornatanel continente africano
La mostra fotografica è disponibile per esposizioni in tutta ItaliaPuò essere allestita in scuole, biblioteche, gallerie, parrocchie, centri culturaliInformazioni: [email protected] - tel. 036344726 cell. 3342440655Anteprima su: www.missionaridafrica.org
ONE DAY IN AFRICA
RICHIEDI LA NUOVA MOSTRA FOTOGRAFICA
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Il Sudafrica tentadi risolvere il problema
dei furti nei cimiteri
testo di Desmond Moodley
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“Riposa in pace”, c’è scritto sulle pietre tombali.
«Un’impresa, riposare! E chi ci riesce più?», sbotta Alan Buff, responsabile dei servizi cimiteriali del-la città di Johannesburg. «Oggi è diventato impos-sibile trovare un po’ di pace anche da morti. Col-
pa dei ladri di lapidi». Si intrufolano nei camposan-ti durante la notte e fanno incetta di marmi e graniti che poi rivendono impu-nemente ai loro complici: imprese edili e pompe fu-nebri. Un fenomeno di pro-porzioni inquietanti.«Solo nelle ultime due settimane nei cimiteri di
Avalon e West Park, due zone residenziali e tutto sommato sicure, sono spa-rite una ventina di lastre di pietra», racconta Mi-ster Buff. Che conferma: «I furti si susseguono da mesi a un ritmo impressio-nante… Colpa della crisi economica e della disoc-cupazione galoppante, ma
colpa anche della perdita di valori nella nostra socie-tà. I luoghi sacri che fino a ieri venivano considerati inviolabili oggi vengono profanati senza scrupoli da bande di criminali».
Allarme invisibile Il bottino? Soprattutto pietre sepolcrali, ma an-
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Spese (e funerali) folliIn Sudafrica onorare il caro estinto costa un patrimonio. Il prezzo di un funerale decoroso sfiora l’equivalente di 2mila euro: un salasso, se pensiamo che il reddito medio pro capite ammonta a meno di 10mila euro, una vera e propria follia, se consideriamo che il 60% della popolazione sopravvive con metà di quella somma. Inutile tentare di economizzare: le famiglie danno fondo ai risparmi, fanno mutui, si indebitano, ipotecano le case, pur di assicurare delle esequie all’altezza delle aspettative. «I condizionamenti della pressione sociale e la paura di ritorsioni ultraterrene spingono i famigliari a spendere cifre pazzesche», spiega il professor Michael Jindra, coautore del volume Funerals in Africa (University of Wisconsin-Madison, 2011). «Oltre a far fronte all’acquisto delle bare e degli addobbi, bisogna noleggiare il carro funebre e il tendone per accogliere il parentado, e offrire un
A Johannesburg i sepolcri sono profanatidai ladri di lapidi che fanno affari d’oro rivendendo lastre di granito e marmoa imprese edili e pompe funebri. Ma ora si è trovato (forse) il modo di fermare il saccheggio
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La storia di un’opera faraonica, costruita in epoca colonialedai portoghesi nella città di Beira, passata in sessant’annida residenza di lusso a riparo di fortuna per migliaia di poveri
testo di Raffaele Masto foto di Vlad Sokhin/Agentur Focus/LUZ
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Mozambico, gloria e declino del più grande albergo dell’Africa meridionale
Arrivare davanti al Grande Hotel Bei-ra è come fare un
salto nel passato. Si ha l’impressione di trovar-si davanti allo schele-tro di uno di quei mostri
preistorici conservati nei musei: enormemente più grandi dell’uomo, ep-pure innocui. Il Grande Hotel infatti è uno sche-letro spolpato a dovere, minuziosamente, un la-
voro scientifico, compiu-to da esperti. O meglio, da affamati cronici, da sottoalimentati atavici che hanno acquisito una professione che esercita-no con forme di eccellen-
za, ineguagliabili in altre parti del mondo.
Giovani abitanti Il Grande Hotel è una va-sta costruzione a cinque piani, che nelle intenzioni
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doveva essere intonata al bianco della città affac-ciata sull’oceano India-no, con una hall grande quanto una piazza d’armi dalla quale si dipartiva-no scaloni da teatro che salivano a spirale. Do-vevano essere un prelu-dio a tutti gli altri sfarzi: piscina, saloni, giardini, ristoranti; invece sono
diventati l’annuncio del degrado, della miseria, della promiscuità. Oggi negli ampi sottoscala di-venuti abitazioni ci sono bambini che giocano tra i rifiuti, anziani tisici con gli sguardi fissi nel vuo-to, uomini a torso nudo che dormono su stuoie consunte e donne che la-vorano: la più giovane,
appena un’adolescente, è incinta e stende pan-ni su una corda tesa tra i pilastri di cemento, an-neriti dai fuochi e sbrec-ciati dall’incuria di questi ospiti che il Grande Hotel Beira, quando fu costru-ito, non si immaginava certo di dover accogliere.
Progetto visionarioEra il 1954 quando ven-ne inaugurato. Per il Mozambico l’indipen-denza sarebbe arriva-ta solo vent’anni dopo. Il Grande Hotel Beira, dunque, fu l’opera di un colonialismo, quello por-toghese, di solito parco ed essenziale nella sua spietatezza, che solo qui si abbandonò ad una co-struzione faraonica, che lasciasse il segno. L’hotel era senza dubbio il più lussuoso, a quei tempi, di tutta l’Africa orientale. In stile Art Déco, aveva un immenso giardino sul re-tro che dava direttamen-te sulla costa e 120 stanze arredate con mobili d’e-poca, lampadari di pre-gio e quadri di un certo valore. A costruirlo fu la Companhia de Moçam-bique per conto del Porto-gallo, che intendeva fare di Beira il principale por-to dell’Africa orientale, data la collocazione stra-tegica della cittadina. Ser-viva cioè territori limitrofi che non avevano (e tutto-ra non hanno) accesso al mare: gli odierni Malawi, Zambia, Zimbabwe.
Nove anni di vitaNelle intenzioni, il Gran-de Hotel Beira doveva
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Il Grande Hotel Beira è il monumento simbolo di una storia travagliata e delle contraddizioni del miracolo economico mozambicano. Le sue stanze sfarzose sono state saccheggiate, spolpate minuziosamente di ogni arredo. È rimasto solo lo scheletro
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lo scatto testo di Ben Simon foto di Walter Astrada/Afp
la be nedizione
Un Bagisu, etnia maggioritaria nell’Uganda orientale, sputa in segno di benedizione un miscu-
glio di acqua e miglio sul viso di un giovane che si è appena sottoposto alla cerimonia della circoncisione. Questo rituale segna il passaggio degli adole-scenti all’età adulta: è importante che durante il taglio del prepuzio il giova-ne non mostri alcuna smorfia di dolo-re. Il ministero della Salute ugandese sta promuovendo una campagna a fa-vore della circoncisione maschile, in quanto sostiene - supportato dai risul-tati di vari studi clinici - che tale prati-ca riduca il rischio di contrarre l’Aids negli uomini eterosessuali.
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la be nedizioneafrica · numero 5 · 2014 39
copertina testo a cura della redazione foto di Per-Anders Pettersson/LUZ
Nel piccolo regno dello Swaziland si rinnova l’appuntamento con la controversa “danza delle vergini”
L a più bel la del reame
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Sono arrivate anche quest’anno da ogni parte del regno. Era-
no almeno cinquantami-la, dai dieci anni in su. Si sono radunate alla perife-ria di Mbabane, capitale dello Swaziland, sull’im-menso prato verde del pa-lazzo reale per rendere omaggio al loro sovrano. Così prevede il cerimonia-le dell’Umhlanga, meglio conosciuto come la Reed Dance, la Danza del Giun-co. Altrimenti chiamata la “danza delle vergini”.
