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Un Natale “speciale” Il giornale è attività degli studenti Luiss, periodico gratuito, finanziato dalla Luiss Guido Carli; a distribuzione interna - Numero XXXIV, AnnoVII I NTERVISTA A P IETRO I CHINO P.4 - I NCHIESTA T UTOR P.6 - “O NDA”G ELMINI P.10 E LEZIONI USA P.14 - S PECIALE PAKISTAN P.18 - I NTERVISTA A C ARLO A NCELOTTI P.30 360_novembre_7.0:mar 2008.qxd 03/12/2008 16.45 Pagina 1

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Un Natale “speciale”

Il giornale è attività degli studenti Luiss, periodico gratuito, finanziato dalla Luiss Guido Carli; a distribuzione interna - Numero XXXIV, Anno VII

INTERVISTA A PIETRO ICHINO P.4 - INCHIESTA TUTOR P.6 - “ONDA” GELMINI P.10ELEZIONI USA P.14 - SPECIALE PAKISTAN P.18 - INTERVISTA A CARLO ANCELOTTI P.30

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S O M M A R I O

Fondato nel 2002Fondatori: Fabrizio Sammarco, Luigi Mazza, Leo Cisotta

Direttore:Matteo TebaldiniDirettore Editoriale: Daniele Dalessandro

Responsabile Organizzativo: Gianmaria Volpicelli

Responsabili di Rubrica:

CosmoLUISSScienze Politiche: Chiara Orsini, Giulia MammanaEconomia: Andrea Zapponini, Timoteo Carpita

Giurisprudenza: Bruno TripodiSpeaker’s Corner: Valeria Pelosi, Francesca GiulianiFuori dal Mondo: Flavia Romiti, Clara Della Valle

International: Andrea Ambrosino, Mariastella RuvoloArtificio:Mariafrancesca Tarantino, Tiziana Ventrella

Ottava Nota: Federica Ricca, Chiara IovinoCogitanda: Giulia Gianni, Elisabetta Rapisarda, Giovanni

AversanoTeatro: Chiara Cancellario, Chiara GasperiniLifestyle: Chiara Sfregola, Cassandra Menga

Unisex:Michela Petti, Alessandra ReyCalcio d’Angolo:Matteo Viola, Luigi Calisi

Responsabili via Parenzo: Giulia Gianni, Renato IbridoDelegato Fondi: Valeria Pelosi

Responsabile 360° E20: Cristiano Sammarco

Stampa: SGE Servizi Grafici Editoriali - RomaGrafica: Enrico A. Dicorato

numero chiuso in redazione 25 Novembre 2008

CostiCarta: 250 euro

Realizzazione grafica: 350 euroLastre e allestimento: 450 euroMacchinari e battute: 450 euro

Spedizione: 100 euro

EDITORIALE 3

COSMOLUISS 4

SPEAKER’S CORNER 10

INTERNATIONAL 14

FUORI DALMONDO 18

OTTAVANOTA 20

COGITANDA 22

TEATRO 25

ARTIFICIO 27

LIFESTYLE 28

UNISEX 29

CALCIOD’ANGOLO 30

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Per il mese di dicembre 360° hadeciso di regalare ai suoi lettoriun numero “speciale”, specialicome quelli che proponiamonelle rubriche di politica.Abbiamo deciso di dedicare“Speaker’s Corner” ai problemidel mondo universitario italiano,con in primo piano le riforme cheriguardano le Università Statali ela seguente ondata di proteste,analizzando le reazioni dei diver-si schieramenti politici e deglistudenti, veri protagonisti degliavvenimenti che hanno riempitole pagine dei giornali degli ultimidue mesi, entrando nel meritodella questione e sentendo laloro opinione. Riguardo la politi-ca internazionale invece, lo spa-zio non poteva che essere riser-vato all’avvenimento che da piùparti è stato definito come una“svolta storica”: la vittoria diBarack Obama, quarantaquattre-simo inquilino della Casa Biancae primo presidente di colore nellastoria degli Stati Uniti d’America. Il peso storico di questocambiamento non si limita al colore della pelle, ma è nelleidee innovative, nei progetti di un nuovo corso, nella spe-ranza di un politica diversa. Abbiamo provato ad entrarenella testa degli americani motivando la loro scelta edindividuando le loro aspettative, con un occhio di riguardoanche alle reazioni del mondo politico italiano.Speciale è anche il focus dedicato dalla rubrica “Fuori dalMondo” al Pakistan, questa terra antica e piena di con-traddizioni, vista con gli occhi di un ragazzo pakistano chestudia nel nostro ateneo.Ma non di sola politica vive il nostro giornale, per questomotivo ci siamo rivolti anche al panorama LUISS, in parti-colare alla sede di Via Parenzo, della quale abbiamoaffrontato la difficile questione del servizio tutor, spessoingiustamente criticato e troppo spesso ignorato dairagazzi.Con l’aiuto delle Professoresse Borgia e De Donno, respon-sabili di questo servizio, e della Dottoressa Bianconi, coor-dinatrice, abbiamo chiesto ai ragazzi, tramite un questio-nario anonimo, le loro impressioni e il loro grado di soddi-sfazione. I risultati parlano da soli e sono consultabilinelle pagine seguenti, quello che ci sentiamo di dire, con-dividendo l’opinione espressa dalle due responsabili, è cheil dato più sconfortante è la scarsa informazione che c’è aquesto riguardo e lo scarso utilizzo da parte degli studen-ti della casella di posta elettronica @luiss, principale

mezzo di informazione dei tutor,controllata sporadicamente dal42,5% degli intervistati e che il24% considera poco utile. La logi-ca conseguenza di questo fatto èche più della metà degli intervi-stati non abbia mai usufruito delsuddetto servizio. Il problemasostanziale che emerge analizzan-do i dati è che non siamo neanchein grado di esprimere un giudiziosul servizio tutor, perché sullabase del campione utilizzato(ampiamente rappresentativo,ovvero 400 persone) solo il 2% neusufruisce regolarmente, mentreil 64% mai e il 20% è andato daitutor una sola volta. Se gli studen-ti non controllano la mail si priva-no di una serie di informazioni,che non riguardano solo il sistematutor, ma anche di tutta un’altraserie di servizi messi a disposizio-ne dal nostro ateneo, fosseroanche le conferenze e i dibattiti.Non è possibile che un difetto dicomunicazione vanifichi gli sforzi

organizzativi relativi all’erogazione di determinati servizi.Rimandiamo per questi motivi la nostra valutazione sulsistema tutor e informiamo la dirigenza dello scarso utiliz-zo del servizio mail, fondamentale se sfruttato nellamaniera corretta. Con questo editoriale intendiamo anchesensibilizzare gli studenti alla questione delle potenziali-tà dei servizi messi a disposizione dalla nostra Università,se i servizi ci sono e sono buoni, non utilizzandoli non lirenderemo mai ottimi. La nostra speranza è quella diriproporre tra qualche mese il medesimo sondaggio a tuttigli studenti, sia di Via Parenzo che di Viale Romania, e diavere risultati più confortanti per quanto riguarda l’utiliz-zo dei mezzi informazione che la LUISS ci offre e quindi uncampione di studenti che hanno effettivamente utilizzatoil servizio tutor e che lo giudichino, positivamente o nega-tivamente, con migliori parametri di valutazione e conmaggior cognizione di causa.La redazione del 360° augura a tutti gli studenti Luiss, aidirigenti, ai docenti, ai dipendenti e al personale di servi-zio, un buon Natale e un felice anno nuovo.Arrivederci a Marzo.

Daniele [email protected]

Matteo [email protected]

U n r e g a l o “s p e c i a l e”

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Partiamo dall’Università: crede che le riformedel governo siano davvero così radicali da giusti-ficare il clima di tensione dell’ultimo mese? Nonera affatto una riforma: all’origine era soltanto unaserie di tagli, attuati senza alcun discernimento.Secondo il vecchio sistema: quello per cui l’unico modoper rendere accettabili i tagli era di attuarli in ugualmisura per tutti. Oggi questo modo di procedere non èpiù accettabile: è ormai molto diffusa la convinzioneche si può e si deve valutare e distinguere fra le strut-ture che funzionano bene e le altre.Lei pensa che la recente apertura che ha portatoa una riduzione dei tagli e allo sblocco del turn-over porti a una situazione più condivisibile?Quello che conta di più non è la riduzione dei tagli, mal’introduzione nel sistema dei principi di valutazioneindipendente, misurazione, benchmarking. Se questiprincipi si fossero già affermati e concretati in unacapacità effettiva di valutazione, misurazione e com-parazione fra strutture diverse, i tagli necessari avreb-bero potuto essere attuati senza che l’efficienza delnostro sistema universitario avesse a soffrirne. Anzi,avrebbe persino potuto trarne vantaggio.Pubblica amministrazione: come giudica la bat-taglia del ministro Brunetta contro l’assentei-smo abusivo?Giudico quell’iniziativa del ministro un po’ improvvisa-ta; alcune misure da lui adottate sono sbagliate, per-ché penalizzano persone veramente malate; alcunealtre misure sono inattuabili. Però Brunetta ha avuto ilmerito di focalizzare l’attenzione su di un fenomenoreale e gravemente negativo: il totale lassismo con cuile nostre amministrazioni pubbliche trattavano la que-stione. La riduzione delle assenze, negli ultimi mesi, c’èstata ed è stata di entità impressionante: il che vuoldire che in precedenza l’abuso c’era ed era diffusissimo.Crede davvero che sia la soluzione ai mali dellapubblica amministrazione italiana?Certamente no: costringere i dipendenti pubblici avenire in ufficio, e costringerli a starci per tutto l’orario

di lavoro, con i“tornelli”, non basta per garantire che gliuffici siano efficienti. Per ottenere questo occorrecostringere i dirigenti pubblici a riappropriarsi delleloro prerogative e a esercitarle, sotto pena della perdi-ta del posto.Quali altri provvedimenti occorre dunque pren-dere, in questo ordine di idee?Torniamo al discorso iniziale: occorre introdurre nelsistema i principi della valutazione indipendente, dellamisurazione, del benchmarking, della trasparenzatotale; e applicarli in modo rigoroso, in modo che aogni dirigente possano essere fissati obiettivi precisi,specifici, misurabili. E in modo che l’opinione pubblicapossa esserne costantemente informata, possa con-trollare e interloquire. A questa riforma è dedicato ildisegno di legge del Pd, n. 746/2008, di cui sono primofirmatario (lo si può leggere nel mio sito:www.pietroichino.it).Sindacati: gli iscritti del maggior sindacato ita-liano,la CGIL , sono per più del 50% pensionati.Questo spiega molto del perché il 23 luglio 2007è stato raggiunto un patto, tra governo Prodi eparti sociali, che tutto è meno che intergenera-zionale. Tito Boeri, su lavoce.info, lo stesso gior-no scrisse subito che “il sindacato deve fare unpasso indietro, accettando di rivedere le regoledella concertazione, lasciando un posto a tavolaanche agli altri, a partire dai rappresentanti deigiovani”. Concorda?Concordo totalmente. Anche perché queste idee – in

particolare, la convinzione che la nostra generazionestia commettendo una gravissima ingiustizia nei con-fronti delle generazioni successive– Tito Boeri e iosiamo venuti maturandole insieme, nel corso degliultimi quindici anni.Caso Alitalia: come giudica il comportamentodei sindacati nella recente questione Alitalia?Sindacati e Governo hanno una comune responsabilitàgravissima, nella vicenda Alitalia: quella di aver fattofallire l’accordo con Air France-KLM, nel marzo scorso,in nome della difesa dell’“italianità” della compagniadi bandiera. Che sia stata una colossale sciocchezza, lovediamo chiaramente oggi: nella italianissima “corda-ta” di CAI non c’è un solo imprenditore che abbia maifatto volare un aereo; e la nuova Compagnia sopravvi-vrà soltanto se si integrerà con un grande vettore inter-nazionale. Torneremo così al punto di partenza; ma citorneremo avendo perso molto tempo e avendo sper-perato, nel frattempo, risorse enormi.Giovani e mondo del lavoro: in un’intervista sul’Unità (25 febbraio 2008) lei ha dichiarato chec’è bisogno di “una nuova politica del lavorodiversa da quella della vecchia sinistra, aperta alcontributo delle scienza sociali”.Come si dovreb-be riformare il mercato del lavoro per eliminarele discriminazioni a danno dei giovani?Penso a un grande patto tra imprenditori e lavoratoriper ridisegnare il sistema di protezione del lavorosecondo il modello della flexicurity nord-europea. Poi,applicare il nuovo sistema per tutti i nuovi contratti chevengono stipulati, in modo che la riforma si compiagradualmente. È un discorso complesso, per il qualemanca qui lo spazio: devo rinviare ancora al mio sito(www.pietroichino.it) e in particolare al mio saggio“Scenari di riforma del diritto (e del mercato) del lavo-ro”, che da lì può essere scaricato.

Matteo [email protected]

Lavoro pubblico e privato: un mondo intero da cambiareIntervista a Pietro Ichino, docente di Diritto del Lavoro all’Università degli Studi di

Milano e Senatore del Partito Democratico

SEMINARIDICONFRONTOCONIPROTAGONISTIGestione del cambiamento ed innovazione tecnologica:la sfida del Web 2.0• PAOLA FANELLI - DIRIGENTE BNL - GRUPPO BNP PARIBAS

Coaching, valori e motivazione nelle politiche di gestio-ne delle risorse umane• GIOVANNA D’ALESSIO – PRESIDENT INTERNATIONAL COACHFEDERATION (ICF)

Politiche di valutazione del personale e sistemi di incen-tivazione in un aziendainnovativa: il caso Poste Italiane• RUGGERO PARROTTO – RESPONSABILE RELAZIONI INDUSTRIALIPOSTE ITALIANE

Le politiche e i percorsi formativi a sostegno della gestio-ne dei processi dimutamento nella pubblica amministrazione locale• CATHERINE TONINI – RESPONSABILE SETTORE FORMAZIONECONSORZIO DEICOMUNI TRENTINI – PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Il tele lavoro: evoluzioni e prospettive in un’azienda ditelecomunicazioni• ANTONELLA SARACENO – TELECOM ITALIA

Selezione e recruitment: una comparazione internaziona-le• ANNA BENINI – HUMAN RESOURCES MANAGER ALLERGAN

06 -11-2008ore 13:00-15:00Viale Romania, 32

Aula 307A

02 -12-2008ore 14:00-16:00Viale Romania, 32

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Aula 307A

Cattedra di Gestione e valutazione delle risorse umaneProf. ANTONIO COCOZZA

*La partecipazione ai seminari è aperta a tutti gli studenti e laureati LUISS

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Job Day – Professione e sviluppoIl “Terzo settore”: se ne sente parlare spesso. Molti di noi avranno ascoltato piùvolte, nelle aule dell’università, alcuni tormentoni come “oggi gli impiegati nelterzo settore hanno superato di gran lunga quelli operanti nel primario e nelsecondario”. Ma cos’è il terzo settore? Cosa fanno, in concreto, le ONG? Cosa inten-diamo esattamente con gestione dei fondi strutturali? E con project management?La giornata “Professione e sviluppo”, prevista per il 12 dicembre presso il nostroAteneo, nasce anche per rispondere a queste domande. Si tratta di un evento mairealizzato prima d’ora, organizzato dagli studenti di Scienze Politiche in collabora-zione con l’amministrazione dell’università. È, in sostanza, un’occasione unica perpotere conoscere meglio ed entrare in contatto con questa realtà. Il programmadella giornata prevede tre momenti distinti. Al mattino, una tavola rotonda in cuidocenti ed esperti del settore discuteranno su tematiche strettamente connessecon il ruolo del terzo settore nell’attuale panorama politico-economico, analizzato

da differenti angolazioni; a seguire, una serie di workshop in cui alcune figure pro-fessionali di rilievo illustreranno, in una serie di “tavoli” aperti all’interazione deglistudenti, le caratteristiche del loro lavoro. Un’opportunità importante per appren-dere quel know-how indispensabile per essere maggiormente competitivi suimercati internazionali. Infine, sarà allestito uno spazio espositivo in cui numeroseaziende operanti nell’ambito del terzo settore saranno presenti per potersi megliopresentare agli operatori e, soprattutto, per ascoltare le domande e raccogliere icurricula degli studenti interessati all’attività in questo campo.Si tratta, quindi, di un di job-day orientato ad una specifica area professionale.L’invito è quello di partecipare numerosi e, soprattutto, di munirsi di un proprio c.v.da poter presentare agli operatori. E’ un’occasione irripetibile: perché rinunciare?

Gian Marco Milardi

Recruitment, training, test psicoattitudinali, assessment group, com-pesation, e-learning: siamo sicuri di conoscere così bene questi termi-ni che di qui a poco ci riguarderanno molto da vicino?Sono parole importanti con cui avrà a che fare, sia chi si accinge adentrare nel mondo del lavoro, sia chi sceglierà di intraprendere, all’in-terno di aziende, organizzazioni e pubbliche amministrazioni, la car-riera nell’area delle risorse umane.Un’ottima occasione per approfondire queste tematiche e confrontar-ci con esse, ci viene data dalla lungimiranza del Professor AntonioCocozza all’interno del corso di Gestione e Valutazione delle RisorseUmane nella Facoltà di Scienze Politiche, portando avanti una serie diseminari in cui, autorevoli top manager provenienti da diverse realtàaziendali ed organizzative, hanno avviato un positivo confronto con glistudenti su tematiche manageriali innovative e di rilievo.Per una volta le lezioni smettono di essere semplici momenti di forma-zione d’aula e si trasformano in condivisione di esperienze e fruttuosiconfronti in cui mettere a dura prova le conoscenze acquisite e la visio-ne che si ha, spesso confusa, degli strumenti e delle politiche dellerisorse umane.Web 2.0, recruitment, coaching, telelavoro, sistemi di valutazione:queste le principale issue affrontate all’interno dei seminari.Protagonisti e testimonianze di prestigiose imprese e Amministrazionipubbliche, quali BNP Paribas, International Coach Federation, PosteItaliane, Provincia Autonoma di Trento, Telecom Italia e Allergan,hanno garantito la possibilità di saggiare come certe politiche e stru-menti di direzione e sviluppo delle risorse umane, vengano affrontatecon ottimi risultati, in sistemi organizzativi, così diversi tra loro.Il ciclo di seminari si è aperto il 6 Novembre con la testimonianza dellaDott.ssa Paola Fanelli, Dirigente del Gruppo BNP Paribas, in cui si sonoaffrontate le diverse sfaccettature di un’importante sfida per l’impresamoderna: il web 2.0. In aula abbiamo scoperto come i social networknegli ultimi anni stanno sconvolgendo i modelli di relazione tra gliutenti della rete, e, di conseguenza, anche le strategie aziendali di uti-lizzo del web. E non solo. Molti di questi nuovi strumenti di secondagenerazione sul web, possono rivoluzionare il nostro modo di lavora-re, progettare e fare formazione. Come sottolineato, infatti, dallaDott.ssa Fanelli spesso“si commette l’errore di confondere il passaggioda una gestione del sapere all’interno dei sistemi organizzativi, secon-do criteri precostituiti ed accettati in quanto tali, ad una che provienedagli utenti/clienti, essi stessi generatori di contenuti, con il concettodi democrazia digitale.”In effetti quest’ultima è un’idea che si coniuga male con il concetto diimpresa stessa e con le politiche che inevitabilmente devono esseregestite dall’interno, sebbene sempre più seguendo una logica proiet-tata verso il modello di impresa a rete.Alla luce di queste considerazioni, l’impresa è chiamata ad essere“always on” sempre connessa nei confronti di un cliente che è semprepiù si trasforma in “prosumer”, cioè produttore e allo stesso tempoconsumatore, di tutte quelle dinamiche che precedentemente riguar-davano la sola realtà d’azienda.

Caterina [email protected]

A LEZIONE CON I MANAGERAl via il ciclo di seminari della Cattedra di Gestione e Valutazionedelle Risorse Umane della Facoltà di Scienze Politiche

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COME TU(TOR) MI VUOI360° chiede agli studenti della Facoltà di Giurisprudenza

come valutano il servizio tutorNel corso degli ultimi anni vi è statoun costante sforzo da parte dell’u-niversità per la realizzazione di unservizio di tutorato che accompa-gnasse gli studenti dal loro ingressoall’università fino al momento dellalaurea.Il tutor è uno strumento previstodalla legge (in particolare l’articolo13 della legge n. 341 del 1990) per“rendere gli studenti attivamentepartecipi del processo formativo,rimuovere gli ostacoli ad una profi-cua frequenza dei corsi, ancheattraverso iniziative rapportate allenecessità, alle attitudini ed alle esi-genze dei singoli”. Ovviamente, lanostra Luiss non poteva non otti-mizzare questa previsione legislati-va, rendendo agli studenti uno deipochi servizi tutor in Italia chepossa realmente garantire l’osser-vanza delle direttive ministeriali,quali per esempio il rapporto di untutor ogni cinquanta studenti.D’altra parte, però, al progressivomiglioramento del servizio è corri-sposta, paradossalmente, una cre-scente diffidenza da parte deglistudenti, per un servizio che moltidi loro non utilizzano o, peggio, delquale non conoscono l’importantepotenziale. In questi anni, lo stesso360° ha spesso sottolineato comequesto servizio fosse come un aereoboeing (bellissimo e utilissimo),che però rimaneva ancorato a terra,senza mai decollare…Anche quest’anno la redazione èstata attenta alle voci di una partedegli studenti, che esprimevanoforti riserve sui propri tutor, deci-dendo di realizzare un questionarioche, distribuito tra gli studenti,potesse suggerire una realisticadimensione dello status del servi-zio.La facoltà scelta per questo “esperi-mento” non poteva che essere quella cui, nell’ultimo numero dell’anno appenatrascorso, 360° aveva assegnato un bel 30 e Lode: la vecchia e cara Giurisprudenza.Sono stati contattati, nell’intervallo delle lezioni, 400 studenti tra secondo e terzoanno, chiedendo loro di rispondere a un questionario sul servizio tutor: le doman-de spaziavano da una soggettiva valutazione complessiva al numero di contattiavuto col tutor, dal giudizio per le risposte ricevute alla richiesta di libere indicazio-ni sul servizio.

