è Africa n. 3, settembre 2013

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Bimestrale di informazione di Medici con l’Africa Cuamm | n. 3 | settembre 2013 | Poste Italiane s.p.a - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD REUTERS ALI HASHISHO non distruggere Costruire Nonostante l’instabilità, prosegue il nostro lavoro per la pace In primo piano Una fiducia che ripaga Focus Sud Sudan: donne in prima linea Unisciti a noi Un lascito per Matany MEDICI CON L’AFRICA CUAMM

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Bimestrale di informazione di Medici con l'Africa Cuamm

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Bimestrale di informazione di Medici con l’Africa Cuamm | n. 3 | settembre 2013 |

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Nonostante l’instabilità, prosegue il nostro lavoro per la pace

In primo piano Una fiducia che ripagaFocus Sud Sudan: donnein prima linea�Unisciti a noiUn lascito per Matany

MEDICI CON L’AFRICACUAMM

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Dall’Album del Cuamm

Il centro “Francesco Canova”

via San Francesco, 126 35121 Padova Italy tel. 049.8751279, 049.8751649 fax [email protected]

I L CENTRO, realizzato dal Cuamm e dedicato alla memoria del suofondatore, si occupa della formazione permanente del personalesanitario locale. Ha iniziato le sue attività nel 2001 ed è tuttora

attivo. Dall’apertura a oggi, al suo interno, si sono tenuti numerosicorsi e seminari su temi sanitari e gestionali per il personale sanitarioe amministrativo della locale Dps (Direzione provinciale di salute), ilpersonale del Npfp (Nucleo provinciale di formazione permanente)e quello dell’Ims (Instituto medio de saude).Nella fotografia Luigi Pisani, giovanissimo logista in Angola. Con lui padrePedro, missionario a Uige e due operai addetti alla costruzione.

ProprietarioMedici con l’Africa Cuamm Direttore responsabile Anna Talami Segretaria di redazione Elisa Bissacco Redazione Andrea Borgato, Dante Carraro, ChiaraDi Benedetto, Fabio Manenti, Luigi Mazzucato, Bettina Simoncini, Jacopo Soranzo Fotografie Reuters, Nicola Berti, Enrico Bossan, Fabiano Avancini, Ruggero Zigliotto,Archivio Cuamm Progetto grafico Francesco Camagna Registrazioni presso il Tribunale di Padova Registro stampe n.1633 del 19 gennaio 1999 al Roc n.22732 del 30settembre 2012 Redazione via San Francesco, 126 35121 Padova Impaginazione e stampa Publistampa, via Dolomiti, 36 - 38057 Pergine (Trento)

Avviso ai lettori Questo periodico viene inviato a quanti ci sostengono, perché possano verificare la destinazione delle loro donazioni.Medici con l’Africa Cuamm è onlus. Le donazioni inviate sono quindi deducibili nella dichiarazione dei redditi, allegando la ricevuta delladonazione eseguita. Sostieni e partecipa al nostro impegno in Africa per conoscere gli aggiornamenti dei progetti e le storie cheincrociamo in Africa, attraverso una di queste modalità: c/c postale n. 17101353, intestato a Cuamm Bonifico bancario IBAN IT 91 H 0501812101 000000107890 presso Banca Popolare Etica, Padova Carta di credito telefona allo 049.8751279 On line www.mediciconlafrica.org

Editoriale Don Dante CarraroUn sognodi giustizia e dignità 3

News dall’Africa Gigi DonelliMali, la speranzariparte da IBK 4

La voce dell’AfricaNon chiamateci “africani” 5

News dai progetti Buone notizie da Yirol,Sud Sudan 7

In primo piano Elisa BissaccoUna fiducia che ripaga 8

Mettici la facciaElio OmobonoUna goccia nel maredel bisogno 11

FocusDavide MaggioreDonne in prima lineaper il nuovo Sud Sudan 12

ZoomEmanuela CitterioAppuntamenti e segnalazioni 14

Unisciti a noiEssere utili, divertendosi 17

Visto da quiEnrico MateriaPapa Francesco a Lampedusa 18

Sommario

MEDICI CON L’AFRICACUAMM

1998 a Uige, in Angola

Errata corrige n. 2/2013 p.2: il medico nella foto storica è

Ludovico Caselli;p.7: nella foto Piera Levi-

Montalcini Deputy Chairdella Fondazione Rita Levi-Montalcini Onlus.

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ne è frutto della generosità e dell’impegnodella Diocesi di Treviso che, anche grazieal contributo della Cooperazione italiana,ha portato a compimento l’opera. Nella vi-sita ai reparti, mi accosto a una mamma,felice, con il suo bambino, nato qualchegiorno prima grazie a un cesareo. Si sta ri-prendendo e lascerà presto l’ospedale. Mimostra preoccupata il bill, il conto che de-ve pagare: 300 dollari. La famiglia dovràvendere la vacca per pagare e i bambini acasa non avranno più latte e carne. Saran-no tutti più poveri, più fragili e quindi an-che più ammalati. In gran parte del Congole strutture sanitarie, private e anche pub-bliche, si reggono malamente in piedi (do-vrei dire, in ginocchio) esclusivamente conil contributo dei pazienti. Farmaci, labora-torio e personale: si deve pagare tutto.Non solo. Ai servizi privati non profit, il go-verno chiede pure un contributo finanzia-rio. Conclusione: gli ospedali sono mezzivuoti e la gente si ammala e muore nel pro-prio villaggio. Ti prende l’animo un senti-

I N UNA DELLE MIE ULTIME MISSIONIin terra africana ho visitato unpiccolo ospedale del Congo. Nuo-

vo, bello, pulito: 35 posti letto, un la-boratorio, una piccola sala operatoria,poco personale, ma ben motivato. Sitrova nella Diocesi cattolica di Bondo,estremo nord del paese. La realizzazio-

mento di angoscia e ribellione, specie perle persone più deboli e indifese, le mam-me e i bambini.

E sono sempre e soprattutto loro, in tuttii paesi in cui operiamo, al centro del nostroimpegno: garantire un parto accessibile e si-curo e la cura del neonato. Prima di tuttovengono loro.

Da Padova a Roma, e quest’anno Milano:un’ideale staffetta di testimonianza e buonepratiche: sabato 16 novembre, dalle 10 alle12.30, presso l’Università Cattolica.

Lo faremo assieme a persone e istituzio-ni che, da prospettive diverse e comple-mentari, lavorano in Africa per lo stessoobiettivo. Insieme, batterci e costruire unaterra dove le mamme e i bambini sono dav-vero al primo posto.

Non ci interessa lo show. Piuttosto manie braccia sporche di lavoro: per questo sa-ranno con noi i Coordinatori paese e nume-rosi nostri volontari impegnati sul campo.Ascolteremo la loro vita.

Vogliamo portare il lavoro concreto diogni giorno e la voce delle donne e dellemamme più in alto possibile, coinvolgendole Nazioni Unite, il Parlamento italiano edeuropeo, l’Organizzazione mondiale dellasanità e il nostro ministero degli Esteri, as-sociazioni e gruppi, gente comune e profes-sionisti sanitari, volontari e amici, anzianie giovani.

Una partnership speciale è con la Fon-dazione Rita Levi-Montalcini Onlus, che piùdi altre si spende, soprattutto in Africa, a fa-vore dell’educazione delle donne.

