ACINotizie 6-2009

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BIMESTRALE DELL'AZIONE CATTOLICA DI BRESCIA ANNO XXIII 6 | 09 REG. TRIB. DI BRESCIA N. 40/1984 DEL 22.12.1984 SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2 DCB BRESCIA CONTIENE I.R. L'importante è partecipare La democrazia è malata. Nuove idee perché torni a crescere l’interesse per il bene di tutti

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Bimestrale dell'Azione Cattolica di Brescia Anno XXIII N° 06 novembre-dicembre 2009

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Bimestrale dell'azioneCattoliCa di BresCia

anno XXiii

6|09

reg. triB. di BresCian. 40/1984 del 22.12.1984

sped. in a.p. - d.l. 353/2003(Conv. l. 27/02/2004 n. 46)

art. 1, Comma 2 dCB BresCia

Contiene i.r.

L'importanteè partecipareLa democrazia è malata. Nuove idee perchétorni a crescere l’interesse per il bene di tutti

buono

Editoriale

BIMESTRALE DELL'AZIONECATTOLICA DI BRESCIA

anno XXiiin° 06 novemBre-diCemBre 2009

direttore responsabile:

graziano Biondi

redazione:

sarah albertini, michele Busi,giovanni Falsina, mariangela Ferrari,

paolo Ferrari, Beppe mattei,massimo orizio, luciano zanardini

direzione e redazione:

via tosio 1 - 25121 Bresciatel. 030.40102

fax [email protected]

foto:

alessandro Chiarini, luisa Colosiogiorgio Baioni, pierangelo traversi

editrice:

azione Cattolica italianaConsiglio diocesano di Brescia

progetto grafico:

maurizio Castrezzati

realizzazione:

Cidiemme - Brescia

stampa:

tipografia Camuna s.p.a.

www.acbrescia.it

gli indirizzi dell’associazione

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eL’anno buono“Ma dove andremo a finire se continua così?- si sente spesso dire dalla gente qua e là - Continua violenza, scandali, imbrogli e mali: dove sono finiti i veri, grandi ideali? È vero, il mondo oggi si dipinge a tinte scure, si esaltano gli equivoci, le scene crude e dure, soldi e facili successi col piglia, usa e getta. però, mi si permetta: non è questa la sola umanità.

Conosco un’altra umanità, quella che spesso incontro per la strada; quella che non grida, quella che non schiaccia per emergere sull’altra gente. Conosco un’altra umanità, quella che non sa rubare per avere, ma sarà contenta di guadagnare il pane con il suo sudore.

Credo, credo in questa umanità che vive nel silenzio, che ancora sa arrossire, sa abbassare gli occhi e sa scusare. Questa è l’umanità che mi fa sperare.

Conosco un’altra umanità, quella che ora va controcorrente; quella che sa dare anche la sua vita per morire per la propria gente. Conosco un’altra umanità,quella che non cerca mai il suo posto al sole quando sa che al mondo per miseria e fame tanta gente muore.

Credo, credo in questa umanità che abbatte le frontiere, che paga di persona, che non usa armi, ma sa usare il cuore. Questa è l’umanità che crede nell’amore”(Un’altra umanità).

Queste parole di una canzone del gen rossomi paiono esprimere, meglio di molti discorsi,più o meno complicati,i sentimenti che molti di noi provanoin questo tempo e anche la speranzache deve animare chi si dice(ma lo è, lo siamo veramente?)cristiano.l’augurio che faccio a tutti a noi,alle nostre famiglie,ai nostri associati e alle nostre comunità parrocchialiè che il 2010 sia un anno buonoper essere veramente uomini e donnedi questa umanità.Un anno buono. Un buon annoMichele

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Pare non ci sia in giro molta voglia di partecipare, se non la confon-diamo con le chiacchiere, preoc-

cupate o ironiche, in ufficio o al bar, intorno alle vicende che i nostri politici non ci lasciano mai mancare, o se non la riduciamo alla tifoseria da salotto davanti ai dibattiti televisivi. Più diret-ta e dinamica sembra quella scatenata da qualche scelta amministrativa poco felice per l’interesse privato di singoli o di gruppi. Allora scattano le mobili-tazioni, i comitati, le assemblee pub-bliche, i volantinaggi per informare e coinvolgere tutti. Calmate le acque, pe-rò, tutto si assopisce nuovamente. La voglia di partecipare - intesa come diritto da esercitare, come dovere civi-co, come desiderio di corresponsabilità nella ricerca e nella gestione della cosa pubblica - pare oggi soffrire di una cer-ta anoressia. La democrazia è malata, purtroppo! I sintomi che lo conferma-no sono tanti, in buona parte alimen-tati dal clima politico che ne favorisce la diffusione. Vanno dalla sfiducia nel-le persone che ci rappresentano e han-no abusato del loro potere (le abbiamo ormai viste tutte?) alla delega totale a chi promette di garantire gli interessi nostrani (anche se penalizzano qual-cun altro); dalla rassegnazione perché tanto non cambia nulla ed è inutile im-pegnarsi, alla rinuncia perché troppo

costoso in termini di energie personali da investire, nonostante magari qual-che nostalgia, in particolare per chi è di mezza età, verso ideali per cui spen-dersi, ancora.Siamo in un tempo di pensiero debole e di dichiarazioni forti, di movimenti-smo populista divenuto politicamente sistema e di affidamento a figure cari-smatiche che sanno come gestire il po-tere… Questi sintomi sono rilevabili nel corpo sociale in modo diffuso, al di là della collocazione elettorale.

Cattolici incerti e dubbiosi

Anche i cattolici non si sottraggono a questi stessi sintomi. Sono incerti e dubbiosi su tutto e tutti, hanno nostal-gia di partiti identitari, ormai impropo-nibili, perché i valori da perseguire non trovano più maggioranze che li sosten-gono totalmente. E così non si sento-no più rappresentati da nessuno. De-siderano suggerimenti autorevoli per orientarsi nella confusione, ma sono allergici a prese di posizione ecclesia-stiche; si aggregano più volentieri nei movimenti, che indicano i comporta-menti da assumere, piuttosto che nelle associazioni, più complesse nella de-finizione democratica delle proprie li-nee, anche qui segnalando disaffezione a uno stile senz’altro più impegnativo,

ma formativo alla partecipazione e al-la responsabilità. La stessa laicità, di-chiarata come un valore dal Magistero, è vista con sospetto. La preoccupazione di intralciare l’obiettivo della comunio-ne li induce a evitare qualsiasi dibattito politico interno alla comunità. Magari però è lo stesso quieto vivere, tentazio-ne di tutti, a prevalere anche in loro. Impegnarsi per gli altri rimane tuttavia per i cattolici un dovere irrinunciabile, che però si indirizza spesso all’intraec-clesiale o al volontariato.

Cosa possiamo fare

In questa crisi dilagante, di fronte al senso di impotenza che ci assale, den-tro la nostalgia di contribuire al bene comune, che possiamo fare?Innanzi tutto è doveroso continuare a credere nel valore della democra-zia: sia a livello di ideale da difendere, promuovere, motivare, sia a livello di prassi da praticare e da pretendere in tutti i contesti in cui ci troviamo. Cer-tamente non sempre sarà a costo zero, ma è necessario dimostrare quanto ci si crede anche con i fatti. Ciò favori-sce quell’opera di paziente lavoro dal basso, forse l’unica opera possibile ai cittadini, ma utile, fortemente utile al tessuto sociale. È un’opera educativa, culturale per rimettere in gioco speran-

Voglia dipartecipazione

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il tema

ze e energie necessarie a far maturare i tempi nuovi che tutti desiderano: quelli di una democrazia sana. Alcune attenzioni diventano indispen-sabili come vitamine ricostituenti.Coltivare il dialogo. Esso è fatto di ascolto, di confronto, di coinvolgi-mento. Già in sé accresce sensibilità e cultura civica, provoca riflessione, sti-mola la ricerca condivisa di soluzioni, genera consenso o stempera i conflit-ti. In esso possono anche passare i va-lori, non tanto come proclamazione, ma come proposta, testimoniandone la positività. Ritornare al territorio. È da qui che si ricostruisce il tessuto sociale, si colti-vano le relazioni, si sollecita attenzione a ciò che riguarda tutti. Con l’avverten-za di guardare però a tutti coloro che abitano il territorio, di non prescinde-re solo dagli interessi di parte, ma con l’orizzonte aperto al bene comune. Sce-gliere il territorio non è sinonimo di lo-calismo, ma di radicamento, di lettura della realtà, per contrastare una cultu-ra solo mediatica che mostra ciò che decide chi ne ha il potere e comunque lontana dalla vita concreta, soprattutto di chi è più debole. Immaginare insieme il futuro. Dal radicamento può rinascere la do-manda: quale società vogliamo? Che cosa intendiamo costruire per le gene-razioni future? Quale patrimonio co-mune ci impegniamo a lasciare in ere-dità ai nostri figli? Le risposte condi-vise possono diventare progetti, pro-poste. Non può essere un contributo alla democrazia tutto questo?

Farsi prossimo

Per i cattolici, queste attenzioni posso-no avere come ulteriore motivazione propulsiva il “farsi prossimo”; ed esse-re sostenute da un lucido discernimento comunitario, che non danneggia la co-munione ecclesiale, anzi la rende più autentica. Non ci siano scuse dunque a riprendere questi temi, con serenità e con determinazione. E con la libertà che Dossetti suggeriva, ancora venti-cinque anni fa: «I battezzati consape-voli devono mirare non ad una presen-za dei cristiani nelle realtà temporali e alla loro consistenza numerica e al loro peso politico, ma ad una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interio-re, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente so-ciale e politico». Mariangela Ferrari

il tema

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non si può parlare di democrazia e di partecipazione in una società senza tener conto dei mezzi di co-municazione. nell’era moderna non c’è rivoluzione o colpo di stato che non si ponga come primo obietti-vo l’occupazione dei giornali piut-tosto che delle emittenti televisive e radiofoniche. non c’è liberazione laddove non si ripristina la liber-tà di stampa. È sempre stato così, ma oggi lo è ancora di più. perché la diffusione e l’intrusione di questi strumenti nella vita sociale è tale che sono diventati i reali mediatori fra ciò che avviene, ciò che si pen-sa, ciò che si progetta e la perce-zione che di tutto questo hanno le persone.non è questa la sede per fare un’analisi approfondita del siste-ma, mi limito a rilevare che anche tutto ciò che concerne la vita poli-tica, e quindi la partecipazione, è stato confiscato dai mass media. Usando un brutto vocabolo si può

dire che la politica è stata mediatiz-zata. Basta qualche cenno. i rap-porti tra elettori e candidati pas-sano quasi totalmente attraverso le tribune mediali; il confronto fra le diverse opinioni è rappresentato dai dibattiti televisivi, in cui tutti si urlano addosso, in cui si sfornano dati totalmente contrastanti senza che l’ascoltatore abbia la possibili-tà di capire quali sono quelli falsi e quali sono quelli veri; la politica è personalizzata e spettacolarizzata a tal punto che si cercano (a destra come a sinistra) leader che abbia-no le caratteristiche dei bravi pre-sentatori, degli animatori da navi di crociera o da Club méditerranée piuttosto che quelle degli statisti; la commistione tra informazione e spettacolo ha eletto le veline di tutti i generi a opinioniste di prima fila; i telegiornali sono ogni giorno popolati da un gruppo ristretto di politici che dicono banalità o bugie (spesso le due cose insieme).

il tema

sottiliCittadini sottilidavanti alla Tv

La personalizzazione politica ci rendespettatori da consultare con sondaggi

angelo onger

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Italiad’altronde l’ultimo rapporto del Censis sulla comunicazione (no-vembre 2009) conferma che gli italiani vedono sempre più tv (97,8%; +1,4 rispetto al 2007) e leggono sempre meno. la lettura dei quotidiani a pagamento alme-no una volta alla settimana pas-sa dal 67% al 54,8% (-12,2%). se poi si guarda agli utenti abi-tuali, ovvero quelli che il giornale lo prendono in mano almeno tre volte in sette giorni, si passa dal 51,1% al 34,5% (- 16,6%). per quanto riguarda i periodici lo sce-nario non migliora: nel 2009 li leg-ge il 26,1% degli italiani (-14,2%) e quella dei mensili il 18,6% (-8,1%). Questo significa che la te-levisione è lo strumento principa-le dal quale gli italiani attingono le informazioni. e il peccato origi-nale della informazione televisiva è legato alla natura stessa dello strumento, fondata sulle immagi-ni, sulle suggestioni visive e sulla marginalità della parola: la televi-sione è tutto ciò che fa spettacolo, per questo informazione e spetta-colo si mescolano in un prodotto che è stato chiamato (con vocaboli barbari) infotainment e politain-ment. Infotainment è una parola americana che nasce dall’unione di information (informazione) e

entertainment (intrattenimento), per indicare appunto il fenomeno della spettacolarizzazione dell’in-formazione. Politainment unisce politica e intrattenimento, volen-do rendere la politica divertente e, attraverso di essa, qualificare l’intrattenimento. di fatto, «la po-litica è come un enorme frullatore di realtà e finzione, di notizia e di commento, di immagini e di sto-rie, di ragionamenti e di emozioni» (mazzoleni-sfardini in Politica pop, il mulino), la cui comprensione e decodificazione esige una grande capacità critica.

