360° - ottobre 2010

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Periodico a distribuzione interna realizzato dagli Studenti Luiss e finanziato dalla Luiss Guido Carli. Il giornale con l’Università intorno Ottobre JOIN YOUR FUTURE luiss_guido_carli

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360° - ottobre 2010

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Periodico a distribuzione internarealizzato dagli Studenti Luisse finanziato dalla Luiss Guido Carli.

Il giornale con l’Università intorno Ottobre 2010

JOIN YOURFUTURE

luiss_guido_carli

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Fondato nel 2002

Fondatori: Fabrizio Sammarco, Luigi Mazza, Leo Cisotta

Direttore:Alex Giordano

Responsabile Organizzativo:Federico Ronca

Cosmoluiss SP: Zaira Luisi

Cosmoluiss EC:Elena PonsFrancesco Sbocchi

Cosmoluiss GP:Gabriele Maria Spagnoli

Speaker’s corner:Giuseppe Carteny Alessandro Tutino

International: Robert MairAlessandra Micelli

Fuori dal mondo:Nicola Del MedicoFlavia Romiti

L’Eretico:Edoardo Romagnoli

Artificio:Mariafrancesca TarantinoTiziana Ventrella

Ottava nota:Andrea Buccoliero

Cogitanda:Dario De LiberisElisabetta Rapisarda

Cinema & Teatro:Giulia Montuoro

Lifestyle:Martina Monaldi

Calcio d’angolo:Matteo OppizziEmanuela Perinetti

Delegato fondi:Cristiano Sammarco

Stampato su carta riciclata da:Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali

Impaginazione e copertina:Diego Lavecchia

Se volete contattarci scrivete a:[email protected]

Ottobre 2010

Sommario

Editoriale• L’importanza del percorso . . . . . . . . .pag. 3

CosmoLuiss• Intervista al Rettore della LUISS:

Massimo Egidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 4• Flessibilità e nuove competenze . . . . . . . .“ 5• La rappresentanza al servizio

degli studenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 6• LUISS: Istruzioni per l’uso

• Con i nostri occhi . . . . . . . . . . . . . . .“ 7• MGM: Manuale delle Giovani

Matricole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 8• Mettiamoci un po’ di mondo . . . . . . . . . .“ 9• Le nostre menti, la loro voce . . . . . . . . . . .“ 10• Quattro chiacchiere con il professor

Giorgio Di Giorgio . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 11• A tu per tu con Michele Lo Re . . . . . . . . .“ 12• La situazione della triennale . . . . . . . . . . .“ 12• La visione del preside Pessi . . . . . . . . . . . .“ 13• Un caffè con Filippo Macchini . . . . . . . . .“ 14

Speaker’s Corner• C’eravamo tanto amati (o quasi) . . . . . . .“ 15• L’eredità di K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 16• La politica italiana spiegata (d)ai

foreigners . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 17• Scusate, ma...la sinistra? . . . . . . . . . . . . . . .“ 17

International• La moschea della discordia . . . . . . . . . . . .“ 18• Sakineh Mohammadi Ashtiani . . . . . . . . .“ 19• Dopo 65 anni, un americano ad

Hiroshima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 19• I Pirati proteggono Wikileaks . . . . . . . . .“ 20• Campbell goes to...Aja . . . . . . . . . . . . . . . .“ 20

fuori dal mondo• Hasta la indipendencia?

• Irlanda del Nord: una questione irrisolta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 21

• Diario Catalano . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 22• Aspettando il De Gaulle serbo,

l’Aja dice si . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 22

L’Eretico• Scrivere, perchè? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 23

Cogitanda• La vertiginosa pluralità del possibile . . . .“ 24• Tutta questione di culo . . . . . . . . . . . . . . . .“ 24• Quattro chiacchiere davanti ad

un caffè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 25

• Gli errori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 25

Ottava nota

• John Frusciante: l’antieroe dellachitarra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 26

Artificio• Gocce d’arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 27

Cinema & Teatro• Si parte! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 28

• La solitudine dei numeri primi . . . . . . . . .“ 28

Lifestyle• Riprendere Berlino . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 29• Scegli oggi chi essere quest’inverno . . . . .“ 29

Calcio d’Angolo• Estate al calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 30• Nazionale, l’esigenza di un

cambiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 30• A tu per tu con Massimo Schirinzi . . . . .“ 31• Meglio uno straniero oggi che

un italiano domani . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 31

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3editoriaLe

Ci sono, nella vita, dei momenti in cui ti trovi co-stretto, volente o nolente, a fare delle scelte. Magari capita che non ti senti pronto, oppure suc-cede che ti trovi a dover indirizzare la tua vitaquando di competenze per farlo te ne riconoscipoche. E’ successo a tutti noi quando abbiamo dovutoscegliere cosa fare dopo le scuole medie, succedequotidianamente anche nelle piccole cose, comequando entri in un McDonald’s e ti lasci superareda trentacinque persone in fila mentre ti arrovelliil cervello scegliendo fra un Crispy McBacon e ilsempreverde McRoyal Deluxe. Eppure alla finescegliamo sempre e un attimo dopo siamo giàpronti a maledirci per quello che abbiamo appenadeciso. “Ogni scelta implica, di per sé, l'abban-dono di tutte le alternative. Se non fossimo co-stretti a scegliere, saremmo immortali. (PaoloMaurensig). Una volta fatta una scelta c’è poco dafare: bisogna portare avanti quello in cui si credee cercare di tirare fuori il meglio dalle situazioniche la vita ci pone davanti.ENTER: accedere, cominciare, partecipare, en-trare a far parte di.ENTER. E’ il nuovo scenario che si apre prepo-tente davanti agli occhi di molti di voi, quello delprimo anno universitario. I cancelli dell’Univer-sità che avete da poco superato per la prima voltavi hanno accolti lasciandovi dentro un misto disperanze, paure e angosciante curiosità. La LUISSdiventerà per voi il palcoscenico di una nuova rap-presentazione, probabilmente la più impegnativache abbiate dovuto inscenare fino a questo mo-mento. Ma adesso importa poco: lasciatevi tra-volgere dal turbinio di facce, gadgets, giacche ecravatte. Che vi piaccia o no, questo è il vostromomento.ENTER. E’ il tasto da schiacciare ogni volta chevogliamo far partire un programma o accedere adun qualsiasi sito internet. E, metaforicamente par-lando, è quello che anche voi avete “schiacciato”per avviare questo nuovo processo di formazioneumana e professionale che l’Università vi offre.Avete conseguito la maturità, avete superato i testdi ammissione e adesso vi ritrovate qui, ai nastridi partenza di una nuova realtà proprio quando,una volta finito il liceo, vi eravate quasi convinti diaver tagliato il traguardo. Potrebbe apparire comeun crudele scherzo di chissà quale destino ingan-natore, ed invece quel traguardo raggiunto dapoco non è affatto l’illusione di un arrivo trion-fale, quanto la base che avete interiorizzato perpresentarvi competitivi a questa nuova, fonda-mentale, corsa ad ostacoli. L’augurio, com’è ovvioche sia, è che tutti voi possiate arrivare alla metanel miglior modo possibile. Non nel minor tempopossibile, attenzione. Non abbiate fretta nel su-perare gli ostacoli, non abbiate fretta nello scor-gere il rettilineo finale. L’importante è finire lagara con la consapevolezza di aver imparato tanto

durante il percorso, di aver scoperto qualcosa inpiù su voi stessi, di aver lasciato esplodere le vo-stre attitudini, di aver coltivato nel migliore deimodi gli interessi che il viaggio vi ha stimolato.“Lo straordinario risiede nel cammino delle per-sone comuni. Quando si va verso un obiettivo, èmolto importante prestare attenzione al cam-mino. E’ il cammino che ci insegna sempre la ma-niera migliore di arrivare, e ci arricchisce mentrelo percorriamo.” (Paulo Coelho).ENTER. Inizio di un nuovo paragrafo, di unnuovo capitolo. Nel giornalismo, una volta chiusoun discorso o esaurito il periodo, dopo aver messoun punto a quello che si è appena scritto, pre-mendo “Invio” si da vita all’inizio di un nuovo ca-poverso che può essere collegato al precedente,come può essere completamente slegato daquanto antecedentemente detto. Non importa quanto impegno ci sia voluto perscrivere e portare a termine un paragrafo: la vitaspesso ci impone di andare a capo e di ricomin-ciare, di partire nuovamente da zero.Nel nostro piccolo, anche questo giornale ha su-bito dei cambiamenti. Un nuovo direttore e unanuova squadra di gente valida e con tanta voglia difare bene. E’ doveroso ringraziare chi è venutoprima di noi, in particolar modo Mariastella Ru-volo e Pierdamiano Tomagra, che hanno direttoin maniera esemplare il 360° e che, con la loro pas-sione e la loro preparazione, hanno permesso ai

nuovi arrivati di affezionarsi a questo progetto edi decidere di portarlo avanti nel migliore deimodi, nella speranza di non deludere le aspetta-tive di nessuno e di poter continuare a far crescereil giornale che adesso avete fra le mani, ormaigiunto al suo ottavo anno di vita. Aria e periododi cambiamenti: questo è quello che Settembreporta inevitabilmente con sè, per tutti noi. Per inuovi arrivati, ovviamente. Ma anche per chi haappena finito di dare gli esami della sessione pre-cedente e si trova ad iniziare un nuovo anno, connuovi corsi e, ahimè, nuovi esami. E capita anchea chi ha da poco tagliato il traguardo, triennale omagistrale che sia, e deve voltare pagina dopo averconcluso un ciclo. A tutti voi va il più caloroso inbocca al lupo: da adesso inizia un nuovo capitolodella vostra vita, un capitolo che, nel bene o nelmale, porterà tanti di quei cambiamenti al puntotale che, forse, sarà difficile riconoscervi guardan-dovi indietro. Facendo tesoro di tutto ciò cheavete imparato fino ad ora è il momento di co-minciare per l’ennesima volta un nuovo cammino,con la fiducia di chi sa di aver tanto da ricevere daquesto ateneo e tanto da dare, nello scambio in-terpersonale, a tutti coloro che, da oggi in poi, co-stituiranno una seconda “famiglia” che viaccompagnerà in questo nuovo e sorprendentepercorso ad ostacoli. Se vi sentite pronti a scriverela vostra storia, basta soltanto premere ENTER.

ALEX GIORDANO

L’importanza del Percorso

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4 coSMoLUiSS

intervista al rettore della LUiSS: Massimo egidi

1) Questo numero di 360° è indirizzato soprat-tutto alle matricole , che si apprestano ad iniziareun percorso fondamentale sia sotto il punto di vi-sta umano che su quello professionale. Cosa hada offrire la LUISS in più rispetto agli altri ate-nei italiani?Gli studenti della LUISS si trovano in un ambienteaperto e amichevole, in cui verificano personal-mente che “le cose funzionano”, che i corsi sono svolti con cura e competenza, e che i loro proble-mi ricevono molta attenzione sia dai professori chedal personale amministrativo. Un rilevante numerodi professori che ha prestigio scientifico o elevatareputazione professionale offre loro opportunitànotevoli per la futura carriera.

2) Qual è stata la risposta della LUISS alla crisidelle università italiane, seguite ai recenti progettidi riforma sull’istruzione? Siamo davvero l’iso-la felice di cui si sente parlare o anche noi ne stia-mo subendo gli effetti?Per ora la riforma universitaria è ferma in parla-mento; se verrà varata in autunno, noi potremo ap-profittare di alcune norme, in particolare quella che, in stile anglosassone, conferisce maggior po-tere ai Dipartimenti , per modernizzare ulterior-mente il nostro sistema di governo e di gestione.Le Università non statali, come la nostra, potran-no comunque sfruttare molti più spazi di auto-nomia rispetto alle altre, per iniziative innovativeche ci permettano di essere sempre più all’altezzanella sfida internazionale della ricerca e della for-mazione.

3) L’anno scorso è stata inaugurata la School ofGovernment, un progetto sul quale si è investi-to molto e sul quale tutti, studenti compresi, ri-pongono molta fiducia. Che possibilità può of-frire, secondo Lei, quest’istituzione innovativa diricerca e formazione?La School of Government è nata principalmenteper dare ai giovani una formazione adatta ad ope-rare nelle grandi istituzioni internazionali , comel’ONU, la Fao, il Fondo Monetario Internazionale,le istituzioni della Comunità Europea; senzaescludere l’alta dirigenza del settore pubblico e ilmondo della politica. Settori nel quale l’Italia nonè abbastanza competitiva, e che offrono invece im-portanti opportunità di carriera.

4) La nostra Università si sta dando molto da fareper colmare il GAP che ci separa dai più presti-giosi atenei internazionali. Ci stiamo riuscendo?E quali sono i prossimi obiettivi da raggiungere?

Nell’ultimo ranking del CENSIS, La Luiss ha fat-to significativi progressi, anche se c’è ancora mol-to da fare. Il più importante obbiettivo è quello di divenire un punto di attrazione per i giovani a li-vello europeo, e di permettere ai nostri studenti di

fare una seria esperienza internazionale, frequen-tando corsi in università partner in Europa, in Ame-rica o in Cina .

5) Lo scorso anno i corridoi delle nostre facoltàsono stati letteralmente invasi da studenti Era-smus, sintomo della reputazione di cui gode laLUISS all’Estero. Quanto è cresciuta l’affluenzadegli studenti stranieri e quali sono le previsio-ni per i prossimi anni?Negli ultimi tre anni il numero di studenti LUISSche vanno all’estero è aumentato del 50% ed il nu-mero di studenti stranieri alla LUISS è aumenta-to del 25%. A mio parere questi numeri debbonocrescere a ritmi ancora maggiori nei prossimianni, compatibilmente con i costi – tra cui rilevantisono quelli per alloggiare gli studenti stranieri –perché è uno strumento essenziale per creare un am-biente aperto ed internazionale.

6) Che regole deve seguire e quali scopi deve pre-figgersi la “matricola modello” secondo il Suo pa-rere?Consiglio agli studenti di dedicarsi allo studio conintelligenza e capacità di riflessione su se stessi, inmodo da comprendere pian piano quali sono le aree più congeniali, nelle quali ci si sente più ca-

datore dell’Università Italo Tedesca, di cui è at-tualmente Direttore. Inoltre è membro del Co-mitato scientifico dell’ESNIE - European Scho-ol on New Institutional Economics, Université deParis X, della Società Italiana degli Economisti,dell’European Economic Society, dell’EuropeanAssociation of Evolutionary Economics delDottorato in Economics a SciencePo (Parigi).E’ associated editor di alcune riviste italiane e stra-niere, tra cui Industrial and Corporate Change,European Journal of Economic and Social Systems,Mind and Society. Referee di diverse riviste, tra cui: Economia po-litica, Journal of Evolutionary Economics, Jour-nal of Economic Behaviour and Organization,Manchester Journal e inoltre Referee di pro-grammi e progetti per il MIUR, per il CNVSUe per il CIVR.

E’ autore di oltre 50 pubblicazioni scientifiche suargomenti di Economia Sperimentale e Cognitiva,Teoria dell’organizzazione e dell’ apprendimen-to organizzativo, Teoria delle Decisioni a Razio-nalità limitata. Nell’ultimo decennio è stato invited spiker in mol-te decine di Congressi di grande rilievo interna-zionale.

Dal 1976 Professore Associato presso la Facoltàdi Scienze Politiche dell’Università di Torino. Dal 1987 al 2005 Professore di Economia Politicapresso la Facoltà di Economia e Commercio del-l’Università di Trento, in cui è stato anche Di-rettore del Dipartimento di Economia (1989-1995). Dal 1996 al 2004 è stato Rettore dell’Universi-tà di Trento, e nell’ultimo biennio membro del-l’Ufficio di Presidenza della CRUI con delega aiRapporti con l’Unione Europea e rappresentan-te presso l’EUA (European University Associa-tion), con delega ai Rapporti tra ricerca e indu-stria. Dal novembre 2005 è professore all’UniversitàLUISS Guido Carli, di cui è attualmente Retto-re. Nell’ultimo decennio è stato ospite di varieUniversità e centri di ricerca, tra cui Ecole Poli-tecnique (Parigi), Ecole Normale Superieure(Cachan, Paris), il Santa Fe Institute (USA),University of California at Berkeley, (USA), loIIASA, Laxenburg, (Austria).E’ Co-Direttore, conAxel Leijonhufvud, del Laboratorio di EconomiaSperimentale e Computazionale (CEEL, Trento).E’ membro fondatore e Consigliere di ammini-strazione di Campus Europae-European Uni-versity Foundation, Luxembourg, e membo fon-

paci di ottenere risultati brillanti: lavorare diver-tendosi. Tutto ciò senza dimenticare di entrare ilpiù possibile in contatto con persone ed idee nuo-ve, che aiutano a formarsi una personalità ricca eaperta, a diventare non solo buoni professionisti,ma anche cittadini della società contemporanea.

alex giordano

Chi è Massimo Egidi

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Flessibilità e nuove competenzeIntervista al Direttore Generale della Luiss, Pier Luigi Celli

Pier Luigi Celli ci accoglie nel suo ufficio dopo averricevuto uno dei tanti studenti che si rivolgono alui per ottenere un consiglio sul proprio futuro. L’oc-casione per fargli delle domande è la vigilia del nuo-vo anno accademico. Iniziamo l’intervista mentreil Dottor Celli ravviva con un accendino il sigaroche ci accompagnerà per l’ora successiva.

L'idea che si ha della Luiss è quella di un ateneoche assicura un posto di lavoro una volta finiti glistudi. Quanto c'è di vero? E come si concilianogli sforzi della nostra università per garantire sboc-chi occupazionali con la crisi del mercato del la-voro?Dal momento che questa è l’università della Con-findustria teoricamente ci dovrebbe essere più fa-cilità a trovare uno sbocco lavorativo alla fine delpercorso universitario. Negli ultimi anni tutto hafunzionato molto bene. Abbiamo avuto qualcheproblema in più quest’ultimo anno, perché la cri-si ha inciso molto sull’occupazione disponibile. Ilproblema reale è che ormai il mondo del lavoromuta continuamente. Fare lo stesso lavoro per mol-to tempo è diventata una possibilità aleatoria. Bi-sogna abituarsi ad avere una flessibilità che permettadi seguire il cambiamento del mondo del lavoro,adattandosi, interpretando e anticipando i segna-li. Abilità che s’imparano attraverso la pratica. Ela pratica bisogna anticiparla. In questo la Luiss stafacendo uno sforzo fornendo agli studenti la pos-sibilità di sperimentare certi fenomeni come il gior-nale, la radio e la televisione.

Cosa non può mancare al giorno d'oggi ad un gio-vane laureato per essere competitivo una volta con-seguito il diploma di laurea?Un buon voto certamente. Una buona conoscen-za dell’inglese e una seconda lingua. Una terza cosa:fare delle esperienze pratiche, che lo aiutino a ca-pire: come si lavora in gruppo, come si governa ungruppo, come si negozia all’interno del gruppo,come si litiga e si risolvono i conflitti. Queste sonocompetenze determinanti. Ci sono le conoscenzee ci sono le competenze. Le conoscenze ti dannol’asse attorno al quale ti devi muovere; le compe-tenze sono quelle che ti aiutano a non cadere dauna parte o da un’altra.

Ci avviamo verso unmercato del lavoro nelquale la parola d'ordinesembra essere "Nuovecompetenze per nuovilavori". La Luiss si sen-te al passo con questodiktat? Offre davverodelle nuove competen-ze ai suoi laureati?Credo che stiamo fa-cendo uno sforzo mol-to grande per ridise-gnare i profili profes-sionali accentuando lacompetenza pratica.Chi fa economia ha vi-sto che insegnano mol-ti manager esterni; an-che a giurisprudenza ci sono molti professionisti,provenienti dalle istituzioni pubbliche o daglistudi professionali. Questo è fondamentale. La stes-sa scienze politiche ha cambiato il suo profilo, tan-t’è vero che quest’anno parte la magistrale in inglese.In più abbiamo affiancato a scienze politiche laschool of government, che specializza nelle scien-ze di governo. Tutta un’articolazione che aiuta nelridisegnare nuove professioni.

Si parla sempre degli alti standard della Luiss: qua-li sono, invece, i punti deboli del nostro Ateneo?In che modo vuole migliorare la nostra università?Un punto critico nonostante tutto quello che ab-biamo fatto è che abbiamo bisogno di allargarci dalpunto di vista logistico: ci servono più aule, più aulestudio e più studi per i professori: questo proble-ma è legato al fatto che abbiamo 5-6000 mila me-tri quadri occupati dalla scuola inglese. Attualmentestiamo cercando una location dove spostarla perriprenderci quella parte che è nostra ma che nonpossiamo usare. Speriamo di riuscirci presto.Un altro punto critico è l’aumento della disponi-bilità di posti e quindi anche di facilities per gli stu-denti stranieri, come le residenze. Fino a quattroanni fa non c’erano, ora ne abbiamo già due. Infi-ne bisogna anche pensare alla residenza dei pro-fessori stranieri, che stanno aumentando. A tal pro-

posito cominceremo l’anno prossimo la restrut-turazione di Villa Blanc, vicina a via Po.

In una frase secca, perchè scegliere la Luiss?Perché è un’università che si prende cura dei suoistudenti, una cosa che altrove non succede.

Di recente lei è diventato Presidente dell’asso-ciazione Italiacamp, sicuramente uno dei progettipiù interessanti legati al mondo Luiss. In cosa con-siste e dove può arrivare questa nuova idea?I meriti vanno tutti ai ragazzi che hanno costituitoquest’associazione che, dopo il grande successo delBarCamp tenutosi qui in Luiss l’anno scorso, haottenuto la collaborazione della Presidenza delConsiglio. Il progetto ha l’intento di contribuirea migliorare attivamente il nostro paese attraver-so una serie di BarCamp (tra Roma, Lecce, Mila-no e Bruxelles) dove raccogliere idee interessantiper innovare il sistema italiano in tutti i suoi am-biti.

Come impone la prassi, la lasciamo chiedendo-le qualche consiglio per i nuovi arrivati.Io gli direi di avere coraggio. Cinque anni di ni-versità sembrano tanti, ma in realtà corrono via infretta. Spesso, molti ragazzi qualche mese primadi laurearsi vengono presi d’assalto dall’angoscia.D’altronde l’università è l’unico periodo dellavita umana in cui ognuno spera e si impegna af-finchè arrivi al più presto la fine, perché la rapiditàcon cui si arriva alla fine è misura del successo del-lo studente. La vita al contrario ci fa sperare ed im-pegnare affinchè la fine arrivi il più tardi possibi-le. L’università, operando in senso opposto può risultare molto affascinante ma anche sconvolgen-te e pertanto auguro a tutti i nuovi studenti diavere coraggio per affrontare al meglio la propriacarriera universitaria.

Federico RoncaAlessandro Tutino

Chi è Pier Luigi Celli

Pier Luigi Celli è direttore generale dell'univer-sità Luiss Guido Carli di Roma. È inoltre mem-bro dei consigli di amministrazione di Lotto-matica, Hera SpA e Messaggerie Libri.

Tra gli altri, ha ricoperto in passato gli incarichidi Direttore Risorse Umane dell'ENI dal 1985al 1993, è stato fra i manager partecipi dello start-

up di Omnitel e Wind, direttore generale dellaRAI dal 1998 al 2001, presidente di IPSE2000 dal2001 al 2002, responsabile della Direzione Cor-porate Identity della Unicredit dal 2002 al 2005e direttore Personale e Organizzazione in Enel dal1996 al 1998. È laureato in sociologia a Trento.È presidente onorario dell'Istituto italiano per glistudi filosofici di Napoli

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6 coSMoLUiSS

Il Consiglio di Amministrazione è l'organo col-legiale più importante all'interno dell'Ateneo,quello a cui competono le decisioni più importantiper quanto riguarda la programmazione del com-plesso delle attività universitarie e che sovrintendealla gestione amministrativa, finanziaria ed eco-nomica dell'università stessa.Accanto a quelli che amiamo chiamare "i pezzigrossi", in Consiglio siede anche uno studente, elet-to nel corso delle ultime votazioni dopo una lun-ga ed estenuante campagna elettorale.Stiamo parlando di Giuseppe Clemente, iscrittoalla facoltà di Giurisprudenza.Il suo, com'è facile immaginare, non è un compi-to facile, ma la voglia e le capacità per far bene sem-brano esserci tutte. Prima di lasciare spazio alla sua intervista, ne ap-profitto per augurare a lui ed a tutto il Consigliodi Amministrazione un anno accademico densodi soddisfazioni e di ottimi risultati.

