A tuttosesto 46

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] a tuttosesto info e approfondimenti aprile 2014 46 25 aprile 1945 25 aprile 1945: oggi le acque chiarazzurre del Nati- sone non lambiscono le sponde rocciose del ume. Oggi il Natisone, il ume che scende cantando dal Monte Maggiore (Alpi Giulie) passando per Cividale del Friuli, scorre faticosamente tra le pietre bianche di sole assieme ad attrezzi, sangue, indumenti di soldati co- sacchi. I cosacchi in Italia? I cosacchi in Friuli? Sì. A Cavazzo Carnico, Trasaghis, Clauzetto, Tarcento, Enemonzo, Osoppo, Tolmezzo, Villa Santina, Verzegnis ed altri. Dal 20 luglio 1944 era stata loro assegnata (da Hitler) una nuova piccola patria in alcune località del Friuli. Fu una triste invasione: migliaia di persone estenuate da un lunghissimo e faticoso viaggio attraverso l’est dell’Europa trovarono sistemazione in diverse località del Friuli destando in ogni luogo stupore misto a disa- gio, paura, compassione, pietà. Infatti, ai primi sgangherati drappelli militari segui- rono donne, vecchi e bambini, montati su pesanti car- riaggi sconnessi e traballanti con seguito di capre, mucche e alle volte persino cammelli. Cercarono rifugi improvvisati nei cortili spogli, negli androni delle stalle, in enili pungenti d’erbe profumate; altri sui loro carri di legno carichi di masserizie e povere cose regalate, razziate, assegnate. Le multinazionali si accorgono della famiglia Il batterio che fa la storia Luci e ombre su farmaci, ricerca e marketing SU QUESTO NUMERO Quando nei paesi si sparse la voce del loro arrivo tutti ne furono terrorizzati; ma i cosacchi che incontrammo erano più spaventati di noi: ci apparvero spauriti, spae- sati, segnati da una profonda, misera tristezza. Presto vinsero la difdenza dei nostri paesi destando perno compatimento nella popolazione. Con quel loro atteggiamento di cani bastonati cercarono un’intesa, cercarono quasi una conferma a quel loro sogno, a quella patria promessa. Vennero nelle nostre case, in- sicuri e impacciati come alla ricerca di un po’ di calore, di un po’ di umanità. Si mettevano accanto al vecchio focolare – come allora si usava in campagna – e guar- davano con occhi tristi il fuoco e i loro fucili abbando- nati all’ingresso. Ivan, Andrei, Vassili, Igor: non c’era luce nel loro sguardo, non c’era speranza nel loro futuro. Nei loro volti solo la nostalgia di un paese lontano ed amato ma ineluttabilmente perduto e insieme un’amara consape- volezza che il sogno e tutto per sempre svanirà. Aprile: i prati oriscono di giallo ed azzurro, nel cielo esplode il sole di una nuova primavera ma per questi cosacchi che sognavano una piccola patria in Italia, in Friuli, il sogno svanisce. Tedeschi e cosacchi con i loro carriaggi, con i loro tozzi e possenti cavalli rossi, risalgono il conne verso l’Austria, placcati dalle milizie slave del IX Corpus di Tito e dai partigiani delle brigate Garibaldi e Osoppo appostati sui valichi dei monti. Oggi, 25 aprile 1945, il loro sangue, insieme alle loro masserizie, scorre con le acque dei nostri umi: il Torre, il Natisone, l’Isonzo, il Tagliamento. Ecco: ogni volta quando arriva il 25 aprile, dietro le tante bandiere agitate festose nel vento, io vedo tra le acque di quei nostri piccoli e grandi umi la dolorosa scia rossa del sangue dei «nostri» cosacchi. Santina Rossi