E infine il coinvolgimento di ciascuno dinoi. Con coraggio e ostinazione, insieme.

Vi aspettiamo!

Il cambiamento parte da noi

Un sogno di giustizia e dignità

Don Dante Carrarodirettore di Medici con l’Africa Cuamm

L’Africa continua a gridare silenziosamente le sue ingiustiziee interpella, assieme ai propri rappresentanti politici, anche la nostra responsabilità per un sogno di dignità e giustizia per tutti, specie per le mamme e i bambini

Editoriale

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210 mila i rifugiati maliani in Niger,Mauritania e Burkina Faso

350 milagli sfollati per le operazionimilitari nel Nord

1.240.142 km2

la superficie del Mali (4 volte l’Italia)

Numeri

Mali, la speranza riparte da IBK

ANCORA PRIMA DI INSEDIARSI UFFICIALMENTE (il 4 settembre scorso), il nuovo presi-dente del Mali Ibrahim Boubacar Keita ha voluto compiere una tournée africana:Ciad, Costa d’Avorio, Burkina Faso e il Niger dove ha ringraziato il presidente per

il contingente inviato nel nord del Mali. IBK punta sull’equilibrio regionale per fare uscireil paese dalla crisi innescata dal golpe dello scorso anno e dalla successiva discesa deigruppi armati che hanno preso il controllo di tutto il nord del paese. Keita ha stravintoil ballottaggio dell’11 agosto (77% dei suffragi) e ha incassato il riconoscimento dello scon-fitto, l’ex ministro delle Finanze Soumaila Cissé. Ora gode di un patrimonio di autorevo-lezza che dovrà spendere al meglio. Professionista di lungo corso della politica nazionale,IBK è stato definito dagli avversari “il candidato della Francia”, ed è nel suo passato dimilitante socialista che si fondano le relazioni con l’Eliseo. Sulla presenza di 3mila soldatidi Parigi nel Nord IBK taglia corto: «per ora sono indispensabili».

di Gigi DonelliRadio 24 / Il Sole 24 Ore

regolari (Fardc). Il presule si rivolge alla «coscienza deiresponsabili» di questi fatti violenti e alle «autoritàcompetenti», deplorando «innumerevoli perdite in viteumane, sfollati lontani dai villaggi e dai campi ammas-sati e che vivono in condizioni precarie» così come vio-lazioni dei diritti umani su vasta scala che «ledono ladignità umana». Sul terreno, invece, da diverse setti-

CongoL’appello del vescovo di Goma

«In nome di Dio, lasciateci vivere!»: è l’appello lanciato da mons. Théophile Kaboy, vescovo di Goma, capoluogo del Nord Kivu, da settimane epicentro dinuovi scontri tra la ribellione del M23 e le forze armate

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Flash

I L CONTINENTE africa-no è suddiviso in 54Stati riconosciuti e 61

territori politici. Le etniesono oltre 3mila. Di con-seguenza risulta difficilecomprendere come mai inmolti si ostinino a sostene-re che l’Africa sia una super-ficie omogenea, se non addi-rittura un’unica nazione. L’Africa continua a essere di-pinta con mille volti diversi.Per alcuni, una terra devastatada fame, guerre, povertà edepidemie; per altriuna sorgente di spe-ranza, promesse epotenzialità. È opi-

nione diffusa che gli africanicondividano un’unica cultura,un solo spirito e stesse tradi-zioni. Eppure non esiste una“cultura africana”. Nemmenoil colore della pelle è lo stesso.Da qualche tempo si dice chel’Africa “sta crescendo”. Seidelle dieci economie più inrapido sviluppo al mondo sitrovano in questo continente.Il numero dei dittatori al po-tere sta diminuendo, il Kenyacontinua a guidare la rivolu-zione del mobile money. I pae-si africani dovrebbero rima-

nere concentrati sui loro obiet-tivi e non farsi travolgere dallechiacchiere mediatiche positi-ve. Abbiamo ancora delle sfi-de da affrontare: povertà ecorruzione, tra le molte. E noicome ci vediamo? Molti hannogià accettato l’idea di essere vi-sti come un insieme, come “gliafricani”. Ciò che mi chiedo èda dove sia arrivata l’autoritàdi poter parlare a nome ditutta l’Africa. Il termine Africaporta con sé troppi connotatie responsabilità. Non ho la vo-glia e nemmeno la dignità diportarmi sulle spalle le paure,i sogni e le aspettative di un in-tero continente. In conclusio-ne: don’t “Africa” me.

La voce dell’Africa

Non chiamateci “africani”

Come si vedono gli africani?Un punto di vista interessantedal blog Global Voices

«L’ AFRICA INSEGNA a ciascuno di noi,disorientati e stanchi, a recupera-re gioia, vita, insomma, le cose

vere». Queste le parole del vice ministro degliAffari Esteri, Lapo Pistelli, in visita pressol’ospedale di Matany in Uganda. Con lui, il di-rettore generale della Cooperazione allo svi-luppo, Giampaolo Cantini, l’ambasciatore ita-

liano in Uganda, Stefano Antonio Dejak, e il di-rettore di Medici con l’Africa Cuamm don Dan-te Carraro. La delegazione ha poi visitato unvillaggio della Karamoja, una delle zone piùpovere e remote del paese. Qui Medici conl’Africa Cuamm fornisce assistenza tecnica a 7distretti e solo nell’ultimo anno sono stati 24 inuovi infermieri formati e 14 le ostetriche.

Il vice ministro Pistelli a Matany

Brenda WambuiIl testo completo

su lastampa.it

News dall’Africa

CiadStop alle estrazionidi petrolio dei cinesi

Il governo dei Ciad, loscorso agosto, ha sospesole operazioni alla compa-gnia petrolifera cinese(Cnpc), a causa del riscon-tro di flagranti violazionidelle norme ambientali.Nel paese, lo sfruttamentodel petrolio è cominciatonel 2003 e nel 2011 la pro-duzione ha raggiunto i 120mila barili al giorno. Le entrate petrolifere han-no consentito di moderniz-zare l’esercito, di costruirestrade ed edifici pubblici,anche se non sono miglio-rate le condizioni di vitadella popolazione. [MISNA]

SenegalUna donna Primo ministro

In Senegal, Aminata Tourépresenta il nuovo governo.La premier – ex ministrodella Giustizia – ha formatola sua squadra all’indomanidella nomina, avvenuta il 1° settembre. La Touréprende il posto del tecno-crate ed ex-banchiere Abdoul Mbaye. Il nuovo ese-cutivo, che dovrà occuparsi di gestire la difficile situazio-ne del paese africano, alleprese con una profonda cri-si economica, è compostoda trentadue membri. Traquesti il cantante YoussouNdour. [EURONEWS]

mane si è verificata una nuova spirale di violenza aidanni dei civili. Kigali (Rwanda) accusa spesso Kinshasa(Congo) di bombardare volontariamente il territorioruandese confinante con l’instabile provincia del NordKivu. Diversi rapporti Onu hanno confermato il soste-gno militare e finanziario del Rwanda e dell’Uganda alla ribellione dell’M23, nata nell’aprile 2012. [MISNA]

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Sud SudanA Yirol nuovi ambulatoriper mamme e bambini