A più di un anno dalla tua elezione, quali sonostati i risultati conseguiti durante il tuo manda-to? Quali obiettivi puoi dire di aver già raggiunto?Volendo analizzare quello che è stato realizzato nelmio primo anno di mandato ritengo di poter af-fermare che i risultati conseguiti siano stati supe-riori a quanto da me auspicato in sede di campa-gna elettorale. Ciò ad onor del vero è stato reso possibile non gra-zie ad una "politica" fatta di proclami, ma attraversoil ricorso ad una programmazione inerente necessitàconcrete e, nei limiti degli strumenti a nostra di-sposizione risolvibili. Coerentemente con quanto sopra affermato pro-vo ad elencare quelli che sono stati sul piano deifatti gli obiettivi perseguiti, con la quasi certezzadi tralasciare qualcosa : in materia di alloggi uni-versitari, i posti a disposizione dei nostri colleghistudenti sono stati triplicati; in materia di servi-zi numerosi sono i contratti di convenzione stipulaticon esercizi commerciali, impianti sportivi, assi-stenza medica e sanitaria; l'intensificazione del ser-vizio navetta che collega le tre sedi della nostra Uni-versità; la gratuità della duplicazione del badge diidentificazione universitario; i monitor LCD confunzione di bacheca per la didattica nella sede diGiurisprudenza; la possibilità per gli appassiona-ti di musica di poter usufruire di uno studio pro-ve presso la nostra residenza Don Mazza, e di unpianoforte presso la sede di Viale Pola; l'impegnofinalizzato al coinvolgimento degli studenti in tut-te le iniziative culturali svoltesi nel nostro Ateneo;la promozione di progetti interamente realizzatidagli studenti, tra i quali il Cineforum, la visita alleIstituzioni Europee differenziata sulla base dellecompetenze acquisite e delle materie studiate inciascuna delle tre facoltà, la nascita di Madama Lo-uise, giornale universitario, periodico di infor-mazione realizzato da studenti di tutte tre le facoltà

della nostra Università, il sostegno a favore delleassociazioni di volontariato presenti in LUISS. Per questo nuovo anno accademico le iniziative incantiere sono numerose.

Alle porte di questo nuovo anno accademico, qua-li sono i tuoi prossimi obiettivi? Hai già in men-te qualcosa da realizzare?Dal punto di vista culturale sicuramente sarannoorganizzati in LUISS numerosi convegni, seminarisu temi che stanno molto a cuore a noi giovani eda noi studenti di una importante e prestigiosa Uni-versità. La presentazione di alcuni libri, con la pre-senza degli autori. L'abolizione del libretto degli esami in versione car-tacea che mi auspico possa essere sostituita dallaversione elettronica. L'ampliamento degli spazi riservato agli spazi di stu-dio. Ovviamente ripetere le iniziative svolte lo scor-so anno con l'obiettivo di migliorarsi. Per il resto dei progetti preferisco poter tornare aparlarne subito dopo la realizzazione degli stessi.Non amo parlarne prima. Posso dirvi che farò del mio meglio anche que-st'anno, cercando di coinvolgere i nuovi studentie rafforzare lo spirito di squadra con il qualesono abituato a lavorare.

Finora credi che il tuo ruolo sia stato importan-te più per il tuo personale curriculum o più pergli studenti che rappresenti?Ritengo che il ruolo da me ricoperto, mi permet-ta di poter fare gli interessi degli studenti; essen-do io stesso ancora uno studente, tutelando la ca-tegoria ho tutelato anche me stesso. In conclusione penso che i benefici del mio ope-rato siano fruibili dagli studenti di ogni singola fa-coltà.

Cosa pensi delle prossime elezioni che si terran-no a maggio? Che scenari si prospettano? Pensidi potere azzardare qualche previsione?Credo che sarà dura nella misura in cui lo è statoper me. Affrontare una campagna elettorale non è mai im-presa facile. All'interno di un Ateneo come il nostro la differenzala faranno i programmi concreti e i rapporti di ami-cizia costruiti negli anni. L'auspicio è quello di poter assistere ad una cam-pagna elettorale dove si faccia "Politica" e ci si tro-vi di fronte a degli avversari piuttosto che dei ne-mici, poiché soltanto attraverso la competizionesana, il dialogo ed il confronto si potrà legittima-re il ruolo che si andrà a ricoprire.

Non possiamo che concludere con un messaggiodi benvenuto, un saluto, un consiglio per le ma-tricole.Voglio complimentarmi con i nuovi ammessi, le se-lezioni sono sempre più dure, per loro la scelta del-la LUISS mi auguro possa essere una scelta vincentecome lo è stato per me. Una Università che al di là dell'ottima didatticati consente di formare la tua coscienza attraversole tante attività svolte nelle quali gli studenti sonosempre al centro di tutto; di poter apprendere ognigiorno quel quid in più che arricchisce la tua men-te ed il tuo cuore. In LUISS le cose si impara a farle con passione elo si percepisce nel lavoro quotidiano dei nostri do-centi e dei nostri dirigenti. Pertanto il consiglio che sento di dare ai ragazzi alprimo anno è di studiare e vivere l'università a 360°.

alex giordano

La rappresentanza al servizio degli studentiIntervista a Giuseppe Clemente, rappresentante degli studenti

al C.D.A. LUISS

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LUiSS: istruzioni per l’usocon i nostri occhi...interviste a cura di Zaira Luisi

aSP - associazione Scienze Politiche

Cos’è ASP? ASP è un eccezionale opportunità. Per un aspirantescienziato politico non è sufficiente limitarsi allostudio. Ad un ottima media bisognerebbe riusci-re ad affiancare una serie di attività pratiche che van-no a completare quella preparazione poliedrica equella visione globale che caratterizzano un laureatoin scienze politiche. Ebbene, ASP è un’associazionestudentesca molto presente e sentita tra gli studentisoprattutto per l’alto grado di coinvolgimento deiragazzi. Ognuno progetta, ognuno realizza. Inol-

tre ASP è un utilissimo punto di ri-ferimento per le matricole e i “fuorisede”. Soprattutto se si è stati appenacatapultati in una città come Roma,non è cosa da poco sapere di potercontare sui consigli dei ragazzi piùgrandi che ti aiutano a integrarti ap-pieno nella vita universitaria! Qual è l’area progettuale dello scor-so anno di cui si è occupata l’asso-ciazione che ti ha più interessato?L’area progettuale che più mi ha interessato è quel-la internazionale. L’anno scorso, infatti, abbiamo

avuto l’opportunità di partecipare adun progetto in Olanda con altri stu-denti di scienze politiche provenien-ti da diverse parti del mondo. E’ sta-to un’interessante momento di con-fronto, nonché un’importante espe-rienza “pratica”, come dicevo prima,per toccare con mano quello che unoscienziato politico dovrebbe un gior-no saper fare, oltre che conoscere.Colgo l’occasione per ricordare che i

prossimi appuntamenti saranno ad Ottobre, pres-so York (England) e ad Aprile presso Lisbona.

erasmus e Scambi internazionali

Come ti ha cambiata l’esperienza di studio al-l’estero? L'esperienza di studio a Buxelles ha completa-mente cambiato le mie prospettive. Sono sempre stata affascinata dalla vita in unpaese diverso e dal confronto con una culturadifferente, ma credo che vivere fuori mi abbiafatta crescere e imparare moltissimo, sia dal puntodi vista umano, sia dal punto di vista universita-rio. Il metodo di studio negli atenei di quasi tutto il

resto d’Europa è molto diverso dal nostro, basatosul lavoro dello studente, attraverso progetti daconsegnare o lavori di gruppo. Niente di più stimolante e arric-chente! E poi c'è tutto il divertimento Era-smus che inevitabilmente coinvolgegli studenti con feste e gite di ognigenere e che diventano aneddotiquasi mitici al ritorno nelle proprieuniversità!Come pensi che funzioni il servizioRelazioni Internazionali in Luiss?

Credo che l’ufficio Relazioni Internazionali del-l'università funzioni bene per quanto riguarda

l'assistenza agli studenti pre- erasmuse segue i ragazzi anche durante la per-manenza all’estero. Purtroppo però, tornata in Italia, nonho trovato nessuna opportunità difare scambi o soggiorni in un altropaese e ho scoperto che da quest'annonon c’è più la possibilità di fare ri-cerca tesi all'estero tramite bando. Spero di essere smentita al più presto!

Qual è l’aspetto più formativo di questa esperienzae quale la parte più divertente, a tuo giudizio?Essere parte di Radio Luiss vuol direessere parte integrante di un gruppocon determinate responsabilità, ed èsecondo me un’ottima occasione percapire come funzionano le dinamichedi una piccola radio! Ognuno all’interno della radio rico-pre infatti un ruolo specifico inseritoin un ingranaggio più grande che fafunzionare il palinsesto! La partepiù divertente, oltre a tutto il lavoro

Web tV LUiSS

Cos’è la Web Tv? La web tv è una televisione sul web fatta da studentidella LUISS per gli studenti della LUISS. Ti da uninsegnamento extra rispetto ai normali corsi, piùbasato sulla pratica, insegnandoti le tecniche di ri-presa, di regia e di montaggio.Ci dai 3 buone motivazioni per cui i ragazzi do-vrebbero collaborare con voi?Il primo motivo valido è che impari cose utili chenei corsi universitari non impareresti, e lo fai in unmodo diverso e più coinvolgente. Un altro moti-

vo è che con essa hai l'occasione di sbiz-zarrire la tua creatività, attraverso an-che la realizzazione di un tuo pro-gramma o di sketch. Infine, intervi-standoli, hai l'occasione di conoscerepersonalità importanti del mondodella politica e dello spettacolo in vi-sita alla LUISS.Qual è stato l'ultimo progetto con laweb tv in cui sei stato coinvolto e cheti ha entusiasmato?Uno dei progetti più interessanti a cui ho parte-cipato è stato la ripresa in diretta dell'inaugurazione

dello scorso anno accademico. Si é trat-tata di una cerimonia tenutasi pressol’Aula Magna, a cui hanno partecipa-to importanti personalità come ilPresidente del Senato Schifani, oltrealle più alte cariche dell'università. E'stata un’esperienza emozionante, so-prattutto quando siamo andati a farele interviste ai vari personaggi che sta-vano uscendo dalla sala, perche cisiamo ritrovati a lavorare al fianco di

giornalisti professionisti anche di notiziari e testatenazionali.

radio LUiSS

Requisiti fondamentali per diventare speaker, re-gisti, insomma per collaborare con Radio Luiss? La cosa bella della radio sta proprio nel fatto chenon esistono requisiti! Ogni persona ha le po-tenziali capacità per diventare uno speaker, un au-tore o un regista! Ciò che viene richiesto sono solamente dedizio-ne e tanta passione, oltre che un’abbondante dosedi creatività! Il gruppo Radioluiss è molto apertoe non esistono selezioni di alcun tipo… tutti pos-sono fare tutto!

che c'è dietro a un programma, bhe, parlando daspeaker, è proprio il prodotto finale, andare in di-

retta! (specialmente quando condu-ci un programma di intrattenimentoe puoi dare libero sfogo alle castro-nerie!). Tra l’altro le cose ora si sono fatte mol-to più interessanti perché Radioluisssta collaborando da aprile con una ra-dio FM, Radio IES, e quindi abbiamol’opportunità di poter provare cosa si-gnifica essere parte di una radio chetrasmette su una frequenza romana!

Federico Ronchi

Giulia Boschis

Jacopo Pizzi

Giorgio Sartarelli

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MGM: Manuale delle Giovani Matricole

L come Luiss Guido Carli. La nostra università ècomposta di tre facoltà: Giurisprudenza, Econo-mia e Scienze Politiche. In questo numero di Ot-tobre ho voluto elaborare un testo in grado di pre-sentare l’universo Luiss a trecentosessanta gradi.Per fare ciò ho scelto di strutturare questa rubri-ca come se fosse un glossario. Ad ogni lettera del-l’alfabeto corrisponde un qualcosa di significativoall’interno del nostro ateneo, tentando di dare unapiccola base da cui partire alle matricole.

A come Associazione: una cosa che noterete pre-sto nel panorama Luiss è la presenza di una mol-titudine di associazioni studentesche. Fin dal pri-mo giorno di accoglienza matricole, troveretenumerosi “stand” che illustrano l’operato di que-ste e molte persone pronte ad esporvi i loro pro-getti e i loro obiettivi. Queste associazioni stu-dentesche sono, nella maggior parte dei casi, del-le opportunità per lo studente. Si ispirano alle con-fraternite dei college americani in cui lo studen-te può realizzarsi dedicandosi a ciò che più pre-ferisce, coltivando quindi i suoi hobby. Ci sono as-sociazioni che spaziano in innumerevoli cam-pi:dallo sport alla tv, dal teatro alla musica, ecc. Lostudente ha la possibilità di trovarsi con personeche condividono gli stessi interessi nel tempo li-bero.

B come Badge: all’interno dell’università è il do-cumento personale d’identità grazie al quale si haaccesso ai locali della Luiss, si possono prenotaregli esami, si possono consultare i “totem”; è quin-di il documento per eccellenza dello studente.

C come Computer: la Luiss mette a disposizionele aule computer grazie alle quali lo studente puòeffettuare ricerche in Internet, stampare i files chepiù gli interessano ed elaborare documenti. La mo-dalità per accedervi è semplice: recarsi nell’aulacomputers muniti di numero di badge ,numero dimatricola e password personale.

E come ERASMUS: un piano di studi grazie alquale lo studente ha la possibilità di studiare in unintervallo di tempo compreso tra i sei e i dodici mesiin un paese estero.

F come Frequenza: la frequenza dei corsi presen-ti alla Luiss è obbligatoria. Questo non vuol direche non è possibile fare assenze o che se effettua-te non è possibile sostenere l’esame, ma significache al di sotto di un numero minimo di presenzenon è possibile sostenerlo.

G come Giurisprudenza: per Giurisprudenzas’intende il complesso di decisioni dei giudici inmerito all’interpretazione delle leggi e alla loro ap-plicazione a questioni concrete. L’interpretazione

della legge da parte del giudice (cosiddetta “in-terpretazione giudiziale”) ha valore soltanto neiconfronti delle parti che si trovano in giudizio e soloin relazione al caso specifico oggetto della sentenza.Nel nostro ordinamento, a differenza da quello an-glosassone, i giudici non sono vincolati dalle pre-cedenti sentenze (pur non negando la loro auto-revolezza). Per Giurisprudenza intesa come facoltàdi giurisprudenza s’intende il ciclo di studi in-centrato sulle norme giuridiche ovverosia le regoleemanate da un’autorità (in genere un’azione del par-lamento in quanto titolare della potestà legislati-va) e dirette ad organizzare la collettività e a risolverei conflitti che in essa dovessero sorgere.

I come Internet: in tutte le aule è presente la con-nessione Wireless

L come LUISS : la sigla LUISS sta per “Libera Uni-versità Internazionale degli Studi Sociali”

M come Mensa: presso le sedi di viale Romania eviale Pola sono presenti le mense adibite per gli stu-denti. Per accedervi bisogna essere muniti del bad-ge LUISS e di un’apposita card ricaricabile dellamensa. Il costo del pranzo è diverso a seconda delproprio reddito ISEE.

N come Navetta : la navetta è un piccolo pullmanche collega le sedi della LUISS. E’ uno strumen-to che risulta molto utile soprattutto ai fuorisede. Lo studente può spostarsi liberamente,inmodo veloce e senza fermate intermedie, da una fa-coltà all’altra e ciò permette, ad esempio, ad unostudente fuori sede di poter prendere casa non perforza vicino alla propria sede universitaria,ma vi-cino ad un’altra dello stesso ateneo, conscio di ave-re a disposizione un mezzo per raggiungere i localiin cui si svolgono le lezioni che deve seguire.

O come Opportunità: il mondo LUISS è pieno diopportunità, sta a noi studenti saperle cogliere etrarre da esse le soluzioni che più ci aggradano.

P come Prenotazione esami: gli esami possono es-sere prenotati attraverso i totem o comodamenteda casa attraverso il sito LUISS muniti di nume-ro di badge, numero di matricola e password per-sonale.

R come Rappresentanti: sono coloro che ci rap-presentano davanti alle istituzioni, studenti comenoi eletti ogni due anni dalla comunità studente-sca. Vi sono i rappresentanti di Facoltà, il rappre-sentante al CDA (consiglio d’amministrazione) ei rappresentanti allo Sport. Sono persone a vostradisposizione, pronte ad ascoltare i vostri proble-mi universitari e che tenteranno di risolverli nelmigliore dei modi. Sono un punto di contatto con

le istituzioni , uno “stumento” grazie al quale le isti-tuzioni,i professori e gli addetti ai lavori vengonoa conoscenza delle esigenze degli studenti e grazieal quale gli studenti possono dialogare meglio conqueste stesse persone.

S come Sessione d’esame: l’arco di tempo duran-te il quale si possono sostenere gli esami. Questaè divisa in appelli. L’esame può essere sostenuto indate diverse all’interno della sessione d’esame, disolito sono a disposizione due o tre date. In ger-go universitario queste date (o giorni) d’esame sonochiamate appelli (primo,secondo e terzo appello)

T come Totem : i Totem sono piattaforme inte-rattive presenti nei corridoi delle facoltà LUISS gra-zie ai quali si possono effettuare svariate operazioni:prenotare esami, stampare i documenti dello stu-dente, calcolare la media, ecc.. Per utilizzarli bastainserire nell’apposita fessura il proprio badge ed in-serire la propria password personale

V come Vademecum: è un libretto scritto dallaLUISS con le nozioni di base dei vari corsi uni-versitari e sui vari professori (ad esempio il corsox è eseguito dal professore y che adotta il testo z).

Queste sono solo piccole “pillole” dell’universoLUISS, un piccolo riassunto delle voci principa-li inerenti la nostra università. Sono presenti le no-zioni di base, le più semplici, ma credo anche le piùutili per una matricola, grazie alle quali si posso-no muovere i primi passi e cominciare ad orientarsiin questo nuovo mondo.

gabriele maria spagnoli

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Mettiamoci un po’ di mondoIntervista al Preside della Facoltà di Scienze Poltiche,

Sebastiano Maffettone

Preside Maffettone, ad un anno dall’inizio del suomandato, può dire di essere stato protagonista giàdi numerose novità all’interno della Facoltà diScienze Politiche. Alla luce di ciò, che bilancio puòtrarre da questa esperienza?Lo scorso anno è andato tutto terribilmente bene.Merito nostro, ma anche merito del passato, nonc’è dubbio. È grazie alla stretta e costante colla-borazione tra le istituzioni dell’università che ab-biamo ottenuto risultati sorprendenti. A comin-ciare dalla presidenza, Montezemolo prima, la Mar-cegaglia oggi, la direzione generale, il rettorato ele presidenze di facoltà. Insieme abbiamo rad-doppiato l’offerta formativa e le applications sonoaumentate più del sessanta per cento. Quale segnalepiù eloquente? Ciò è dovuto alle due novità salientidello scorso anno, la School of Government e i cor-si in inglese. Abbiamo docenti stranieri di famamondiale come Held, Lazar, Fitoussi, e italiani ac-creditati in tutto il mondo quali Fabbrini e Mor-lino e altri ancora. L’inglese è una determinante digrande importanza per attirare gli stranieri. Seb-bene in Italia la nostra Facoltà è la numero uno, al-l’estero non ci sono riconosciuti i nostri meriti, nonrientriamo nemmeno nei primi 50 atenei delmondo. Questo perché non c’è tradizione dell’ac-cademia italiana, abbiamo docenti e corsi tra i mi-gliori del mondo ma non veniamo ancora accre-ditati per questo. I risultati li vedremo nel lungoperiodo. Noi continuiamo con la nostra politica.Grande attenzione alle Scienze di Governo sfrut-tando il fatto di essere a Roma, al centro della vitapolitica del paese, e attenzione alle Relazioni In-ternazionali, dal momento che siamo figli della glo-balizzazione ed è importante capire una decisionepresa in un qualsiasi angolo del pianeta perché avràripercussioni anche da noi.

*fonte Dossier sulla popolazione studentesca a.a. 2009-10

L’indagine sui laureandi, svolta lo scorso anno ac-cademico su proposta del CNVSU, ha rilevato cheil 20% dei laureandi Luiss iscritti alla Facoltà diScienze Politiche se potesse tornare indietro neltempo si iscriverebbe ad un altro corso dello stes-so ateneo, ma non rifarebbe la stessa scelta.Come si concilia questa percentuale non trascu-rabile con l’altissima quota (86%) di domande aicorsi di laurea magistrali di Scienze Politiche pro-venienti dall’esterno*? Chi è dentro sembra scap-pare, chi è fuori vorrebbe entrare.Economia e giurisprudenza depauperate, con unaspruzzata di scienza politica sopra. È questa la ri-cetta degli insegnamenti previsti nella nostra facoltà.I ragazzi lo sanno, magari però dopo il triennio de-cidono di specializzarsi in uno dei tre settori. A giu-dicare dai giudizi positivi che riscontro sulle sche-de di valutazione dei corsi, dubito sia un proble-ma di docenti o piani di studio, bensì semplice-mente voglia di cambiare. La formula 3 più 2 lo per-mette. Cambiare dopo la triennale è legittimo se

gli studenti desidera-no conoscere un altrometodo di insegna-mento. In ogni modoresto della mia opinio-ne; con lo stato attualedel mercato del lavorosi richiede di cambiareprofessione ogni 5anni! Se così fosse, è ne-cessario un insegna-

mento a pioggia che formi delle figure professio-nali versatili e che abbiano competenze in vari set-tori. D’altro canto l’altissima quota di domanded’ammissione ai corsi di laurea magistrali prove-nienti dagli altri atenei è sintomatica di quello chedicevo prima, e cioè che in Italia non abbiamo egua-li e attiriamo studenti da ogni dove.

La nostra università vanta un alto grado di in-ternazionalismo. Oltre al programma comuni-tario Erasmus, ci sono nuovi progetti in cantie-re di accordi bilaterali con università extra-eu-ropee che interesserebbero in particolare la no-stra facoltà?Uno dei miei principali obiettivi è proprio quel-lo di mettere “un po’ di mondo” nella nostra fa-coltà. Sono entusiasta dell’Ufficio Relazioni In-ternazionali e di come lavora, sono contento dimandare i miei studenti all’estero perché credo fer-mamente che conoscere cultura e tradizioni di unpaese è molto più formativo che studiarne sem-plicemente la lingua restando a casa. Mi spiego me-glio, è diverso essere mediterraneo che parlare delmediterraneo. È per questa ragione che i nostri dot-torandi sono sparsi in tutto il mondo. Ragazzi me-ritevoli sono stati in India, Turchia e in Tunisia,ma anche in Africa, in Burkina Faso, in Eritrea ein Ciad. Se i risultati sono stati molto buoni in-tellettualmente, un po’ meno lo sono stati dal pun-to di vista organizzativo. È facile comprenderequanto possano essere diverse abitudini e meto-di di insegnamento in un paese del Terzo Mondorispetto alle nostre. Sigleremo a breve un accordocon l’università del Cairo e nei progetti c’è anche

la Siria, ma la difficoltà logistica di mandare stu-denti in questi paesi rimane. Per quanto riguardail nord Europa poi, siamo in trattative con ilKing’s College di Londra per convalidare unanno accademico della nostra magistrale in un ma-ster sostenuto lì nell’università inglese.

Semestre di rodaggio per il nuovo Corso diLaurea Magistrale in “International Relations”.Come sono state le risposte degli studenti in ter-mini di domande d’iscrizione? E quali gli obiet-tivi che il ciclo di studi si prepone di raggiunge-re?Le risposte degli studenti hanno superato le aspet-tative. Non ci aspettavamo così tante applicationsper cui abbiamo dovuto stirare il limite di studentiche ci eravamo imposti. L’obiettivo è creare un ci-clo di studi parallelo a quello classico di Relazio-ni Internazionali, ma diverso. Per rendere sensa-to il 3più2 bisogna sfruttare i due anni di specia-listica. Abbiamo eliminato la scelta di indirizzo allatriennale, per cui tutti i pre-laureati avranno un in-segnamento omogeneo sulle materie fondamen-tali. Col biennio poi, si cercherà di rendere più con-creto lo studio delle materie di specializzazione.Un’idea è quella di sostituire un terzo delle lezio-ni del biennio con lectures su casi concreti tenu-te da ambasciatori o personalità eminenti che la-vorano quotidianamente nelle realtà studiate.Solo un dato ha deluso le nostre aspettative sulledomande d’iscrizione di questo corso, ed è la pro-porzione di studenti italiani e stranieri. Anzichéil cinquanta e cinquanta che speravamo, ci saran-no solo pochi studenti stranieri e questo perché,ripeto, all’estero non siamo abbastanza conosciu-ti.

In definitiva, come presenterebbe la facoltà allematricole?Avete l’opportunità di studiare nella migliore fa-coltà d’Italia, dove si sperimenta, si innova e ci siapre al mondo. Un clima così è adatto ai venten-ni, a chi sennò?

Zaira Luisi

Note biograficheNato a Napoli il 10/04/’48. Laurea in Giurisprudenza presso l’Università diNapoli nel 1970.