È pur vero che questa omologazio-ne nella mediocrità informativa ha provocato e provoca una reazione diffusa tra i cittadini che scaricano, per lo più sul web, la loro rabbia contestatrice, ma, a parte il fat-to che i frequentatori del web so-no ancora una minoranza, a vol-te si ha la sensazione che anche con le migliori intenzioni si finisca solo per moltiplicare la confusio-ne. non a caso il numero dei non votanti in italia è in continua cre-scita. mi sembra perciò eccessi-vamente ottimistica l’opinione di chi ritiene che tutto questo con-tribuisca in maniera interessan-te alla diffusione di nuove forme di cultura civica, a nuove forme di partecipazione. mi sembra più corrispondente al vero l’idea che, dopo il pensiero debole, sia l’ora di una cittadinanza sottile (Benja-min r. Barber).

a partire da questi dati, l’idea che la battaglia per conquistare qual-che poltrona in tv e nelle lotterie delle nomine possa modificare la situazione, è frutto di una omo-logazione mentale agli strumenti che non porta da nessuna parte. in questo senso il problema non è Berlusconi, ma la tv che lo ha generato e non a caso è la tv che lo tiene in piedi, certo anche per-ché ne è il padrone assoluto, ma soprattutto perché il personaggio corrisponde perfettamente alla non cultura televisiva. per uscir-ne, se pensiamo che sia il caso, è necessario cambiare marcia e rendersi conto che non si tratta di demonizzare gli strumenti ma di educare le persone a usarli. Un impegno che va in profondità e che richiede tempi lunghi che oggi, an-che nella Chiesa, sembrano insop-portabili. e magari ci si accontenta di cercare un Berlusconi di riserva (anche per il prossimo papa?).

il tema

Una democrazia senza popolo, se non quello interrogato dal grande dio dell’opinione pubblica (god!), il son-daggio.Una democrazia, dunque, sen-za partecipazione dei cittadini, spetta-tori di un “gioco” che si compie solo nel momento del voto, per il resto “rap-presentato” nei salotti della televisio-ne. È inutile negarlo: la democrazia rappresentativa è alle corde. il rischio di vederla svuotata è concreto, come spiegano gli articoli di questo numero di aci notizie.

Buone notizie

C’è da essere pessimisti? Un po’. dif-fidenti di fronte a chi chiede sconti di qualsiasi tipo sul metodo democratico, vogliamo provare a trovare qualche buona notizia, un po’ come fa la ga-banelli per non mandarci a letto troppo incattiviti dopo le inchieste di “report”. proprio il programma di raitre ci ha raccontato un’interessante esperien-za di partecipazione e di cittadinanza attiva: la riqualificazione dell’area del-la Bolognina, nel capoluogo emiliano, attraverso un ampio processo di coin-

Buone pratiche di microdemocrazia

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Italia

volgimento dei cittadini, delle associa-zioni e dei vari interessi, finalizzato alla ri-progettazione partecipata dell’area. il processo non è spontaneo e richiede un certo investimento da parte dell’am-ministrazione pubblica, sia in termi-ni di denaro che di tempo, ma anche per l’utilizzo di facilitatori e di esperti che gestiscano il confronto tra tutti gli “stakeholder”, cioè tutti quelli che sono coinvolti dalla faccenda. È uno dei tanti casi - oggi si usa dire “buone prassi” - sparsi per il paese, che vanno sotto il nome di “democrazia partecipa-tiva o deliberativa”. il vantaggio di processi di questo genere - insieme a qualche difficoltà e ad alcuni rischi - è presto detto: accrescere la cultura ci-vica; produrre decisioni migliori, nel senso di più ponderate; giungere a scelte condivise; aumentare la legitti-mità delle decisioni, perché generano consenso; permettere, infine, di gestire costruttivamente i conflitti.

Pratiche di partecipazione

esempi di questo genere si sono vi-sti anche a Brescia, dove negli ultimi

anni non sono mancate esperienze di progettazione urbanistica partecipa-ta. e un elenco molto circostanziato di pratiche ha raccolto anche Luigi Bobbio in un libro dal titolo eloquen-te: Amministrare con i cittadini. Viag-gio tra le pratiche di partecipazione in Italia (rubbettino, 2007 - è disponi-bile sul sito www.acbrescia.it nel ma-teriale del Convegno interassociativo 2008). Bobbio, nella sua ricognizione dal nord al sud del paese, racconta di cittadini mobilitati e di amministrazio-ni “coinvolgenti” su temi a livelli vari di complessità. si va dal caso di ter-ni, in cui i genitori sono stati i prota-gonisti della definizione del capitolato per l’appalto delle mense scolastiche, alla riqualificazione di un quartiere di ivrea; dal bilancio partecipativo di rozzano, al piano della salute del co-mune di imola.Ciò che risulta interessante di que-sta prospettiva è, al di là del conte-nuto, il metodo: allargare lo spazio della decisione, trasformandola in un processo in cui le persone si attiva-no guidate vuoi da interessi legittimi, vuoi dalla sincera volontà di costruire

Fratelli, l’Italia s’è destapaolo Ferrari

soluzioni per i problemi di tutti e di ciascuno (cioè il bene comune). par-tecipando, diventano cittadini infor-mati e responsabili perché il processo decisionale consente di acquisire dal confronto conoscenze e competenze sulla materia concreta.

Laboratoridi micro-democrazia

se a questi laboratori di micro-demo-crazia aggiungiamo altri spazi in cui la possibilità di partecipare è concre-ta, il gioco è fatto. penso per esem-pio alle potenzialità in termini di re-sponsabilità sociale e di sviluppo so-stenibile che alimentano i gruppi di acquisto solidale (gas), una realtà in grande espansione. ma anche agli spazi che può trovare nel mondo del-la scuola una presenza di genitori che sappia essere incisiva perché compe-tente e informata (gli amici bresciani dell’age, che stanno dando un contri-buto determinante con il loro “lavoro ai fianchi” al ministro gelmini e alle commissioni parlamentari sul tema della scuola, sono solo l’esempio più

il tema

Città

scuolail tema

associarsi liberamente per rag-giungere uno scopo è da sempre una delle sfide più tipiche dell’uma-nità. l’aC lo esprime nel sottoline-are il valore del “mettersi insieme” per testimoniare il vangelo con la propria vita. sotto molti punti di vi-sta l’esperienza associativa è per-ciò una scuola di partecipazione di grande valore. la scelta associati-va e la scelta democratica sono, infatti, insieme alla scelta religiosa e alla scelta ecclesiale, fra le carat-teristiche più significative dell’aC, ribadite dallo statuto.la scelta democratica è la scelta per una corresponsabilità: siamo soci, ci impegniamo. siamo chiamati a partecipare in maniera attiva alla crescita della nostra associazione, a dare luogo a dei legami che non possono essere freddi, formali. C’è sempre dietro l’angolo il rischio che si scada solo in passaggi burocrati-ci o si cerchi di imitare “in piccolo” certe mode della politica.

La scelta di associarsi

associarsi liberamente può costi-tuire una risposta alla tentazione dell’individualismo che prende va-rie dimensioni del vivere insieme,

la tentazione di “fare meglio perché da soli” come soluzione alla stan-chezza di certi passaggi che paiono inutili lungaggini. l’impegno per la cura delle relazioni personali, tema di quest’anno, va anche declinato nella cura dei momenti di parteci-pazione e comunitari della nostra associazione.il momento dell’adesione, che ab-biamo appena festeggiato lo scor-so 8 dicembre, ci dice che parte-cipare è importante. Chiedendo di aderire esprimiamo la volontà non solo di “far parte”, ma soprattutto di “prendere parte” alla vita dell’ac. la richiesta di confermare ogni anno questa scelta è anche un impegno a rimotivare ogni volta una scelta che non può mai darsi per acquisi-ta o per scontata stancamente. il senso di appartenenza all’ac si col-tiva e matura nella misura in cui si riconosce nella vita associativa una dimensione rilevante per il proprio cammino di maturazione umana e cristiana.

La scelta della democraziae della popolarità

le modalità con cui si concretizza la stessa appartenenza all’ac sono

evidente di dove possa arrivare l’as-sociazionismo organizzato!). penso, inoltre, a quelle che papa Benedetto Xvi ha definito minoranze creative, cioè quei gruppi di persone che guar-dano con coraggio al futuro, consa-pevoli che piccoli mutamenti possono determinare grandi trasformazioni. ma, più complessivamente, mi riferi-sco a tutte le situazioni in cui ci fac-ciamo carico della difficoltà e dei co-sti di far decollare l’azione collettiva per risolvere problemi che toccano la famiglia, la salute, l’ambiente, il ter-ritorio, l’educazione dei nostri figli, la sicurezza, e così via: nel quartiere, sul lavoro, a scuola, nella città.tutte occasioni in cui ci facciamo ca-rico del bene comune e dimostriamo, con don milani, che «sortirne da so-li è egoismo, sortirne insieme è po-litica».

L’Italia s’è desta

gli esempi potrebbero essere anco-ra tanti e non sono solo belle parole. non lo sono perché nessuno sogna di sostituire la democrazia rappresenta-tiva con quella deliberativa. sia per-ché man mano che si amplia il livello territoriale delle questioni da affron-tare, cresce la difficoltà fisiologica e aumentano i costi per coinvolgere i cittadini in modo diretto (l’associazio-nismo organizzato, con i suoi diversi livelli territoriali, in questo è un otti-mo canale di partecipazione e di pres-sione). sia perché i due modelli non sono affatto antitetici: se la democra-zia partecipativa dilatasse all’infinito il processo decisionale si tradurrebbe in un assemblearismo estenuante e in-concludente. dopo la fase dell’ascol-to e del confronto, l’amministratore o il politico si deve assumere invece la responsabilità della decisione. il tempo che avrà speso per ascoltare la voce dei cittadini si tradurrà, però, nei vantaggi di cui si parlava i termini di consenso, di legittimità e di bontà della scelta. in questo senso le dina-miche della democrazia deliberativa possono dialogare con quelle della democrazia rappresentativa. esercitarsi nei mille possibili labora-tori della micro-democrazia, accanto alle forme tradizionali della partecipa-zione politica, può essere la strada per riaccendere la voglia di partecipare e ridare un “demos” alla democrazia. Chissà che questo “popolo”, assopito nel salotto di casa a fare da spetta-tore silente dei salotti televisivi della politica, si desti dal sonno e cerchi di riprendersi un po’ quel ruolo di atto-re protagonista che la Costituzione gli assegna.

