Sportivissimo Ottobre 2010

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La rivista dello sport vicentino

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Casa editriceMediafactory srlvia Monte Ortigara, 83Cornedo Vicentino (VI)

StampaTipografia Danzo srlVia Monte Ortigara, 83Cornedo Vicentino

Sportivissimo:Pubblicazione registratapresso il Tribunale di Vicenzail 21 dicembre 2005 n. 1124

Direttore responsabileLuigi Borgo

RedazionePaola Dal BoscoAndrea Cornale

Direzione commercialeLaura Danzo

SegreteriaGiuliana Lucato

Magazine mensile di sportdistribuito gratuitamente

Per inserzioni pubblicitarieo per inviare notizie sportivescrivere a:[email protected] telefonare al numero0445 430985

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Uno dei contributi di Hemingway all’umanità è di aver spiegato che cos’è lo stile. Lo stile non inteso come l’insieme dei caratteri che determinano una persona o una cosa o un certo modo di praticare uno sport – ciascuna persona, si sa, ha i propri e tutti sono in grado di definirlo: snob, dark, freak, beat, city, chic, radical, conformist, eccetera, eccetera… come ogni cosa: classica, moderna, minimal… come ogni modo di fare uno sport: stile spazzaneve, cristiania, agonistico… - ma

Hemingway ci ha spiegato che cos’è lo stile nel suo senso più alto, il Grande Stile, quello che è sinonimo di eleganza, di classe; quello che è distinzione da chi proprio non ce l’ha, da chi è volgare; quello stile che è pura, irresistibile seduzione perché in esso vediamo e riconosciamo il meglio della nostra specie. E - cosa a me cara - Hemingway ha trovato questa prodigiosa definizione cercando di spiegare uno sport, uno sport forse un po’ anomalo: la Corrida. Che lo sport sia una fonte inesauribile di pensiero e non solo mera pratica fisica; che esso sia un modo preferenziale per capire la vita e i nostri limiti, e non solo i limiti fisici ma dell’essere uomini in generale è quello che vado dicendo da anni. Hemingway definì la corrida “grazia sotto pressione”. Per lui i movimenti danzanti del torero al cospetto della furia assassina del toro erano “grace under pressure”. Ovvero bellezza, eleganza, stile. Dove i più fuggirebbero, vinti dalla insostenibile pressione mentale di essere infilzati a morte dalle corna del toro, il torero compie la sua danza elegante. Hemingway ci dice che man-tenere la grazia nella difficoltà della situazione è avere stile. Tutti i campioni dello sport hanno questa capacità. Riescono a celare il loro sforzo sotto velo di armonia. Cioè sanno fare cose incredibili come se fossero cose da poco. Fatica, paura, fragilità, stanchezza sono vinte in un gesto composto, misurato, degno. Questo è l’uomo nella sua massima espressione di umanità. Dallo sport alla vita il passo è breve. I minatori cileni sono riusciti a non impazzire dopo 69 giorni sepolti vivi nel buio e nel fango, dividendosi il pochissimo tonno e il pochissimo latte che avevano. Quando affondò il sommergibile Kursk, il capitano scriveva nel suo diario: “moriremo, ma senza disperarci”. Voleva dirci che stavano vivendo quelle loro ultime ore da campioni della nostra specie. Ecco, a volte si pensa che il campione sportivo sia amato perché è un vincente in una società in cui tutti vogliono vincere. Che piaccia, perché, come vincente, è un divo, va in televisione, ha soldi, donne, successo; ha una vita super. Ma il campione è un campione perché prima di tutto è capace di “grace under pressure”, non per altro. Se non fosse capace di ciò, non sarebbe un cam-pione e non avrebbe, quindi, tutto quello che consegue al suo esserlo… fama, soldi, successo… Sta qui la confusione di oggi: ci fanno ammiriare un campione non per il suo talento, ma per i suoi talenti; ce lo fanno ammirare non perché sa mantenere la grazia sotto la più incredibile delle pressioni, ma perché ha denaro e successo. E, nella nostra vita sportiva e non, andiamo a imitare ciò e non il suo Grande Stile.

Il GrandeStile

di Luigi Borgo

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Appena compiuti 20 anni e Matteo Brunello è già ai vertici del Cam-pionato Italiano Rally. Nel corso

del 2010 ha disputato tutti i Rally più importanti d’ Italia a bordo della Ford Fiesta R2 del team Motus Ford Italia in compagnia dell’esperto navigatore comasco Michele Ferrara.La prima gara è stata il Rally 1000 Miglia a Brescia, un tra-guardo sofferto per problemi al corpo farfallato nel motore della Fiesta. Seconda gara, Rally dell’ Adriatico ad Ancona su fondo sterrato, fondo particolarmente favorevole a Matteo, dove chiu-de con un ottima seconda posi-zione di R2. Terza gara a Lecce per il Rally del Salento dove una foratura compromette il risultato e Matteo si deve accontentare di un secondo posto in R2, dietro al

compagno di squadra, il piacenti-no Elia Bossalini. Pausa estiva e poi a Udine ai primi di settembre per il Rally Alpi Orientali, dove la rottura di un semiasse com-promette la gara a una sola prova speciale dalla fine costringendo Matteo al ritiro. Nel frattempo, sempre con l’appoggio della scu-deria bassanese Hawk Racing Club, Matteo partecipa al Rally Circuito di Cremona e al Rally di Asti, gare valide per la sele-zione al Trofeo Fiesta R2 zona nord, dove egli le vince entram-be, conquistando di diritto le due finali. Il proseguo della stagione ha in calendario gare importanti e Matteo Brunello inizia a guidare sempre più forte la Ford Fiesta: lo dimostra la vittoria di R2 che arriva al Rally di Sanremo, gara dura dove sono passati i migliori piloti del mondiale Rally e dove riesce a tenersi dietro il forte in-

il talentodi Matteo BrunelloBrunello Jr., detto “lupin”, è il nuovo talento del rally italiano. Vicentino di Schio, figlio di Demitri, già campione di rally, Matteo si è segnalato uno tra i più forti giovani rallista d’Italia a suon di risultati che hanno dell’incredibile.

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rally

glese Harry Hunt, fresco vincitore del trofeo Ford Fiesta R2 nel Wrc mondiale Rally. Due settimane dopo, altro risultato strepitoso al Rally Costa Smeralda, gara su ter-ra in cui Matteo chiude con un 12° assoluto e con un 2° nella catego-ria 2 ruote motrici, dietro Andrea Sandrin con Clio S1.600.L’ultima gara, valida per il Cir, si è disputata la settimana scorsa, il Rally di ACI Como, dove Matteo, pur avendo avuto problemi ai freni per tutta la gara, è riuscito a otte-nere un secondo posto in R2, die-tro Alex Vittalini con Citroen C2 e un 3° assoluto di junior.Con il Rally di Como si chiude il Campionato Italiano Rally vinto da Andreucci su Peugeot S2000, il Campionato Italiano Rally Junior vinto da Andrea Albertini con Re-nault Clio R3, dove Matteo Bru-nello si classificato primo tra le R2 e 5° assoluto nel Cir Junior 2010.La stagione però non è ancora finita, i prossimi appuntamenti sono le 2 finali valide per la Cop-pa Italia Rally, Trofeo Fiesta R2, che disputeranno una a Piacenza e l’altra ad Enna, in Sicilia, alla fine di novembre.La ACI CSAI, visti gli ottimi ri-sultati, ha convocato Matteo tra i sei piloti italiani più promettenti del 2010 a frequentare, nei primi giorni di novembre, il super corso Rally che si svolgerà a Vallelunga Roma, presso la scuola federale.

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Matteo BrunelloCosa ne pensi della stagione 2010?E’ un anno fantastico. Stiamo correndo moltissimo tra Cir Junior, Trofeo Ford e altre gare, e questo mi dà la possibilità di fare molta esperienza e di migliorarmi gara dopo gara.

Come va la Ford Fiesta e il Motus Team?La Fiesta è super, molto competitiva e bella. Ha un ottimo rapporto costo e prestazioni, per un giovane è una macchina ideale. Il Team Motus quest’anno è cresciuto molto, offrendoci sempre un’auto performante in tutte le gare. Ottime anche le gomme, le BFGoodrige.

Programmi 2011?Il mio obiettivo è quello di correre nel Mondiale WRC Accademy, speriamo di trovare il budget necessario.

Ringraziamenti:Ringrazio prima di tutti mio papà, lo staff della Motus, Ford Italia, il mio navigatore Michele Ferrara, Vittorio Caneva, BFGoodrige, la Scuderia Hawk Racing Club, Max Prighel, Alberto Zambelli, gli sponsor, Erreffe immagini e gli amici che ci hanno sostenuto.

Biograf iaMatteo Brunello è nato a Schio il 12 agosto 1990, figlio d’arte, il padre Brunello Demitri è stato vincitore di 5 trofei monomarca nei Rally con auto diverse. Sotto lo sguardo attento di papà Demitri, Matteo inizia fin da piccolo coi i Kart: il primo volante lo impugna a 6 anni e a 8 inizia le prime gare di Kart con ottimi risultati fin da subito. Poi comincia a correre nel Campionato Italiano neve-ghiaccio e nel 2009 avviene il debutto nei Rally, a Como nel Cir con Peugeot 106 Kit. Quest’inverno vince l’under 23 nel trofeo Rally Ronde su terra Pirelli Race Day, Dosso 5. Poi è la volta del Campionato Italiano Rally Junior supportato da Ford Italia, BFGoodrich con Ford Fiesta R2 del team Motus, campionato in cui Matteo ottiene la Vittoria in R2 e il 5° assoluto nel Cir Junior 2010.

Matteo con Vittorio CanevaMatteocon il padre

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Nell’ultima set-timana di set-tembre di ogni anno si tiene a Sandrigo la tra-dizionale Sagra

del Baccalà. Fin qui nulla di diverso da altre sagre. La cosa diviene interessante quando si scopre che Sandrigo è ge-mellata dal 2001 con l’isola norvegese di Røst e che que-sto gemellaggio trova la sua ragione di essere nel fatto che nel 1432 alle Lofoten naufragò una spedizione guidata dal pa-trizio veneziano Pietro Querini in viaggio da Creta alle Fiandre con un carico di vino malvasia. Soccorso dalla popolazione di Røst, rimase molto colpito dal merluzzo che veniva essiccato all’aria tanto che lo portò con sé al ritorno e ne fece una re-lazione Consiglio dei Pregadi (Senato) di Venezia. Questa economica alternativa al pesce fresco godette di un grande successo ed i veneziani impara-

rono ad apprezzarlo, sia per la sua bontà gastronomica che per le sue caratteristiche di cibo a lunga conservazione molto uti-le nei viaggi di mare e di terra, oltre che per la caratteristica di essere un “cibo magro”, tanto da divenire uno dei piatti con-sigliati negli oltre 200 giorni di magro fissati dal concilio di Trento. Nel vicentino ciò die-de luogo alla ricetta nota come “bacalà alla vicentina”, mentre a Venezia il baccalà fu preferito “mantecato”. Oggi Røst è una cittadina di cir-ca 700 abitanti nella contea di Nordland in Norvegia, situata al largo dell’estremità sud oc-cidentale dell’arcipelago delle Lofoten a 115 km a nord del Circolo Polare Artico. Com-prende 365 tra isole, isolette e scogli e dista 100 chilometri dalla terraferma. Røst è sempre stata riconoscente al Querini, tant’e vero che in occasione del cinquecentesimo anniversario del naufragio (1932), ha eret-

to in sua memoria, un cippo e, successivamente, in onore di Sandrigo ha chiamato un’isola Sandrigoya; in cambio Sandri-go ha dedicato a Røst una piaz-za.Ogni anno milioni di merluzzi migrano in questa zona dall’a-rea artica del mare di Barents per andare a riprodursi. Poiché alle Lofoten arrivano le ultime propaggini della cor-rente del golfo gli inverni sono miti e le estati fresche. Assieme al vento che soffia implacabi-le si ha il clima ideale per la produzione di pesce essiccato. Røst vive di questa attività. Da gennaio ad aprile una grande quantità di merluzzi appena pe-scati sono portati a riva e appesi all’aperto, senza testa, per esse-re trasformati in modo naturale, dal vento, in stoccafissi.Ovviamente per i subacquei locali e norvegesi, la pesca al merluzzo è molto comune e non mancano prede interessanti. Il merluzzo atlantico, tuttavia,

pescain apnea

“Bacalà” alla vicentina,dalla Norvegia con sapore

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di Antonio RossoLe foto sono prese

da internet su segnalazione dei

subacquei di Røst9

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Non tutti sanno cheStoccafisso identifica il merluzzo intero, privo della testa ed essiccato all’aria.

Baccalà sono i filetti di merluzzo messi sotto sale: nel triveneto, tutta-via, con questo termine viene chiamato anche

il merluzzo essiccato. Il “bacalà” alla vicenti-na avrebbe dovuto, più propriamente, chiamarsi “stoccafisso alla vicenti-

na”… ma credo che nes-suno ora si sognerebbe di chiamarlo così, con buona pace dei linguisti.