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

a tuttosestoinfo e approfondimenti aprile 201446

25 aprile 194525 aprile 1945: oggi le acque chiarazzurre del Nati-

sone non lambiscono le sponde rocciose del fiume.Oggi il Natisone, il fiume che scende cantando dalMonte Maggiore (Alpi Giulie) passando per Cividale delFriuli, scorre faticosamente tra le pietre bianche di soleassieme ad attrezzi, sangue, indumenti di soldati co-sacchi.I cosacchi in Italia? I cosacchi in Friuli? Sì. A CavazzoCarnico, Trasaghis, Clauzetto, Tarcento, Enemonzo,Osoppo, Tolmezzo, Villa Santina, Verzegnis ed altri. Dal 20 luglio 1944 era stata loro assegnata (da Hitler)una nuova piccola patria in alcune località del Friuli.Fu una triste invasione: migliaia di persone estenuateda un lunghissimo e faticoso viaggio attraverso l’estdell’Europa trovarono sistemazione in diverse localitàdel Friuli destando in ogni luogo stupore misto a disa-gio, paura, compassione, pietà. Infatti, ai primi sgangherati drappelli militari segui-rono donne, vecchi e bambini, montati su pesanti car-riaggi sconnessi e traballanti con seguito di capre,mucche e alle volte persino cammelli. Cercarono rifugiimprovvisati nei cortili spogli, negli androni dellestalle, in fienili pungenti d’erbe profumate; altri suiloro carri di legno carichi di masserizie e povere coseregalate, razziate, assegnate.

Le multinazionali si accorgono della famiglia

Il batterio che fa la storia

Luci e ombre su farmaci, ricerca e marketing

SU QUESTO NUMERO

Quando nei paesi si sparse la voce del loro arrivo tuttine furono terrorizzati; ma i cosacchi che incontrammoerano più spaventati di noi: ci apparvero spauriti, spae-sati, segnati da una profonda, misera tristezza.

Presto vinsero la diffidenza dei nostri paesi destandoperfino compatimento nella popolazione. Con quel loroatteggiamento di cani bastonati cercarono un’intesa,cercarono quasi una conferma a quel loro sogno, aquella patria promessa. Vennero nelle nostre case, in-sicuri e impacciati come alla ricerca di un po’ di calore,di un po’ di umanità. Si mettevano accanto al vecchiofocolare – come allora si usava in campagna – e guar-davano con occhi tristi il fuoco e i loro fucili abbando-nati all’ingresso.

Ivan, Andrei, Vassili, Igor: non c’era luce nel lorosguardo, non c’era speranza nel loro futuro. Nei lorovolti solo la nostalgia di un paese lontano ed amato maineluttabilmente perduto e insieme un’amara consape-volezza che il sogno e tutto per sempre svanirà.

Aprile: i prati fioriscono di giallo ed azzurro, nel cieloesplode il sole di una nuova primavera ma per questicosacchi che sognavano una piccola patria in Italia, inFriuli, il sogno svanisce.

Tedeschi e cosacchi con i loro carriaggi, con i lorotozzi e possenti cavalli rossi, risalgono il confine versol’Austria, placcati dalle milizie slave del IX Corpus diTito e dai partigiani delle brigate Garibaldi e Osoppoappostati sui valichi dei monti. Oggi, 25 aprile 1945, il loro sangue, insieme alle loromasserizie, scorre con le acque dei nostri fiumi: ilTorre, il Natisone, l’Isonzo, il Tagliamento.Ecco: ogni volta quando arriva il 25 aprile, dietro letante bandiere agitate festose nel vento, io vedo tra leacque di quei nostri piccoli e grandi fiumi la dolorosascia rossa del sangue dei «nostri» cosacchi.

Santina Rossi

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Un altro spot simile è stato lanciato da Unilever, mul-tinazionale anglo-olandese, proprietaria di molti tra imarchi più diffusi nel campo dell’alimentazione, be-vande, prodotti per l’igiene e per la casa. Con un videodi circa quattro minuti e mezzo ha spostato il focusdella sua comunicazione su uomini e donne di tutto ilmondo chiedendo loro perché ritenessero giusto far na-scere i propri figli. Alla domanda «Perché nascere inquesto mondo?» alcuni protagonisti dello spot hannorisposto: «Perché non c’è mai stato un tempo migliorecome l’attuale per creare un brillante futuro».