Un servizio culturale e politico, per una città a misura d’uomo. È questa la principale finalità che ha spinto una cinquantina di don-ne e uomini a costituire la sezione bresciana dell’associazione Città dell’uomo, fondata da giuseppe lazzati nel 1985. l’atto di costitu-zione è avvenuto il 24 settembre

2009, in palazzo san paolo a Bre-scia - ospiti dell’azione Cattolica - alla presenza del professor Lu-ciano Caimi, presidente nazionale dell’associazione: l’assemblea co-stitutiva dell’associazione ha eletto all’unanimità chi scrive come pre-sidente, e il consiglio direttivo per il prossimo triennio, di cui fanno

L’associazione e l’associazionismo sonoun luogo privilegiato per la partecipazione

Città dell’uomoNasce la sezione bresciana

dell'associazione creata da Lazzati

pierangelo milesi*

8aci notizie n. 06|2009

aci notizie n. 06|20099

scuolagià una forma di educazione alla cit-tadinanza e alla politica.l’elezione democratica dei responsa-bili, la partecipazione alle assemblee e ai consigli ai diversi livelli (parroc-chiale, diocesano, nazionale), indicano la corresponsabilità di tutti i soci nel determinare le scelte fondamentali dell’associazione.vi è poi la scelta del gruppo. la scelta di camminare insieme, valorizzando ciascuno, stimola ad uscire dall’indif-ferenza e dalla rassegnazione, aiuta a confrontarsi con i bisogni degli al-tri, insegna a condividere un proget-to e a lavorare insieme per un obiet-tivo comune.vi è poi la dimensione popolare dell’ac. l’azione Cattolica ha scelto la strada della popolarità, che non è da confon-dere con un messaggio indistinto ri-volto a una massa. significa piuttosto il voler parlare a tutti gli uomini e le donne, di tutte le età e in tutte le con-dizioni e ambienti di vita: popolarità significa mettere al centro al persona, in tutte le scelte e i percorsi.

Educare alla partecipazione

l’associazione educa quotidianamen-te e fedelmente alla partecipazione e alla cittadinanza le persone di tutte le

età e condizioni di vita: i ragazzi, ov-viamente a misura della loro età, ven-gono educati alla cittadinanza attiva e all’impegno attraverso esperienze co-me per esempio quelle del mese della pace e dell’iniziativa di solidarietà. i giovani vengono educati alla parteci-pazione attiva nei loro ambienti di vita come la scuola, l’università, il lavoro e attraverso iniziative come quelle pro-poste dai movimenti. gli adulti sono chiamati a essere significativi all’inter-no del tessuto quotidiano del proprio impegno di cittadini.il livello di partecipazione associativa va poi “dal vicino al lontano”. si radi-ca nella parrocchia, unità di base del-la nostra associazione: pensiamo al Consiglio pastorale parrocchiale, nel quale i membri dell’ac della comunità parrocchiale sono chiamati a dare un contributo di qualità allo svolgimento e alla programmazione della vita della Chiesa locale. C’è poi la diocesi, il cui valore esprime la visione di Chiesa del Concilio: valore che si traduce per i lai-ci di ac nell’amore e nell’impegno per far fiorire i semi del regno nel tempo e nel luogo in cui si è chiamati a vive-re. esiste poi il collegamento regiona-le, che l’associazione ha sempre avuto e che rappresenta una patrimonio di condivisione, di relazioni e di capacità

di azione sul territorio assolutamente prezioso. C’è infine il livello naziona-le. mario Fani e giovanni acquaderni nel 1868 diedero all’associazione che fondarono il nome di gioventù Catto-lica italiana (che poi sarebbe divenuta azione Cattolica italiana). Questo per dare il senso di un legame che non si limitava al proprio territorio e per sot-tolineare, pur nella diversità e nella ti-picità del cammino di ogni gruppo, un respiro che andava al di là dei propri - spesso ristretti - orizzonti. anche que-sta è una dimensione non secondaria del senso della partecipazione in ac.

parte Daniela Mena, vicepresidente, Paolo Zaninetta, segretario, Mar-co Peli, tesoriere, Davide Bellini, Marina Berlinghieri, Chiara Buiz-za, Mario Fappani, Franco Gheza, Massimo Pesenti, Andrea Re.Città dell’uomo - Brescia intende of-frire opportunità e servizi per aiutare il laico credente a «pensare politica-mente», proponendosi di elaborare, promuovere, diffondere una cultura politica che, animata dalla concezio-ne cristiana dell’uomo e del mondo, sviluppi l’adesione ai valori della de-mocrazia espressi nei principi fonda-mentali della Costituzione della re-pubblica italiana, rispondendo alle complesse esigenze della società in trasformazione.Città dell’uomo - Brescia nasce - an-che per convinta volontà da parte di esponenti autorevoli dell’associazio-

nismo cattolico bresciano, quali aC, acli, meic - per promuovere una cul-tura politica rinnovata, intesa come spazio di mediazione e di educazione alla dimensione morale, e intende es-sere un’associazione dedita non solo alla formazione e alla trasmissione di cultura politica rivolta alle giovani ge-nerazioni, ma anche un luogo di ela-borazione e diffusione di essa.l’associazione - distinta e autonoma dai partiti, in quanto non tesa diret-tamente all’impegno partitico - nasce caratterizzata da un forte radicamen-to ecclesiale, proprio perché persegue tra i propri obiettivi anche il ritorno di un «pensare politicamente» anche all’interno delle nostre comunità ec-clesiali, senza nutrire il timore che un confronto aperto porti di per sé alla divisione. sembra di vitale importanza, anche

Ac, scuola di democraziamichele Busi

e soprattutto nel contesto odierno, spendersi con l’obiettivo di costruire legami significativi, al fine di superare la nozione indistinta di gente in favore di quella di popolo, che racchiude in sé il concetto di comunità che sta in-sieme nelle diversità. anche per tale motivo, a Città dell’uomo apparten-gono persone di generazioni, espe-rienze e competenze differenti: ciò non può che costituire una ricchezza che certamente porterà a suo tempo frutti maturi. per il bene comune. per una città a misura d’uomo.

* presidente di “Città dell’uomo”sezione di Brescia.

l’associazione è aperta a quanti, condividen-done le finalità, fossero interessati a farne parte per informazioni e adesioni è possibi-le contattare i membri del direttivo. la mail dell’associazione è [email protected]

il tema

il prof. luciano pazzaglia e pierangelo milesi nel corso dell'assembleadi “Città dell'uomo” tenutasi il 12 dicembrea palazzo san paolo.

comunenei mesi scorsi, la cronaca ci ha offerto un curioso episodio in qual-che modo emblematico dei tempi: la Corte di Cassazione, intervenu-ta a dirimere una controversia fra tifosi calcistici, avvenuta a suon di gestacci e battute in un bar di por-togruaro, ha affermato che quando si parla di pallone è lecito liberare gli istinti più “bassi”, per lo meno «laddove tale volgarità non suscita riprovazione alcuna». il principio – almeno per il realismo che lo detta - potrebbe anche essere condivisi-bile, se non fosse che riesce oltre-modo difficile individuare una lista precisa dei luoghi in cui «la volgari-tà non suscita più riprovazione alcu-na». l’elenco si apre senz’altro con i bar sport, per i quali la senten-za è stata disegnata. ma potrebbe agevolmente comprendere il par-lamento, le televisioni, le radio, i parcheggi, gli ingorghi, i semafori, i telefonini, le redazioni dei giorna-li, gli uffici pubblici, le scuole (non solo le assemblee studentesche, anche i collegi docenti e i consigli di istituto), le discoteche, i centri commerciali. pur utilizzando un cri-terio così restrittivo, la definizione non risulta ancora sufficientemente chiara. sarebbe più semplice pro-cedere al contrario, indicando cioè i luoghi dove «la volgarità suscita ancora riprovazione».

La degenerazione

non si tratta di nostalgia per le for-me: la verità è che il clima in cui il paese è costretto a vivere è così avvelenato che la sua espressione pubblica diventa la volgarità dila-gante. Un clima caratterizzato – in una combinazione sempre più instabile e rischiosa – da sospet-to, disillusione, indignazione verso tutto ciò che rimanda al vivere col-lettivo, la sfera politica soprattut-to. sarebbe un errore sottovaluta-re questi segnali di pericolo, tac-ciandoli di pessimismo cronico. la cronaca conferma ogni giorno che

il paese ha bisogno, innanzitutto, di convincersi che nessuna pur ac-cesa o sregolata competizione fra schieramenti, partiti, cordate per-sonali, esaurisce la politica, o, tan-to meno, ne costituisce la sua na-turale funzione o il limite estremo e non più tollerabile della sua de-generazione.

Forme concrete

il paese, tuttavia, ha bisogno di qualcosa in più. Ha bisogno di cre-dere che la politica sia davvero in grado di indicare e perseguire il be-ne comune dell’intera collettività. Certo, sarebbe ingenuo non tener conto delle incrostazioni che l’idea di bene comune porta purtroppo su di sé, o dimenticare che spesso essa ha rappresentato una scor-ciatoia, se non addirittura una for-

mula evasiva, rispetto alla gravità dei problemi.Qualche volta, anche oggi, il be-ne comune costituisce l’altra fac-cia dell’evocazione ritualistica dell’emergenza o dell’incapacità ad agire efficacemente in politica. ma forse, proprio perché estrema-mente complesso è il momento in cui versa l’italia, cercare le forme concrete del bene comune è quel “di più” che, magari inconsapevol-mente e in mezzo a molte frustra-zioni, il paese chiede alla sua clas-se politica.

Dentro e con le istituzioni

per far sentire che il bene comune non è un’astrazione di volta in vol-ta declinabile secondo l’interesse di questa o quella parte politica, il primo passo consiste nel recuperare

forma mentis aci notizie n. 06|2009

Non si tratta di nostalgia per le forme:il Paese ha bisogno di qualcosa di più.

Ha bisogno di credere che la politica sia davvero in grado di indicare

e perseguire il bene comune dell’intera collettività.

Il ruolo delle istituzioni

comunea cura di ennio pasinetti

il significato alto e il ruolo positivo delle istituzioni.le quali vanno preservate dagli scontri fra gruppi di potere; vanno il più possibile protette dall’occupa-zione di interessi frazionali, siano essi partitici o economico-sociali; soprattutto, vanno nuovamente in-nalzate ben al di sopra di ogni con-flitto del presente, proprio perché esse rappresentano l’elemento di continuità di un popolo e il patri-monio principale che ogni demo-crazia deve consegnare alle future generazioni. È bene comune di un paese che le generazioni più gio-vani si abituino all’utilità delle isti-tuzioni, confidino nella capacità di queste ultime di ridurre incertezza e imprevedibilità della vita sociale, si esercitino a diventare – dentro e con le istituzioni – la futura classe dirigente.

Bene comune,non si trattasolo di galateo

forma mentis aci notizie n. 06|2009

il cardinale Carlo maria martiniriflette sulla figura di giuseppe lazzati (1909-1986), che egli stesso definì «limpido testimone e impareggiabile maestro». Un omaggio, nel centenario della nascita, e un invito a riscoprirela figura del laico impegnato a costruire la città dell'uomo, "padre costituente", fine educatore, docente e rettore universitario, attraverso gli scritti e i discorsi a lui dedicati dall'arcivescovo emerito di milano.