Gara di bellezzaUn rituale che si rinnova da secoli ogni anno, a ca-vallo tra i mesi di agosto e settembre, dopo la fine della stagione invernale, quando le giovani suddite non ancora sposate por-tano in omaggio alla Re-gina Madre dei giunchi, lunghe canne di vimini, per ricostruire i recinti danneggiati dalle piogge. Per molte fanciulle, la ce-rimonia è l’occasione per mettersi in vista, esibire la propria bellezza e fem-
Come ogni anno, a settembre migliaia di giovani sfilano nei costumi della tradizione per omaggiare Re Mswati III, l’ultimo sovrano assoluto d’Africa.Che approfitta dell’occasioneper scegliersi l’ennesima moglie
L a più bel la del reame
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minilità, nella speranza di conquistare il cuore di Sua Maestà Mswati III. È in-fatti in questi giorni che il sovrano dello Swaziland, un regno grande come la Toscana e incastonato tra Sudafrica e Mozambico, si sceglie una nuova sposa.Il sovrano passa in rasse-gna migliaia di giovani illibate. Per non farsi scap-pare nemmeno una po-tenziale consorte, manda i cameraman della tivù di Stato tra le file di danzatri-ci e si gusta le loro grazie con calma nei mesi suc-cessivi. Avrà tutto il tempo per scegliersi la favorita.Come in un concorso di bellezza, le ragazze si pre-parano all’evento per ap-parire in splendida forma.Prima della cerimonia, con l’aiuto di amici e pa-renti si truccano e pettina-
no con una cura maniacale. Indossano gli abiti della tradizione: gonnelline di perline, drappi colorati che lasciano scoperto il seno, sonagli alle caviglie e piume rosse tra i capelli. Abbigliamento minimale, seducente quanto basta, comodo il più possibile.Il protocollo reale infatti prevede che le vergini sfi-lino a passo di danza e a petto nudo davanti al so-vrano. Allo scopo di cattu-rare il suo sguardo.
Potere assolutoDa quando è salito al tro-no nel 1986, Mswati III, oggi quarantacinquenne, ultimo sovrano assoluto d’Africa, ha già selezio-nato in questo modo quin-dici mogli (un dilettante, a confronto di suo padre Sobhuza II, al potere per
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Libertà negataNello Swaziland non esiste democrazia né libertà di espressione. I partiti politici non hanno alcun potere. Le elezioni sono una farsa e vengono periodicamente boicottate dall’opposizione. Negli ultimi anni, decine di giornalisti e attivisti dei diritti umani sono stati arrestati per aver osato criticare Mswati III, accusati di «alimentare sedizione e terrorismo». La scorsa estate quaranta organizzazioni non governative internazionali hanno firmato una lettera aperta al Re per chiedere che siano garantite le libertà fondamentali e rilasciati tutti i prigionieri politici.
copertina
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Paolo VI, destinazione mondodi G. Bernardelli e L.Rosoli
A ottobre sarà bea-tificato il Papa che incoraggiò le nuove frontiere della mis-sione. La sua Evan-gelii nuntiandi fu preceduta da viaggi nei cinque continen-ti. L’Africa vi tenne un posto d’elezione, avendo Montini invo-cato da Kampala «un cristianesimo africa-no». Continente che aveva conosciuto già da vescovo di Mila-no - primo cardinale europeo a toccarne il suolo.
Emi 2014,pp. 144, euro 14,00
libri di Pier Maria Mazzola
Matematica congolese
di In Koli Jean Bofane
Un Gran premio lette-rario dell’Africa nera (2009) assolutamen-te meritato. Un noir condotto con mano ferma, ambientato in una Kinshasa di-pinta a tratti vividi e con humour, dove «la Fame», ossia come farvi fronte, è copro-tagonista discreta e onnipresente. Un giovane con la passione della mate-matica - un “puro” al contempo ambizio-so - è convinto che i problemi, privati e politici, si possono ri-solvere con la giusta formula matematica o principio di fisica. Célio Matemona vie-ne così notato e ingag-giato dall’“Ufficio informazioni e pia-ni”, longa manus del potere per pilotare l’opinione pubblica nella transizione ver-so la democrazia (di facciata). “Matema-tik” ha un soprassalto di coscienza grazie all’incontro con il missionario che fu suo insegnante… Ma il romanzo non fini-sce qui!
66thand2nd 2014, pp. 247, euro 17,00
SENZA NOME DELL’AUTORE
Sostiene Sankara
Il Che Guevara africa-no (espressione sug-gestiva ma con tutte le riserve del caso) rimane il leader del continente nero più amato - Mandela a parte. Militare pacifi-sta (o quasi), golpista cui nessuno ha rim-proverato il putsch, difensore di uno svi-luppo “africano”, denunciatore dello schiavizzante debi-to estero, promotore del ruolo della don-na, integerrimo Capo di Stato del Burkina Faso, e per di più as-sassinato a nemme-no 40 anni, Thomas Sankara aveva tutte le carte in regola per entrare nella storia e subito nel mito.Il libro ripropone estratti dei suoi di-scorsi, brevi testi per capire meglio (di Ma-rinella Correggia, Sil-vestro Montanaro…) e «racconti disegnati di felicità rivoluzio-narie». Disegnati, in forma di fumetto, da diversi tra i migliori e più engagés autori del momento, da Mauro Biani a Kanjano.
BeccoGiallo 2014,pp. 144, euro 15,00
Amica miadi Mariama Bâ
Un libro che gli amici dell’Africa non pos-sono mancare - se si sono persi la prece-dente edizione italia-na del 1981 (intitolata Cuore africano) e non possono apprezzare l’originale in france-se (1979; ristampato fino ad oggi sotto il titolo Une si longue lettre).Questo romanzo in forma di lettera è il primo di autrice afri-cana ad affrontare criticamente la con-dizione femminile. Ramatoulaye, un’in-segnante senegalese, moglie di un uomo che dopo dodici figli si è preso una secon-da sposa, è ora ve-dova. Nei giorni del lutto stretto confida per iscritto all’amica del cuore - emigrata negli Usa dopo il di-vorzio - i pensieri che le sgorgano in cuore. Un flusso di ricor-di e riflessioni sulla famiglia e la società (politica e religione comprese), che ne fanno un caposaldo per il femminismo africano.
Modu Modu Edizioni, 2013, pp. 128, euro 9,00
Correre la vitadi Gabriele Rosa
Se la maratona è la regina dell’atletica, Gabriele Rosa è il suo profeta. Dal suo Centro Marathon di Brescia, il primo del genere nato in Italia, ai training camps in Kenya, il dottor Rosa si è rivelato un alle-natore di prima gran-dezza.Non è un caso che si vedano sempre più keniani sul podio. È vero, «noi non abbia-mo lo scuolabus e per gioco corriamo per andare alle lezioni», racconta Margaret Okayo (due marato-ne di New York, di cui tuttora detiene il re-cord femminile, sen-za contare Boston, Londra e Milano…), ma non è questione solo di “razza” o di condizioni ambienta-li. In Africa, il coach ha scoperto, e sapu-to valorizzare, una enorme motivazione e autodisciplina. Que-sto vivace libro ce lo racconta anche trami-te molte pagine di te-stimonianza in prima persona dei campioni del team Rosa.