In aggiunta a questi due colossi, si aggiunge ancheProcter & Gamble, multinazionale statunitense. In oc-casione delle Olimpiadi che si sono svolte a Sochi, laP&G ha preparato uno spot intitolato «Grazie di cuoremamma». La storia narrata dalla pubblicità è quella diquattro mamme impegnate a far crescere due bambinie due bambine. È una storia che viene raccontata me-diante cadute: le prime cadute per iniziare a cammi-nare, e poi le cadute per imparare ad andare sui pattini,sugli sci, sullo skate board, sui pattini per l’hockey sulghiaccio. Tutte le immagini dello spot riportano cadute semprepiù dolorose, con sempre presenti queste madri prontea tirare su i propri figli, a curare i danni causati dallecadute, fino alla fine dello spot, dove tutti finiscono peressere vincitori terminando la gara senza mai cadere.Infine lo spot si chiude con le mamme che abbraccianoi loro figli e la scritta in sovraimpressione: «Grazie dicuore, mamma, per averci insegnato che ogni cadutaci rende più forti».

Gianluca Teseoda Documentazione.info

Alle multinazionali una famiglia unita e numerosaconviene. Come segnalato in un nostro articolo di qual-che tempo fa la ricerca The substainable demographicdividend svolta negli Stati Uniti dal Social Trends Insti-tute descrive tra le altre cose l’impatto favorevole dellafamiglia nello sviluppo di molti settori dell’economia. I dati dicono che le coppie sposate (di età tra i 18 e i 50)spendono in proporzione di più dei single e dei senzafigli in vari settori come i prodotti alimentari, la curadella salute, la manutenzione della casa, le assicurazionisulla vita e, ovviamente, la cura dei figli. I single spen-dono di più soltanto per gli animali da appartamento.

Compagnie come Home Depot (manutenzione dellacasa), Johnson & Johnson (salute), Kellogg (cereali),Kroger (alimentari), Mars (dolci), Mattel (giochi), Nor-thwestern Mutual (assicurazioni sulla vita), Procter &Gamble (prodotti per la casa), UnitedHealth (assicura-zioni sanitarie), e Target (merchandise) hanno tutto daguadagnare dalla «buona salute» delle famiglie ameri-cane.Non bisogna rimanere sorpresi quindi se, come è statofatto notare in un articolo pubblicato su ZENIT, alcunegrandi multinazionali, come Coca Cola, Unilever eProcter & Gamble, hanno puntato su alcuni spot pub-blicitari che rimettono in primo piano la bellezza dellafamiglia o dell’avere dei figli.

Prendendo in analisi lo spot della Coca Cola, l’aziendaamericana gioca un po’ a nascondino con il telespetta-tore presentando la bellezza di essere genitori attraversoil racconto per immagini della vita quotidiana di unagiovane coppia, con gioie e difficoltà tipiche, partendodal momento dell’arrivo del primo figlio, fino all’arrivodel secondo passando in mezzo a tutti i problemi e in-convenienti presentati con grande simpatia. Si tratta diun video molto semplice, che non contiene il classicostereotipo della famiglia «senza problemi», dove ven-gono messe in risalto le «belle» difficoltà di avere un fi-glio senza che questo porti la coppia di giovani genitoria dire «mai più».

Le multinazionali si accorgono della famiglia

Nell’ultimo secolo i farmaci sono stati un cofattore in-cidente sull’allungamento della nostra attesa di vita. Purtroppo in considerazione dell’enorme massa moneta-ria che muovono, bisogna prestare attenzione a non farsiportare dall’entusiasmo della «pillola magica» che risolverapidamente tutto.

Nell’esempio della realtà nordamericana, l’industria far-maceutica dispone di potenti mezzi per arrivare fino alsingolo utente in modo molto persuasivo. Questo è pos-sibile perché mantiene rapporti diretti sia con la politica,di cui è il primo finanziatore nelle campagne presiden-ziali, sia con l’Ente governativo garante dell’immissionesul mercato delle molecole curative. Purtroppo tale Ente, la Food and Drug Administration(FDA) accolla l’onere di provare l’efficacia di un farmacoal produttore stesso, con le relative conseguenze. Inoltre la FDA non richiede che un nuovo farmaco sia piùefficace di uno vecchio ma solo più efficace del placebocon l’effetto che il 75% dei nuovi farmaci non apportanoalcuna miglioria di efficacia rispetto ai predecessori. Infine il garante nordamericano non supervisiona la pub-blicità farmacologica prima della messa in onda ma soloa posteriori è in grado di bloccare e sanzionare impie-gando mediamente sei mesi prima di esprimersi.