CurriculumProfessore Ordinario di Filosofia Politica pressola Facoltà di Scienze Politiche della Luiss GuidoCarli.

E’ Master of Science presso la L.S.E. ( Universi-ty of London). E’ stato “Visiting Professor” pres-so la New York University, Harvard University,e Tus University. E’membro di numerosi Co-mitati Scientifici, tra cui la Fondazione Olivetti,la Fondazione Einaudi e la FondazioneErnst&Young. Dirige due collane editoriali (c/oLiguori e il Saggiatore). Dirige la rivista “Filoso-fia e questioni pubbliche” (Luiss-Edizioni).

Chi è Sebastiano Maffettone

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10 coSMoLUiSS

Le nostre menti, la loro voceIntervistiamo i rappresentanti degli studenti della Facoltà di

Scienze Politiche

claudio Landi. rappresentante alla triennale

Comincia quest’anno la tua esperienza da rap-presentante degli studenti, Claudio, un anno inritardo rispetto ai tuoi colleghi delle altre facol-tà. Quali sono i progetti che pensi di avviare?  Mi viene da dire: meglio tardi che mai! Sono ono-rato di ricoprire questo incarico e cercherò di sfrut-tarlo nel migliore dei modi, nonostante il tempoa disposizione. Da subito mi impegnerò ad attivareun portale interattivo tra gli studenti e tra studentie rappresentanza con svariati servizi sulla falsari-ga di "Rappresentanza in diretta". Poi subito doposarà mia premura avviare i lavori per il Laborato-rio Politico che necessita di un impegno notevo-le e serio e per il quale mi piacerebbe trovare un ri-scontro forte tra gli studenti di ogni corso o annoaccademico.

Pensi saranno sufficienti i mesi che ci separanodalle prossime elezioni di maggio per realizzar-li o temi che servirebbe più tempo?La quantità di tempo conta fino a un certo punto.Saremo in grado di intensificare i lavori al massi-mo per valorizzare il tempo a disposizione. Anchese non potranno essere portati a termine chissàquanti obiettivi, il tempo sarà utile per gettare basisolide per il lavoro dei prossimi rappresentanti. Que-stione di breve e lungo periodo.

Dopo due anni trascorsi qui in Luiss hai preso di-mestichezza con le istituzioni e i meccanismi del-l’ateneo, hai conosciuto gente e tessuto relazio-ni. Tonando indietro, rifaresti la stessa scelta uni-versitaria? Non c'è alcun dubbio sul fatto che se avessi fattouna scelta sarebbe stata proprio la Luiss e in essala facoltà di Scienze Politiche, per pura vocazioneo addirittura amore. Non dimentichiamo che la li-

sta con la quale mi presentai alle elezioni e con laquale continueremo a collaborare è chiamata "ILove SP" cosa che lascia ben intendere come unostudente di questa facoltà sia legato sentimental-mente al suo percorso di studi. Legami che vannoben oltre alle dinamiche occupazionali sulle qua-li anche mi piacerebbe organizzare degli incontriinformativi con i vertici delle università per chia-rire l'utilità nel mercato del lavoro della nostra ama-ta facoltà (cosa che già è avvenuta in manifestazionidi spicco come il Job Day). Inoltre devo sottolineareche qui alla Luiss le matricole troveranno non deisemplici colleghi bensì un'intera famiglia con la qua-le collaborare e confrontarsi giorno per giorno.

Matteo tebaldini. rappresentante alla Ma-

gistrale

Matteo, sei giunto quasi al traguardo del tuo per-corso universitario e, con quello, anche alla finedella tua esperienza di rappresentante degli stu-denti. In un ipotetico bilancio dello scorso anno,cosa rifaresti e cosa invece miglioreresti del tuooperato?Non so bene se interpretare questa domandacome un augurio per i miei ultimi (pochi) esamioppure come un esortazione a finire in fretta(ride, ndr). Fino a quando non sarò laureato resteròin carica ma ho ancora un intero anno accademi-co di mandato, fino a maggio 2011, quindi non sia-mo proprio alle battute finali. Un bilancio direi ab-bastanza positivo. Fortunatamente la presidenzadi Scienze Politiche è sempre stata propensa adascoltare le mie proposte ed è stato fatto un gran-de lavoro ad esempio per l’assegnazione del con-tributo monetario per le tesi all’estero grazie al qua-le, nonostante le scadenze dei bandi fossero ab-bastanza scomode per gli studenti della nostra fa-coltà, siamo riusciti a far coincidere le date con lenostre esigenze e ad ottenere un altissima per-centuale dei contributi, quasi il 70%. Onesta-mente non c’è quasi nulla che non rifarei, se inve-ce dovessi scegliere qualcosa da migliorare direi lagiornata “Scienze Politiche e Mondo del Lavoro”che nonostante la grande partecipazione è stata, amio modo di vedere, meno concreta di comenon l’avessimo immaginata.

La scorso anno, come membro del gruppo di lau-reati “20alle venti”, hai contribuito all’organiz-zazione del progetto Bar Camp e del Job DayScienze Politiche. In linee generali, in cosa con-sistono? Ci sono in cantiere progetti simili perquest’anno?Il gruppo venti alle venti è quanto di meglio mi siacapitato in questi anni di università, insieme a360gradi. Persone fantastiche che con costanza eimpegno portano avanti, in parallelo ai rispettivilavori, un progetto importante e sempre più am-bizioso. Innanzitutto nel mese di ottobre verrà ri-

proposto il LUISS BarCamp, ma questa volta al-l’interno di una cornice differente che porterà allarealizzazione di altri tre BarCamp (Lecce, Milanoe Bruxelles) e che si pone come obiettivo la scopertae la realizzazione, in collaborazione con la Presi-denza del Consiglio dei Ministri, delle dieci miglioriidee per il nostro paese.Per quanto riguarda invece il “Job Day” dedicatoalla nostra facoltà spero si possa riproporre e rea-lizzare il progetto che grazie alla Presidenza di Fa-coltà ed alla Direzione Generale ha ottenuto un ot-timo riscontro ma che dopo l’esperienza del primoanno saremo in grado di migliorare. Parte quest’anno il nuovo corso di laurea magi-strale in International Relations. L’offerta for-mativa prevista è la stessa del “classico” Relazio-ni Internazionali, con la determinante della lin-gua inglese. Uno tra i problemi che gli studentihanno sempre lamentato della specialistica è la so-miglianza dei piani di studio con quelli della trien-nale. Ci sono stati miglioramenti rispetto alloscorso anno o il nuovo corso partirà con questeinefficienze?Le inefficienze che lamenti sono terminate durantelo scorso anno accademico. Gli esami doppi sonostati eliminati con la riforma del corso di laureatriennale, i nuovi iscritti alla magistrale non avran-no più questi problemi. Per quanto riguarda il cor-so in lingua inglese credo che il successo del-l’esperimento sia evidente già dal numero di stu-denti triennali che si sono interessati,forse ci vor-ranno un paio di anni di rodaggio per avere clas-si con un gran numero di studenti stranieri ma lacaratura dei Professori del corso credo sia una ga-ranzia di successo.In bocca al lupo a loro ed anche alla nuova squa-dra 360!

Zaira LuisiClaudio Landi

Matteo Tebaldini

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Abbiato intervistato il Preside della Facoltà di Eco-nomia presso la nostra università, Prof. Giorgio DiGiorgio. Approfittiamo dell’occasione per rin-graziarlo per la sua risposta e per la sua celerità nelfarlo. Di seguito l’intervista. 

1- Ci sono dei progetti particolari in corso per lafacoltà di economia quest'anno?La nostra programmazione è fatta con largo anti-cipo, quindi le novità in partenza nel 2010-2011riguardano progetti finalizzati circa un anno fa.Sono relativi ad una offerta formativa triennale piùsnella (19 esami invece di 20), all'introduzione diun programma di merito che intende premiare glistudenti triennali più bravi (quelli che a fine lugliodel secondo anno hanno la media del 28 e 80% deicrediti dei primi due anni nel cassetto) e l'intro-duzione di un profilo addizionale di specializza-zione nel corso di laurea di general management,dedicato all'e-business e al management dell'ICT.  Per quello che riguarda l'internazionalizzazione,da quest'anno sono operativi i double degrees ineconomics, in finance e in management con l'Uni-versità Nova di Lisbona, dedicati agli studenti iscrit-ti a General Management e al profilo in inglese (fi-nancial economics) di Economia e Finanza. Spe-riamo entro la fine del semestre di chiudere anchel'accordo con l'Università di British Columbia aVancouver, sempre dedicato a studenti che deci-dono di percorrere in lingua inglese il secondo ci-clo di studi.

2-Cosa pensa si potrebbe migliorare e in quale di-rezione verranno investite le vostre forze? Haqualche appunto da fare a noi studenti?Gli investimenti da fare riguardano gli spazi da de-dicare a didattica e ricerca, il core business del-l'Ateneo: aule, uffici per docenti e ricercatori e spa-zi per studiare. Rimane ancora il problema di unabiblioteca decentrata e non al "cuore", come do-vrebbe essere della biblioteca, il posto dove i pro-fessori dovrebbero preparare la lezione e curare ilproprio aggiornamento e gli studenti passare il tem-po tra una lezioen e l'altra e preparare gli esamiquando non studiano a casa.Agli studenti della fa-coltà non ho richiami d fare, solo incoraggiamenti.Siate avidi di apprendere e di conoscere, senza tra-scurare troppo attività divertenti e importanticome lo sport e gli appuntamenti sociali:  a ventianni sono sacrosanti!

3-A quasi due anni dalla crisi del mondo finan-ziario, ci sa dire quanto questa abbia inflenzatole assunzioni degli studenti Luiss? E a parità dititolo di studi quanto ha invece inciso su un ra-gazzo che ha frequentato una università pubblica?Il mondo della finanza sta iniziando a riprender-si, ora a soffrire è più l'economia reale, con situa-zioni drammatiche in alcuni settori e zone del pae-se. E' dura per giovani laureati, ma la crisi offre an-

che opportunità. Quando una azienda chiude, siaprono spazi per altre. E viviamo in un mondo chepremia le idee innovative e la capacità di osare. Leaziende che assumono diventano più selettive, e il"marchio di fabbrica" di dove si ha studiato può con-tare molto. Il mio consiglio poi è di guardare al mer-cato del lavoro in ottica globale, e non solo "sot-to casa", ci sono mercati che anche nel 2010 cre-scono a ritmi vicini al 10%, pieni di occasioni in-teressanti. Anche in Italia, ovviamente, ci sono spa-zi per esperienze professionali di grande valore. Sia-te flessibili, svelti e concreti e troverete la vostra stra-da.

4- Reputa che un'eventuale minore incidenza del-la crisi sulle assunzioni degli studenti LUISS siadettata da una questione di una maggiore pre-parazione tecnica o da altre, meno edificanti, ra-gioni (possibile proseguo del lavoro del genito-re, piuttosto che "giuste" conoscenze )?Credo che ogni fattore che aiuta a trovare la pro-pria strada in modo lecito e trasparente sia da con-siderare positivo. La presentazione di un laureatoad una azienda o ad uno studio professionale fat-

ta da un docente perchè in quel laureato ha vistopotenzialità è positiva, è stata meritata. La racco-mandazione degenere (assumilo perchè è mio fi-glio o figlio di un mio amico) è più frequente nelsettore pubblico e dominato da interessi di bassolivello, preferisco non occuparmene neanche. Vale comunque, generalmente, più per lavorato-ri meno qualificati e meno per i laureati, in parti-colar modo per quelli con un master (alias laureamagistrale).

5-Quali raccomandazioni si sente di fare alle ma-tricole che entreranno quest'anno nella nostra fa-coltà?Di vivere pienamente quelli che spero possano es-sere gli anni più belli della loro vita, in un ambientestimolante e sanamente competitivo, ma dovepotranno curare anche valori come l'amicizia, il ri-spetto delle regole, la lealtà, il merito.  Siete di fron-te ad una bella sfida, ma nel pieno delle vostre for-ze: usatele bene.

elena ponsfrancesco sbocchi

Quattro chiacchiere con il professorGiorgio di Giorgio

Current Position:- Dean, School of Economics and Manage-ment, LUISS University, Viale Pola 12, 00198Roma. - Professor of Macroeconomics and MonetaryEconomics, LUISS University, Viale Pola 12,00198 Roma.

Past Academic and Related Experiences:- Research fellow, Ente Einaudi (2002-2007) - Deputy Rector for International Relations,LUISS University, Viale Pola 12, 00198 Roma.(2003-2005)- Associate Professor of Monetary Economics,LUISS University, Viale Pola 12, 00198 Roma.(2000-2002)- Assistant Professor of Economics, Universityof Rome La Sapienza (1994-2000)- Advisor, Treasury Department, Ministry of theTreasury of the Italian Republic (1997-2002)- Scientific Director, Research Project on DepositInsurance, FITD, Rome (2001)- Member of the Technical Secretary of theEconomic Policy Evaluation- Unit, Ministry of the Treasury of the Italian Re-public (1997-2000).- Visiting Professor at Columbia University(Fall 1996, Fall 2003) and at Universitat Pom-peu Fabra (1998-1999).

Education:

- 1996 Ph.D. in Economics, Columbia Univer-sity, NY (M.Phil 1994, M.A.1992)- 1989 Laurea in Economia, Università “La Sa-pienza” di Roma , 110/110 cum laude.

Fellowships and Honours:- CNR, 1999, Ente L. Einaudi, 1993-94, Presi-dent’s Fellow at Columbia- University, 1993-94, “Marco Fanno” sponsoredby Mediocredito Centrale, 1991-1993. LUISS Fel-low 1989-91.

Services to the Profession:- July 2009 - Editor, Rivista Bancaria - MinervaBancaria - 2009 - Associate Editor, Studi e Note di Eco-nomia - 2008 - Member of e Editorial Committee, Ri-vista Italiana degli Economsiti - 2003- Member of the Advisory Board, Rivistadi Politica Economica- 2006-2007, Editor, Journal of Banking and Fi-nance - 1997-98, Editorial Secretary of the Rivista Ita-liana degli Economisti.

Referee for several journals including the Eco-nomic Journal, e Journal of Money, Credit andBanking, Economics and Politics, e Journal ofBanking and Finance, Rivista di Politica Econo-mica, Rivista Italiana degli Economisti.

Chi è Giorgio Di Giorgio

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a tu per tu con Michele Lo reIntervista con il rappresentante degli studenti della

Facoltà di Economia - Lauree Magistrali

E'iniziato un altro anno accademico,che coinci-de con il tuo secondo anno di mandato:quali sonoi progetti portati a termine e cosa invece vorre-sti provare a migliorare per il prossimo anno?Cari ragazzi,sono molto felice di avere l’opportu-nità di augurare a tutti gli studenti un glorioso annoaccademico. Voglio sottolineare,come altre volteho fatto,che il nostro è un intervento a supportodei ragazzi e dell'intera organizzazione, alla curadei piccoli problemi presenti e che siamo in gra-do di risolvere one to one grazie alla conoscenzavera dell’esigenza degli studenti. I vari compiti sonoquelli di agevolare la didattica, di presentare nuo-vi progetti, di creare un’ armoniosa relazione trastudenti e Università, soprattutto l’effettuazione diattività di orientamento e creazione di eventi nel-l’interesse comune. Vi invito pertanto, a parteci-parvi!

Il tuo cavallo di battaglia,lo scorso anno, è statoil progetto "Drop In Job":presentalo ai ragazzi cheiniziano quest'anno la propria personalissimaaventura in LUISS.Il DROP IN JOB, ha come obiettivo quello di far“respirare aria di azienda” per conoscere il mondodel lavoro. Esso prevede l’organizzazione di diversevisite presso i siti industriali delle più prestigioseaziende dei settori: food, automotive, aerospace,farmaceutico, trasporto/logistica e manifatturie-ro. In un anno , siamo stati ad Elica, sinonimo diefficienza, innovazione e design nella produzionedi cappe da cucina. Gli studenti hanno visitato il colosso STMicroe-lectronics, leader mondiale per la produzione dicomponenti elettronici a semiconduttore . Addi-rittura, fornisce una particolare tecnologia chiamataaccelerometro implementata nell’ I-phone di Ap-ple per effettuare movimenti in verticale ed oriz-zontale dei telefoni cellulari. Successivamente l’azienda Bialetti è stata meta diun’altra visita aziendale. Ci siamo fermati qui? Ov-viamente no! Per le ragazze, la LUISS è stata a Fa-ter, società che si occupa di produzione e com-mercializzazione di prodotti assorbenti per lacura della persona. Per i maschietti e non solo, ilprogramma ha previsto la visita a Honda: leadermondiale nell''intera produzione di veicoli a 4 e so-prattutto 2 ruote. Incredibile è che da un proget-to creato da un gruppo ristretto di persone - il Pla-cement prima di tutto e il mio gruppo di lavoro -si è pavimentata la possibilità di passare dalla lo-gica del sapere a quella del poter imparare e fare;le imprese hanno la possibilità di selezionare i mi-gliori, i più volenterosi ed i più affidabili per co-struire una squadra di persone che possa fare la dif-ferenza. Mi ricordo, quando siamo stati ad Honda, moltistudenti sono rimasti soddisfatti di vedere come èuna catena di montaggio e come qualità, innova-zione ed efficienza vengono integrati quasi magi-

camente. “Toccare con mano”, finalmen-te ciò che si studia è veramente interes-sante. Io penso che, capire come si im-plementa un kaizen, (metodologia giap-ponese di miglioramento continuo , pas-so a passo, che coinvolge l’intera struttu-ra aziendale), come esso si connette a con-cetti come il TQM, il Just in time (dimi-nuizione drastica delle scorte, quasi zero),piuttosto che al kanban, debba esserel’industrial religion di un laureato in eco-nomia. Ovviamente non possono mancarele novità, infatti proprio in occasionedella giornata delle matricole i nuoviiscritti alle Lauree Magistrali potranno en-trare in contatto con l'associazione stu-dentesca LMT (Luiss Magistrale Team).Essa si propone come obiettivo la crea-zione di un canale diretto, per gli studentipiù smart, per condividere e promuoverenumerose attività inerenti al mondo la-vorativo. L’ingresso è senza barriere pos-sono iscriversi ragazzi di tutti i corsi di lau-rea. Ed è per questo che siamo orgoglio-si di invitare tutti gli studenti ad incon-trarci presso lo stand allestito per la gior-nata di benvenuto alle matricole. Sarà l'occasioneper presentare ufficialmente l'associazione perl'inizio del nuovo anno accademico. Un ringra-ziamento a tutto il team, in particolare ad Anna-rita ed Andrea che porteranno avanti in prima per-sona l’avventura di LMT.

Un consiglio a chi inizia quest'anno per vivere almeglio la vita da studente LUISS?Concludo affermando che il mio impegno versoquesta università e soprattutto verso gli studentiè profondo e sincero. Il mio mandato è quasi ar-rivato alla conclusione a Maggio 2011 ci sarannonuove elezioni e spero che prenderà il mio posto

porterà avanti rilevanti iniziative studentesche. Approfitto, per ringraziare il Preside Di Giorgioper il suo formidabile lavoro e tutte le persone chelavorano in Segreteria di Facoltà per rispondere alleesigenze dei ragazzi. Inoltre, ringrazio tutto il miogruppo di lavoro sempre eccezionale. Vi ricordo i miei contatti: email [email protected];mobile 3282638081. Per qualsiasi richiesta di chiarimento, piuttosto chescambiare semplicemente due chiacchiere sonosempre a vostra disposizione

Elena PonsFrancesco Sbocchi

Cari ragazzi, come potete vedere, in questa ru-brica abbiamo pubblicato l’intervista a Miche-le Lo Re, rappresentante degli studenti di Eco-nomia Facoltà lauree Magistrali. Non serve unocchio molto critico per notare l’assenza del-l’intervista al rappresentante di economia Facoltà Lauree Triennali. La situazione quest’anno, risulta essere un po'particolare: l’attuale rappresentante è Vito Pin-to, sarà lui la vostra figura di riferimento fino adottobre, quando finirà il suo corso di studi pres-so la nostra Università. Dopo questa data, su-bentrerà,alla rappresentanza, Carolina Parisi: stu-dentessa del terzo anno, nelle elezioni del mag-

gio 2009 si classificò dietro l'attuale rappre-sentante, nonchè dietro Andrea Carmignani,anche lui giunto alla fine del suo corso di stu-di triennale. Il giornale pubblicherà l’intervi-sta alla vostra nuova rappresentante nel numerodi novembre, ossia da quando inizierà a rico-prire ufficialmente la carica. Approfitto del-l’occasione per fare un grosso in bocca al lupoa Vito Pinto, per la sua laurea e carriera futu-ra. E, ovviamente, un grossissimo in bocca allupo anche a Carolina e a tutti i ragazzi che ini-ziano quest’avventura nel mondo LUISS!

francesco sbocchi

La situazione della triennale

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La visone del preside PessiIntervista al preside di Giurisprudenza, “bussola” per l’orientamento di

matricole, studenti e laurerandi

Preside della Facoltà di Giurisprudenza della LuissGuido Carli dal Giugno 2007, Roberto Pessi,come si è già avuto modo di descrivere nel prece-dente numero della rivista, ma che è doveroso ri-petere per coloro che si affacciano oggi per la pri-ma volta nel nostro ateneo, è famoso nel mondouniversitario, oltre che per essere uno dei più im-portanti giuslavoristi del panorama italiano e pertutte le cariche da lui ricoperte nella sua carriera(come giù menzionato), perchè ha voluto forte-mente, riuscendovi, pianificare un nuovo corso distudi che permettesse al laureando in Giurispru-denza di avere la possibilità di approfondire alcu-ni rami giuridici. Ciò è ormai conosciuto come “ilmetodo Pessi” che consta di tre anni e mezzo di stu-dio generale del mondo giuridico e delle sue ma-terie ed in un anno e mezzo di specializzazione inun dato campo giuridico. Grazie a tutto questo lostudente avrà avuto la possibilità di approfondireciò per cui si è sentito più portato, fermo restan-do i tre anni e mezzo di competenze generali. I treanni e mezzo sono, metaforicamente parlando, un“paracadute” grazie al quale una volta uscito dal-l’università il neolaureato è pronto per tutto il mon-do del lavoro giuridico e che gli permetterà di fareciò che vuole della propria vita professionale.L’anno e mezzo di specializzazione, invece, sarà quel“quid” in più, un’arma che permetterà al laureatodi avere una competenza specifica che lo renderàpiù ricercato nel mondo del lavoro e allo stesso tem-po eviterà, a chi lo chiamerà a lavorare, di dover-lo istruire su temi già trattati in facoltà, facendo cosìrisparmiare al datore di lavoro tempo e denaro. Fon-damentale resta il “paracadute” che consentirà allaureato di fare ciò che desidera. La maggiore diffi-coltà nell’effettuare tali cambiamenti è stata quel-la di differenziare due tipologie diverse di studenti:coloro per i quali la riforma sarebbe entrata da su-bito in pieno vigore e coloro che, essendo già agliultimi anni, avrebbero usufruito solo in parte delnuovo metodo. La soluzione, per questi ultimi, è

stata l’adozione di un ordinamento “transitorio”,con una graduale diminuzione del numero degliesami che è servita a far usufruire realmente anchea questi studenti del nuovo metodo. Grazie a quan-to appena descritto e ad una flessibilità mentale chegli permette di approcciare molteplici problemi di-versi il Preside è divenuto per noi tutti, usando an-cora una volta una metafora che rende appieno ilconcetto, come una bussola ovverosia un basilareelemento di orientamento dal quale acquisire im-portanti informazioni utile per scegliere la migliorevia da seguire. Proprio per questo il primo nume-ro del nuovo anno accademico non poteva che co-minciare con un’intervista a Roberto Pessi in cuiemergono importanti considerazioni in tutte le de-clinazioni possibili dalle matricola al laureando pas-sando per gli studenti impegnati nel corso di stu-di.

Il nuovo anno accademico porta con sé nuove ma-tricole che si affacciano per la prima volta al pal-coscenico universitario e, nello specifico, nel no-stro ateneo. Si troveranno di fronte a questa nuo-va realtà prese da due differenti sentimenti: cu-riosità e fascino del nuovo contrapposto a tensionee timore dell’inesplorato. Che cosa si sente di sug-gerire loro per poter trasformare la curiosità inprogetti universitari concreti e l’inesplorato in uncrescente senso di sicurezza?Prima di rispondere alla domanda voglio rivolge-re un caloroso benvenuto a tutti i nuovi iscritti, conl'augurio che i prossimi cinque anni siano, oltre cheun periodo splendido, il terreno su cui costruire ilproprio futuro. Quanto ai sentimi che citavi cre-do che la curiosità sia il motore della vita: non visarebbero né progresso né evoluzione se non ci fos-se, se l'uomo non provasse quell'insaziabile vogliadi sapere e di migliorarsi che da millenni alimen-ta (anche) gli studi giuridici. L'inesplorato, inte-so come mondo nuovo con cui ci si confronta, deveesser considerato invece come null'altro che una

Note biograficheNato a Roma il 30/04/’48. Laurea in Giuri-sprudenza presso l’Università degli Studi diRoma “La Sapienza” nel 1970.