Il Melangolo 2014,pp. 334, euro 24,00
EFFIMERA LIBERTÀIl terzo libro in pochi anni è una bella conferma per la italo-mozambicana Amilca Ismael. È la storia di un’avvenente ragazza che lascia il suo villaggio in Africa per l’Italia, dietro la promessa di una vita migliore. Finirà in un giro di pedofilia e prostituzione. Uno sguardo impietoso sullo sfruttamento sessuale in 140 pagine e per 10 euro. Il blog è: http://amilcaismael.wordpress.com
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OCUPAITRAQUITANA DISCOS
È una banda brasiliana che propone un misto di musica africana, brasiliana, latina e jazz. Nata nel 2010, ha preso il nome da dove ha iniziato a lavorare: studio Traquitana, nel barrio Bixiga di San Paolo. È evidente l’influenza di origine africana per i suoni della musica delle religioni afro-brasiliane e per i riferimenti a Fela Kuti, a Mulatu Astatke e alla musica malinké.
musica di Claudio Agostoni
SAWTUHAJAKARTA RECORDSSawtuha in arabo significa “la sua voce”. Splendido titolo per una raccolta dove nove musiciste provenienti da Libia, Tunisia ed Egitto, reagendo all’evolversi violento e repressivo delle primavere arabe, cantano contro la corruzione, le dittature, la mancanza di apertura mentale e culturale. Un lavoro realizzato grazie alla produzione di Media in Cooperation and Transition, una ONG berlinese. La copertina dell’album esplicita con chiarezza il perché di questo lavoro: una motocicletta, cavalcata da una piramide di uomini e donne, si dirige spedita seguendo un cartello su cui in arabo è scritto Hooriya, libertà. Musicalmente è un mix di musiche arabe tradizionali, di echi delle culture musicali delle nazioni da cui arrivano le nove musiciste, ma anche di varie forme e generi di musiche occidentali.
OLÀ CABO VERDELUSAFRICAL’estate è ormai un ricordo, ma questo cd è utile per non dimenticarne gli afrori. 18 canzoni per una compilation che inanella i successi partoriti su quei dieci pezzetti di ostinata aridità che i cartografi chiamano Isole di Capo Verde. Ci sono i mostri sacri, come Cesaria Evora che duetta con Lura e Teofilo Chantre. Miti del passato come i Bulimundo, ma anche le nuove star dell’arcipelago, come Dino d’Santiago, Tcheka e Neuza. Settantotto minuti spalmati in un mosaico che ci fa intuire la ricchezza musicale dei suoni che maturano sull’arcipelago. Canzoni languide, pregne di saudade, gelatinosa nostalgia per una terra sempre lontana. 18 canzoni senza tempo che galleggiano sui fumi dei club di Mindelo e Praia.
AFRICAN HUSTLECARAVAN RECORDSSi può essere una star della musica africana anche se bianchi e nati in Danimarca? La conferma ce la dà un giovanotto danese che, dopo aver passato gran parte della sua giovinezza in Africa, ha deciso di abiurare il nome che aveva sul passaporto per trasformarsi in Mzungu Kichaa, letteralmente “pazzo uomo bianco”. Oggi, in East Africa, è una vera e propria star, anche perché nel 2010, con il brano Jitolee, ha vinto Bongo Star Search, l’equivalente tanzaniano di X-Factor. Il suo genere musicale è il Bongo Flava, una miscela di reggae, rap, afrofusion e musica tradizionale tanzaniana. La cosa che ha dell’incredibile, è che con Hustle, il suo lavoro del 2012, ha persino ricevuto una nomination ai Danish Music Awards. Un buon modo per conoscerlo è ascoltarlo mentre duetta con la vocalist kenyota Dela.
IL VIDEO DEL MESEIl video del mese: La Guinée di Moh Kouyatéyoutube.com/watch?v=JQ_j4JO3EaY#t=238: una semplice chitarra acustica, suonata in un angolo della strada, con alle sue spalle scene di vita quotidiana. Sono le immagini del video di questo griot mandingo dalla chitarra bluesy. Le sue canzoni evocano un’Africa affascinante e moderna, che Moh ha imparato a raccontare dopo aver suonato con artisti come il grande jazz man guineiano Mömö Wandel Soumah e il percussionista Tony Allen.
cultura
niana. In gioventù ha studiato a Milano e Pa-rigi per coltivare la sua grande passione: il te-atro. Oggi è il direttore degli studi dell’Ecole de théâtre du Cfrav. «Il Bur-kina Faso ha una grande tradizione e vocazione te-atrale», spiega. «Ci sono attori e registi di altis-simo livello e circa due-cento compagnie attive, alcune delle quali ten-gono coi loro spettacoli tournée internazionali». Luca non si è certo ar-ricchito scegliendo di la-vorare a Ouagadougou. «Non ho rimpianti», as-sicura. «Non mi manca
Stregati daOuagadougouLa seconda vita degli italiani in Burkina Faso
Diff icile contarli. Vanno e vengono come nomadi del
Sahara. Qualcuno decide di fermarsi: in genere per lavoro o per amore. Op-pure per fuggire: da un matrimonio fallito, dalle ombre del passato, dalla crisi economica. Sono gli italiani che hanno deciso di vivere in Burkina Faso. Nulla a che vedere coi connazionali ammala-ti di esotismo che hanno preso casa a Sharm el-Sheikh (Egitto), Malindi (Kenya) o Nosy Be (Ma-dagascar). Nella città di Ouagadougou, la capitale del Burkina, c’è solo un
È la capitale di uno dei Paesi più poveri dell’Africa. Non sembra avere grandi attrattive. Eppure è la meta prediletta di molti nostri connazionali che qui hanno deciso di rifarsi una vita
nulla di davvero impor-tante. Sono felice di ciò che faccio. Ho ritrovato i valori semplici e genuini vissuti nella mia infanzia in un paese della Tosca-na. La saggezza del popo-lo burkinabé non finisce di stupirmi e di arricchir-mi. La gente vive giorno per giorno. Senza ango-sciarsi per le incognite e le difficoltà. I giovani non hanno paura del domani. Hanno entusiasmo, co-raggio, intraprendenza. Mentre in Europa preva-le il timore di non farce-la, la frustrazione di non riuscire più a inventarsi il futuro».
di Marco Trovato
mare di sabbia traspor-tata dalle folate dell’har-mattan. Niente spiagge dorate, palme da cocco, safari in savane brulican-ti di animali selvaggi. Chi sceglie di trasferirsi qui, nel cuore del Sahel, in uno dei Paesi più poveri dell’Africa, cerca ben al-tro: per esempio, un po-polo ospitale, sorridente e fiero… capace di conqui-stare chiunque con la sua cordialità.