Ad esse, è stata aggiuntauna domanda che potevasembrare ai più fuori luogo:l’uso della mail box condominio @luiss. Da questodato, che ci è apparso un po’sconcertante, vorremo ini-ziare a presentare i risultatidi questo sondaggio.È emerso, infatti, che circa unquarto degli intervistati nonacceda al proprio accountpersonale, per verificare lapresenza di eventuali comu-nicazioni dell’università, esolo il 27% ne faccia, invece,un uso assiduo.Tra coloro che, al contrario,sporadicamente controllanola propria casella di posta,solo il 6% dichiara di averricevuto numerose mail dalproprio tutor: i restanti oscil-lano tra un numero limitatodi contatti telematici a chi,addirittura, dichiara di nonaverne mai avuti.A onor del vero, è importan-te rilevare come più del 25%degli intervistati abbia chia-rito come l’assenza di con-tatti col tutor sia dovuta auna mancanza di necessitàdi fruizione del servizio, mapermane un altro terzo cheè, in media, rimasto insoddi-sfatto dal servizio.Infatti, a fronte di più diottanta intervistati cheabbiano definito puntuali eprecise le risposte ricevutedal tutor, quasi lo stessonumero di studenti ha defi-nito il riscontro ottenutodistante dalla richiesta effet-tivamente posta.Il dato che più, però, ha col-pito chi ha analizzato il servi-

zio è stato il 17,5% di intervistati che ha dichiarato di non aver compreso quale siail ruolo del tutor: probabilmente l’insoddisfazione deriva in parte dalla presenza diun’aspettativa superiore alla realtà dello scopo perseguito dai tutor, ma rimane lasensazione che tale servizio possa ancora compiere numerosi passi avanti, per farsì che anche quest’anno venga confermata la Lode alla presidenza diGiurisprudenza!

QUESTIONARIO LUISS – Campione 400 Studenti

Come valuti il servizio tutor messo a disposizione dall’università?( 16 ) Ottimo 4%( 62 ) Buono 15.5%( 57 ) Discreto 14%( 94) Scarso 23%( 167 ) Non lo so, mi è indifferente 41.5%

Hai mai incontrato personalmente il tutor assegnatoti dall’università?( 8 ) Molte volte 2%( 40 ) Alcune volte 10%( 80 ) Una sola volta 20%( 258 ) Mai 64%

Hai avuto contatti con il tuo tutor tramite mail?( 24 ) Molte volte 6%( 90 ) Alcune volte 23%( 46 ) Una sola volta 11%( 234 ) Mai 58%

Inmerito al serviziomail della Luiss, con quale frequenza utilizzi questo strumento?( 108 ) Controllo periodicamente la mia casella di posta Luiss 27%( 169 ) Effettuo qualche accesso sporadico 42.5%( 97 ) Non apro la mia casella di posta Luiss o non credo 24%

vi sia qualche informazione importante

Le risposte che hai ricevuto dal tuo tutor, come sono state?( 83 ) Puntuali e precise 20.5%( 65 ) Inconcludenti 17%( 34 ) Non hanno compreso il problema da me posto 8.5%( 107 ) Altro 26.5%

Se non sei stato soddisfatto dal servizio tutor, quali pensi che siano le cause?( 70 ) Non ho compreso il ruolo del tutor 17.5%( 48 ) Il tutor non ha risposto alle mie aspettative 12%( 128 ) Non ho mai avuto nessun tipo di contatto con il tutor 32%( 28 ) Aspettavo un intervento da parte del tutor che non è mai giunto 7%( 37 ) Altro 10%

Dato media dispersione (fogli bianchi) 3%

Il sondaggio sul servizio tutor, i risultati e le interviste sono state curate da:

Bruno TripodiEnrico CanzonieriGiulia Giaimis

Per qualsiasi commento e/o segnalazione in merito agli argomenti trattati, o altri aspetti della vita nella Facoltà di Giurisprudenza, potetescrivere a: [email protected]

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Ad maiora semper

I risultati del questionario sul serviziotutor hanno evidenziato risultati nonunivoci nelle valutazioni espresse daglistudenti: qual è il vostro personale com-mento di ciò che emerso dalla consulta-zione degli studenti?I dati, provenienti dalle indicazioni degli stu-denti, sono sempre utili per noi professori,qualunque sia il ruolo che ricopriamo all’in-terno dell’università, e l’analisi di essi è ilmiglior strumento per ottimizzare il lavorodella Facoltà. Specificatamente, un dato ci èapparso sconfortante ed è quello relativo a uncosì alto numero di studenti che non consulta

la propria casella mail. Ciò, invero, vanifica una gran parte del lavoro svolto e dif-fonde un’informazione distorta di un servizio che, chi invece utilizza in tutte leproprie potenzialità, definisce soddisfacente.Dove possono essere, quindi, riscontrate le principali cause di una cosìnetta differenza di risultati, anche all’interno dello stesso anno, o addi-rittura dello stesso corso?Come detto in precedenza, l’informazione è un’importantissima componentedella riuscita del servizio tutor. In particolare, la mail è lo strumento più utilizzatodai tutor per contattare i propri studenti: se essi non controllano periodicamentela casella di posta, si precludono la possibilità di poter usufruire del servizio.D’altra parte vi è, inoltre, un alto numero di studenti che, pur accedendo sporadi-camente alla mail box, non contattano il tutor a loro assegnato, non sentendonela necessità: anche qui interviene una informazione erronea tra gli studenti, chevorremmo sensibilizzare alla consapevolezza che il tutor non serve solo in caso dibisogno, ma anzi può essere un valore aggiunto che facilita la vita all’interno del-l’ateneo, che va vissuto a 360°, utilizzando tutto ciò che l’universitàmette a dispo-sizione. A ciò, si deve aggiungere che la mail dovrebbe essere solo propedeutica

ad un successivo e personale incontro con ilproprio tutor, incontro che per noi costituisce,davvero, il momento più importante e qualifi-cante del servizio.Qual è, invece, la vostra personale valu-tazione del servizio tutor?Noi riteniamo che il servizio messo a disposi-zione dall’università sia valido in molti suoipunti, soprattutto in ciò che è chiesto di fare aitutor. Accade poi, e i risultati lo dimostrano,come non sempre il risultato ottenuto coinci-da con quello atteso: indubbiamente, c’èancora da operare ai fini di potenziare emigliorare il servizio e, soprattutto, la puntua-lità e l’efficacia degli interventi dei singoli tutor. In questo senso, grande aiutooltre che dai risultati del sondaggio, potrà essere dato dagli stessi studenti, i qualidevono sempre esprimere le proprie sensazioni, esternare i propri suggerimenti econdividere le loro valutazioni con gli stessi professori. Solo in questomodo, attra-verso una critica partecipata e costruttiva, sarà possibile arrivare a soluzioni effi-cienti e condivise.Quali sono, a questo punto, le misure che intendete assumere per farfronte alle indicazioni di quella parte di studenti non soddisfatta, cosìda rendere il servizio tutor uniforme nell’efficienza?Grazie a questo sondaggio, prendiamo atto di una situazione di cui avevamo unadiversa percezione e, sicuramente, approfondiremo l’indagine tra gli studenti,riproponendo un questionario più articolato e specifico, diretto in particolare acoloro che usufruiscono del servizio e che, quindi, possono valutarlo nel suo com-plesso. Per tutti gli altri, attueremo una politica di sensibilizzazione alla fruizionedegli strumenti offerti dall’università. Proprio su questo punto vorremmo concen-trare i nostri sforzi, in modo che tutti utilizzino la propria mail, in modo da“senti-re” l’università più vicina a loro.

Il tutorato è un servizio reso da 47 tutors (+1 per glistudenti Erasmus), per la maggior parte laureatidella nostra Facoltà, incaricati di prendersi cura deglistudenti dall’inizio alla fine del loro percorso formati-vo universitario, ed eventualmente anche nellaprima fase del post lauream.In concreto, ad ogni tutor vengono assegnati circauna cinquantina di studenti; tramite e-mail il tutor licontatta, gli comunica i propri recapiti (e-mail e tele-fono) e l’orario di ricevimento e li invita ad un primoincontro di reciproca presentazione.Generalmente, al primo incontro, il tutor fornisce allamatricola tutte le informazioni di cui può aver biso-gno per orientarsi in questa nuova esperienza, illu-strandogli l’ordinamento degli studi e le materie del1° anno, la semestralizzazione degli insegnamenti,l’alternanza lezioni-esami, la durata della sessione diesami e il numero degli appelli, le modalità di preno-tazione agli esami e lo svolgimento degli stessi, ecc. .Negli ultimi tre anni, si è cercato di assicurare questo

primo contatto, coinvolgendo tutti i tutors nell’acco-glienza delle matricole durante la prima settimana dilezioni e, quest’anno, organizzando degli incontri adhoc tra il tutor e i propri studenti già il secondo gior-no.Peraltro, a prescindere da questo primo incontro, lostudente può rivolgersi al suo tutor in ogni momen-to, sia per avere informazioni pratiche, sia per chiede-re consigli (ad esempio, sulla scelta dell’ordine concui affrontare lo studio delle diverse materie o, quan-do sarà, sul piano di studi, sulla tesi di laurea o suitirocini), contattando il tutor via e-mail o telefono edeventualmente concordando un incontro al di fuoridell’orario di ricevimento fissato, qualora ci sianodelle coincidenze con le lezioni.Il tutor, inoltre, provvede ad inoltrare via e-mail aipropri studenti tutte le comunicazioni ricevute dallaFacoltà e agevola (se serve) i rapporti con la segrete-ria studenti o con gli altri uffici dell’Università(Relazioni internazionali, Diritto allo studio, ecc.).

Pur non avendo competenze dirette in relazione alladidattica, il tutor – infine – può collaborare con lostudente nell’instaurazione di un proficuo rapportocon il corpo docente, ad esempio aiutandolo a con-tattare il singolo professore o i suoi collaboratori,sempre che lo studente non preferisca muoversiautonomamente (come accade il più delle volte).E’ chiaro che poi, negli anni, il rapporto tra il tutor e ipropri studenti si modellerà secondo le diverse esi-genze e sensibilità: ci sarà chi contatterà il tutor soloper informazioni pratiche, chi avrà bisogno di unsostegno in un particolare momento di difficoltà echi, invece, guarderà al tutor come ad una sorta di“fratello maggiore”, con cui intrattenersi periodica-mente attraverso una piacevole chiacchierata ...Quest’ultima credo sia l’attitudine migliore se sivuole sfruttare appieno il servizio di tutorato offertodalla Luiss e non trascurare una preziosa occasione diconfronto con chi, al di là di tutto, “c’è già passato”!

A tu per Tutor

Intervista alla Prof.ssa Borgia e alla Prof.ssa De Donnoresponsabili del servizio tutor della Facoltà di Giurisprudenza

La Dott.sa Bianconi, coordinatrice del serviziotutor della Facoltà di Giurisprudenza, traccia ilprofilo essenziale di questo servizio

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Al fine di ampliare l’inchiesta sulsistema tutor iniziata nella facol-tà di Giurisprudenza, abbiamoanalizzato anche quello che acca-de a Viale Romania, in particolarea Scienze Politiche.Gentile Dott.ssa Picerno, vor-rebbe presentarsi agli stu-denti e soprattutto allematricole , che ancora nonconoscono la figura del coor-dinatore dei tutor?Certamente! Come hai detto tu,io sono – ormai da due anni – ilcoordinatore del servizio di tuto-rato triennale e magistrale dellaFacoltà di Scienze Politiche e ilmio compito è quello di organiz-zare il lavoro di un gruppo di 21tutors, facendo da raccordo tra gliUffici dell’ateneo (Segreteria dipresidenza e Segreteria studentiin primis) e ciascun tutor, percondividere informazioni utiliagli studenti e per cercare di tra-smettere il know-how necessarioallo svolgimento delle mansionidi un tutor. Tra noi, poi, facciamospesso riunioni organizzative, allequali invitiamo il preside Baldinie la segreteria di Presidenza, ladott.ssa Capone e i rappresentatidella segreteria studenti, ilnucleo di valutazione e chiunque,di volta in volta, vada sentito perdarci una mano a capire megliocome muoverci. Ti faccio unesempio: nella fase di implemen-tazione della riforma Mussi,abbiamo avutomolte occasioni diincontro con il preside, i referentidegli uffici amministrativi, i vostrirappresentanti etc… per mette-re a fuoco i problemi che deriva-vano da questa passaggio delica-ta e decidere come gestire almeglio la transizione.Chi è il tutor e quali sono lesue funzioni principali?Il tutor è una figura che accompa-gna ciascuno di voi, durante tuttoil percorso universitario.Si tratta, chiaramente, di ex stu-denti della Luiss che, a vario tito-lo, collaborano con le cattedredella nostra Facoltà; li scegliamotra coloro che hanno una buonaconoscenza dell’ordinamentodegli studi e dei servizi dellaLuiss, chiedendo loro di metterela loro esperienza universitaria eil loro bagaglio di conoscenze alservizio degli studenti. Ogni stu-dente ha un tutor sin dall’imma-tricolazione e può trovare tutti iriferimenti per contattarlo sul sitodella Luiss e, da quest’anno, sulla

Guida dello studente di ScienzePolitiche, che deve diventare lavostra Bibbia!L’ultima indagine sulla valu-tazione della qualità dei ser-vizi della Luiss Guido Carli, haevidenziato che solo il 19,5%degli intervistati (20,6%Scienze Politiche) si è rivoltoad un tutor. Secondo lei, per-ché gli studenti hanno unrapporto “difficile” con que-sta figura?Devo dirti che può anche accade-re che uno studente concluda ilsuo percorso di studi, senza averavuto mai bisogno di contattare iltutor, e questo è normale. Da ciò,però, non trarrei la conclusioneche il rapporto è difficile. Direipiuttosto che spesso capita che iragazzi si rivolgano ai propri col-leghi più grandi, ai rappresentan-ti o, come succede nella maggiorparte dei casi, che riescano arisolvere i propri dubbi, semplice-mente andando al Front Officedella segreteria studenti o rica-vando le informazioni dal sito,che è sempre molto aggiornato.Che cosa direbbe a questi stu-denti per convincerli ad usu-fruire del servizio?A mio avviso, è auspicabile risol-vere determinati problemi con ilsupporto del proprio tutor o delcoordinatore: il “sentito dire”molte volte è fuorviante ed nonpermette che l’informazionevenga veicolata nella manieracorretta. Consiglio sempre dirivolgersi al proprio tutor, cherimane il canale di informazione“ufficiale”, mentre i colleghi piùgrandi o i rappresentanti sono lastrada per ottenere un consiglioin maniera amichevole: si tratta,in conclusione, di ruoli diversi maassolutamente complementari.Quali sono le maggiori soddi-sfazioni che le da questo tipodi lavoro?Ce ne sono tante e nascono sem-pre dai successi, piccoli e grandi,che si riescono ad ottenere: miriferisco alla soddisfazione chederiva dal vedere come moltiragazzi, spesso fuori corso, spessodemotivati e stanchi, con proble-mi più o meno seri, riescano aconcludere il loro percorso distudi.

Chiara Orsini

A fine settembreil servizio Luiss TiAscolta hariaperto i batten-ti dopo l’interru-zione estiva. Ilgran numero distudenti che hapreso contattocon lo sportellop s i c o l o g i c odurante la fasesperimentale, dafine marzo a fineluglio, ha persua-so l’Università aprolungare l’e-sperienza di LuissTi Ascolta perl’intero AnnoAccademico incorso.Un dato emerso molto presto in questaseconda fase del servizio gratuito diaccoglienza e counseling è fonte digrande soddisfazione per noi psicologidi Luiss Ti Ascolta. Ci siamo resi contoche molti degli oltre 50 studenti che sisono rivolti a noi da settembre a oggisono stati informati e motivati versoLuiss Ti Ascolta da amici e colleghi stu-denti, che a loro volta hanno preso con-tatto con il servizio. L’emergere di uncanale di trasmissione delle informa-zioni di tipo passaparola, ancor piùdegli indici numerici sull’affluenza, ciinduce a pensare che quello tra Luiss TiAscolta e il corpo studentesco dellaLuiss sia stato un “buon incontro”.La diffusione di informazioni sul servi-zio e i suoi obiettivi – coordinata dalUfficio Studi Statistiche e AffariGenerali – è stato un ingredienteessenziale nel far convergere l’offerta ela domanda di ascolto psicologico. Inlinea con le finalità e lo spirito chehanno accompagnato la nascita diLuiss Ti Ascolta, è emersa da parte deglistudenti Luiss una variegata domandadi supporto psicologico, legata al desi-derio e alle difficoltà di riavviare il per-corso universitario o a emergenze per-sonali che, pur non incidendo diretta-mente sul rendimento negli studi, pos-sono rappresentare un momento diproblematico.Il servizio è organizzato, nel pienorispetto della privacy, su un numerominimo di tre colloqui che danno corpoalla fase di accoglimento. Obiettivi spe-cifici di questo breve percorso sonoquelli della conoscenza reciproca e l’e-

sposizione di quanto ha motivato ilcontatto con Luiss Ti Ascolta, che deveessere effettuato in prima personadallo studente al numero di telefono oall’indirizzo di posta elettronica reperi-bili sul sito dell’Università e su locandi-ne e volantini del servizio. La fase diaccoglimento è un momento crucialeanche per valutare con lo studente uneventuale supporto psicologico succes-sivo ai tre colloqui preliminari. In alter-nativa, lo studente può contare sullopsicologo nella ricerca di quali siano,all’interno o all’esterno dell’Università,le figure professionali che possano for-nire, sul piano psicologico e/o formati-vo, un ulteriore supporto a un momen-to di difficoltà.Abbiamo rilevato come gli studenti chesi sono rivolti a Luiss Ti Ascolta abbianocompreso i“confini”del servizio offerto.E’ emersa la consapevolezza che, seb-bene non sia possibile una vera e pro-pria psicoterapia in un servizio univer-sitario, la condivisione di un disagio el’attivazione di un pensiero sulla stradaper superarlo possa essere un momen-to di promozione del benessere e unaiuto per prendersi cura di sé.Per maggiori informazioni o per pren-dere un appuntamento contattare:

Tel. [email protected]

Ecco a voi…i tutors! LUISS CONTINUA AD ASCOLTARTILa coordinatrice dei tutors della facoltà diScienze Politiche , Dott.ssa Rosalba Picerno , ciaiuta a fare un po’ di luce su queste figure…

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CRISI ALITALIA:CAUSE E SOLUZIONIChe necessità ha uno stato di avere una propriacompagnia di bandiera?Non tutti gli Stati posseggono una compagnia dibandiera. Lo Stato interviene nella proprietà di socie-tà delle compagnie quando ritiene che ci sia un inte-resse pubblico a presidiare le modalità di erogazionedel servizio di trasporto aereo. La compagnia offre unservizio alla collettività, pertanto può avere un sensoche lo Stato sia socio di una compagnia di bandiera.La questione più importante è che, qualora lo Statodecida di assumere un ruolo imprenditoriale, lo facciaesclusivamente a tutela del servizio pubblico alla col-lettività: diventa uno Stato imprenditore che devegiocare con le regole dell’imprenditoria.E' recente la notizia dell’accettazione del pianoCAI da parte di Scajola (il cosiddetto pianoFenice). Quali sono le prospettive future diquesto piano?Il piano Fenice trova la sua minaccia principale nelfatto che il settore è in un momento di grave difficol-tà e di alta intensità concorrenziale. Un fattore criticodi successo per le compagnie aeree sta diventando ladimensione: c'è stata un’ondata di acquisizioni e diconcentrazione di aziende su tutto lo scenario inter-nazionale. Un possibile problema per la CAI è quindila dimensione piuttosto ridotta, tenendo ancheconto che hanno dovuto ridurre il panorama di rotteservito. CAI ha però il vantaggio di nascere dall’inte-grazione con l’ altro grande operatore aereo italiano,l’Airone: senza questa grande acquisizione sarebbestato probabilmente impossibile tenere in piedi lasocietà. Ciò non toglie che serva anche un partnercon cui poter realizzare delle sinergie in scala più

ampia. Le prospettive,quindi, sono buone, ma civuole chiaramente una gestione imprenditorialemolto accorta perché il settore è estremamente com-petitivo.Nelle varie trattative dell’anno in corso, la poli-tica ha svolto un ruolo fondamentale, forse piùdi quello che le compete. E’ stato questo undanno per la società?La politica ha svolto un ruolo troppo pervasivo inAlitalia negli ultimi vent’anni, il problema vero èquello. Quest’anno non ha certo giocato favorevol-mente lo stop-and-go dovuto al cambio di governo ele diverse idee che le opposte compagini di governoavevano sul salvataggio della compagnia. Ciò haulteriormente procrastinato la soluzione e con essa leperdite. La compagnia a proprietà nazionale è unacosa che ha un suo valore e non va del tutto trascura-ta, ma è mancata una compagine imprenditorialeseria che la potesse rilanciare al momento opportu-no: la cosa migliore sarebbe stata che si fosse forma-ta, insieme con una compagnia estera come adesempio l’Air France, in una fase precedente. Ormaigiunti alla fase d’emergenza, le scelte della politicanon hanno certo favorito una soluzione rapida dellaquestione ed il tempo non è passato a costo zero.L’importante è che ciò contribuisca in maniera dura-tura agli investimenti infrastrutturali a beneficio del-l’economia italiana.Secondo lei la causa della crisi, è attribuibilemaggiormente alla politica clientelare diassunzioni, oppure ad un management pocolungimirante?La crisi è dovuta fondamentalmente al fraintendi-

mento di fondo sull’ intervento dello Stato quandopartecipa a società che operano sul mercato libero. Sitorna così alla prima domanda: se lo stato fa l’im-prenditore, lo deve fare attenendosi alle regole del-l’imprenditoria e del mercato. Così non è stato, a tuttii livelli, da quelli più bassi del personale operativodove logiche clientelari e sindacali hanno condottoad assunzioni con criteri non strettamente imprendi-toriali, a quelli più alti, del top management.Stagioni politiche che si sono avvicendate l’una sull’altra e che hanno probabilmente peggiorato inesora-bilmente il problema, senza che il managementriuscisse ad incidere realmente sulla situazione. Bastipensare che, nelle negoziazioni, i sindacati pretende-vano la presenza del Governo (sapendo che essoavrebbe di fatto scavalcato il management).Quali potrebbero essere secondo lei le soluzio-ni al problema: crede che potrebbe esseremeglio cedere Alitalia ad una compagnia stra-niera?Io credo sia utile, in determinate situazioni, che ilGoverno di un Paese possa avere il controllo su alcu-ne delle più importanti aziende nazionali. Questo èindubbiamente un punto di forza per il paese, ma ciònon deve avvenire a scapito delle regole dell’impren-ditorialità. Quindi, ben venga se si può evitare uncontrollo straniero su Alitalia, alla condizione che sitrovi una compagine imprenditoriale che riesca a faredi Alitalia una compagnia sana e competitiva sulmercato, altrimenti meglio una compagnia competi-tiva e straniera, piuttosto che italiana e morta.