AngolaNuovi accordi per la lotta alla tubercolosi

tura e di attenzione verso la persona, soprattutto versola donna, durante il parto, e verso il neonato che vieneaffidato a se stesso, in un clima diffuso di fatalismo,legato al drammatico ripetersi di morti pediatriche. Ad Aber (distretto di Oyam), Angal (distretto di Nebbi) e Naggalama (distretto di Mukono), quindi, è necessariorimboccarsi le maniche e fare di più. Medici con l’Africa

UgandaScarsa attenzione ai più deboli

Continua l’analisi della qualità dei servizi ostetrici e neonatali in tre ospedali della Chiesa cattolica, in Uganda, da parte di Medici con l’Africa Cuamm. Pur-troppo i dati emersi parlano di una mancanza di cul-

LA SOUTH OMO ZONEè la regione più me-ridionale dell’Etio-

pia, al confine con il Ke-nya e il Sud Sudan. Qui,lo scorso luglio, una de-legazione del Cuamm harealizzato una missione

I L 10 AGOSTO È STATO INAUGURATO il nuo-vo stabile di circa 200 mq per i serviziambulatoriali materno-infantili dell’ospe-

dale di Yirol, alla presenza delle autorità lo-cali, del direttore e altri rappresentanti delCuamm.

L’edificio, ristrutturato completamente eampliato, accoglie i servizi ambulatoriali, dallevisite pre e post natali, alle visite pediatriche, le

vaccinazioni e lo screeningdelle patologie trasmis-sibili, a partire dall’Hiv.Si tratta di un passo inavanti importante nellaqualità dei servizi in con-tinua crescita numerica.

esplorativa per sondare nuo-ve possibilità di intervento. Al centro della visita sono sta-ti l’ospedale di Jinka e alcunicentri sanitari dei distretti diHamer e di Dassench. Si trat-ta di una vasta area, poco po-

polata (circa 750mila abitan-ti) da diverse tribù dedite allapastorizia e quindi nomadi.Scarsamente fornita di servi-zi sanitari, per lo più mal fun-zionanti, la regione registraun bassissimo utilizzo da par-te della popolazione dei ser-vizi stessi, con tassi molto in-feriori alla media nazionale.Qui il 9% delle donne parto-risce assistito da personalenon qualificato. È difficilel’accesso alle strutture, il per-sonale è scarsamente moti-vato, perché spesso proviene

da altri distretti dell’Etiopia,lontani anche oltre 1.000 km.A questo si aggiungono le abi-tudini e la cultura nomadica,per le quali il ricorso ai servi-zi sanitari “stanziali” non ècontemplato. Il Cuamm staora definendo come interve-nire per garantire i servizipreventivi e curativi primari,a partire dai servizi di vacci-nazione e di clinica prenata-le fino a quelli di assistenzaal parto e alle complicanzeostetriche nei pochi centriequipaggiati.

I L 27 AGOSTO SCORSO alcuni rappresentan-ti del ministero della Sanità angolano, ildirettore del Cuamm e i responsabili del

Global Fund si sono riuniti a Ginevra perconcordare le nuove modalità di prosecuzio-ne della seconda fase del programma in cor-so, in supporto al Programma nazionale dicontrollo della tubercolosi.

L’obiettivo: superare le non poche diffi-coltà d’implementazio-ne di questi primi dueanni, legate alla minoredisponibilità finanziariadel Global Fund e allaconseguente revisionedelle attività.

EtiopiaNuovi orizzonti per Medicicon l’Africa Cuamm

Sierra Leone Mamme -adolescenti:una nuova sfida

Estendere l’impegno e cercare nuove frontiere di intervento in Etiopia: questo l’obiettivo della missione esplorativa nella South Omo Zone

T RISTE PRIMATO per la Sierra Leone:circa il 30% delle

gravidanze avviene inragazze adolescenti. Sistima che il 40% delle mortimaterne accada in donne inetà tra i 15 e 19 anni. Perandare a fondo del pro-blema, Medici con l’AfricaCuamm, lo scorso luglio, ha condotto uno studio divalutazione al fine di stabi-lire le capacità e la qualitàdei servizi sanitari rivoltialle adolescenti, in tre cen-tri di salute di Pujehun. I principali problemi,emersi dall’analisi fatta,rilevano che le cause sono illimitato accesso ai servizi,la scarsa qualità della pre-stazione e la motivazionedel personale, ma soprat-tutto le abitudini culturali e la non conoscenza delproblema. Impegnato dal2012 in Sierra Leone per la salute delle mamme e deibambini, a breve, il Cuammavvierà un interventomirato a combattere il gra-vissimo problema delle gra-vidanze delle adolescenti.

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Buone notizie da Yirol, Sud Sudan

S I È CONCLUSA LA CAMPAGNA DI VACCINAZIONE contro il morbillo a Yirol. Dopo l’allar-me lanciato dai nostri medici per i diversi casi di morbillo giunti all’ospedale, Me-dici con l’Africa Cuamm, in accordo con le autorità locali, l’Oms (Organizzazione

mondiale della sanità) e Unicef ha contribuito alla massiccia vaccinazione dei bambinidai 6 mesi ai 5 anni, le fasce più colpite. Oltre alla città di Yirol, sono stati coperti i villaggidi altre 7 zone (payam), per un totale di 25mila bambini vaccinati, ovvero il 99% deibambini dell’area. 111 volontari, suddivisi in 37 squadre, 18 supervisori (tra cui un medicoCuamm), 5 motociclette e 6 automobili, messe a disposizione dai soggetti coinvolti nellacampagna, hanno reso possibile il raggiungimento di questo risultato. A complicare ilquadro è stato l’arrivo della stagione delle piogge e con essa della malaria, che, sommataal morbillo, aumenta il numero di pazienti in ospedale. Ma adesso che la campagna èstata avviata contiamo che i casi di co-infezione siano limitati.

25.000 bambini tra i 6 mesi e i 5 anni vaccinati controil morbillo

252 casi di morbillo riportati

212 malati ricoverati in ospedale

Numeri

News dai progettiCuamm, da tempo, cerca di garantire una maggioreequità e un migliore accesso ai servizi ostetrici, ma quello che serve ora è il cambiamento culturale.Siamo di fronte a una sfida molto difficile che punta a insegnare un atteggiamento più “umano” al personalelocale e ai manager dell’ospedale in modo che la dignitàdella persona sia sempre rispettata e curata.

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espera e dagli infermieri locali, che unpo’ alla volta hanno iniziato a fidarsi dime. Al mattino mi recavo in ospedale periniziare il mio lavoro. Non avevo un ora-rio rigido. In base a ciò che succedeva, or-ganizzavo il resto della giornata. Ognivenerdì andavo in un centro di salute a

circa 40 chilometri da Damba per le visiteprenatali. Era un’attività che mi piacevadavvero molto perché, col tempo, le don-ne hanno iniziato ad aumentare e a esse-re costanti nel loro appuntamento men-sile. È proprio in questa occasione che hoconosciuto tre ragazzine di 13, 14 e 15 anniche si sono sempre presentate puntualialla visita, avevano capito l’importanza divenire a partorire a Damba, in ospedale.Hanno, quindi, accettato di venire in Casade espera; si sono lasciate guidare e ac-compagnare fino alla nascita dei lorobimbi e nelle settimane successive al par-to sono sempre venute a salutarmi. È sta-to davvero bello!», afferma Beatrice.