Il teatranteLuca Fusi, 41 anni, ori-gini senesi, vive a Ouaga-dougou con la famiglia: due figli e la moglie ke-
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Stregati daOuagadougouLa seconda vita degli italiani in Burkina Faso
TACCUINO Burkina Faso, ex Alto Volta,indipendente dalla Francia dal 1960
Popolazione 18 milioniEtnie circa 40 (Mossi 40%; seguiti da Gurunsi, Senufo, Lobi, Bobo, Mande, Fulani)Età media 17 anniCapitale Ouagadougou (2 milioni e mezzo di abitanti)Presidente Blaise Compaoré (dal 1987)Lingua ufficiale FranceseReligione 50% musulmani 30% cristiani 20% religioni tradizionaliMalnutrizione infantile 26%Alfabetizzazione 29%Crescita del Pil 8%Popolazione povera 46% Occupazione 90% in agricoltura di sussistenza (cotone, arachidi, sesamo, sorgo, miglio, mais, riso, noci di karité)Esportazioni oro, cotone
Luca Fusi, 41 anni, origini senesi, nel cortile dell’Espace
Culturel Gambidi di Ouagadougou, dove ha sede la
scuola di teatro di cui è direttore
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La locandieraPer incontrare gli italia-ni che abitano in Burkina bisogna recarsi alla Mai-son d’hôtes chez Giuliana, aperta pochi anni fa nel-la capitale Ouagadougou da Giuliana Dacasto, 71 anni, un’altra piemontese trapiantata in Africa Occi-dentale. È una sorta di am-basciata informale d’Italia: la gran parte dei connazio-nali espatriati, appena può, passa da qui, anche solo per sorseggiare una birra ghiacciata sulla terrazza panoramica.«L’ho inaugurata cinque anni fa, non appena ho rag-giunto l’età pensionabile», racconta Giuliana. «Per una vita ho prodotto pel-licce nella mia pelletteria di Cuneo. Poi è subentra-ta la crisi, la stanchezza e la vecchiaia. In Europa quando compi 65 anni sei considerato una perso-na da rottamare, nessuno apprezza ciò che sai fare e che potresti insegnare. Dopo una vita di sacrifici ho chiuso l’attività. In cam-bio ho ottenuto una pen-
sione di 800 euro al mese. Con quei soldi in Italia non avrei potuto avere una vita serena. Sono rimasta ve-dova. Nel 2004 ho preso casa in Burkina, un Paese che già avevo visitato anni prima per un progetto di cooperazione promosso dalla Confartigianato. Ho pensato di aprire un bed and breakfast. I miei due figli mi danno una mano. L’idea funziona. Ho ritro-vato il sorriso, la tranquil-lità, la voglia di vivere. Qui la persona anziana viene apprezzata e valorizzata. Dell’Italia mi mancano il fresco, la neve, la carne cruda. Poco altro. Non vo-glio più andarmene».
Il macellaio in pensioneIl pioniere degli italiani in Burkina ha la barba bian-ca di un vecchio marinaio, un sorriso affabile, occhi che brillano come diaman-ti. Riccardo Levrani, 71 anni, piemontese, arrivò qui nel 1974 inviato dal-la Comunità europea in qualità di esperto di carni. Avrebbe dovuto fermarsi
qualche mese per realizza-re un grande macello. Non se n’è più andato. «In Italia la mia ex moglie mi ha por-tato via tutto ciò che posse-devo», racconta divertito. «Qui vivo da signore con una pensione da 650 euro al mese. Abito in una vil-la con giardino, possiedo due auto, ogni tanto vado a caccia nella savana. Uni-
co cruccio: non posso per-mettermi di mangiare cibo italiano d’importazione. Costa troppo».Tanti anni d’Africa gli hanno procurato qualche malanno: malaria, febbre dengue, problemi a una gamba. «La salute non è più quella di una volta, ma la testa è ancora attiva. Sono sereno e soddisfatto.
cultura
«Qui c’è lavoro» Davide Cucciola, 36 anni, è arrivato un paio di anni fa da Vercelli. In Burkina Faso ha trovato impiego in una ditta di costruzioni italo-ghanese. «Ho sempre lavorato nel settore edilizio», racconta. «Ma la crisi del mattone in Italia ha messo in ginocchio la gran parte delle imprese. Qui il lavoro non manca, anzi si fatica a stare dietro a ciò che c’è da fare. Ho molti amici ed ex colleghi italiani che stanno pensando di raggiungermi. In Italia hanno perso la speranza».Claudio Osio, 57 anni, bresciano doc, ha aperto a Ouagadougou un’impresa di componentistica per macchine agricoli e industriali. «Qui posso abbattere i costi di produzione per sfidare la concorrenza indiana e cinese. Il Burkina, Paese stabile e sicuro, ha una posizione strategica per raggiungere tutto il Sahel. In Italia sto reclutando dei migranti burkinabé interessati a tornare nel loro Paese per collaborare all’impresa. Il futuro dell’economia è qui».
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ACROBAZIEa Nairobi
Visita all’accademiadel Mighty Jambo Circus
In un malfamato quartiere della capitale del Kenya decine di giovani imparano ogni giorno
i segreti delle arti circensi. Per cercare di sfuggire alla povertà e alla violenza
cultura testo di Michele Vollaro foto di Jennifer Huxta/AFP
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«Q uello del circo è un linguaggio universale e il
nostro obiettivo qui è tra-smettere ai ragazzi più gio-vani che vivono negli slum di Nairobi la passione per quest’arte e al tempo stes-so una professionalità». Utilizza queste parole, Er-nest Dindy, per descrivere le attività del Mighty Jam-bo Circus, un’associazione che si occupa di insegnare le tecniche della giocoleria e dell’acrobatica nei quar-tieri più disagiati della ca-
pitale keniana. Quando nel 2009 Ernest e suo fratello John decisero di comincia-re, la loro fu effettivamente una scommessa al buio: il circo di strada, la gioco-leria, l’acrobatica spesso vengono considerate poco più di giochi per bambini, ma i ragazzi che hanno at-traversato la palestra del Mighty Jambo presenta-no oggi i loro spettacoli in giro per il mondo.
Insegnanti volontariGrazie al sostegno di al-
cuni donatori e all’inte-ressamento anche delle autorità locali, è stata crea-ta un’accademia dove ogni anno una ventina di giova-ni artisti imparano le basi dell’arte circense. La scuo-la si trova a Githurai 44, una delle tante bidonville che circondano Nairobi. Qui, in un capannone di un migliaio di metri qua-drati con una palestra al-lestita alla bell’e meglio, Magdalene e Zacharia si rincorrono in cerchio sul monociclo lanciando con-
Gli studenti provano i loro esercizi acrobatici al Mighty Jambo Circus. L’accademia
circense, situata nel pericoloso slum di Githurai, garantisce agli allievi lezioni
gratuite, vitto e alloggio
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temporaneamente alcu-ne clavette in aria, mentre Anita si mantiene in equi-librio su un cilindro di me-tallo destreggiandosi con anelli e hula hoop. Loro tre sono tra gli studenti che hanno superato le audizio-ni, ottenendo così la borsa di studio per partecipare ai corsi. Gli insegnanti, che partecipano tutti su base volontaria, sono profes-sionisti keniani oppure
cultura
giocolieri di fama interna-zionale che vengono qui per cercare nuovi talenti e insegnare i trucchi del me-stiere ai giovani allievi.
Lontano dalla stradaCon il tempo, le attività del Mighty Jambo Cir-cus si sono estese anche al di fuori della palestra, coinvolgendo sempre più persone. Ernest è parti-colarmente orgoglioso dei seminari organizzati presso le scuole primarie e secondarie di Nairobi. «Sono gli stessi studenti dell’accademia a tenerli: in quei giorni vanno nelle aule e insegnano ai bam-bini», racconta Ernest. «In questo modo, non solo mettono in pratica gli esercizi che hanno im-parato, ma si confrontano anche con la difficoltà di
insegnare qualcosa agli altri».È in questo modo che l’accademia di Githurai è diventata un centro fonda-mentale per la vita dell’in-tero slum, dove i ragazzi e i bambini scelgono di passare il pomeriggio al-lenandosi o anche sem-plicemente guardando le evoluzioni di quelli più grandi e più bravi, anziché bighellonare senza una meta per le strade polve-rose in mezzo al traffico e alle gang criminali che spacciano e fanno rapine.