Francesco Sbocchi

BUSINESSALTERNATIVI:CACCIAALLEBIOENERGIE“La preoccupazione dell’uomo e del suo destino devono sempre costituire l’inte-resse principale di tutti gli sforzi tecnici”, devono essere i motivi ispiratori alla basedi quella continua evoluzione, ravvisabile in un miglioramento della condizioneumana, che conduce a nuovi e sempre più importanti traguardi. Traguardi questi,che devono, una volta raggiunti, necessariamente essere applicati concretamen-te. Quanto più gli uomini riescono a scorgere nuove strade affinché“tutti i vantag-gi di una tecnologia diventino per tutti”, allora il progresso può dirsi realizzato. Ciòpuò avvenire solo tramite una sinergia continua tra le scienze, anche tra quelleapparentemente più diverse. Lo scenario“ambientale”attuale ne è la dimostrazio-ne più autentica e valida.I giornali ne sono pieni, la televisione ed internetci tempestano di messaggi atti a supportare la tesisecondo cui il petrolio è destinato a terminare.L’immagine collettiva dell’umanità che “sguazza”in pozze dell’oro nero è destinata a svanire nelprossimo futuro. Le riserve del prezioso combusti-bile non sono illimitate, potrebbero nel giro dipochi decenni diventare così scarse da far piomba-re la società nel panico totale. Il futuro dell’ener-gia, perciò, non è più nel colore nero del petrolio:si tinge del verde delle risorse energetiche deri-vanti dall’attività agricola e del blu dell’atmosferae dell’acqua. La “corsa” a tali risorse alternative enon inquinanti, sempre più in disputa, vede issaresul podio le bandiere dei Paesi emergenti nel panorama economico mondiale(cosiddetti Brics: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Il settore energetico risul-ta quanto più strategico, tanto da far gola a molte delle imprese più conosciute nelsettore delle nuove tecnologie, che si stanno preparando ad investire cifre che siavvicinano ai 9,6 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi tre anni. Business, questi,che, secondo le stime di sviluppo del settore, sembrerebbero altamente profittevo-li tanto che sui mercati internazionali sono già presenti titoli a medio-lungo ter-mine per progetti di sviluppo alquanto interessanti. Investire in nuove scopertescientifiche, denota nei “fiduciosi” ottime capacità di previsione, come quelle dicoloro che hanno già puntato l’attenzione sul “fungo-diesel”, un organismo endo-fita di recente rinvenimento nella foresta pluviale della Patagonia ad opera di Gary

Strobel, scienziato di nazionalità americana. Il Gliocladium roseum si nutre di cel-lulosa dell’albero su cui vive e produce una miscela di vari idrocarburi, il biofuelsottoforma di vapori, facile da estrarre ed immagazzinare, efficiente, pulito edutile ad alimentare un motore, senza ulteriori trasformazioni. Si prospetta che ilfungo-diesel fornirà una soddisfazione dell’8% della domanda globale di carbu-ranti entro il 2030, ma questa non è l’unica fonte “verde” disponibile. Si pensiall’interesse verso i materiali lignocellulosi, nuova frontiera delle risorse a bassoimpatto ambientale. Sono già attuali, ma non sempre efficienti, progetti di sfrut-tamento dell’energia eolica ed idroelettrica. Un investimento intensivo, ad esem-

pio, sulla diffusione delle automobili ad idrogeno,non ancora attuata se non per qualche caso spora-dico, comporterebbe sì dei costi iniziali elevati, maquesti sarebbero recuperabili grazie ad una forteed incisiva campagna di sensibilizzazione alletematiche ambientali. Così come è accaduto nellostato di Israele, dove è avvenuta una vera e pro-pria rivoluzione attuata dal gruppo Apc che hainstallato nel deserto del Negev pannelli solari ingrado di soddisfare almeno dal 20% al 40% delfabbisogno nazionale, una percentuale elevata sesi pensa che lamaggior parte delle energie, petro-lio e gas, provengono da governi ostili ad Israele. IPaesi che riusciranno a sfruttare al meglio talifonti energetiche alternative, riuscendo a realiz-

zarne dei business fruttiferi, sono quelli che acquisiranno una posizione di rilievosul piano internazionale, riuscendo anche a ribaltare quello che oggi appare comeun equilibrio abbastanza precario.Viene da chiedersi come mai tutto ciò non sia già avvenuto.Non sono forse anni che il pianeta Terra grida, invano, aiuto?“Credere al progresso non significa credere che un progresso ci sia già stato”, l’im-portante è che sia insito nelle coscienze “l’universale desiderio di vivere meglio”,tale da risultare già in atto un inarrestabile meccanismo di cambiamento.

Rosa Santelia

Discussione sul possibile salvataggio della compagnia col Prof. Tiscini, docente di Introduction to business economic presso la LUISS

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Intervista a Mauro Grella, studente del secondo anno di scienzepolitiche alla Luiss.“Siamo l’onda che vi travolge” recitava ieri lo striscionedel concerto tenutosi alla Sapienza. “Siamo in onda”.Dopo settimane di intensa mobilitazione, che hanno vistola partecipazione di migliaia di studenti e precari di tuttele università, ti senti travolto dall’Onda?Si. E’ riuscita a rendere partecipi molte persone, anche chi primaera lontano dall’impegno sociale, dall’interesse verso il benecomune. Io non sono mai stato estraneo a questo, ma mi sonosentito particolarmente coinvolto negli argomenti a sostegnodella protesta.In quanto studente di un’università privata, in che modoti senti toccato?Proprio in quanto cittadino della Repubblica Italiana: il movi-mento porta avanti istanze che riguardano l’interesse di tutti per-ché l’istruzione riguarda ogni sfera della società. Mi sento tocca-to in quanto ragazzo che vede i suoi coetanei in difficoltà nel cre-dere nelle proprie prospettive future. Mi travolge un senso diamarezza che mi fa sentire vicino al movimento anche se nonappartengo all’Università pubblica.Dunque di fronte alla possibilità di trasformare gli ateneiin “fondazioni di diritto privato” qual è il tuo punto divista?Credo che questo sia un tema poco chiaro e che dovrebbe esserepiù approfondito. Se il Governo stesso ha affermato che è neces-sario un graduale processo normativo è perché su questo punto leproteste hanno insistito molto. Ad oggi lo vedo solo come ungesto di abbandono dell’Università da parte dello Stato, nellatraccia di una politica che vuole privare sempre più del supportostatale i pubblici servizi. In generale credo che il progetto ditaglio, che è alla base di questa “possibilità”, non sia finalizzato auna vera riforma.Quindi pensi che non ci sia una matrice ideologica dietrola logica dei tagli?Se c’è una matrice è comunque schiava della situazione del Paeseche forza un risanamento dei conti e degli sprechi. Se poi il risa-namento è fatto a spese dell’Università a cui tolgono fondi senzapretendere il mantenimento dei controlli fiscali precedentementefruttuosi, si può intravedere una matrice di stampo liberale chetende a salvaguardare l’industria e il mercato a discapito dellesfere pubbliche della società.La parola d’ordine che ha viaggiato con la rapidità dellapropagazione delle onde “Noi la crisi non la paghiamo”, èl’espressione del completo rifiuto di pagare i costi dellacrisi globale. Come pensi sia possibile coniugare questomomento di crisi con un nuovo modello di università in cuiinvestire?Innanzitutto credo che uno dei principali obiettivi di un Governoche tiene alla crescita del paese sia di rendere l’Università liberadalla dicotomia stato–mercato. Questo primo taglio che ha datoil via alle proteste è invece finalizzato alle manovre economiche

di risanamento del debito pubblico e di risposta alla crisi, quandobisognerebbe preservare e rendere impermeabili ambiti come lasanità e l’istruzione dagli errori fisiologici del mercato libero.Da più parti l’onda studentesca è stata accusata di volersolo distruggere e non costruire. Un reale tentativo di“costruzione” è stato fatto nell’assemblea plenaria del 15e 16 novembre alla Sapienza. Credi nella possibilità di unautoriforma?Credo che le riforme debbano essere fatte da chi è pagato perquesto, da chi ha le competenze per farlo. Ma anche debbanoessere frutto di un lungo dialogo con i rappresentanti delle cate-gorie da “riformare”, cercando il massimo consenso da parte diqueste. Il confronto è alla base del principio democratico. Quelloche sta succedendo contribuisce a promuovere il dialogo, acostruire la possibilità di lavorare insieme a chi è preposto a farele riforme ed è giusto che gli studenti pretendano che il loro lavo-ro venga preso seriamente in considerazione.Apolitico, apartitico, antifascista o… nuovo sessantotto?Come ti senti di definire l’onda?Non come il nuovo sessantotto, come qualcuno frettolosamentel’ha voluto etichettare forse per suscitare diffidenza nell’opinionepubblica, per richiamare alla violenza di allora che, a parte pro-vocazioni esterne, non è propria di questo movimento.Quest’onda non è apolitica, ma apartitica. Nessuno chiede il votopolitico né l’appoggio di partiti. Ma fare quello che stanno facen-do centinaia di migliaia di ragazzi, portare avanti una linea con-creta, sacrificare il tempo libero, avere il mal di schiena a forza didormire sul pavimento, esserci senza nessuna bandiera, questa èpolitica.

Marta Vigneri

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Intervista a Daniele BasiliDirigente provinciale di Azione

Universitaria RomaSei favorevole alla legge 133?“Sono favorevole, ma non del tutto. E’necessaria unariforma strutturale dell’ università: c’è un’ inflazionedelle lauree. Tanti laureati fanno lavori che potrebbe-ro fare anche con un diploma e infatti ho sempre pro-posto il numero chiuso in tutte le facoltà.Purtroppo i tagli sono necessari; viviamo in un conte-sto nel quale è difficile reperire i fondi, siamo nelmezzo di una crisi economica.”Se tagli l’Istruzione e la Ricerca potresti avereun effetto boomerang. Obama annuncia gran-di finanziamenti all’ Istruzione, proprio perrilanciare gli States.“E’ da chiarire che non si taglia sulla ricerca, questa èuna mistificazione di una determinata parte deglistudenti..non voglio classificarli politicamente.. perusare un termine politologico lo chiamerei "un grup-po di interesse"In questamaniera non viene bloccata la ricercadi base, come dice il nobel Carlo Rubbia?“Non sono d’accordo; il criterio da utilizzare è l’effi-cienza. Ci sono delle punte di ricerca che vanno valo-rizzate mentre altre sono solo uno stipendio per chidoveva prenderlo.”Come cammina unamacchina che già non cam-mina più togliendole la benzina che le è rima-sta?“Il paragone non mi sembra azzeccato. Questa mac-

china consuma un po’ troppo per quello che rende.”I dati Ocse dicono il contrario. Per lo studenteitaliano vengono spesi 5400 $, mentre inmedia nell’Ue la spesa è di 8400 $.“A mio parere questi dati non dicono niente da soli.Bisogna bilanciare e rapportare la spesa all’esigenzadi ogni specifico Stato.”Si tratta di una politica d’istruzione o di tagli?Perché si associano i tagli alla meritocrazia?“Ai tagli deve seguire una riforma dell’istruzione.Bisogna tagliare questi sprechi spalmando l’operazio-ne in quattro anni. Solo dopo che gli sprechi verrannoeliminati si potrà procedere alla riforma della Scuolae dell’Università.”Pensi che il grembiulino, o il 7 in condotta cam-bino il modo di insegnare? O che i tagli spezzi-

no i baronati?“Credo nel criterio dell’efficienza; Anche a scuola: solochi vuole studiare dovrebbe studiare; gli altri sonosolo un problema per chi vuole realmente imparare.Basta farsi un giro su internet per rendersi conto dicosa succede nelle classi. Bisogna rialzare il livellodella nostra Scuola come anche dell’Università e itagli preparano il terreno ad una riforma strutturaleche riporti serietà e meritocrazia”.Il tuo punto di vista da esponente e rappresen-tante di Azione Universitaria.“Siamo favorevoli comemovimento a queste azioni ditagli perché è una misura di razionalizzazione degliinvestimenti. Ma siamo in parte contrari perchéauspichiamo una riforma del sistema universitario.Inoltre critichiamo chi difende lo status quo dell’uni-versità, come alcuni movimenti di sinistra che rifiuta-no ogni forma di dialogo con il Ministro”.Un’ultima domanda. Cosa ne pensi delle classi“ponte” delle elementari? La Littizzetto dice chepossiamo stare tranquilli perché tanto in Italia quan-do si parla di ponte non si combina mai niente..“Invece penso, al di là delle strumentalizzazioni chesono state fatte dall’opposizione, che rappresentinouna opportunità reale, un mezzo utile all’integrazio-ne dei bambini stranieri che non parlano l’italiano”.

Bianca Laterza

Credo che un’analisi lucida dei fatti della società sia possibile solo a posteriori: ten-tativi di comprensione avventati potrebbero rivelarsi infruttuosi. È dunque moltodifficile definire e cogliere a fondo il significato de “l’onda” studentesca, ancora inmoto.Ho cercato di farmi un’idea quantomeno coerente sul movimento studentesco del2008, se così si può chiamare, ma non ci sono riuscito. Ci sono stato alla“Sapienza”, ho marciato anche in qualche corteo, ho partecipato ai dibattiti qui inLUISS, ma purtroppo ciò di cui dispongo per questo pezzo sono solo alcune con-statazioni, magari tra loro anche discordanti.Sulla scorta di quanto letto e quanto visto, permettetemi comunque un primoriscontro: “l’onda”non ha una connotazione ben precisa dal punto di vista politicoe, se da un lato rivendica a gran voce una presunta apoliticità, dall’altro vedeschierati in campo, accanto a componenti più moderate, gli estremismi di sinistrae quelli di destra. Ebbene sì, anche i ragazzi di destra sono scesi in piazza, certonon sempre al fianco degli antagonisti. Gli scontri, infatti, non sono mancati, masembra proprio che non solo a livello universitario si stiano cercando punti diaccordo tra i collettivi e i gruppi di estrema destra, ma, da un po’di tempo, anchetra gli studenti delle superiori.Sono veramente interessanti gli sforzi compiuti da entrambe le parti per trovaredei motivi di alleanza per combattere un “nemico comune”, ma molto più impor-tante è rendersi conto della graduale ribalta dei movimenti di estrema destra nel-l’ambito delle dinamiche politiche studentesche e dell’in-filtrazione degli stessi in avvenimenti – come le manife-stazioni degli universitari, appunto – solitamente gestitise non monopolizzati dai gruppi di sinistra.Col tempo il neo-movimento studentesco ha assunto leforme di “onda antifascista”: giustissimo, siamo tutti anti-fascisti (si spera); ai miei occhi, però, questa evoluzione èparsa un tentativo da parte della sinistra studentesca diriprendere in mano la situazione.Parlare di apoliticità del movimento, a questo punto, misembra azzardato. Forse in origine il movimento apolitico

lo è stato davvero ( tutti ricordiamo già con un po’ di nostalgia lo slogan “né rossiné neri, ma liberi pensieri”). Ciò nonostante resta ferma la sostanziale apartitici-tà de “l’onda”: nessun partito è riuscito a cavalcarla e strumentalizzarla, preser-vando così lo spirito del fenomeno da una inevitabile corruzione.Ma che cos’è che sta andando in onda, allora? Le proposte del movimento, fino aqualche giorno fa, campeggiavano sugli striscioni nelle piazze e nelle università.Il 15 e il 16 Novembre alla “Sapienza”queste hanno assunto una forma più artico-lata all’interno di un progetto di autoriforma dell’Università italiana. Nei works-hop in cui tale progetto è stato redatto sono stati toccati punti caldi come la didat-tica, la ricerca, il diritto allo studio, e tanto si è parlato di abolizione del numerochiuso, bocciatura del 3+2 e del sistema dei crediti. Molte idee sono davvero vali-de, altre lo sono di meno. O meglio, sono opinabili perché gettano un’ ombra suquella che è la rivendicazione centrale di tutta la protesta studentesca: la merito-crazia.Nel ’68 le lotte degli studenti erano volte all’abbattimento di un sistema scolasti-co e universitario che basava la propria ferrea selettività sul classismo, che nonfavoriva la mobilità sociale e che impediva, dunque, una sostanziale uguaglianza.Si contestava un concetto sbagliato di meritocrazia che portava a una difesaoltranzista degli interessi delle élites perché considerava l’appartenenza a questeun merito. La lotta verteva sulla richiesta di una scuola inclusiva, in cui realizzarel’emancipazione delle classi proletarie.

Oggi gli studenti protestano per la qualità dell’istruzio-ne e per il timore che possa riemergere il concetto della“vecchia meritocrazia” che renderebbe tragica unavisione già abbastanza inquietante della vita futuranel mercato del lavoro. Oggi tutti, governo incluso,vogliono la meritocrazia, quella che premia i capaci diogni estrazione sociale. Le divergenze, piuttosto, siaprono sugli strumenti con cui realizzarla.

Nicola Del Medico

Cosa va in onda?Ma soprattutto, che cos’è “l’onda”?