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non va confuso con il merluzzo mediterraneo. Sono due spe-cie diverse con dimensioni ed aspetto differente.Il primo è il Gadus morhua, che arriva fino a due metri con oltre 50 kg di peso, mentre il secon-do è il “merluccius merluccius”, altrimenti detto nasello, le cui dimensioni arrivano, da noi, al massimo agli 80 centimetri ed è grigio dorsalmente e bianco ventralmente e privo di barbi-glio. Il Gadus, invece, ha co-lorazione più scura e presenta alcune macchie sul dorso e sui fianchi. Pur essendo un animale che vive al largo in grandi branchi, la pe-sca in apnea viene effettuata sot-to costa. Le acque sono fredde, la temperatura in estate arriva ai 13°C. I fondali sono rocciosi e nudi, ma anche ricchi di alghe giganti, granchi, merluzzi, stelle marine, anemoni e meduse. Le immersioni vanno da maggio a settembre con visibilità di 8-12 metri.Alle Lofoten, in più, basta an-dare a sole 6 miglia al largo per trovare fondali oceanici ed incontrare orche, balenottere e i maschi di capodoglio in quanto le femmine rimangono alle Az-zorre o alle Canarie. I subacquei norvegesi, incontrati a Sandrigo nei biennali scambi culturali tra le due cittadine, sono stati anche concordi a ritenere che l’immer-sione con le orche che si nutrono dei banchi di aringhe sia un’e-sperienza che non si dimentica più. Per concludere, la pesca è libera e i diving sono attrezzati per ogni tipo d’immersione.

Le isole attorno a Røst

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La relazione del Querinial senato veneziano«Per tre mesi all’anno, cioè dal giugno al settembre, non vi tramonta il sole, e nei mesi opposti è quasi sempre notte.

Dal 20 novembre al 20 febbraio la notte è continua, durando ventuna ora, sebbene resti sempre visibile la luna; dal 20 mag-gio al 20 agosto in-vece si vede sempre il

sole o almeno il suo bagliore…gli isolani, un centinaio di pescatori, si dimostrano molto benevoli et servitiali, desiderosi di compiacere più per amore che per spe-rar alcun servitio o dono all’incontro…vivevano in una dozzina di case roton-de, con aperture circolari in alto, che coprono con pelli di pesce; loro unica risorsa è il pesce che porta-no a vendere a Bergen. (...) Prendono fra l’anno innu-

merabili quantità di pesci (...): l’una, ch’è in maggior anzi incomparabil quantità, sono chiamati stocfisi. (...) I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidi-tà grassa, diventano duri come legno. Quando si vo-gliono mangiare li battono col roverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongo-no butiro e specie per darli sapore: ed è grande e ine-stimabil mercanzia per quel mare d’Alemagna. (...). »Pietro Querini

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viaggiviaggio al terminedella terra

Un luogo primor-diale di incom-parabile bellezza, ma altrettanto inospitale e inac-cessibile. Una

terra riarsa da un sole inesorabile che giorno dopo giorno, per mi-gliaia d’anni, ha trasformato un primitivo lago in un deserto tra i più infuocati della Terra, lascian-do un enorme avvallamento spro-fondato di oltre 100 metri rispetto al livello delle acque che formano l’attuale lago Turkana, in Kenya, nel cuore del Grande Rift Africa-no.L’idea di organizzare una spedi-zione in quel remoto angolo del globo si era insediata nei miei pensieri. Come un tarlo mi rimu-

ginava nella mente. Non mi dava pace. Via via si trasformava in un progetto, in una sfida. Una sfida raccolta anche dai miei compagni a loro volta contagiati dalla mia esaltazione.Per mesi mi ero impegnato a cercare qualche cosa che docu-mentasse quella sperduta area geografica, ma nulla, neppure una testimonianza. Solo poche righe nelle guide più specializzate sul Kenya definivano la Suguta così: ”Una valle infernale chiusa su tre lati da desertiche montagne di lava, continuamente spazzata da violente tempeste di sabbia. Un luogo incredibilmente torrido e secco dove la temperatura media dell’anno è di 55 gradi e la piog-gia arriva, forse, una volta ogni

dieci anni. Regno solo di serpenti e scorpioni”.Sapevamo che una volta partiti non avremmo avuto nessun col-legamento con il mondo esterno, che dovevamo farcela da soli. Che nessuno, anche in caso di estrema necessità, avrebbe potuto aiutarci. Uno stato d’animo ben diverso da chi sa di partire sapendo che all’occorrenza qualcuno verrà in soccorso.Una delle tante incognite era il superamento della barriera vul-canica che separa la Suguta dal lago Turkana, un gigantesco sbar-ramento che si eleva oltre i 1100 metri. Non sapevamo se i cam-melli sarebbero stati in grado di salire i pendii di quelle catastro-fiche montagne di lava. Potevamo azzardarci da soli? Come avrem-mo fatto per trasportare il mate-riale, seppur minimo, e l’acqua, sapendo che solo il fabbisogno giornaliero per sopravvivere a quelle temperature è di almeno 7 litri per ciascuno? Interrogativi le cui soluzioni erano state rinviate a quando ci saremmo trovati sul posto! Solo lì potevamo decidere il da farsi.La spedizione, sette uomini e tre donne, il 26 febbraio 1993 si inol-trò con una carovana di cammelli e attraversò l’intera valle da sud a nord. Oltrepassò la barriera vulca-

nica del Teleki, raggiunse il lago Turkana e, dopo una marcia di 200 km e mille vicissitudini, trovò salvezza all’oasi di Loyangalani.

(stralcio dal libro Suguta Valley di Antonio Biral – Campanotto Editore)

(…) Così andiamo avanti, con il calore che cresce sempre più spaventoso in questo caos mag-matico. L’aria è torrida, incande-scente. Immancabile arriva anche il vento ad aumentare le soffe-renze: infuocato come se uscisse dalla bocca spalancata di un for-no e violento da rendere difficile mantenersi in equilibrio. In queste condizioni estreme non riusciamo a fronteggiare la rapida disidrata-zione. Cerchiamo di proteggerci il più possibile coprendoci ogni par-te del corpo, il volto innanzitutto, per catturare quel po’ di umidità emanata dal respiro per poterla nuovamente respirare intrappola-ta nei tessuti.

Di acqua ormai ce né rimasta ben poca, praticamente nulla. Solo qualche sorso sul fondo delle borracce. Incuranti l’uno dell’al-tro, procediamo secondo i propri

... una terrariarsa da un soleinesorabile che giorno dopo giorno, per migliaia d’anni, ha trasformato un primitivo lago in un deserto tra i più infuocati della Terra ...

... così andiamo avanti, con il calore che cresce sempre

più spaventoso in questo caos

magmatico. L’aria è torrida, incandescente.

Immancabile arriva anche il vento ...

Suguta Valley – Kenyadi Antonio Biral

Si prof ila una tempesta di sabbia

Cammelli nella tempesta

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limiti nel tentativo di raggiungere al più presto il fondo valle, di arrivare laggiù dove si vedono piccole mac-chie verdognole punteggiare la nera superficie.Alle 11,40 giungo tra quelle chiazze che sono delle misere acacie mezze rinsecchite e mi getto sotto cercando riparo dal micidiale sole. Distrutto, rimango steso nella parvenza d’om-bra, che di più gli striminziti arbusti non danno, indifferente a spine e sassi che mi bucano la schiena. Bru-cio dalla sete. La gola è in fiamme. La lingua gonfia, incollata al palato nella densa appiccicosa saliva, mi farebbe bere una tanica d’acqua tutta d’un fiato, ma lo sconforto mi assale quando avverto che la borraccia non ha peso. Che risuona come vuota. Malgrado l’estremo bisogno, mi li-mito a un solo sorso nell’illusione che almeno un altro ne sia rimasto, per una volta ancora. L’ultima!Stordito, con i capillari delle narici che sanguinano, le labbra screpolate e la pelle raggrinzita come se avessi trascorso quarant’anni nello spazio di poche ore, resto in attesa di ve-dere arrivare i miei compagni. Non passa molto, e vedo Giorgio, che mi seguiva a qualche centinaio di metri, venire verso di me per poi stramaz-zare a terra sfinito, sconvolto, al li-mite delle possibilità fisiche come lo sono io del resto.In silenzio, senza proferire parola, perché anche questo diventa difficile e faticoso, rimaniamo inermi e ine-betiti nel tremendo calore.Nel frattempo stanno arrivando gli altri. Sbandati, distanti l’uno dall’al-tro, si dirigono verso i primi cespu-gli e vi si gettano sotto, anche ai più piccoli, pur che qualcosa li nasconda dall’ossessionante sole. Cerco di at-tirare la loro attenzione gridando e sventolando la camicia nel torrido vento che continua a prosciugarci. Solo Alberto e Ross, che sono i più vicini, ci notano e vengono verso di noi. Gli altri, distanti e controvento, non ci vedono e non ci sentono.Le borracce sono state prosciugate fino all’ultima goccia, anche dell’u-midità. Il respiro è affannoso come di chi è sull’orlo del crollo. La men-te vacilla. Vinti dalla stanchezza ci ributtiamo a terra e rimaniamo lì: come e dove siamo ceduti, in uno scenario di morte.

Solo quando la calura comincia ad attenuarsi e dopo aver smaltito un po’ l’affaticamento, tentiamo di muoverci alla ricerca dei compagni. A stento riusciamo a organizzarci, sia per lo stato di confusione men-tale che per la spossatezza. Sono i sintomi della disidratazione che è già in atto. Abbiamo assolutamente bisogno d’acqua per rimanere vivi.Dobbiamo muoverci, trovare riparo

dall’ardente sole che ci sta letteral-mente cuocendo. Tra spine e sassi ci dirigiamo verso una parete basal-tica che vediamo a ovest, a poche centinaia di metri. Lì forse trovere-mo una striscia d’ombra, ed è così. Pensiamo che anche gli altri, dopo un precario riparo sotto i primi ce-spugli, decidano di rifugiarsi sotto il costone lavico. Speriamo di trovarli. Tutti!Mi assilla il pensiero che qualcuno possa mancare, che, non visto, spar-pagliati com’eravamo, sia rimasto bloccato sulla barriera nell’impossi-bilità di muoversi, come una slogatu-ra, un colpo di calore, o per la caduta in un crepaccio. Pensando a questo, non so quale decisione prenderei: se andare alla ricerca risalendo i pendii di quell’infernale montagna senza

... mi assilla il pensiero che qualcuno possa

mancare, che, non visto, sparpagliati com’eravamo, sia rimasto bloccato

sulla barriera nell’impossibilità

di muoversi, comeuna slogatura, un

colpo di calore, o perla caduta in un

crepaccio ...

nemmeno una goccia d’acqua? Sen-za aspettare la carovana? Se riconsi-dero la situazione oggi, dopo anni, credo che non sarebbe stata una buo-na idea risalire per cercare qualcuno che fosse rimasto lassù, perché mol-to probabilmente lo avrei trovato già morto, ma sicuramente lo sarei stato io ancora prima di trovarlo.

Andando avanti, costeggiando il fronte lavico, dopo trecento metri vediamo qualcosa di colorato sven-tolare appeso a un ramo. Non può che segnalare il punto dove si trova-no gli altri. La fortuna vuole che ci ritroviamo tutti, “sani e salvi”, que-sto mi solleva dall’incubo che mi stava dannando.

In marcia nel cuore

della Suguta

Donne Turkana

Un turbinio di sabbia ci investe

Una distesa d’argilla arroventata

Il Lago Turkana detto anche

Mare di Giada per l’inteso colore

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escursionismoNon troviamo risposte agli interrogativi sul perché la carovana non sia ancora ar-rivata, quali possano essere le ragioni di tanto ritardo. Lo chiediamo a Joseph, per-ché assieme a Idi aveva scelto il percorso alternativo al nostro. Aveva stimato che i cammelli sarebbero giunti sul luogo, dove avevamo previsto di incontrarci, pressap-poco tra le due e le tre del pomeriggio, ma neanche lui sa spiegarsi le cause.Manca poco ormai alle diciotto quando Joseph prende la decisione di andare alla ricerca di Idi e dei suoi uomini. Prima di la-sciarlo andare gli diamo un paio di batterie di scorta per la lampada, di acqua nemme-no ne parliamo perché non ce né una goc-cia in tutte le borracce, e credo che anche la sua sia completamente a secco. Ci salu-tiamo con un “in bocca al lupo” raccoman-dandogli l’impossibile, e restiamo a fissare la sua figura che si allontana costeggiando il pendio in direzione est. Lo vediamo spa-rire tra le ondulazioni del terreno e poi ri-comparire fino a perdersi definitivamente.Nell’imminente oscurità che sta per calare e avvolgere tutto, amplificando la solitudi-ne e il silenzio in questo deserto in cui il tempo non ha senso, rimaniamo con gli oc-chi fissi negli occhi scambiandoci sguardi senza parole, mentre i pensieri annebbiati calcolano le ore che possiamo ancora resi-stere, vivere!Come ultima soluzione alla sete ricupero le mie misere urine nella borraccia. Avevo sentito raccontare vicende di questo genere in storie di sopravvivenza su fatti di guer-ra, su catastrofi, ma mai avrei pensato di dovermi trovare in simili situazioni. Pur sapendo che l’urina ha lo stesso effetto dell’acqua di mare, quello di aumentare la sete perché non fa che sottrarre acqua dal corpo, non di aggiungerne, lo faccio lo stesso (…)

Antonio Biral, detto il Cobra

Raggiunto il Passo Pian delle Fugazze (sopra il paese di Valli del Pasubio) si parcheggia l’auto. Il nostro sentiero (e5 ex 45) inizia nei pressi della pista di sci alpino attualmente chiusa. Dopo un grande bosco di faggi si arriva alla selletta nord/ovest (cartel-li) dalla quale proseguiamo verso destra incontrando, poco dopo, un altro bivio (cartelli) dove continueremo verso

sinistra incontrando, poi, alcune gallerie (la torica elettrica può essere utile ma non indispensabile) e alcuni tratti esposti attrezzati con catena (bambini e inesperti devono essere assicurati da persone competenti). Arrivati in cima alla dorsale incontreremo il sentiero d’arroccamento del Cornetto (cartelli) che andrà percor-so verso sinistra arrivando così a un altro bivio dove, sulla sinistra, una paretina di roccia attrezzata con catena (solita precauzione con bambini e inesperti) altre alla quale, a un bivio (cartelli) verso sinistra, in breve si raggiungerà la nostra vetta (croce).Ritorno: poco sotto la croce (cartelli) non prendere a destra verso la sopracitata catena ma, verso sinistra per raggiungere così la selletta nord/ovest e, da qui, come la salita.