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di Elisa BissaccoMedici con l’Africa Cuamm

Beatrice Buratti e Nicoletta Maffazioli, 32 e 46 anni. La prima, ostetrica di Biella, la seconda, amministrativa di Legnano. Sono due dei nostri operatori che hanno lavorato tra Damba e Uige, in Angola, in un progetto sostenuto dall’Unione Europea. Raccontano le loro fatiche, le gioie, i ricordi e soprattutto la voglia di tornare.

«N ON PASSA GIORNO in cuiil mio pensiero non vo-li, anche solo per pochi

minuti, a Damba. Le gioie più bellesono arrivate dalla gente comune,dalle mamme che mi sorridevano eringraziavano uscendo dall’ospeda-le, dalle donne ospitate in Casa de

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DambaUige

Una fiducia che ripaga

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È un bilancio positivo quello che fan-no della loro esperienza in Angola, siaBeatrice che Nicoletta.

«Ho lavorato per un anno a Damba,in Angola, in un progetto di partnershiptra governo e diocesi per la riaperturadell’ospedale diocesano che sarà attiva-to nei prossimi mesi» spiega Beatrice.

E riprende Nicoletta: «Nel vicino

ospedale municipale, la ma-ternità e la pediatria hannosempre funzionato, ma orasono state riabilitate quelledell’ospedale diocesano, inmodo da dividere i “carichi”tra le due strutture. Durante

la guerra, il governo aveva confiscatotutte le proprietà della Chiesa e natural-mente, una volta terminato il processodi pace, ha restituito le strutture com-pletamente distrutte.

Gran parte della ristrutturazione del-l’ospedale diocesano è stata finanziatadal governo locale, poi il Cuamm, attra-verso questo finanziamento dell’Ue e

della Cei, ha sistemato alcuni ambulato-ri e una sala di formazione, oltre a ga-rantire il lavoro del personale (ostetrica,amministrativa e chirurgo).

Ora l’ospedale diocesano (Regina San-ta) ha la maternità e la pediatria, sistema-te ed equipaggiate, mentre in quello mu-nicipale rimangono gli altri reparti».

In quali attività eravate più impe-gnate?

«Formazione del personale locale, lavo-ro in ospedale e nei centri di salute pe-riferici, gestione della Casa de espera“Maria Bonino”, la casa dove le donneche devono partorire e che vivono mol-

In primo pianoCinquant’anni dopo il famoso discorso di Martin Luther King, noi dovremmo dare l’opportunità a questi giovani immigrati, uno spazio per farli sentire parte di questa comunità. Cecile Kyenge, ministro dell’Integrazione

“Aumentare l’efficacia dei servizi sanitari per il parto nel municipio di Damba: una par-tnership tra pubblico e privato come modello di governo locale”: è questo il nome delprogetto, finanziato dall’Unione Europea e dalla Cei, in cui sono state impegnate Bea-trice e Nicoletta. Garantiti le cure in ospedale, l’appoggio alle cliniche mobili per le vac-cinazioni e le visite prenatali e il riferimento di casi complicati all’ospedale. Sono statiportati a termine la costruzione di alcuni ambulatori, la ristrutturazione dell’ospedale,l’equipaggiamento necessario per le strutture, la formazione degli infermieri e il sup-porto alla gestione e amministrazione dell’ospedale.

I dati di attività danno l’idea della consistenza dell’intervento:

oltre 9.000 visite ambulatoriali; 3.300 ricoveri e 732 parti assistiti.

L’intervento a Damba

IN ANGOLAA sinistra: una bambina in ospedale; sotto: una donnaprende il cibonella Casa de espera di Damba.A destra:l’ospedalediocesano di Damba.

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dagli affetti. Ho scelto di partire perchéda anni sognavo di fare un’esperienza co-me questa. Volevo fermarmi per più tem-po, per assaporare al meglio le emozioniche questa terra sa dare. A Biella (la miacittà), Medici con l’Africa Cuamm è cono-

sciuto grazie alla figura di Maria Bonino,quindi è stato naturale cercare di partirecon il Cuamm» risponde Beatrice.

Quali le maggiori difficoltà incon-trate?

«La cosa che mi è pesata di più è la que-stione logistica – dice Nicoletta –. Ho fat-to fatica ad accettare la mancanza di ac-qua corrente. Hai sempre i bidoni incasa e ti lavi con il mestolo, ma il proble-ma è che l’acqua viene dal fiume e, incerti periodi dell’anno, è sporca. Ti lavicon un liquido che sembra tè. E quandoquesto si ripete per mesi, ti lavi i capelli,la biancheria sempre con quest’acquascura… è un po’ pesante, molto più del-la mancanza di corrente, del generatoreche funziona solo quando vuole lui».

Perché è importante essere conl’Africa?

«Perché quando si è poveri, senza nulla,senza il diritto alla salute, quello che im-porta non sono le parole o le promesse,ma l’esempio con la presenza quotidiana.Consiglierei a chiunque di fare un’espe-rienza come questa per molti motivi. Ilprimo è che s’imparano tante cose dalpunto di vista umano, ma anche profes-sionale. Dopo un anno in Africa posso di-re di aver fatto l’Ostetrica con la O maiu-scola, imparando a usare mani e cervello,più che strumenti e macchinari. E poi,come sempre in queste occasioni, ciò chesi riceve dalla gente è molto più di quelloche si dà» conclude Beatrice.

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VACCINAZIONIUna mamma e il suo bambino,in attesa dellavaccinazione,durante una

clinica mobile,Angola.

16 annila presenza nel paese

152 le persone inviate da Medici con l’Africa Cuammin Angola di cui

99 medici e professionistidella salute

53 tra tecnici, logisti epersonale amministrativo

55 i progetti realizzati traUige, Cunene e Luanda

7gli ospedali seguiti

I numeri in Angola

Dopo una guerra civile durata 27 anni e terminata nel 2002,oggi l’Angola è in fase di ricostruzione. Durante gli scontri so-no morte 1,5 milioni di persone. La presenza di Medici conl’Africa Cuamm inizia nel 1997, su richiesta del vescovo e delgovernatore della provincia di Uige.

Il progetto (1997-2003) si concretizza nella presenza dei me-dici nell’ospedale di Uige. Sempre a Uige viene costruito unCentro di formazione permanente per il personale sanitarioche prende il nome di centro “Francesco Canova”.

Nel 1998 è di nuovo guerra aperta. La pace arriva solo quattroanni dopo. Medici con l’Africa Cuamm è la sola Ong a rimane-re sul campo.

I progetti hanno riavviato reparti e ospedali; hanno garantitoassistenza sanitaria e alimentare a rifugiati e sfollati; si sonoconcentrati nella prevenzione e nel trattamento di malattie co-me tubercolosi e Hiv/Aids e in iniziative di formazione. Partico-lare attenzione è data alla salute materno-infantile, con il pro-getto “Prima le mamme e i bambini”. Tra il 2004 e il 2005 ilCuamm si è trovato ad affrontare quella che l’Oms ha definito:«La più vasta e mortale epidemia di febbre emorragica di Mar-burg mai registrata» con 323 decessi. Tra le persone contagiatee uccise, Maria Bonino, pediatra dell’ospedale di Uige. Il Cuammha perduto, in Angola, anche l’infermiera Marisa Ferrari, vitti-ma di un incidente stradale.