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TORNARE A I L IBER I PENS IER ITORNARE A I L IBER I PENS IER I

Dopo quello a cui abbiamo assistito in piazza Navonamercoledì 29 ottobre, alla vigilia della grande mani-festazione nazionale promossa dalla Cgil contro iprovvedimenti del governo in materia di riforma sco-lastica e tagli di risorse da destinare alle università,credo sia opportuno fare un’attenta riflessione. E con-durla partendo dai fatti. Non voglio prestarmi a facilipolemiche, che in un solo caso avrebbero ragione disorgere: una discussione impostata su vuote contrap-posizioni ideologiche per comprendere le ragioni egli scopi di una protesta a dir poco eterogenea. Nonvoglio soffermarmi sull’esercizio (inopportuno inquesta sede) del“chi ha cominciato”; a questo si stan-no dedicando gli inquirenti per individuare le originidella scintilla da cui è divampato l’incendio. Potreianche commentare l’inaspettata irruzione presso glistudi Rai della storica sede di via Teulada ad opera diun manipolo di estremisti neofascisti - peraltro, alcu-ni di essi vigliaccamente incappucciati - contro lamessa in onda di un video sui medesimi scontri.Potrei farlo... ma mi astengo. La mia riflessione, riba-disco, si concentra sull’accaduto: uno scontro violen-to tra manifestanti di opposti orientamenti politici,sicuramente provocata - anche questo è un fatto - daqualche irresponsabile. Penso che sia ancora piùgrave, al di là delle modalità con cui viene condottauna protesta e all’opportunità delle stesse, l’averperso un’ottima occasione, un’occasione importante,quasi irripetibile, che avrebbe rappresentato per noi,giovani studenti partecipi e consapevoli, figli di una

saggia società civile, un atto di maturità politica edun’eloquente dimostrazione di crescita: essere capacidi abbandonare, almeno per una sola mattinata, glischemi, i pregiudizi, le diffidenze, le vuote contrap-posizioni e unirsi pacificamente in un corteo di fortema rispettoso dissenso; a suggellare questa intesa adir poco perfetta, uno slogan impeccabile, significa-tivo, bellissimo: né rossi, né neri ma liberi pensieri;quei pensieri che aiutano a crescere nel dibattitocostruttivo, nel confronto aperto e leale, nella discus-sione condotta con fermezza e onestà senza cederealla tentazione di imporre “il proprio” sempre e

comunque. Ecco, io credo che sia dovere di tutti glistudenti, nella prospettiva delle future proteste con-tro provvedimenti governativi che possano indeboli-re l’istruzione e la ricerca pubbliche, di tornare alsenso e al messaggio di quello slogan, di unirsi nuo-vamente in un clima pacifico e proficuo, ma senzaripetere l’imperdonabile errore di piazza Navona.Dopo esserci lasciati alle spalle la fase più turbolentadelle proteste, viene da pensare che quasi tutte leassociazioni studentesche, in risposta alle decisioniassunte dal governo circa l’opportunità di operareconsistenti tagli di risorse al sistema universitario ita-liano, abbiano compreso l’opportunità di unirsi, dicooperare, di promuovere un progetto comune.Senza esagerare, non c’è stato governo che sia sfug-gito alle rimostranze di una categoria sociale fonda-mentale qual è quella degli studenti; e, al tempostesso, non c’è stata legge, riforma o decreto chesiano stati accettati placidamente dai destinataridelle decisioni previste, in quanto ogni provvedimen-to - come ogni atto politico - accontentando alcuni,sfavoriva altri. Pertanto, se in questa occasione si èriusciti a convergere per la prima volta sull’unicità diun punto comune, potremmo considerare il timidorisultato ottenuto come un piccolo successo.Continuare sulla stessa strada è il nostro principaledovere.

Antonio Bonanata

14 Novembre 2008, manifestazione contro la riforma della scuola voluta dalMinistro della Pubblica Istruzione Gelmini: i sindacati si dividono. L’astensione allosciopero nazionale di Cisl e Uil e la propensione al dialogo con il governo, mostra-no che il famoso Decreto Legislativo 137 di riforma della pubblica istruzione nonpuò considerarsi del tutto negativo. La riforma Gelmini è direttamente collegatacon il progetto del Ministro per la Pubblica Amministrazione e dell’InnovazioneBrunetta, di apportare tagli alla spesa pubblica e prevede, inoltre, numerosemodifiche al sistema scolastico. Al centro della riforma Gelmini vi è il ripristino delmodello dell’insegnante unico nella scuola primaria, decisione aspramente conte-stata dai partiti dell’opposizione. Il centrosinistra sostiene che tale manovra ridu-ca sensibilmente il numero di posti di lavoro e danneggi in particolare la scuolaelementare, punto di forza dell’istruzione italiana. Bisogna ricordare che il maestrounico è stato presente in Italia sino al 1990, anno in cui, nel sesto governoAndreotti, si passò al modulo formato da tre maestri per classe. Tale decisione fufortemente voluta dal Pci e da parte della Dc, che ritenevano la riforma necessaria

per il miglioramento della formazione degli alunni, e dai sindacati, dotati di unpotere politico molto forte in quel periodo. Già allora l’approvazione della riformanon ebbe vita facile poiché diversi esponenti di centrosinistra sostennero che l’au-mento dei docenti avrebbe aumentato i costi senza un corrispondente aumentodella qualità dell’insegnamento. In realtà sia la riforma del 1990 che la riformaGelmini, hanno alla base delle motivazioni prettamente politiche, non pedagogi-che. Prova ne è che la qualità della scuola primaria è diminuita e l’Italia, ai primiposti in Europa negli anni ’70-‘80, ora vanta un livello d’insegnamento tutt’altroche eccelso. In una fase di recessione economica come quella che stiamo vivendo,non si può considerare un errore tentare di ridurre i costi di un settore che, in Italia,è al primo posto in termini di sprechi. Se si considera che il 97% della spesa dellascuola pubblica è costituito da stipendi, perché ribellarsi se per migliorare il servi-zio e per ridurre i costi si elimina il personale in esubero? E inoltre, riducendo ilnumero di docenti si può iniziare a parlare, in termini concreti, di meritocrazia nelcomparto pubblico. Il Ministro Gelmini ha assicurato, infatti, che il 30% dei tagliverrà reinvestito per incentivare i professori produttivi attraverso dei premi corre-lati alla produttività, perseguendo in tal modo l’obiettivo di rimuovere i “fannullo-ni” dalle istituzioni pubbliche tanto voluto dal Ministro Brunetta. La riformaGelmini, d’altronde, ha trovato tra i suoi sostenitori Luigi Berlinguer, ex ministrodella pubblica istruzione dal 1996 al 2000, che cercò di proporre una riforma cheintroduceva il merit system tra i docenti, e che ebbe critiche talmente aspre datutta la sinistra, che fu costretto a dimettersi poco dopo. Purtroppo in Italia parla-re di meritocrazia e di valutazione delle capacità personali continuerà ad essereimpossibile se l’efficienza nell’istituzione pubblica continuerà a non essere unobiettivo perseguito da politici troppo spaventati di perdere la poltrona.Come può un paese investire sui giovani se gli stessi vengono istruiti e formati dapersonale docente non all’altezza del compito? Il buonismo e l’esclusiva attenzio-ne al consenso elettorale hanno fatto si che la scuola italiana venisse affossata.Forse questo è il momento giusto per cambiare finalmente le cose, e per far torna-re la pubblica istruzione italiana agli ottimi livelli passati.

Alberto Sergi

Chi ha paura del Maestro Unico?

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L’istruzione costituisce senza dubbio uno deicaratteri fondamentali del welfare state.L’obbligo di assicurare una formazione scolasticaa tutti i cittadini, indipendentemente dal redditoprodotto, risponde infatti al principio egualitari-stico che deve essere proprio di ogni stato liberal-democratico che si rispetti. Una scuola gratuitarappresenta un mezzo di riscatto sociale, unostrumento attraverso il quale anche i menoabbienti possano emergere. L’obbligo scolasticoriveste però anche un altro scopo, lontano dalogiche meritocratiche: è auspicabile che tutti icittadini abbiano una base culturale ampia e con-divisa, che tutti possiedano delle conoscenze talida consentire loro di esercitare in assoluta autonomiae piena maturità i propri diritti di cittadinanza, inprimo luogo il diritto di voto. Fin dalla sua nascita, laRepubblica italiana ha accolto le istanze sopradescritte. L’art. 34 della Costituzione afferma infattiche “l'istruzione inferiore, impartita per almeno ottoanni, è obbligatoria e gratuita”. Ovvero, fino ai quat-tordici anni. Il progresso socioeconomico ha peròfatto sì che l’obbligo costituzionale non fosse più alpasso coi tempi, e il ritardo accumulatosi rispetto aglialtri paesi europei ha indotto il legislatore ad alzare,in epoca recente, l’età dell’obbligo formativo. Fu ilministro Berlinguer, nel 1999, a prevedere un gra-duale innalzamento dell’obbligo scolastico da otto a

dieci anni complessivi . Tuttavia, la riforma Morattiinvestì in maniera decisiva anche l’obbligo scolastico,introducendo l’ambiguo concetto di “diritto-dovere”(che comportava un impegno meno intenso da partedello Stato), e cancellando la riforma Berlinguer. Sitornava al testo costituzionale del 1948. È difficiledare una spiegazione a una proposta di questo gene-re: una riduzione dell’età minima per poter abbando-nare gli studi non trova riscontri in alcun paese delmondo, non solo d’Europa. Dati alla mano, si puòaffermare infatti che, tra il 2000 e il 2004, la riformaBerlinguer abbia mantenuto tra i banchi di scuoladuecentomila ragazzi. Si arriva così al 2006: nuovo,governo, nuova riforma. L’ultima legge finanziaria

del Governo Prodi II riportò in vigore quanto erastato imposto dalla riforma Berlinguer, cioè i diecianni di istruzione obbligatoria. Come prevedibile,quest’innovazione ha avuto però vita breve, inquanto il decreto Gelmini è intervenuto, tra levarie modifiche previste, anche sull’obbligo scola-stico, ripristinando la cancellazione dei due anniaggiuntivi. La questione è però complessa: già inuna polemica estiva con Walter Veltroni,Mariastella Gelmini aveva affermato che in realtànon ci sarebbe stata alcuna riduzione, poiché l’ob-bligo sarebbe stato assolto attraverso percorsi diformazione professionale, istituiti dalle Regioni.Ebbene, in questomodo non solo si regionalizza la

formazione, ma si torna a dividere l’istruzione in duecanali, uno dei quali discriminatorio per chi lo sceglie(o è costretto a scegliere): questi vedrà ridursi inmaniera drastica le proprie prospettive lavorative,così come, se meritevole, le lecite aspettative di asce-sa sociale. E, naturalmente, verrà meno la base cultu-rale condivisa, necessaria per l’efficace funzionamen-to delle istituzioni democratiche e per la diffusione diun civismo apprezzabile. Appare necessario, perciò,che la proposta di ridurre l’età dell’obbligo scolasticosia rivista.

Giulio [email protected]

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La Moratti, la Gelmini e l’obbligo scolastico

L’onda studentesca si infrange contro lo scoglio del Governo troppo resistente persgretolarsi. Rivuole il denaro stanziato per il suo futuro, intende incominciare unalunga battaglia, cerca sostegno e lo trova: nell’opposizione, nei ministri ombra, neisindacati, nelle libere associazioni ed alza la sua cresta forse anche troppo. Vuolegridare che per sanare il deficit economico l’ultima istituzione che possa esseresoggetta ad ingenti tagli è proprio la scuola.E’sempre lei, sicura, decisa, che prosegue il suo viaggio da Milano a Torino a Pisa aRoma a Napoli a Cosenza a Palermo. Cerca di fare rumore e spera di essere notata:ma fingono di non notarla. Allora si infuria, diventa più imponente e più PERICO-LOSA. L’onda non vuole ottenere gli sterili botta e risposta con i rappresentanti del-l’esecutivo né i dibattiti nei salotti televisivi privi di concretezza. E così si fa influen-zare dalla politicizzazione tipicamente italiana, dall’estremismo delle nuove testecalde del 2008 consapevoli dell’importanza della propria battaglia, ma sicuramen-te inesperti riguardo i metodi con cui condurla. Così si innesca la spirale, e l’onda sidisperde, si disorienta, e da nord a sud i comitati che raccoglievano le firme diven-tano promotori di set-in non autorizzati davantialle sedi degli organi istituzionali, insensibili adogni richiamo alla moderazione da parte deipartiti che l’avevano sostenuta con zelo. E reagi-sce in modo compatto dappertutto, dall’estre-mo meridione all’estremo settentrione. Ma inItalia c’è anche chi si allontana dalla protestaperché il suo mondo è allo stesso tempo il piùdebole, ma è anche la roccaforte della maggio-ranza. E chi fino ad allora ha partecipato si senteemarginato ed avverte ancora più forte lanecessità di farsi sentire, di essere consideratofondamentale contribuente alla formulazione diuna legge che lo riguarda in prima persona. Enon ci riesce. Allora spuntano i manganelli, che

nulla hanno a che vedere con quella che doveva essere una pacifica manifestazio-ne a tutela dell’avvenire di intere generazioni. Intanto il Governo discute e l’oppo-sizione non può fare la sua parte perché, quando afferma che la sua azione è voltaalla rivendicazione di diritti, la risposta da parte della maggioranza si riduce aduna fragorosa risata, “non siete altro che i soliti fantocci senza alcuna consapevo-lezza di quanto sia grave appoggiare una battaglia basata sulla violenza”. Ed ora siche l’onda è veramente priva di ogni credibilità.. E l’esecutivo esalta il decretoanche solo per recitare il ruolo della controparte. Questa è una storia raccontata dachi ha creduto nei propri sogni. E’nata raccogliendo le testimonianze di chi dell’on-da faceva parte ed ha concluso la sua azione ammettendo le proprie mancanze. Inquesto racconto sono racchiusi i meccanismi di organizzazione tecnica, ma anche irisvolti psicologici “di massa”, dovuti anche alla spesso contraddittoria tradizioneitaliana.Ma almeno - chiedo a qualcuno che ha cavalcato la cresta -cerchiamo di trarre lamorale della favola, auspicando che qualcosa, imparata la lezione, cambi - Mi

viene risposto che è lecito combattere e rivendi-care, ma che, in questi casi, il sogno deve essereperfettamente identico per tutti coloro che dico-no di condividerlo; ma la colpa, - ribadiscono -non è solo dell’inesperienza giovanile, ma èanche di una società incapace di capire e di dareil suo contributo. Questa esperienza ci ha segna-ti, e sarà estremamente utile, ironizzano, nellaprossima puntata.Un ringraziamento speciale va agli universitaricosentini, romani e pisani, disponibili a rievocarea fondo e nei dettagli anche una sconfitta cosìscottante.

Giovanna Cento

LA MORTE DI UN’ONDA

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An InternationalchangeDopo una vittoria dalla portata storica,Barack Obama 44esimo presidentedegli Stati Uniti d’America sarà chiama-to a fronteggiare problemi di proporzio-ni altrettanto storiche. Le carte delgioco geopolitico vengono ora ridistri-buite, i leader mondiali, amici o avver-sari, devono ricalibrare il modo di rela-zionarsi con il partner americano. I capidi Stato di ogni Paesenon hanno mancatodi inviare messaggi dicongratulazioni al neopresidente eletto. Ilpresidente franceseSarkozy sostiene chel'elezione di Obamasolleva "un’immensasperanza: quella diun'America aperta,solidale e forte chemostrerà di nuovo lavia, con i suoi partner,per preservare la pace e la prosperitànel mondo”. Il Vecchio Continente vedein Obama il cambiamento atteso, ilritorno ad un’impostazione di gover-nance multilaterale rendendosi contosolo in parte che questo significheràtrovarsi di fronte a richieste di maggioreimpegno e partecipazione al governodella stabilità e della sicurezza interna-zionale. Il dossier Russia, dopo le paroledel Ministro degli Esteri che auspica unrinnovato approccio nelle relazioni conla Federazione Russa, dovrà ripartiredalla correzione delle percezioni reci-proche, con Mosca che vede negli Usauna potenza tesa ad impedirne la rina-scita e Washington che dovrà reinter-

pretare in chiave meno semplicistica epiù realistica il ruolo internazionaledella Russia, che non può esseredismessa con una potenza in declino enon rilevante. La sfida mediorientale diObama inizia con l’impatto che il giova-ne neo presidente ha avuto sul mondoarabo: l’antiamericanismo può esseresmorzato dalla novità, dall’entusiasmo,dal messaggio di dialogo e speranza. Sea ciò seguiranno fatti che consolidanoquesta direzione può cambiare di moltoil contesto in cui gli Stati Uniti e ilmondo islamico si verranno a confron-

tare, tanto che l’Ayatollahiraniano Ali Khamenei, hadichiarato che “Il presi-dente eletto ha promessocambiamentiA in politica.C'è spazio per il migliora-mento dei rapporti traAmerica e Iran”. Per quan-to riguarda l’Asia, Obamapotrebbe cercare di rista-bilire il prestigio america-no nel continente.L’approccio con il nemico-partner cinese sarà nelle

prerogative del neo presidente, non èinfatti azzardato dire che si tratta delpiù importante accordo bilaterale dellanuova era, da cui dipenderanno succes-si ed insuccessi della presidenza ameri-cana, l’integrazione di Pechino nelnuovo ordine globale e il consolidamen-to del Paese come potenza dello statusquo come già auspicato dal Presidentecinese Hu Jintao.In ogni caso, dopo Obama cominciaun'altra, inedita pagina della storiaamericana. Se sarà anche un'altra pagi-na della storia mondiale dipenderàanche da noi.

Valentina [email protected]

Obama Presidente: torna ilproblema del razzismo«La nostra nazione è in rovina, l'elezione di Obama è solo il culmine diun processo in corso da decenni» queste sono le parole di GrantGriffin, donna bianca di 46 anni della Georgia, una delle tante voci delcoro di protesta che si è alzato all'alba dell'elezione di Obama. Era pre-vedibile cheminoranze degli stati del Sud sarebbero state contrarie adun Presidente che avrebbe sostituito la figura di uomo di potereWasp(White Anglo Saxon Protestant) con il suo esatto contrario, un capodell'esecutivo nero e di origini africane. Stupiscemolti però il fatto cheil moto di protesta sia dilagato sull'intero suolo statunitense. Giustoper fare pochi esempi: in Georgia, un liceale afroamericano è statoallontanato dalla scuola perché presentatosi con una maglia cheritraeva Obama, nell'Università statale del North Carolina sono com-parsi graffiti che recitano “Spariamo in testa a quel negro”, a LosAngeles automobili e case sono state ricoperte da scritte che invitanogli afroamericani a tornare in Africa, nel Maine un supermercato offrela possibilità di scommettere su comemorirà il nuovo presidente chia-mando il concorso “Osama-Obama, speriamo che qualcuno vinca”riferendosi ai partecipanti del concorso.La FBI afferma che per nessun altro presidente sono stati raggiuntisimili livelli di protezione, già sventato il primo tentativo di assassinioda parte di due ragazzi che si ispiravano alle ideologie naziste hitleria-ne e al discorso di David Lane degli anni 80': «Dobbiamo assicurarel'esistenza del nostro popolo e un futuro per i bambini bianchi» paro-le diventate manifesto del movimento ariano americano. In un'inter-vista rilasciata a Repubblica, Stephen Donald Black, capo per moltianni del Ku Klux Klan, afferma: «Dobbiamo tornare alle origini: que-sto Paese è stato fondato da coloni europei bianchi e da lì vengono inostri valori» e ancora «Dobbiamo mobilitarci prima che gli immigra-ti trasformino quella che era una nazione ricca e stabile in un Paesedel Terzo Mondo», evidente poi la paura di una società multietnica

«Non esiste la possibilità di una realeintegrazione perché non si può cam-biare la natura delle persone». DonBlack parla poi del futuro: « E' tempoche i bianchi americani si alzino e sibattano per i loro interessi e per i lorodiritti. La minaccia di Obama ci moti-va».