Problemi con la polizia«Certo, all’inizio non è stato affatto facile farci accettare dalla gente del quartiere», ricorda ancora Ernest. «Quando comin-ciammo, per esempio, era passato poco tempo dal-
La palestra è aperta per chiunque voglia allenarsi. L’obiettivo è offrire anche agli artisti di strada o agli appassionati di giocoleria uno spazio dove trovare qualcuno più esperto a cui chiedere consiglio. «È un errore pensare che la giocoleria o il circo acrobatico siano un gioco», spiega Ernest Dindy, ideatore del Mighty Jambo Circus. «I nostri allievi devono affrontare un duro esercizio fisico e i pericoli legati alle evoluzioni»
LA MIGHTY JAMBO CIRCUS ACADEMY
Githurai è un quartiere residenziale appena fuori Nairobi, in Kenya. La metà della popolazione (circa 320.000) vive al di sotto della soglia di povertà. Qui, molte famiglie non possono permettersi di pagare le tas-se scolastiche per i loro figli. Il progetto Mighty Jambo Circo Academy è nato proprio con lo scopo di offrire una formazione professionale a bambini e ragazzi, fornendo loro vitto e alloggio per due anni e la possi-bilità di un lavoro dignitoso per tutta la vita. È uno di tanti progetti che sfruttano lo sport e l’arte per rieducare chi ha subito traumi a causa della violenza della guerra o della logorante miseria quotidiana.
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Wa BolbatangaKorhogo
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Bata
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Pointe-Noire
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Cabinda(Angola)
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AbéchéKeren
Teseney
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TRIPOLI
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MAPUTO
WINDHOEK
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ABUJA
BRAZZAVILLE
BLOEMFONTEIN
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DODOMA
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TUNISI
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KIGALI
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DAKAR
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PRETORIA
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MORONI
PRAIA
PORT-LOUIS
VICTORIA
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SENEGALSENEGAL
GAMBIAGAMBIA
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MAURITANIAMAURITANIA
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SAHARAOCCIDENTALE LIBIALIBIA
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OCEANO INDIANO
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Kenya 5.199 m
Ras Dascian 4.549 m
Elgon4.321 m
Stanley5.109 m
Karisimbi4.507 m
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È ARRIVATO IL POS TER DELL’AFRICACITTÀ-OASI DI GHARDAIA
PIRAMIDI DELLA NUBIA
MASCHERE FACCIALI MUSIRO
CERCATORI DI DIAMANTI
CHIESE RUPRESTRI DI LALIBELA
LEONI DEL KRUGER PARK
60 africa · numero 5 · 2014
storia
Kinshasa, 30 ottobre 1974: il combattimento che ha fatto la storia della boxe
Quella magica notte di pugni
«Ali bomaye, Ali bomaye, Ali bomaye». Il frastuono della folla riecheggia come un tuo-
no terrificante che scuote il ring dove Muhammad Ali ha appena rifilato un micidiale colpo a George Foreman. «Ali, uccidilo», gridano i centomila spettatori accalcati sulle gradinate. È l’alba del 30 ottobre 1974. Nel cuore dell’Africa si combatte il “match del millennio”.
Alba sullo ZaireIl sole è spuntato da poco e lo stadio di Kinshasa è una bolgia che trasuda sudore e passione. All’ottavo round, il campione in carica dei pesi massi-mi Foreman - un gigante granitico che fino a quel momento sembrava aver in pugno l’incontro - subisce dallo sfi-dante Ali un gancio sinistro che gli fa alzare la testa, seguito da un tremendo diretto che lo colpisce in pieno volto. Foreman indietreggia, barcolla, ten-ta disperatamente di stare in piedi.
di Marco Trovato
africa · numero 5 · 2014 61
Kinshasa, 30 ottobre 1974: il combattimento che ha fatto la storia della boxe
Quella magica notte di pugni
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sport
Mister BMXÈ il beniamino dei giovani sportivi sudafricani. Come,
per noi, Valentino Rossi o Mario Balotelli. Ma il ventisettenne Sifiso Nhlapo, cresciuto a Soweto, non
corre in moto né gioca a pallone. Lui è il pluricampione africano di BMX, una spettacolare disciplina ciclistica praticata su biciclette monomarcia - piuttosto piccole e leggere, ma solide - con cui si percorrono circuiti di gara caratterizzati da dossi, curve paraboliche e altri ostaco-li simili a quelli dei tracciati da motocross. Sziko, come viene chiamato dai suoi fan, ha dovuto lottare contro la sfortuna e gli infortuni che avevano minacciato la sua carriera, ma è riuscito ad approdare alle Olimpiadi di Pechino e di Londra, e oggi viene considerato un fuoriclasse assoluto del ciclismo estremo. «Ho cominciato a praticare questo sport all’età di tredi-ci anni. Prima di allora usavo la bici solo per rag-giungere la scuola, poiché nel mio quartiere non esistevano trasporti pubblici. Un giorno, un amico mi ha invitato a provare la sua BMX. In quel mo-mento ho capito di essere nato per guidare questo mezzo. La mia famiglia ha fatto grandi sacrifici per
permettermi di coltivare questa passione, ma oggi sono orgoglioso di poterli aiutare con i soldi
che guadagno grazie alle vittorie e agli spon-sor. Per un ragazzo come me, nato tra le
baracche di Soweto, trovarsi in vetta al mondo dello sport è come vivere un sogno». •
In Sudafrica il giovane Sifiso Nhlapo, cresciuto a Soweto,ha spiccato il volo in sella alla sua bicicletta con cui corre- più forte di tutti - su circuiti mozzafiato
testo di James Nkosi Sithole
Campioneeritreo su stradaSe il sudafricano Sifiso Nhlapo non ha rivali sui circuiti sterrati, il più forte ciclista di strada dell’Africa si chiama Natnael Berhane, ha ventitre anni e proviene da Asmara, Eritrea. Nella sua bacheca espone decine di trofei e riconoscimenti prestigiosi, come le due medaglie d’oro vinte nel 2011 ai campionati africani di ciclismo. Nel 2013 è stato eletto “africano sportivo dell’anno”. Poco dopo è stato ingaggiato dal team francese Europcar. Quest’anno ha trionfato al prestigioso e massacrante Tour del Gabon: primo vincitore nero nella storia di questa competizione, meglio conosciuta come Tropicale Amissa Bongo.
viaggi
Locomotive a vapore, carrozze in legno, vecchie
stazioni coloniali. E paesaggi superbi attraversati solo dai binari. Il fascino di un viaggio
d’altri tempi sulle ferrovie dell’Africa australe
testo di Morgan Klingiel
In viaggio su sfarzosi treni d’epoca alla scoperta del Sudafrica
66 africa · numero 5 · 2014
africa · numero 5 · 2014 67
Ci sono angoli dell’A-frica australe che non si possono visitare al
volante di un’auto. Vanno goduti dal finestrino di un treno. Santuari della na-tura inviolati dall’asfalto, fiumi sonnacchiosi, casca-te spumeggianti, savane sterminate, villaggi soli-tari e antiche stazioni co-loniali. Per scovare queste lande remote non resta che percorrere il fitto reticolo di binari che si dirama in ogni provincia del Suda-frica, da Città del Capo a Johannesburg. Migliaia di chilometri di rotaie, posate tra fine Ottocento e inizio Novecento dai coloniz-zatori europei per pene-trare nel cuore segreto del continente (e depredarne le ricchezze). Oggi la rete ferroviaria sudafricana rappresenta una via privi-legiata per chiunque desi-deri raggiungere bellezze appartate e selvagge, spo-standosi in totale serenità
tra le principali città del Paese, cullati dal ritmo di vecchie locomotive a va-pore. Non resta che sce-gliere il proprio viaggio su rotaia.