N.B.: i tratti con catena e anche i tratti senza diventano particolarmente insidiosi anche con poca neve.

sul monte Cornetto di F.S.

Foto di Riccardo Corà

come arrivare ...13

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in bici sull’Altopiano 15

L’AssociazioneMalattie Rare Mauro

Baschiorotto per la 13a volta pedala sull’Altopiano di Asiago per il consueto appuntamento

stagionale di agosto.

La “carovana gialla” è partita dal Consorzio dei Caseifici di Asia-go e transitando per il centro città, la zona dell’aeroporto, pas-

sando per Gallio, e Canove ha con-cluso a Roana la passeggiata in bici di 25 km. dove la carova-na, forte di un

c e n -tinaio di fedelissimi, era attesa da

Fabrizio Rebeschini presidente della Pro Loco di Roana. Grazie alla locale Protezione civile e alle forze del territorio, l’evento ha avuto un esi-to estremamente positivo e palpabile alla fine è

stata la soddisfazione di tutti i partecipanti che durante il ristoro (e l’immanca-bile foto) si sono scambiati le proprie impressio-ni dandosi un sicuro appuntamento per l’edizione del 2011. L’Associazione” Mauro Baschirotto” ha il suo campo d’azione nella ricerca delle ma-lattie rare e nella sede di Longare i suoi ricercatori

I coniugi Baschirotto

con Rebeschini e Stefani

Baschirotto i partecipanti del 2010

bici

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in-dirizzano le

loro attenzioni laddove la medicina tradizionale (case farmaceutiche) non trovano “interessante ” l’investimento sulle malattie rare che non offrirebbe loro proventi e profitti sicuri. Il connubio tra l’As-sociazione “Mauro Baschirotto” con Giusep-pe vero trascinatore, e il territorio dell’Alto-piano si è consolidato nel tempo grazie ad “Angela” una bimba di Roana affetta appunto da una malattia rara e che ha trovato nell’As-sociazione vicentina l’unico interlocutore per le sue tematiche. Ora Angela non c’è più ma mamma Sofia, papà Andrea Genovese con l’altro figlio Davide e nonno Giuseppe, hanno testimoniato con la loro presenza la vicinan-za a Giuseppe Baschirotto e al suo gruppo. “E’ stata l’unica Associazione che ci seguiva – afferma il papà di Angela - perché non sape-vamo dove buttare la testa se non rivolgerci a

l o r o , la mia fami-

glia è riconoscente e lo sarà sempre per l’impegno dell’Associazione che ope-

ra nella ricerca genetica. In particolare qui a Roana (anche l’Olimpionico Enrico Fabris è un testimonial della Baschirotto n.d.r.) si conoscono bene queste problematiche e la gente è stata molto vicina alla mia famiglia”. Dello stesso avviso anche il presidente della Pro Loco Fabrizio Rebeschini: “Quando pen-siamo alle malattie rare pensiamo siano delle cose che capitano agli altri, ma qui a Roana abbiamo avuto una bambina di nome Angela che era poi considerata la bambina di tutti, che aveva un sorriso stupendo: ora Angela ci ha lasciato per questa forma di malattia che an-cora non si riesce a curare; penso che Roana sia in prima linea per questo messaggio che vogliamo lanciare per la ricerca e noi c’im-pegneremo sempre e saremo sempre disponi-bili ad ospitare questo tipo di manifestazione e per contribuire alla ricerca”. “E’ la quarta volta che partecipo – esordisce Ilario di Ferra-ra- sono qui in villeggiatura a Canove, ho ol-

tre ottanta anni ma questa pedata non me la perdo finché la salute mi assiste: è una cosa bella poter aiutare l’Associazione Baschi-rotto”. Presente anche un produttore di vini del trevigiano e precisamente dal Combai. Si chiama Diego Stefani e per trovare fondi per l’Associazione, ha in mente di etichettare una partita di vini della sua preziosa produzione (fa dal Verdiso al Prosecco, ma anche un ros-so chiamato “Cinquecento” perché il vitigno di produzione si trova a quella quota…). “E’ un’idea che parte dal cuore – dice – io mi sento fortunato e bisogna aiutare quelli che purtroppo non lo sono”. Per chi è curioso, lo trovate nell’Osteria dal Contadin che da 130 anni è gestita dalla sua famiglia: oltre al vino e al cibo, si possono ascoltare dalla sua voce, un centinaio di poesie musicate che Diego vanta nel suo repertorio. Con il ricavato delle serate musicali, aiuta invece lo sviluppo rura-le nel lontano Benin. … A proposito: non per-dete neppure la Festa della birra di Roana il 9 ottobre con i rappresentanti bavaresi e la festa di Santa Giustina il 10, con polenta e osei in piazza organizzata sempre dalla Pro Loco di Fabrizio Rebeschini.

I coniugi Baschirotto con i familiari di Angela

Baschirotto tra i presentianche ClaudioPasqualin

Baschirotto l’uscita da Gallio

Ilario da FerraraBaschirotto a Gallio

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ciclismo

Ancora noi, ciclisti del Team ASD Calcestruzzi Ma-scotto, ex Rowan Elettronica, la-sciamo il segno in

campo cicloturistico per la nuova “avventura” conclusasi il 31 di agosto nella nuovissima Citta-della dello Sport a Caldogno (Vi-cenza). Il Direttivo ha lavorato al progetto per almeno un mese, riu-scendo a predisporre un itinerario che in otto giorni avrebbe portato la ventina di coraggiosi su piste inedite, raggiungendo ed attra-versando città e paesi mai prima visitati. Noi atleti del prestigioso sodalizio sopra citato, assistiti da validi ed esperti accompagnato-ri con due mezzi di supporto, ci siamo fatti una bella scorpacciata di chilometri per attraversare le quattro Nazioni della comunità Europea e tornare a Caldogno, da dove siamo partiti il mattino del 24. Sedi delle nostre tappe sono state le città di Bressanone, di Salisburgo, di Linz e di Praga nei primi quattro giorni. Al viaggio hanno partecipato alcuni familia-ri dei ciclisti che con il pullman

partendo di buon mattino il 26, si sono uniti ai pedalatori nel pome-riggio del terzo giorno per la pre-vista doverosa visita di gruppo al Campo di concentramento e ster-minio di Mauthausen, nei pressi di Linz; devo dire che i bambini, nel frangente, hanno dimostrato una commovente partecipazione lasciandoci sorpresi ed ammira-ti, e una riflessione spontanea ci porta a considerare quanti meriti vadano attribuiti a famiglie sane di principi e di comportamenti! Se le prime tre tappe sono state assai impegnative per le ore di sella e per i dislivelli, la quarta, Linz-Praga, ha segnato il nostro record in quanto a km percorsi, arrivando a ben 260, lunghezza mai raggiunta nelle preceden-ti avventure, complicata per di più dalla pioggia e da ben 2500 m di dislivello, ma la splendida Praga ha meritato tale sacrificio. Ci gustiamo la visita alla città il mattino seguente, scortati da una bravissima guida, che ci segue pure nel trasferimento a Plzen per la visita all’azienda produttrice di birra Pilsner, accompagnandoci nel percorso di produzione ed al

museo che ne raccoglie la storia.Il riposo atletico prosegue con il trasferimento a Lubiana che ci vede ancora uniti ai familiari, ce-nare assieme in allegria e riposa-re nel consueto ottimo Hotel che l’agenzia Caliba ci ha prenotato così come per tutte le altre “sta-zioni“. Lunedì 30, dopo i saluti mattutini, ci separiamo, puntando su Trieste. Raggiungiamo la città proprio mentre il mare improvvi-samente si imbroncia e ci costrin-ge a saltare il ristoro ed a percor-rere gli ultimi 30 km frustati da pioggia e vento. Mentre i turisti puntano su Vicenza, noi andiamo a riporre le divise inzuppate sulle finestre dell’Hotel a Ronchi dei Legionari, d’un tratto baciati da un bel sole di tramonto. In questa quinta tappa di 155 km, percorsa su piacevoli saliscendi, dobbiamo registrare ben due cadute distin-te con un ciclista ferito al volto e due bici leggermente danneggia-te. Accompagnati dal sole pun-tiamo verso casa il martedì, nella sesta tappa tutta pianeggiante di 200 km, e sotto scorta di una pat-tuglia dei Vigili entriamo ben al-lineati alla Cittadella dello Sport

di Caldogno fra gli applausi dei familiari e del Sindaco Marcello Vezzaro, finendo tutti assieme nel tendone della festa paesana a go-derci “pignate” di meritata fresca e spumeggiante birra.Grande soddisfazione in tutto il “clan” per questa nuova perla che si aggiunge al nostro curricolo at-letico, consentendoci di ostentare fierezza e orgoglio nell’ambiente ciclistico Vicentino. Un grazie a tutti dallo scrivente e partecipante Mariano Stefani.Hanno partecipato i ciclisti: Ama-dei Cesare, Bertoldo Bruno, Bi-cego Vittorio, Boesso Modesto, Carolo Andrea, Cadaldini Agosti-no, Caldieraro Patrizia, Clavello Alberto, Conzato Mansueto, Cor-radin Gianpietro, Dal Martello Giovanni, Fogliato Graziano, Ga-sparet Nereo, Mascotto Federico, Novello Paolo, Sanson Walter, Sanvido Roberto, Spiller Gian-carlo, Stefani Mariano, Toniolo Gianniù; e gli accompagnatori: Biasia Anna e Bruno-Bortolozzo Renato-Nardello Fidenzio.

A PRAGAe ritorno Un favoloso tour attraversando l’Italia,

l’Austria, la Repubblica Ceca e la Slovenia

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triathlon

Dal 15 al 22 agosto si è svol-to a Paderno del Grappa in provincia di Treviso il pri-mo Triathlon Danger Camp, uno stage di una settimana per bam-

bini e ragazzi e ra-gazze all’insegna di nuoto-bici-corsa.L’idea è stata porta-ta avanti da Glenda Antico ed Eros Ve-nezian, tecnici della Rari Nantes Marosti-ca, con l’aiuto di José Brborich. Una quindicina di ra-gazzi sono stati ospiti dell’Istituto Filip-pini di Paderno del Grappa dove hanno potuto alloggiare e utilizzare le strutture sportive in par-ticolar modo la piscina coperta e la pista di atletica. Gli obiettivi del Camp erano quelli di riunire ragazzi provenienti da diverse società affin-ché potessero allenarsi e confrontarsi con i propri coetanei così come fanno i “grandi” del triathlon quando partecipano a raduni di preparazione, oltre ad offrire anche ai loro tecnici un momento di confronto e scambio di esperienze.Oltre agli aspetti puramente legati ai gesti tecnici di nuoto, bici e corsa (i ragazzi hanno potuto anche usufruire delle riprese subac-

quee in piscina!) e agli allenamenti specifi-ci, tipo i combinati bici+corsa, si è cercato anche di potenziare la loro motivazione di fare triathlon e sport in generale attraverso due incontri con “pro” della disciplina: io e il

mestrino Alberto Casadei. Io ho portato la mia esperienza di “lunghista” e le do-mande più frequenti sono state la gestione degli alle-namenti lunghi e soprattutto delle crisi in gara, oltre che l’alimentazione e il recupero nelle gare lunghe. Poi sul campo abbiamo fatto un allenamento di corsa di fartlek, cambi di ritmo.Alberto, atleta dell’olimpico delle Fiamme Oro, ha parlato invece degli allenamenti più corti e veloci sia nel nuoto che nella corsa fornendo anche degli esempi di allenamento.

La settimana è ter-minata con la parte-cipazione dei ragaz-zi alla gara di San Marino dove hanno potuto raccogliere i frutti dell’intensa settimana di lavoro.Che dire...aspettia-mo l’estate 2011 per ripetere l’esperien-za! Intanto è nata una pagina Danger-Camp anche su fa-cebook!

TriathlonDanger Camp

Splendida e ripetibile esperienza di un camp tutto dedicato al trianthlon a Paderno del Grappa.