CurriculumProfessore Ordinario di Diritto del Lavoropresso la Facoltà di Giurisprudenza della LuissGuido Carli. Docente di Diritto della Previdenza Sociale pres-so la medesima Facoltà. Docente di Diritto delLavoro presso la Facoltà di Economia dell’Uni-versità degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

Insignito dell’onorificenza di Cavaliere diGran Croce della Repubblica Italiana (2005).Presidente del Comitato Amministratore del“Fondo di solidarietà per il sostegno del red-dito del personale già dipendente dall’Ammi-nistrazione autonoma dei Monopoli di Stato”. Membro del Collegio di Conciliazione edArbitrato dell’Ufficio del Lavoro della SedeApostolica (con competenza esclusiva su tut-te le controversie di lavoro della Santa Sede) isti-tuito con Motu Proprio del febbraio ‘89 da S.S.Giovanni Paolo II.

Chi è Roberto Pessi

grande occasione, come un'opportunità di cresci-ta che ciascuno può e deve cogliere.

In un momento di estrema difficoltà per i giovanid’inserirsi nel mondo del lavoro, quali indicazionipensa di poter dare ai laureandi per fornire loroun sostegno nell’affrontare tale realtà?Non esistono ricette magiche, valide "in ognitempo ed in ogni luogo". Credo che ciascunodebba seguire le proprie inflessioni, le proprie pas-sioni e darsi costantemente da fare per il rag-giungimento di quegli obiettivi che bisogna sem-pre aver ben delineati nella propria mente. Occorredunque studiare, approfondire e vivere appienoogni esperienza per eccellere e dar il proprio con-tributo alla società.Consapevoli, però, che la vitapotrebbe condurci ad aggiustare il tiro, ad accan-tonare (magari temporaneamente) qualche nostraaspettativa per perseguire una strada diversa, chepotenzialmente può risultare propizia. Pazientando,il valore alla lunga premia sempre.

Alla luce del dibattito politico e dei temi caldi del-la “globalizzazione” e dell’economia, quali temidi approfondimento può suggerire agli studen-ti della facoltà per acquisire una preparazione pre-cisa e puntuale sugli argomenti che più influen-zeranno il nostro futuro?Non credo sia tanto un problema di temi, quan-to di approccio: la globalizzazione ha infatti de-terminato una completa rivisitazione degli sche-mi classici della nostra materia, imponendo al-l'interprete l'assunzione di nuovi punti di riferi-mento in relazione da un lato ad un’economia cheha abbattuto ogni restrizione nazionale e dall’al-tro ad una regolazione che si fa sempre più tran-sazionale ed extrastatuale. Se infatti prima ci si con-frontava soltanto con il diritto interno, adesso ilgiurista deve sempre più spesso muoversi in ambitiche prescindono dai nostri confini. Per questo l'uni-versità intera, e nello specifico la Facoltà di giuri-sprudenza è molto attiva nella promozione di pro-grammi che consentano allo studente di vivere espe-rienze all'estero per diversificare le proprie com-petenze e dar sostanza alla propria formazione.

gabriele maria spagnoli

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E' il secondo rappre-sentante della facoltàdi giurisprudenza e,insieme a FilippoMacchini, sarà il vo-stro punto di riferi-mento ed il portavo-ce dei vostri interessi. Eletto anche lui per laprima volta nella tor-nata elettorale tenutasi nel Maggio del 2009 ri-marrà in carica fino alla fine dell'anno accademicoappena iniziato, ovvero fino a quando nuove ele-zioni cambieranno i volti di tutti i rappresentantidegli studenti.Daniele, nel momento in cui il giornale è anda-

to in stampa, stava seguendo dei corsi intensivifuori Roma e, pertanto, non è stato possibile in-tervistarlo sulle pagine di questo numero. Da parte nostra, come redazione del 360°, assi-curiamo a tutti voi lettori che anche a lui verràdedicato spazio per un'intervista, compatibil-mente con le nostre esigenze editoriali e con i suoiimpegni, possibilmente già nella prossima pub-blicazione del giornale che avverrà, come mol-ti di voi sanno, nel mese di Novembre.Cogliamo l'occasione per tranquillizzare i nuo-vi arrivati sulla massima disponibilità sia di Da-niele che di Filippo e per augurare ad entrambii rappresentanti un sereno anno accademico

la redazione di 360°

Con il nuovo anno accademico entreranno a farparte del mondo Luiss nuove matricole, che si af-facciano per la prima volta sul “palcoscenico” uni-versitario. Numerose saranno le novità che que-sto anno porterà loro, una tra queste è la figuradel rappresentante di facoltà, ruolo che ormai ri-copri da un anno e qualche mese. Potresti spie-gare che cosa sia all’interno di un ateneo il rap-presentante di facoltà, cosa fa e perché può essereun punto di riferimento per una matricola e perogni studente in generale?Il rappresentante degli studenti in consiglio di fa-coltà è l'anello di collegamento tra lo studentato ela presidenza, colui che pone all'attenzione del pre-side i problemi , le necessità e le esigenze della po-polazione studentesca. E' un incarico importantee per essere svolto al meglio necessità costante pre-senza in facoltà e pronta disponibilità verso ognitipo di esigenza-problematica degli studenti.

Volgendo lo sguardo al passato e ricordando i tuoimomenti iniziali alla Luiss, hai qualche consiglioda poter dare ai nuovi arrivati o un episodio daraccontare che potrebbe essere per loro spunto diriflessione?Consiglio vivamente a tutte le matricole di sapercogliere al meglio le grandi opportunità che stu-diare alla Luiss Guido Carli offre ; applicandosi enon rimanendo indietro con gli esami cominciandobene sin dal primo anno. I ragazzi che verranno astudiare nella nostra amata Via Parenzo hanno undoppio onore; oltre al fatto del prestigio checomporta essere studenti LUISS devono essere con-sapevoli che la nostra facoltà,grazie al lavoro del no-stro Preside il Prof. Roberto Pessi e del corpo do-centi,è stata riconosciuta come la prima facoltà diItalia per giurisprudenza in base agli ultimi datiCensis. Con questo auguro a tutti un caloroso ben-venuto e per le matricole di Giurisprudenza rinnovola mia più completa disponibilità!

Alla luce dell’anno accademico che si è appenaconcluso e che ti ha visto impegnato nel tuo ruo-lo di rappresentante di facoltà di giurispruden-za, in che modo potresti descrivere il tuo rapportoquotidiano con gli studenti? E come riesci ad es-sere presente in modo efficace nei loro problemidi tutti i giorni?Il ruolo di rappresentante di facoltà è piuttosto de-licato e necessita di un rapporto fiduciario con ilsingolo studente, ma anche con la comunità stu-dentesca intesa in senso lato. Riuscire ad ottenerequesto risultato non è semplice e scaturisce da unlavoùro incessante che non si deve limitare all’orariouniversitario o all’interno dell’ateneo. Ciò chetento di fare è di essere disponibile per tutti coloroche manifestano i più disparati bisogni.E’ quindi necessario calarsi in ogni singola richie-sta “di aiuto” ed essere sempre presenti cercando ditrovare la risposta più adeguata. Per essere sempre

al fianco dello studentetento di usare tutti glistrumenti di comuni-cazione che sono a miadisposizione : sonosempre presente neicorridoi della Luiss perfavorire un rapporto di-retto interpersonale ,tento di sfruttare al me-glio la bacheca perso-nale sita in facoltà, usomolto i mezzi interat-tivi come facebook e lemail personali ([email protected]) e spessomi capita di riceveredomande e di dare ri-sposte anche via cellu-lare personale.

Quali sono i presup-posti su cui si basa ilrapporto che hai instaurato con i referenti isti-tuzionali cui ti rivolgi in questo tuo ruolo di “anel-lo di congiunzione”? Quali le maggiori difficol-tà che hai incontrato e come le hai risolte?I presupposti su cui si basa il rapporto che si è in-staurato con i referenti istituzionali sono fonda-mentalmente riconducibili ad una condotta coe-rente e rispettosa dei ruoli e delle responsabilità cheognuno di loro riveste.La chiarezza, ma al tempo stesso il profondo ri-spetto nei loro confronti, anima ogni singolocontatto o rapporto che mi trovo di volta in vol-ta ad avere con loro.La maggiore difficoltà che ho incontrato è stata

quella di trovare i momenti più opportuni per con-frontarmi con loro, dato il grande impegno che litiene incessantemente occupati nello svolgimen-to dei loro compiti istituzionali.Tuttavia “sfruttando” la profonda disponibilità dianimo che i referenti istituzionali hanno nei con-fronti degli studenti, al fine di risolverne i problemi,ho potuto ricavare degli spazi vitali per dedicarealle problematiche più urgenti la necessaria at-tenzione e le risposte più adeguate.Un saluto a tutti da Filippo Macchini, rappresen-tante in consiglio di facoltà di giurisprudenza.

gabriele maria spagnoli

Daniele De Caro

Un caffè con Filippo MacchiniIntervista al rappresentante di Giurisprudenza

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c’eravamo tanto amati (o quasi)Tra Fini e Berlusconi situazione sempre più insostenibile: quanto durerà?

In principio fu il Partito dell’Amore: ricordate?“L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia”, ilmagnifico slogan che faceva da sfondo alla mani-festazione pre-elezioni regionali del PdL (quellada un milione di persone!): sono passati poco piùdi 5 mesi ma sembra passata un’eternità. Come mai? Quali potrebbero essere i problemi diun partito che ha vinto le elezioni politiche, euro-pee e regionali? Che gode ancora di consensopopolare, nonostante la crisi? In realtà sembra che dentro il PdL di amore ce nesia rimasto ben poco tra i due principali “inna-morati”, ovvero il Presidente del ConsiglioBerlusconi e il Presidente della Camera Fini. I problemi coniugali sono cominciati all’incircaun anno dopo l’inizio della legislatura, quando, difronte alle quotidiane sortite del Presidente delConsiglio contro il Parlamento, definito “pleto-rico e inutile”, contro i giudici, definiti “estremistidi sinistra”, contro la Costituzione stessa, definita“filosovietica”, il Presidente Fini ha cominciato aribattere punto su punto, sottolineando la cen-tralità del Parlamento all’interno delle istituzionidemocratiche e l’indipendenza della magistraturadal potere politico e rimarcando come la Costi-tuzione sia la stella polare della nostra società e lapietra miliare della Repubblica. Tutte queste dichiarazioni, che in un paese nor-male verrebbero considerate banali e scontate, inItalia vengono accolte con stupore, incredulità,meraviglia: sembra quasi di vivere in una dellebellissime novelle di Verga, dove lo straniamento,ovvero far passare per normale ciò che normalenon è e viceversa, la fa da padrone. Berlusconi non accetta che qualcuno gli dica chedeve sottostare agli obblighi della Costituzione erispettare la centralità del Parlamento, soprat-tutto se questo qualcuno è Gianfranco Fini. Permolti mesi dunque è continuata questa appassio-nante telenovela, dove ad ogni (o quasi)dichiarazione di Berlusconi seguiva il “contro-canto” di Fini, fino a giungere a quel fatidico 22aprile, giorno della convocazione della DirezioneNazionale del partito. In molti speravano chefinalmente tra i due vi fosse un chiarimento e, daun certo punto di vista, è stato così: chi nonricorda infatti i volti contratti dall’ira, i diti indiciroteanti nell’aria come spade, il tutto in diretta tv?Chi non ricorda quel “che fai mi cacci?” pronun-ciato e gesticolato da Fini? Quel giorno sonoemerse veramente quell’incompatibilità e quel-l’antipatia che erano sempre state celate e cheemergevano solo indirettamente, attraverso iretroscena o le dichiarazioni dei rispettivi fedelis-simi. Eppure per molti anni la collaborazione Fini Ber-lusconi aveva sempre resistito alle intemperie,ancor più di quella Bossi Berlusconi: basti pensareal famoso ribaltone del 1995, quando il Senatur,oltre a urlare contro “il mafioso di Arcore”,

sostenne il Governo Dini insieme al centro-sini-stra di allora. Oggi la situazione è completamenteopposta, con Bossi miglior alleato di Berlusconie Fini nel ruolo di “bastian contrario”. Ed è pro-prio il ruolo fondamentale della Lega nelGoverno e nella maggioranza che infastidisceFini: più e più volte, infatti, il Presidente dellaCamera ha accusato il proprio partito di esseresubalterno al Carroccio e di appiattirsi sulle sueposizioni, soprattutto in materia di immigrazionee di federalismo. Ma le ostilità contro Fini e suoiuomini sono esplose in occasione di alcuni avve-nimenti che hanno creato scompiglio all’internodel partito, come le dimissioni dei ministri Sca-jola e Brancher e del sottosegretario Cosentino,la vicenda degli appalti per il G8 e per i Mondialidi nuoto gestiti dalla “cricca”, per arrivare poiall’associazione segreta ribattezzata P3, il tuttocon il coinvolgimento di personaggi di primordine del PDL . Per aver chiesto a tutti questi galantuomini difarsi da parte e al partito di prendere le distanze,molti finiani sono stati tacciati di “giustizialismo”,come se chiedere di fare chiarezza in merito adalcune vicende a dir poco oscure sia da forcaiolirivoluzionari. Ed è in questo clima così infuocatoche il 30 luglio ha visto la luce un nuovo gruppoparlamentare, Futuro e Libertà, che si trova

ancora nella maggioranza e che continuerà agarantire la fiducia al Governo, ma che dallaripresa dei lavori parlamentari deciderà di volta involta come comportarsi nelle votazioni. é chiaroche non si scontrano soltanto due persone, madue visioni della politica, troppo lontane per con-ciliarsi: l’una, quella di B., tipicamenteaziendalistica e padronale, che non ammetteinterferenze o limiti; l’altra, quella di Fini, checrede invece nella centralità del Parlamento e ditutte le istituzioni di garanzia, a partire dal Presi-dente della Repubblica. Una cosa è certa: la più vasta maggioranza che lastoria repubblicana ricordi sembra non riuscire aportare a termine nemmeno una delle grandiriforme (dal fisco, alla giustizia, al federalismo)che erano state promesse appena due anni fa.Come ha denunciato alcune settimane fa LucaCordero di Montezemolo, siamo in un “paesebloccato, invischiato in una transizione infinita eprivo di un progetto comune”. La soluzione? Siparla di elezioni anticipate, di governi tecnici:l’unico augurio che possiamo farci è che a guidarequesto paese siano persone serie e responsabili,che sappiano dare risposte vere ai veri bisognidelle persone.

antonio grifoni

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L’eredità di k

Fu tra coloro che riuscirono ad intravedere piùlucidamente la caduta della prima Repubblica e ateorizzare la seconda. La sognava presidenziale eplebiscitaria. Voleva esserne il traghettatore oltreche teorico. Intuì che in quel preciso momentostorico, mentre le macerie del muro di Berlinoricoprivano i vecchi simboli, si apriva uno spira-glio per le sue aspirazioni. E allora si buttò nellamischia, sperando che l'entropia di quegli anni,che lui stesso contribuì ad alimentare, potesse gio-care a suo favore. Qualcuno lo prese per pazzo, ma Francesco Cos-siga non lo era. Non si risparmiò nel sembrarloma non perse mai il senno. E forse ora, dopo lasua morte, ci si comincia a rendere conto che lasua eredità politica giace in quelle esternazioniche molti semplicisticamente reputarono fruttodella sua instabilità umorale.Il momento chiave per comprendere la paraboladi Cossiga sono certamente i suoi ultimi due annida Capo dello Stato, ma non fu la sua battagliaper una repubblica presidenziale a segnare la sto-ria politica degli anni successivi. Anzi, a benvedere, è la cifra di quello che fu il suo agire poli-tico a dirci qualcosa sul regime attuale. Il suo sogno presidenzialista finì per infrangersicontro un regime partitocratico che si stavaimmolando per poi rinascere dalle ceneri, maCossiga fu maestro inconsapevole di stile politico. E se in politica la forma è contenuto, inintenzio-nalmente influenzò i modi con cui il potere

sostiene oggi la seconda Repubblica. Non ci sipuò dimenticare di come durante la sua carrieral'ormai ex senatore a vita smarrì, spesso e volen-tieri, qualsiasi freno inibitore. Alla fine del suosettennato da Presidente della Repubblica insultie minacce contro coloro che mettevano a repen-taglio le sue aspirazioni (i partiti) e il suo mondo(la magistratura) divennero pane quotidiano.Sembra il resoconto di un giorno come tanti dellaseconda Repubblica e invece fu l'epilogo di unospettacolo in cui Cossiga contribuì a gettare lebasi per il successivo; gli anni del berlusconismo.Infatti se oggi abbiamo una classe politica che haperso quasi del tutto il senso della misura e delleistituzioni lo dobbiamo anche a lui, al disprezzoche spesso mostrò nei confronti dei limiti impostidalla legalità repubblicana. Se oggi un Presidentedel Consiglio si può permettere di definire "for-malismi costituzionali" il rispetto delle prassi chela Costituzione prevede, lo dobbiamo anche aFrancesco Cossiga. Un antesignano del politico anti-magistratura;redarguì giovani magistrati antimafia perché rite-nuti incapaci per un tale compito, insultò altretoghe perché impegnate a indagare su vicende dicui probabilmente egli era al corrente, minacciòl'utilizzo della forza pubblica per presidiare lesedute del CSM. Fu un pioniere; anticipò temi portanti delladiscussione e polemica politica degli ultimi ventianni.

Ma non è qui che si esaurisce il suo contributo aplasmare il regime attuale; difatti il Cossiga Pre-sidente della Repubblica fu solo l'apice di unaconcezione del potere maturata invece nel corsodella sua lunga carriera politica.E proprio per questa precocità nel presentarecaratteri che poi si manifesteranno con più chia-rezza nel dopo Tangentopoli che Cossiga è daritenersi l'esponente più postmoderno della primaRepubblica. Come ha scritto Gianni Barbacetto su Il Fatto,amava l'intrigo, il segreto, le logge coperte, i ser-vizi, i complotti. L'agente di polizia infiltrato è l'icona della para-bola di Cossiga; emblema di una vita immersa neimeandri del apparato statale. Fu sì uomo delloStato, ma di quello, come dice sempre Barbacetto,"segreto e sotterraneo che utilizzava le istituzionidemocratiche come un simulacro entro cuiimpiantare i poteri reali". E anche in questo marcòil sentiero per gli anni del berlusconismo, in cuigli scandali sui servizi e l'uso personalistico degliapparati di intelligence non sono mancati. Non deve meravigliare quindi se nelle foto cheritraggono coloro che un mese fa hanno resoomaggio alla salma dell'ex Presidente emeritodella Repubblica, compare un certo RenatoFarina; un giornalista che qualche anno fa era alsoldo dei servizi segreti e che oggi è parlamentaredel Pdl. Chi meglio di Farina può ritenersi un prodottodella storia cossighiana? Un uomo che, sotto ilnome in codice "Betulla", fu utilizzato dai servizidi Nicolò Pollari per spiare l'attività di giornalisti,magistrati e politici e che fu incaricato di crearefalsi dossier e false notizie per depistare le inda-gini sul rapimento a Milano di Abu Omar.Farina è un'icona del doppio Stato, esempio dicome il potere politico possa operare al di fuori diqualsiasi controllo di legalitàE in questo Cossiga fu maestro già a partire dal1966 quando da Sottosegretario alla Difesa rice-vette la delega a sovrintendere Gladio. Sarà una coincidenza, ma la morte del piccona-tore cade in uno dei momenti di crisi di unsistema che deve molto al defunto politico sardo. Il problema è: quanto sopravviveranno questeprassi? Si evolveranno? Come si evolveranno?Quali soluzioni potrebbero correggere questestorture?La palla però è in mano ad una classe politica cheancora oggi non riesce a dare un giudizio (permiopia e per malafede) alla realtà che ci circonda.Forse rileggere la parabola cossighiana potrebbeaiutare molti, ma a pochi converrebbe.E per ora, come scrive Alessandro nel suo arti-colo, a noi non resta che sperare.

giuseppe carteny

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Scusate, ma...la sinistra?

La politica italiana spiegata (d)ai foreigners

La risata di Faizul è frago-rosa. Faizul viene dal Ban-gladesh: l’ho conosciutolo scorso agosto alla Lon-don School of Journalism. Mentre ci servono l’ultimatapas provo a riprendere undiscorso sulla nostra poli-tica, aiutato da dei ragazzimilanesi. Non so come sia possibilefinire a parlare sempre del-le stesse cose. Forse comeha detto una delle nostreinsegnanti, una giornalista greca trapiantata aLondra, gli italiani sono espansivi: devono parla-re, spiegare e, oh, lamentarsi. Questo ci riesce benissimo. A questo punto è ne-cessario chiederselo: come fai a non riferirti a lui?In quale maniera puoi non citare alti momenti nel-la storia delle relazioni internazionali come il“bubbusettete” ad Angela Merkel o l’accoppiata ma-scella cadente braccia allargate a dire: “Che gnoc-ca Michelle Obama”? Facce grigie, musi lunghi trasformati in sorrisi ti-rati, noi italiani ci guardiamo con un sentimentosimile a una mistura fatta d’auto-compassione e vo-glia di reagire, mentre gli altri sono piegati in duedalle risate. Non solo sorrisi però, ma anche argo-menti che sollecitano più sguardi perplessi di unintero pomeriggio con Barbara d’Urso. Jennifer vive in Virginia, Usa. Ce la mette tutta perprovare a capire i nostri discorsi sulla mafia, maquando proviamo a spiegarle le differenze tra‘ndrangheta, camorra e mafia la vedo desistere dalsuo tentativo di comprensione. Nonostante cose come il pizzo (“why don’t they callthe Police?”, beata innocenza) e i legami stato-ma-fia le sembrino echi di un altro mondo, riesce co-munque a farci una domanda che tanti italiani nonsi pongono più: perché non reagire, liberarsi da que-sti individui? La sua domanda mi ricorda quelladi una ragazza inglese, che con semplicità e curio-sità mi ha chiesto perché gli italiani continuasse-ro a votare Berlusconi. Avrei tanto voluto darle unarisposta semplice e illuminante, ma la sto ancoracercando: me la sono cavata parlandole di tan-gentopoli, di conflitti d’interessi e della debolez-za dell’opposizione. Faizul mi guarda sbalordito:“it seems so similar to Bangladesh ‘politics.”La mia risposta lo farà ridere per tutta la sera: “Orail Bangladesh sembra un posto molto più bello,vero?”. E’ sempre bello poter far ridere delle persone. Il pro-blema sorge quando ti ricordi che quello di cui staiparlando non è una storia inventata: è la tua real-tà, è il tuo pane quotidiano fatto di bugie, crudel-tà e proclami politici che ricordano le barzellettedi un cabaret trasmesso da un’emittente locale. Fos-se così, si potrebbe almeno spegnere o cambiare

I mancini, le pecore nere (o rosse,per compiacere i destrorsi), losanno, che il governo attuale è unosbaglio. Probabilmente distribui-rono il daltonismo a gocce perconfondere i simboli, casa percasa (mi scusino per l’assonanzastorica). E’ ovvio che un disastrodel genere non lo si può volere,come a dire “ohibò, perdindirin-dina, accipicchia, ma non pensa-vo mica che andasse a finire così!”.Tuttavia, è da ammettere che cri-ticare il malgoverno e piangere sullatte versato (certo: copiosamen-te e dagli altri) sia un po’ inutile,fine a se stesso e infruttuoso; cosa costruttiva sa-rebbe proporre, innovare, creare un’alternativa; farnascere un’idea, un pensiero, un senso del giustoe del logico che spinga le lampadine dei più reci-divi ad accendersi e a credere in qualcosa di nuo-vo, quantomeno in qualcosa. Ed è questo che unpartito politico dovrebbe rappresentare, questa do-vrebbe essere la sua missione, il suo ruolo. In Ita-lia, ad oggi, di “schieramenti”, con buona appros-simazione, ce ne sono tre: i berlusconiani, deriva-ti e simili (adesso in un periodo di sofferenza), gliantiberlusconiani e/o quelli di sinistra, e “i peccatoriche mai non fur vivi”, gli abitanti del limbo. Nonragioniamo di questi ultimi e dei primi ma guar-diamo e passiamo ai secondi. Gli antiberlusconianie coloro che rispondono alla definizione più ge-nuina di “sinistra” sono quelli che cercano di evi-tare, almeno utopicamente e senza azioni concre-te, che la storia di pressappoco un secolo fa si ripeta;tendono quindi a dimenticare che la politica nonè solo opposizione platonica. La triste processio-ne dei Prodi, Veltroni, Franceschini e Bersani di tur-no, francamente, ha stancato. E’ una ricerca di-sperata di un leader che, anche con le sue imper-fezioni ma con le sue idee più o meno condivisi-

bili, possa in qualche modo orientare chi spera inaltro. L’astensionismo ne è indice, ci apre gli occhidi fronte all’assenza di un’altra scelta. Gli astenu-ti alle ultime elezioni, esclusi gli ignavi e gli im-possibilitati, sono persone antiberlusconiane odi sinistra, per forza di cose; persone che credonoin qualcosa ma che non riescono a identificare innessun partito quei valori, quei pensieri. Ciò im-plica che le pecore nere sono, senza ombra di dub-bio, la maggioranza degli italiani; non sono poi cosìnere come si crede. E’ a dir poco drammatico che,in un Paese, la maggioranza non abbia un rappre-sentante valido. Non è assolutamente concepibi-le che con una Costituzione come la nostra, si votisolo perché si tratta di un dovere civico, alla menopeggio; si disegni una croce su un simbolo rap-presentativo di quel qualcuno che, si ritiene, fac-cia meno danno possibile, e questo nel migliore deicasi. Necessitiamo di credere che “C’è un’Italia mi-gliore di Tremonti, di Brunetta e di Berlusconi. C’èun’Italia migliore di Cosentino e della Gelmini”,e vagliando questo sinistro elenco di soggetti, la-sciatemelo dire, non è che ci voglia molto.

letizia di berardino

canale. Ma proprio nel paese dominato dalla tele-crazia, il telecomando della vita politica è sprov-visto del tasto off o, per lo meno, del tasto flash for-ward: vai avanti veloce.Invece siamo qui, pronti per un’altra stagione di re-pliche mascherate da incredibili novità politiche.Il giorno che Faizul non riderà più di noi vorrà dire,forse, che qualcosa è cambiato. Io non posso farealtro che sperare e continuare ad agire in questa di-rezione.