Carlo Maria MARTINI

Lazzatitestimone e maestroPresentazionedi Luciano Caimi

pp. 120, euro 9.00

Un senso possibile

le istituzioni non sono un luogo re-torico, così come le giovani genera-zioni non sono un clichè culturale. le prime costituiscono i fondamenti e le condizioni essenziali di sviluppo di una democrazia.le seconde sono concretamente rappresentate dai volti dei ragaz-zi e delle ragazze che ogni giorno incontriamo. individuare e perse-guire il bene comune, comincian-do dalle istituzioni e dalle giovani generazioni, è una forma concreta di azione politica, è il modo reali-stico con cui dare un senso – se la parola non è troppo lisa – all’impe-gno in politica.

Cattolici = cittadini

l’impegno, naturalmente, tocca in particolare i cattolici che voglia-no vivere consapevolmente e re-sponsabilmente la loro cittadinan-za. l’«impegno che viene da lonta-no» può essere letto proprio come la trasposizione del bene comune nel quotidiano esercizio incentrato – come ci ricordava la nota pasto-rale dopo il iv Convegno ecclesiale di verona – sulla testimonianza e sulla speranza del «grande “sì” di dio all’uomo».ed è un impegno che ci chiede un sincero sforzo di guardare il pre-sente e l’imminente domani, scru-tandoli con la semplice e umile con-sapevolezza che non solo i vecchi schemi di pensiero o azione non possono essere stiracchiati con un’operazione di artificioso “ade-guamento”, ma che nessun ethos di gruppi ristretti può sostituirsi ai valori, ai bisogni, o anche, talvolta, alle passioni e agli umori della col-lettività. il concreto perseguimento del bene comune è l’esatta antitesi di ogni politica immaginaria o im-maginata. È, invece, la sola strada per impedire che il nostro sistema politico e, insieme con esso, la po-litica continuino a sgretolarsi.

Giuseppe Lazzatiper l'educazione cristianaa cura di Luciano Caimi

la scuola, Brescia 2009pp.160, euro 9,50

Un’antologia che presenta gli scrittidi lazzati sull’educazione cristiana.egli manifestò particolare carismanell’ “accompagnamento” vocazionale dei giovani ed operò presso l’eremodi san salvatore a erba, in provinciadi Como. lazzati fu anche sensibile alla formazione del fedele laicoe i testi qui raccolti sottolineano anche questa caratteristica della sua proposta educativa dal 1943 alla stagione post-conciliare.

famiglia!societa'

Dite qualcosadi famiglia!

La politica e le politiche familiariCosì vicini, così (troppo) lontani

a cura di davide guarneri

Un duro atto d’accusa con-tro la politica del nostro pae-se, sia di destra che di sini-stra, che da sempre ignora la famiglia come sogget-to centrale della società e dell’economia.È questo “Famiglia cristiana”, il libro di don Antonio Sciortino (nella foto a sinistra), diret-tore dell’omonimo settima-nale, che è stato presentato all’oratorio della parrocchia di santa maria in silva, lo scorso 10 novembre. Un’ul-teriore tappa del cammino iniziato con il Convegno in-terassociativo dello scorso settembre che, ragionando di economia e di famiglia, ha denunciato gli storici ri-tardi nel sostegno a questa istituzione nel nostro pa-ese: ignorando che è luo-go che produce e insieme consuma, che educa i cit-tadini e i consumatori, che assolve persino al ruolo di “ammortizzatore sociale di fatto”, come questo perio-do di crisi ha mostrato più che mai.

le cifre presentate al con-vegno di villa pace da Mau-rizio Sorcione e dal pro-fessor Federico Perali di-cono di un sistema fiscale che penalizza i nuclei fa-miliari, quelli numerosi in particolare: la spesa so-ciale in italia è del 26,4% del pil, rispetto alla media europea del 27,1%. ma la differenza è qualitativa, poiché il welfare è sostan-zialmente centrato sull’in-dividuo. le misure a favo-re della famiglia toccano il 4,4% della spesa sociale (media europea 8%). su

casa, disabilità, esclusione sociale solo il 6,2% della spesa sociale (media eu-ropea 11,4%). la mancan-za di servizi alla persona si accompagna a una ridot-ta natalità che fa dell’ita-lia uno dei paesi più vecchi dell’Unione europea. don sciortino, con amara ironia, dice che «mettere al mondo un figlio è una scommessa, farne due significa scivo-lare nell’indigenza; chi ne vuole tre, è considerato un marziano». il carico sulle famiglie delle spese per i servizi di cura di anziani e infanzia è pe-sante. l’assistenza spesso è garantita attraverso forme di lavoro irregolare (bassa qualità delle prestazioni); nel contempo il 10,5% del-le famiglie italiane ricorre a un collaboratore domestico o all’assistenza per un an-ziano o un disabile in casa. dei 23 milioni di famiglie (di cui 5,5 formate almeno da 4 componenti) il 15,4% fatica a giungere a fine me-se; l’area del disagio è an-cora più ampia se il 32% non sarebbe oggi in grado di sostenere una spesa impre-vista di 700 euro (46% nel mezzogiorno). se il costo stimato di mantenimento di un figlio (si intendono le spese essenziali per il cibo, il vestiario, la salute, l’istru-zione) è di circa euro 4.000 l’anno, il sistema italiano di assegni familiari e detrazio-ni giunge a coprirne forse meno della metà.

sorgono alcune domande: in italia non si fanno politi-che familiari perché non c’è

la farsa del Bonus Bebè a Brescia e il libro

“Famiglia cristiana”, didon antonio sciortino, direttore

dell’omonimo settimanale,in città per la presentazionedel suo duro atto d’accusa

contro la politica del nostro paese, sia di destra che di sinistra,

che da sempre ignora la famiglia come soggetto centrale

della società e dell’economia

aci notizie n. 06|200913

famiglia!disponibilità di risorse eco-nomiche nei bilanci o non ci sono risorse economiche perché non si fanno politi-che familiari? perché in ita-lia le politiche familiari sten-tano a partire nonostante una sostanziale “cultura e tenuta della famiglia” e il fatto che il potere politico sia stato nelle mani della dc prima e che, poi, ogni coa-lizione dichiari di contenere in sé anche l’ispirazione cri-stiana? Forse perché, anche noi cristiani, non abbiamo ben chiaro che il tema del-la famiglia non è un tema “cattolico”, ma un tema di tutti, poiché la famiglia fa bene al paese, all’impresa, all’economia? non è sta-to sufficiente il Family day, seguito dal milione di firme per un fisco a misura di fa-miglia e dall’intensa attività del Forum delle associazioni Familiari, che rappresenta milioni di cittadini?

scrive don antonio sciorti-no nel suo libro: «la poli-tica non sia sorda al grido d’aiuto della famiglia. no-nostante sia tanto bistrat-tata, la famiglia è tuttora il migliore ammortizzatore sociale, il gancio cui tutti si attaccano nelle difficoltà. È bene, allora, con un cam-bio di mentalità riconosce-re che la famiglia è un bene comune, un vero capitale sociale, un “plusvalore” che porta solo vantaggi. l’edu-cazione che si dà ai figli ha riverberi sociali non indiffe-

renti. in famiglia i ragazzi si educano a cooperare e col-laborare. la famiglia gene-ra bene comune. non è una faccenda privata, così come la sua difesa non è appan-naggio solo dei cattolici. la famiglia ha avuto in que-sti anni una straordinaria resistenza, non possiamo più approfittarne, mettia-mola in condizione di svol-gere bene il suo compito. il futuro è nella famiglia. pa-

societa'

rafrasando un noto detto, potremmo dire alla politica: “partiti e governi, dite qual-cosa di famiglia!». Qualche timido consenso, per ora verbale, inizia a giungere, ma, come al solito anche la legge Finanziaria per l’anno 2010 continua a dimentica-re la famiglia.

Bonus bebè e Donun bebè

e intanto l’iniziativa con cui

il Comune di Brescia avreb-be voluto sostenere la na-talità dei soli “bresciani” è finita in modo grottesco: il Comune ha deciso di paga-re anche alle 392 famiglie immigrate – applicando co-sì “con riserva” la sentenza del tribunale del lavoro – i 1000 euro previsti dal Bo-nus bebè, salvo riservarsi di chiederli indietro se mai vincerà l’appello. nel frat-tempo le famiglie aven-ti diritto al Donum bebè istituito da alcune sigle del cattolicesimo bresciano, tra cui l’azione Cattolica, si sono ritrovate lo scorso 30 ottobre sempre all’oratorio di s. maria in silva per un piccolo happening di con-segna del dono, nonostan-te fosse stato già mate-rialmente elargito nei gior-ni precedenti. segni con-trastanti del molto che c’è ancora da fare in italia per una vera politica per e con la famiglia.

ora gli esperti hanno mes-so nero su bianco quello che da lunghissimo tempo si diceva: il pil non può, in un unico numero, essere la sintesi di quello che si intende oggi per ricchez-za, benessere, progresso di un determinato paese o area. deve essere affianca-to da indicatori che tengano conto di attività non econo-miche, della distribuzione dei redditi e non solo della produzione economica, dei servizi resi ai cittadini in termini di sanità, educazio-ne, servizi sociali e di tanto altro ancora.

14aci notizie n. 06|2009

non ritornonochiesa

fatto e sempre e in tutti i settori, ma nella percezio-ne collettiva sì. la Chiesa era percepita globalmen-te come appartenente al blocco conservatore e in atteggiamento di contra-sto con molte acquisizioni delle società democratiche. riassumo questo concetto con un’istantanea: giovanni paolo ii che il 14 novembre 2002 parla a montecitorio alle Camere riunite. la de-stra del nostro parlamento lo applaudiva sui temi della vita, della famiglia e della libertà di educazione; e la sinistra lo applaudiva sui temi della giustizia, della pace, dell’accoglienza degli stranieri e del segno di cle-menza per i carcerati. Quel-la immagine del papa che parla a montecitorio ci dice lo spostamento nella perce-zione collettiva prodotta dal Concilio: prima la Chiesa apparteneva al blocco con-servatore e ora si è porta-ta al centro. per una serie di questioni sembra alleata della sinistra e per un’altra serie di questioni sembra alleata della destra.

Quarta immagine. Il Con-cilio ha proclamato che i cri-stiani devono essere amici degli ebrei e ha avviato un cammino di riavvicinamen-to. Questo in italia lo perce-piamo poco perché abbia-mo una comunità ebraica antichissima ma minima, la più antica d’europa, ma una delle più piccole oggi. Quando giovanni paolo ii

è andato nella sinagoga di roma nel 1986, quando è andato al muro del pianto a gerusalemme nell’anno 2000, quando ha chiesto perdono per il maltratta-mento degli ebrei, tutta la nazione italiana si è accorta del nuovo atteggiamento. il papa al muro del pianto ha pregato non assieme, ma nello stesso luogo e subito prima e subito dopo del rabbino e hanno pre-gato con un salmo ciascu-no, cioè con le stesse pre-ghiere. anche questo prima non era pensabile. al muro del pianto il maggio scorso è andato anche Benedet-to, che il prossimo gennaio andrà alla sinagoga di ro-ma: su questo dunque c’è continuità.egli più volte ha qualificato come “irreversibile” il pro-nunciamento del vaticano ii sugli ebrei. il 12 marzo scorso ha ripetuto il mea culpa per il maltrattamento storico degli ebrei formula-to da giovanni paolo il 12 marzo del 2000: da un 12 marzo a un altro!