Medici con l’Africa Cuamm in Angola

to lontano dall’ospedale, vengono ospi-tate nelle ultime settimane prima delparto» risponde Beatrice.

«Come amministrativa – riprende Ni-coletta – la mia giornata iniziava con l’or-ganizzazione dei collaboratori locali, leuscite per le cliniche mobili nel territorioper le vaccinazioni e la sensibilizzazione.Poi, c’era tutta la parte di amministrazio-ne e contabilità, la distribuzione del ciboalle donne della Casa de espera e le puli-zie della stessa».

Per entrambe non era la “primavolta” in Africa: con che aspetta-tive siete partite per l’Angola?

«Sono partita con molta curiosità e senzatroppe aspettative, per vivere al megliociò che poteva capitare. Avevo paura dinon essere all’altezza delle cose che sa-rebbero potute succedere, paura di sen-tirmi sola, in un paese non mio, lontana

I DATI DI DAMBANEL 2012

PARTI

DI C

UI69CE

SAREI

732

3.334

1.827

732

9.020

VISITE

AMBULATO

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Mettici la faccia

Lettere dall’Africa Città di Beira, Mozambico

JAKONGIO, PONTA GEA, MUNHAGUA,nomi sconosciuti a tutti. Sono quar-tieri anonimi, sovraffollati di Beira,

con una popolazione di 191.130 abitanti. Èqui che Medici con l’Africa Cuamm lavoracon il progetto Smi “ Tutela della salute ma-terna e neonatale nel distretto della città diBeira, Mozambico”, finanziato dal ministe-

rivare in uno di questi centri, la mattina, per ve-dere code interminabili di pazienti che aspetta-no. Sono mamme con i loro bimbi avvolti nellecapulane. Qui si svolgono oltre 120.0000 visitegenerali e 34.677 visite prenatali l’anno. Si con-tano circa 6.000 parti. Tanti quanti in una pro-vincia italiana, ma qui c’è un solo medico e soloalcune infermiere. Si muore per rottura di utero,sepsi, anemia, parto ostruito. A complicare ilquadro, si aggiunge la tragedia dell’Hiv che col-pisce una madre su quattro. Un bambino di ma-dre sieropositiva ha il 30% di possibilità di infet-tarsi e di morire entro 15 mesi, se non è curato.

Poi c’è il lavoro in ospedale, quello Centraledi Beira, dove ogni giovedì si fa il punto dellemorti materne: quasi tre alla settimana. È un pu-gno nello stomaco leggere la storia di questemamme. Si dipana tutta la tragedia di donne,spesso povere, inviate dai centri di salute al-l’ospedale in condizioni ormai gravissime. E qui,purtroppo, per gravità, per ritardi, per carenzadi personale, di farmaci, è difficile salvarle.

Il progetto del Cuamm cerca di migliorare laqualità delle prestazioni, a livello di visite pre-natali, di maternità e post natali, comprendendoanche lo screening e la prevenzione dell’Hiv. Gra-zie alla presenza di due medici e di alcune infer-miere sono garantiti il supporto tecnico, la for-mazione e la fornitura di equipaggiamento e dimedicinali, oltre che la riabilitazione del repartodi pediatria e della maternità. È una piccola goc-cia nel mare del bisogno, ma se non ci fosse, sene sentirebbe la mancanza.

Una goccia nel mare del bisognodi Elio Omobono medico a Beira

Beira

MOZAMBICO

Elio Omobono è un pediatra, esperto di Salute pubblica, di Merano.Per alcuni mesi ha lavorato a Beira, per cercare di evitare le tante “morti prevenibili”

ro degli Affari esteri italiano.Beira è la seconda città del paese. Cresce in

modo smisurato e caotico. I giovani e le famigliescappano dalla campagna per cercare fortuna incittà, con la conseguenza che sorgono slums dalgiorno alla notte. Povertà, scarsità di servizi igie-nici e di approvvigionamento di acqua, inquina-mento, traffico, disoccupazione: queste le carat-teristiche della realtà urbana.

Il lavoro del Cuamm ruota attorno a tre cen-tri di salute, con limitatissime risorse. Basta ar-

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A BEIRAIl progetto finanziato dal Maaee si concluderà a dicembre 2013. Il Cuamm continuerà a garantire le attività, con altri fondi.

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Le donne come motore del cambiamento. È quanto sta succedendo in paesi come il Sud Sudan dove si moltiplicano esempi e buone pratiche in cui le donne vengono rese indipendenti e sono coinvolte nelle decisioni, anche ad alti livelli, per un unico obiettivo: il bene della comunità intera.

Donne in prima linea per il nuovoSud Sudan

non hanno mai visto un’aula scolastica:solo il 16% sa leggere e scrivere. E a con-cludere gli studi primari sono ancorameno, appena il 5%.

Finire la scuola, per una donna sud-sudanese, è meno probabile che moriredi parto: nel paese con il più alto tasso dimortalità materna al mondo, solo nel 3%dei casi si riesce ad avere accesso ai servi-zi di assistenza prenatale. Se il solo fattodi venire al mondo espone a una sfida,crescere, in particolare fuori dalla capita-le Juba, è altrettanto difficile. Per fare un

solo esempio, la pratica del matrimonioprima dei 18 anni, nel 2010 – secondo sta-tistiche dell’allora governo del Sudan uni-to – riguardava ancora il 38% delle ragaz-ze sposate. E tra le famiglie più poverequesto dato saliva al 54%.

A impegnarsi in prima persona per ilcambiamento, in molte parti della piùgiovane nazione del mondo, sono peròle donne stesse, che si incontrano e si as-sociano. Alcune iniziative hanno prece-duto l’indipendenza: nel 2010, 45 donneavvocato hanno creato la Southern Su-dan Women Lawyer Association, dedicataesplicitamente alla condizione femmini-le. Grazie alla concessione di fondi, altrigruppi si sono formati, dal basso, in no-me dell’autosufficienza economica; maspesso l’impegno è stato diretto anche aproblemi che riguardano l’intera popo-lazione, al di là della sola “questione fem-minile”. Tra questi, naturalmente, c’è la

di Davide Maggioregiornalista freelance

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IN GRADODI LEGGERE E SCRIVERE

STUDI PRIMARICONCLUSI 5%

LA FORZALAVORO

L’ISTRUZIONEDELLE DONNE

P ASSA ANCHE PER MANI femmi-nili il futuro del Sud Sudan:nel paese che nel 2011 ha ot-

tenuto l’indipendenza da Khar-toum, le donne sono il 60% dellaforza lavoro. Allo stesso tempo pe-rò, più di 80 su 100 – lo indicanodati diffusi dalla Banca mondiale –

DONNE60%

16%

UOMINI40%

Alle donne del Sud Sudan il compito di impegnarsi, a tutti i livelli, per dare un futuro al proprio paese

DONNEScene di vita nel villaggio. Nella foto grande: donne sud-sudanesimentre ballano a una festa.

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Non possiamo guardare ai problemi della salute dell’area ricca del mondo, perché l’area ricca del mondo è una minima frazione di umanità: l’umanità è tutto il resto. Don Enrico Chiavacci teologo recentemente scomparso

Focus

ricerca della pace, sia all’interno del SudSudan che con le autorità del Nord.