ALESSANDRO TUTINO

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La moschea della discordiaCosa succede se si vuole costruire una moschea proprio a Ground Zero?

11 Settembre 2001. Negli StatiUniti, dopo nove anni, la feritaè ancora aperta, il taglio ancoraprofondo e il lancio di un pro-getto per costruire unamoschea di tredici piani apochi isolati dal cratere diGround Zero è stato comespargervi sopra del sale. Brucia!E anche se il progetto è statopoi subito abbandonato - per ilvolere stesso dei leaders musul-mani interessati che speravanocosì di calmare le acque - conti-nua a bruciare ancora di piùdopo che lo stesso presidentedegli Stati Uniti, BarackObama si è proclamato favore-vole a tale realizzazione.Gli attacchi sono immediata-mente arrivati dalla destraconservatrice (ma non solo)della politica americana cheaccusa il presidente di essersiallontanato dalla nazione e diaver smesso di difendere gli interessi degli ameri-cani. Sarah Palin ha affermato che la moschea è“una provocazione dell'Islam radicale” a cui nonbisogna assolutamente cedere, mentre NewtGringrich, ex portavoce della House of Repre-sentatives per la Georgia, ha addirittura affermatoche “costruire una moschea vicino a Ground Zeroè come apporre un simbolo nazista vicino almuseo dell'olocausto.”Tuttavia l'attacco più duro, probabilmente, non èstato quello proveniente dalle forze politiche,bensì dalle associazioni di semplici cittadini ame-ricani. Una fra tutte, l'Associazione Famigliedell'11 Settembre per un' America Sicura e Forte,ha accusato il proprio presidente di “aver abban-donato l'America, là dove il suo cuore era statospezzato nove anni fa, e dove i suoi valori auten-tici erano in mostra per tutti.”Ed è così che la popolarità di Obama scende aiminimi storici (il 52 % degli americani non loappoggia). Certo la sua popolarità non è aiutatadalla ripresa lenta dell'economia né tanto menodalle controversie relative al ritiro delle truppedall'Iraq o alla guerra ancora in corso in Afghani-stan. Ma è proprio l'appoggio alla costruzionedella moschea che può essere considerato un veroe proprio suicidio politico a ridosso delle elezionidi metà mandato che si terranno a Novembre.Questa vicenda ha scoperto nuovamente inmaniera drammatica le profonde contraddizionipresenti all'interno della società americana. Con-traddizioni che, se potevano essere consideratesuperficiali nell'America pre 11 Settembre - cheusciva dai prosperosi anni Novanta - ora minanoil futuro degli Stati Uniti.

Il presidente Obama, con la sua cultura e la suaformazione multietnica, si trova ad anni luce didistanza da quella parte del paese che vede lachiusura come l'unico modo per sentirsi al sicuroe per vedere protetti quelli che considerano lorovalori.La distanza tra Obama e il suo paese è ancora piùevidente se si considera un sondaggio condottodalla Pew secondo il quale il 18 % degli americaniè convito che Obama non sia cristiano, come eglistesso ha più volte dichiarato, ma piuttostomusulmano.Il Tea Party, un partito di destra estrema che staaumentando in maniera preoccupante il suoseguito negli Stati Uniti, ha addirittura messo indiscussione la cittadinanza americana del quaran-taquattresimo presidente, chiedendo di vedere ilsuo certificato di nascita.Sul web, poi, circolano mail diffamatorie in cui siafferma che Obama abbia giurato sul Corano enon sulla Bibbia e si trovano link e siti in cui lecritiche a Barack Obama non si limitano allamateria politica, ma diventano attacchi di puroodio verso la persona stessa.Barack Obama è lontano da questa parte degliStati Uniti ed è per questo che i suoi consiglieriavevano tentato di dissuadere il presidente dalprendere una posizione riguardo la questionedella costruzione della moschea. Questione peral-tro di competenza locale, per la quale non erarichiesto alcun intervento da parte di Washin-gton. Ma il presidente Obama non ha volutotenersi in disparte e, durante l'Iar (il pasto seraleche interrompe il digiuno quotidiano durante ilRamadan) con i leaders musulmani invitati alla

Casa Bianca, ha voluto ricordare alla nazionequali sono i principi e i valori su cui si è basata lagrandezza degli Stati uniti. Principi e valori chefanno della libertà di culto un diritto inalienabilee che professano la parità di ogni religione. Prin-cipi e valori non cristiani, musulmani o ebrei, masemplicemente americani, maturati nei secoli gra-zie ad una forte tradizione che per sopravviveredovrebbe andare avanti anzichè guardare indie-tro. Ma - per fortuna - l'America non è solo chiusurae diffidenza. Se da un lato c'è l'Associazione Fami-glie dell'11 Settembre per un' America Sicura eForte dall'altro si è creata l'Associazione delleFamiglie dell'11 Settembre per un Domani diPace che ha sostenuto il progetto della moschea,vedendo in essa un simbolo della riconciliazione eun primo passo verso un futuro di pace. Se da unaparte c'è chi si chiede “Perchè costruirla propriolì?”, dall'altra c'è chi si chiede “Perchè non lì?”. Una parte degli Stati Uniti, dopo l'11 Settembre2001, ha deciso di barricarsi dietro una loroimmaginaria linea Maginot. Una linea Maginotda abbattere se gli Stati Uniti vogliono ritrovarela loro perduta identità.Costruire una moschea a Ground Zero? Potrebbeessere considerato un gesto ironico, contraddit-torio, provocatorio, ma risulterebbeinevitabilmente come un grande simbolo ingrado di dimostrare la capacità di una nazione direinventarsi, partendo proprio dalla sua ferita piùprofonda.

chiara vitiello

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Sakineh Mohammadi ashtiani“Le cercarono l’anima a forza di botte”

Inizia il 15 maggio 2006 la tortura di Saki-neh Mohammadi Ashtiani, giovane donnairaniana condannata a morte dalla corte diTabriz per rapporto illecito con due uomi-ni. Inizia quattro anni fa con novantanovefrustate punitive e la condanna alla lapida-zione a causa di un possibile coinvolgimen-to nella morte del marito. Inizia e non si fer-ma, nonostante l’intervento dell’UnioneEuropea, delle Nazioni Unite, delle orga-nizzazioni internazionali per i diritti uma-ni. La donna si dichiara da sempre innocente,nega la sua partecipazione all’omicidio delmarito, rifiuta l’accusa di rapporto illecito.Non si dichiara colpevole neanche dinanzialle infinite torture subite: privazione di pu-lizia, cibo e acqua e alla quotidiana violen-za fisica. Ciò sino alla metà di questo agosto, quan-do accetta di apparire in un programma televisivodella tv di regime, dove coperta da un abito nero,e con volto pixellato ammette tutte le sue colpe. Am-

la propria posizione di funambolo sul filo della vita,autorizza la sua esecuzione stremata dalle violen-ze subite. Le hanno cercato la confessione con laviolenza, dopo quattro lunghi anni, ci sono riusciti!Ma la confessione di Sakineh Mohammadi Ashtia-ni non convince nessuno. Non convince le potenzeeuropee ed americane, non convince i suoi figli, nonconvince gli stessi iraniani: desta sospetti la sua ac-cusa verso i media occidentali che da anni ormaiseguono e s’impegnano per la sua causa. Desta so-spetti il suo volto mai scoperto. Desta sospetti latraduzione in persiano che sovrasta la voce delladonna che parla nella sua lingua madre. Desta so-spetti un’ammissione di colpa a pochi giorni dal-l’intervista concessa al Guardian attraverso una ter-za persona rimasta anonima in cui la donna av-vertiva che il Governo iraniano avrebbe mentito sulsuo caso, affinchè la pena potesse esserle inflitta insegreto e al più presto possibile. Desta sospetti, manon importa. Con la confessione della donna, lalapidazione potrebbe avvenire da un momento al-l’altro.Una folla che scalpita. Applaude. Freme. La testadel colpevole è l’unica parte del corpo che si in-travede, sopra un corpo sotterrato nel terreno. Poiil via, gli spettatori che urlano, ma non di indi-gnazione. Così inizia il lancio della pietre sulcapo della vittima. Non sempre coperto, di modoche si possa vedere la paura nei suoi occhi, e leggeresulle sue labbra le preghiere di un dio che non laaiuterà. Pietre aguzze e taglienti, affinchè possanopenetrare nel suo volto, ma non troppo grandi, co-sìcchè la morte non giunga troppo velocemente. Questo è quello che avverrebbe a Sakineh, questoè quello che è avvenuto a tantissime donne comelei. Nulla più e nulla meno che l’espressione delladeviazione umana; la manifestazione del lato sa-dico che si nasconde in alcuni di noi; la celebrazionedella vergogna dell’essere umano.

alessandra [email protected]

mette di aver tradito suo marito con il cugino dilui, con il quale avrebbe poi conseguentemente pia-nificato il suo assassinio. Ammette colpe che pro-babilmente non sono sue. Confessa annientata dal-

dopo 65 anni, un americano adHiroshima

Dopo due anni dalla visita al Memoriale della Pacedi Hiroshima da parte di Nancy Pelosi, speaker del-la Camera dei Deputati, anche l’ambasciatoreamericano a Tokyo, John Roos, ha partecipato allacommemorazioni del disastro atomico. E’ ancorapresto per parlare di apertura ufficiale, eppure qual-cosa in pentola sta chiaramente bollendo. In casocontrario, verrebbe spontaneo domandarsi il per-ché di queste due visite così vicine l’una dall’altra,dopo anni e anni di silenzio. In realtà la sua pre-senza non ha avuto tutto il riconoscimento sperato.Abbastanza lampante il disappunto mostrato dalPresidente dell’Associazione dei sopravvissuti allabomba atomica, Kazushi Kaneko, che, riferendo-si alla presenza del rappresentante statunitense, hacosì commentato: “Quale è stato lo scopo della suavisita a Hiroshima? L'ambasciatore Usa non hanemmeno offerto un omaggio floreale."In una nota rilasciata solamente una volta ritornatoall’ambasciata di Tokyo, Roos ha dichiarato che:“per il bene delle generazioni future è necessariocontinuare a lavorare insieme per realizzare un mon-do senza armi nucleari.” Anche in questo caso po-che parole e nessun riferimento agli eventi di Hi-roshima. Ennesimo esempio che dimostra come,nonostante il trascorrere degli anni, il binomio po-litica - morale rimanga sempre incompatibile: se altempo di Truman “il fine giustificava i mezzi”, algiorno d’oggi nulla è cambiato.

roberto [email protected]

“Il mondo sappia che la prima bomba atomica è sta-ta sganciata su Hiroshima, una base militare. Ab-biamo vinto la gara per la scoperta dell'atomica con-tro i tedeschi. L'abbiamo usata per abbreviarel'agonia della guerra, per risparmiare la vita di mi-gliaia e migliaia di giovani americani, e continue-remo a usarla sino alla completa distruzione del po-tenziale bellico giapponese.” Questa è la celebre di-chiarazione con cui il 33° Presidente degli Stati Uni-ti, Harry Truman, annunciava il bombardamentosu Hiroshima. Poche parole, chiare, concise, eppuresufficienti per affermare la supremazia americanasui suoi nemici, in primis tedeschi e giapponesi (esovietici). Era il 6 agosto 1945, quando la bombaa fissione nucleare incontrollata -più comune-mente nota come bomba atomica- fece la sua pri-ma apparizione sulla scena internazionale. Sono pas-sati 65 anni da quella terribile mattina in cui la cit-tà di Hiroshima fu distrutta, portandosi con se cir-ca 130.000 tra gli inconsapevoli civili nipponici. 65anni di silenzio da parte dei rappresentati ameri-cani, irremovibili nella decisione di non rilasciarealcuna scusa ufficiale. Fin dall’inizio del dopoguerranessun membro dell’Amministrazione in carica Usaha mai partecipato alle commemorazioni o -piùsemplicemente- si è mai dichiarato disposto a ri-vedere le proprie posizioni in merito a quei tragi-ci eventi. Nessuno almeno fino ad oggi. Il nuovostile diplomatico del Presidente democratico Ba-rack Obama ha portato il vento del cambiamentoanche nei rapporti con il Paese del Sol Levante.

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i Pirati proteggono WikileaksIl Partito Pirata svedese offre protezione giuridica a Wikileaks in attesa che il

progetto di legge islandese sulla libera informazione diventi realtà.

Il progetto di Wikileaks consiste nel diffondereonline notizie, anche riservate o segrete, prove-nienti da ogni parte del mondo, secondo il prin-cipio di un’informazione sempre libera. Questamissione ha messo spesso in difficoltà l’organizza-zione, rendendola sensibile ad azioni legali direttesolitamente a colpire l’accesso ai server. Wikileaks ha scoperto però di avere anche degliamici, come il Partito Pirata in Svezia. Rick Fal-kvinge ha fondato il Partito Pirata nel 2006 con loscopo di analizzare in Parlamento il sistema delcopyright, reputato eccessivamente piegato allosfruttamento commerciale. Il Partito Pirata dopola sua nascita si è diffuso velocemente in Germa-nia e negli Usa, e simili movimenti si sono velo-cemente sviluppati in molti altri Stati, Italiacompresa. Cosa ha però di speciale il partito sve-dese? Oltre ad essere il primo, Piratpartiet è anchel’unico ad essere riuscito a ottenere effettivamenteun seggio nel Parlamento europeo con il 7,1% deivoti. Il seggio garantisce a Falkvinge la possibilitàdi offrire a Wikileaks una speciale immunità al-l’interno dei server del Partito che ricadono sottola stretta responsabilità dell’eletto. Tuttavia se-condo le dichiarazioni di Julian Assange, volto diWikileaks, si tratterebbe di una sistemazione

provvisoria: la prossima sede di Wikileaks do-vrebbe essere l’Islanda.Dai primi mesi di questo anno, Birgitta Jonsdot-tir, deputata anarchica, ha presentato un progettodi legge, approvato dal Parlamento di Reykjavik,che prevede la possibilità di diffondere senza re-strizioni documenti ritenuti di interesse generale,indipendentemente dalla provenienza e dal tipodi informazione. Questa legge, in linea con le ideedi Wikileaks, porterebbe l’Islanda a diventare un

paradiso delle libere informazioni, accessibili at-traverso la rete da ogni parte del mondo.La decisione sulla posizione dei futuri server nonrallenta il lavoro di Wikileaks. Dividendo a metàl’opinione pubblica, il 18 agosto Assange ha di-chiarato di avere pronti oltre 15 mila file riguar-danti il conflitto afghano, che si sommano ai 74mila già raccolti. Questa notizia ha rinforzato leaccuse all’organizzazione, già definita da Repor-ter senza frontiere «incredibilmente irresponsa-bile». Dopo la Casa Bianca, numerose Ong fra lequali Amnesty International e CIVIC hanno ac-cusato Wikileaks di mettere in pericolo la sicu-rezza delle persone citate nei documentichiedendo che almeno ne vengano cancellati inomi. Le accuse non fermano Wikileaks: «questi do-cumenti descrivono oltre 90 mila diversi inci-denti. Oscurano tutto quello che è stato detto inprecedenza sull’Afghanistan. Cambieranno la no-stra prospettiva non solo sulla guerra in Afghani-stan, ma su tutte le guerre moderne» continuaAssange «gli uomini più pericolosi sono quelliresponsabili delle guerre. Se questo mi rende pe-ricoloso ai loro occhi, che sia».

Gianfranco Addario

campbell goes to...aja

È veramente strano! Il processo, davanti alla cor-te speciale per la Sierra Leone trasferitosi per mo-tivi di sicurezza all' Aja, a uno dei dittatori più cru-deli che l’Africa ha visto negli ultimi decenni, ricevesolo attenzione per un regalo di questo a una notamodella.Stiamo parlando del processo dell’ex presidente del-la Liberia Charles Taylor, imputato per crimini con-tro l’umanità e crimini di guerra. Taylor è accusa-to di aver in gran parte diretto le azioni crimino-se dei ribelli della Sierra Leone durante la guerracivile là in atto tra il1991 e il 2001, che ha provo-cati più di 200 mila morti e infiniti mutilati Devoamettere che anche io non ne sarei venuto a co-noscenza di tutto il processo, che ha iniziato già nelGiugno 2007, se non ci fosse stato questo particolareregalo.Diamanti insanguinati della Sierra Leone, che il dit-tatore ha probabilmente ottenuto in cambio di armidal comandante dei rebelli della Sierra Leone Fo-day Sankoh. Proprio questo fatto potrebbe portarealla condanna per crimini di guerra di Taylor, cheovviamente non si ritiene colpevole, perché di-mostrerebbe il legame e la influenza che lui avevaavuto con e su Foday Sankoh. Alcuni di questi diamanti nel 1997 sono stati re-galati alla modella Naomi Campbell a una cena di

beneficenza per la fonda-zione “Children Fund” diNelson Mandela. Secondola dichiarazione della Cam-pbell, che non viene consi-derata un testimone cru-ciale, dopo aver parlato conil suo agente Carol Whitee la nota attrice Mia Farrow,le voleva regalare alla fon-dazione e le ha dato a unapersona di fiducia, JeremyRactliffe, che si sarebbe oc-cupato della donazione, maalla fondazione nessuno haconoscenza di una donazione del genere. Così lepietre restano scomparse e i due testimoni si ac-cusano a vicenda. Un altra accusa verso la model-la arriva dal attrice Farrow, nota anche per la lot-ta contro le ingiustizie in Africa, che smentisce ladichiarazione di questa affermando che si sarebbetrattato di un solo diamante enorme. L’impegno si comprende soprattutto sotto il pun-to di vista che il diamante o i diamanti vengono con-siderati come dimostrazione del possesso di dia-manti sangue da parte di Taylor. Mentre un altropunto di imputazione sembra oramai chiarito. L’im-

putato, dopo una visita in Sudafrica, è tornato conun aereo pieno di armi destinati alle truppe ribel-le in Sierra Leone.Il processo quindi continua e forse andremo a sa-pere del suo esito se nuovamente la signora Cam-pbell o Farrow, per un qualche loro intervento, ri-volgono l’attenzione mediale a fatti di importan-za internazionale.

Robert [email protected]

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21FUori daL Mondo

Hasta la indipendencia?irlanda del nord: una questione irrisoltaIncontro con Silvia Calamati, giornalista e collaboratrice di RAI NEWS 24

«Io non ho scelto l’Irlanda. È l’Irlanda che ha scel-to me». Silvia Calamati, oggi giornalista e scrittrice,inizia a raccontare la sua storia quasi sempre in que-sto modo. «Nell'agosto 1984 mi trovavo a Belfast»ha raccontato Calamati. «Presi parte a una mani-festazione a ricordo dell’"Internamento senza pro-cesso", il tragico periodo di storia irlandese duranteil quale, tra il 1971 e il 1974, migliaia di personefurono rinchiuse in carcere senza accusa né processo. Quel giorno, lungo Falls Road a West Belfast, a ma-nifestare erano intere famiglie, giovani, bambini,anziani. C'era un bel sole e un'aria di festa. Al ter-mine della manifestazione la polizia cominciò aspingere le sue jeep contro la gente seduta a terrae a sparare proiettili di plastica. Ci furono 20 fe-riti e un morto: Sean Downes, un un ragazzo di 22anni colpito al cuore da un proiettile di plastica spa-ratogli a meno di due metri di distanza. Il giornodopo un giornale italiano titolava: “Giovane mor-to durante scontri in Irlanda del Nord”. Ma non viera stati scontri, né veniva detto chi aveva sparatoa quel ragazzo, morto a pochi metri da me. A quelpunto che dovevo fare?» - ha continuato la gior-nalista - «Ritornare in Italia e mettermi a scrive-re la mia tesi di laurea, come se nulla fosse accaduto?Non ce l’ho fatta. Altrimenti sarebbe stato comeuccidere Sean Downes una seconda volta». Da al-lora Silvia Calamati ha continuato a recarsi in Ir-landa del Nord e a dar voce a persone le cui storie,altrimenti, sarebbero cadute nell’oblio o mai rac-contate. La giornalista era arrivata per la prima vol-ta a Belfast nel luglio 1982, poco più di un annodopo la morte di Bobby Sands, il prigioniero re-pubblicano irlandese di soli 27 anni che, tra il mag-gio e l'agosto 1981, assieme ad altri nove suoi gio-vani compagni si era lasciato morire di fame nelcarcere di Long Kesh per rivendicare lo status diprigioniero politico. Sands, oggi divenuto l'iconadella lotta del popolo irlandese per la propria l'in-dipendenza, era stato incarcerato senza processo unaprima volta nel 1972 e poi, dopo un processo perpossesso di un'arma, nel 1977. A partire dal 1° mar-zo 1976 il governo di Londra aveva abolito lo sta-tus di prigioniero politico: una decisione checomportò trattamenti durissimi per tanti giovanidetenuti irlandesi, molti dei quali incarcerati sen-za alcuna colpa grazie alle leggi d'emergenza ancoraoggi in vigore in Irlanda del Nord. Rifiutandosi diessere considerati "criminali comuni" i prigionie-ri del carcere di Long Kesh, a partire dal settembre1976, diedero inizio alla “blanket protest” (“pro-testa delle coperte”), indossando una coperta an-ziché l’uniforme carceraria. Nel 1978 a questa for-ma di contestazione se ne aggiunse un’altra, la “dir-ty protest” (“protesta della sporcizia”): i detenutidecisero che non si sarebbero più serviti dei bagni,dato che, ogni qual volta ciò accadeva, venivanobrutalmente maltrattati e picchiati dai secondini.