Quinta immagine del cambiamento. Il Concilio ha voluto il riavvicinamento con le altre Chiese cristiane e con le religioni non cri-stiane. anche questo in ita-lia lo vediamo poco. perché in italia di Chiese cristiane non cattoliche fino ad ora c’erano solo i valdesi. oggi, con l’immigrazione dai pae-si dell’est europeo, ci sono gli ortodossi e cominciamo

a 50 anni dall’annuncio del Concilio e a 43 dalla sua conclusione ci chiediamo: che cosa ha portato questo evento nella storia d’italia? e che cosa ha colto di esso l’umanità contemporanea? e che cosa di ciò che ha portato e di ciò che è stato colto noi possiamo conside-rare irrinunciabile, punto di non ritorno? provo a rispon-dere con otto “sguardi” o immagini, dalla più sempli-ce alla più complessa.

Prima immagine: la più semplice. Il Concilio ha ri-formato la liturgia e ha messo la Bibbia in mano ai cattolici. Ha girato gli altari, ha introdotto nelle celebra-zioni le lingue parlate, ha rinnovato i riti arricchen-done le letture bibliche, ha promosso le concelebrazio-ni. Questa è la prima imma-gine che io colgo, la novi-tà più semplice, quella che non è sfuggita a nessuno. Chi al tempo era già adulto l’ha vissuta come un even-to straordinariamente for-te. anche chi non era par-tecipe alla vita ecclesiale ha percepito che la Chiesa cambiava lingua.la novità liturgica oltre che la più visibile è stata an-che quella più contestata, dentro e fuori la Chiesa; e tutt’oggi è segno di con-traddizione. ma almeno in italia ha avuto buon esi-to, con qualche sbandata e con qualche eccesso, ma nella sostanza con dignità e con efficacia. Ha cambiato

in meglio il nostro modo di pregare quotidiano e festi-vo. Ci ha avviati a un uso diretto, personale e fami-liare, della scrittura. so-no possibili aggiustamen-ti della riforma, ma non la revoca dei passi voluti dal Concilio.

Seconda immagine di cambiamento. Il Conci-lio ha modificato l’immagi-ne degli uomini di Chiesa a partire dalla figura papale. Questo è facile da analiz-zare. ma anche è cambia-ta la figura del vescovo, del prete e del religioso. e sono sorte figure nuove: il diacono permanente, il lettore, l’accolito. non tut-to è stato consequenziale, non si è coerentemente ri-formato tutto il settore dei ministeri. tanti sinodi han-no chiesto a giovanni paolo e a Benedetto di rivedere le norme riguardanti i mi-nisteri ordinati, ma ancora non è stato fatto. Qualcosa si è fatto a metà: le donne per esempio sono state am-messe al “ministero straor-dinario dell’eucarestia” ma sono escluse formalmente dal ministero del lettorato, benché di fatto leggano.

Terza immagine. Il Con-cilio ha spostato – nella percezione collettiva – la collocazione culturale, so-ciale e politica della Chiesa Cattolica. attenzione: nella percezione collettiva. non voglio dire che ha spostato la posizione della Chiesa di

Concilio, puntidi non ritorno

La lezione di Luigi Accattolial percorso di studio di Villa Pace

luigi accattoli*

aci notizie n. 06|200915

non ritornonochiesa

a sentire il problema anche nella quotidianità. Quando vediamo i raduni ecumeni-ci; quando giovanni paolo ii convocava le giornate di assisi e c’erano anche i non cristiani, tutti i cristiani pre-gavano finalmente insieme il Padre nostro. non si era mai visto e anche questo è un frutto del Concilio. anco-ra: pensate che cosa sareb-be il problema di incontrare l’islam, un interlocutore co-sì difficile, se il Concilio non ci avesse preparati a inter-loquire, a parlare con tutti. dico di più e stringo questo ragionamento a una da-ta: la provvidenzialità che giovanni paolo sia entrato in una moschea il 5 giugno del 2001, esattamente tre mesi prima dell’11 settem-bre. dopo l’11 settembre probabilmente non sareb-be stato più possibile. per fortuna questo papa profe-ta ci è entrato prima e co-sì è potuto andare in una moschea – e per tre vol-te – anche Benedetto. ge-sti provvidenziali che non potevano avvenire senza il vaticano ii.

Sesta immagine di mu-tamento. Il Concilio ha voluto il dialogo e la col-laborazione con gli uomi-ni di buona volontà a pro-mozione della pace e della giustizia. oggi molto si di-scute se abbiano fatto be-ne i papi giovanni e paolo e il Concilio con loro a non trattare del comunismo: si dice che è stato a modo suo un silenzio. Questa in effetti è una delle questioni su cui ci si deve interrogare nel lavoro di comprensione storica e di interpretazione dell’evento, dei condiziona-menti, anche, in cui esso si compì.ma la scelta di parlare in positivo e di andare all’in-contro è nel profondo una scelta irreversibile. la Ca-ritas in veritate (2009) di Benedetto Xvi è indirizzata anche “a tutti gli uomini di buona volontà” come già i messaggi dei papi giovan-ni, paolo e giovanni paolo.

Settima immagine di no-

vità. Il Concilio ha ricono-sciuto la libertà religiosa. riassumo con due affer-mazioni dottrinali il cam-biamento che c’è stato su questo tema. nel sillabo c’è scritto: «Sia anatema chi afferma che si possa cambiare religione per se-guire il convincimento per-sonale». e Benedetto Xvi, ricevendo l’inter-parlamen-tare democratico-cristiana, afferma: «È un diritto fon-damentale dell’uomo quel-lo di cambiare religione». Questo della libertà religio-sa è certamente un punto di non ritorno.

Ultima immagine di cam-biamento e la meno riusci-ta: il Concilio ha promosso partecipazione e concerta-zione all’interno della Chie-sa. È come se la convoca-zione del Concilio fatta da giovanni XXiii non fosse mai cessata, come se la Chiesa fosse rimasta da al-lora in un permanente stato di concilio.i vescovi sono tornati a ca-sa, però ogni tre anni si ri-uniscono i sinodi, le confe-renze episcopali si raduna-no una o due volte all’an-no, nelle diocesi si fanno i sinodi locali. tutto questo lavorare e ricercare lo vedo come un elemento di salute nella crisi che subisce il no-me cristiano oggi nell’occi-dente sviluppato: noi stia-mo svegli sui problemi della fede, non ci acquietiamo. ma questo è anche il punto, tra gli otto, dove il risulta-to è stato più parziale. per-ché questa partecipazione e concertazione avrebbe dovuto dare corpo e con-sistenza alla pari dignità di tutti i battezzati affermata dal Concilio e fondata sul vangelo.io credo non ci sia biso-gno di un lungo discorso per convenire che non è stata realizzata la sogna-ta promozione dei laici e in particolare delle donne. la nostra è ancora una Chiesa a dominante clericale. Una dominante meno impera-tiva, più ospitale, magari formalmente dialogica, ma pur sempre di dominio si

tratta. la pari dignità com-porta che ai ruoli di respon-sabilità e di rappresentanza possano accedere anche i laici e le donne, tutte le vol-te che non vi è implicato il sacerdozio, mentre essi so-no ancora sistematicamen-te riservati agli ecclesiasti-ci. È vero però che dei passi di avvio verso la pari digni-tà sono stati fatti. ne cito uno: il riconoscimento della santità degli sposati. a se-guito del Concilio giovanni paolo ha potuto proclamare una decina di beati sposati

e poi infine una santa spo-sata. e alla proclamazione di gianna Beretta molla, a piazza san pietro, era pre-sente il marito ancora vi-vente. Cito questo fatto per dire che il cammino si sta svolgendo.

* giornalista, ex vaticanista del Corriere della sera. il testo è una parziale riproduzione dell’inter-vento tenuto al percorso di studio sul Concilio il 18 ottobre 2009, primo incontro del quarto ciclo. il testo completo è disponibile sul sito www.acbrescia.it e nel blog www.luigiaccattoli.it.

dopo l’incontrocon accattoli,il percorso di studiodel Concilio è proseguito con altri due interessanti contributi:Quale comunione per quale comunità? con la teologa fiorentinaSerena Noceti,in novembre,e Chiesa e partecipazione:le difficoltàdella corresponsabilitàcon don Luca Bressan, docenteal seminario di milano, in dicembre.i prossimi appuntamenti,aperti a tutti:

17 gennaio 2010Il rapportochiesa-mondo:quale dialogo?Alberto Mellonidocente di storia contemporaneae del cristianesimo Università diModena-Reggio Emilia;Fondazione Giovanni XXIII

7 marzo 2010ConvegnoLa letturadei “segni dei tempi” per una chiesa missionariaLuigi Alici,docente di filosofia morale Università di macerata

Mons. Luciano Monarivescovo di Brescia

“LA CHIESA CHE SOGNIAMO”

fraternitàspiritualita'

La spiritualitàdella fraternità

Prendersi cura delle relazioniCrea lo stile della comunione

don massimo orizio

diversamente dalla concezionedi eguaglianza generata

dalla riflessione della filosofia e del diritto, encomiabile

e meritevole di considerazione, la fratellanza cristiana è basata sulla comune

paternità di dio. diventa una realtà viva

in questa paternitàe nella permanenza viva

nell’unità con Cristo

ai nostri giorni coltivare la spiritualità e testimonia-re la Buona novella esige, come disse Paolo VI: «Un grande dialogo, un dialo-go secolare e consueto fra l’araldo del vangelo da una parte e il mondo dall’al-tra; dialogo quindi impari, fra una tenue voce e il fra-stuono potente d’una feb-brile metropoli, ma forse non vano, se da un lato è amore che grida, dall’altro è ancora un senso umano e gentile, che ascolta e ri-sponde» (paolo vi, Omelia dell’Epifania, 1956). atteg-giamento ancora attuale, come sostiene il cardinale Carlo Maria Martini: «la ragione di tale dialogo è che tra l’orizzonte del cre-dente e quello di chi non crede non esiste assoluta incomunicabilità, proprio perché già qui e ora prende corpo nei solchi della sto-ria il regno di dio. Questo regno che si esprime pure nell’accogliere, assumere, purificare, rettificare, sal-vare quanto la fatica de-gli uomini ha costruito. il Concilio crede nella comu-nicazione profonda esisten-te fra tutti coloro che cer-cano con cuore sincero. il cristiano sa che questo è il tempo di una nascosta ge-stazione e perciò egli è ca-pace di comunicazione con tutti coloro che cercano la verità» (lettera pastorale Effatà-Apriti, n. 66).

La cura delle relazioni

Come suggerito dalla scel-ta associativa dell’anno, di-venta necessario occuparsi

della cura delle relazioni. il vescovo luciano sostie-ne: «noi facciamo la comu-nione perché siamo invitati dal signore. accogliere l’in-vito di gesù è la nostra be-atitudine, è fonte di gioia…ma il discorso non si chiude qui. la comunione ha una dimensione essenzialmente sociale e dobbiamo render-la esplicita… l’eucaristia fa la Chiesa, edifica il corpo vero di Cristo, rende pre-sente la persona di Cristo nella storia del mondo attra-verso la realtà visibile della Chiesa, suo corpo… l’euca-ristia è in vista dell’edifica-zione di questa (sullo stile dell’amore che lega le per-sone divine) unità; la comu-nione eucaristica (mangiare e bere) produce in noi que-sta unità. le conseguenze sono infinite… non è possi-bile partecipare alla mede-sima eucaristia e dividersi, considerandosi superiori agli altri, non ci possono essere differenze e discriminazioni sociali, la comunione dei be-ni si radica nella comunione eucaristica, si assumono la varietà infinita delle condi-zioni umane, trasformando-le nell’unità del corpo di Cri-sto, e questo non attraverso l’eliminazione delle differen-ze, ma attraverso un vinco-lo di amore che trasforma le differenze in complementa-rità» ( Un solo pane, un uni-co corpo pp. 31-35).l’invito del vescovo luciano riprende l’auspicio del Con-vegno di verona: impegna-ta a non sacrificare la qua-lità del rapporto personale all’efficienza dei program-mi, la comunità ecclesiale

aci notizie n. 06|200917

fraternitàconsidera una testimo-nianza all’amore di Dio il promuovere relazioni mature, capaci di ascol-to e di reciprocità. tra pa-stori e laici, infatti, esiste un legame profondo, per cui in un’ottica autentica-mente cristiana è possibile solo crescere o cadere in-sieme. lo stile di comunio-ne che si sperimenta nel-la comunità costituisce un tirocinio perché lo spirito di unità raggiunga i luoghi della vita ordinaria. il dono della comunione che viene da dio deve animare, so-prattutto attraverso i lai-ci cristiani, tutti i contesti dell’esistenza e contribu-ire a rigenerare il tessuto umano» (Nota dopo Vero-na, n. 23).