Lusso assoluto Il treno più lussuoso di tutti è il Rovos Rail, un convo-glio esclusivo che abbina itinerari di grande sugge-stione a carrozze di pregio assoluto. A disposizione dei passeggeri, ampie suite
Ferrovieri in pensioneTrent’anni fa, a Durban, un gruppo di ex ferrovieri e appassionati di treni co-minciò a sistemare loco-motrici d’epoca e carrozze in disuso. Nacque così la Umgeni Steam Railway, un’organizzazione senza scopo di lucro gestita da volontari che ancora oggi fanno correre piccoli treni a vapore nella regione del KwaZulu-Natal. I convo-gli viaggiano l’ultima do-menica di ogni mese tra le vecchie stazioni coloniali di Kloof e Inchanga (co-struite nel 1895) lungo una valle pittoresca domina-ta da mille colline. www.umgenisteamrailway.co.za
I colori dell’arcobalenoIl treno turistico Shosho-loza Meyl, gestito dalla so-cietà ferroviaria Spoornet, collega le principali città del Sudafrica e percorre il cuore della nazione arco-baleno lungo le direttrici
arredate in stile coloniale e un ristorante di charme rifornito dai migliori chef. Il treno parte da Pretoria e fa regolare tappa a Città del Capo e Durban. Trai-nato da vecchi locomotori a carbone o gasolio, rag-giunge le cascate Victoria (in Zimbabwe), il Patco nazionale Kruger (in Su-dafrica), Dar es Salaam (in Tanzania), il deserto del Namib (in Namibia). www.rovos.com
africa · numero 5 · 2014 69
Choo-Tjoe, un pittoresco treno a vapore in funzio-ne dal 1928. Ogni giorno sbuffa per 67 chilometri, tra pascoli e campagne, fino a raggiungere la città di Knysna, a pochi passi dalle onde spumeggian-ti dell’oceano Indiano. Il viaggio è percorso in circa tre ore e mezza: il tempo giusto per godersi il pano-rama, scattare delle foto e sorseggiare un cocktail fresco. È necessario pre-notare. www.outeniquachootjoe.co.za
Apple ExpressDa Port Elizabeth que-sto treno turistico a vapo-
re effettua una corsa fino alla località di Rhornhill, con una fermata di due ore per il braai (il tradizionale picnic sudafricano a base di carne arrostita sul bar-becue). Il convoglio attra-versa una zona di frutteti (da qui il nome di “Treno delle mele”), prima di iner-picarsi sui verdi monti Ba-viaanskloof, dove supera il ponte ferroviario a scarta-mento ridotto più alto del mondo (77,4 metri).Le carrozze in legno han-no più di cent’anni, come del resto i binari della fer-rovia: attualmente i viaggi sono sospesi per lavori di manutenzione.www.apple-express.co.za •
TRENI MODERNI Andate di fretta? Non amate il fumo delle vecchie locomotive? In Sudafrica potete viaggiare su comodi e moderni convogli ferrovia-ri. Veloci e puntuali. Come l’Orange Express, che collega Città del Capo a Durban (via Kimberley); il Diamond Espress (Pretoria-Blo-emfontein); il Trans-Natal (Durban-Johannesburg); l’Amatola (Jo-hannesburg-East London); l’Algoa (Johannesurb-Port Elizabeth) e il Trans-Karoo (Città del Capo-Johannesburg).Info su orari e costi: www.spoornet.co.za
70 africa · numero 5 · 2014
chiesa
Niger-Benin, il lungo viaggio della speranza verso l’ospedaledi fra Fiorenzo
testo di Anna Pozzi foto di Bruno Zanzottera
In pellegrinaggiodal frate-dottore
In pellegrinaggiodal frate-dottore
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72 africa · numero 5 · 2014
«Caro Florent, ti af-fido questo ma-lato. Sappi che
venerdì pregheremo per te in moschea». Il desti-natario della lettera è fra Fiorenzo Priuli, frate-me-dico dei Fatebenefratelli, che vive e opera da oltre quarant’anni nell’ospe-dale Saint-Jean de Dieu di Tanguiéta, nel nord del Benin. Il mittente della missiva è Moussa Abouba-kar Hassouni Kiota, guida spirituale della confrater-nita musulmana della Ti-janiyya, Grande Califfo di Kiota, una cittadina del sud del Niger. Tra il fra-te cristiano e il dignita-rio islamico ci sono quasi settecento chilometri di strada: la stessa distanza percorsa da centinaia di malati di Kiota che intra-prendono un viaggio della speranza per farsi curare dal medico-missionario di Tanguiéta.
La strana coppia«Tutti arrivano con una let-tera di accompagnamento che il califfo fa scrivere a una persona di fiducia», racconta fra Fiorenzo ag-girandosi nel suo ospeda-le, che oggi è un punto di riferimento per tutta la re-gione. «Il pellegrinaggio dei pazienti musulmani è cominciato circa trent’an-ni fa. A quel tempo, un malato arrivato da Kiota è guarito qui in ospedale. Rientrando, ne ha parlato con il grande marabutto, che ha cominciato a man-darmi regolarmente altri malati. Ciascuno, da allo-ra sino ad oggi, arriva con un messaggio scritto in cui viene descritto somma-riamente il problema e mi viene affidato il paziente. La lettera termina imman-cabilmente con il ricordo nella preghiera».Si illumina fra Fiorenzo quando racconta di questa “strana” amicizia, consoli-data da un unico incontro personale. «Non dimenti-cherò mai la visita che ho fatto alcuni anni fa al ca-liffo di Kiota», ricorda fra Fiorenzo. «Mi sono pre-sentato in maniera molto discreta e ho trovato l’ac-coglienza di un Presidente!
Da quarant’anni un frate-medicoitaliano cura gli ammalati
in un ospedale nel nord del Benin.Tra i suoi pazienti ci sono molti
musulmani provenienti da una lontana cittàdel Niger, inviati dal grande califfo…
chiesa
Tanguiéta
KiotaFada-
Ngourma
Dall’alto al basso: il califfo di Kiota, in Niger, prepara la lettera per fra Fiorenzo che illustra i problemi dei malati che gli invia; il lungo viaggio inizia nel cuore della notte; a bordo dell’auto, due malati accompagnati da un’assistente
76 africa · numero 5 · 2014
contagiati dal virus sono migliaia. Le autorità am-mettono di non conoscere l’entità esatta della pande-mia. Medici Senza Fron-tiere ha lanciato l’allarme cinque mesi fa: inascoltato. L’Organizzazione Mondia-le della Sanità è intervenuta in ritardo e ora somministra (sperimenta) dei farmaci di cui non si conosco i bene-fici e gli effetti collaterali. Ammettiamolo: se Ebola fosse scoppiata in Europa o Stati Uniti la comunità internazionale e i colossi farmaceutici si sarebbero attivati subito. Avremmo già trovato vaccini e farma-ci efficaci. Ma è scoppiata in Africa, dove i morti non fanno notizia. Se ora l’Oc-cidente si sta mobilitando è solo perché teme che l’e-pidemia possa contagiare anche il nord del mondo. Dovremmo vergognarci…
Matteo Briganti, Ferrara
Fuga dal paradiso swahiliBello il servizio di coperti-na dell’ultimo numero, de-dicato all’anima segreta di Zanzibar. Grazie davvero per le belle foto e le infor-mazioni, mai scontate, che avete fornito. Amo la cultu-ra swahili e appena posso mi regalo un viaggio sulle coste della Tanzania e del Kenya. Oggi questo para-diso è stato rovinato dalla minaccia terroristica: lo di-mostrano i recenti attacchi ai resort turistici condotti dai miliziani fondamentali-sti. Mi chiedo quando potrò tornare a riapprezzare quei luoghi entrati nel mio cuo-re, che un tempo mi infon-devano serenità…
Liliana Isoloni, Varese
La vergogna di EbolaL’epidemia di Ebola è or-mai fuori controllo in Africa occidentale. I mor-ti si contano a centinaia, i
Esseri diaboliciSono un cattolico prati-cante, ho cinquant’anni, mi sono sempre conside-rato un moderato… Ma da oggi non lo sono più. Ho visto in tv e su Internet le immagini dei miliziani jihadisti che in Iraq e Si-ria rastrellano i villaggi e uccidono i civili conside-rati “infedeli”. Donne, vec-chi, bambini e ragazzini massacrati senza pietà: un colpo in testa, una raffica di mitra, sepolti o brucia-ti vivi. Stesse scene viste in molte parti del mondo, anche in Africa. Mi chie-do: ma sono uomini questi fanatici islamici? Secondo me, non sono uomini: sono esseri diabolici.