Cosi le Big Pharma, ovvero le industrie farmaceutichecon ricavi superiori ai 3 milardi di dollari all’anno, e ve nesono decine, possono manovrare le proprie campagnepromozionali con una certa libertà. Per poter toccare ogni cittadino americano oggigiorno sioffrono siti web gratuiti che da una parte assistono i ma-lati informandoli sulle terapie e fornendo consigli, dall’al-tra ottengono opinioni preziose dai pazienti stessiproponendo questionari da compilare.

Ma il marketing non rimane vincolato da un click delcomputer ma penetra nelle nostre stesse vite attraversocanali ancor più ufficiali come i medici. Da quelli più rap-presentativi della categoria (opinion leader) al più scono-sciuto medico neolaureato. A volte consapevoli, a volteignari di essere condizionati sin dai primi anni di studioad utilizzare farmaci o solo a pensare che unicamente unamolecola possa essere curativa, il sanitario si ritrova adessere un perno fondamentale sia per la prescrizione cheper l’indirizzo alle cure.

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Chi diceva «la miglior cura inizia dalla mano che si ap-poggia compassionevolmente sul malato»? Tali sanitari,pur motivati, impiegheranno forse molti anni prima di ac-corgersi delle grandi manovre che il marketing farmaco-logico opera attorno a loro da tanto tempo.

Un indagine tuttora aperta dalla SEC, l’organo americanoper la vigilanza finanziaria, ha acceso i riflettori sulla pos-sibile violazione da parte delle grandi industrie del farmacodel Foreign Corrupt Practice Act ovvero una legge del 1977in cui si vietava all’industria farmaceutica la pratica dellacorruzione al di fuori del territorio U.S.A. per ottenere van-taggi commerciali. Anche se il 1977 è passato, la sua attua-lità è quanto mai evidente e purtroppo sono tuttora aperteinchieste sulla conflittualità tra erogazione di cure e per-cezione di premi di varia natura forniti dai privati ovunque,Italia compresa, come dimostrato dallo scandalo dell’or-mone della crescita ai nostri bambini.

Eh sì, nessuno escluso, neanche i bambini che qualorasiano irrequieti sul banco delle elementari-medie e conpoca attenzione, rischiano di essere messi sotto terapia perdeficit di attenzione-iperattività (ADHD). Cioè una malattiasenza indicatori biologici, diagnosticata solo sulla base delcomportamento e trattata con farmaci capaci di aumentareil rischio di suicidio, ricordo che parliamo di bambini delleelementari-medie, del cinquecento per cento. Malattia trat-tata come detto, ma non curata, perché ad oggi non vi èuno studio scientifico prospettico meta-analitico che necomprovi l’efficacia, con pillole la cui struttura molecolareè assimilabile all’anfetamina.

Cosa fare? Continuare a prendere farmaci? Certo che sì,quando erogati in modo corretto. Come saperlo? Preten-dendo trasparenza. Gli enti governativi devono fornire aggiornamenti ai sani-tari e ricerca clinica non sovvenzionata dai privati, i sani-tari devono comunicare tutte le loro attività lavorative didipendenza e di consulenza all’utenza che sarà in grado digiudicare e scegliere da chi essere assistito.

Renzo Corradini

Luci e ombre su farmaci, ricerca e marketing

Il dott. Renzo Corradini, dirigente medico anestesista presso l’Ospedale San CarloBorromeo di Milano, ha tenuto in febbraio una conversazione in casa nostra.I dati che documentavano lo studio presentato hanno suscitato l’interesse di tuttii presenti, aprendo uno sguardo su realtà spesso poco conosciute del marketingfarmaceutico. Riportiamo ora una breve sintesi che tuttavia ci fa intuire la vastità e l’importanza del problema, reso ancorpiù attuale da alcune recenti indagini.

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L’idea che in occidente si ha della peste e legata piu ailibri che tutti abbiamo avuto tra le mani durante glistudi che alla realta quotidiana: la «peste di Giusti-niano» che inizio nel 541 e che resta la prima pandemiaconfermata della storia, la «peste nera» della meta delTrecento che uccise con buona probabilita tra 17 e 28milioni di persone, il trenta o quaranta per cento dellapopolazione europea dell’epoca, cosi come la malattiadescritta dal Manzoni con bubboni e monatti sono unricordo di molti. In realta le cose stanno diversamente e l’epidemia chesta colpendo il Madagascar riaccende i riflettori su unbatterio che in alcuni casi ha davvero cambiato il corsodella storia.