«Il coinvolgimento delle donne è unantidoto all’insicurezza», sostiene FarahCouncil, che coordina i programmi del-la Ong internazionale Institute for Inclu-sive Security in Sudan e Sud Sudan. Eprecisa: «Per coinvolgimento, intendia-mo sia la presenza al tavolo delle tratta-tive, come mediatrici, sia quella nellacomunità». Con questo spirito l’Istitutoè riuscito, durante i colloqui di AddisAbeba del 2012, a far passare la propo-sta di una task force di donne da impe-gnare nel monitoraggio del rispetto de-gli accordi tra Juba e Khartoum.

Coinvolgere le donne nelle decisionia ogni livello va a beneficio dell’intera so-cietà. Non è dunque un caso che i lorosforzi si concentrino oggi anche su un’al-tra questione chiave della politica sud-su-danese: la stesura della nuova Costituzio-

ne. La prima Conferenza costituzionalenazionale delle donne, che si è svolta aJuba a maggio 2013, ha deciso di puntaresulla mobilitazione a livello locale, nomi-nando referenti in ogni regione del pae-se, con il compito di informare le donnesul ruolo che possono svolgere nel pro-cesso di scrittura e coordinarne l’azione.

La responsabilità di non disperderequesto patrimonio di sforzi è soprattuttodelle autorità del paese: la Costituzioneprovvisoria prevede “quote rosa” del25% nelle istituzioni, ma in diversi settoriquesta prassi fatica ancora a essere ap-plicata, anche per resistenze maschili.Dalle stesse Nazioni Unite è arrivato un

invito a far partecipare di piùle donne ai lavori sulla nuovaCarta fondamentale naziona-le. «La diversità è l’elementocostitutivo del vostro paese –ha detto ad aprile Hilde Joh-

nson, rappresentante speciale del Se-gretario generale – e dovrebbe essere lacolla che vi tiene insieme, non una forzadi divisione».

Perché questo avvenga c’è però biso-gno soprattutto che il coinvolgimento ri-guardi anche le categorie più deboli,comele donne delle zone rurali. Emblematicala raccomandazione rivolta al mondo po-litico da uno dei partecipanti a un dibat-tito pubblico sulla nuova Costituzione, amarzo 2013, nella capitale: «Mia madrenon andrà a Juba, aspetta. Ma aspettavoi». È proprio perché sono indispensa-bili alla nuova nazione che le donne nonpossono essere abbandonate.

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Africa al femminile: tra sfide e progressiIn miglioramento, tra le difficoltà. La condizione delle donne d’Africaè la stessa del continente, con risultati importanti non sempre trasfor-mati in tendenze generali.

Simboli del nuovo ruolo femminile sono Nkosazana Dlamini-Zuma, acapo dell’Unione Africana; le presidenti di Zambia e Liberia, Joyce Ban-da ed Ellen Johnson-Sirleaf; Leymah Gbowee, Nobel per la Pace 2012proprio insieme a quest’ultima, sua connazionale; la kenyana WangariMaathai, che nel 2004 le aveva precedute. Ma questi esempi di successoarrivano anche da paesi che ancora devono sconfiggere la violenza do-mestica: l’Onu nota che più del 50% degli Stati africani non ha leggi chela puniscano. In più se in quasi tutto il continente le donne vedono au-mentare la loro quota di seggi in parlamento e, in generale, anche l’ac-cesso all’istruzione, sul lavoro ci sono ancora problemi: oltre sei donnesu dieci sono impiegate nell’economia “grigia” o informale.

In questo quadro, però, le figure citate non sono semplici eccezioni:come ha ricordato Graça Machel, già first lady (e ministro) in Mozam-bico, provano l’importanza di investire sull’educazione e «servono damodello, mostrando alle donne africane che possono farcela».

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SUD SUDAN

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na per lo sviluppo, Commissione economica per l’Africa e Undp, rappresenta l’appuntamento piùimportante durante il quale i paesi africani confronta-no le proprie politiche economiche. La crescita media del 5% del Prodotto interno lordoannuo sta cambiando il volto dei paesi africani, anchese l’instabilità dei prezzi delle materie prime, le disu-

EconomiaA ottobre la conferenza panafricana

Cercare nuove vie per l’“Integrazione regionale in Africa”. È l’obiettivo della Conferenza economicaafricana che quest’anno si svolgerà dal 28 al 30 ottobre a Johannesburg. Organizzata da Banca africa-

I N OCCASIONE DEL 95° complean-no di Nelson Mandela è statoanticipato al pubblico il trailer

del film dedicato al padre della “Na-zione Arcobaleno”, nome dato al Su-dafrica da un altro protagonista del-la lotta contro l’apartheid, DesmondTutu. Il film è tratto dall’autobiogra-

“B ACK TO SOUTH AFRICA” è una mostra dedi-cata agli artisti sudafricani Willie Bester eConrad Botes che propone dipinti e graffiti

su vetro e opere realizzate con materiali recuperati.Un’iniziativa in occasione del grande evento che,

in autunno, farà di Londra il centro dell’arte africanacontemporanea, un focus su un orizzonte artistico inpieno fermento e ricco di talenti. Nella settimana dal14 al 20 ottobre, infatti, a Londra avrà luogo “1:54Contemporary African Art”, la prima edizione di unafiera dedicata all’arte africana contemporanea, ospi-tata nella prestigiosa Somerset House di Londra.

Dove & QuandoBologna, Galleria L’Ariete, 14 settembre – 15 novembre

fia scritta nel ’94 da “Madiba” e riper-corre tutta la sua vita, dalle battaglie adifesa dei più deboli sino all’elezione apresidente. Il ruolo di Mandela è statoaffidato a Idris Elba, mentre dietro allamacchina da presa del lungometraggio

più costoso della storia delSudafrica, c’è Justin Chad-wick. L’attesa per “Mande-la: Long Walk to Freedom”finirà il 3 gennaio 2014, da-ta d’uscita nelle sale dellapellicola. Quello di cui ilfilm non parla è il dopo-Mandela, que-stione che invece è molto dibattuta inSudafrica e in tutto il mondo. Uno deitanti problemi aperti è la gestione dellarete di fondazioni e organizzazioni nonprofit create dal Premio Nobel. Le dueprincipali sono la “Nelson Mandela Foun-dation” voluta nel ’99 e il “Nelson Man-dela Children’s Fund”, che eroga fondiper programmi educativi e sanitari a fa-vore dei minori e in particolare degli or-fani a causa dell’Aids. Poi c’è il “NelsonMandela Centre of Memory” che promuo-ve iniziative culturali sulla vita e il tempo

di Mandela, il dialogo per la giustizia so-ciale e la giornata internazionale dedica-ta al Nobel sudafricano. Sono ben 22 glienti non profit direttamente sostenuti da“Madiba”, senza considerare le organiz-zazioni internazionali come la campa-gna “One” di Bono Vox o l’Unicef per lequali il leader sudafricano ha prestatospesso il suo volto.

Dove & QuandoMandela: Long Walk to Freedom, dal 4 gennaio al cinema

A LMENO QUATTRO PERSONE SU DIECI, nel 2100,saranno africane. A prevederlo sono le pro-iezioni demografiche delle Nazioni Unite,

secondo le quali l’Africa avrà nel 2050 più del dop-pio degli abitanti attuali (2,4 miliardi) e quattro vol-te tanto a fine secolo (4,2 miliardi). Più di Cina e In-dia messe insieme. Gli europei saranno un grupposparuto. L’esplosione demografica in Africa riguar-derà soprattutto i centri urbani e in particolare Lagos, Kinshasa, Addis Abeba, Dar es Salaam eNiamey. I paesi destinati a una più rapida crescita:Nigeria, Congo, Etiopia, Tanzania, Niger.