Gianfranco Addario

Sì sa, in ogni battaglia, in ogni guerra, ci sono i vincitori e i vinti.E il tutto è tanto più arduo quanto più la vittoria in questione è schiacciante.Ovviamente non ci sono state eccezioni per i Repubblicani. Le reazioni all’internodel Grand Old Party sono state però differenti.Sarah “Barracuda” Palin si è preoccupata di chiarire che la sconfitta non era “tuttacolpa sua” e di lasciar intendere che, “ se Dio vuole”, potrebbe fare un pensierinosulle prossime elezioni nel 2012. Il presidente più odiato dagli Americani, l’ ahimèceleberrimo GeorgeW. Bush si è subito congratulato vivamente con Obama (chia-mandolo immediatamente dopo Mc Cain) e si è detto assolutamente disponibile acollaborare nel periodo di “inter-regno” che terminerà in Gennaio ( vorrei vedere,dico io, vista la situazione corrente) arrivando ad invitare il neo presidente alla CasaBianca ed a partecipare al G20,a cui poi Obama ha deciso di non partecipare, pro-babilmente per non accelerare ulteriormente i tempi già notevolmente congestio-nati di questo atteso passaggio di consegne. Nonostante le premesse pare che lo

schizofrenico Bush si siaperò irritato a causa diuna fuga di notizie circa ilsuddetto meeting tenu-tosi il 10 Novembre scor-so; infatti la stampa Usaaveva parlato della pro-posta di uno scambio sul-l’economia, nella fatti-specie un aiuto ai colossidell’industria automobili-

stica in crisi in cambio del-l’approvazione del rapportodi libero scambio con laColombia.E infine il vecchio soldato,Mc Cain. Forse ci saremmoaspettati schiamazzi e recri-minazioni, ma lo spiritodemocratico che negli StatiUniti è decisamente moltopiù saldo che a casa nostra,ha prevalso. Già nel suo discorso del 4 Novembre Mc Cain ha dimostrato un gran-de equilibrio invitando i suoi sostenitori a supportare il nuovo presidente. A testi-moniare il suo impegno a collaborare è anche l’incontro tra i due ex avversari cheha avuto luogo il 18 Novembre; entrambi hanno riconosciuto la necessità di lancia-re “una nuova era di riforme” e le indiscrezioni raccontano che il vecchio soldatoabbia offerto di collaborare anche nelle scelte di politica ambientale e nella chiu-sura di Guantanamo. Sicuramente questo clima bipartisan, di collaborazione, sti-mola l’ottimismo e costituisce un ottimo punto di partenza per tentare di recupe-rare un’America devastata da otto anni di amministrazione Bush, ammesso chevenga ad essere dovutamente sfruttato da entrambe le parti

Caterina [email protected]

QUELLO CHE I VECCHI PADRONI PENSANOI Repubblicani si leccano le ferite e si adattano

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Il nostro ben noto Presidente del Consiglio non perde occasione per regalarciperle di ironia, simpatia e brillante intrattenimento neanche nel bel mezzo di unodegli eventi più importanti dell'anno. Sarà che tutta questa attenzione per il neoPresidente Barack Obama l'ha fatto sentire un po’messo da parte, sarà che si saràvisto sfumare la prima pagina dei giornali per qualche giorno, ebbene Silvio haimmediatamente escogitato un metodo per guadagnare punti e ritornare al cen-tro delle polemiche: quale metodo migliore che definire il nuovo Presidente "gio-vane, bello e anche abbronzato"? Anche questa volta il metodo non ha fallito, ilpremier è riuscito a canalizzare l'attenzione su di lui, i leader di sinistra conside-rano doverose le sue scuse, i giornalisti tornano a intervistarlo per sapere cosaintendesse dire con quell'attributo, la sua frase fa il giro del mondo. Concedetemidi esprimere il mio modesto parere: Silvio, cosa combini? Per un premier l'auto-controllo è fondamentale e forse ogni tanto dimentica che le sue parole sono unimportante biglietto di presentazione del nostro Paese nel mondo; passi per l'a-ver dato del "kapò" al tedesco Sculz nel bel mezzo del suo semestre di presiden-za all'Unione Europea, ma fare gli onori di casa al neo eletto Presidente degli StatiUniti in questo modo è carenza di buon gusto! Diceva Cicerone: "Chiunque può

sbagliare; manessuno, senon è unosciocco, perse-vera nell'erro-re". Ad ognimodo apprez-ziamo il suospirito altrui-sta quandodice: "A BarackObama potròdare dei consi-gli perchésono piùa n z i a n o .Aspetto di

farlo quando potrò abbracciarlo di persona" definendo la sua vittoria il simbolodella vitalità democratica. E difatti è questo che Obama rappresenta, è l'incarna-zione della speranza, del cambiamento, del nuovo, del sogno di tante persone

"abbronzate" e non (volendo adottare la terminologia premieriana); parere nondel tutto condiviso dal centro-destra italiano che non ha tardato a seguire il suoleader nell'apprezzabilità dei commenti rivolti ad Obama: Gasparri sostiene al tg3rai che con Obama alla casa bianca forse "Al Qaeda è più contenta", affermazioneche immediatamente smentisce come un bambino beccato con le mani nellamarmellata (tecnica sapientemente trasmessagli da qualcuno di nostra cono-scenza), ma restando fermamente convinto che la politica dei repubblicani siastata più determinata nella lotta al terrorismo internazionale. Ad onor del verooccorre ammettere che vi sono stati anche commenti meno denigratori e piùriflessivi, quale quello proveniente da Gianfranco Fini che ha considerato impor-tantemenzionare l'alta affluenza alle urne, segno di unmodello democratico sta-tunitense difficile da eguagliare, per riservarsi poi un margine di tempo per potergiudicare l'operato di Obama in materia economica-finanziaria che rappresente-rà il banco di prova ed il suo terreno di valutazione meglio di ogni altro. Da partenostra non ci rimane che augurare una buona presidenza al neo eletto "giovane ebello" (qualità carenti nei nostri rappresentanti politici italiani), sperando chepossa compiere grandi cose e ci dimostri che forse il cambiamento è una prospet-tiva realizzabile, che forse gli eroi possiamo osservarli e ammirarli anche oggi,non solo leggerli sui libri di storia.

Mariasole Bergamasco

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Neg l i U S A S i p u ò f a r eForse qualcunoancora ricorda loslogan veltroniano“Si può fare”, caval-lo di battaglia delP a r t i t oDemocratico italia-no ripetuto conti-nuamente durantel’ultima campagnaelettorale e nonsolo. Quale miglio-re modo per il

segretario del PdWalter Veltroni per creare con queste poche parole una sorta dicordone ombelicale con il candidato democratico alle elezioni americane, il neo-presidente Barack Obama?Un rapporto fondato su ammirazione e stima tra i due personaggi della politicamondiale che nacque già nel lontano 2004, quandoVeltroni vide in Obama la per-sona“che parla il linguaggio migliore dei democratici, coniugando la condivisionedella vita reale e la tensione ideale”.E anche più recentemente, dopo la manifestazione al Circo Massimo, il veltronia-no Giorgio Tonini si era espresso dicendo“ Aspettiamo adesso il trionfo di Obamaper consolidare il cammino del partito”.Durante la Notte della Speranza, la notte del voto americano, trepidante è stata

l’attesa del centro-sinistra italiano, riunitosi per l’occasione al Tempio di Adrianoad aspettare tutti insieme che il sogno democratico divenisse realtà.Così è stato:“In questi ultimi anni l’America era quella di Guantanamo, adesso tor-nerà ad essere quella di Martin Luther King”, così ha affermato un soddisfattoVeltroni, che cerca poi di porre a confronto la “nuova America”con il nostro Paese.Secondo il segretario del Pd, la differenza appare enorme. Lo stesso D’Alema lasera prima si era espresso davanti alle telecamere di Youdem sostenendo che“conla vittoria di Obama si chiude l’era di Berlusconi”, aggiungendo però subito dopo:“Per cambiare l’Italia dobbiamo fare da soli. Bisogna rimboccarsi le maniche”.Una ventata di cambiamento, insomma, che ha scosso il mondo e l’Italia e checostituisce, secondo Veltroni, una lezione per tutta l’attuale politica italiana.Non mancano le critiche al centro-destra, paragonato più a Sarah Palin che aMcCain, e caratterizzato da un “unilateralismo berlusconiano che verrà sostituitodal multipolarismo”.Il centro-sinistra italiano ha accolto il nuovo Presidente USA con calore ed entusia-smo; l’euforia generale è sfociata in un “party-comizio” che ha coinvolto più dimille persone davanti al Pantheon lo scorso 4 novembre. Dario Franceschini, vice-segretario del Pd, sul palco ha parlato di una “festa in tutto il mondo”.L’America, agli occhi del Partito democratico, è tornata a sposare i più alti valoridella democrazia, mantenendo però allo stesso tempo una carica di realismo econcretezza che fa ben sperare in un cambiamento contagioso anche per l’Italia.E’stata una vittoria ricca di speranze ed aspettative per il centro-sinistra del nostropaese: che il vento di novità possa davvero abbattere l’inerzia italiana?

Elisa [email protected]

L A T I N T A R E L L A D I B A R A C K

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Arrival of Muslims in Sub Continent: The last Prophet Islam ProphetMuhammad (S.A.W) completely changed the intellectual outlook ofArabia. Within 23 years he transformed the barbarous Arabs into a civili-zed and religious nation. During his life and after his death, Muslims tookthe message of Islam to every corner of the world and within a few yearsMuslims became the super power of the era. Trade relations betweenArabs and sub-continent dated back to ancient times. After the Arab tra-ders became Muslims they brought Islam or in fact laid the foundationand sow the seed of our homeland Pakistan.Sufis & Spread of Islam: When Muhammad Bin Qasim conquered Sindh,the local people who had been living a life of misery breathed a sigh ofrelief. Qasim followed a lenient policy and treated the local populationgenerously. The story of Islam in sub continent and laying of foundationof Pakistan is the story of untiring efforts of numerous saints and Sufiswho dedicated their lives to the cause of service of humanity. It is stillconsidered that despite success of Muhammad Bin Qasim in Sindh thesuccessful campaign of Sufis and saints actually was the main factorwhich cause birth of Pakistan at later stage.Colors of Dynamic Mughals Dynasty: Then the Mughals control of sub-continent impact society in several large ways. It was the days of religioustolerance, introduction of colors and art and the Islamic and Persian per-spective to the artwork gave a different touch to sub Continent. The colorsof dynamic dashing Mughals dynasty introduced innovative methods ofpolitics, social values and introduction of mixture of Arabic, Turkish andMughals culture gave birth to spectacular Art and region filled with richculture and colors of Mughals Art and social values which later cause thecolorful and rich culture of Pakistan and India.

Separation of Sub-Continent & Birth ofPakistan: But after thedeath of AurangzebAlamgeer decline of greatMughal Empire startedwhich created distancesbetween two great nationsHindus and Muslims livingtogether from hundreds ofyears and give birth to thetwo nation theory. Thistheory further caused thebirth of Pakistan after inde-pendence war with Britishin 1857. Then after the

untiring efforts of Sir Syed Ahmed Khan, Allama Iqbal and off course thegreat leader Muhammad Ali Jinnah, the Pakistan emerged on the map ofthe free world as the largest Muslim State. It was the interpretation of thedream of millions of Muslims who had seen after the passage of historicLahore Resolution on 23rd March 1940. The new Muslim state comprisedof two wings that is West Pakistan and East Pakistan and had a popula-tion of about 80 million. Quaid-e-Azam Muhammad Ali Jinnah was elec-ted as the first Governor General and Liaquat Ali Khan took over as thefirst Prime Minister of Pakistan.Problems of Pakistan after Birth: This great infant nation has to face thehuge problems. The country had to deal with problems like shortage offunds, has to feed millions of refugees crossing the border with hopes anddreams in their eyes, administrative problems, economic problems,Pakhtoonistan Stunt, Kashmir problem constitutional problems and mili-tary problems as well. The behavior of politicians after the death of ourgreat leaders Quaid-e-Azam Muhammad Ali Jinnah and Liaquat Ali Khanalso proved a major set back for the nation. The greedy politicians sacrifi-ce the countries interest and give birth of negative politics of accession ofpower which caused the separation of East Pakistan which is Bangladeshnow.

Kashif [email protected]

Ultima notizia, mercoledì 19 novembre: l’aereo senza pilota, un predator,ha lanciato un missile contro una casa che si trova nel distretto di Bannu.Nell’attacco morto, con molta probabilità, anche lo “straniero”(così leautorità pakistane indicano ormai i miliziani di al-Qaeda) AbdullahAzzam al-Suadi, esponente della rete terroristica di origine saudita lega-ta a Bin Laden. Pochi giorni prima, anche un altro missile, si sospetta,lanciato da un drone americano, ha ucciso almeno otto persone nel norddel Waziristan, regione dove si rifugiano i miliziani talebani. Il presidenteAsif Zardari lancia il solito appello al neoeletto Obama, dicendo che que-ste incursioni non fanno altro che ledere il suo potere e complicare la suaopera di restaurazione nel Paese. Già, perché si tratta“solo” del ventune-simo bombardamento americano negli ultimi quattro mesi. In realtà, giànel mese di luglio, il governo statunitense aveva autorizzato, per la primavolta, le incursioni terrestri delle forze speciali USA in territorio pachista-no, anche senza l’autorizzazione di Islamabad. Una svolta, nella politicaAmericana, dopo sette anni di collaborazione con il governo pakistanodell’ex presidente Musharraf. E un allontanamento della risoluzione delproblema aree tribali per il Paese.Ma cosa sono queste aree tribali? Learee tribali sotto amministrazione federale (FATA) si estendono su 27.220chilometri quadri, circa il 2% del territorio pachistano. Da sempre consi-derate come “zona cuscinetto” tra l’ Impero Britannico dell’India el’Afghanistan, assunsero la denominazione odierna nel 1926, quando gliInglesi le suddivisero in sette differenti distretti politici: Bajaur,Mohmand, Khyber, Orakzai, Kurram, North Waziristan e South Waziristan.Contestualmente vennero costituite quattro regioni di frontiera:

Peshawar, Kohat, Bannu, Dera Ismail Khan. Mentre la gestione della sicu-rezza e dello sviluppo era affidata alle Autorità centrali, quella dell’ammi-nistrazione era lasciata ai singoli distretti; il che permise alla popolazioneautoctona, in gran parte di etnia pashtun, di sviluppare una certa auto-nomia. Il governo di Instamabad è rappresentato da un Agente Politicoche si occupa di gestire i fondi e reprimere i crimini e lo fa affidandosi adegli intermediari, i Malik (capi tribù); a dirimere le controversie fra letribù è invece preposta la Jirga ( consiglio degli anziani), anch’essa appar-tenente storicamente alla tradizione sociale pashtun. Nonostante l’estre-ma importanza della figura dell’ Agente Politico, questa ha preso coltempo a generare forme di corruzione e clientelismo, con la connivenzadei Malik, che hanno corroso il rapporto tra popolazione civile e governocentrale, dal cui derivante malessere sono sorti quei movimenti fonda-mentalisti che si sono pian piano radicati nel Paese. E questo si è verifica-to maggiormente dopo l’11 settembre 2001, con l’attacco alle TwinTowers; stessa occasione in cui gli USA spinsero il presidente pakistanoPervez Musharraf a ritirare il proprio appoggio al regime talebano e acooperare nella lotta al terrorismo. Già nel novembre del 2001 gli jihadi-sti sapevano che non potevano sopravvivere di fronte ai bombardamentistatunitensi e dovevano, per forza di cose, fuggire verso il confinePakistano.Si capisce, ora, il ruolo strategico delle aree tribali. Si capisce perché con-tinuino ad essere terre di sangue. Possibilità di dialogo? Lo scorso 16ottobre i guerrieri pachistani hanno annunciato la volontà di deporre learmi e dialogare col governo di Islamabad. Islamabad non risponde. Sache gli USA non vogliono saperne: troppo forte la preoccupazione che italebani pachistani, se non impegnati in casa, si riversino in massa inAfghanistan a dare man forte ai loro compagni afgani.

Clara della Valle

PAKISTAN ANCORABOMBEUSASULPAKISTAN“The Land” Sempre più lontana la risoluzione del problema aree tribali

IL PAKISTAN VISTO DA DENTRO E DA FUORI

IL PAKISTAN VISTO DA DENTRO E DA FUORI

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IL PAKISTAN VISTO DA DENTRO E DA FUORI

IL PAKISTAN VISTO DA DENTRO E DA FUORI

UNA DONNA CHE VUOLE GOVERNARE UN PAESE GOVERNATO DALL’UOMOParentesi mai chiusa della storia del Pakistan

È l’autunno del 1988 quando Benazir Bhutto, leader del Partito delPopolo Pakistano, già presieduto dal padre, diventa la primadonna capo di governo, in un Paesemusulmano e in un’eramoder-na. Due volte premier, e per due volte costretta a dimettersi perscandali di corruzione (di cui si è sempre dichiarata innocente) hadedicato l’intera carriera politica alla causa, tanto delicata quantoimportante , della democrazia. Non è bastata l’esecuzione delpadre, ucciso per volere dell’allora dittatore Zia, a fermarla. Non haavuto timore davanti alla minacce dei fondamentalisti islamici,neppure quando questi l’hanno accolta con le bombe a Karachi il18ottobre 2007 in occasione del suo rientro in patria. Attentato,questo, ricordato come il più truce della storia del Pakistan: ben138vittime civili, ma Benazir rimase illesa, protetta dal camionblindato dal quale salutava i suoi sostenitori. Quegli stessi sostenitori che, in tremilioni, stavano festeggiando il suo rientro dall’esilio, accomunati dal sogno dicambiare la struttura sociale vigente e promuovere lo sviluppo della regione.Il sacrificio di Benazir Bhutto dovrà essere l’esempio più forte di chi non si arrendeal terrorismo, di chi, restando fedele alle sue idee, sfida, con la forza di queste, ilregime marziale. Così tanto vicina all’Occidente, la beniamina degli americani,infatti, restò vittima dell’attentato kamikaze del 27 gennaio 2007 a Rawalpindi,durante un raduno elettorale dell’opposizione pakistana. L’allora senatoredell’Illinois, Barack Obama, espresse il suo sgomento e promise di combattere alfianco del popolo musulmano nella sua battaglia per la democrazia contro il terro-rismo che minaccia la sicurezza del mondo.E così, se da un lato del pianeta si archivia una conquista, con l’elezione di un pre-sidente di colore che resterà nella storia; dall’altro fallisce l’ennesimo tentativo diaprire il dialogo e il confronto politico, in un Paese il cui processo democraticoviene abortito ogni qualvolta faccia un passo avanti. Quel tentativo di laicizzazio-

ne della cultura islamica non è evidentemente piaciuto troppo aifondamentalisti, l’emancipazione dei costumi della quale si facevaportavoce Benazir era visto di mal occhio dal potere dittatoriale.Eppure il seguito popolare della leader del PPP non ha avuto para-goni nella storia politica del Pakistan. Decine di milioni di personeerano pronte a votarla a gennaio, dopo una campagna elettoralepiuttosto insolita per una democrazia occidentale: niente talkshow o macchine elettorali computerizzate, nessun creatore d’im-magine o guardaroba rinnovato, nessun sondaggio o uso(abuso)del web per la propaganda. Solo un treno che viaggia veloce e cheraccoglie maggiori consensi ad ogni arringa del suo leader.Ovviamente però, a causa della diversa situazione sociale, non èneanche minimamente paragonabile il messaggio liberaldemo-

cratico di Obama con quello della Bhutto, paladina della pace e dei diritti dell’uo-mo in un clima tradizionalistico e arretrato. Ognuno è solo. Solo, di fronte alla cor-ruzione che dilaga nelle più alte sfere decisionali, e che reprime ogni desiderio diindipendenza. Il programma politico della Bhutto e del suo PPP non era da dirsinecessariamente giusto. Le elezioni di gennaio avrebbero però permesso allemasse di intraprendere una nuova direzione, sconfiggendo il regime marziale esperimentando, non più in teoria, bensì in pratica, i vari programmi.Togliere la vita ad un uomo o ad una donna è semplice. Semplice non è, però, ucci-dere un’idea quando il suo tempo è arrivato. E, a giudicare dalla triste reazioneall’omicidio di una tale leader, direi che, dopo secoli, è giunto anche in MedioOriente quel desiderio di libertà che ha permesso a Benazir di fare proselitismo.Una donna carismatica, questo è certo…e lei non aveva la pelle nera.

Zaira Luisi

L a T e r r a d e i p u r i

In urdu e in pakistano il termine Pakistan significa “terra dei puri".Tale definizione potrebbe risultarepiuttosto contraddittoria se si considera il bilancionegativo del 2007, emerso dal rapporto dellaCommissione nazionale per i diritti umani(HRCP).Daidati rilevati si evince che il paese,pur essendo anno-verato tra quelli in via di sviluppo, sesto stato permaggior popolazione e destinato a superare perpotenza le altre nazioni ,è reso "disumano", da atrocieventi che lo hanno colpito,lo colpiscono e forse con-tinueranno a colpirlo.Il rapporto ha registrato, infatti,un aumento della criminalità pari al 20%,un numerodi morti pari a 927,71 esplosioni di kamikaze,1202omicidi (di cui 636 sono delitti d'onore),755 casi dimolestie sessuali (delle quali 166 rivolte a minoren-ni).Tra l'altro, le frequenti esplosioni di bombe negliistituti hanno ridotto le iscrizioni e la frequenza deglistudenti.Altri dati registrano l'uccisione di 7reporter,250 gli arrestati per aver riportato notizie di protestecontro il governo,1,5milioni è il numero dei deporta-ti,339 i suicidi causati dalla disoccupazione e dallacrisi finanziaria. Sconcertante, in questo panorama, èil fatto che il Pakistan registri il più alto numero diesecuzioni capitali: 309 sono i condannati (di cui 134sono stati uccisi).Infatti nel paese si fa un largo usodella pena di morte. Ciò si accorda perfettamente allanuova legge, firmata dal presidente Asif Ali Zardari,mirante alla "prevenzione dei crimini elettroni-ci".Secondo il decreto, rischia la pena capitale chiattenta alla vita di altre persone mediante azioni dicyberterrorismo; rischia invece il carcere o il paga-

mento di multe consistenti(fino a 100mila euro)chisfrutta impropriamente gli strumenti della rete. Lalegge ha effetto su qualunque "netizen", a prescinde-re dal fatto che sia pakistano o di altra nazionalità.Lanuova norma è stata fortemente criticata e disappro-vata, in quanto si pensa che le punizioni siano ecces-sive per il reato cui si riferiscono e si teme che le auto-rità se ne possano approfittare, utilizzandola permettere a tacere attivisti scomodi. Si riapre, così, ildibattito sulla pena capitale:già lo scorso mese, infat-ti, il governo pakistano era stato invitato dall' HRCPad abolirla poichè non ha, in termini reali, favoritouna crescita effettiva dell'ordine e della legalità.Persino la Chiesa pakistana muove forti critiche alnuovo decreto contribuendo ,in tal modo ,all'aumen-to della diffidenza verso il sistema giudiziario. In que-sto quadro a tinte fosche si inserisce l'intervento ita-liano. Il nostro paese, infatti, contribuisce a questostato di forti tensioni e contrasti fornendo al Pakistanle armi. La rete italiana del disarmo chiede la sospen-sione dei traffici bellici, che(in base alla legge italianasul commercio delle armi 185\1990) sarebbe possibi-le in quanto è vietata l'esportazione di armi a Paesi instato di conflitto. Tra l'altro, il Pakistan figura come

potenza atomica non dichiarata ed è dotato di ben 60testate nucleari. Ciò nonostante le esportazioni italia-ne sono in continua crescita e il ministro italiano degliesteri, Franco Frattini, giustifica questo status quocon la volontà dell'Italia di sostenere il processo didemocratizzazione avviato da Zardari. "Loro hannobisogno del nostro aiuto e noi dobbiamo darglielo"dice il ministro. Tuttavia ,anche se è attraversato da sìgravi problemi, il Pakistan ha grandi prospettive per ilfuturo. Nel periodo 2008-2009 la sua politica econo-mica sarà rivolta alla liberalizzazione e all'attrazionedi investimenti stranieri. Lo sviluppo, si pensa, saràlegato soprattutto all'espansione del settore dei ser-vizi,di quello bancario e di quelloassicurativo. Il tutto sarà accompagnato da una poli-tica fiscale espansiva. Continuerà però ad incombereil rischio di una restrizione della politica monetariadovuta all'accelerazione dell'inflazione.E' evidente ,pertanto, la volontà di risollevarsi di que-sto Paese. Tuttavia, sorge spontanea la domanda:sarà ciò possibile, nonostante aiuti esteri (quale quel-lo italiano) che vanno palesemente contro il migliora-mento e nonostante una mentalità arretrata, chevede nella pena di morte la soluzione a ogni sorta dicrimine?