L’atteggiamento della fraternità

affinché lo stile di comu-nione, la cura delle relazio-ni divenga effettivo occorre coltivare, tra gli altri, l’at-teggiamento spirituale della fraternità. il fonda-mento di questa è la fede; diversamente dalla conce-zione di eguaglianza gene-rata dalla riflessione della filosofia e del diritto (per altro encomiabile e merite-vole di considerazione), la fratellanza cristiana è basa-ta sulla comune paternità di dio. tale paternità è media-ta nel Figlio, include l’unità fraterna in lui. la fratellan-za cristiana deve diventare una realtà viva e lo diviene attraverso una conoscen-za viva della paternità di dio e una permanenza viva nell’unità con Cristo, frutto della grazia.il fatto di diventare una sola cosa in Cristo significa che anche i cristiani diventano una sola cosa tra di loro e chiede di conseguenza una cancellazione dei confini na-turali e storici che li separa-no: deve perciò regnare una “morale”, un atteggiamento di fraternità paritaria. nel-la sua qualità di radicale cancellazione dei confini, il cristianesimo pone di continuo in crisi tutte le differenze esteriori, pu-

re le differenti forme di fat-to esistenti all’interno della chiesa, e ci costringe a pu-rificarle, ad animarle in con-tinuazione.il dovere di amare di ogni cristiano si riferisce sempre al bisognoso, ma rimane esigenza impellente la costruzione e la pratica di una fratellanza cristia-na, di una comunità, te-stimone di legami e rela-zioni improntate sullo stile di Cristo. la fratellanza può e deve essere realizzata anzitutto nelle parrocchie: nasce nella celebrazione del mistero eucaristico, si sviluppa nella dimensione unitaria dell’associazione, si protende in momenti di in-contro, di partecipazione e di condivisione con tutte le realtà che animano la vita ecclesiale della comunità.la fraternità è orientata all’attenzione, alla preghie-ra, al servizio del mondo; la comunità cristiana non è contro, ma a favore di tutti, adempie il proprio dovere con la missione, l’amore e la sofferenza. Concretamente questo ri-manda allo sforzo continuo di interpretare se stessi e le persone con cui vivia-mo come esseri viventi che partecipano della realtà di dio. la prospettiva sociale dei cristiani si nutre della dimensione “verticale”, ba-sandosi e convergendo sulla parola di dio (sacramento di unità e non teoria a cui ispi-rarsi), confidando nel modo di credere tramandato dalla chiesa e dalle voci profeti-che che vi dimorano, speri-mentando la preghiera co-mune, soprattutto l’eucari-stia domenicale.

Fraternità orizzontale

parimenti non bisogna tra-scurare la dimensione “oriz-zontale” della fraternità, che si coniuga come stare insieme nella concretezza delle situazioni, vivendo anche il perdono e la cor-rezione fraterna. san paolo elenca (gal 5,22) le opere dello spirito che sono con-dizioni necessarie per co-struire la fraternità, rivela-

no la carica positiva in pre-senza di altri, doni in vista dell’utilità comune. sono l’amore, il comandamen-to dei rapporti con dio e il prossimo, la gioia, come ascolto comune del vange-lo, la pace, vocazione con-divisa e dono da offrire, la pazienza, perseveranza e accettazione realistica della convivenza, la benevolen-za, come capacità di coglie-re innanzitutto il positivo, la bontà, sguardo limpido e libero dal possesso, la fe-deltà, come fiducia, lealtà, correttezza, la mitezza, testimonianza di vocazio-ne all’unità, il dominio di sé, senso dell’equilibrio e dell’autoformazione conti-nua per inserirsi nella fra-ternità da persona matura e realizzata, senza stru-mentalizzazione degli altri per i propri interessi o aspi-razioni di potere.le caratteristiche e la cu-ra spirituale della fraterni-tà comportano la “perso-nalizzazione” della fede, una libera decisione e una crescita costante del rap-porto con dio, una consi-derazione dei vissuti e delle attese di ciascuno. diventa importante, poi, contribui-re alla qualità della propria comunità parrocchiale, sol-lecitando la lettura delle do-mande di vita e delle atte-se storiche di un territorio, impegnandosi a trasforma-re la propria storia e quella delle persone che ci stanno accanto con il “senso” del vangelo, mettendo in atto la caratteristica essenziale dell’aC, cioè i processi di formazione e la diversità dei ministeri. la spirituali-tà non può disinteressarsi dei processi pedagogici che mettono al centro la perso-na, soggetto protagonista e responsabile del proprio in-contro con dio e del cam-mino di fede.la preghiera, la vita sa-cramentale, la meditazio-ne della parola di dio, le pratiche di pietà devono assumere il respiro, la prospettiva del mondo intero. C’è un’intima re-lazione tra Chiesa e mon-do: se nel mondo si creano

quelle condizioni per la vita degli uomini e delle donne, la Chiesa non può ignora-re queste prospettive; al tempo stesso i cristiani di-ventano segno, immagine di un mondo differente, di una qualità nuova di vive-re basata sulla logica della riconciliazione, dell’amore di dio. la comunità dei cre-denti, aggrappata a Cristo, realizza allora la libertà cri-tica e profetica della fede.

spiritualita'

per concludere una foto-grafia di una fraternità re-almente vissuta e generata da una spiritualità profon-da e matura, proposta da mons. Tonino Bello: «di-scernere i valori, motivare la vita, progettare l’esisten-za, confrontarsi con le cul-ture, provocare sintesi esi-stenziali tra realtà e valori, denunciare i meccanismi perversi di alienazione, col-laborare nella costruzione della società, portare nella sfera politica la carica libe-ratrice del vangelo, stare veramente dalla parte degli ultimi, evangelizzare la cul-tura, il lavoro, il tempo libe-ro» (Temi generatori. Abbe-cedario del futuro, p. 104).

Abruzzospazio ac

La solidarietàva all’Abruzzo

La nuova iniziativa è dedicataa chi a perso tutto col sisma

daniele drera

l’aC bresciana ha scel-to, nell’ultima assemblea triennale, di individuare iniziative di solidarietà che fossero “territorialmente vicine”, per dare maggior rilievo e concretezza alla scelta della missionarietà come elemento centrale del percorso associativo. nel programma associativo di quest’anno è stato ripreso questo passaggio assem-bleare: «Anche per il 2009-2010 verrà individuata dal Consiglio Diocesano una iniziativa di solidarietà che, secondo le indicazioni as-sembleari, sappia intercet-tare bisogni territorialmen-te vicini e diffusi, in modo che in tutte le associazioni parrocchiali ci si possa im-pegnare direttamente».a fianco di questa esigenza si colloca il tema associati-vo dell’anno, “Lo accolse con Gioia”, che mette al centro le relazioni. affin-ché queste due dimensioni, quella missionaria propria dell’iniziativa di solidarie-tà e quella dell’attenzione all’incontro proposta nel te-ma dell’anno, possano tro-vare una sintesi completa e assumere un aspetto dav-vero concreto per le nostre associazioni parrocchiali, è essenziale che nasca la possibilità per gli associa-ti di prendere parte atti-va a tale iniziativa di soli-darietà.

L’esperienza di questa estate

È proprio con l’esperienza vissuta in abruzzo la scor-sa estate, frutto dell’ini-

ziativa diretta dell’aC dio-cesana in collaborazione con l’Università Cattolica di Brescia, che si è aperta una possibilità, una propo-sta da abbracciare. dopo il sisma del 6 aprile scorso è nato un bisogno di rico-struire il tessuto sociale strappato dalla dispersione della popolazione nei va-ri campi-tendopoli e dal-la nuova individuazione di abitazioni distanti dal paese d’origine. in questo senso contribuire alla ricostru-zione di una sala della comunità rappresenta per noi un’opportunità di offri-re un segno concreto per la ricostruzione di questo tessuto e dare continuità a un progetto già ideato e realizzato dall’aC, condiviso con i giovani ed estendibile a tutti i settori associativi. tra le dimensioni che si so-no manifestate nel percorso estivo emerge, sulla scorta di quanto vissuto nella ten-dopoli di paganica 5, il te-ma dell’integrazione tra culture differenti (italiana e macedone in particolare) e il sostegno al processo di cittadinanza attiva e di “cultura dell’incontro” già ricercata in quest’anno as-sociativo.

La proposta e il percorso

l’iniziativa di solidarietà ri-entra in un progetto artico-lato che potrebbe gettare le basi per un vero e proprio gemellaggio tra parroc-chie, diocesi, associazioni. È importante che la propo-sta coinvolga in forma at-tiva l’intera associazione,

ricostruireil tessuto socialestrappato dalla

dispersionedella popolazione

nei vari campi-tendopolie dall’individuazione di abitazioni distanti dal paese d’origine.

È l’obiettivodell’iniziativa di solidarietà

per l’anno associativo2009-2010.

aci notizie n. 06|200919

Abruzzodando spazio a dimensio-ni concrete d’incontro per tutti: dai ragazzi dell’acr, ai giovani, agli adulti, fino alla terza età.il percorso dell’iniziativa di solidarietà si svilupperà in tre tappe fondamenta-li: prenderemo coscienza dell’importanza che le rela-zioni significative ricoprono nella nostra vita, imparere-mo a leggere i bisogni che ci circondano e cercheremo di capire quali strumenti è necessario darsi per diven-tare accoglienti nel servizio agli altri. la struttura dei singoli percorsi è disponi-bile sul sito internet www.acbrescia.it. in esso sono indicati nel dettaglio i par-ticolari della proposta.

La marcia della Pace a L’Aquila

Una parte del percorso è già definita e riguarda i giova-ni, sia quelli che hanno già vissuto una parte dell’espe-rienza la scorsa estate che tutti gli altri dell’associazio-ne che vorranno condivide-re l’incontro con la realtà de l’aquila. per questo è stata organizzata la marcia del-la Pace il 31 dicembre a l’aquila. Con pieno spirito laicale, con l’idea di incon-trare le persone che han-no vissuto un dramma così devastante e con un cuore missionario aperto, ci po-niamo accanto agli abruz-zesi per ricostruire con loro quanto di prezioso ed es-senziale abbiamo nelle no-stre vite: le relazioni.

Proposte concrete per tutti i settoriInsieme all’aiutoeconomico si cercheranno forme di incontro con le persone d’Abruzzo

l’iniziativa di solidarietà scelta dall’azio-ne Cattolica di Brescia avrà come obiet-tivo quello di contribuire alla ricostru-zione di un luogo d’incontro per una comunità nei dintorni di paganica.a fianco alle azioni “concrete”, orientate alla raccolta di fondi per il sostegno eco-nomico alla ricostruzione, questo vuo-le essere un segno di un contributo più profondo, che mira a compiere un cam-mino di solidarietà nella ricostruzione dei riferimenti di una comunità rimescolata dall’evento traumatico del sisma.per questo motivo s’intende creare un legame, un gemellaggio tra gli associati di aC di Brescia e i cittadini della comu-nità abruzzese, con obiettivi e attività suddivisi per archi d’età.