Giuseppe Trovati,Catania
Origine dell’infibulazioneHo letto con interesse sull’ultimo numero di Afri-ca la storia della Figlia ribelle dei Masai che por-ta avanti una coraggiosa battaglia contro le mutila-zioni genitali femminili. Pensavo che questa barba-ra tradizione fosse legata a qualche cultura tribale o alla religione islamica. Ma ho dovuto ricreder-mi quando ho appreso che essa è diffusa anche nel-la cristianissima Etiopia. Pare anzi che il termine “infibulazione” derivi da una spilla chiamata fibula usata nell’antichità dai pre-toriani romani...
Alessio Fortunati,Napoli
Angeli del mare«Decine di milioni di euro buttati nel nulla»: così il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, de-finisce la missione (senza aiuti dall’Europa!) nelle operazioni di supporto ai migranti, che rischiano la vita nel tentativo di rag-giungere il nostro Paese. Vorrei fare presente all’il-lustre leghista che quel “nulla” di cui parla sono in realtà migliaia di per-sone - donne, bambini.. Sono stufa dei politici che strumentalizzano l’immi-grazione per accrescere il consenso. Chi fugge dalla propria terra e rischia la propria vita è un disperato e va aiutato. Come italiana sono orgogliosa della mis-sione Mare Nostrum (che verrà sostituita da Frontex Plus) e dei nostri “angeli del mare”.
Elena Baioni, Firenze
togu na - la casa della parola a cura della redazione
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L’Africa come non l’avete mai vista
www.missionaridafrica.org [email protected]
www.missionaridafrica.orgn. 5 settembre . ottobre 2015
padri bianchi . missionari d’africa
Conoscere il passato per meglio vivere il presente
a cura di Paolo Costantini
africa · numero 5· 2014 77
Mali: un centro fondato e diretto dai Padri Bianchi per salvaguardareculture e tradizionie aprire al dialogo
Spesso e volentieri i missionari vengono accusati di aver distrutto - nel loro zelo di convertire gli “infedeli” - tante culture an-cestrali. Ed effettivamente è successo in varie circostanze, specialmente davanti a riti e tradizioni che, diremmo oggi, non rispettavano i diritti della persona. Ci si dimentica però di una cosa. Ed è che il missionario, dovendo vivere assieme alla gente e comunicare con le persone, deve studiarne la lingua ed assimilarne la cultura. È quello che, in gergo, si chiama inculturazione.In questa inculturazione, molti missionari sono rimasti affascinati dalle persone che hanno incontrato, stupefatti dalle espres-sioni idiomatiche utilizzate e sorpresi da culture e civiltà completamente diverse dalle nostre ma non per questo inferiori né superiori. Molti di loro si sono anche
Alcuni manufatti del museo. Le statuette non sono decorative ma hanno in
genere uno scopo didattico. Il museo del Centro vuole far riscoprire la vita
quotidiana, sociale e religiosa dei Senufo e delle etnie vicine
Missione e cultura
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preoccupati di salvaguardare la ricchez-za di queste civiltà misconosciute e si sono dati da fare creando grammatiche, dizionari, centri culturali e quant’altro. Gli esempio sono tanti. Uno di questi è il Centro di ricerca per la salvaguardia e la promozione della cultura Senufo (Crspcs), creato nel 2005 da padre Emilio Escudero, un Padre Bianco spagnolo.
I SenufoChi sono i Senufo? I Senufo sono una popolazione che vive tra il Mali, il Burkina Faso e la Costa d’Avorio. Ma quando si dice “Senufo”, si può intendere popolo, lingua o cultura senufo. In cinquant’anni di vita missionaria in ambiente senufo, il padre Emilio ne aveva assimilato la par-lata, gli usi e costumi, le tradizioni, sicché tutte le porte gli erano aperte. Aveva rac-colto un materiale enorme, registrando-lo su computers, chiavette USB, dischi esterni, dvd, quadernetti, album fotogra-fici, eccetera. Condivideva a fondo quanto l’Unesco scriveva nel 2010 sul dialogo tra le civiltà: «Tutte le lingue sono preziose perché solo da esse nascono le idee e le grandi visio-ni» e «L’Umanità sta varcando una nuova soglia che va oltre le nazioni, gli Stati, le culture e le religioni». Fu solo nel 2005 che padre Emilio riuscì a fondare a Sikasso, nel Mali, ciò di cui aveva sempre sognato: un Centro di ricerca per la salvaguardia e la promozione della cultura Senufo. Purtroppo la morte interruppe improvvi-
Sopra, una veduta del Centro per la cultura senufo. Il Centro offre anche
ospitalità ai suoi visitatori: 12 camere di cui quattro con aria condizionata;
info: (00223) 68 45 55 00; [email protected]
Sotto, lo staff attuale del Centro. Da sinistra a destra: M. Zacharie Traoré
(amministratore), padre Bernard Delay (sezione lingue), M. Elie Bamba
(traduttore) e P. Andreas Göpfert (organizzazione e promozione)
A lato, una foto del padre Emilio e alcuni visitatori del Centro
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samente il suo sogno il 2 novembre 2012, all’età di 77 anni, lasciando tutti esterre-fatti e rattristati perché l’opera era ancora agli inizi.
La nuova équipeDa gennaio di quest’anno, un nuova équi-pe di Padri Bianchi, coadiuvati da laici esperti in materia, ha ripreso la staffetta di padre Emilio riaprendo il Centro, le sue ricerche, il suo museo e le altre attività. Negli armadi e nei cassetti si è scoperta una ricchezza inestimabile, non ancora sfruttata: più di quattrocento registrazioni audio, decine di migliaia di foto, centinaia di quaderni riempiti di racconti, indovi-nelli, proverbi trascritti in lingua senufo e provvisoriamente tradotti in francese, monografie su villaggi, documentazioni sulla lingua supyiire, grammatiche e dizio-nari. Alcuni testi sono stati digitalizzati ma incompleti. Tutto un tesoro dormiente che chiede solo di essere risvegliato.Si è cominciato a catalogare i racconti senufo con lo scopo di editare una col-lana di pubblicazioni in omaggio al padre Emilio. Si tratta di un compito abbastan-za urgente perché lo sciacallaggio esiste anche nel mondo della cultura. I docu-menti del Centro, infatti, non sono protetti da copyright e nel corso degli anni molti visitatori hanno avuto facile accesso ai documenti e alle collezioni di oggetti d’ar-te del Centro.
Il museoSalvare una cultura non vuole dire salva-guardarne solo la lingua e gli scritti, ma anche le espressioni di ogni genere con cui il popolo si esprime e di farle cono-scere. Per questo il Centro ha raccolto in un museo tutta una collezione di ma-schere, statuette, strumenti musicali e tanti altri oggetti di vita quotidiana in
legno, in bronzo e in terra cotta che il padre Emilio aveva raccolto. Gran parte di questo materiale è di origine senufo, ma vi sono rappresentate anche altre etnie del Mali.Oggi, il museo è molto apprezzato e ben reputato. Alunni, studenti, visitatori ma-liani e dei Paesi limitrofi, turisti provenienti da tutto il mondo vengono a visitarlo re-golarmente. Tutti, stupiti, apprezzano questo tesoro collezionato con amore e venerazione, in tanti anni di vita missiona-ria, da un padre “straniero”.Come si può immaginare, i problemi non mancano. Tutti questi oggetti, soprattutto quelli in legno, hanno bisogno di un am-biente più propizio alla loro conservazio-ne, ambiente che il clima locale non per-mette. Un altro problema è quello della valorizzazione di questi oggetti e della loro sicurezza. I locali attualmente utiliz-zati come sale di esposizione non sem-pre rispondono a queste esigenze di una conservazione nel tempo e di sicurezza da ladri. Molti turisti lo hanno fatto notare varie volte.