Eleonora Corsale

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La redazione consiglia:

SANTOGOLDSANTOGOLD

Santogold è il nome d’arte di Santi White, can-tautrice e produttrice discografica statunitense.L’omonimo album di debutto, pubblicato nellaprimavera del 2008, è stato accolto positiva-mente dalla critica ed alcuni brani, tra cui la piùconosciuta “Say Aha”, sono stati scelti comecolonna sonora per importanti campagne pub-blicitarie e famosi videogiochi.Vanta collaborazioni con N.E.R.D, Bjork e M.I.A(di queste ultime ha seguito il tour, aprendo iconcerti). Per chi avesse voglia di vederla dalvivo, la cantante parteciperà al “MYSPACESecret Show”, che si terrà a Roma, in dicembre,al “Circolo degli Artisti”.

I 10 brani più trasmessi daRadio Deejay:

1 - Human - The Killers

2 - If I were a boy - Beyoncè

3 - Love Lockdown - KanyeWest

4 - Learnalilgivinanlovin' - Gotye

5 - Miss Independent - NeYo

6 - I'm outta time - Oasis

7 - If He should ever leave you - Tom Jones

8 - Alla mia età - Tiziano Ferro

9 - Let it rock - Kevin Rudolf feat Lil'Wayne

10 - Ooh Yeah - Moby

Il reggaeton ha origine in Centro America negli anni1993-1994 in una discoteca chiamata “The noise”dove si sono fusi il reggae in spagnolo di Panama e iviolenti rap di Porto Rico. L’esponente della vecchiascuola di Porto Rico era Vico C il quale si divertiva aremixare merengue con i geniali pezzi di rap in spa-gnolo. Passarono gli anni e gli allievi di Vico C si avvi-cinarono alla cultura reggae di Panama e alla dance-hall,il risultato fu il travolgente reggaeton. Da PortoRico si sviluppò in tutto Centro America ,così anche inSud America e nelle periferie delle grandi città degliStates stracolme di immigrati ispanici.Questo genere musicale nato e sviluppatosi nei paesi“mas calientes” del mondo non poteva che essereiper-passionale e travolgente. I suoni sono imprezio-siti dalle suggestioni dei luoghi e delle culture delcoloratissimo e festaiolo Latino America. I testi dellecanzoni sono espliciti e diretti,a volte affondano nelsociale,nella dura vita di strada tipica dei paesi delSud America ,ma spesso si fa riferimento ai rapporticarnali tra uomo-donna senza nessun tipo di fronzo-lo. Il ritmo quasi martellante porta tutti quanti allapista da ballo per dimenarsi senza nessuna sosta.Ballare reggaeton è quanto di più sensuale possa esi-

stere. Non vi è nessuna scuola tutto dipendeda quant’ è la voglia di divertirsi e di “perrearhasta el suelo”(“ballare in modo ammiccantefino a raggiungere il pavimento”). Bisognarispettare solo una regola:essere più vicinopossibile al partner e scatenarsi insieme

simultaneamente senza nessun pudore. Alcuni pos-sono considerarlo volgare e troppo spinto ma è sem-plicemente un ballo e unmodo di esprimersi alterna-tivo.I rappresentanti di questo genere musicale sonoprincipalmente due: Daddy Yankee e Don Omar.

William Omar Ladròn è meglio conosciuto come DonOmar. Il “Don” aggiuntivo è dovuto al fatto che eraentrato in seminario per 4 anni e dovette abbando-nare i voti per una relazione amorosa e di lì a pocosarebbe diventato uno dei più importanti esponentidella scena reggaetonera. E’ un esempio viventedella massima”non si sa mai cosa la vita ci prefiggeper il futuro”. Le prime canzoni che lo portarono alsuccesso furono ”Dale Don Dale”e “Pobre diabla”.Daddy Yankee comincia la sua ascesa da giovanissi-mo. E’ uno dei primissimi cantanti reggaetoneri.Molte sono le collaborazioni con arististi made USAcome Lil Jon e Pitbull.In poche righe vi ho presentato il sound che invadegran parte del continente americano contrariamentequi in Italia è ancora marginale. Lo ascoltano pochiitaliani e molti figli d’immigrati perché per i primi èuna scoperta sorprendente e per i secondi è per lo piùun ritorno alle origini.Spero di avervi incuriositi abbastanza per iniziare adascoltarlo e soprattutto per ballarlo!

Gabriela Toro Sima

“S ientan e l poder de l reggaeton lat ino”“S ientan e l poder de l reggaeton lat ino”

Gli stati LATINI uniti grazie al reggaeton

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Se pensate di star per leggere un articolo su donne“dolcemente complicate, sempre più emozionate edelicate, che diranno ancora sì quando nelle seretempestose porterete loro delle rose”, beh io nonsaprei proprio cosa scrivere…questo vuole esserepiuttosto un tributo a donne forti, sfrontate e indi-pendenti, che certo non grazie a completini sexy,sguardi ammiccanti e balletti dozzinali, hanno segna-to la storia della musica, ribattezzando il ruolo delladonna nella cultura rock.Non si può non citare, a riguardo, la più grande arti-sta blues mai esistita, una miscela geniale di blues,soul, folk, rock e nessuna di queste cose. Una voceruvida, sensuale e struggente che porterà proprio lei,JANIS JOPLIN, quella ragazzina un po’ sgraziata epiena di complessi, scappata da casa per cercare rifu-gio nella musica, all’apice del successo. La madre perlei desiderava il famoso steccato bianco; casa congiardino e famiglia con figli, ma questo non era ilsogno di Janis, di certo non avrebbe mai potuto desi-derare per la figlia un mondo di droghe, alcool, pro-

miscuità di sorta o code allemense dei poveri e vesti-ti raccattati all’esercito della salvezza. Ma nonostan-te la sua vita inquieta, da artista maledetta, fatta dieccessi (che la condurranno ad una morte prematu-ra, a soli 27 anni, per overdose di eroina), Janis èsoprattutto la geniale interprete di “Me and BobbyMcGee”, di “Try”o di “Little girl blue”(per citarne soloalcune), nella quali è dirompente tutta la sua com-movente sensualità musicale che l’ha resa inimitabi-le.E proprio Janis Joplin diventerà una delle muse ispi-ratrici di un’altra grande artista dalla voce rabbiosa edolente che darà il suo prezioso contributo al Rock alfemminile: PATTI SMITH; una ragazza madre cheamava la poesia e che riusciva a vivere anche con soli5 dollari al giorno, dormendo spesso in metropolita-na o nei parchi della grande mela. Anche la sua è unavita inquieta; interpreta i suoi testi con rabbia e fero-cia, soprattutto nell’album “Horses”, arrivando poi afondere la sua anima punk ad una più morbida edolce in “Radio Ethiopia”, un vero e proprio inno all’a-nima inquieta dell’arte in tutte le sue espressioni,dedicato a colui che definisce il primo poeta punkdella storia, Arthur Rimbaud, essendo la Smith forte-mente affascinata dalla poesia decadente parigina,proprio perché anche lei è un’artista che parte daltesto poetico e dalla fuga dalle convenzioni per parla-re di sé e del suo mondo.E’ indiscutibile quanto il modo di cantare sia statorivoluzionato dai suoi acuti dirompenti e dalle sueurla cupe e struggenti. Una voce che ha segnato ilmondo del rock e tra alti e bassi continua a farlo.Concludendo, non possiamo non citare un’altra incre-dibile donna: JOAN BAEZ, grande artista folk e gran-de attivista politica, capace di fare delle proprie can-zoni degli inni alla pace e al disprezzo di ogni sorta di

violenza.Colei che da sempre e tuttora impegnata per il ricono-scimento dei diritti civili, si pone in aperto contrastoalle scelte governative del suo paese: gli USA, noncondividendo già nel lontano 1964 l’intervento mili-tare in Vietnam, anzi fortemente contraria a taleguerra si rifiuterà di pagare le tasse destinate al mini-stero della difesa e inizierà un’assidua propagandaper incoraggiare all’obiezione di coscienza i giovaniamericani. Joan Baez è l’inconfondibile interprete di“We shall overcame”allamarcia di Martin Luther KingaWashington, colei che la società e il tempo non sonoriusciti a cambiare, colei che dopo aver pubblicatoben 50 album carichi di passione e lotte politiche,apre ancora tutti i suoi concerti all’estero con la frase,ogni volta nella lingua locale: chiedo scusa per quelloche il mio governo sta facendo al mondo.Naturalmente non è questa la sede per discuteredelle scelte politiche americane, quello di Joan Baezvuole essere un esempio di grande artista folk e didonna determinata e forte, e se anche qualcuno stor-cerà il naso per le lotte forse a suo avviso anacronisti-che, non so quanto male possa fare lottare per i pro-pri ideali!!

Giusy Ferrazzo

D O N N E & M U S I C AQuando il sesso “debole” non lo è affatto

Hai paura del buio?Oltre il mercato commerciale, l’Europa nasconde sublimitesori del Paese dei mulini a ventoOlanda: Paese dei mulini attorniati da splendidi tulipani colorati, Paese delle vetri-ne e dei coffee shop, dell’avanguardia sociale e tecnologica. Paese di navigatori edesploratori, dove l’interesse per il nuovo è accompagnato dall’amore per il propriopassato. Questo accade sotto la luce del sole. Quando cala la notte, le ombre siallungano e le forme diventano strane, indistinguibili, quasi mostruose. Oral’Olanda cambia costume, abbraccia la passione per l’ignoto e l’atmosfera diventamagica.La musica olandese è sempre stata (ingiustamente) una nicchia nella grandedistribuzione. Eppure dell’hardcore al gothic rock le vibrazioni sono intense,potenti, le note entrano nell’animo emuovono quei sentimenti di norma sopiti perrispettare le moderne convenzioni di buona educazione e positivismo.La voce cristallina del soprano Sharon den Adel, cantante del gruppo metalWithinTemptation, riesce a toccare le corde della disperazione e della costante ricerca dilibertà che si agitano nel profondo del cuore. I Within Temptation nascono nel1996 grazie all’iniziativa di Sharon e del suo ragazzo, chitarrista, RobertWesterholt. Nella primavera del 1997 esce il loro primo album,“Enter”, dalle tona-

lità decadenti, tristi e smorzate, espres-sione pura dello stile neo-Gothic dellafine del secolo. Nonostante l’intensaattività live e in studio, la band nonriesce ad ottenere un vero e proprio suc-cesso fino al nuovo millennio con lapubblicazione di “Mother Earth”.Abbandonato lo spirito Gothic, i Within

Temptation si avvicinano ad uno stileceltico e new age. Con il singolo “IceQueen”, seguito da un video stupenda-mente prodotto, il successo del gruppo si estende a Belgio, Germania, Francia,Spagna, Svizzera e Finlandia. Il disco diventa successivamente disco di platino,accrescendo la notorietà della band. Con una spettacolare attività live, i WithinTemptation continuano ad ottenere consensi su larga scala, ma è con l’album“TheSilent Force” e i relativi e meravigliosi singoli “Stand My Ground”, “Memories” e“Angels” che il gruppo raggiunge l’apice della gloria. In concomitanza con l’albumvengono pubblicati anche un dvd con i documentari dei concerti del Silent ForceTour e un cd con lo straordinario concerto al Java Island.Il genere deiWithin Temptation, tra neo-Gothic e celtica, passando dalla classica almetal puro, non è di facile comprensione. Ci vuole un po’ di tempo per appassio-narsi allo stile di questi ragazzi olandesi, ma la voce da soprano di Sharon può dav-vero catturare l’attenzione anche della persona più restia al lato oscuro dell’animoumano. IWithin Temptation sono le fronde di un salice che oscillano sopra un lagogelido, sono le pale di un mulino che inesorabilmente girano sotto un cielo di ungrigiore incredibilmente metallico, sono il grido di libertà di tutti coloro che oppri-mono le loro sensazioni sotto il peso di una società animalesca ma paradossal-mente civilizzata, sono la fuga di tutti dalla finzione, il rifugio di quelli che volta-no le spalle all’ipocrisia. Ascoltare i Within Temptation è un viaggio attraverso idesideri più nascosti ed inconfessabile dell’anima. Semplicemente sublimi.

Valentina Grassi

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La parola “Segreto” ha due etimologie e moltissimi significati, sconosciuti ai più(non poteva essere altrimenti). Può derivare da secretum, participio passato disecernere, cioè separare; o ancora da secretu, sostantivo di secretus, cioè segreto.Non significa solo intimità, occultamento, non consiste solo nel sottacere ad altriqualcosa; è sinonimo di congegno e serratura. Avere la responsabilità di un segretosignifica chiuderlo a chiave, e separarsene per tutto il tempo che occupa la vitamondana e la comunicazione, per poi goderselo in silenzio lontano dalla folla. Essoraggiunge il massimo della sua elevazione se riguarda una Gioia (gioia, gioiello,serratura, scrigno, tutto torna) giacché è proprio di quella che non parliamo mai anessuno: “il trasporto è la gioia di cui non si può parlare”dice Ruysbroeck. Abbiamoun’ancestrale paura di rovinarla, se la confidassimo a qualcuno, paura che esca dallaprotezione del suo scrigno e ritorni a chi ce l’ha donata.Mentre pronunciamo segrete sillabe, il tempo, interlocutore muto, tacito testimonedelle gioie e dei tormenti, sorveglia ciò che è incomunicabile per sua stessa essen-za.Siamo i più fedeli custodi dei nostri pensieri ma non ci preoccupiamo di sottoporrea giudizio ogni aspetto della vita degli altri, nella presunzione di poter conoscereaffidandoci soltanto a una mutevole e mai nitida immagine.Nel mondo di oggi tutto all’apparenza sembra svelato, perché ciò che è privatoviene spesso demonizzato e inquisito. Ma é proprio quando la nostra apertura all’e-sterno viene esaltata perfino da ribalte televisive, che dovremmo accorgerci che larealtà non è mai trasparente come sembra.Il segreto acquista, così, ancora più senso e importanza, perché costituisce la nostraforza e idealmente rappresenta il limite invalicabile tra l’uomo e il mondo esterno.Dunque non si tratta di volontà di occultare, bensì di un valore che siamo legittima-ti a perpetrare e che dovrebbe accompagnare ogni tappa della vita umana. Sfumanel mistero così la riservatezza, virtù indispensabile per l’affermazione dell’uomolibero che custodisce proprio nel labirinto del suo linguaggio, del suo pensiero, delsuo istinto di elevazione, il massimo strumento per la propria affermazione.E se é inattuabile una qualsiasi forma di comunicazione sarà il silenzio a diventareper noi un trasparante legame con il mondo, confine ideale al di là del quale il sin-golo matura il suo intimo, per questo incomunicabile, cammino.La segretezza quindi senza la riservatezza non ha modo di essere, la riservatezzasenza la segretezza non ha ragione di esistere.

Giulia Gianni & Elisabetta [email protected]

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Buffo – essere un Secolo –E vedere la Gente – passare –Io – morirei dalla Stranezza –

Ma del resto – io non sono così stabi-le – come Lui –

Egli conserva gelosamente i SuoiSegreti – davvero –

Se li dicesse – estremamente pentitoSarebbe questo Nostro Globo

Pudibondo –Così schizzinoso in fatto di Pubblicità

Emily Dickinson

Nuda ti mostri, svelando segreti.Il capo reclino sul petto.Nuda il corpo.Intagibile anima dove detieni l’arcano segreto dell’essere te.

(Ancora disarmati al cospetto del segreto più impenetrabile:l’essenza del nostro essere.)

Non tutti, immagino, conoscono la storia di Lady Godiva.Fu nel lontano annomille che la giovane nobildonna anglosassone, per manifestare il proprio dis-senso verso le opprimenti tasse imposte dal marito, il conte Leofrico di Coventry, decise di attra-versare la cittadina inglese sul suo destriero, coperta solo dai lunghi capelli. La coraggiosa provo-cazione sortì presto il suo effetto, e così Leofrico finì col rivedere le proprie scelte e abolire i pesan-ti oneri imposti alla cittadinanza.E tuttavia non è questa la parte della storia che più ci preme indagare.Perchè in parallelo alle vicende dell’eroina , si svolge un’altra storia. La storia di un segreto invio-labile: quello dell’Essere.Nessuno avrebbe potuto vedere quel corpo, che nudo sfilava tra le stradine del borgo inglese.Quasi come se un solo sguardo avesse potuto penetrare le carni bianche, sempre più dentro, finoquel luogo dell’anima dove deteniamo il segreto che tra tutti ci sta più a cuore: la nostra essen-za; ciò che siamo davvero.E ognuno di noi lo detiene, lo custodisce gelosamente, indossa maschere nel quotidiano per sfug-gire ad ogni sguardo indagatore, ad ogni parola che sembra poter aprire una crepa nella muragliache costruiamo attorno quel cantuccio dell’ Ego in cui soltanto siamo davvero noi stessi.Come se lo svelarci potesse in qualche modo nuocerci. E non potrebbe non essere così,perché l’es-senza di ogni segreto è la sua inviolabilità. Tradita questa sacra legge non scritta, vi sarà un prez-zo da pagare, una conseguenza che inevitabilmente provocherà sofferenza.Accade quando riveliamo ogni segreto, accade nella nostra storia.Vi fu infatti, una persona nella città, un sarto poi conosciuto come Peeping Tom, che disobbedì alproclama. Tom fece un foro in una persiana per poter vedere il passaggio di Godiva e rimase cieco.Fu lui a pagare il prezzo per aver profanato il sacro tempio del segreto.

Lady G.

Ed ella ricordaquando poteva ancorafar l’amore con lui,nella camera 62 sulla spiaggia di Mahon.Di quelle notti estive,di trentanove anni fa,ha ancora nella testale immortali note del Pachelbel,ha ancora sulle labbral’antico sapore di quei vini locali,ha ancora nel cuorele sensazioni che provava nel toccarlo.Fissò per giorni la propria mano sinistracosì lo allontanò da sé,lasciandolo sotto la prima pioggia di settembre;malgrado tutto,riguardo quelle memorie della sua vita,non permise mai,che il cuore tradisse il silenzio.

Fabrizio Bauco

Il segreto

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“Poi che l'amore mi ferí, cercaicome potessi agevolmente piúreggerne il peso. E cominciai da primaa celare il mio morbo, a restar muta:poiché fiducia nella lingua averenon puoi, che ammaestrar l'altrui pensieroben sa, ma gravi traversie procuraa se stessa, da sé.”

Questi versi sono tratti da“Ippolito”, uno degli scritti più famosi di Euripide. La tra-gedia in questione si apre a Trezene, in Grecia, ed ha come protagonista Fedra,moglie di Teseo, che si innamora del figlio di questo, Ippolito. La donna tenta ini-zialmente di mantenere segreto il suo sentimento, ma alla fine, in preda al delirio,finisce col confessare tutto alla sua Nutrice; quest’ultima, credendo di fare il benedi Fedra, racconta il segreto a Ippolito causando il suicidio della donna e la morte

del ragazzo. La rivelazione dell’amoreper il giovane figliastro dà vita allanarrazione e costituisce il fulcro attor-no al quale ruota tutta la vicenda: ilsegreto è dunque l’elemento portantedell’opera. Ma cosa sarebbe successose il segreto di Fedra fosse rimastotale?Molto probabilmente Euripidenon avrebbe avuto successo come tra-gediografo, ma in compenso nessuno

sarebbe morto. D’altra parte non sempre tenere un segreto è così facile e quasisempre non tenerlo porta solo guai..e a questo proposito letteratura docet! La let-teratura di ogni epoca infatti sembra dimostrare che se ci sono segreti ci sono pro-blemi e che comunque vadano le cose (cioè che si riveli o no questo benedettosegreto) c’è sempre qualcuno che finisce per rimetterci; vogliamo fare degli esem-pi? La famosa storia d’amore tra Romeo e Giulietta, che finisce tragicamente con lamorte dei due giovani, i quali, appunto, erano costretti a vedersi segretamente perl’avversione reciproca delle loro famiglie:tanto per dimostrare la“regola” letterariasopra citata anche i segreti non rivelati vengono per nuocere, in quanto a causarela fine dei due ragazzi è il piano segreto che prevede la finta morte di Giulietta eche Romeo non viene a sapere in tempo. Per avere altri esempi basti pensare allaregina Ginevra e al bel Lancillotto, ai dolci Tristano e Isotta, ai dannati Paolo eFrancesca, uniti nell’adulterio da un libro galeotto: per questi personaggi il segre-to era fondamentale,ma questo viene scoperto e nascono i guai a tutti noti.Dunque nella letteratura il segreto è un affezionato compagno dell’amore e quan-do si crea questo binomio non c’è pace per nessuno, in quanto anche qualora ilsegreto non venga rivelato dai diretti interessati si finisce con lo scoprirlo. Esistedunque un rimedio da consigliare ai nostri eroi contro questo terribile nemi-co?Beh, forse l’unico modo per salvarsi, almeno in letteratura, è quello di nonavere segreti, perché, come insegna la nostra Fedra, non ci si può fidare della lin-gua, di chiunque questa sia. Ma siamo sicuri che questo valga solo in letteratura?