Onlinehttp://unstats.un.org

CinemaLa lunga strada dopo “Madiba”

In arrivo, il prossimo anno,un film su Nelson Mandela,padre della “NazioneArcobaleno”

ArteBack To South Africaa Bologna

DemografiaIl mondo sarà sempre più africano

Sopra, una delleopere esposte a Bologna.Sotto, un gruppo di allegri bambiniafricani.

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Zoomguaglianze nella distribuzione della ricchezza e la disoccupazione giovanile restano le minacce piùpreoccupanti.

Dove & QuandoA Johannesburg (Sudafrica) dal 28 al 30 ottobre

C INQUANTUNOaziende italianesi sono dette

pronte a investire nel-l’Africa dell’Est nei set-tori delle infrastrutturee trasporti, dell’energia,dell’ambiente e rifiuti,delle risorse idriche e dell’agroindustria. Le aziende, organizzatein filiere con partnereuropei, hanno incon-trato, lo scorso luglio a Palermo, il ministrodel tesoro del Kenya e hanno confermato l’intenzione di pro-grammare, a partire dal prossimo autunno, investimenti nell’area.In gioco ci sono, fra le altre cose, l’amplia-mento del porto di Mombasa e dell’aero-porto internazionale

BusinessIn Est Africa il made in Italy sfida la Cina

Appelli

I pastori hanno rivolto un forte appello neiconfronti dei governanti per la ricerca del be-ne comune «in primo luogo in campo econo-mico, perché gli imprenditori siano messi nel-le condizioni di gestire la loro ricchezza nonelusivamente per se stessi, ma per il benesseredei loro fratelli e sorelle, con l’orgoglio di por-

tare un po’ di felicità a tutti, senza alcuna ec-cezione», come ha sottolineato il vescovo con-golese di Brazzaville Mbuyu.

Nel messaggio finale i vescovi criticano ilcomportamento di gran parte dei leader dei go-verni africani «che restano indifferenti alle sof-ferenze dei loro fratelli» e antepongono i propriinteressi a quelli del paese. Richiamano poi l’at-tenzione su alcune gravi crisi, in particolarequella della Repubblica centrafricana e dellaRepubblica democratica del Congo, dove con-tinua il conflitto insieme agli stupri e alla viola-zione sistematica dei diritti umani.

Dall’assemblea è uscito un piano che dovràguidare l’azione della Chiesa cattolica in Africadal 2013 al 2018 e che prevede progetti di for-mazione politica e di educazione alle pratichedemocratiche e al bene comune.

Onlinehttp://secam-sceam.org

Chiesa africana contro l’indifferenza

“L A CHIESA NON PUÒ PIÙ TACERE”.È stato un vero e proprio gri-do contro l’indifferenza quello

degli oltre cento vescovi africani riuniti aKinshasa per la 16ª assemblea plenariadelle Conferenze episcopali d’Africa eMadagascar (Secam), che si è svolta loscorso luglio.

Riuniti in assemblea plenariai vescovi africani lanciano un gridoforte contro l’indifferenza dei governanti africani

di Nairobi, opere chevedono le aziende cine-si già posizionate da anni.

Onlinewww.camcom.gov.itwww.ice.gov.it

a cura di Emanuela Citterio

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Un lascito per Matany (Uganda)

modo strutturato e continuativo del proprio lavoro sulcampo è comune a queste organizzazioni di altre cul-turali diverse. È un rigoroso esercizio di trasparenzache deve articolarsi a vari livelli, nella gestione, nellasistematica valutazione di impatto degli interventi,nella comunicazione. All’incontro che ha visto unaimportante partecipazione istituzionale e del mondo

RomaLink 2007 alla Camera dei Deputati

Le Ong italiane che si riuniscono dal 2007 nella reteLink si sono ritrovate a fine giugno a Roma per parlaredi “Accountability, un comune percorso nella coope-razione allo sviluppo”. La scelta di “rendere conto” in

A DUE ANNI DA “Ilbene ostinato”,esce “Morimon-

do”, il nuovo libro di unamico del Cuamm, Pao-lo Rumiz. È il raccontodi un lungo viaggio, tut-to speciale, sul “fiume”per eccellenza: il Po, an-zi Po senza articolo.Sembra facile collocarlo,leggerlo sulle carte,menzionarne la storia.Invece no. Forse ne sap-piamo pochissimo, e co-noscerlo significa la-sciarlo apparire là dovemuore un mondo per-ché un altro nasca. «Povisto dal Po è un Dio Ser-pente, una voce semprepiù femminile – irruentee umile, arrendevole e solenne –, silente fra le sue rive deserte. Nes-suno sembra scendere a reclamarlo, e sopra, a un’altezza che sembradistante secoli, passanoponti che poggiano supiloni ignari e indiffe-renti. È allora che biso-gna ascoltarlo, è allorache le sue voci diventa-no richiami, inviti».

vita, nella comune passione per l’astronomia.Non mancava mai lo spunto per la filosofia, perpensieri di fede, per la solidarietà fraterna. La lo-ro casa era sempre aperta a tutti; a qualsiasi ora.A ogni richiesta, una risposta: “Eccomi”.

E pensare che avevano motivo per chiedereaiuto, anziché darlo. Antonio, in progressiva pa-

ralisi alle gambe, la schiena arcuata e saldata, lostomaco fuori uso e la vista ridotta per il glauco-ma. Silvia, operata su tre valvole cardiache, poioperata di mastectomia totale bilaterale. Infine,preda di patologia tumorale diffusa. Silvia ha as-sistito Antonio, ridotto sulla sedia a rotelle, perlunghi anni. E, solo dopo, curava se stessa. Sonomorti di recente. Dopo che Silvia morì, mi chia-marono gli eredi per dirmi che mi aveva donatola sua casa. Quali era il significato di questa scel-ta? Non potevo tenere quell’enorme regalo perme, dovevo donarlo a chi ha più bisogno. È statonaturale destinare al Cuamm un lascito per il suoimpegno in Africa. Col ricavato della vendita del-la casa di Silvia, sono andato a Padova a sotto-scrivere un progetto per Matany, in Uganda, peril parto sicuro per donne e bambini e per la for-mazione di paramedici ugandesi.

Per info su come destinare un lascito049.8751279

In ricordo di due amiciche hanno amato l’Africa

Viaggio“Morimondo”,il nuovo libro di PaoloRumiz

C ONOSCO IL CUAMM fin dalla sua fon-dazione e ancor più quando Enzo eOttavia (Pisani) sono partiti nel 1979.

Nel frattempo ho conosciuto altre perso-ne eccezionali: Antonio e Silvia, padre efiglia: ingegnere geniale lui, assistente “ve-ramente” sociale lei. Con questi due amiciho trascorso quasi quarant’anni della mia

Nel reparto di maternitàdell’ospedale di Matany il Cuamm ha apposto una targa dedicata ad Antonio e Silvia

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di Francesco Azzarita

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Unisciti a noi

A Roma un nuovo gruppo

della comunicazione, il direttore Dante Carraro ha illustrato i risultati del primo anno di attività del gran-de progetto “Prima le mamme e i bambini”.I lavori sono proseguiti per gli “addetti ai lavori” perindividuare quali iniziative assumere per rendersi dav-vero responsabili nei fatti e non a parole. Una riunio-ne utile per rendere davvero più efficaci gli interventi.

sviluppo congiunto dell’agenda della saluteglobale.