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di Martina Dogana

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Riportare lo sport alle origini. Un obiettivo chiaro quanto ambizioso; un sogno che pa-reva irrealizzabile,

considerando le gravi carenze di strutture sportive del nostro Co-mune. Come le case si costrui-scono a partire dalle fondamenta, anche questa rivoluzione non po-teva che iniziare dal basso, dallo sport amatoriale, dallo sport che si fa per “stare insieme”.A Recoaro Terme, queste pre-messe si sono concretizzate in un progetto che richiama nel nome le sue nobili intenzioni: l’Asso-ciazione Sportiva Dilettantistica Real Recoaro.Le difficoltà di creare dal nulla una società sportiva si sono rive-late un ostacolo di poco conto di fronte all’entusiasmo e alla forza di volontà di un gruppo animato da grandi obiettivi.“ Sono anni che seguo lo sport locale, – racconta il Presidente Francesco Pretto – e ho potuto notare un crescente malcontento, soprattutto tra i più giovani. L’im-magine dello sport professionisti-co pare ormai definitivamente corrotta dai continui scandali e polemiche che stanno allonta-nando questo sport dalla sua vera essenza. Purtroppo, negli ultimi tempi ho potuto constatare come questi vizi stessero intaccando anche le serie dilettantistiche e confrontandomi con altre perso-ne dell’ambiente abbiamo riscon-trato da più parti questo disagio e abbiamo deciso di darci da fare. La risposta è stata fondare una

società che fosse amatoriale nel vero senso della parola, cioè for-mata da staff e atleti uniti sempli-cemente da un grande amore per lo sport.”Da questo sogno genuino e for-se un po’ matto non è nata solo una società sportiva, ma prima di tutto un’Associazione che è esordita circa tre anni fa, prima con il calcio amatoriale per poi diventare una realtà importante del volley ed è con soddisfazione che comunichiamo che il Gruppo Marciatori Amici della Natura di Recoaro Terme, dal 09 Agosto 2010 è confluito nell’A.S.D. Real Recoaro, al fine di renderlo più importante ed efficiente.Programma dell’associazione è partecipare con il proprio gruppo a varie marce non competitive, proposte dal calendario Regiona-le e provinciale F.I.A.S.P. di Vi-cenza, in varie località sia Provin-ciali che Regionali, gruppo che ha avuto nella domenica 08 ago-sto la soddisfazione di avere dei numeri importanti nella 4^ mar-cia “Le Contrà di Recoaro Ter-me” e che per il prossimo anno

Chiunque fosse interessato ad aderire al nostro gruppo mar-ciatori può contattare il sig. An-tonio Lovato, responsabile del settore marce e tempo libero tel.0445780213 (ore serali) o il presidente sig. Francesco Pretto al n. 3393696315.Con questa nuova realtà si può certamente affermare che il Real Recoaro è diventata senza dubbio una delle più importanti realtà sportive di Recoaro Terme e spe-ro fortemente che questa convin-zione venga fatta propria da tutti quelli che sono veramente inten-zionati a darci una mano per la crescita di questa Associazione. Credo che in questi tre anni siano stati fatti passi da gigante, sia per quanto riguarda l’attività sportiva sia per l’aggregazione dimostrata dal gruppo in attività extra spor-tive, e questo è un risultato che non può non rendere orgoglioso chiunque appartenga o simpatizzi Real Recoaro. Sono iniziati già gli allenamenti ed iscrizioni per tutte le classi di età, per la stagione 2010/2011, del settore VOLLEY, chi volesse unirsi a noi in questa avventura può contattare il sig. France-sco Pretto al n. 3393696315 o il sig. Davide Stocchero al n. 3287529460.Chiunque abbia proposte serie di collaborazione può contattare il numero 3393696315, oppure re-carsi presso la nostra sede in via Vittorio Emanuele.

sempre più sportsempre più real

Il Gruppo Marciatori Amici della Natura di Recoaro Terme è confluito nell’A.S.D. Real Recoaro al fine di dare vita a un sodalizio sempre più importanteed efficiente.sarà organizzata il 14 agosto, da parte di questa Associazione. Per evidenziare l’importanza di que-sta manifestazione basti pensare al numero dei partecipanti, 2001, per la precisione, che per Recoaro Terme non è poco.

di Francesco Pretto

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SuperIselloLa ISELLO Hockey Valdagno ha iniziatola nuova stagione in modo esaltante

Due grossi crucci compensati in buona parte da un fine-inizio stagione davve-ro esaltante. La

Isello Vernici Valdagno aveva chiuso il campionato 2009/2010 con il primo scudetto dei suoi 72 anni di vita e s’era presentata al via della nuova stagione con il Tricolore cucito sulle maglie e la pesante responsabilità di difendere il titolo di Campioni d’Italia appena conquistato. Lì, a rendere difficile il compito, sono intervenuti i movimenti della campagna perché c’era da

supplire alle partenze del tecni-co Jorge Valverde e a quelle di due importanti pedine come il difensore Davide Motaran (poi finito nelle fila del CGC Viareg-gio) e dell’attaccante Osvaldo Raed (tornato a giocare nella Liga spagnola). Inoltre c’era da provvedere alla parziale in-disponibilità del forte difensore Pietro Pranovi a causa dei pro-blemi di lavoro.Compito quindi certamente non facile quello della società bian-

coceleste di ri-comporre

le fila e ricostru-ire un o r g a n i -co che non solo

f o s s e a l l ’ a l t e z -

za di quello della stagione precedente ma potesse avere

caratteristiche tali da mantenere il passo in Cam-pionato e fare

ancora meglio in Eurolega.

La rico-

struzione è partita con l’arrivo del nuovo tecnico Gaetano Ma-rozin, reduce non solo dalle due brillanti esperienze di Trissino e Breganze, ma pure da una me-daglia d’argento conquistata con la Nazionale Under 20 agli Europei. Il primo tassello forte-mente voluto è stato il difensore Juan Travassino, colonna della Nazionale Senior, prelevato dal CGC Viareggio. In seconda bat-tuta sono state assicurate le pre-stazioni dell’attaccante Valerio Antezza. Mancava, però, un al-tro elemento di peso per il setto-re difensivo. Le attenzioni erano state indirizzate su Michele Pa-nizza del Roller Bassano, ma è diventata una storia infinita pri-ma della felice conclusione.Si parlava all’inizio di due gros-si crucci. Ebbene sono cosa proprio del via della nuova sta-gione ufficiale perché a mettere i bastoni fra le ruote sono stati gli infortuni che hanno messo in stand by Michele Panizza e Valerio Antez-za. Il primo a causa di p rob lemi m u s c o -lari e il secon-do a causa di uno s t rap -p o h a n n o g i o c a t o solo brevi scampoli di partita. Situa-zione quindi di emer-genza per Gaetano

Marozin fin dal momento di affrontare il primo impe- gno ufficiale della stagione, la fina-lissima di Supercoppa al Pala-Lido contro il Follonica. Il pre-stigioso trofeo è diventato realtà (5-3) con i sigilli di Travasino (immediato il suo inserimento nel gruppo con personalità da leader), Nicolia (due gol e uno stato di forma stellare), Tataran-ni (tor- nato a essere un cobra) e Rigo (condizione davvero ec-cezionale), oltre ad una presta-zione formidabile del collettivo. “Siamo solo al 30 per cento della condizione -aveva com-mentato il tecnico Marozin-, ma un grande elogio lo meritano tutti per l’impegno già palesa-to”. Una parte di meriti che va pure estesa al neo preparatore

atletico Ramanzin fedele collabora-tore di Marozin nelle esperienze trissinesi e bre-

ganzesi.E’ stata emergen-

za pure al via della Coppa Italia fin dal concentramento dei quarti che la società biancoceleste si è assicurata al Pala-

Lido. In successione la Isello si è liberata

di Castiglione (9-0) e Asd Modena (13-1). Nel match decisivo contro

un Bassano54 pariquota, la Isello s’è im- posta 6-3 con timbri d i Tr a v a s i n o , Tataranni (3) e Rigo. Così è stato conqui-stato l’accesso alla semifinale. La società biancoceleste, vincen-do la concorrenza con il Lodi alle buste per offerta libera, ancora una volta è diventata sede ospitan-

te. Fiducia ripagata in pieno perché il team di Marozin

di Giannino Danielifoto di Federico Pedron

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s’è v i a

via liberato del Follonica (7-2), del

Pordenone (10-3) e, in un accesissimo scontro, anche

del super Lodi (4-3, doppietta di Nicolia e reti di Rigo più Tata-ranni) approdando di diritto alla finalissima di Coppa Italia con il CGC Via-reggio. L’andata era in programma in Toscana martedì 26 ottobre, ri-torno al PalaLi-do martedì 23 novembre.Nel frattempo è partita pure la stagione della massima divisione con una serie di sorpren-

denti risultati per merito proprio delle neo promosse Pordenone e Prato. La Isello Vernici ha debut-tato invece di fronte al pubblico amico contro il Breganze degli ex Cocco e Garcia. Tempi ma-

turi per un inserimento graduale di Panizza e Antezza. A pieno

organico potrà essere una Isel-lo Vernici in grado di recitare da protagonista sia in Italia che Europa.

21hockey

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nuovo nomepassionedi sempre

Lo Sci Club Val Leogra Piccole Dolomiti ha cambiato il proprio nome in Piccole Dolomiti Ski Team: nuovo nome ma lo spirito e la passione sono quelle di sempre

Lo Sci Club Val Leo-gra Piccole Dolomiti è una associazione sportiva di Torrebel-vicino sorta nel 1998 che ha come obietti-

vo principale lo sviluppo dello sci alpino sia a livello agonistico che ludico per i bambini delle scuole elementari e medie. Nell’ultima stagione lo sci club ha raggiunto la ragguardevole quota di circa centocinquanta iscritti, molti dei quali bambini e ragazzi che hanno frequentato i nostri corsi. Nell’ultima stagione inverna-

le la nostra squadra agonistica, formata da 25 bambini/ragazzi, allenata dai maestri di sci Guido Antonio Lanaro e Andrea Mene-golli della scuola di sci Tonezza Fiorentini e da Fredi Ottl della Scuola Sci Lavarone (TN), ha raggiunto ottimi risultati sia nel circuito FISI che FIE.Dalla prossima stagione ci saran-no importanti novità, non ovvia-mente nello staff tecnico che è già stato confermato, ma nell’orga-nizzazione in genere del team, a partire dalla sua denominazione, che sarà “Piccole Dolomiti Ski Team”: un’associazione affiliata

al C.O.N.I. e alla F.I.S.I. che darà sempre più importanza alla for-mazione agonistica dei suoi gio-vani atleti. Inoltre lo Ski Team manterrà il suo forte impegno nell’organiz-zare i corsi di propaganda allo sci alpino del sabato e della do-menica e il corso di avviamento all’agonismo.Organizzeremo anche corsi di snowboard e di sci nordico, il tutto in quel clima di serietà e profes-sionalità, di divertimento e tanta passione per la montagna e lo sci che ha sempre contraddistinto il nostro club.

22sci

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vigili in verticale

Grande successo,

sportivo e di pubblico, nei Campionati Italiani di arrampicata

per Vigilidel Fuoco,tenuti per il

secondoanno consecutivoal Palasoldàdi Valdagno

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Grande successo,

sportivo e di pubblico, nei Campionati Italiani di arrampicata

per Vigilidel Fuoco,tenuti per il

secondoanno consecutivoal Palasoldàdi Valdagno

Secondo anno per il Campionato Nazionale di Arrampicata Sportiva Vigili del Fuoco e se-conda edizione svoltasi con successo presso la

struttura indoor “Sandri e Menti” del Palasoldà di Valdagno. Gara al via venerdì 24 settembre, alla pre-senza del Prefetto di Vicenza, Dott. Melchiorre Fallica; del Sindaco del Comune di Valdagno, Alberto Neri; dell’Assessore allo Sport, Ales-sandro Grainer e del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Vicenza, Ing. Paolo Maurizi. 70 gli atleti in gara, suddivisi in quattro categorie per età più una femmini-le. Prove di qualificazione venerdì pomeriggio e sabato mattina sulle vie tracciate da Leonardo Di Ma-rino, guida alpina e tracciatore di fama internazionale, e concorrenti che hanno dimostrato fin da subito le proprie qualità. Tra di loro diver-si i volti noti a cui si sono aggiunti

nuovi partecipanti. Lo scorso anno, ricordiamo, diversi atleti non ave-vano preso parte alla gara perché impegnati nel terribile terremoto de L’Aquila. Ai numerosi vigili del fuo-co impiegati in Abruzzo è andato an-che quest’anno l’applauso di tutti i presenti per il difficile lavoro svolto seppur sempre con grande umanità e massimo impegno. Doveroso anche il ricordo dei vigili morti in quell’oc-casione. Come previsto lo spettacolo è stato assicurato. Agilità, passaggi di estrema difficoltà e anche qual-che caduta hanno strappato i conti-nui applausi del pubblico. Grande apporto alla manifestazione è stato dato poi dal gruppo “I Sogati” della sezione CAI di Valdagno, che hanno garantito l’assicurazione durante la salita dei concorrenti. Contro ogni previsione, invece, si è dimostrato il tempo meterologico. Il weekend baciato dal sole ha permesso il con-sueto allestimento del piazzale da-vanti al palazzetto dello sport con l’esposizione di mezzi e attrezzature che hanno incuriosito sia grandi che

piccini. Per questi ultimi, poi, è sta-to organizzato un percorso di agili-tà per piccoli pompieri, tra allarmi, ostacoli, casette in fiamme e bersagli da colpire con un getto d’acqua. Alla fine la consegna a tutti di un diplo-ma, con i complimenti dei vigili del distaccamento di Schio che hanno coordinato le attività all’esterno. Indimenticabile anche l’aiuto degli sponsor e del Gruppo Alpini, se-zione di Castello, responsabili degli approvvigionamenti durante la due giorni di gare.Al suono di “Alè, alè”, come usano incitarsi tra loro i climbers, tutti gli atleti hanno tirato fuori il meglio, sudandosi un posto nella classifica finale. Alla fine il titolo di campio-ne italiano 2010 è andato a Seve-rino Scassa (Cuneo), seguito da Paolo Munari (Belluno), vincitore della passata edizione, e dal vicen-tino Gianni Bisson. Nella classifica a squadre sul gradino più alto del podio si è riconfermato per il secon-do anno consecutivo il comando di Vicenza, secondo posto per Aosta e medaglia di bronzo al comando di Cagliari. Gli atleti vicentini hanno firmato poi piazzamenti di tutto ri-spetto nelle classifiche di categoria. Tra i giovani (18-26 anni) medaglia d’oro per Michele Santagiuliana; terzo posto per Matteo Formentini nella categoria 27-35; stesso piaz-zamento per Massimiliano Barbieri nella categoria 36-44 e infine vitto-ria di Gianni Bisson nella catego-ria 45-53. Domenica 26 settembre, infine, atleti e non si sono ritrovati all’Alpe di Campogrosso per una mattinata di arrampicata sulla splen-dida parete della Sisilla, coordinata da Gianni Bisson, che si è conclusa con un ricco pranzo presso il rifugio di Campogrosso.