ACR (6-14)

Obiettivo:per poter avvicinare l’aCr all’esperien-za abruzzese è utile far comprendere ai bambini l’importanza di aiutare chi vive in difficoltà un momento della sua vita e chi, invece, ha del tempo da dedicare agli altri per poterli aiutare.

Tappe e possibili azioni:- attivare una corrispondenza tra gruppi di bambini, famiglie, gruppi di giovani o di adulti dell’azione Cattolica di Brescia e sul territorio abruzzese, attraverso posta elettronica e/o lettere tradizionali.- gemellaggio durante la Festa regio-nale dell’aCr che si terrà il 16 maggio a Crema: i bambini dell’aquila vivranno con i ragazzi di Brescia questa esperien-za, con l’obiettivo di vivere il momento di festa come un dono reciproco. sarebbe interessante coinvolgere in questo con-testo anche i genitori dei ragazzi, per vivere momenti di scambio reciproco. in quest’ottica sarebbe bello che l’ospi-talità alle famiglie abruzzesi venisse of-ferta nelle case delle famiglie bresciane, così da condividere un momento di vita e ascoltare il racconto delle esperienze

vissute e delle emozioni. sarà un mo-mento per ascoltare dal vivo chi ha vis-suto in prima persona il terremoto.- Coinvolgere i ragazzi con dei giochi di ruolo, mettendone alcuni in situazione di disagio e altri in situazione di aper-ta disponibilità in modo da creare una reazione spontanea di soccorso-aiuto a chi vive nel disagio. (es. disabilità, ma-lattia, povertà, ecc.).

Giovani & Giovanissimi (15-30)

Obiettivo:perché a distanza di chilometri, in stati e continenti diversi la gente reagisce al-lo stesso modo davanti a situazioni par-ticolari? Come affrontare insieme certe situazioni? È proprio vero che certe dif-ferenze “di pelle” sono insormontabili?obiettivo è far conoscere la realtà dell’in-tercultura e della riscoperta dei legami forti (che superano le differenze culturali) che nascono tra persone che hanno biso-gni comuni a fronte della tragedia consu-matasi: il terremoto non fa distinzioni di etnia, religione, sesso, età, ecc.

Tappe e possibili azioni:- marcia della pace - 31 dicembre 2009 a l’aquila.- altri appuntamenti d’incontro da pro-gettare, con il coinvolgimento della “co-munità interetnica” creatasi a seguito della vita nel Campo paganica 5; invi-tare esplicitamente alla partecipazione i ragazzi macedoni e italiani.- Cercare all’interno del proprio raggio di conoscenze quei soggetti ritenuti “distan-ti” (relazionalmente parlando) e che vi-vono le stesse sofferenze o disagi (ad es. nell’ambiente universitario, a scuola, ecc.) e in particolare soffermarsi sull’aspetto della “diversità che arricchisce”.

Adulti & Terza età

Obiettivo:Capire l’importanza di avere buoni rap-porti con tutti, non per trarne vantag-gio, ma per scoprire nell’altro un mon-do e una ricchezza unici nel suo gene-re. avere una comunità forte e coesa significa pensare che all’interno i propri membri siano tutti importanti per la cre-scita e lo sviluppo della stessa.

Tappe e possibili azioni:ripensando ai nostri legami di vicina-to o di membri della parrocchia o soci dell’associazione, possiamo individua-re soggetti che vivono emarginati e che invece potrebbero risultare importanti per affrontare bisogni e problemi nella nostra comunità? Come coinvolgere e creare legami con queste persone? Un gemellaggio tra famiglie bresciane e aquilane può realmente essere signifi-cativo nelle nostre vite quotidiane? Ci aiuta a vivere meglio i rapporti quoti-diani nelle nostre comunità?

spazio ac

aci notizie n. 06|200919

il 19 dicembre scorso a villa pace è stato consegnato il ricavato dell'iniziativa di solidarietà 2008-2009 a romano damiani per i volontari di Camper emergenza.

20aci notizie n. 06|2009

dialogo!spazio ac

Paolo VI e i giovaniUn dialogo esigente

Monsignor Domenico Sigalini ha tracciatoil profilo di un rapporto a tratti sorprendente

michele Busi

inquietudini. Esse sono in realtà profonde e perso-nali aspirazioni a un’ideale figura di uomo, che sia ve-ro, sincero, forte, genero-so, eroico e buono. Migliore insomma dei modelli umani del passato e del presente… Le vostre aspirazioni sono desideri grandi e stupendi verso un mondo migliore, libero e giusto, affrancato dal dominio della ricchezza egoistica e dell’autorità di-spotica ingiustamente re-pressiva, reso invece frater-no da un comune impegno di solidarietà e di servizio» (15.4.1973).dalla lucida analisi della realtà, l’espressione del-la consonanza sulle grandi aspirazioni e al contempo l’ansia del pastore che in-travede le possibili derive e strumentalizzazioni. do-po la lettura delle domande profonde, paolo vi propo-ne ai giovani l’impegnativo percorso di autenticazione umana che trova nel mo-dello di gesù il suo compi-mento più alto: «È lui che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qual-cosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il ri-fiuto di lasciarvi scivolare in quella mediocrità della vita che è troppo sovente la fi-ne degli adulti, il coraggio di impegnarvi nelle azioni pazienti e continue per mi-gliorare la società, render-la più umana, più frater-na» (25.3.1970). e ancora: «Molti oggi parlano dei gio-vani, ma non molti, ci pa-re, parlano ai giovani. For-se non sanno, forse non si fidano. Noi vi parliamo per-ché un dovere ineluttabile ci obbliga a farlo... Vorremmo farci comprendere. Volete ascoltarci?» (22.3.1970)Un paolo vi di efficacia sorprendente, che spesso non fu capito. la venuta a Brescia di Benedetto Xvi, i suoi continui riferimenti sia nell’omelia in piazza pao-lo vi che negli interventi a Concesio, costituiscono un’ottima occasione per ri-scoprirlo, andando a rileg-gere le pagine che anche ai giovani di oggi possono dire molto.

«Noi abbiamo fiducia nei giovani. La loro sete di as-soluto non può essere pla-cata dai surrogati di ide-ologie e di esperienze e pratiche aberranti. No, i giovani hanno in sé la ca-pacità e l’ingegno, l’inven-tiva, la fantasia, la forza, lo spirito di dedizione e di sa-crificio per poter dare il lo-ro contributo alla salvezza dei fratelli» (22.6.1973). È un paolo vi per certi aspetti sorprendente quel-lo che monsignor Domeni-co Sigalini ha tratteggiato nell’incontro su “Paolo VI e i giovani” promosso il 12 ottobre scorso a palazzo

san paolo dall’azione Cat-tolica, Fuci e meic nell’am-bito delle iniziative per far scoprire (o riscoprire) an-che ai più giovani la figura e l’insegnamento del papa bresciano.Un paolo vi la cui attenzio-ne al mondo giovanile co-stituisce una costante non solo lungo tutto il suo ponti-ficato (basterebbe ricordare il profondo significato anche del messaggio del Concilio ai giovani), ma che carat-terizza in fondo la sua vita, dall’esperienza di assisten-te degli universitari cattolici agli anni in cui fu alla guida della chiesa ambrosiana. Fu lui che, convocando i giova-ni di tutto il mondo a roma in occasione della domeni-che delle palme, diede il via a quelle che poi sarebbero divenute le “giornate mon-diali della gioventù”.

attraverso la lettura dei di-scorsi pronunciati da papa montini anno dopo anno in queste circostanze è possi-bile ripercorrere l’insegna-mento di un pastore attento ai fermenti nell’ambito gio-vanile, prima ancora che le stesse istituzioni (la scuo-la, la politica) si rendessero conto della portata dei cam-biamenti che erano in atto agli inizi degli anni sessanta e che sarebbero poi defla-grati con il fenomeno della contestazione. la lettura di questi testi mostra un papa che sottolinea la vicinanza del pastore, la comprensio-ne per le genuine attese di un cambiamento, ma che al tempo stesso indica ai giovani il traguardo essen-ziale per una vera liberazio-ne: Cristo.«Noi conosciamo le vostre

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Meic

Calendario degli incontri

12 gennaio (ore 20,45, oratorio della pace):presentazione del primo libro.

8 febbraio (ore 18, palazzo s. paolo):prof. grillo su “l’attualità della riforma liturgica di paolo vi”.

Marzo (data e luogo da definire):incontro su “giovanni Battista montini e la realtà bresciana”.

13 aprile (ore 20,45, oratorio della pace):presentazione del secondo libro.

11 maggio (ore 20,45, oratorio della pace):presentazione del terzo libro.

Il percorso Meictra fede e cultura

Dal magistero di papa Montini alla sfidadell’educazione: appuntamenti alla Pace

luca ghisleri

il meic di Brescia, che ha iniziato le pro-prie attività il 26 settembre scorso con una discussione intorno alla lettera del nostro vescovo Un solo pane un solo corpo e con la partecipazione il 17 otto-bre al convegno organizzato dalla Cdal e dedicato alla presentazione dell’enciclica Caritas in veritate, prosegue il proprio percorso di approfondimento culturale seguendo due distinti filoni. in primo luogo, promuove, congiunta-mente ad aci e Fuci, il ciclo di incontri dedicato ad alcuni aspetti qualificanti (la pastorale rivolta ai giovani, il rapporto tra missione della Chiesa e dialogo con il mondo, la riforma liturgica e l’analisi della realtà bresciana) dell’alto magistero del papa bresciano paolo vi, anche alla luce dell’importante visita che papa Be-nedetto Xvi ha fatto in suo onore a Bre-scia l’8 di novembre.Con il secondo filone si intende riprende-re la discussione, già avviata da qualche anno, intorno ai fondamenti del dialogo tra cristiani e non cristiani, all’interno di un contesto caratterizzato sempre più dal pluralismo etnico e culturale.in questa luce si prenderanno in consi-derazioni tre libri, editi nel 2009: il primo

(Lettera ai cercatori di Dio, a cura della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, pa-oline, milano 2009) si rivolge a tutti co-loro che, credenti e non credenti, sono in modo diverso “alla ricerca del volto del dio vivente”. la lettera intende an-che suscitare interesse in coloro che non si sentono in ricerca, “nel pieno rispetto della coscienza di ciascuno, con amicizia e simpatia verso tutti”. Con l’analisi del secondo libro (enzo Bian-chi, Per un’ etica condivisa, einaudi torino 2009) si intende soffermarsi sulla stesso tema, ma da un punto di vista meno “con-fessionale”, nella consapevolezza che «i cristiani devono favorire, con le loro parole e le loro azioni, l’emergere di quell’imma-gine di dio che ogni essere umano porta con sé. anche il non cristiano». Con il terzo libro (La sfida educativa, a cura del Comitato per il progetto cul-turale della Conferenza episcopale ita-liana, laterza, roma-Bari 2009), ci si propone di cominciare a riflettere “sullo stato dell’educazione” in italia, alla luce dell’antropologia cristiana e con l’obietti-vo di contribuire alla costituzione di “una sorta di alleanza per l’educazione”.

spazio ac

Convegno giovanie adUlti

Oltre il recinto:il dialogo

Condizioni, limitie possibilità per un

dialogo vero

domenica24 gennaio 2010

Brescia Palazzo San Paolo

Via Tosio 1Ore 9,00-12,30

Programma

ore 9,00accoglienza

ore 9,15Il dialogo in

prospettiva teologica

ore 9,45Educare

al dialogo: come?giUlio Caio

Università di Bergamo

ore 10,30“Per chi non ha

paura del dialogo”testimonianza digiorgio Bazzega

ore 11,30

I linguaggi del dialogo

ore 12,00Conclusioni

durante il Convegnosarà assicurata

l’assistenza ai bambini.

info:[email protected],www.acbrescia.it

22aci notizie n. 06|2009

dirittispazio ac

Immigrazione, nuovidiritti di cittadinanza

Sangue o suolo? Come cambiano le normative.Una sintesi della lezione del prof. Mario Falanga

mario Falanga

il tema della cittadinanza negli ultimi decenni è tema centrale e di grande attua-lità nel dibattito teorico e politico sulle società occi-dentali. sono infatti in at-to nelle liberal-democrazie occidentali profonde tra-sformazioni connesse con i processi di globalizzazione. si tratta di trasformazioni dovute a fenomeni socia-li complessi e di non facile approccio socio-politico: la mondializzazione dell’eco-nomia, le imponenti onda-te migratorie dalle aree più povere del mondo, il feno-meno del multiculturalismo. l’epoca della globalizzazio-ne ha posto sul tappeto i

temi dell’inclusione/esclu-sione, del riconoscimento, dell’identità, della parteci-pazione democratica, della ridistribuzione delle risorse, del rapporto fra culture, in una parola dei temi relativi all’effettività o sostanziali-tà dei diritti umani, e quindi della cittadinanza di tutti gli “abitanti” dello stato.