Martina Peruffo

Mantenere un segreto a lungo è molto difficile. Doverlo mantenere per tutta lavita, poi, lo è ancora di più. Il professor Coleman Silk (Anthony Hopkins) è un uomodi origini afroamericane che, per una qualche anomalia genetica, è nato biancocome un giglio. Diviso fra due etnie, gli è bastato muovere i primi passi nel mondoper capire che la sua natura afroamericana sarebbe stata solamente causa di discri-minazioni e sofferenze. A soli vent’anni decide perciò di nascondere le sue originie di rinnegare la famiglia per crearsi una nuova vita. Lontano dal complicatomondo dei neri.La voce narrante è quella di Nathan Zuckerman (Gary Sinise), un suo amico scrit-tore. Più che di un racconto ne “La macchia umana” si compie una vera e propriaoperazione di dissotterramento del passato, che, di flashback in flashback, finiràcol portare alla luce i resti di quell’inconfessabile segreto che Coleman ha tenutonascosto per tutta la sua vita.Il film entra subito nel vivo, con il professor Silk che viene cacciato dal college in cuiinsegna lettere classiche per un’accusa di razzismo. Il licenziamento del professoreè un episodio chiave perché, oltre ad essere l’incipit dell’intera vicenda, esplicitasin da subito il messaggio del film. Il regista (Robert Benton) vuole puntare il ditocontro l’ipocrisia e il perbenismo ipercritico della società Americana di fine anninovanta. Sono gli anni del Sexgate: un periodo in cui apparire moralmente e poli-ticamente corretti è un imperativo categorico.A questo punto entra in scena Faunia (Nicole Kidman), una ragazza di 35 anni conla quale Coleman, ormai vecchio, instaura una travolgente storia di amore. Purappartenendo a mondi completamente diversi i due si assomigliano più quantopersino loro stessi credano. Coleman è uno stimato intellettuale mentre Faunia èuna ragazza della strada, dai modi grezzi e duri. Tuttavia entrambi si portano die-tro il peso di un passato impossibile da cancellare. E proprio in questa relazionedove, in controtendenza con il mondo che li circonda, non è l’apparenza ma lasostanza che conta, Coleman riesce finalmente a liberarsi, svelando a Faunia il suosegreto. Un segreto che più che renderlo libero di vivere una vita normale lo ha

reso prigioniero dell’ombra del propriopassato. Era sempre stato bianco come laneve, ma ragionava da schiavo.Nella seconda parte del film, con la com-parsa dell’ex marito squilibrato di Faunia,la storia tenta malamente di assumere letinte fosche di un thriller. Purtroppo l’at-mosfera non decolla mai e la suspensesembra essere solo un lontano ricordo. Lapellicola, dunque, seppur piena di spuntimolto interessanti, risulta essere general-mente piuttosto noiosa. In particolare è dabocciare l’eccesivo utilizzo dei flashbackche rallentano all’inverosimile il ritmodella narrazione. Sostanzialmente“lamac-chia umana”può essere diviso in due parti:una drammatico-introspettiva, ben curata e abbastanza appassionante, e unapseudo-thriller, piatta e assolutamente priva di originalità. Pur con parecchi difet-ti il film resta comunque molto godibile, complice un cast di altissimo livello conun Anthony Hopkins da manuale.Niente grida di gioia, niente occhi sgranati o giudizi entusiastici dunque. Ma, sevisto nella serata giusta, magari con della pioggia battente e un po’ di malinconiasulle spalle, vedrete che questo film vi offrirà ottimi spunti su cui riflettere.

Dario de [email protected]

NON CI SI PUO’ FIDARE DELLA LINGUAQuando la letteratura ci insegna ad essere sinceri

La macchia umana

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Il peccato è un segreto troppo oneroso per essere nascosto

Sinner man, un antica canzone gospel americana, che narra ledure sorti del peccatore non pentito, è stata resa nota dallacelebre ed elaboratissima versione di Nina Simone. La suaprima interpretazione fu durante il concerto al Village Gate nel1962, ma la versione definitiva (lunga), uscì con l'album PastelBlues del 1965. Questo motivo, rimasto nella storia della musi-ca, e ripreso damoltissimi artisti successivi, sembra apparente-mente una semplice filastrocca, ma apre ad una serie di rifles-sioni esistenziali sulla natura umana.Narra di un peccatore, che sfugge dalla realtà dei fatti che loperseguita, per nascondere il suo segreto più grave. Questocorre, cercando affannosamente un riparo: va dalla Roccia, e lechiede se può nascondersi dietro di lei. Ma questa inizia adurlare scacciandolo via. Il peccatore scappa verso il fiume, ma questo inizia a bol-lire pur di non accoglierlo. Va dal mare, ma anche questo preferisce bollire pur dinon ospitare il peccatore col suo opprimente segreto.. Allora si rivolge a Dio, edaffannosamente e forzosamente lo invoca con una preghiera - Don’t you see medown here prayin?! - Ma questa supplica non è sincera, perchè risulterà agli occhidel Signore (The Lord) come un raggiro; un inganno che voglia distoglierlo dallasua condizione di peccatore. Questo però non può tentare di nascondere il suo ter-ribile segreto, e viene punito per la sua slealtà. Sarà così il Diavolo ad accettarlopresso gli inferi. Oramai il segreto rimarrà tale per sempre, come il peccatore che

lo ha celato durante la sua vita.Il peccatore è così un uomo qualsiasi, che celaun peccato troppo grande per essere rivelato achiunque; ma questo, ignaro, è evidentemen-temacchiato dalle sue gravi colpe, e non riescead occultare il suo segreto. Un segreto troppogrande non può essere nascosto, tanto menoagli occhi del Signore; e una volta che vienepercepito da tutti, non è più tale. Non si saquale sia l'entità del peccato, ma nessunovuole avere a che fare con quel peccatore, e loindirizza verso una soluzione sempre peggio-re. Se non si pentirà in vita rivelando il suosegreto, per lui non ci sarà più scampo.Di sicuro questo capolavoro della regina delSoul rimarrà negli annali della musica: l'e-

spressività della voce immobilizza l'impotente ascoltatore. È lei l'inconfondibile

diva, che sa rapire gli animi degli spettatori. Anche la musicaha una forza incredibile, in quanto per oltre dieci minuti sirealizza così un continuo e crescente spannung emotivo, chenon rallenta mai di tono. Si crea così una vibrazione continuache strugge l'ascoltatore accompagnandolo verso uno stranoturbamento, con quei ritmi molto veloci, che tengono sem-pre alta la tensione. Uno scenario perfetto per descrivere ildramma che si sta verificando, rende chiarissima la moralefinale della vicenda. Uno scenario analogo è stato ricreato nelfilm Inland Empire di David Lynch, dove come conclusione, èstato inserito proprio Sinnerman. È un finale assurdo di unfilm universale, che sposa bene la causa del peccatore dellaSimone e che definisce un capolavoro della storia del cine-

ma.. alla fine siamo tutti uomini, e per questo tutti abili impostori.Ma non è facile, perchè tenere un segreto così pesante è una vera pena. Per que-sto bisogna implorare il perdono, mettendo fine al segreto che ci affligge tanto :proprio in ciò si caratterizzano gli “Incontri per il risveglio”(Revival Meeting) dellechiese metodiste, dove questo motivo veniva cantato dai cori gospel per invitare ipeccatori a svelare pubblicamente i loro peccati, così da togliere dal segreto le lorocolpe. Dopo di ciò, si vive un'incredibile sensazione di conforto (per questo si parladi risveglio dall'incubo del peccato), e la piccola Nina, che seguiva la madre nellachiesa metodista, lo apprese.Tenere un segreto troppo grande, è già di per se una sofferenza, perché l'animoumano più di tanto non riesce a sopportarlo. Il peccato rimane tale finché nonviene svelato: il perdono è effettivo solo dal momento in cui il nostro crimineviene scoperto. Quello che alla fine la Simone ci vuole dimostrare non è tanto che“tutti i nodi vengono al pettine”, quanto che tenere celato un segreto troppo gran-de e oneroso, è una pena per chi deve sopportare ciò, scappando dall'evidenza deifatti e trascinandosi dietro le sofferenze causate dalla slealtà (“bleedin' I run tothe sea”). Così, vivere nell'inganno porta ad una gravissima punizionemorale, cheoltre al significato religioso dell'inferno, riconduce all'oblio di colui che non hamaivissuto sinceramente, rimanendo emarginato da tutto e tutti, anche da chi ti haamato, da chi avrebbe dovuto salvarti, o dalla stessa speranza di salvarti.

RICCARDO MARIO [email protected]

<<La poesia è il segreto dell'anima; perché rovinarla con le parole?>> è questala visione che scaturisce dalla ricerca sulla natura del linguaggio e sulla sua capa-cità di raffigurare la realtà del poeta libanese Kahlil Gibran.Ciò che è dentro di noi è poesia, perché è la nostra essenza; ma potremomai scor-rere con gli occhi i versi della nostra anima?L’uomo appare torbido come un fiume fangoso che scorre nel tumulto delle pas-sioni; meditando si apprende gradualmente a far calmare l'acqua fangosa e alasciar depositare le passioni sul fondo, così da rendere l’animo limpido e traspa-rente, ma se pure bevessimo a pienemani da questo puro alveo, di cosa ci starem-mo dissetando? Qual’è l’essenza di ognuno di noi? Ardua è la risposta, perché

nulla vi è di più segreto.Ma un segreto non è mai qualcosa di assoluto, anzi un segreto è tale solo se puòessere svelato, altrimenti non esiste. Ma se viene detto a tutti, non è più un segre-to. Ma allora, il segreto cos'è? Segreto è ciò che è celato, che è nascosto. Non se nepuò parlare ma non può non essere svelato. Qual’è il significato di queste parole?Ciò che è dentro di noi non possiamo dirlo ma possiamo lasciarlo parlare, ciò chenoi siamo prende forma attraverso le nostre azioni.Noi siamo la nostra vita, anche se spesso il nostro comportamento non è poetica-mente all’altezza della nostra essenza, forse perché sconvolto dal turbinio dellepassioni, che infrangono la quiete, insidiano l’armonia, nascondono il segreto.Ma se pure riuscissimo, come un saggio, a liberarci dall’inessenziale, a rifiutare lavolontà, scopriremmo finalmente chi siamo in realtà? Sveleremmo il segreto?Lontani dall’azione sarebbe come cercare di scrutare il riflesso dell’acqua in unanotte senza luna…Per svelare il segreto, cogliere lo sfavillio della nostra essenza, non bisogna faraltro che lasciarla risuonare nella nostra vita senza indugio.Ciò che noi siamo prende forma nelle nostre azioni, ma poiché siffatta corrispon-denza non si può esprimere, ma solo mostrare, il poeta libanese conclude al silen-zio: sopra ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere.

Federico [email protected]

I l s e g r e t o d e l l ’ a n i m aov ve ro i n to r n o a l co n ce t to d i i n e s p r i m i b i l i t à

Nel brano “Sinnerman” di Nina Simone le angosce esistenziali del peccatore e del suo triste destino.

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E L I O È . . F R A N K E N S T E I N !

Un Elio più serioso del solito ed un tan-tino affannato-fa stretching dopo illungo viaggio in macchina-appare sulpalco del teatro Ambra Jovinelli per pre-sentare insieme al maestro DaniloGrassi dell'orchestra sinfonica abruzzeseuna performance inedita:un"pandemonium ensemble"tratto dal"Frankenstein"di Gruber del 1979."Elioè... Frankenstein"in scena dall’11 al 23novembre, in cui il celebre cantante si fachansonnier"per riscattarsi dalla figuradi scemo", raccontando più che interpre-tando i nuovi mostri, anche se, sincera-mente, appare poco convinto dell'attua-lità dell'opera. Grassi, invece, riprendele sorti della conferenza stampa pun-tando sul nuovo ruolo dell'arte, da sem-pre elitaria ed emarginante: è necessa-ria una nuova concezione, una nuovalogica che avvicini il pubblico rendendo-lo interessato e non tacciandolo di igno-ranza, da cui la scelta della collaborazio-ne con Elio che, come dimostrato dalle

riuscite esibizioni in molte città d'Italia,accosta i più giovani all'ostica musicaclassica, ambiente peraltro in cui lostesso Elio si è formato come musicista.Il nuovo Frankenstein è un personaggioattuale in quanto, come quello diGruber, esorcizza i mostri del potere,specie quelli inoffensivi"bassi, ricchi econ i capelli finti"di cui il cantante pareavere un enorme timore, allontana ineonati mostri televisivi, che assopisco-no l'opinione pubblica e, perché no, glieco-mostri come il grattacielo sortosul"bosco delle gioie", già denunciatonella canzone"Parco Sempione", susci-tando un piccolo scandalo mediatico.Certo i mostri da temere non sono quel-li che alloggiano dentro di noi, Elio stes-so afferma che, a 47 anni, ancora senteun inferno dentro, ma certe paure sonopiù adatte ai quattordicenni, ciò chespaventa davvero è la realtà esterna, larealtà di una società che preferisce lavolgarità alla professionalità, la banalitàalla realtà.Lo spettacolo è diviso in due parti, ilprimo tempo dedicato all'operettaFrankenstein e una seconda parte in cuisono presentati pezzi di Elio e le storietese e di Brecht reinterpretati ed arran-giati dall'orchestra sinfonica,che haoperato una "trasformazione"da musicaleggera ad una più corposa composizio-ne musicale.

Alessandra [email protected]

Andare a teatro per godersi uno spettacolo affascinante,coinvolgente, allegro o malinconico, è sicuramente un belmodo di passare la giornata.Ma vi siete mai chiesti cosa c’è dietro? Cosa si nasconde die-tro quei personaggi che sembrano così sciolti e a proprioagio sul palcoscenico?Grazie alla disponibilità di Alessandra Arcidiacono, attriceprofessionista da quindici anni e regista teatrale dasette,siamo andati ad indagare sulla formazione dell’attore:Su cosa concentrate l’insegnamento nella sua scuo-la? (Tracce di Sale n.d.r.)Noi dividiamo il lavoro in due parti: quella che riguarda ilfisico e poi il vero e proprio lavoro pratico. Per quanto riguar-da il lavoro fisico insegniamo all’attore a trasformare la pro-pria fisionomia e a modificarla a seconda del ruolo che deveinterpretare. Per diventare buoni attori bisogna imparare adavere una certa consapevolezza di sé, bisogna sapere come è fatto il proprio corpo.Diamo quindi un’attenzione particolare al movimento per la creazione del perso-naggio e la sua interpretazione. Per quanto riguarda la parte tecnica, lavoriamomolto sulla voce (lavoro che si sta sempre più perdendo tra le scuole di teatro).Facciamo studiare dizione, la quale, tuttavia, se utilizzata in eccesso può andarea discapito di altri fattori come la comicità.Quali sono le finalità della sua scuola?

Sicuramente affrontare il personaggio e la scena (o setcinematografico) con sicurezza e professionalità e for-nire gli strumenti adatti per la preparazione di un testoteatrale, di un copione cinematografico, dall'analisidel testo allo studio del personaggio.Cosa pensa del talento? Esiste?Il talento esiste, ma non credo nel “talento a primavista”, quello immediato; il talento può venire fuoridopo un po’ e in seguito allo studio. Non penso nean-che che tutti possano recitare, ma molto dipende dal-l’impegno oltre che da doti innate.Un’ultima cosa: che consiglio si sente di dare ainostri aspiranti attori?Bisogna sempre lavorare su se stessi per dare un'ani-ma al personaggio e renderlo unico. Elaborare il pro-prio pensiero per creare personaggi nuovi che parlino

dei nostri tempi, della nostra realtà, affinché il mondo guardandosi , come in unospecchio, possa riflettere e magari migliorare. Noi crediamo che il teatro sia anchequesto!

Giulia [email protected]

Dietro le quinte

IL NATALE È SUI PALCHI DI ROMA

Di incentivi universitari per la par-tecipazione ad eventi culturali nenascono sempre più,ed anche laLuiss culla gli interessi di ciascunooffrendo diverse ed ampie agevo-lazioni in più campi. Le possibilitàper la stagione teatrale correntesono numerose e sostanziose: cin-que i teatri convenzionati,tra iprincipali del panorama romano, eriduzioni fino al 25% su biglietti diplatea e al 50% per palchi di varioordine.L’interesse dell’offerta ConvenzioniTeatro&Musica della nostra univer-sità si incrementa poi delle iniziati-ve teatrali capitoline, che nonchiudono certo per le festivitànatalizie!Per il Natale 2008 i sipari di Romascelgono di non alzarsi soltanto suclassici come“Natale in casaCupiello” e “Canto di Natale”,comunque in palinsesto al TeatroBrancaccio, ma di dare spazio alnuovo, allo sperimentale.E in quest’ottica il Teatro Valle pro-pone una rivisitazione dell’opera diDickens, già offerta dal teatro diVia Merulana. “Scrooge”, questo iltitolo, porta in scena lo spirito delNatale non in un canto ma in una<<ballata per attori e ombre>>in cui la riflessione sugli errori delpassato, il vuoto del presente e lepossibilità del futuro emerge dallafusione di diversi linguaggi teatra-

li, in uno spettacolo per grandi epiccini.Il Teatro Prati e il Cometa Off pre-sentano, invece, in cartellone spet-tacoli incentrati rispettivamentesul valore dell’amore familiare in“Questi fantasmi” e su quello dellasolidarietà e della speranza in“Sette sogni”, mentre all’EliseoAnna Marchesini interpreta “I gior-ni felici” di S. Beckett.Le festività diventano quindimomento di incontro tra senso dicontinuità, con il permanere dellatendenza alla ricerca di nuoveespressività e all’originalità dellaforma, e un momento di pausa,per fermarsi e ritrovare valori esensazioni che volenti o nolenti ilNatale porta dentro ognuno di noi,nell’attesa di un nuovo anno e ditutto quello che implicherà.

Chiara [email protected]

Intervista ad Alessandra Arcidiacono, attrice e regista

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Bufera nel mondo dello spettacolo. Protagonisti il ministro dei Beni Culturali,Sandro Bondi, e la manovra sul FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo.Già lo scorso maggio la ripartizione del fondo aveva creato disagi, destinandoquasi il 50% delle risorse alle fondazioni lirico sinfoniche e solo il 16,27% alle atti-vità teatrali di prosa, percentuali comunque esigue in rapporto agli scorsi anni acausa dell’accantonamento obbligatorio dell’11% previsto dalla Finanziaria 2008,che ha così ridotto il montante da ripartire di 55milioni di euro, e di cui l’Agis

richiede a gran voce losblocco vista la situazio-ne di crisi in cui vertonooggigiorno gli enti cul-turali.Pochi giorni dopo lasituazione si aggrava:“Per la copertura finan-ziaria all’operazione delgoverno messa in attoda Tremonti sarannocancellati o ridotti tuttigli importi incrementali

previsti dalla legge finanziaria” denuncia la Uil, riduzione che si concretizza in untaglio di 52milioni sul totale al lordo del FUS, da aggiungere ai tagli della spesacorrente di 5milioni di euro e della spesa per la parte capitale di 8milioni.E i teatri d’Italia non ci stanno. Così, mentre a Milano e Torino i teatri aprono leporte al proprio pubblico per spiegare cosa la riduzione dei fondi comporterà, aFirenze la Pergola già comincia a cancellare rassegne e messe in scena che la por-terebbero fuori budget, mentre i sindacati uniti manifestano e la SLC Cgil, il sinda-cato lavoratori nelle comunicazioni, strappa al ministro Bondi la promessa di ado-perarsi per un reintegro del FUS; nessuna precisazione in merito a quando e diquanto.Di fronte ad una siffatta situazione viene naturale richiamare alla memoria leparole di un ex ministro della Cultura francese, J. Lang, il quale ha a più ripresedichiarato che <<un paese che non investe nella cultura è folle>>.Si attendono sviluppi.