Bisson magicOttobre magico per

Gianni Bisson, guida alpina, maestro di sci e

collaboratore di Sportivissimo. Vince con gran classe la sua categoria ai Campionati Ita-liani Vigili del Fuoco, con-quistando anche un eccellente terzo posto assoluto, con una serie di salite perfette; nello stesso giorno delle finali viene anche premiato con il presti-gioso titolo di “Stelle delle Piccole Dolomiti”, premio giunto alla settima edizione, promosso dal CAI di Recoaro Terme, per onorare i più

forti alpinisti nazionali sia di ieri che di oggi; e, sempre nel mese di ottobre, è diventato papà della piccola e bellissi-ma Anna, nata mercoledì 6. A Gianni e alla mamma Susanna Fantini le nostre più sincere fe-licitazioni.

di Giulio Centomo

Severino Scassa, primo assoluto Gianni Bisson, terzo assoluto

Munari Scassa Bisson

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il motore di Federico

È lui il ragazzo emer-gente della provincia ciclistica di Vicenza . Il sedicenne di Caso-ni di Tezze sul Brenta accasato nel Postumia

73 Dino Liviero del D.S. Tiziano Pastro (Gemin lo segue nel cross), al suo secondo anno da allievo ha sbaragliato il campo conquistando nell’arco della stagione 14 successi su strada e 16 nel ciclocross specia-lità in cui detiene anche la maglia tricolore vinta a gennaio all’Idro-scalo di Milano. E’ anche titolare di cinque maglie vinte negli challenge del cross e su strada compresa la prestigiosa maglia finale del Comu-nità Montana del Brenta 2010. La sua più bella vittoria è senz’altro la Coppa d’Oro di Borgo Valsugana. – Fedrico la domanda è d’obbligo: come si fa a non montarsi la testa? “Credo non sia un mio problema, secondo me penso che non lo sarà mai”. – Quali sono le sue caratteri-stiche? “Sono un corridore comple-to, vado bene a cronometro, (secon-do agli italiani e nel Veneto), in pista vado, in salita anche, in volata mi di-fendo, sono un passista veloce”. - E’ un ragazzo che di stoffa ne ha ma dipende anche dal “motore”. “Il motore finora c’è, spero di fare tante vittorie; ho anche tanto margine di miglioramento perché allenamenti non ne faccio tanti, anzi forse troppo pochi ma quando si vince con così pochi, va bene lo stesso”. - Le qua-lità ci sono ma Federico fa la vita da corridore? “Adesso secondo me è ancora presto, da junior bisogna incominciare a farla, il prossimo anno si vedrà, cambieranno tante cose, dalle gare più lunghe , ad un lotto di concorrenti più preparati, ci vorrà più recupero e in più, se ci cre-di e ci tieni devi per forza limitare le esagerazioni e restare nei limiti”. – Finora di chi si è fidato? “Ho i direttori sportivi che mi consigliano poi è la mia testa che comanda ogni cosa che faccio e cerco di capire da solo quali sono le cose giuste e sba-gliate: faccio di testa mia molte cose e spero di fare bene”. – Per la sua scelta sportiva ha un ruolo impor-tante anche la famiglia? “Ho ini-ziato a correre in bici per caso grazie ad un amico di famiglia che aveva la squadra e da li ho iniziato: per la verità prima avevo giocato al calcio

per una settimana ma non mi piace-va. La famiglia c’è sempre e devo solo ringraziarli; è importante l’ap-porto della famiglia in più mio papà fa il meccanico e mi controlla la bici ed è sempre disponibile”. – Essendo così vincente i suoi avversari sono invidiosi? “Può anche essere ma in gruppo sono amico di tutti e anche con i miei compagni di squadra c’è molta stima e assieme formiamo una bella squadra e lo dimostrano anche i loro risultati: Saviano e Baggetto vincitori grazie al gioco di squadra”. – E’ giunto il momento di passare tra gli juniores: come sarà? “Af-fronto questa nuova categoria con tanta carica e spero di essere subito competitivo già dal primo anno; ho tanta voglia di fare bene e credo che ciò giochi a mio favore perché con un chilometraggio superiore credo di potermi esprimere ad alto livelli e i confronti d’ora in poi, saranno tra veri corridori ormai formati”. – Qual è il suo immediato futuro? “Farò la pista solo come prepara-zione per la strada, il cross lo voglio fare e ho già parlato con la squadra, inizierò gradualmente pianificando gli appuntamenti anche con il Com-missario tecnico della nazionale Fausto Scotti e più avanti si deciderà la mia stagione che sarà in funzio-ne dei gradi appuntamenti a livello internazionale” . – Quale speciali-tà preferisce? “A me piace fare il cross e la strada e per ora la società mi da l’opportunità di fare entrambe le specialità, poi da dilettante ve-dremo, per ora sarò impegnato su entrambi i fronti”. – Qual’é il suo sogno nel cassetto? “Ogni corridore mira al passaggio tra i professionisti e credo che questo sia anche il mio grande sogno che spero di realizza-re a tempo debito; bisognerà vedere la mia crescita sportiva e se andrò sempre forte…”. - Cosa le rimane dopo l’attività giovanile? “Tanti bei ricordi, da giovanissimo perde-vo pochi colpi, poi la stagione più bella è stata con gli allievi dove ho vinto tanto ma anche gli anni con la Bicisport Linda sono da ricordare”. - Per finire a chi va il suo ringrazia-mento? “Alla mia famiglia, a tutti i direttori sportivi alla squadra che si è messa a mia diposizione, devo ringraziare tutti, anche la Postumia e tutti quelli che mi hanno fin qui seguito”.

Federico Zurlo ha dimostrato di avereun “motore” da fuoriserie, chiudendo

la stagione tra gli allievi con 14 vittoriesu strada e 16 nel ciclocross.

di Enzo Casarotto

ciclismo

Sedicenne di Casoni di Tezze sul Brenta accasato nel Postumia 73 Dino Liviero del D.S. Tiziano Pastro (Gemin lo segue nel cross)

Page 27: Sportivissimo Ottobre 2010

vaicosì

Parte sotto i migliori auspicila stagione 2010/11 per le formazioni del Rugby Alto Vicentino

di GiulioCentomo

27rugby

Page 28: Sportivissimo Ottobre 2010

Un weekend soleg-giato, quello del 9 e 10 ottobre, segna il buon esordio del-le formazioni del Rugby Alto Vicen-

tino nella stagione 2010/2011. Ar-chiviati i campionati dello scorso anno con un bilancio di tutto rispet-to, la nuova stagione ha preso il via con un’intensa attività di prepara-zione fin dal mese di settembre per giovanili e seniores.In casa Seniores cambio di dire-zione con l’arrivo dei nuovi tecnici padovani Filippo Vittadello e Paolo

Piovan, decisi a lavorare duramente per quello che vorrebbe essere l’an-no d’oro del XV nero arancio.Esordio in trasferta per la prima squadra sul terreno di Bolzano contro il Sud Tirolo. I vicentini mo-strano fin da subito un buon gioco, impatti vincenti e spostamenti ve-loci di palla. Gli avversari vengono subito assediati nella propria metà campo, pressione e buona difesa lasciano poco spazio per incursioni pericolose. Nonostante tutto però i nero arancio faticano a concre-tizzare e devono trascorrere alme-no venti minuti prima della prima

marcatura. Due sole mete nel primo tempo non soddisfano appieno co-ach Vittadello. Qualche rimprovero sembra però dare i suoi frutti e in apertura di seconda ripresa in pochi minuti si susseguono ben tre mete.La partita si conclude sul 40 a 3 per il Rugby Alto Vicentino. Il Sud Tirolo riesce a collezionare solo un calcio piazzato, ma anche per loro il campionato è solamente agli ini-zi e a bordo campo non possono mancare i reciproci auguri per la stagione, in attesa della rivincita sul campo di Valdagno. A condire il bottino del weekend arriva la vitto-

ria netta della formazione U16 sul Trento per 84 a 0 e dell’U18 che, sul campo casalingo di Tiene, batte il Valpolicella per 31 a 5. Soddi-sfazione per i dirigenti ed i tecnici delle due giovanili che vedono già i primi buoni auspici per i rispettivi campionati.Come da copione per tutti a fine partita appuntamento con il terzo tempo, scambio di battute e consi-gli in attesa dell’inizio di una nuova settimana di allenamenti.

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La grande scuola di ci-clismo Piovene Roc-chette cicli Rampon, gestita dal presidente cavalier Antonio Can-nata, con la proloco di

Piovene Rocchette, coordinata dal presidente Duilio Lievore e l’Am-ministrazione comunale, guidata dal sindaco Maurizio Colman, sono stati gli impeccabili organizzatori di una serata speciale: una gara di cicli-smo in notturna svolta nel centro di Piovene in una cornice di pubblico e di intrattenimento davvero unica. E’ stata una manifestazione perfetta, riuscitissima a detta di tutti, e questo grazie a una eccellente collabora-zione dei tre enti promotori, dove tutti hanno lavorato sodo con “tanti fatti e poche ciaccole”. “Questo è lo spirito di Piovene”, dice il sindaco Colamn: “noi crediamo nello sport, nei suoi valori, nella sua capacità di aggregazione. L’impegno per lo sport di questa Amministrazione è massimo: abbiamo, per esempio, realizzato un muro mobile per lo squash che ha una grande versatili-tà e permette di avvicinare a questa fantastica disciplina molte persone, giovani e meno giovani”.La gara è stata un vero e proprio show ciclistico che ha acceso gli animi dei tantissimi spettatori. Pro-tagonisti sono stati gli atleti della bici da corsa maschile e femminile. Difficilmente ragazze e ragazzi ga-reggiano assieme e questo ha dato un ulteriore spunto di spettacolo alla kermesse. In gara le ragazze e i ra-gazzi hanno dimostrato grande abi-lità e destrezza con il proprio mez-zo. La piazza, illuminata a giorno, è stata la scena di continui scatti, sor-passi, fughe: gli atleti sfrecciavano a tutta con le lucette rinfrangenti “tipo pesca”, coloratissime, applicate alle loro ruote. L’effetto è stato di uno scintillio di luci davvero suggestivo. I piccolini incitavano i fratelli mag-giori a dare il meglio, accompagnati da un battito di mani leggero come uno sbattere di ali di farfalla o come la pioggerellina marzolina. La Piaz-za della Vittoria era tutta transenna-ta da una staccionata rivestita dagli striscioni colorati degli sponsor vi-cini allo sport e ai giovani. Già al mattino si era messa in moto la macchina lavorativa con a capo squadra Remigio, Tiziano, Flavio e Giorgio che in breve tempo sono riusciti a transennare tutto il cir-cuito di 500 metri da ripetere più volte dagli atleti delle varie catego-

29piovenecyclingshow

A Piovene Rocchette c’è una triumvirato che funziona: ottima la sinergia tra il sindaco, Maurizio Colman, il presidente della Proloco, Duilio Liovere, e il presidente della Scuola di ciclismo, Antonio Cannata, nell’organizzazione di una grande serata nel segno del ciclismo

ciclismo

La lettera con cui il presidente Gandini si congratula con il pre-sidente cavalier Antonio Cannata per l’ottima riuscita della mani-festazione e per il grande lavoro che tutta la scuola di Piovene fa nella promozione del ciclismo provinciale.

di Donatella Brunello

Page 30: Sportivissimo Ottobre 2010

rie. In gara c’era “la crema” dello sport ciclistico, dato che la partecipazione era su invito. Alle 19 è iniziata la gara con i giovanissimi g5. I ragazzi della scuola ciclismo Piovene Rocchette allenati dal Ds Serman ingegner Paolo che li ha fatti schierare sulla linea di partenza. I ragazzi hanno sfoggiato una livrea speciale, rea-lizzata proprio per l’occasione: un body aderentissimo bianco candido come fioc-chi di neve, bordati con la fascia tricolore. A Roma al meeting nazionale giovanis-simi si sono classificati con orgoglio al quinto posto e la maglia ricordava que-sto importante successo: quando con il cuore in gola hanno pedalato nello sta-dio dei Marmi. In quell’occasione si è avuta riprova dell’ottima preparazione del ds Paolo e della grande esperienza del buon Remigio. Prima della gara il presidente Antonio ha gentilmente in-vitato a salire sul palco la splendida Ta-tiana Guderzo, campionessa mondiale in carica, che ha brillantemente intera-gito con il pubblico e ha rivolto frasi di entusiasmo a tutti i partecipanti, com-plimentandosi con loro per gli ottimi risultati ottenuti, in particolar modo con chi ha conquistato il titolo di campione italiano, regionale e provinciale. Ha rivolto parole e sorrisi contagiosi. In seguito viene invitata e ospitata sul palco la bella Greta Zocche, cam-pionessa italiana di ciclismo, atleta della Gas team, che dall’alto control-lava “con occhio vigile” le ragazze pronte al via. Le ha seguite per tutta la manifestazione, compresa la premia-zione. Ha salutato calorosamente, poi, tutte le atlete e il pubblico. Tra gli spet-tatori si è notata la figura di Francesco Ferrigato, padre del professionista An-drea, che a sua volta è padre di Leonar-do. Poi c’era Donadello che scherzava con gli atleti. Il presidente ha ringraziato tutti i partecipanti e anche coloro che per vari motivi non sono riusciti a gareggia-re. Ha salutato il pubblico e ringraziato tutti i suoi collaboratori, rivolgendo un saluto particolare al primo presidente della Scuola di ciclismo, il signor Fran-co Bonato, chiamandolo affettuosamente “il nostro ragazzo novantenne”. Un calo-roso saluto è stato rivolto anche al signor Sergio Binchetto, campione mondiale e olimpionico a Roma nel 1960 su pista. Ha ringraziato per l’ottima or-ganizzazione il gruppo della Proloco, l’Amministrazione comunale, le Forze dell’Ordine, gli amici e tutti i simpatiz-zanti. Agli atleti ha rivolto un caloroso arrivederci alla prossima edizione. La serata si è conclusa con la foto ufficiale dei giovanissimi della Scuola ciclismo Piovene Rocchette. Infine il cavalier Antonio Cannata, il sindaco Maurizio Colman, il presidente Duilio Lievore e la campionessa Greta Zocche hanno dato un premio speciale alle tre atlete che sono state forgiate nella scuola Ciclismo Piovene e che si sono particolarmente di-stinte nel corso della stagione: Eleonora Zordan, Nicole Dal Santo e Maria Vitto-ria Sperotto. A loro è stato dato un omag-gio floreale accompagnato da un gadget con una dedica personalizzata. La bella festa si è conclusa con la promessa della mitica Tatiana Guderzo di ritornare, sì, a Piovene ma non più come madrina, ma come atleta, visto l’ottima riuscita della manifestazione proprio sul piano agoni-stico oltre che dello spettacolo e dell’in-trattenimento.