La Yersinia pestis, questo il nome scientifico del-l’agente patogeno, in anni recenti ha causato epidemienel continente africano (specialmente nella parte orien-tale e centrale, in Madagascar e nell’Africa settentrio-nale) e in Asia, senza disdegnare qualche piu sporadicaapparizione negli Stati Uniti e in America del sud. Per fornire qualche numero basti pensare che tra il1958 e il 2008 si sono avuti 17.000 casi in Madagascar,9.000 in Tanzania, 13.000 in Congo, 4.800 casi in India,3.500 casi in Vietnam, 5.500 in Myanmar, 3693 in Bra-sile, 4.091 in Peru e 438 negli Stati Uniti. Il tasso dimortalita e oggi senza dubbio piu basso rispetto al pas-sato e si attesta intorno al 7 per cento negli Stati Uniti,dove si hanno a disposizione gli antibiotici necessari,mentre risulta decisamente piu elevato in Paesi dovel’accesso alle strutture e ai farmaci e piu difficile.

Si puo quindi affermare che la peste e una malattialegata alle cattive condizioni di vita e alla poverta vistoche essa in un primo momento e una zoonosi dei ratti,una malattia cioe che colpisce i roditori e che viene tra-smessa all’uomo dalle pulci di questi animali o dallaconsumazione di carni infette, specialmente di cam-mello se quest’ultimo a sua volta risulta infetto. Unavolta che il contagio si e esteso all’uomo anche il con-tatto interumano (ferite, emissione di particelle di salivao aereosol, contatto con cadaveri infetti) puo giustifi-care il propagarsi della malattia e l’aumento del numerodi casi. I pazienti mostrano febbre alta, pressione bassa,brividi e affaticamento, in alcuni casi tosse, dolore to-racico e fatica a respirare. Molti ricorderanno la scoperta che don Rodrigo fece diun «orrendo bubbone» in zona ascellare risvegliandosidopo una notte di incubi: Manzoni offre la descrizionedi un segno caratteristico di questa malattia, l’infiam-mazione talvolta fino alla suppurazione dei linfonodi.

Ma la peste esiste anche in forma polmonare, con carat-teristiche simili a una polmonite appunto e puo presen-tarsi anche senza bubboni. Antibiotici piuttosto comunicome la gentamicina o la doxiciclina riescono oggi aguarire la maggior parte dei casi anche se la Yersiniapestis resta un batterio pericoloso e viene maneggiatocon grande attenzione in laboratori detti BL3 (bio safetylevel 3) riservati a microrganismi causa di malattie«serie o potenzialmente letali», gli stessi laboratori incui si studia il virus dell’Aids.

Due dati interessanti legati allo studio della malattiasono piu volte ricordati nella letteratura scientifica. Inprimo luogo ci si potrebbe domandare come si e avutala conferma che l’epidemia di peste nera del medioevofosse veramente peste. Oltre alle precise descrizioni fattedal medico Guy de Chaulliac, che studiava i pazienti suincarico di Papa Clemente VI, la certezza e giunta dallapaleomicrobiologia, quella scienza che si occupa di stu-diare i microrganismi causa di infezioni in un passatoanche lontano. Nella polpa dei denti di alcuni cadaveriseppelliti a Marsiglia dopo essere deceduti nel Trecentoper l’epidemia, i modernissimi mezzi a disposizione deipaleomicrobiologi hanno trovato inoppugnabili provedel passaggio non innocuo della Yersinia pestis.

Il secondo dato di interesse e di preoccupazione ci ri-guarda molto piu da vicino sia nel tempo che nello spa-zio: proprio in Algeria e come se non bastasseprecisamente in quella citta di Orano che ha fatto dasfondo alle gesta del dottor Rieux e di padre Panelouxin La peste di Albert Camus, si e registrato nel 2003 unpiccolo focolaio della malattia che purtroppo causoanche alcuni morti. Come a ricordarci da vicino la no-stra fragilita di fronte a esseri cosi piccoli come i batterie il nostro dovere di offrire a tutti i moderni mezzi didiagnosi e cura.

Ferdinando Cancellida L’Osservatore romano

Il batterio che fa la storiaDalla peste di Giustiniano a quella in Madagascar