Poiché i contenitori degli escrementi e dell’urinaposti nelle celle non venivano più svuotati i pri-gionieri cominciarono a spalmare le proprie feci sul-le pareti delle celle. Nel giro di pochi mesi le con-dizioni di vita dei detenuti di Long Kesh si fece-ro insostenibili, accompagnate da quotidiane vio-lenze e brutalità dei secondini. I prigionieri furo-no così costretti a intensificare la loro protesta.Dopo un primo sciopero della fame, condotto dal-l'ottobre al dicembre 1980 da un gruppo di dete-nuti di Long Kesh e tre prigioniere del carcere fem-minile di Armagh, a causa dell'inflessibilità e del-l'intransigenza del governo di Londra, Sands de-cise di iniziare lui stesso uno sciopero della fame,il 1° marzo 1981. Altri detenuti si unirono a lui aintervalli regolari, per attirare l’attenzione del-l’opinione pubblica internazionale sulla questio-ne irlandese e sulle disumane condizioni dei car-cerati nell'inferno di Long Kesh. A seguito dellamorte del parlamentare della circoscrizione diFermanagh e South Tyrone Sands fu nominato can-didato alle elezioni suppletive che si tennero il 9aprile 1981. Due giorni dopo, al suo 42 giorno disciopero della fame, venne eletto al parlamentobritannico, ottenendo più volti di Margaret at-

cher quando era stata eletta a Westminster. Morìnelle prime ore del 5 maggio 1981, dopo 66 gior-ni di sciopero. Tra il maggio e l'agosto 1981 altrinove detenuti fecero la sua stessa fine. La protestae il sacrificio di Sands e degli altri giovani prigio-nieri di Long Kesh, tuttavia, non si rivelarono fal-limentari, come aveva sostenuto Margaret at-cher. Dopo qualche mese Londra si vide costret-ta a venire incontro alle cinque richieste dei de-tenuti, senza peraltro reintrodurre lo status di pri-gioniero politico. Inoltre nel 1984, nel corso del-le prime elezioni politiche che si tennero dopo lamorte di Sands, lo Sinn Féin, a quel tempo merobraccio politico dell'IRA, cominciò ottenere unsempre più crescente sostegno politico che lo haportato a diventare oggi, dopo la firma dell'Accordodi Pace, partito di primaria importanza nell'As-semblea nord-irlandese di Stormont. «Tutto que-sto non sarebbe stato possibile senza la lotta diSands e dei suoi compagni» ha commentato Ca-lamati, curatrice del diario scritto da Sands in car-cere ("Un giorno della mia vita", Feltrinelli) e au-trice di un volume che raccoglie le testimonianzedi Bobby Sands e degli altri nove giovani repub-blicani morti a Long Kesh ("Il diario di BobbySands. Storia di un ragazzo irlandese", Castelvec-chi Editore). «Oggi in Irlanda del Nord è in attoun processo di devolution di competenze e di po-teri da Londra a Belfast, ma la concessione del-l'autonomia è ancora qualcosa di formale. Lapace non è ancora raggiunta. Occorre che sia unapace con giustizia. C’è bisogno di maggiore im-pegno da parte governo britannico. Le recenti di-chiarazioni del primo ministro David Cameron re-lative al "Bloody Sunday", con il riconoscimentodell'innocenza delle vittime del massacro del1972, devono rappresentare solo l'inizio. Il Bloo-dy Sunday è stata la punta di un iceberg di una lun-ga serie di uccisioni compiute dalle forze di sicu-rezza in Irlanda del Nord. Ricordo ad esempio che,un anno prima di quella tragica "domenica di san-gue" di Derry, a Belfast era avvenuto il "massacrodi Ballymurphy" (11 persone uccise, tra cui unadonna incinta e un sacerdote, il 9-10 agosto1971). Occorre inoltre che le armi in mano ai grup-pi paramilitari lealisti vengano messe fuori uso, cosìcome ha fatto l'IRA» ha concluso Calamati. «E'necessario infine che vengano smantellate tutte lestrutture e le istituzioni governative che, in tren-t'anni di conflitto, hanno avallato e sostenuto la po-litica delle collusioni tra servizi segreti, soldati epolizia con i gruppi paramilitari lealisti. Una po-litica di morte che ha portato all'uccisione di cen-tinaia di civili innocenti, per la stragrande mag-gioranza cattolici nazionalisti».

Nicola Del Medico

Silvia calamati

Giornalista e scrittrice, si occupa della questioneirlandese dal 1982. Ha vissuto per due anni aDublino e trascorso lunghi periodi a Belfast. Trail 1990 e il 1995 ha seguito il problema del-l’Ulster per il settimanale Avvenimenti. Dal1995 collabora, dall’Italia e da Belfast, con emit-tenti radiotelevisive nazionali ed estere, inparticolare con RAI NEWS 24. Per il suo im-pegno, nel 2002 ha ricevuto a Belfast il premiointernazionale TOM COX AWARD. Tra le sue opere:- Irlanda del Nord. Una colonia in Europa (Edi-zioni Associate, 2005); - Qui Belfast. 20 anni di cronache dall’Irlan-da di Bobby Sands e Pat Finucane (Edizioni As-sociate, 2008); - Figlie di Erin. Voci di donne dell’Irlanda delNord (Edizioni Associate, 2001) - pubblicatoanche in inglese, spagnolo e gaelico. Ha inoltre tradotto in italiano: - Un giorno della mia vita (Feltrinelli, 1996) diBobby Sands; - Guerra e liberazione in Irlanda. La Chiesa delconflitto (Edizioni della Battaglia, 1998), scrit-to dal sacerdote nord-irlandese Joseph McVeigh;- Il diario di Bobby Sands. Storia di un ragaz-zo irlandese (Castelvecchi, 2010), biografia diBobby Sands scritta da Calamati, LaurenceMcKeown e Denis O’Hearn.

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diario catalano

Miquel Fullana ILlompart, originariodi Palma de Mallorca,dibuixant, pintor i gra-vador. Nel 1962 è unodei fondatori dell’ “Obra cultural de Ba-lear”; l’anno dopo ini-zia a scrivere il“Diccionari de l’art idels oficis de la co-strucció”. L’intento èquello di far rinascere la lingua e la cultura cata-lana dopo la lunga oppressione di Franco.Quando la nonna di Aina, mia buona amica, miregala questo libro mi dice: “Guarda, alla fine c’èun glossario di termini tecnici Catalano-Casti-gliano. Mio padre non voleva che l’uno vincessesull’altro, e nessuno di noi lo vuole oggi. Ma il Ca-talano è la nostra lingua, la nostra storia, la nostracasa. E tutti noi vogliamo che sopravviva, accantoal Castigliano”. Nicola Tanno nasce a Campo-basso, si laurea in Scienze politiche alla Sapienzae poi fa un master a Barcellona. 11 luglio 2010: finale Spagna-Olanda. Le stradedella città sono in piena festa, Nicola è lì, vuoleimmortalare il momento con la sua videocamera,per poi riportarlo sul blog dove sta raccontando lasua esperienza in terra spagnola: “Diario Cata-lano”. All’improvviso salta in aria. Una pallottoladi gomma l’ha colpito in un occhio; una pallot-tola dei Mossos d’Esquadra, corpo di polizia au-tonomo della Catalogna. La situazione era degenerata: bruciate alcune ban-diere catalane, aizzati cori contro la Catalogna, iltutto probabilmente innescato dal fatto che ad al-cuni Castigliani lì presenti non era andata giù lamanifestazione pro-indipendenza della Catalo-gna del giorno precedente. Nicola ha perso un oc-chio, e la fiducia verso le istituzioni italiane espagnole, che se ne sono praticamente lavate lemani. C’è un limite, a volte tragicamente sottile,tra il desiderio di salvaguardare le proprie radici,facendo della diversità elemento di ricchezza escambio, e l’esasperazione identitaria, preludioalla violenza e all’isolamento. Quella della Catalogna è la storia dell’anelito al-l’indipendenza di una comunità che affonda le sueradici nel sedicesimo secolo, in bilico tra l’affran-camento dalla sovranità spagnola e il rischio disudditanza alla Francia, storia che approda allaRenaixença (Risorgimento Nazionale catalanodel diciannovesimo secolo) e finalmente nel 1931allo Statuto di regione autonoma. Il regime fran-chista sopprimerà dopo pochi anni l’autonomiacatalana e cercherà persino di cancellarne lingua ecultura. Nel 1975, con la morte del caudillo e la fine delladittatura, la Catalogna riconquista, dopo questotormentato percorso, la condizione di regione au-

tonoma all’interno della Spagna, con ampi poteridel governo regionale (la Generalitat de Catalu-nya), una propria forza di polizia (i Mossosd’Esquadra), ma non l’autonomia fiscale, come iPaesi Baschi o la Navarra. Oggi la Catalogna è una realtà che, sia per i feno-meni migratori globali che per la sua storia , sipresenta variegata per composizione etnica e cul-turale, forte la componente castigliana e d’immi-grati dell’America Latina. In questo quadro lacomunità catalana sente più che mai il bisogno dimantenere in vita la propria identità: il confine

tra pacifica convivenza e conflitto corre lungo l’in-terpretazione di questo bisogno, qui come in ognialtro luogo di incontro tra culture e civiltà. Il ri-schio di una deriva violenta di tale bisogno è sem-pre presente, anche quando la storia recente diuna comunità non sia segnata da episodi laceranti(il terrorismo dell’Eta o dell’Ira). La vicenda di Nicola, drammatica e assurda, ce lorammenta.

Clara della Valle

La dichiarazione d’indipendenza del Kosovo nonè contraria al diritto internazionale. Così si sonopronunciati lo scorso 22 luglio i 15 giudici dellaCorte internazionale di giustizia, in risposta al que-sito che l’Assemblea Generale dell’ONU, su ini-ziativa della Serbia, aveva rivolto loro.Il 17 febbraio 2008 il Kosovo aveva infatti pro-clamato unilateralmente la propria indipendenza,scatenando così una interminabile catena di rea-zioni, che, partendo da Belgrado, ha visto coinvoltiquasi tutti i Paesi del mondo: 69 di questi (tra cui22 dei 27 stati UE) hanno deciso di riconoscere ilneonato stato ancora prima che intervenisse il pa-rere della Corte, il quale comunque, bisogna ri-cordarlo, essendo di natura consultiva, rimane nonvincolante per gli stati UE. E’ proprio tale parerea fare oggi discutere: secondo molte voci autore-voli, tra cui giudici e docenti universitari, la deci-sione si baserebbe su un’interpretazione estrema-mente tecnica e restrittiva del quesito posto dal-l’assemblea. La risposta dei giudici dell’Aja, infat-ti, evita accuratamente di toccare temi di impor-tanza essenziale, quali ad esempio l’esistenza di undiritto di secessione delle minoranze interne aglistati e del diritto di autodeterminazione dei popoliche fanno parte di uno stato sovrano. Tali temi ri-vestono oggi un importanza essenziale e la Corte,non avendo precisato la sua posizione a riguardo,rischia di creare un precedente pericoloso a cui po-trebbero appigliarsi tutti quei popoli e quelle mi-noranze etniche che rivendicano l’indipendenza dalloro Paese. Sicuramente il Kosovo rappresenta unarealtà sui generis, non tanto dal punto di vista giu-ridico quanto di fatto: sottoposto alle persecuzioniperpetrate durante il regime di Slobodan Milose-vic, ad un’amministrazione ad interim esercitata dal-l’ONU e in seguito dall’Unione Europea, si con-figura come un caso non assimilabile a nessuno diquelli che oggi tanto fanno preoccupare i governiin tutto il mondo. Ma resta da ricordare che il di-

ritto internazionale difende e tutela il principio d’in-tegrità territoriale degli stati sovrani e la mancanzadi una voce forte e autorevole che chiarisca le cir-costanze legate all’episodio specifico potrebbecondurre a temibili conseguenze. A Pristina, d’al-tra parte, la reazione al parere della Corte è stataentusiastica: Hashim aci, primo ministro ko-sovaro dal febbraio 2008, ha definito il 22 luglioun giorno storico, mentre il ministro degli EsteriSkender Hyseni ha dichiarato di aspettarsi dalla Ser-bia un tentativo di dialogo, precisando che “le di-scussioni possono aver luogo solo come discussionitra due stati sovrani, tra due vicini”. Da parte suail governo di Belgrado sembra non avere nessunaintenzione di tentare l’avvicinamento auspicato daHyseni: il presidente serbo Boris Tadic ha ribaditofermamente che il suo Paese non riconoscerà mail’indipendenza della ex provincia e continuerà lasua lotta pacifica e diplomatica per preservare l’in-tegrità della nazione.La questione insomma sembra essere tutt’altro checonclusa, anche se la discussione ufficiale si riapriràsolo a settembre quando, di fronte all’AssembleaGenerale dell’ONU, gli stati potranno discutereil parere della Corte e chissà se in tale circostan-za la linea guida tracciata dai giudici dell’Aja nonpossa riportare quei 5stati UE che ancora non ri-conoscono il Kosovo a rivedere le loro posizioni.

Flavia Romiti

aspettando il de Gaulle serbo,l’aja dice si

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“lo non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: senon quella che mi proviene paradossalmente dalnon averla o dal non averla voluta; dall'essermimesso in condizione di non aver niente da perdere,e quindi di non esser fedele a nessun patto che nonsia quello con un lettore che io del resto considerodegno di ogni più scandalosa ricerca." 

Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari

Si sa, chi non ha talento ne ingegno, ha duestrade: il silenzio vuoto o la citazione. Così ho deciso di cominciare questa, che vorreifosse una relazione e non un’isolazione, con le pa-role di un genio, un genio contemporaneo che alladomanda scelta come titolo, rispondeva: “Ioscrivo per abitudine, perché l’ho sempre fatto”.Vorrebbe essere questo il senso, scrivere non perqualifiche, non per dei ruoli, ma per denudarci,perché solo in questo modo, credo, si possa co-struire qualcosa. Solo sapendo, realmente, quelloche, chi abbiamo di fronte, pensa.Io scrivo perché sento di non avere voce. Comemolti della mia età. Il mutismo di cui soffre la no-stra generazione è un mutismo che mi stupiva, poiho capito, che da persone nate fra l’incidente delreattore di Cernobil e lo scoppio di Tangentopoli,l’assenza di voce, di una voce reale è il male mi-nore che ci si poteva attendere.Scrivo e , alle volte, non so bene neanche di cosa.Ma lo scrivo e così facendo, già, mi sembra di ca-pirci un po’ di più. Scrivo per non perdermi in ciò che viene scritto.Ecco perché scrivo e alle volte leggo, con le do-vute precauzioni.Non da sempre, da qualche tempo, più precisa-mente da quando non mi prendevo alcuna co-scienziosa premura nel farlo. Erano periodimovimentati senza alcun dubbio. Ricordoquando credevo che il nemico pubblico numero 1fossero i mercenari delle ditte private come laMPRI o la Sandline International e volevo andarea cena con Francesco Vignarca per saperne di più.Mitiche illusioni soppiantate poi dai problemi edi perché che hanno portato al crollo del Pci, quilo zampino lo mise Reichlin con “Il midollo delleone”, ma tempo dopo era come fosse già stata ri-solta, in qualche modo, perché Genchi e le sue ve-rità mi proiettarono su una misteriosa collinapalermitana, nei pressi del castello di Utveggio,un posticino appartato uno tra i preferiti dal Sismicome base operativa. Mi salvò il Nesi e mi riportòin Toscana, nella mia Prato, o meglio, quella d’untempo con il Barrocciai, ma neanche lì che ero acasa mi fermai così a lungo come avrei voluto.Vidi “La Bellezza e l’Inferno” raccontata da Sa-viano, ma poi dovetti correre ai funerali di AnnaPolitkovoskaja e guardare in faccia la realtà ce-cena, la Russia di Putin e il declino della pravdasotto i colpi del Cremlino. Il tempo di fare un ul-timo giro di giostra con Terzani e mi ritrovai , qui

L’eretico

Scrivere, perchè?

si per molto tempo, in Vaticano con Nuzzi a farei conti in tasca allo Ior. I primi cedimenti li ebbicon Baumann, il vecchio polacco mi aveva fattoentrare in un vortice nichilista dove tutto è ormailiquefatto e sfuggente, dove il potere , adattatosiad una nuova realtà postpanottica, gioca le cartedella deresponsabilizzazione. Poi presi la mia de-cisione. Lo ricordo bene, fu quando provai a leg-gere il Corano, ma la problematicità della radicejm nell’espressione ricorrente jam al-qur’an e iltermine hafiza spiegata da Alfred Louise de Pre-mare, mi fece assumere l’odierno atteggiamentod’approccio alla lettura. Sì perché i libri, come tutte le cose scritte ti met-tono subito sotto, in un inchino che dura fino al-l’ultimo pagina. Non si può pensare di leggeretutto, tanto meno di ricordarsi tutto, dovremmoimparare ad educarci, iniziando ad asciugarci,partendo dai nostri di eccessi. Ottimizzare il pas-saggio d’informazione in una società sempre piùcollegata e sempre meno comunicante. Ridurre alminimo i rischi manipolativi, cercando di ridurrea zero quelli coercitivi. Ma come tutte le cosescritte anche i buoni intenti restano lì o, quandosi realizzano, lo fanno sempre con costi altissimi.Dovremmo ridurre anche il parlare o quanto-meno il parlar male, lungimirante in questo sensoil Moretti di Palombella Rossa e la sua sfuriata sul-l’importanza del parlar bene. Il parlare può fun-

zionare, ma tende perennemente al basso, può es-sere contrattato e smentito, ma soprattutto le pa-role stanno perdendo il loro vero significato, illoro gusto originale, un po’ come succede al gustodella frutta che usano per fare i succhi per bam-bini.. Sì perché se nel parlare vi si ritrova il fascinodell’immediatezza e quindi , spesso, della sponta-neità, nello scritto risplende il fascino della riso-lutezza, di un qualcosa che, fosse anche solamenteper il tempo impiegato nel far scorrere la pennaper comporre le singole parole, merita qualche at-timo del nostro tempo. Ed è per questo chescrivo. Per distrarmi, molte volte proprio da mestesso. Scrivo perché odio la fotografia. Perché?Perché mente. Ci mostra spiagge assolate, cinteda mari azzurri e carezzate da venti morbidi. Epoi ti ritrovi pieno di borse frigo su una sabbiabollente, che il vento ti porta in bocca con schiaffiviolenti davanti a un mare in tempesta. Scrivoperché un giorno se potrò parlare non mi di-menticherò quel che avevo da dire. Scrivo perchéin fondo dopo tutte le parole, ciò che ci è rimastoera tutta roba scritta. Scrivo perché lo fa ancheAndreotti, ma alle volte penso che lui scriva robamolto più interessante. Scrivo e quando provo afarlo di pancia mi rimane sempre la penna inca-strata nell’ombelico. Scrivo e vi scrivo , nella spe-ranza d’ottenere qualche risposta.

edoardo romagnoli

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“Non ho mai conosciuto un uomo che vedendo i propri errori ne sapesse

dar la colpa a se stesso” (Confucio – I colloqui)

tutta questione di culo

C’è chi…crede di conoscersi, chi ha mille certezze,chi parte convinto, chi non lo è mai stato, chi tor-na confuso, chi ha i sensi di colpa, chi si sente tra-dito, chi è spensierato. Ed eccoci qua, l’Estate è pas-sata e Cogitanda torna come sempre, per i vecchie i nuovi lettori, a raccontare e a raccontarsi.Dopo i mesi che sono trascorsi e le tante vicendeche un’Estate inaspettatamente serbava può esse-re più difficile cominciare a scrivere. Quasi ci si di-mentica come in ogni lettera sia riflessa la nostraimmagine, come riempire una pagina bianca si-gnifichi guardare dentro se stessi….e tutto questointimorisce ma allo stesso tempo regala un sorri-so e una frenesia tale che le parole una dietro l’al-tra si “inseguono” perché hanno bisogno di esse-re scritte. Come un labirinto è la vita, una molte-plicità di scelte e prospettive. Imboccare la via giu-sta o anche solo quella che si vuole non è semprefacile. Anzi, nel labirinto perdersi è quasi la rego-la, basta una svolta sbagliata per ribaltare tutto il

proprio percorso. Spesso le intenzioni, le sicurez-ze non contano, non sono che un sottile filo diArianna capace di spezzarsi per averlo tirato controppa forza. C’è poi chi vede il labirinto come unrecinto in cui tutto mediocremente si ripete tra per-sone ormai “autoctone” che non sono state capa-ci di uscirne. Chi si sente solo in un labirinto di spec-chi e rimpiange gli errori ma non le scelte. C’è chidesidererebbe le ali per volare sopra ogni dubbio,chi sente di averle e si crede più forte ma poi la cer-tezza si dissolve, tutto si scioglie come al sole la cerae arriva il momento in cui si deve atterrare. Erra-re significa anche vagare, così è il vagare nel labi-rinto e dentro se stessi, perdersi e riscoprirsi in-terrogandosi. In Greco eremnòs significa oscuro,infatti nel momento in cui sbagliamo brancoliamonel buio e siamo sconosciuti anche a noi stessi. Er-rare significa anche scorrere perché gli errori si su-perano, si rimediano….ma si pagano. Arriva sem-pre,o quasi, il momento in cui la persona che i tuoi

errori colpiscono ti dice “guardati!” ed è in quel-l’istante che vedi un nuovo “tu” che non credevi,che non conoscevi, che non avresti mai voluto.Cari lettori, come ben potrete immaginare non saròcerto io a poter dare una soluzione a questo que-sito. Non posso indicarvi la strada giusta perché an-che io in questo labirinto più volte mi sono persae riscoperta. Forse è vero nessuno di noi sa incol-parsi degli errori commessi, ma la domanda che siaffaccia nella mia mente è:”Esistono davvero gli er-rori o sono invece scelte o esperienze inevitabili?”Di certo se non li commettessimo ci priveremmodi tante emozioni piacevoli e orribili, di sorrisi e la-crime, di allontanarsi e avvicinarci riscoprendosinuovi per perdersi di nuovo nello sguardo profondodi chi percorre con noi le strade tortuose di quellabirinto che costantemente rinnova e rende im-prevedibile ogni attimo della nostra vita.

Elisabetta Rapisarda

Poco tempo fa stavo ascoltando la radio, c'erano duetipi che parlavano di errori. Cercavano di farci cre-dere, a noi radioascoltatori, che sbagliare fosse po-sitivo. Un errore, dicevano, è solo il nome che dà la mas-sa alle idee che non riesce a capire.Così ho cominciato a pensare. Ho cercato di rias-sumere la mia vita in una sequenza di immagini, sa-pete, come fanno nei film. Ma chiaramente non cisono riuscito. Mi sono limitato allora a rievocarei miei errori.Uno dei primi ancora me lo ricordo alla perfezio-ne. Avevo undici anni, stavo dando il mio primobacio. Non so per quale assurdo motivo, ma cre-devo che in un buon bacio non si dovesse usare lalingua. Per un po' ci sono riuscito, ma poi ho ce-duto alla stanchezza. La mia lingua ha fatto capo-lino, ha dato un'annusata alla situazione e poi si èdata da fare. Che fesso, ho pensato. Stavo mandandotutto all'aria. Il bacio, però, era diventato inspie-gabilmente più bello e così decisi di perseverare.Quella sera non lo capii, ma in realtà non stavo sba-gliando un accidente: avevo solo scoperto il bacioalla francese.Forse quei due ci stavano vedendo giusto allora. An-che Fleming, se non sbaglio, mica voleva studiarele muffe giusto? Fece un errore, eppure scoprì la pen-nicillina. E non vogliamo parlare di Colombo? Uno che di-chiara di andarsene in India e si ritrova a scoprireun nuovo continente può solo che benedire ipropri errori.Non è male, credo, guardare gli errori da questo

punto di vista. Certo a primavista sembrerebbe solo unabanalissima apologia dell'er-rore, una paraculata tanto percapirci. Forse lo è, ma dopot-tuto credo ci sia un fondo diverità. Fermiamoci a riflettere. Il primo passo è quello di am-mettere che tutti, prima o poi,nella vita commettiamo unosbaglio. Ma fin qui niente dinuovo, anzi a ben vedere misembra di parafrasare Gesùnel celebre “ chi è senza pec-cato scagli la prima pietra”.Ad ogni modo per evitare bla-sfemie meglio lasciare la reli-gione fuori da questo articolo. Ecco, ammesso che tutti sba-gliamo, e questa era la parte fa-cile, ora bisogna fare uno sfor-zo di riflessione. Cos'è cherende uno sbaglio diverso da un altro sbaglio? L'en-tità forse. Alcuni errori durano per sempre, comei diamanti ( si, la mia mente è stata traviata da annie anni di pubblicità in tivvù). Altri invece si incasinano la vita solo per poco tem-po, a volte solo qualche istante.No ma non credo sia questo il punto, grande o pic-colo che sia un errore rimane sempre un errore.A ben vedere non credo che ci sia qualche criterioparticolare che permetta di classificare un errorecome positivo o negativo. Probabilmente è solo una

questione di grandi numeri. E' difficile, ma è sta-tisticamente possibile che da uno sbaglio nasca qual-cosa di buono, o addirittura a volte qualcosa di ge-niale come nel caso di Fleming e Colombo. Quello che non bisogna scordare è che per ogni Co-lombo e per ogni Fleming ci sono un'infinità di ano-nimi e ignoti Cristoforo e Alexander che dai lorosbagli non riescono a ricavare nulla di buono, netantomento di geniale.