In quali attività siete impegnati princi-palmente?

In genere ci muoviamo su vari fronti: la promo-zione e diffusione dello stile, dei valori e del-l’impegno del Cuamm a favore della salute del-le popolazioni africane, la raccolta fondi, laformazione e la partecipazione attiva dei volon-tari del gruppo (vecchi e nuovi) e infine l’ap-poggio a iniziative istituzionali organizzate dal-la sede centrale che necessitano di un supportologistico e di volontari.

Che progetti sostenete? In quattro anni abbiamo appoggiato, in parti-colare, le borse di studio per gli studenti del-l’Università di Beira, in Mozambico la pediatriadell’ospedale di Chiulo in Angola e le attività le-gate alla fondazione Parole di Lulù. Supportaregli studenti di medicina è stata una scelta pri-maria, perché come gruppo crediamo che laformazione sia un asse fondamentale del lavorodel Cuamm.

In particolare, abbiamo organizzato eventidi diffusione e confronto nelle università con igiovani medici, promosso concerti e iniziativeaperte a pubblici specializzati e non. Avere co-me obiettivo una o più borse di studio da soste-nere ha aiutato a dare concretezza e fattibilitàagli eventi.

La vera rivelazione degli ultimi anni sta nel-la partecipazione al gruppo di giovani laurean-di e specializzandi. Hanno portato un’energianuova e una qualità di lavoro altissima, contri-buendo in maniera decisiva alla crescita delgruppo romano.

Perché hai scelto di essere parte delgruppo?

Perché ritengo che i temi e i progetti portati avan-ti dal Cuamm riguardino anche me; perché midiverto con il gruppo, oltre che volontari siamodiventati amici, quasi una famiglia.

Consiglieresti ad altri di farne parte?Perché?

Certo, perché chiunque può fare qualcosa diutile e importante, anche dall’Italia. Non è ne-cessario andare in Africa.

di impatto con la cittadinanza sia di coinvolgi-mento di soggetti che possono diventare “am-basciatori” e testimoni per la diffusione delmessaggio di Medici con l’Africa Cuamm. Ro-ma è un luogo cruciale per il confronto con idecisori politici rispetto al ruolo dell’Italia nel-la cooperazione sanitaria internazionale e allo

L’obiettivo è quello di far conoscere Medici con l’AfricaCuamm. Dove? A Roma e nel Lazio. A farlo è un nuovo gruppo d’appoggio nato nel 2009 e che oggi coinvolge ben 45 persone

MOLTO IMPORTANTE, a livello stra-tegico, che il Cuamm venga rico-nosciuto e conosciuto nella capita-

le – spiega Patrizia Braga, vicepresidentedel Gruppo Medici con l’Africa CuammRoma –. Ogni anno qui gravitano persona-lità e iniziative di cooperazione interna-zionale molto significativi, sia in termini

È

ROMAVolontarie del gruppo di Roma a un banchetto di sensibilizzazione.La prima a sinistra è Patrizia Braga.

Essere utili, divertendosidi Patrizia Braga

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rientamento che assume le dimensioni del mondo»,un mondo della «globalizzazione dell’indifferenza»,che rende tutti «responsabili senza nome e senzavolto», «che ci ha tolto la capacità di piangere». Hachiesto la grazia «di piangere sulla crudeltà che c’ènel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anoni-mato prendono decisioni socio-economiche cheaprono la strada ai drammi come questo».

Non sono state parole dottrinali, quanto piut-tosto parole d’amore dette all’altro, «ai cari amicimusulmani». In continuità con uno dei lasciti diBenedetto XVI, l’enciclica Caritas in Veritate sullosviluppo umano integrale, nel solco dell’insegna-mento di San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi:«Quand’anche io parlassi le lingue degli uomini edegli Angeli, se non ho la carità, io sono un bronzoche suona o un cembalo che squilla».

Papa Francesco difende i diritti dei migranti,dei poveri e degli ultimi, additando il crimine del-l’indifferenza. Parlare di diritti, che per i migranticorrisponde al diritto alla vita, vuol dire stabiliredei doveri per chi ha la responsabilità di decidere.

Non è giusto che il prendere decisioni di politicaeconomica o sanitaria a livello globale, nazionale olocale, che renderanno la vita impossibile a milionidi persone, lasci imperturbabile chi decide, perchénon conosce chi le subisce. Come la recente decisio-ne della Regione Lombardia che, in contrasto conquanto stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni, haescluso i figli degli immigrati, in condizione di irre-golarità giuridica, dall’accesso alla pediatria di base.

Non è possibile fermare il processo delle migra-zioni, né giusto, in un mondo dove le élite deloca-lizzano per valorizzare i prodotti e gigantesche ric-chezze vengono occultate nei paradisi offshore,sfuggendo alla tassazione che potrebbe risolveregran parte della povertà esistente.

Papa Francesco parla il linguaggio evangelico econ parole semplici comunica contenuti program-matici straordinari: il ruolo di cristiani e laici nellasocietà e il conflitto da risolvere tra il progresso dioggi, superficiale e indifferente come una bolla disapone, e il dovere della responsabilità.

Dalla parte dei migranti

«Non si ripeta, per favore»Papa Francesco a Lampedusa

Enrico MateriaEsperto di salute globale

Visto da qui

le sponde europee dal Nord Africa, ha celebrato laSanta messa sull’altare costruito su una barca.

Durante l’omelia, ha usato parole semplici perpronunciare quella che è stata poi definita come“un’enciclica programmatica di pontificato”. Ha ri-cordato «gli immigrati morti in mare, da quelle bar-che che invece di essere una via di speranza sonostate una via di morte». «Perché cercavano un postomigliore per sé e per le loro famiglie». Ha parlato diun «gesto di vicinanza» perché «non si ripeta, perfavore». Ha detto del disorientamento dell’uomo dioggi che, come Adamo, crede di diventare potentee perde, come Caino, la «relazione con l’altro chenon è più il fratello d’amare, ma l’altro che disturbala mia vita, il mio benessere». Ha detto di una «cul-tura del benessere che ci rende insensibili alle gridadegli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sonobelle, ma non sono nulla». Ha descritto un «diso-

A LAMPEDUSAPapa Francescoincontra gli immigrati.

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L’ 8 LUGLIO 2013 PAPA FRANCESCO havisitato Lampedusa, durante il suoprimo viaggio fuori Roma. Senza

formalità ha raggiunto il porto via mare,scortato dalle barche. Dopo aver lanciatouna corona di fiori in mare per ricordare i19mila migranti che, negli ultimi decenni, vihanno perso la vita, cercando di raggiungere

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LA TUA EREDITÀ PUÒ FAR CRESCEREUN DOMANI MIGLIORE

Con un lascito testamentario nei confronti di Medici con l’Africa Cuammcredi nelle possibilità del futuro.

via San Francesco, 12635121 Padova Italytel. 049.8751279fax [email protected]

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