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Lino Lanaro

al Pian delle

FugazzeGuido è portatoa monte sullespalle di papà Lino

prime sciate

GuidoLanaro

Guido Lanaro e Sandro Dall’Amico che esibisce tra i trofei ancheuno sci rotto

La mitica 600 compagna di

1000 trasferte sciistiche

Lo Sci Cai Schio compie 100 anni ed entra di diritto tra i nomi nobili della storia dello sci italiano e non solo italiano. Sono poco più di una dozzina le associazioni sciistiche centenarie e questo dà grande lustro al sodalizio scledense. Ebbene, per qualcosa meno di metà di questi 100 anni è stato indiscusso protagonista Guido Lanaro, sciatore e forte atle-ta prima, maestro e allenatore poi. Come maestro Guido Lanaro è da 30 anni l’anima dello Sci Doposcuola, i corsi ideati da Danilo Cavion per l’avviamento allo sci che hanno avuto uno straordinario successo per la formula con cui sono tenuti e che di fatto sono stati la culla per moltis-simi sciatori di Schio e dei paesi limitrofi, mentre, come allenatore, è da altrettanti anni guru dei giovani talenti della sua città.

una vitanello SciCai SchioGuido Lanaro è stato sciatore, atleta, maestro e allenatore dello Sci Cai Schio: nell’anno del centenario del sodalizio giallo-rosso l’abbiamo incontrato per sentire dalla sua voce unpezzo di storia dello sci scledense.

Come sei arrivato a sciare?E’ stato mio padre ad avvicinarmi alla montagna. In estate si andava a camminare; d’inverno a sciare. Mio padre era un buon scalatore e un bravo sciatore. La sua passio-ne è diventata la mia. Ho ricordi indelebili con lui sui campi di sci. Mi portava a Pian delle Fugazze nel Prà delle Oche oppure a Tre-

sche Conca a

bordo della sua Fiat 600. Al tempo

non c’era ancora lo skilift e lui mi portava a monte sulle spal-le. La stagione sciistica era molto lunga, perché si cominciava a “re-spirare” lo sci andando a mettere a posto la pista nei mesi autun-nali. Si saliva alla mattina presto con rastrelli e picconi per togliere i sassi. Poi si andava a funghi nei boschi. E si smetteva a maggio inoltrato, perché le ultime sciate le facevamo sul Pasubio, da Cima Palon fino alla chiesetta oppure

sul v e r -

sante nord dei Forni Alti.

Spesso c’era la neb-bia e allora mio padre

Lino con gli altri responsabili dello Sci Cai delimitava la pista con una serie di bandierine perché non ci perdessimo. Ovviamente si andava su a piedi.

Quanti anni avevi?Ho iniziato a sciare nel 1962, quando avevo 6 anni. Ho fatto la prima gara sociale nel 1964.I Campionati Sociali erano una gara molto sentita. La si faceva solitamente al Pian delle Fugazze e le premiazioni si tenevano pres-so la Colonia Alpina dalla Ida. Ri-cordo pomeriggi fantastici passati a giocare fuori dalla colonia a fare trincee nei cumoli enormi di neve. Tra i miei compagni di club c’era

Guido, raccontaci lo Sci Cai Schio visto da dentro.Lo Sci Cai è il mio sci club da sempre. Ho la tessera n° 45,

una tessera di cartone color arancio, che conservo ancora. Ricordo che quando me l’hanno data, ho pensato: “questa è la patente dello sci!” Averla o non averla, era come dire essere o non essere un bravo sciatore”.

Page 33: Sportivissimo Ottobre 2010

Guido in gara al Pian delle

Fugazze metà anni ‘60

La mitica 600 compagna di

1000 trasferte sciistiche

Sopra e sotto Guidoin angolazione, Pian delle

Fugazze, San Giorgio.Per la cronaca, vincitore

in entrambe le gare

Primi passisotto losguardoattentodi papà Lino

te in quei primi anni Settanta era il trofeo Bini che si teneva a Folgaria ed era un gigante, mentre lo slalom si faceva al Madarello ad Asiago con pali di nocciolo piantati con l’ausilio di un palo di ferro (levarin). Quan-do il gruppo divenne più grande ab-biamo avuto come allenatore prima Derio Fraccaro di Asiago e sciavamo all’Ekar, poi Aldo Forer di Folgaria e quindi Carlo Pianalto di Recoaro. Nel periodo dei morti facevamo anche un paio di giorni in Marmolada.

I tuoi risultati più importanti?Ho vinto i Casta, Campionati Italiani Truppe Alpine, a Campo Felice, 1977. Ho un sesto posto assoluto in una QN alle Melette e un 38 assoluto nel Gi-gantissimo della Marmolada. Questi ed altri risultati mi diedero la seconda

categoria, che significava fare l’esame da maestro senza l’obbligo della preselezione.

Sandro Dall’Ami-

co, che anche lui è diventato poi mae-

stro e allenatore dello Sci Cai. La mia prima gara Fisi fu

a Lavarone sul Tablat. A quel tempo avevo i miei miti sciistici che non erano, però, i grandi nomi dello sci italiano che nessuno conosceva, ma i forti sciatori locali, tra tutti: Roberto Bronca, Emi-lio Zamberlan, Guido Fragiacomo e poi uno sciatore speciale dal nome austriaco, Hans, che si era trasferito a Piovene, ma che io non ho mai visto, di cui si diceva che facesse dritto, cioè senza neanche una curva, il canalone del Cornetto, la Streif di casa nostra.

E poi?Un po’ alla volta si creò un gruppo di gio-vani che voleva darci dentro con l’ago-nismo. Oltre a Sandro Dall’Amico e a me, prima si unirono Antonio Par-ma, Carlo Joan e successivamente Sandro e Barbara Gori, Sandro Lotto, Cristina Smiderle, Anna Tonicello, Antonio Pilotto, Diego Cavion. Il nostro primo maestro fu Beppe Liovere di Schio. Ci portava al Bondo-ne. Partivamo con la sua 850 coupé: non so come faceva-mo a starci in quattro con sci e borse. Le uscite al Bondone furono le mie prime trasferte di due giorni. La gara più importan-

33sci

Page 34: Sportivissimo Ottobre 2010

Allora, il maestro Guido…Quando Sandro Dall’Amico ed io siamo diventati maestri, lo Sci Cai ci ha chiesto subito di essere noi gli allenatori della squadra. Tutti i soci si autotassarono e si acquistò un furgone 238 Fiat con cui si an-dava a fare gare e allenamenti. Nello stes-so tempo Danilo Cavion che aveva ideato i corsi di SCI DOPOSCUOLA mi incaricò di portarli avanti e di svilupparli. Ci fu-rono anni prodigiosi. Ricordo che quattro volte la settimana partiva un pullman da Schio verso i campi di sci. Sono migliaia i giovani scledensi che in questi 30 anni si sono avvicinati allo sci, si sono inna-morati di questo sport e della montagna invernale grazie allo SCI DOPOSCUOLA organizzati dallo Sci Cai.

Hai passato una vita sugli sci!Sì, lo sci è sempre stato al centro della mia vita. Nel 1976 ho aperto an-che un negozio di artico-li sportivi, La Guida, che ho tenuto per vent’anni, continuando sempre a sciare, come sto facendo ancora adesso e sempre sotto l’egida dello Sci Cai Schio.

Pian delle Fugazze, partenza di unagara di slalom

Guido in azione in uno

slalom speciale

34

Gu

ido

Lanaro

Barbara

Gori

Sandro

Gori

Toni

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Dani

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Sandro

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Page 35: Sportivissimo Ottobre 2010

F.I.S.I.F.I.E.C.O.N.I.

Città di Schio

Organizzato dallo SCI CAI SCHIOe CARVING CLUB SCHIO A.S.

e in collaborazione con ilCLUB ALPINO ITALIANO

con il patrociniodel COMUNE DI SCHIO

SNOWBOARD

DOPOSCUOLA 30a EDIZIONE 2010/11Corsi per i ragazzi/e delle scuole

ELEMENTARI - MEDIE e 4/5 anniche si svolgeranno a LAVARONE Bertoldi

Natale 2010 - Venerdì e Sabato 2011

GENNAIO - FEBBRAIO 2011:VENERDì pomeriggio dalle ore 15.00 alle 17.00(6 settimane con inizio 14-01-11)• SCI - Corso di 4 livelli (con un minimo di 35 partecipanti)• SNOWBOARD - Corso di 2 livelli (con un minimo di 10 partecipanti)

COSTO:12 ore: Lezione + ski pass + TRASPORTO €20012 ore: Lezione + ski pass €180Solo trasporto per 6 volte €50

PARTENZE PULLMAN:13.40 P.le Acqui - 13.45 Santorso (Elettronica Lago)13.55 Favorita - a seguire Piovene - Arsiero.

ACCOMPAGNATORI:Designati dallo SCI CAI SCHIO seguiranno gli allievi sia nel pullman che sulla pista.

N.B.:I bambini di 4-5 anni devono essere accompagnati da un familiare.

dal 1910 in allegria

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GENNAIO - FEBBRAIO 2011:Nei giorni 15-22-29 GENNAIO, 5-12-19 FEBBRAIO 2011dalle ore 11.00 alle 13.00Sabato26FebbraiogaradifinecorsoaMalgaRivettaore11.00Non compreso il trasporto e lo ski pass(Giornaliero a prezzo scontato c/o MAESTRI)

COSTO:Per 12 ore di lezione, assicurazione €150 (con un minimo di 15 partecipanti)

DICEMBRE 2010:nei giorni 26-27-28-29-30, dalle ore 13.00 alle 16.00Non compreso il trasporto e lo ski pass (Giornaliero a prezzo scontato c/o MAESTRI)

COSTO:Per 15 ore di lezione, assicurazione €160 (con un minimo di 15 partecipanti)NA

TALE

SABA

TOVE

NERD

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Page 36: Sportivissimo Ottobre 2010

uomo animale natura

Ogni ambiente naturale come il bosco, il prato, il lago e il fiume co-stituisce un ecosi-stema, vale a dire

un sistema ecologico in cui ogni essere vivente è utile agli altri e riceve vantaggio dagli altri, tutto questo in perfetto equilibrio. Il sole che è la fonte primaria della vita unisce fra loro le varie parti.Tutti gli organismi hanno bisogno di un costante rifornimento di cibo, quindi la relazione che lega fra loro i diversi elementi di un ambiente è quella naturale.Nel corso dei secoli l’uomo, ammini-strando, ha creato un’ area di colture tanto decantata che almeno i più an-ziani tra noi ricordano come un mo-

Protezione della faunae creazione dei suoi

ambienti

saico di prati e campi con siepi e boschetti in mezzo ai pascoli. Molto diffuse erano le superfici sfruttate in modo intensivo dalle malghe adibite all’alpeggio.Questo terreno agrario era carat-terizzato non solo da una grande varietà di quadri paesaggistici ma anche da una ricchezza di ambienti diversi e con il passa-re del tempo animali e piante si sono insediati in prati , campi, siepi, cespugli, nei vigneti e nei

frutteti.Dall’inizio dell’era dell’indu-strializzazione le condizioni di vita degli animali selvatici, che vivono allo stato naturale e delle piante delle aree coltivate, sono cambiate profondamente e que-sta volta non a loro vantaggio.Con l’estendersi degli insedia-menti, del traffico e con la ten-denza all’intensificazione della produzione agricola lo spazio

della vita della fauna e della flora è sempre stato ridotto.La macchina tecnologica per in-crementare la quantità e la varietà delle produzioni ha studiato dei prodotti idonei alla fertilizzazio-ne come il concime, gli erbicidi e gli antiparassitari comportando però un mutamento del paesag-gio agrario, infatti il mosaico di ambienti di dimensioni ridotte non riuscì più conciliarsi con le

esigenze della meccanizzazione e dell’agricoltura moderna.I paesaggi d’alta quota e i pascoli le cui forze naturali si sono op-poste più a lungo alla tecnologia, negli ultimi decenni sono state danneggiati dalle infrastrutture del turismo invernale.La cosa indispensabile per il ri-pristino ambientale del terreno nella zona alpina, date le condi-

di Dorino Stocchero

Page 37: Sportivissimo Ottobre 2010

uomo animale natura

zioni di degrado attuali, è l’inter-vento con mezzi particolari adatti ai pendii scoscesi per tagliare i mughi a macchia di leopardo col-legandoli con dei corridoi per fare in modo che la selvaggina si sposti pedinando.Tale profondo mutamento del-le aree coltivate ha portato a una retrocessione preoccupante delle specie vegetali e animali.Nessuno 30/40 anni fa riteneva

possibile che una pozza d’ alpeg-gio piena di rane, un prato di farfalle o un ciglio di un sentiero ricco di fiori sarebbero diventati una cosa rara.I rospi e le rane per raggiungere i luoghi di deposizione delle uova spesso devono attraversare strade con traffico molto intenso, quindi molte di loro rimangono travolte dai mezzi in transito e anche uc-celli, ricci, volpi, tassi, lepri, an-

fibi, caprioli e cervi sono vittime frequenti del traffico. Il riccio, ad esempio, non può sa-pere che avvolgersi a palla di fron-te ad un’auto in arrivo è proprio una reazione d’istinto sbagliata.Le perdite si possono ridurre nelle strade laddove dei cartelli stradali (anche luminosi) indicano il pro-babile passaggio della selvaggina e dove le recinzioni delimitano le nuove strade dai boschi confinanti.