Luogo di incontroMa il Centro non è solo un museo o un centro di ricerca storico-culturale: è anche un luogo straordinario di incontro
dove si incrociano e parlano persone di età, di culture, di religioni, di etnie e Paesi diversi. Una sorta di miscela intercultura-le. Gli alunni vengono un po’ per curiosità ma anche perché i loro insegnanti li man-dano a impregnarsi della cultura dei loro antenati senufo. Pensando all’avvenire, i responsabili del Centro progettano una collaborazione più stretta con l’ambien-te studentesco offrendo un sostegno ai professori di storia, di geografia e di arte.Conoscere la propria cultura e conser-vare le testimonianze del passato è una ricchezza enorme per un Paese. Il Centro vorrebbe aiutare tutti a capire meglio la propria cultura e le proprie tradizioni, a riflettere su questa eredità per trarne il più grande beneficio. Anche dal punto di vista religioso, i cristiani debbono impara-re a riflettere su situazioni attuali segnate dalla cultura e la religione tradizionale, per vedere come vivere la propria fede nella società di oggi.Vivere l’incontro e praticare il dialogo concretamente, servendosi della cultura; educare al rispetto reciproco, apprezzan-do i valori che ci aiutano a vivere insieme: anche questa è missione.* L’articolo originale è apparso su www.abcburkina.net, a firma di Bernard Delay et Andreas Göpfert
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PROGETTI SOSTENUTIda AMICI DEI PADRI BIANCHI - ONLUS
Progetto 01-10 Rd CongoCentro nutrizionale e acquedottoReferente: padre Italo Iotti
Progetto 07-10 Borse di studioAiuta i seminaristi Padri BianchiReferente: padre Luigi Morell
Progetto 09-10 MozambicoAdotta un bambinoReferente: padre Claudio Zuccala
Progetto 04-11 MaliUn dispensario a GaoReferente: padre Alberto Rovelli
Progetto 15-12 MaliLotta contro la carestiaReferente: padre Vittorio Bonfanti
Progetto 16-12 UgandaScuola di speranzaReferente: padre Jean Le Vacher
Progetto 20-13 ItaliaUn sostegno ai missionari anzianiReferente: padre Paolo Costantini
Per ogni invio, si prega di precisare sempre
la DESTINAZIONE del vostro dono (numero
progetto, Sante messe, rivista, offerte, ecc)
ed il vostro COGNOME E NOME
DONAZIONI (assegni, bonificie versamenti) INTESTATI A Amici dei Padri Bianchi, ONLUSCod. Fisc.: 93036300163
CCP: N. 9754036IBAN: IT32 E076 0111 1000 0000 9754 036
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Missionari per una vitaIn poco più di un mese, due Padri ci hanno lasciati: padre Silvio e padre “Gigi”
di Paolo CostantiniCome le foglie in autunno, anche i nostri Padri se ne vanno, in silenzio, uno dopo l’altro. Hanno seminato speranza, infuso coraggio, predicato l’amore. Nel nome di Cristo che li aveva chiamati a questa missione.
Padre Silvio LazzaratoIl 13 luglio scorso è venuto a mancare padre Silvio di 88 anni. Secondo di sette fratelli e sorelle, aveva risposto con generosità all’appello del Signore che lo chiamava: ginnasio al seminario di Padova, liceo a Parella dai Padri Bianchi, noviziato a Gattinara(VC), teologia in Tunisia e finalmente prete il 27 giugno 1951. Consacrò 35 anni della sua vita missionaria alla diocesi di Goma, nel Nord-Kivu, nell’attuale RD Congo. È stato uno di quei missionari che non fanno parlare di sé, ma che si fanno apprezzare per la loro bontà. Alla notizia della morte di padre Silvio, il vescovo-emerito di Goma
ha così riassunto la sua vita: «Padre Silvio, nella tua vita missionaria sei stato un esem-pio di apostolo al servizio del nostro popolo. In te ho apprezzato l’uomo pieno di amore, l’uomo della preghiera amante della verità e della giustizia, capace di gesti di carità nella discrezione e nella semplicità».
Padre Luigi Vittorio Plebani Il 25 agosto è deceduto improvvisamente padre Luigi, meglio co-nosciuto come padre Gigi. Da un anno era ospite della Fondazione Piccinelli, a Scanzorosciate (Bergamo). Colpito da un ictus cerebra-le, viene trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Bergamo, dove muore poche ore dopo. È stato sepolto il 27 agosto, nella cappella dei sacerdoti, al cimitero della sua parrocchia natale.Nato a Mornico al Serio, il 26 ottobre 1940, primo di nove fratelli e sorelle, entra prima al seminario di Bergamo e poi, nel 1963, dai Padri Bianchi. Ordinato sacerdote nel 1968, parte subito per l’Africa,
nella diocesi di Mahagi, nel Nord-Kivu, ove trascorre 22 anni. Purtroppo la malattia non gli permetterà di vivere più a lungo in terra africana: richiamato in Italia nel 1995, la sua vocazione si trasformerà nel portare la croce della sofferenza. Nel suo testamento spi-rituale ringrazia il Signore con queste parole: «Il Signore è grande, perché sa aspettare che ogni uomo, nella sua vita, lo ami completamente e lo aiuta nel suo donarsi a Lui».
Progetto 21-14 BURKINA FASO Microprogetti a favore degli ultimiBasta davvero poco per cambiare la vita a una persona bisognosa: lo sa bene padre Maurice Oudet che, in Burkina Faso, con microfinanziamenti di 100-150 euro aiuta donne in difficoltà e contadini poveri per l’avvio di piccole attività (vedi Africa 2/2014). Dal suo sito web, www.abcburkina.net, egli denuncia gli effetti perversi di una macro-economia che stritola decine di milioni di coltivatori e lancia un grido di allarme, ma anche di battaglia. Ciascuno di noi può aiutare Padre Maurice Oudet a proseguire la sua
missione a favore degli ultimi sostenendo il suo progetto sociale tramite la Onlus Amici dei Padri Bianchi: CCP 9754036 oppureBCC di Treviglio Iban:IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789
specificare sempre:PROG. 21/2014 - OUDETInfo: [email protected]
Riviste diverse,la stessa passioneper un mondopiù giusto
VERSAMENTI. Specificare la causale e il proprio indirizzo completoda effettuare su: Missionari d'Africa - Padri Bianchi CCP: 67865782 - Bonifico: IBAN: IT 93 T 08899 53640 000 000 00 1315o via Paypal (http://www.missionaridafrica.org/)info 0363 44726 [email protected]
Africa + CEM Mondialità per l’educazione interculturalecontributo 50 euro(anziché 80)
Africa + Missione Oggi mensile di approfondimento e riflessionecontributo 50 euro(anziché 60)
Africa + Nigrizia mensile del mondo nerocontributo 54 euro(anziché 62)
Africa + Valori mensile di economia socialecontributo 60 euro(anziché 70)
Africa + Combonifem Mondo, Donna, Missione contributo 45 euro(anziché 53)
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