Rifondare le basi della cittadinanza

Filosofi politici, politologi e sociologi concordano nel ritenere necessaria una ri-fondazione delle basi del-la cittadinanza, una ricer-ca di nuovi modi di essere

cittadini e quindi di ripen-samento dei meccanismi dell’inclusione nelle odier-ne società.il sociologo inglese thomas Humphrey marshall (1983-1981) nel 1950 individuava tre componenti della citta-dinanza: i diritti civili o di libertà, i diritti politici o di partecipazione democratica alla vita politica del paese, e i diritti sociali o di protezio-ne e sicurezza. È una con-cezione di cittadinanza nata da una particolare congiun-tura storica, quella dello svi-luppo e del consolidamento del Welfare State oggi non più in grado di assorbire e corrispondere alle nuove

esigenze poste dai processi di globalizzazione: a) il rife-rimento ai doveri, o all’eti-ca della responsabilità e, soprattutto, b) il riconosci-mento di nuovi diritti, quel-li economici - come diritti di accesso alle risorse mate-riali e immateriali - e cultu-rali - come diritti all’identi-tà culturale, all’educazione, all’informazione, alla coope-razione culturale.la tradizionale nozione di cit-tadinanza basata sull’ugua-glianza formale della perso-na-cittadino è ormai insuffi-ciente a cogliere i germogli civili e culturali del tempo presente; rischia anzi di essere fattore di disegua-glianza. È necessaria perciò una nuova visione di citta-dinanza, di natura sostan-ziale, basata sui diritti della persona in quanto persona. la cittadinanza formale è radicata nel particolarismo politico, quella sostanziale nell’«universalismo dei di-ritti» propri della persona: è qui che trovano soluzio-ne e composizione anche i diritti inattuati dei bambini e delle donne.

Il dibattito e le prospettive

a fronte dei cambiamenti in atto nella società mon-diale, come ri-pensare la cittadinanza? Quali pro-poste sono elaborate da-gli studiosi più attenti al tema? secondo la sociolo-ga Yasemin soysal occor-re ripensare i meccanismi di inclusione nelle odierne società sempre più multi-culturali alla luce delle “ap-partenenze plurime” che caratterizzano i migranti; è necessario perciò rivedere l’appartenenza e la parte-cipazione nella prospettiva di “un´appartenenza post-nazionale” in cui lo statu-to della personalità, basa-to sul carattere universale dei diritti umani, tende a sostituirsi alla cittadinanza come fonte dei diritti.il filosofo Jürgen Habermas pensa alla cittadinanza co-me rappresentanza della “molteplicità di apparte-nenza” che caratterizza le

la scuola di formazione della Fuci è un evento al quale partecipano i gruppi di tutta italia. si tiene una volta all’anno e il luogo della manifestazione è stretta-mente legato al tema trattato. Quest’an-no in particolare ci siamo ritrovati dal 29 ottobre al 1° novembre a trento, capo-luogo della provincia che ha dato i natali ad alcide de gasperi, per un approfon-dimento sulla sua figura, traendo spun-ti per una riflessione più generale sulla funzione e l’importanza di un’etica solida nella politica. tema della quattro gior-ni è stato Cercando un fondamento per la ricostruzione. L’esempio di Alcide De Gasperi. abbiamo potuto ascoltare per-sone che hanno conosciuto e convissuto con de gasperi, che ne hanno rivelato la sfera personale, per vedere dall’inter-no come sono stati vissuti quegli anni

turbolenti e fondamentali per la nostra nazione. grazie ai relatori che sono in-tervenuti è stata poi possibile un’accu-rata ricostruzione storica delle vicende trattate. ma la scuola di formazione non si limita a questo: rappresenta anche e sopratutto un momento in cui giova-ni di tutta italia si ritrovano per convi-vere insieme, alternando i momenti di approfondimento culturale a quelli di divertimento e convivialità. È un modo per immergersi nella realtà, per confron-tarsi con altri universitari, per stringere contatti e amicizie che potranno rivelarsi durature. si tratta insomma di un’espe-rienza piena, che ci ha coinvolto in ogni nostro aspetto, e che ci ha fatti tornare a casa con una ricchezza che non pote-vamo sospettare.

Mauro Verzelletti

Sulle tracce dei testimoniL’esperienza della scuola di formazione Fuci a Trento

a villa pace il 6 dicembre scorso si è tenuta la Giornata formativa per presidenti e responsabili sul tema della cura delle relazioni, che fa da sfondo al nostro anno associativo.nel pomeriggio i presidenti di oggi hanno voluto ringraziare alcuni associatidi lunga data per la loro presenza in aC.

spazio ac

società contemporanee. la cittadinanza va intesa come “istituzione di uno spazio di relazioni, di scambi e anche all’occorrenza di conflitti”, lasciando l’ethnos (la na-zionalità) nella sfera della vita privata delle persone. lo stato democratico di di-ritto può legittimamente pretendere dagli immigra-ti soltanto un´integrazione politica per salvaguardare l´identità della comunità. ognuno pertanto può es-sere integrato in un suo gruppo culturale, ma tut-ti devono essere integrati politicamente a livello pro-cedurale.alain touraine ritiene che la cittadinanza «non possa consistere nella fusione di tutte le identità in una co-scienza nazionale unifican-te, ma nell’accrescimen-to della diversità»; anche per ralf dahrenforf «il re-ale test del rafforzamento dei diritti di cittadinanza è l´eterogeneità». Compito degli stati è dunque quello di “organizzare il pluralismo”.

Verso una “cittadinanza universale”?

la soluzione del complesso tema, a mio parere, sta nel riconoscere l´umanità co-me nuovo soggetto di dirit-to, secondo l´insegnamento proposto nella Pacem in terris da giovanni XXiii. «Una comunanza infatti, scrive il Papa, di origine, di supremo destino lega tutti gli esseri umani e li chia-ma a formare un´unica fa-miglia cristiana» (n. 65). prima di ogni cittadinanza legale esiste dunque una cittadinanza sostanziale, sopra-statuale e pre-giuri-dica, data dall’appartenen-za all´unica famiglia uma-na. la sede risolutiva della cittadinanza democratica non è pertanto quella dei singoli stati, ma quella del diritto internazionale, come aveva ben intuito nella pri-ma metà del Cinquecento, il giurista e teologo spagno-lo Francisco de vitoria, nel-la sua teoria universalistica dei diritti umani o dottrina dei diritti naturali.

Per informazioni sulla Fuci: www.fucibrescia.ilbello.com - [email protected]

in libreria

Carità globaleCommento alla Caritas in veritateave - libreria editrice vaticana, roma 2009, pp. 180, euro 8,00

l’economia globale, il significato autentico dello sviluppo, la giustizia sociale, la promo-zione della vita umana in ogni angolo del pianeta: papa Benedetto Xvi con la Caritas in veritate parla al cuore di ogni persona e, al contempo, chiama i credenti a una piena responsabilità per costruire un mondo più giusto, rispettoso della dignità di ogni esse-re umano, della famiglia, dell’ambiente. Con i contributi di autorevoli studiosi - laici, teologi e vescovi (F.g. Brambillla, v. zamagni, l. Campiglio, m. toso) - Carità Globale intende fornire preziosi strumenti per proseguire la riflessione avviata dal santo padre e impegnarsi in ulteriori approfondimenti e coraggiosi passi concreti. Contiene il testo integrale dell’enciclica Caritas in veritate

Montini/Paolo VIla missione di educare a cura di a. maffeisla scuola, Brescia 2009, pp. 160, euro 9.50

Un’antologia di scritti montiniani con i temi, a lui cari, sull’educazione. si parte dagli anni in cui giovanni Battista montini è assistente della Fuci per poi continuare con gli scritti e i discorsi da cardinale di milano e poi da papa. in tutti emerge la sua preoccupazione verso i giovani ai quali, da assistente ecclesiastico, indicca il valore dello studio come via per arrivare a una maturazione della vita cristiana. le esigenze di rinnovamento delle istituzioni educative della Chiesa, la necessità di comprendere la psicologia delle nuove generazioni, l’amore per la formazione e l’approfondimento.

Il giardino delle delizie pietro pisarra,ave, roma 2009, pp. 172, euro 11

l’udito, la vista, il tatto, il gusto, l’odorato. e infine il cuore, un sesto senso per lo spi-rito. l’ultimo libro di piero pisarra è un percorso alla ricerca di ciò che abbiamo perso. i nostri sensi. Una generazione incerta tra bio e dio, scrive il giornalista, trova rifugio nell’inorganico, in mondi immaginari abitati da androidi senza cuore. ma non possia-mo rassegnarci. il miglior antidoto al cattolicesimo senza testa e senza cuore, senza profondità e senza dubbi è proprio il ritrovare i sensi camminando con tutti quei per-sonaggi biblici che, nel giardino delle delizie hanno portato a compimento la loro voca-zione. Un libro denso e leggero che piero ha dedicato a due suoi amici, Cesare martino e paolo giuntella, che oggi, senza sforzo, possiamo immaginare alla tavola del regno con un calice di vino e il suono di un vecchio sax.

Dare sapore alla vitaDa laici nel mondo e nella Chiesapaola Bignardipresentazione di Dionigi TettamanziAve, Roma 2009, pp.160, euro 9,00

L’elogio della laicità con cui si apre il volume indica lo spirito e lo stile dei pensieri che in esso si svolgono. Laicità, per i cristiani, è assumere in pieno l’umanità che essi hanno in comune con tutti, e di essa mostrare la bellezza, il valore, le responsabilità. Attraverso una riflessione che si snoda dall’ascolto della vita fino ad alcuni spunti per promuovere una nuova soggettività dei laici, il libro invita a guardare alla realtà e alle sue diverse dimensioni con occhi nuovi: non con lo sguardo di chi coglie di essa soprattutto i limiti, ma con quello sapiente di chi cerca e vede le ricchezze, il dono, i compiti, nella convinzione che la storia umana è abitata dal mistero. Tocca soprattutto al laico riconoscere il mistero presente nella vita, svelarne il Nome, vivere in modo da portare alla luce, già da oggi, i germi di risurrezio-ne presenti nella realtà. Per questo occorre, da parte dei laici, una nuova capacità di inizia-tiva, per stare nel mondo da testimoni della bellezza pasquale delle cose.