Molti volatili selvatici inoltre muoiono sbattendo contro i fili delle linee elettriche di alta ten-sione.Pertanto ciò che deve essere fatto con priorità è la protezione e la cura degli ambienti mantenendo i biotopi ed è molto importante dove i medesimi hanno perso il loro valore bonificarli e sostituire quelli andati perduti con biotopi di nuova creazione.

37caccia

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La serie di elementi naturali che sono utili alla fauna va dall’albero isolato alla scarpa-ta ricoperta di siepi, il tutto in funzione della tutela delle specie.La finalità e la conservazione di tutto ciò serve anche per l’esistenza e lo sviluppo degli animali: acque pulite, aria pura, suf-ficiente possibilità di procurarsi il cibo, ambienti in cui possono muoversi e nascon-dersi, zone tranquille e luoghi per una ri-produzione indisturbata.L’escursionista che decide di fare una pas-seggiata e cerca distensione nella natura deve sempre rendersi conto che la selvag-gina reagisce in modo molto sensibile all’a-zione dell’uomo, soprattutto all’epoca degli

amori e successivamente della riproduzio-ne, per questo motivo bisogna sempre atte-nersi a percorrere sentieri segnalati.Gli agricoltori dovrebbero sempre avere de-gli accorgimenti nel controllare i prati pri-ma di essere falciati per evitare che i cuccio-li di capriolo, le covate di fagiano e di starna vengano risparmiati dalle affilatissime lame delle falciatrice e delle rotanti.Negli ultimi tempi, grazie anche alla sensi-bilizzazione fatta tramite la stampa e la tele-visione, i cuccioli di capriolo non vengono raccolti anche se apparentemente abbando-nati, evitando così di compromettere la loro esistenza.

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sentieri ritrovati

il sentieroche raccontaIl Sentiero del Partigiano e della Resistenzaa Recoaro Terme: da Fonte Abelinafino a Campodavanti.

Un’ulteriore proposta di antiche vie da parte di associazioni e inizia-tive del territorio è Il Sentiero del Partigiano e della Resistenza, che da località Fonte Abelina di Recoaro sale fino a Campodavanti, sulla Catena delle Tre Croci.Si tratta di un sentiero largo, per la maggior parte una mulattiera, prevalentemente boschivo e ricco di vegetazione fino al Chempele.

Diventa in alcuni tratti ripido, ma qualche fatica è presto ripagata. Un sentiero bello anche solo da un punto di vista naturalistico e ambientale. Così sarebbe, se

non fosse per l’iniziativa di tabellarlo, di segnare i luoghi, raccontare storie,

scrivere nomi, di uomini, di don-ne. Dare ai luoghi un significa-

to. Uno tra molti magari, non l’unico, ma certo non indif-

ferente.L’interesse naturalistico

del sentiero si unisce quindi a quello dell’i-tinerario storico, idea-

to su iniziativa di alcune donne e realizzato con la

collaborazione degli abitanti del luogo.

E’ un sentiero che racconta. Come in molti altri luoghi della

resistenza partigiana che oggi sono segnalati in montagna, non si tratta di sedi stanziali, zone di grandi operazioni belliche. A differenza delle opere della Prima guerra mondiale che tanto hanno segnato paesaggio e territorio, i luoghi della resistenza sono luoghi di transito,

“L’interesse naturalistico

del sentiero si unisce quindi

a quello dell’itinerario

storico, ideato su iniziativa di alcune donne

e realizzato con la

collaborazione degli abitanti

del luogo”

di Sabina Bollori,Vice Presidente Sezione CAI di Recoaro

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fuga, riparo temporaneo. Anche qui la montagna dava rifugio, costituiva l’ambiente ide-ale, proprio per le sue caratteristiche di luogo impervio, di di-spersione abitativa e difficoltà nelle comunicazioni.L’importanza di questa via era data dal collegamento tra la val-lata dell’Agno, la valle del Chiampo e il veronese. Da Fonte Abelina, dove c’era una fermata del treno, passan-do per le contrade Parente, Caile, Marchi, si aveva accesso al gruppo montuoso del Peserico. I boschi e le poche contrade proteggevano una via di transi-to periferica, rispetto alle maggiori direttrici di insediamento e viabilità dell’alta valle. Essa favoriva i rifornimenti e i col-legamenti necessari al gruppo partigiano di Malga Campetto, insediato ai primi di gennaio del 1944. Dai Marchi o dai Prè i partigiani potevano salire per malga Giochele o malga Pizzegoro fino al Campetto e alla malga Campodavanti di sotto. Qui il gruppo nel maggio del 1944 die-de origine alle formazioni garibaldine della Trentesima Brigata d’Assalto Garemi, in seguito protagonista della Lotta di libera-zione in un vasto territorio dal Lago di Garda al Brenta. Il Sentiero del Partigiano e della Resistenza (SPR) inizia a Fonte Abelina a 389 m, quasi di fronte alla casa di Giuseppe D’Ambros “Marco”, che assieme al valdagnese Pietro Tovo “Piero Stella” fondò e diresse il movimento partigiano nell’alta valle dell’Agno. Nella casa di Marco, che reca oggi una targa posta dall’ANPI, furono ospitate persone attive nella resistenza partigiana reco-arese e valdagnese. L’itinerario termina a Malga Campodavanti a quota 1541 m, ma è fattibile anche in parti, particolarmente la più bassa, con la possibilità di chiudere ad anello lungo la variante di rientro che passa sotto l’arrivo della cabinovia a Recoaro Mille e scende ai Prè.Il sentiero, realizzato con la collaborazione dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, Sezione di Recoaro, dell’Ammi-nistrazione comunale di Recoaro Terme e del CAI di Recoaro, è ben segnalato e corredato di tabelle illustrative lungo il per-corso.

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ThomasCasarotto

Il bilancio delle due ruote vicentine del 2010 nel ricordo di Thomas Casarotto

Quella appena conclusa è stata una stagione in chiaro-scuro per quello che si è visto in provincia di Vicenza. Nulla da eccepire per quanto riguarda l’attività dei giovani fino alla

categoria esordienti; tra gli allievi ad ecce-zione di Andrea Borso (Marostica) e Massi-mo Greselin (Cavi Carraro), non ci sono stati ragazzi in grado di primeggiare e di metter-si in evidenza. Un capitolo a parte lo merita senz’altro il talentuoso allievo Federico Zurlo, il sedicenne di Casoni di Tezze sul Brenta con casacca Postumia 73 Dino Liviero che nel cor-so della stagione ha vinto la bellezza di 14 gare su strada e 16 nel ciclocross (maglia tricolore compresa). Tra gli junior i soli Giacomo Gal-lio (Sandrigosport) nella prima parte di stagio-ne, Andrea Zordan (accasato con la padovana Work Service Brenta), Giacomo Berlato (FDB Car Diesel V.C. Schio 1902) e il padovano Stefano Tonin (con maglia marosticense della Mito Sport), hanno saputo tenere alto il livello del ciclismo locale. Il 2010 ha portato anche una grossa soddisfazione personale a Carlo Merenti il Ds. che quest’anno ha visto ben tre atleti che ha allenato, disputare il mondia-le (Berlato ad Offida, Battaglin e Pozzato in Australia). Tra le attività provinciali di rilievo c’è stato il meeting Rosa, lo scalatore d’oro con premiazione il 13 novembre a Rossano Veneto alle 15,00 in Villa Navarrini-Caffo, il Gran premio Comunità Montana del Brenta, la finale della Coppa Italia giovanile di Mtb e qualche tappa del Giro del Veneto delle piste oltre a tutte le gare valevoli per l’assegnazione delle maglie provinciali in tutte le categorie e le specialità. Come sempre sono state le donne a dare le maggiori soddisfazioni al mondo be-rico delle due ruote: tra le allieve Nicole Dal Santo (Cmb Cycle Women) ha vinto il trico-lore del cross, Michela Pavin (Cmb) quello dell’inseguimento su pista mentre l’immensa Susanna Zorzi tra le juniores ha indossato la maglia tricolore su strada e a cronometro con-quistando anche un quinto posto nella prova in linea dell’Europeo ripetendo lo stesso piaz-zamento al mondiale di Offida. Tra le elite le vicentine Tatiana Guderzo, Luisa Tamanini ed Elena Berlato hanno portato al successo mon-diale Giorgia Bronzini e la stessa Berlato si è classificata al decimo posto nel recente Giro donne (con la Guderzo sul terzo gradino del podio). E’ stato anche l’anno in cui il ciclismo ha vi-sto la prematura scomparsa di una promessa scledense di soli 19 anni, Thomas Casarotto dilettante del secondo anno che ha perso al vita in gara nel corso della penultima tappa del recente Giro internazionale del Friuli. E’ per questo che bisogna interrogarsi e fare di più anche per quanto concerne il capitolo sicurezza affinché questi incidenti vengano limitati al massimo e in merito già qualcosa si muove, ma di questo, parleremo a tempo debito. Intanto ci sembra doveroso e giusto ri-cordare il saluto di Ania Casarotto al fratello, pronunciato durante la partecipata e commo-vente cerimonia religiosa per Thomas.

“Ehi Thomas, eccomi qua a scriverti.

A scriverti una lettera che non avrei mai voluto.

Ci hai insegnato a non mollare mai.

Che la vita è un dono, è gioia, è una lotta continua.

Hai dato al mondo intero il meglio di te, e non ti dimenticheremo mai.

Sarai sempre con noi, ogni giorno e ci regalerai ancora tanti sorrisi.

Quei tanti sorrisi che ci strappavi con la tua semplicità e la tua umiltà.

A te che bastava poco per divertirti. Un giro in vespa, una serata

tranquilla a scherzare con gli amici.

Te che hai inseguito in bici i tuoi sogni con tenacia.

Hai saputo farci emozionare, ed essere sempre fieri di te.

Come lo siamo ora!

Continua a darci tanta della tua forza, continua ad essere il nostro

piccolo-grande raggio di sole!

Un dolce bacio portato dal vento fin lassù.

Ti voglio tanto bene.

Ania

Cos’altro aggiungere se non il ringraziamento ad Ania e alla sua famiglia per la dignità con cui hanno affrontato la perdita del fratello e figlio: un ragazzo umile, serio, respon-sabile e meraviglioso come Thomas. Ora sta a noi fare di più e metterci in gioco sul piano dell’informazione per far capire a chi transita sulle strade in occasione delle gare ciclistiche che il tutto è regolamentato dall’articolo 9 del Codice della strada che ai più risulta del tutto sconosciuto. Questo anche per non dimenticare Thomas.

di Enzo Casarotto. Foto di Lino Sartore.

42ciclismo

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basket

tre puntisotto il cielo

Il Famila Schio

stecca la prima:

al Taranto la

Supercoppa Italiana

I l Famila Be-retta Wuber stellare, co-struito da M a r c e l l o Cestaro e dal

direttore generale Paolo De Angelis per ben figurare an-che in Euroleague, ha iniziato la sta-gione a Taranto con il primo impegno ufficiale agonistico del 2010-2011, per-dendo contro la Cras Taranto che ha così vinto per 75-72 la supercoppa Italiana aprendo la bacheca del PalaMazzola per la terza volta nella sua storia. Come da previsione per la fi-nale di Supercoppa, la formazione di Sandro Orlando si è affidata alle singo-le giocatrici e non

al collettivo a cau-sa dell’arrivo tardivo in riva al Leogra delle stra-niere giunte solo qualche giorno prima della prima sfida stagionale. Il riscat-to per Moro e compagne è arrivato puntuale e come da pronostico con la qua-lificazione alla finale four di Coppa Italia (che si di-sputerà nel secondo fine settimana di marzo 2011) ai danni della Pool Co-mense (battuta per 71-52) e del Napoli Pozzuoli (99-44). Le altre qualificate per la finale di Coppa Ita-lia con il Famila detentore del trofeo 2010, sono il

di Enzo Casarotto

Foto CODIFERRO

di Alessio Salvador.

il gruppo Famila 2010-11la capitana Betta Moro

Nadalin

Chiara PastoreLiron Cohen

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Faenza, il Venezia e a sorpresa l’Umber-tide che ha superato la corazzata Taranto 64-56 sul campo del-le joniche. Per Schio quindi, l’esclusione di Taranto è davve-ro una buona notizia. Sono iniziate anche le fatiche di un campio-nato a dodici squadre con l’Opening day di Cinisello Balsamo e anche l’Euroleague ha espresso le prime vere emozioni per un Beretta Famila Schio costruito per sognare anche nel Continente. Si va ad ini-ziare quindi con un orga-nico di tutto rispetto e una squadra veramente talen-tuosa completata con l’ar-rivo di Elena Paparazzo (lo scorso anno in laguna con Nadalin) per sostitu-

Vai sempre a tutta birra

FRATELLI CAMPOSILVAN SNCDISTRIBUZIONE BEVANDE

VIA BELLA VENEZIA 5236076 - RECOARO MILLE - VICENZATEL 0445 75044 - FAX 0445 75438E- MAIL: [email protected]

Laura Macchi Raffaella Masciadri

Mc. CarvilleLaura Macchi

Maja Erkic

Liron Cohen

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ire una capricciosa Kathrin Ress co-stretta ad emigrare a Las Palmas per gio-care a basket dopo il suo rifiuto di incon-trare la società. Di ciò i tifosi di Schio se ne ricorderanno a lungo. A proposito di tifosi, un augurio di buon lavoro va ad Antonella Nardello che ha assunto la ca-rica di presidente del Famila Fans club, il gruppo di tifosi aran-cioni rinnovato e mo-tivato che seguirà la squadra in questa sta-gione che sarà intensa (di scuro) e ricca di soddisfazioni (questo lo speriamo tutti) per il presidente Mario Cestaro per il suo staff e per le “meravigliose e potenti ragazze” in arancione .