dario de liberis

La vertiginosa pluralità del possibile

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Gli errori,la cosa peggiore che possa maicapitarci di fare. Commettere un erroreè ciò che più ti segna nella vita: muo-re qualcuno a cui tieni, è orribile,manon è colpa tua. Invece un errore lo faitu, non dipende da nessun altro. Gli er-rori che commettiamo noi ,qualsiasi er-rore,dal più futile al più rilevante,han-no per noi stessi la stessa importanza.La diversa intensità degli errori è datadalla reazione che hanno gli altri,a se-conda di quanto quella azione o scel-ta sbagliata abbia cattive conseguenzeper chi ci sta attorno. Questo fa sì cheun errore commesso da un politico perla comunità sia ‘peggiore’ di quello com-messo dal politico nei confronti di sestesso. A volte capita anche di essere vit-time degli errori degli altri,ma quando siamo sta-ti noi a cacciarci nei guai,l’errore ha un valore e unpeso maggiore. Perché? Perché abbiamo la possi-bilità di rimediare. Quando si ha sbagliato inqualcosa,è inutile piangersi addosso,ma scorciar-si le maniche e fare di tutto,ma proprio tutto il ne-cessario per rimediare, consapevoli che ciò ri-chiederà certamente del sacrificio e tanta forza.Queste riflessioni sono nate quando,dopo tre lun-ghi, lunghissimi mesi, finalmente finii il libro checi aveva assegnato la prof di italiano per rovinarcil’estate – e,per la cronaca,ci riuscì benissimo. Par-lo di “Delitto e castigo” di Dostoevskij, titolo se-condo me poco equilibrato,visto che il libro nonè diviso equamente in delitto e in castigo: a mio pa-rere doveva chiamarsi “1/6 di delitto e il resto dicastigo”,visto che solo le prime cento pagine sonodedicate al primo argomento, mentre e il rimanenteparla dello stato di angoscia,apatia e a tratti deli-rio in cui cade il protagonista. Nonostante non siaun libro allegro,né leggero,mi ha insegnato qual-cosa di importante : mi ha fatto capire il peso chehanno gli errori sulle persone. Un errore commessoin un momento in cui non eri nemmeno tu,in unistante nel quale non stavi neanche pensando, puòdavvero cambiarti la vita. Ma mi ha fatto anche ca-pire che c’è un modo per cambiare le cose,se non

Quattro chiacchiere davanti ad un caffè

1) Il cultore dell’AmuchinaSuppongo che l’errore è l’unica scelta possibile. Tisvegli la mattina e il caffè non lo prendi regolare,ma corretto con lo zucchero. Peggiora il giudizioper chi sceglie il macchiato, sebbene ho compas-sione per i “macchiato caldo”, perché il cerchiobianco è morbido, come una reminescenza del cu-scino abbandonato per correre dietro al tram. Ilpeggiore errore della mattina è sentenziare “mac-chiato freddo grazie”. Come si può uccidere il bol-lore della tazzina con il latte ghiacciato? Odioaccettare la comodità di un caffè pronto da bere.Meglio aspettare qualche secondo e magari scot-tarsi le papille nel dubbio di essere pronti.2) Il vagabondo ricco di famigliaItaliani che bevono cinque caffè e li cercano anchenelle terre che stillano tazzine di “brodaglia allaliquirizia”, seguite un fiume diverso da domanimattina, accettate l’errore della preparazione,della tostatura del chicco spaccato e troppo di-luito. Se l’esigenza è svegliarsi, perché esigere laperfezione senza aver provato a diluirsi tra le brac-cia della strada? Me lo chiedo perché i perfezio-nisti sono bestie, cani da corsa drogati.3) La casalinga sposata con il venditore di autoNon sbaglio mai, digiuno e niente tazzina. D’al-tronde il chicco di caffè è grasso, non aiuta laforma fisica. Me l’ha detto la compagna del pro-prietario della profumeria nella traversa di CorsoItalia davanti la chiesa del Suffragio. Poi è danno-sissimo, reazioni a catena disastrose si imposses-sano del mio corpo dopo averlo bevuto:nervosismo, voglia di fumare, tachicardia, biso-gno di gomme sbiancanti, ulcera. Di solito prefe-risco una bomba con la crema o una ciambella, ilfritto aiuta a metabolizzare le incazzature.4) Uno qualunqueSbaglio ad andare a lavoro, sbaglio a voler bene amia figlia che tanto mi dissangua. Un caffè la mat-tina così mia moglie impreca contro la macchi-netta che non si avvita, invece che contro di me.Un caffè non è mai un errore. Un caffè è per sem-pre, come l’ipertensione e i tatuaggi. Però daquando c’è la Red Bull, prendere otto caffè algiorno non mi diverte più. Dal nostro sondaggioemerge che l’italiano medio apprezza il caffè nellesue sfumature, fatta eccezione per la donna che

preferisce il fritto: chiara dimostrazione del-l’istinto autolesionista caratterizzante la popola-zione femminile. L’italiano accetta l’assunzionedella droga caffeina e i rischi correlati in cambio disana nevrosi necessaria a far girare…l’economia.In conclusione si può esprimere un parere freu-diano su come l’uomo tenda a sublimare, nell’attodel bere, l’ansia da prestazione causa rifiuto: la

pulsione delle 10.30 o dei dopo pasto è trasferitanel bacio sulla ceramica della tazzina, fenomenodella “dama bianca”. Inoltre il rito della tazzina siricollega al teatro greco, per la sua funzione ca-tartica: la paura di annichilirsi a causa di una quo-tidianità error-free spinge il genere umano aricercare l’errore nel “caffè di troppo”.

Agnese Curti

Gli errori

ci si rassegna al dolore, alla solitudine e al rimpianto.Un modo doloroso, crudele, scomodo,ma c’è. Laprima cosa da fare è ammettere di aver sbagliato.Questa è già un’enorme cosa e purtroppo veramentepochi ne sono capaci. Quando si ha la forza di far-lo,però, bisogna essere consapevoli che la gente nonsi fiderà più di te,che perderai la stima di coloro cheami e di conseguenza quella di te stesso. Ma,il bel-lo di quando si tocca il fondo,è proprio che da lìsi può solo risalire,ma naturalmente il fatto di tro-varsi più in basso implica anche che la scalata saràpiù dura. Ciò è esattamente quello che accade quan-do Raskòl’nikov confessa il suo crimine a Sonja: conquesto suo atto di coraggio, inizia la sua ‘redenzione’.E Raskòl’nikov perde molto dopo la confessione:stima,amici,e,soprattutto,la sua libertà. Ma non Son-ja: magari lei non lo stima più come una volta,mal’amore vero che prova per lui la spinge comunquea seguirlo in Siberia. E’ stato proprio quest’amo-re,un amore vero, che ha spinto Raslòl’nikov a con-fessare. Consapevole che avrebbe sempre avuto leimentre tutti gli altri lo avrebbero abbandonato e,spinto dalla volontà di essere all’altezza dell’animapura - anche se peccatrice di prostituzione -dellaragazza , il ragazzo confessa gli omicidi commes-si e ricomincia a vivere.

Rachele Petillo

coGitanda

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26 ottaVa nota

John Frusciante: l’antieroe della chitarraUno dei “loser” più caratteristici e famosi degli anni ’90, la cui immagine è

entrata ormai nell’immaginario collettivo.

John Frusciante è un icona. Un’icona strettamentelegata alla sua chitarra, lo strumento che gli per-mette di creare un collegamento tra ciò che è ter-reno e ciò che trascende ogni materialità. Lamusica che produce è un canto a due voci; la suae quella della chitarra, che assume un ruolo quasialchemico, mistico e soprattutto di redenzione.Un elemento metafisico prima che musicale. Sem-bra difficile riconoscerlo al di fuori di un conte-sto peppersiano tuttavia egli è un’anima inquieta,alla continua ricerca di sensazioni, stati dellamente, paesaggi interiori. Le sue canzoni ben ri-flettono questo frenetico, a tratti frustrante, desi-derio di eternare le emozioni, belle o brutte chesiano, e questo anelare ad un sommo equilibrio,spesso assente nel passato del chitarrista, con con-seguenze spesso drammatiche. Fin dagli esordi, nel disco “Mother’s Milk”, Fru-sciante si è mostrato come un musicista carisma-tico, capace di influenzare il suono di una banddall’importanza storica non marginale come i RedHot Chili Peppers. La sua forza non sta di certonella tecnica ma piuttosto nella capacità di ema-nare emozioni con il semplice suono di una nota.Di certo è uno dei chitarristi più rappresentatividegli anni ’90. Frusciante è stato, insieme a KurtCobain, un antieroe della chitarra, in aperta op-posizione a musicisti più egocentrici e magnilo-quenti come Slash, Dave Navarro, KirkHammett, che riscuotevano in quel periodo ungrande successo. Il primo lavoro da solista vienepubblicato nel 1994, due anni dopo la sua clamo-rosa dipartita dai rossi peperoni, in quel momentoall’apice della fama; un gesto che segnerà indele-bilmente la vicenda del chitarrista, come quelladella band losangelina. Frusciante si trova cosìsolo nel suo mondo, dove può perdersi indistur-bato nelle passioni e nei vizi che iniziò a coltivarecon i Peppers. Sono otto le overdose che lo colpi-scono nel periodo lontano dal gruppo; anni ditormenti, di dolore solitario, attenuato unica-mente dagli effetti dell’eroina. Rinchiuso nella sua

casa, tra musica e droga, John dà libero sfogo alsuo animo ferito, deluso e gracile. È qui che si for-gia la sua poetica, impregnata di morte e sesso, masenza veri e propri slanci catartici. Il primo lavorodi Frusciante, “Niandra LaDes & Usually Just AT Shirt”, è un canto di libertà sconfinato. E’un’opera che parla da sola, risultando spesso stra-niante e stordente, ma esprimendo in modo unicole sensazioni taglienti e degradanti provate dal-l’artista. I brani che compongono il disco sonocome un affresco, un desolante distillato di deca-denza, espressa eloquentemente dai teatrini follidi Frusciante che ci mostra il suo totale disordinementale. Sono pochi i musicisti che si sono im-mersi in un intimismo e sincerità tali. Da questopunto di vista, l’opera non ha nulla da invidiare ailavori più riusciti di Neil Young, ma anche aiviaggi folli di Syd Barrett. “Niandra LaDes” è unalbum che viaggia fuori dal tempo; sregolato edaffascinante, è certamente il capolavoro di JohnFrusciante. Probabilmente la maggior parte dellepersone non troverà alcun piacere nell’ascoltarequeste folli ballate; ma leggendo tra le righe si puòtrovare conforto ascoltando la libertà che volanell’aria intorno a noi. Con il declinare dell’im-pegno e dell’interesse e con l’aumentare dei pro-blemi personali la musica di Frusciante perdepesantemente qualsiasi valore artistico. Il discosuccessivo “Smile From e Streets You Hold” èstato prodotto solo per poter guadagnare i soldinecessari a comprare altra droga. Con il successivo ritorno nei Red hot chili pep-pers, la vita di Frusciante cambia radicalmente.Oltre a disintossicarsi, egli ritrova, almeno par-zialmente, un motivo per vivere, qualcosa che lotrascini fuori dal baratro della morte in cui ha ri-schiato di cadere. Sono l’amore per la musica el’amicizia a riportarlo in vita. Ma questa rinascitanon è per niente facile. Al di là di “Californica-tion”, che lo ritrae in vesti fin troppo candide, è ildisco del 2001 “To Record Only Water For TenDay” a darci un ritratto dettagliato del nuovoJohn Frusciante. Troviamo un uomo che fatica aritornare alla vita di prima, trovandosi come le-gato ad una catena che lo trascina inesorabil-mente, impedendogli di scegliere quale viapercorrere nel futuro. Ne è un manifesto “Going

Inside”, un vortice subliminale di frustrazioni epaure. Tre anni dopo arriva “Shadows CollideWith People”, primo disco prodotto in un vero eproprio studio di registrazione e con una band adisposizione. Sono infatti Flea e Chad Smith,oltre a Josh Klingoffer, a suonare per John. Que-sto fatto influisce non poco sul suono del disco,sicuramente più disteso e godibile del precedente,ma anche molto più ampio, a livello di influenzee stili. Ciò che però stupisce sono tre pezzi stru-mentali; tre deliri elettronici che ben illustranoquanto si siano estese le competente e la voglia ditrovare nuove vie dell’artista. Un lavoro che ciconsegna un John finalmente sereno ed in pacecon se stesso. È il terzo ed ultimo disco esisten-ziale della sua carriera. Esistenziale in quantoesprime l’essenza e la vita dell’autore. Dopo il de-clino di “Niandra…” e la rinascita di “To Re-cord…”, arriva finalmente la vita nuova di“Shadows…”. La molteplicità e varietà del quartodisco si esprimono ancora più chiaramente nellaRecord Collection, sei dischi pubblicati tra il giu-gno 2004 e il gennaio 2005. Un progetto arditoquindi, che a tratti ha fatto inciampare il buonJohn, ma ha saputo anche mostrare l’estrema ver-satilità del chitarrista, che si cimenta qui in diversistili musicali, dal pop rock semplice alla psiche-delica, dal folk all’elettronica. Lo slancio creativo di Frusciante non sembra an-cora arrestarsi. Il 20 gennai del 2009 esce così “theempyrean”.Il disco riporta all’intimismo primordiale, ampli-ficato dal materiale pregiato di cui John si serve:esempio ne è la cover di “Song to the syren” presain prestito da Tim Buckley. L’album è pieno dispunti e di brani interessanti, ma lascia veramentesenza fiato se ascoltato a tarda ora, in un luogobuio e con la mente vuota. Insomma, John Fru-sciante è uno di quei geni che non possono man-care nella playlist di nessuno. Decisamente ungenio.

andrea buccoliero

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27artiFicio

Inaugurando, anche quest’anno, una nuova sta-gione per la rubrica Artificio, si prospetta comesempre un nuovo percorso, fatto di lavoro di ungruppo, curiosità intellettuale, riflessioni ed ap-profondimenti. L’invito è rivolto a tutti gli aman-ti degli innumerevoli volti dell’Arte. “L'arte: lagrande creatrice della possibilità di vivere, lagrande seduttrice della vita, il grande stimolan-te per vivere”, Friedrich Nietzsche. L’arte è libe-ra, un concetto che guarda a formule sempre nuo-ve, che genera risposte estremamente individua-li; l'arte è strettamente connessa alle emozioni, percui le espressioni artistiche sono tutte indistin-

tamente destinate ad essere interpretate ed ela-borate intimamente, soggettivamente. Mostre,musei, eventi, professionisti affermati od esor-dienti, dalla tradizionale arte figurativa fino a quel-la multimediale, passando naturalmente attra-verso fotografia, fumetto e tutto quant’altropossa, nel variegato mondo dell’arte, attirare lanostra curiosità. La nostra rubrica ha l’ambizio-ne di ospitare tutto questo: vuole essere uno spa-zio, per tutti gli studenti della nostra Universi-tà, in cui tener vivo l’interesse per tutto ciò cheil mondo artistico può significare. Questo po-trebbe essere – lo sarà con molta probabilità – il

Gocce d’arte

mio ultimo anno al timone di questa rubrica, di cuiho avuto certamente molta cura, come ne si ha ditutte le cose che ci appassionano davvero. A chi,dopo di me e come me, avrà la fortunata opportu-nità di collaborare con i ragazzi di 360 gradi,guardo con un po’ di benevola invidia…! Parteci-pare sarà non solo un’esperienza appagante per chiha velleità di scrittore, ma anche e soprattutto mol-to piacevole, perché vi vedrà collaborare con ragazzisempre in gamba e pieni di iniziativa. A tutti coloroche intraprenderanno questo percorso… Buonviaggio!

Mariafrancesca Tarantino

La stanca calura settembrina segna ormai da tem-po, per noi di ARTIFICIO, il preludio a inevita-bili cambiamenti.Impossibile sottrarsi ad un destino cui ogni ope-ra umana è condannata: per quanto bello e volut-tuario, tutto annoia, tutto si usura.Ma si badi bene, ciò non significa che siano a noipreclusi quei sottili, arguti espedienti capaci, se nonproprio di evitare, quanto meno di ovattare, conquella morbida sensazione di fragrante novità, l’ine-luttabile ruvidità di un quid che, per quanto in-tensamente amato, iniziamo a percepire comeuna sorta di opaco cimelio.Ed eccoci dunque, timorosi più che mai della cru-deltà del tempo e dei suoi segni, maggiormente sot-tolineati da un clima di freschi bollori (ossimoroche prende immancabilmente corpo ad ogni aper-tura di un nuovo anno accademico), a rinnovare perquanto possibile un prodotto che l’affetto chia-merebbe a preservare intatto, ma che il trascorre-re di sessioni e semestri impone di ammodernare.Spazio dunque alle novità. Novità che consistonoin nuovi percorsi, nuove tematiche e parametri coni quali appropinquarci al mondo della bellezza, con-sapevoli del fatto che talvolta un’inopportunaprospettiva può mortificare anche la più sublimedelle opere.Le chiavi di lettura delle nostre rubriche mensilisaranno quindi le cosiddette GOCCE D’ARTE,minuscole entità opalescenti che compongono, cia-scuna, la complessa trama di un’opera d’arte... mache sono in realtà esse stesse, singolarmente, dei ca-polavori a sé, capaci di dar vita a tematiche artisticheindipendenti e, allo stesso tempo, fortemente in-terconnesse.Diamo dunque inizio a questo seducente percor-

so, sperando che il fascino esercitato su di noi daun’idea talmente ardita e dai contorni così elasti-ci e indefiniti, possa anche suscitare in chi legge,se non un eguale trasporto, quantomeno un impetodi salutare curiosità.IL COLORELinguaggio in codice tra occhi e animaHo scelto questa “goccia” come prima tappa del-la nostra rubrica perché credo fermamente che sel’arte visiva venisse paragonata a quella letterariasarebbe necessario assegnare al colore la colloca-zione che spetta all’alfabeto nei riguardi dellaprosa: base imprescindibile, nonché elementocostitutivo e caratterizzante.Con le infinite sfumature che inframmezzano i sem-pre amati colori primari, a loro volta moltiplicatidalle carezze o violenti accenti di luci e ombre,come da curve o asperità di superfici e materiali,il colore si erge quale interprete trasversale in quel-le aeree misteriose e insondate adibite al dialogotra i nostri sensi.Da secoli l’uomo ha imparato a conoscere e sfrut-tare i delicati poteri che l’elemento cromaticoesercita sui piani più diversi.La giusta intensità di rosso è capace di accenderenell’altro sesso l’impeto del desiderio (non a casole donne dipingono labbra e unghie prevalente-mente con questa tonalità da tempo immemore);a molti sono note le grandi proprietà distensive erilassanti di particolari punti di blu (“oltremare”,secondo gli esperti, amanti del cosiddetto “lin-guaggio da catalogo per arredamento d’interni.. ilquale per inciso viene sempre più di frequente adot-tato anche da stilisti e ingegneri edili).Insomma, un’autentica miniera di sensazioni so-pite tra gli anfratti più reconditi dei colori dell’iride,un bacino inesauribile cui designer, grafici pub-blicitari e finanche proprietari di iperbolici centribenessere non fanno altro che attingere, alla ricercadi nuove tonalità cui affibbiare nomi dall’efficaciamnemonica irrisoria (ricordo ancora le insor-montabili difficoltà per riportare alla mente la mi-steriosa entità rispondente alla dicitura “ Terra diSiena “ o “Carta da Zucchero”.. per non parlare delcriptico “Crocus” , nel quale mi sono inopinata-mente imbattuta sfogliando un catalogo di bian-cheria intima femminile!) e cui collegare miraco-losi effetti, tutti riconducibili all’immenso calde-

rone, non meglio definibile, della cromoterapia.Difficile infine, se non impossibile, sembrerebbe iltentativo di offrire una panoramica sintetica rela-tiva all’uso del colore nel corso delle più significa-tive epoche pittoriche.Ritengo tuttavia individuabili, su vasta scala, tre tap-pe emblematiche attraverso le quali il colore ha as-sunto funzioni e ruoli differenti, ma sempre stru-mentali a ciò che di volta in volta l’artista miravaa trasmettere.Prima tappa è quella del COLORECOME SIMBOLO, parallelismo che risulta pa-lese in tutte le opere d’arte, di stampo prevalente-mente religioso, che affollano gli anni dal ‘300 al‘500: santi, apostoli e personaggi biblici di rilievosono contrassegnati ciascuno da una precisa to-nalità, mediante una correlazione biunivoca basatasu elementi emotivi o esoterici di atavica (e spes-so pagana) origine, ma che col passare dei decen-ni si radica nella tradizione divenendo un patri-monio quasi indistinto dai dogmi della cristiani-tà.. Fondamentale è poi l’epoca del COLORECOME SENSAZIONE, nota a tutti come Im-pressionismo. Artisti audaci e indomiti liberano ilcolore dal giogo delle convenzioni rappresentati-ve, mirando, più che a rappresentare il reale, ad evo-carne la percezione. In ultimo l’epoca contempo-ranea, del COLORE COME FORMA. Operesempre più ermetiche ed essenziali, al punto da spo-gliarsi di qualsiasi elemento altro rispetto allapurezza della singola macchia di pittura.Un viaggio denso di significati molteplici, mache ha consegnato intatta ai nostri tempi la con-sapevolezza di quell’immenso potere racchiuso inpiccoli, preziosi pigmenti.

Tiziana Ventrella

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28 cineMa e teatro

Si parte!

La solitudine dei numeri primi

Si parte! L’estate è finita e si riapre un nuovo anno,intenso, ma speriamo anche pieno di soddisfazio-ni, qui alla LUISS.Come prima cosa dedichiamo un grande in boc-ca al lupo alle matricole, augurandoci che vivanoa pieno la vita universitaria e , perché no, collabo-rino anche con il nostro giornale.La rubrica “Cinema e Teatro” si occuperà duran-te l’anno di proporre alla vostra attenzione spettacoliteatrali di ogni genere e recensioni cinematogra-fiche, con lo scopo di informarvi sulle novità pro-poste dai teatri e cinema romani.Ma rivolgiamo ora lo sguardo alla appena trascorsaestete 2010: come hanno passato le serate gli ap-passionati di cinema e teatro che sono dovuti ri-manere a Roma nonostante le alte temperature?Anche quest'anno la splendida cornice delle Ter-me di Caracalla ha fatto da scena agli spettacoli delTeatro dell'Opera.Nel cartellone Romeo e Giulietta di Shakespeare,musiche di Prokof 'ev; l'Aida e il Rigoletto di Ver-di.Le Terme , da settant’anni sono un luogo caro airomani e ai turisti per la magica atmosfera che sirespira in quelle serate trascorse alla luce dei suoispazi verdi, tra ruderi imponenti e i richiami di unastoria millenaria. E in questa cornice unica di an-tichità il Teatro dell’Opera, insieme con l’Orche-stra, il Coro e il Corpo di ballo, ambienta da annii suoi spettacoli estivi. Spostandoci verso il quartiere Flaminio, entriamoa villa Borghese dove, al suo interno troviamo l’uni-co teatro elisabettiano in Italia: il Globe eatre.A partire dal mese di luglio sono andati in scenavari spettacoli shakespeariani:“I due gentiluomini di Verona”, “Molto rumoreper nulla” “La bisbetica domata”“ Sogno di una notte di mezza estete” e infine, conla regia di Giorgio Albertazzi: “La tempesta”Passiamo ora a parlare della programmazione deifilm in uscita a settembre e ottobre perchè, si sa,l’estate, con le sue belle giornate non si adatta gran-chè all’ambiente chiuso di una sala cinematogra-fica.A chi piacciono le commedie proponiamo “Amo-re a 1000 miglia” con Drew Barrymore, un filmin cui sarà possibile riconoscersi soprattutto per

coloro cui è capitato di avere una storia d’amorea distanza. Dal 17 settembre troviamo nelle sale“Mangia, prega, ama”, dove Julia Roberts torna alcinema nei panni di una divorziata disperata allaricerca di se stessa.Per chi, invece, è più attratto dal genere dram-matico, informiamo che il 10 settembre è uscitonelle sale “La solitudine dei numeri primi” trat-to dall’omonimo bestseller di qualche anno fa. Infine per il genere avventura è consigliata la visione

di “Innocenti bugie” con Tom Cruise e CameronDiaz al centro di un intrigo internazionale iper-bolico e farsesco.Concludo augurando a tutti gli studenti (vecchie nuovi) un ottimo anno accademico e una buo-na visione!

Giulia [email protected]

Un impenetrabile e la-birintico percorso nel-l’introspezione, un viag-gio, lungo una vita, neimeandri dell’animoumano, l’emozione, laperenne ricerca di unposto nel mondo di cuinon ci si sente di farparte, la vivida speran-za di riuscire a non sen-tirsi più soli. Sono que-sti temi a diventare protagonisti di uno dei miglioriscritti della letteratura e del cinema degli ultimitempi. A due anni dal romanzo firmato dal gio-vane scrittore Pietro Giordano, e il regista Save-rio Costanzo a portarne in scena il contenuto e asiglarne l’uscita per il 10 settembre in tutte le saleitaliane. Un tuffo nella realtà così come si presentaai nostri occhi oggigiorno; quasi un monito direttoad un pubblico giovane, a quella nuova generazioneche fa sempre più fatica ad emergere e trovare unacollocazione sicura in un mondo che di sicuro nonha niente. Due storie che viaggiano sulla stessa lun-ghezza d’onda, due ragazzi, Mattia ed Alice, cre-sciuti forse troppo in fretta; due vite segnate dal-la volontà di fuggire dal mondo e dalle sue brut-ture rifugiandosi in una realtà fatta di idee e di so-gni. Non la piatta e monotona storia di adolescential loro primo amore come ci ha abituati il bruttocinema degli ultimi tempi, ma di ragazzi nel loropercorso di crescita da bambini ad adulti che sem-brano accettare passivamente ciò che gli viene of-ferto senza guardare alla vita con entusiasmo osguardo disincantato, con la speranza di prende-re in mano le redini della vita, speranza che vie-ne del tutto disattesa. “Aveva imparato a rispettareil baratro che lui aveva scavato tutto intorno a se…anni prima aveva provato a saltarlo quel baratroe ci era cascato dentro… ora si accontentava di se-dersi sul ciglio con le gambe penzoloni nel vuo-to”. Si parlava prima delle vite dei protagonisti comedi due vite parallele e tristemente simili; Mattia,isolato dapprima dalla società, umiliato e non ac-

cettato dai suoi coetanei per la presenza della so-rella più piccola affetta da una grave sindrome diritardo mentale, finirà con il rifiutare egli stesso l’in-terazione con gli altri, sperimentando la vera so-litudine e rifuggendo ogni forma di comunicazione.Del pari Alice, claudicante in seguito ad un inci-dente sciistico porterà per sempre con se i segni diquesta invalidità dapprima cadendo nell’anoressia,poi sviluppando un rapporto conflittuale con il pa-dre. Come scrive l’autore del romanzo, a cui il filmè ispirato: “i numeri primi sono divisibili soltan-to per uno e per se stessi […] sono numeri sospet-tosi e solitari e per questo Mattia li trovava mera-vigliosi. Certe volte pensava che in quella se-quenza ci fossero finiti per sbaglio. Altre volte, in-vece sospettava che anche a loro sarebbe piaciutoessere come tutti, solo dei numeri qualunque, mache per qualche motivo non ne fossero capaci”. Eda questo emerge l’incomunicabilità, il nuovo maledel secolo, e da qui la solitudine e l’incapacità diadattarsi agli schemi propinati dalla società. Tutto perfettamente emblematizzato dalla meta-fora dei numeri primi gemelli, che diventano piùrari man mano che si procede nella numerazionee sono comunque sempre separati da un numeropari (es. come l’undici e il tredici, il diciassette edil diciannove “vicini ma non abbastanza per po-tersi toccare”); ecco, i protagonisti sono due nu-meri primi gemelli, chiusi nella loro vita votata al-l’isolamento, ma destinati ad incrociarsi sul lorocammino.La critica è stata notevolmente ingenerosa verso l’au-tore del libro, ricordiamo vincitore del Premio Stre-ga nel 2008 e del Premio Campiello, giudicato damolti un’esasperazione di temi già forti e sentiti nel-la coscienza individuale, ma Giordano non è l’au-tore di parole eccessivamente sofisticate; anzi, lesue parole sono come frecce che scagliate al mo-mento giusto raggiungono la sensibilità del lettore. Ciò che resta da chiederci è: Costanzo si sarà di-mostrato all’altezza del capolavoro già acclamato? E agli spettatori, questa volta, l’ardua sentenza.

eleonora la rocca

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29LiFeStyLe

riprendere Berlino

Fuori dall’enorme finestradella caffetteria turca il cieloè grigio. La strada, però, è un inarre-stabile caleidoscopio di co-lori. Milioni di biciclettesfrecciano accanto al mar-ciapiede, molto più perico-lose per gli indifesi pedonidelle grosse auto - tutte ri-gorosamente tedesche. Ogni persona sembra venireda un pianeta diverso. Il vi-vace turbinio di veli griffatisulla testa di giovanissimeragazze turche crea un sin-golare contrasto con il nero borchiato delle giac-che di punk attempati che tracannano birra ap-poggiati ai muri, e il tutto è perfettamente intonatoal fucsia fluo degli occhiali delle turiste inglesi. Il negozio vintage all’angolo sta aprendo i batten-ti, e già una piccola folla si accalca all’entrata. Que-sta è Kreuzberg, l’Istanbul tedesca. Ma bastaqualche fermata di U-Bahn, la Untergrund berli-nese, ed eccoci tornati in pieno occidente: c’è Po-stdamer Platz con i suoi grattacieli ultramodernie i futuristici centri commerciali, c’è il KaDeWe diSchöneberg, in cui una volta varcate le grandi por-te a vetri non rimpiangerete neanche Harrods, c’èCharlottenburg con mille e più H&M dalle vetrineipnotiche. Berlino è pronta a soddisfare qualsiasi inclinazio-ne in fatto di shopping, e non solo. Se pensate che Roma sia una città che non dormemai, dovrete ridefinire il significato di questaespressione dopo aver sperimentato le settandue oredi musica non stop al Berghain, dove i reduci del-le prime gloriose Love Parade degli anni ’90 si fan-no largo a fatica nella pista tra le nuove leve di ra-vers (e non) che da tutto il mondo vengono qui perascoltare la migliore techno d’Europa. Ma queste sono solo chiacchiere da guida turisti-ca. Nessun libro ti dice le cose che avresti davvero bi-sogno di sapere quando sbarchi a Tegel con tantaitalica baldanza nel cuore e venti (ventuno) chilidi vestiti in valigia. Innanzitutto scordati i tacchi. Le selezioni all’in-gresso delle discoteche vengono fatte apparente-mente in base a criteri opposti a quelli italiani: piùelegante sei e più è probabile che non ti faccianoentrare. Eppoi quale WonderWoman potrebbe bal-lare aggraziatamente dalle due del mattino all’unadel pomeriggio seguente su un tacco 12? Nessuno ti dice, inoltre, che la splendida bici“vintage” (leggi rubata) che compri al mercatinodomenicale di Mauerpark per quaranta euro - ri-promettendoti con fervore religioso di usarla ognisingolo giorno - non è dotata di normali freni, ben-sì di freni a pedale.

gire alla vista di due gracili nonnine con tanto dicagnolino, non stupirti. Anzi, se non hai il biglietto è il caso di unirti allafuga generale. Lo stesso vale se al posto delle vec-chiette ci sono punkabbestia, donne incinte o Bab-bi Natale fuori stagione. I controllori sono in bor-ghese, e interpretano il concetto di “in borghese”in modo davvero fantasioso – diversamente dalconcetto di “multasalasso”: quella è una faccendaserissima. Ma la cosa a cui niente e nessuno potrà mai pre-pararti è il modo fisico e violento in cui Berlino ticolpisce e ti seduce, che tu sia la reginetta del bal-lo della scuola o uno squatter partito in autostopsenza prospettive di ritorno. Come disse anni fa un certo Presidente america-no sullo sfondo di una città divisa, Ich bin ein Ber-liner!

martina monaldi

Tempo di imparare ad usarli avrai già investito unadozzina di passanti, e il proposito di abbandona-re per sempre la metro comincerà a venire meno.Ah, riguardo la metro. Se durante il viaggio vedigruppi di ragazzi cominciare ad agitarsi e poi fug-

Scegli oggi chi esserequest’inverno!...senza annegare nella malinconia estiva.

Sì lo so che l'estate è ap-pena finita e l'idea ditornare sui libri e tra lesolite mura dell'univer-sità vi sconforta più del-la vista di un paio diJimmy Choo superscontate di cui sono di-sponibili TUTTI i nu-meri tranne il vostro; eche la parola "inverno"non vorreste sentirlanominare se non tra 2mesi (lasciamo almenoche l'abbronzatura se ne sia andata...!!). Ma se viparlassi di moda invernale, dei nuovi meraviglio-si capi, accessori e colori che, nonostante il fred-do e la pioggia, riempiranno di sfizi le nostre gior-nate, vi farei sentire meglio? Nella speranza che sia così, vi informo subito sul-le nuove tendenze. Innanzitutto dimenticatevi illook da donna fatale fatto di borchie e scarpe conil plateau che hanno spopolato quest'estate per pas-sare ad uno stile decisamente "bon ton", ricco di det-tagli eleganti ma semplici, impreziositi da pizzi ecristalli. Il tutto condito da un netto gusto retrò, evidentedall'uso di velette per i cappellini stile anni '20 checi rendono sì tutte brave ragazze, ma sempre con

un velo di seducente mistero. Un' altra novità del-l'inverno 2010 sarà l'uso di piume, tessuti di pel-liccia e cammello per cappotti, gonne e borse cherenderanno caldissime le nostre piovose serate.E per i colori?? Intramontabile ovviamente ilnero e le giacche in pelle black, adatte a qualsiasioccasione, questo inverno le passerelle hannoriempito le loro sfilate con tutti i toni del beige, per-fetto tra l'altro in questo periodo che la nostra pel-le ancora abbronzata ne esalta magnificamente ognisfumatura, dal più chiaro color carne al dorato scin-tillante. Ma il vero protagonista di questa stagione sarà ilrosso! Una volta lo si vedeva principalmente su lus-suosi e provocanti abiti da sera (indimenticabile lasbrilluccicosa mise di Jessica Rabbit), ma quest'annodivertirvi a usarlo praticamente per tutto: vestiti-ni, cappotti, scarpe, cappelli e ovviamente...rossetti!!In effetti quale miglior dettaglio di due labbra in-fuocate per riflettere il ritorno al bon ton e al-l'eleganza di una volta? E allora ragazze, siete pie-ne di alternative: dal fascino retrò dei rombantitwenties, allo stile prorompente delle pellicce e deivestiti dal collo piumato, di una cosa dovete esse-re certe: quest'inverno potrete essere chiunque vo-gliate.

alisia sansoni

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30 caLcio d’anGoLo

estate al calcio

E vinse la Spagna. Per provare a ripartire e dare nuo-vo vigore al nostro calcio in evidente difficoltà laFederazione sceglie Prandelli, allenatore intelligente,generoso e col sorriso. Sono esattamente queste lecaratteristiche che si chiedono ( e che lui stesso chie-de) alla Nazionale. In una della prime conferenze“Cesarino” ,come lo chiama il maestro Trapatto-ni, ha così riassunto il concetto: “chi arriva in az-zurro ha già ricevuto tanto, ora è il momento di daretanto”. Il debutto con la Costa d’Avorio possiamolasciarlo in secondo piano, la strada intrapresa èquella giusta, perché è quella maestra in questosport: pensiero fisso rivolto alla qualità. Infatti ungruppo compatto può trasformare tanti campio-ni in una squadra vincente ma non è dato l’inver-so: non si può ciecamente confidare che unasquadra mediocre faccia miracoli solo perché uni-ta nello spogliatoio. Questa è la lezione del mon-diale sudafricano.: il Signor Gruppo non segna néfa le giuste diagonali difensive. E poco importa chegli uomini simbolo, gli ambasciatori del bel calcioparlino barese, abbiano accento bresciano come Ba-lotelli o mezzo brasiliano come Amauri. Con le sueprime convocazioni Prandelli dà agli Italiani unadoppia lezione, sportiva e civile, dimostrandoabilità nel comprendere i caratteri più significati-vi del calcio moderno: talento in campo, cosmo-politismo come vocazione. In Italia c’è una squa-dra che tale apertura mentale la ha nel nome, l’In-ternazionale ,ovviamente, che, non a caso, viene dauna stagione trionfale. Il rimpianto sarà che, sal-vo sorprese ( iago Motta, Santon?) i campionid’Italia e d’Europa non forniranno alla Naziona-le nemmeno un elemento. La cessione al Man-chester City di SuperMario è questione controversa:scelta tattica, difficoltà gestionale o vantaggioeconomico? Pensiamo di poter scartare la primaopzione perché troppo forte il giocatore in que-stione. Di certo la maglia gettata sul campo dopoInter- Barcellona aveva almeno temporaneamen-te compromesso i rapporti tra giocatore , squadrae soprattutto tifosi.; ma la versione ufficiale (quella di Moratti) è un’ altra: cessione resa quasiobbligata in nome del fair-play finanziario che laUefa farà scattare dal 2012. Il mercato dell’Inter sipropone dunque di essere a basso profilo, cioè eco-nomicamente razionale. Il City degli sceicchi al con-trario è regina di spese in Europa, davanti a Real,Barça, Chelsea, Juve e… al Genoa di Preziosi! Il gio-cattolaio più imprevedibile del panorama italianoha rifatto (come ogni anno) il look al suo grifonecon –ad oggi- 10 acquisti e 8 cessioni- Ha del cla-moroso la posizione del Milan che del Genoa sem-bra addirittura divenuto satellite: Preziosi acqui-sta Boateng per 5,7 milioni e lo gira in prestito alMilan! Per i tifosi rossoneri l’incubo declino con-tinua… La rosa di Allegri può vantare non a casol’età media più alta della Serie A ( che tra i maggioricampionati è di per sé il più anziano): 29.6 anni peri diavoli che si avvicinano sempre più al pensio-

namento. Per gli amanti delle sta-tistiche anagrafiche il giocatorepiù anziano del prossimo torneosarà Antonioli ( Cesena,41) che re-sta però lontano dal recordmanBallotta (Lazio), che disputò l’ul-tima partita nel 2008 vantando 44primavere. Oltre al Genoa grandiattese ( e altrettanti incognite) perla Viola di Mihajlovic il quale do-vrà inventarsi un modulo che sap-pia fare a meno dell’infortunato Jo-vetic, per il Parma di Giovinco e ilNapoli di Cavani, tutte squadre chesognano da big. Proveranno a re-starlo la Roma che ha scommesso sull’Imperato-re dal sinistro ( e dal palato!) raffinatissimi e la Do-ria che ha cambiato tecnico ma non giocatori ( diZiegler, Pazzini, Palombo alla Juve, Cassano all’Internessuna traccia nonostante Studio Sport abbia an-nunciato tali trasferimenti ogni giorno per tre mesi,con poco rispetto ed evidentemente con nessunapresunzione di attendibilità).Ultime due que-stioni spinose e delicate sempre in primo piano: lamoviola in campo, la tessera del tifoso. Ad entrambedico un no motivato. L’arbitro di porta è auspicabile(magari il sensore per i gol fantasma), non così –a mio avviso- la richiesta da parte di allenatore ocapitano di far consultare all’arbitro un replay supiccoli teleschermi a bordo campo: questa una del-le innovazioni proposte con insistenza dalla Gaz-zetta dello Sport all’interno de suoi dossier “ Mo-viola, è ora!”. Partite più eque ( ma siete sicuri chei giudizi saranno sempre unanimi e senza doppiepossibili letture?) ma di certo meno coinvolgen-ti. Pensate ad interrompere la partita un paio di vol-te a tempo, per un paio di minuti, pensate a Cas-sano che segna di testa sotto la Sud nel derby: ti-fosi della Samp in delirio. Fermi tutti! E’ richiestala moviola: l’arbitro Tagliavento corre dal bordo-

campista, dà un’occhiata, torna in campo dopo unminuto, tutto ok, niente fuorigioco, riprendete afesteggiare…a me sa di farsa, di emozioni col te-lecomando. Se è questo che si vuole allora ben ven-ga anche il calcio spezzatino con partite al vener-dì, alla domenica ore 12.30, al lunedì: poi ci si la-menta che gli stadi sono vuoti! E si dice: sono vuo-ti perché sono vecchi… ma anche gli autobus sonovecchi eppure sono sempre pieni! Un tifoso se nefrega di stare scomodo, se è tifoso come lo inten-do io sente la necessità di andare allo stadio pro-prio come di prendere l’autobus. Infine questa fa-mosa tessera: qualche tempo fa era la volta dellaschedatura dei bambini rom, ora degli appassio-nati di calcio. E’ una schizofrenia della moderni-tà, questa di voler sempre tutto sotto controllo, coitifosi –in questo caso- censiti come fossero clien-ti ( peraltro, tra le righe, potenzialmente perico-losi). Peccato che cultura dello sport e civiltà piùin generale siano qualcosa che non si insegna conun banale censimento, come non s’insegna l’ordinecoi soldati nelle strade. Ma per fortuna si gioca, ebuon campionato a tutti! (in ricordo di MaurizioMosca).

matteo oppizzi

Il "bad boy" Balotelli, l'oriundo Amauri, un ri-trovato Cassano: sono questi i pilastri del nuo-vo corso Prandelli. Dopo mesi di polemiche con-tro la gestione Lippi, con tanto di cori e can-zoncine, la nazionale è finalmente rifondata. Mabastera un ringiovanimento repentino dell'am-biente per riportare gli azzurri ai fasti di un tem-po? La sconfitta del 10 agosto contro la Costad'Avorio dimostra che quello intrapreso dal tec-nico di Orzinuovi sarà un lungo cammino, ad imi-tazione di altre grandi nazionali, come l'Olandao la Germania. La nazionale di Loew, in parti-colare, con i suoi terribili "young boys" ha meri-tatamente conquistato la semifinale in Sudafri-

ca umiliando potenze mondiali come l'Inghilterrae l'Argentina. L'Italia, a differenza dei tedeschi,sembra non poter contare in un buon ricambiogenerazionale. Per poter tornare a vincere, bi-sognerà "lanciare" nuovi talenti, pescando di-rettamente dai vivai di grandi e piccole squadre.Un lavoro di gruppo, dunque. Senza addossarele responsabilità sul groppone di Prandelli nè tan-tomeno del suo staff. Perchè la nazionale cam-bi, occorre che ogni singolo club partecipi di-rettamente al cambiamento. Forse allora potre-mo ritornare a sognare.

gianluca puglisi

nazionale, l'esigenza di un cambiamento

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1 - Cosa vuol dire in concreto essere Rappresen-tante allo Sport in una Università come la Luiss?Quali sono i tuoi compiti e le tue responsabilitànei confronti dell'Associazione Sportiva?La Luiss è una delle pochissime Università ad averdato vita ad una vera associazione sportiva, con unapropria organizzazione ma sempre a strettissimocontatto con l'Ateneo; essere rappresentante deglistudenti all'interno di un'organizzazione che cre-sce sempre di più è un ruolo comunque di granderesponsabilità. Il mio compito è quello di permetterea tutti gli studenti di partecipare alle nostre attivitàsportive, promuovere eventi e ovviamente porta-re in Consiglio tutte le esigenze e le proposte del-la comunità studentesca. 2 - Un ruolo immagino comunque ricco di sod-disfazioni dati i risultati delle squadre Luiss:Basket maschile che disputa la finale dei play-offC1, calcio maschile per la prima volta al cam-pionato dilettantistico, calcio femminile vin-cente nel calcio a 5 ecc...Senti un po' tuoi i successidei ragazzi ? Sicuramente la passione per lo sport mi coinvolgemolto nei risultati delle nostre squadre, comecoinvolgerebbe credo ciascuno studente nel vede-re i successi dei gruppi che appartengono allapropria comunità; poi io mi occupo in particola-re della squadra di calcio a 5 femminile, e dopo aver-le seguite e sostenute per un'intera stagione, vede-re le ragazze alzare la coppa è stata un'emozione mol-to forte, mai provata, indescrivile credimi.

3 - Uno studente Luiss ha la possibilità di prati-care qualsiasi tipo di attività sportiva dal Basket,al calcio anche femminile, alla pallavolo. Ma segià non pratica qualche sport, perchè dovrebbeiniziare in Luiss? Cosa diresti per convincere unamatricola ad accostarsi ad una squadra Luiss, ilche rappresenta comunque un impegno da con-ciliare con lo studio?L'impegno all'interno delle nostre squadre è unacosa seria, certamente; però penso che sia anche unagrande soddisfazione far parte del gruppo sporti-vo della propria Università, portare avanti unnome e dei colori e condividere con i propri com-pagni di squadra/colleghi universitari ancheun'esperienza come questa. Un senso di apparte-nenza sano, ecco, capace di ripagarti con emozio-ni molto forti.4 - Perchè secondo te la Luiss investe tanto nel-lo sport? E credi che in qualche modo possa es-sere per un Università motivo di orgoglio il suc-cesso sportivo di un proprio studente? (Ricordo

a tal proposito la vittoria del mondiale di canot-taggio registrata il 25 Luglio da Vincenzo Capelli,studente di economia)Io penso che sostenere le attività sportive dei pro-pri studenti sia uno degli impegni più nobili cheun'Università possa assumersi; per questo la Luissriesce a darci una formazione non solo accademi-ca, ma anche umana, versatile, affinchè queste im-portanti esperienze possano trasformarsi un domaniin valore aggiunto; e poi sicuramente i successi deinostri studenti sono un motivo di orgoglio per lanostra Università, come sicuramento sarà stato unmotivo di orgoglio per Vincenzo e tutti i nostrisportivi portare con fierezza i simboli della propriacomunità universitaria.5-Oltre ai tradizionali sport c'è anche la possibilitàdi fare Vela. Ci spieghi cos'è il Luiss Sailing Ac-cademy?Luiss Siling Accademy è un progetto sperimenta-le nato quest'anno e che ha avuto un successo no-tevole; per diversi week-end alcuni nostri studen-ti si sono addestrati su barche a vela imparando lepiù importanti tecniche di navigazione e rispet-tando la bellezza del mare, per poi terminare in unaregata finale. Sono sicuro che come tutte le buo-ne idee crescerà e permetterà la partecipazione diun numero di studenti sempre più maggiore.6 - Quando sei stato eletto il tuo slogan elettoraleera “Allo sport vado al Massimo”. A Maggio finiràil tuo mandato, credi di aver ottenuto il “massi-mo” o qualcosa può ancora migliorare?Quello che mi sento di dirti è che sicuramente ioho cercato di dare il massimo. Il lavoro è tanto, peròse molto è stato fatto, molto altro ancora si potràe dovrà fare; riuscire ad estendere le nostre attivi-tà ad altre discipline sportive e ampliare la parte-cipazione degli studenti nelle nostre squadre,come anche agli eventi di cui l'Associazione Spor-tiva Luiss è promotrice, saranno i punti fissi del mioimpegno in quest'ultimo anno accademico.7 - Quali i progetti per questo “nuovo annosportivo”?Un progetto che stiamo cercando di sviluppare èuna cooperazione con gli altri gruppi sportiviuniversitari, iniziata già con il 1° Rugby Universi-ty Challenge (vinto dai nostri ragazzi battendo laBocconi in finale) per poter estendere a tutte le no-stre discipline queste competizioni con altri Ate-nei; sarebbe bellissimo vedere anche le nostresquadre di calcio, basket e pallavolo giocare con-tro le più importanti Università italiane. Inoltre con-tinueranno gli appuntamenti e i lavori del progettoMovimento per l'etica e la cultura nello sport, dicui l'As Luiss è promotrice, che ha ormai raggiuntole più importanti città italiane. Infine, una Festa del-lo Sport che possa coinvolgere tutti gli studentiLuiss, perchè il mondo dello sport un domani po-trebbe diventare anche un'opportunità lavorativae professionale per molti di noi.

Emanuela Perinetti

a tu per tu con Massimo SchirinziIntervista al nostro Rappresentante allo Sport

Meglio uno straniero oggi che unitaliano domaniL’estate sta finendo, ricomincia la solita routine:il lavoro riprende il suo pieno ritmo, si riaprono lescuole e come ogni anno inizia un nuovo entu-siasmante campionato calcistico. Nuovi acquistie nuovi pronostici, al via le scommesse e i sogni ditanti tifosi. Chi sarà il nuovo fenomeno? L’Interdominerà nuovamente la classifica? Sono ormaiben lontane le penose prestazioni della Naziona-le al mondiale sudafricano. Ora c’è solo da rico-struire i cocci di quel disastro e sperare in un pro-mettente Prandelli. La delusione però resta , tan-to che nel mirino dei giornali ora vi è il calcio ita-liano e i suoi nuovi acquisti. L’ invasione di atletistranieri nei nostri campionati è sempre più intensa.L’ingresso nel campionato italiano di giocatori ex-tracomunitari , favorisce un calcio libero, senza fron-tiere. E’ positivo avere un campione nei club ita-liani per il gioco della squadra e per i soldi che in-cassa in ogni partita , ma sta diventando penaliz-zante per i calciatori italiani che trovano sempremeno spazio per poter emergere e spesso sono co-stretti ad emigrare all’estero. Un tempo, almeno,

giungevano in patria campioni come Kakà e Ibra-himovic, ora il livello si è decisamente abbassato.C’è un vero e proprio problema ricambi, bisognaconvincere i club a favorire gli italiani. Non si han-no più giocatori nelle classifiche internazionalicome il “Pallone d’Oro”, la stessa nazionale mag-giore non riesce più a raggiungere i vertici delle clas-sifiche mondiali. Famosa è la frase del 2009 di Se-bastian Giovinco: “ se fossi stato brasiliano o ar-gentino, a quest’ora giocherei di più e sarei presomaggiormente in considerazione!”. Basti pensareal caso Balotelli e l’incapacità della società nero-azzurra di gestire l’irruento giocatore. Come lui tan-ti giovani talenti, poco apprezzati in Italia, espa-triano in squadre inglesi e spagnole a cercare for-tuna. Le società italiane non rischiano più ma pre-feriscono puntare su un campione straniero già af-fermato. Eppure i nostri giovani non hanno nul-la da invidiare a talenti come Coutinho e Pato senon il fatto di non essere italiani!

Rossella Pacilio

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