Nadalin

Raffaella Masciadri

Laura Macchi

Yacoubou

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leorigini

MIXED MARTIAL ARTS: originie storia di un’artepoco conosciuta

il JuJitsu a due giovani fratelli Carlos ed Helio Gracie.Quest’ultimo di costituzione debole e magra vedendosi il più delle volte, letteralmente, “getta-to al suolo” dai compagni di alle-namento più robusti e più grossi di lui, sviluppò e perfezionò con un costante allenamento quella parte di JuJitsu che riguardava il combattimento al suolo chiama-ta “NeWaza”. Passarono così di-versi anni nei quali l’ormai “esi-le combattente” diventò uno dei massimi esperti di questa Arte.Helio Gracie sfidò negli incon-tri di Valetudo, che all’epoca in Brasile erano già molto radicati, praticanti di Capoeira e Lotta Li-bera (Luta Livre, molto simile a quella più nota Arte Olimpica ma ben più combattiva per la mag-gior quantità di prese ammesse), sconfiggendoli ogni qualvolta il combattimento finiva a terra con l’uso di leve alle articolazioni e tecniche di strangolamento. Da questi eventi questo atleta mar-ziale divenne famoso dando ori-gine al metodo “Gracie JiuJitsu” e successivamente al “Brazilian JiuJitsu” oggi conosciuto da tutti i praticanti di Arti Marziali.Da notare che contemporanea-mente in Giappone nell’istituto Kodokan tali tecniche (origina-rie del JuJitsu) vennero “elimi-

nate e non più insegnate” per-ché ritenute troppo pericolose e quindi poco “commerciali”, inoltre lo svilupparsi del Judo come disciplina olimpica detta-va delle regole e delle tecniche molto rigide e non più propria-mente “marziali” ma più direi “sportive”.Quindi, quasi per assurdo, è in Sud America che si è visto un rin-vigorimento e perfezionamento del JuJitsu e per le tecniche “Ne Waza”, in particolar modo, nel paese del sol levante, dove è nata l’Arte del Jujitsu e poi del Judo si è progressivamente “spenta” la spinta marziale per divenire sempre più azione sportiva come dettavano le regole “forse più occidentali”.Rorion Gracie primogenito di Helio, nel 1992 vista la fama del padre e la diffusione del “Gracie JiuJitsu” sul territorio carioca decise di espandere il nome del-la famiglia anche al di fuori del Brasile inventando una sorta di torneo all’interno di una gabbia ottagonale che vedeva diversi campioni nazionali americani di diverse discipline affrontarsi per dimostrare quale fosse la tecni-ca superiore in combattimento, così si sfidavano il campione di Kickboxing contro quello di Kung Fu, quello di Karate contro

il campione di Savate francese ecc. L’evento venne chiamato Ulti-mate Fighting Championship (UFC) vinto per tre volte di fila dal figlio minore di Helio, Royce Gracie.Consideriamo che nel 1992 nes-suno conosceva in modo effica-ce il “combattimento al suolo” i Gracie impostavano la loro lotta nell’afferrare l’avversario, portarlo a terra per sottometter-lo quindi con una leva. Quando successivamente anche qualcun altro nel mondo decise di spe-cializzarsi nella lotta a terra, i fa-mosi e ritenuti imbattibili Gracie furono sconfitti.Il giapponese Kazushi Sakuraba battè tutti i Gracie che affrontò (Royce, Royler e Renzo) nel più grande evento di Mixed Mar-tial Arts del mondo il Pride Fc (70.000!!! spettatori dal vivo al Tokio Dome Arena) sfatando de-finitivamente il mito sull’invin-cibilità della famiglia.Ora le MMA sono diffuse in tut-to il mondo e la lotta a terra ri-veste, in questi incontri, la stessa importanza del combattimento con calci, pugni e ginocchiate; l’atleta deve saper far bene tut-to!!! Il fluire continuo dal tirare colpi al proiettare l’avversario a terra per poi sottometterlo o

Vi riporto il sunto di una intervista al Maestro Mar-co Vigolo che vuole parlarci di

MMA, delle origini di questa Arte Marziale cosiddetta “mista” per le sue molteplici implicazio-ni con altre Arti Marziali e delle sue esperienze dirette di combat-timento.Da pochissimo tempo nell’am-biente Italiano delle Arti Mar-ziali e successivamente in quello della nostra Provincia e Regione, in particolare, si sente “vociare” di una metodologia di combat-timento nei cui incontri è tutto permesso… o quasi.Inizialmente le voci di spogliato-io parlavano di un metodo Brasi-liano chiamato “Valetudo” dove i contendenti si affrontavano all’interno di gabbie senza rego-le e senza protezione alcuna…“E’gente che ha fame e che non ha nulla da perdere!”… si dice-va, quasi con disprezzo nei con-fronti delle Arti “più nobili”.Penso che sia giunto il momento di fare un po’ di chiarezza sulla storia e le origini delle Mixed Martial Arts “MMA”.Novantacinque anni fa il giap-ponese Mitsuyo Maeda Coma esperto di Tenshin Ryu JuJitsu e membro dell’istituto Kodokan di Tokyo (la sede e l’Associazione fondata dal creatore del Judo M° Jigoro Kano) si recò in Brasile per diffondere la sua Arte nel-lo stato di Parà, dove insegnò

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colpirlo ancora costituisce oggi il vero combattente di MMA pronto al combattere a 360°.Personalmente ho inizia-to la mia pratica nelle Arti Marziali a quattordici anni con il Sanda cinese (cal-ci pugni e proiezioni) di-sputando alcuni incontri fino all’età di vent’anni. Indagando e combattendo successivamente anche in altri stili per poi approda-re nel 1998 nella Scuola di JuJitsu del M° Rizzoli (mio attuale Maestro e fonte di immenso insegnamento!). Dal 2000 al 2006 ho dispu-tato più di venti incontri di Submission (lotta totale) salendo sempre sul podio.In questi sport se non sei allenato “a dovere” con un professionista serio e co-scienzioso, non perdi “la partita”… ma finisci spes-so in ospedale.Per cui la mia scelta è sempre stata ”allenati con i migliori e impara dai mi-gliori”, per me stesso e per i miei allievi.Da tre anni studio e mi alleno con un amico, Zelg Galesic, Croato e grande campione di MMA con vittorie importantissime ottenute in tut-to il circuito mondiale. Ogni tre mesi ci vediamo e ci alleniamo assieme anche in Italia dove lo accompagno e organizzo stage aperti a tutti gli amanti di questa durissima disciplina. Zelg è un atleta professionista di MMA a livello mondiale, considerato il quarto uomo più forte al mondo nei 93kg. Ha vinto tre titoli mon-diali di Taekwondo e un titolo in-ternazionale WAKO di Kickbo-xing. Campione del Cage Rage inglese (MMA) e dell’Hero’s Korea (MMA) ha partecipato a due edizioni del PRIDE FC e a

c i n q u e del DREAM in Giappone af-

frontando anche il famoso Ka-zushi Sakuraba.Dall’anno scorso rappresento, con umiltà e per suo volere di-retto, la sua Scuola Trojan e il suo nome in Italia… senza mai perdere di vista minimamente il mio stile il JuJitsu.Infine per quanto riguarda questa Arte di combattimento vediamo come si sviluppano e la Scuola di avvio e di base di vari grandi combattenti: i Gracie combatto-no MMA e praticano alla base il JuJitsu, Randi Couture combatte MMA e pratica di base la Lotta Greco Romana, Fedor Emelia-nenko combatte MMA e pratica da una vita il Sambo russo, Zelg

Galesic com-batte MMA con una qualifica di 4°dan Taekwondo alle spalle!! Ho citato solo i migliori al mon-do dimostrandovi quanto lavoro e scuole di base ci sono.Diffidate da chi dice di essere istruttore o maestro di MMA! Non è di certo semplice e biso-gna essere seguiti da veri e pro-pri professionisti. Alla base ci deve essere una pratica di anni in un Arte Marziale o in uno sport da combattimento. Le MMA si sviluppano SU uno stile di base, e non su “un insieme abbozza-to approssimativo di tecniche”. Tutto il resto è e rimarrà solo business, forse portando un atle-ta verso la strada del “farsi male” più che su quella di aspirare a di-ventare un vero combattente di

questa Arte che ricordo essersi anche sviluppata e conosciuta per merito del grande Bruce Lee.Nella mia scuola si impara JuJitsu, quello vero ed efficace della Scuola Octopus e ci si alle-na professionalmente nelle MI-XED MARTIAL ARTS su que-sta base e seguiti da una Scuola di veri Campioni.Ricordo a tutti gli appassiona-ti di Jujitsu che presso la Pa-lestra Comunale di Priabona, Malo (VI) Domenica 7 Novem-bre dalle ore 10 alle ore 13 ci sarà uno stage organizzato dal Maestro Marco Vigolo sulla SHOOTBOXE (disciplina ri-conosciuta dal CONI) con la guida del Maestro Rizzoli. Lo stage è aperto a tutti istruttori, allievi e amanti della discipli-na.Questo stage è sponsorizzato dal negozio di arti marziali “LA VIA DELLA SPADA” di Colognola ai Colli (VR) di Adriano LongoTel/Fax: +39 045 615 27 13Cel. +39 3492733629

Per info:Maestro Marco Vigolo DTR Shootboxe FIKBMSUnico esponente e responsabi-le tecnico Nazionale del Trojan Free Fighter’s (Z.Galesic MMA)Cell.3358451834 [email protected] www.martialworld.net www.shootboxeberica.it

Grazie a tutti e quello che dice il Maestro e amico Marco Vigolo è sicuramente da me ampiamen-te appoggiato in quanto ritengo che la base di una Scuola e di un Maestro (S e M assolutamente maiuscole) siano il fondamento di un corretto apprendimento… poi viene la Tua voglia di ap-prendere e praticare con umiltà e costanza.

arti marziali

di Massimo Neresini

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Potete scrivere al Senatore Alberto Filippiinviando le vostre e-mail a:

[email protected]

lettere

Auguroni!!!

Alla nostraChiara Guiottoe a Pietro Pranovi

Sportivissimi sposiLe vostre lettere possono essere lette

anche nel sito: albertofilippi.it

Tuttidiventano sportiviCaro Senatore,

ho un problema: mio figlio Filippo a 15 anni non vuole più fare sport. Nessuno sport. Faceva calcio, era bravo. Ha cominciato prima a lamentarsi dell’allenatore, poi dei compagni di squadra, alla fine è arrivato a dire che il calcio stesso gli “fa schifo”. Evidentemente sono tutte scuse. E’ lui che non vuole più giocare. Sua madre ed io gli abbiamo chiesto se vuole fare qualche altro sport; ci siamo detti disponibili ad iscriverlo a qualsiasi altra attività sportiva. Ma niente, non gli piace niente. A me dispiace moltissimo: avessi potuto io avere la possibilità di imparare bene a fare uno sport! Secondo lei, senatore, dovrei insistere oppure rassegnarmi a veder mio figlio crescere senza sport?

Un cordiale saluto, Armando F.

Carissimo Armando,

abbi pazienza! Nessuno vive senza sport. Prima o poi Filippo ritornerà al calcio oppure troverà il suo sport. A 15 anni è comprensibile essere un po’ confusi. Capisco, tuttavia, il tuo rammarico: avere le possibilità di diventare un bravo calciatore e non sfruttarle è un peccato; capisco anche il tuo timore: avere 15 anni ed essere, o meglio fare un po’ il pigro non è impiegare al meglio le infinite energie della gioventù. Ma, credimi, è un periodo breve, e passerà. L’unica cosa che mi sento di consigliarti è di non insistere con le parole ma, piuttosto, di dargli un esempio. Non dirgli: “dai, fa un po’ di sport!” ma di farlo tu e magari coinvolgi anche tua moglie. Se Filippo vede che i suoi genitori sono legati a una passione sportiva e che, facendola, stanno meglio, si divertono, sono più sereni, più sani, più belli, è probabile che scatti anche in lui il desiderio di mettersi a fare un po’ di sport.

Con simpatia, Alberto.

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