Chiara [email protected]

Dal 9 al 21 dicembre 2008 al “Piccolo Eliseo PatronGriffi”sarà in scena “Gadda vs Genet (il giovane criminale ealtre storie di galera)”, con la regia di Fabio Cavalli egli attori del Teatro Libero di Rebibbia, compagniaformata in prevalenza da ex detenuti. Incarceratiquando ancora non si sentiva parlare della “tolleran-za zero” e delle “ronde per la sicurezza”, oggi questiuomini scarcerati con l’indulto si trovano smarriti espaesati in un mondo completamente diverso. E por-tano noi “uomini liberi” a riflettere su questo mondosu cui ci siamo troppo adagiati, attraverso citazioni diGiordano Bruno e ricordi autobiografici.Fabio Cavalli, regista dello spettacolo, ci parla dellasua esperienza di lavoro nel contesto del carcere.Com’è stato l’impatto con il mondo carcerario? Nonavevo mai frequentato un carcere. E fortunatamentemi sono adattato abbastanza bene, senza pregiudizi.I pregiudizi in un carcere sono deleteri, diventa diffi-cile costruire rapporti e il rischio è quello di essere“espulso” dal delicato sistema che vige in un carcere.Sono riuscito a creare un buon rapporto con i detenu-ti e il personale carcerario.Lavoro in diverse sezioni del carcere: con i detenutidell’Alta Sicurezza, con i detenuti per reati associativi,condannati dalla 416 bis, con i “giovani adulti”, ragaz-zi di venti anni che hanno sbagliato e che si vuol sal-vare da errori futuri, con i trans non operati.Che rapporto si crea in un carcere tra attori e regista?Loro sono gli attori, io il regista. Non mi riguarda illoro passato altrimenti mi potrei imbattere nella dif-ficoltà di digerire alcuni reati. Ma il mio compito èquello di mettere a loro disposizione tutta la miacompetenza,e per fortuna in questo progetto sonoimpegnati più di 100 detenuti, l’8-9% della popola-zione carceraria.Lei ha scritto: «quando la straordinaria parola deipoeti irrompe dietro le sbarre determina una rivolu-zione». Ci può parlare di questa “rivoluzione”? E’ fon-damentale portare a queste persone l’arte, loro non

l’hanno mai conosciuta, è raro trovare persone cheabbiano un titolo di studio.L’orizzonte di senso è dato dal linguaggio, bisognaandare oltre il linguaggio essenziale che dà una visio-ne del mondo essenziale. Con la letteratura la realtà siconfigura così come la nomini. La realtà si configurain termini linguistici. Loro non lo sanno ma quandousano strutture linguistiche diverse per nominare larealtà, cambia l’orizzonte di senso. Compito di uneducatore è metter in contatto il carcere con l’arte.Più alta è la letteratura, più fecondo è il rapporto.L’attività teatrale in carcere non si esaurisce nel gridodi dolore di un carcerato. Esso non convince, non dicenulla sulla complessità dei problemi. La cultura pre-serva dalla delinquenza.Quindi il suo è una forma di teatro civile? Si, è un tea-tro civile. E il teatro civile è l’unico teatro che si puòfare oggi. Bisogna produrre il nuovo. Il teatro cosìcom’è non ha senso, bisogna portare sul palco la real-tà. Riadattare, altrimenti si fa archeologia, non avereriverenze.E un detenuto come spiega la realtà? In questi spetta-coli si parla della vita di coloro che recitano, gli attoriinterpretano la loro vita svelando orizzonti differenti.

Ti faccio un esempio: Paolo e Francesca. Puoi provarea capirlo, ma finché un detenuto non ti dice “Paolo eFrancesca siamo io e mia moglie, l’unico gesto affet-tuoso consentito è una stretta di mano”, non hai dav-vero capito cos’è. E se presenti Dante così, in napole-tano, comunicando il dramma che c’è dietro l’impos-sibilità di un abbraccio autentico, il pubblico è davve-ro commosso.Un Dante così si può vedere solo in carcere.E ancora, pensa al Canto di Ulisse: capisci cos’è lo spi-rito di conoscenza quando è narrato da un ragazzoche da giovane ha lasciato la Sicilia per andare inBelgio, dove ha sbagliato, dove si è ritrovato il corpoforato da proiettili, che recita nel suo dialetto, appas-sionato dal viaggio che l’eroe dell’Odissea ha compiu-to tantissimi anni fa proprio dove lui è nato.Il carcere è un vetrino da esperimento, con l’umanitàcondensata. Vedi gli uomini con la loro essenza, ridot-ti all’essenza; questi uomini hanno bisogno di espres-sione, di libertà materiale e spirituale, che il teatroscatena. Se fornisci loro degli spunti dalla letteratura,sono i migliori interpreti della catarsi. Il carcere sem-bra una nicchia, ma in realtà è l’universo. Un purgato-rio, che ha un’uscita verso il bene. Un’uscita resa peròdifficile dalla società, che non dà possibilità di riscat-to.E il pubblico? Qual è la sua reazione? Il pubblico c’è, ètanto, si commuove. Quando presentiamo gli spetta-coli all’interno del carcere di Rebibbia, si arriva anchea 13mila spettatori. Ogni anno sono organizzati pro-getti che coinvolgono studenti delle scuole e anche laRegione ci aiuta. E’ stato approvato infatti il progetto“Officine di teatro sociale”, centro permanente di pro-duzione teatrale a Rebibbia, promosso e sostenutofin da 2002 dall’Associazione Enrico Maria Salerno,oggi progetto ufficialmente riconosciuto.

Chiara [email protected]

« I l c a r c e r e s emb r a una n i c c h i a ,ma i n r e a l t à è l ’ u n i ve r s o »L’Eliseo presente la rassegna “Teatro e Carcere”. Intervista al regista Fabio Cavalli

Tagli al FUS: e ora?

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Non è inusuale,passeggiandoper questo tri-buto alla bel-lezza che èRoma, imbat-tersi in luoghicapaci di realiz-zare un’atmo-sfera di magicacompenetra-zione tra i fasti

e gli splendori delle più diverse epoche storiche.E il risultato è ancor più sconcertante nel momento in cui tra i vetusti simulacri delpassato si vanno incastonando scene di una quotidianità quasi profana: un pic-nicsull’erba, un giro di jogging tra i vialetti chiazzati dall’ombra.. Scene che proprio daquesto apparente contrasto traggono una nobilitazione inopinata, realizzando unconnubio tra presente e passato tanto comune, eppure tanto sconvolgente, in que-sta città da fiaba..Villa Torlonia è sicuramente una delle immagini più esplicative di questo connubio,e il 19 ottobre scorso ha aperto le sue meraviglie a chiunque volesse ammirarle,con tanto di guida gratuita in occasione della Giornata Nazionale del Turing Club:

un’opportunitàimpedibile pertutti gli appas-sionati di storiae architettura!Il programmap r e v e d e v ainfatti la possi-bilità di godere appieno non solo dello splendido parco in stile inglese (tesoro dicui quotidianamente si inebriano decine tra turisti e non, che vi trovano ristoro dalcaos metropolitano!), ma anche di una visita guidata nelle stanze dorate dellaVilla, con la sua imponente struttura classicheggiante e gli spazi maestosi, e tra isuggestivi anfratti della particolarissima Casina delle Civette, dimora personale delprincipe Giovanni Torlonia: un piccolo gioiello sintesi di numerosi stili, con linee evolumi così eterei e fiabeschi da sembrare quasi un frammento di mondoDisneyano emerso per sbaglio nella prosaica realtà appositamente per sublimarela solitudine meditabonda di un principe eccentrico e solitario.. Insomma, sicura-mente una visita che costituisce una validissima alternativa, specie in questa rigi-da stagione, al semplice godimento della frescura dello splendido parco..

Tiziana Ventrella

Villa Torlonia: uno scrigno di tesori nel cuore di Roma

ISOLATI O ISOLAZIONISTI?ARTE E ARTISTI DEL DISSENSO

Sono giorni di protesta. Sono giorni incui parte della società sta dando voce adun dissenso politico nato, a sua volta, daun disagio quotidiano. Ognuno di noi èpiù o meno partecipe o coinvolto, anchesolo nella misura dei disagi che subisce.La voce critica si sta esprimendo informe talvolta aggressive, dimentican-do il potere della manifestazione pacifi-ca. In questo ultimo ambito si inseriscel’arte: la funzione che essa occupava si èandata modificando, restringendosi,fino ad emarginarsi dalla sfera sociale erinchiudendosi in quella personale,togliendo così margine al suo utilizzoreale.Eppure, il passato più recente, è pieno diesempi di arte sociale, dal “Quartostato” di Pellizza da Volpedo a “La liber-tà che guida il popolo” di EugégeDelacroix, voci non uniche né rare di unpanorama artistico spesso coinvoltonella vita politica della nazione d’appar-tenenza. Oggi che, grazie all’ampliarsidella fascia media, della rivoluzione tec-

nologica e del livello d’istruzione, si pre-senta la possibilità reale di dare l’occa-sione a tutti gli individui di dedicarsiall’espressione creativa, c’è mancanza diarte nella società. È un paradosso.Di fatto siamo a questo punto, gli artistie la gente non sanno più cosa li unisce,gli uni si sono isolati e gli altri li hannoquasi dimenticati. Li hanno eliminatidai loro interessi, dalle loro conversazio-ni, e gli artisti si sono rifugiati in unanicchia fatta d’incomprensioni e di sof-ferenza che ancora si ostinano a chia-mare arte. Di conseguenza, anche lepersone comuni credono che sia così, e lilasciano fare senza comprendere il lega-me che li unisce. Il legame si è spezzato.Per ricongiungerlo bisogna che gli arti-sti e la gente riconoscano all’arte unvalore sociale e un ruolo, pari ad esem-pio a quello della scienza e della religio-ne. Si, è così: gli artisti, al pari degliuomini di scienza e di spiritualità, svol-gono una funzione sociale indispensa-bile e, con la loro ricerca, contribuisconoallo sviluppo e alla crescita dei popoli.L’arte non è solo un mezzo di realizza-zione di “caratteristici”manifesti eletto-rali, è forma acuta di intelligenza parte-cipativa e oratrice attenta dei cambia-menti in atto.

Bridget

LA GRANDE CALLANella hall dal MACRO, in via ReggioEmilia, è esposta l’installazione“While nothing Happends” dell’ar-tista brasiliano Ernesto Neto.L’impressione che si ha arrivando,in realtà, è quella di un’enormecalla, coltivata dal Grande GiganteGentile, in un giardino di unmondo capovolto.Nell’attraversarla, invece, si rima-ne come sospesi nel nulla, estra-niati totalmente dalla realtà, senzavedere né sentire, coinvolti total-mente all’interno dell’opera.L’installazione è una cosiddetta“struttura molle”, un “campanone”bianco in legno e lycra, da cui pen-dono numerose gocce, sempre inlycra, che l’artista ha riempito concinque spezie: pepe, cumino, chio-di di garofano, zenzero e curcuma.Intenzione di Ernesto Neto - a suodire – è quella di ricreare luoghispirituali, che evochino nello spet-tatore, o, per meglio dire, nel frui-tore dell’opera, impressioni ditotalità, infinito, continuità; perun’arte meno perversa e più sen-suale. Lo fa trascinando lo spetta-tore in un’esperienza percettivatotale. L’individuo viene coinvoltofisicamente all’interno dell’opera,con la vista, l’olfatto, il tatto, e siperde all’interno delle strutture. Daun lato queste composizioni bian-che, di stoffa, con forme dolci emorbide, accolgono lo spettatore

in un ambiente intimo, familiare;dall’altro le spezie lo stordiscono,evocando immagini di mondi lon-tani che lo estraniano da quellocircostante. In realtà, al di là dei“paroloni artistici”, che dovrebberospiegare i più profondi significati diun’opera d’arte contemporanea eal di là della prima impressione suNeto, che riporta alla mente leparole di Tenco sugli artisti,“ilnostro artista […] soffre anche luidi un male purtroppo assai diffuso[…] il mito della personalità”, l’in-stallazione diverte e venti minutiall’interno di “While nothing hap-pends” sono un tempo ben speso.

Chiara Tosti-Croce

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R i a s s u n t o d e l l a p u n t a t a p r e c e d e n t e :

la Vernice è r i tornata a fare capol ino tra gl i accessor i , megl io

se in color i shocking, mentre le Gambe spuntano dai microki l t

d i tar tan. Nel f rattempo i l Vio la incombe minacc ioso su ogni

capo d’abbigl iamento, f ronteggiando l ’avanzata del Verde…

A Londra non tiraun’aria molto diver-sa. Grazie alla colla-borazione di case dimoda low-costcome Zara e H&M itrend si diffondonoveloci come il mor-billo e si concludononel giro di qualchesettimana fagocitatidalle nuove collezioni. Aver pagatoun outfit (completo) meno di tren-ta sterline (nemmeno 40 euro) èmotivo di orgoglio, spendere cifre adue zeri per un paio di jeans, un’i-diozia. Non dimentichiamo cheLondra è pur sempre la capitale delbusiness.Lo stile è simile al nostro. Solo, piùestremo.1) I cari plateau, gioia delle bassee croce per i cavalieri che devonoaccompagnarle, devono esserequantomeno vernciati, stringatio black’n gold. Rihanna docet.2) gli skinny jeans -senza dubbio ilmeglio che ci sia capitato dal ripe-scaggio degli anni Ottanta di questi

ultimi anni- astampe anima-lier nere su colorifluo (come il fuxia)non sono più un’at-tentato al buongusto.3) Kate Moss, allaveneranda età di34 anni (cioè 50per una Top Model)

è ancora l’icona di stile della ragaz-za media londinese. Il faro di spe-ranza a cui guardare nei giorni incui sembra che l’armadio a sei antenon contenga nulla che si adatti alnostro stato d’animo. Èsempre lei a comparire suigiornali gratuiti (lei sì chevive sotto il GrandeFratello) ogni giorno. Kateè fonte d’ispirazione per-ché tutti possono copiar-la. Tutte abbiamo un paiodi jeans neri, una cami-cia bianca del nostrofidanzato e un paio diballerine, quelle ormai sitrovano pure nelle uova

Kinder. O una maglietta arighe delle elementari (se lataglia non è cambiata…).Adesso che Top Shop le hafatto firmare la seconda col-lezione, è ufficiale: Kate Mossè Londra.

Seconda Puntata

Era un normalissimo mercoledìsera a Londra, e decidemmo diandare a fumare il narghilè in unoshiushà bar. Stufa di tante nottatepassate in minigonna senza calze,decisi di indossare, per la primavolta dopo un mese e mezzo, deipantaloni. La mia amica Elaine michiese stupita se ci fosse qualcosache non andava. Poi, arrivati alprimo bar, fui felice di aver sacrifi-cato parte della mia femminilità:all’interno non si poteva fumare.Dopo una corsa in taxi alla ricercadi un altro locale che accettassefumatori, rimanemmo delusi di

nuovo: si poteva fumare soloin mezzo alla strada. Ma scal-dati da una stufetta. Cialzammo e ce ne andammo.Facemmo due passi, la stradaera piena di questi baretti,ma alla fine ci arrendemmo,e io gioivo sempre di più diaver messo i jeans quellasera. Eppure oggi, in pigia-ma, chiusa in casa da giovedi,non ci posso credere: sonoammalata. Dovrei essere a

Oxford Street a vedere le illumina-zioni di natale, a prendere appun-ti da Selfridge’s. Come è potutoaccadere? Come tutte le brave lon-dinesi ho sempre indossato mini-gonne senza nemmeno pensaread indossare i collant. A volte, perpigrizia, sono scesa a fumarmi unasigaretta sotto casa indossando lehavaianas e il piumino. E ora, peruna volta che avevo deciso dicoprirmi venivo punita? Nella mia

stanza, infilata in una vestaglia dipile, aprendo la finestra per respi-rare un po’ di aria fredda, nonpotevo fare a meno di chiedermi:era Londra, era la vendetta dei col-lant o ero io?

Chiara Sfregola

Terza Puntata

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C A M B I A R E P E R A M O R E

Ci sono momentidella vita in cuiabbiamo bisogno diilluderci, di sfuggirealla realtà, come sequesto tentativopotesse regalarcic o n c r e t amen t etutto ciò che cimanca. Ma a forzadi scappare dallarealtà questa,prima o poi, civiene a cercare. Io ne sono il classicoesempio… L’ho fatto, nell’ormai passa-ta giovinezza, più di una volta sognandostorie senza che vi fossero le basi reali eper anni mi sono nutrita quotidiana-mente dei c.d. amori platonici che, oralo posso dire con certezza, mi hannoaiutato a sopravvivere all’adolescenza.L’ho fatto, dopo tanto tempo, di recente,quando mi sono convinta che l’amoreche stavo vivendo non fosse poi cosìperfetto ed ho perso tempo a concen-trarmi su tutti gli stupidi difetti cheriuscivo a notare, con l’atteggiamentoda maestrina che, purtroppo, mi carat-terizza e mi sono sentita investita di unamissione: rivoluzionare quella persona.Ed è qui che entra in gioco una doman-da ricorrente: si può cambiare peramore? Ma soprattutto, non meno reto-rica!, l’anima gemella è realtà o solo unostrumento di tortura? Esiste davvero da

qualche parte qualcunoperfetto per noi cosìcom’è o questa figuramitologica diviene unparadigma impossibile inbase al quale andiamoalla ricerca del nostro luiscartando inevitabilmen-te ogni opzione?! Puòsuccedere di voler pla-smare l’altro, morbidocome gomma, pronto aritornare alla posizione di

partenza non appena tutto sarà finito,oppure non vederlo cambiare mai, per-ché troppo sicuro di sé o troppo insicurodelle conseguenze di un reale cambia-mento. L’importante è non arrivare maiad intaccare la sua natura, non perderedi vista quelli che sono i nostri difetti, enon dimenticare mai che la realtà, lon-tana dall’idea platonica di animagemella, è quella fatta di persone falli-bili, ed infiniti difetti, ma anche di emo-zioni e sentimenti così veri e totalizzan-ti da meritare di essere vissuta cosìcom’è, senza sconvolgimenti e rivoluzio-ni. E ora, se mi scusate, scappo e faccioun tuffo nella realtà, mia e di quelragazzo, perfetto nelle sue piccoleimperfezioni!

Alessandra [email protected]

Immaginate la scena. Ci sono io, questa bambinamagramagra e palliduccia, incol-lata davanti allo schermo del televisore con aria rapita e vagamente psicotica. Nelvideoregistratore (IL VIDEO-REGISTRATORE! Dio, come sono obsoleta) il solito filmDisney consumato dalle troppe visioni. Ed eccola lì, nascosta tra le altre, la fraseche aspetto con ansia per poi sorridere tutta soddisfatta fra me e me (ok, ero unasquilibrata): “La gente fa cose pazze quando è innamorata”. È così che immagina-vo l’amore da piccola, imbevuta com’ero di dottrina Disneyana: un continuo sacri-ficarsi per l’amato. Sono passati altri dieci anni e sono secoli che non guardo

Hercules. Ovviamente mi piacerebbe tanto credere ancora nell’amore che trasfor-ma le Bestie Pelose in Principi Scintillanti, ma essendo tendenzialmente una disil-lusa misantropa (o forse solo una romantica delusa) mi sono resa conto che quel-lo che chiamiamo“cambiare per amore”ha ben poco a che fare con l’amore vero eproprio. Intendiamoci: non sto dicendo che la gente non possa cambiare, il puntoè che non lo fa per amore, anche se ne è intimamente convinta: lo fa per-ché le facomodo. E non è egoismo, davvero. Anzi, è una cosa quasi nobile. Solo che non èdisinteressata. Voglio stare con te, tu mi vuoi così, io (provvisoriamente) diventocosì. Tutto qui. Infatti, una volta esauritasi la relazione in questione, ecco che ognicosa torna alla normalità. Effetto elastico. E questo vale sia per le donne che per gliuomini: chi ha detto che noi siamo più adattabili? Al contrario, non facciamo chepretendere e intestar-dirci su qualsiasi cosa, dalla serietà della storia all’igieneperso-nale passando per il bon ton (non per fare le difficili, ma quando il tuo uomoesprime il suo affetto con i rutti, bè, qualcosa da ridire ci sarebbe). Ma non teme-te, le principesse del XXI secolo possono vivere per sempre felici e contente anchesenza rinne-gare la loro natura: in fondo si può sempre cambiare il lieto fine!

Martina Monaldi

MEGLIO CAMBIARE….O NO?

Si cambia o non si cambia peramore? Mentre cercavo di trova-re una risposta a questa amleticadomanda, squilla il telefono: èun mioamico. Giàche ci sonoc h i e d oanche a luicosa nepensa e lar i s p o s t achemi da èdecisa ed ra s t i c a :<<Sì, si può cambiare peramore e spesso questo può pro-vocare effetti deleteri per chicambia>>. Secondo lui la per-sona che cambia perde unaparte di sé,del suo modo di vive-re, fa scelte che non avrebbe maifatto e per questo finisce con ilsoffrire e sentirsi fragile. Si pos-sono smussare le parti più spigo-lose del proprio carattere, i pro-pri difetti, però, se si deve cam-biare radicalmente per la perso-na che si ama, forse è megliorinunciare a stare con lei. Piùascolto il suo ragionamento piùmi convinco che probabilmenteha ragione lui: non si può indos-sare una maschera per tutta lavita, fingere di essere ciò che

effettivamente non si è e sperareallo stesso tempo di essere felici.Forse non è neanche la personache abbiamo accanto a chiederci

di cambiare,ma siamonoi che cicaliamo atutti i costinella partedel “patnerideale” spe-rando diessere con-v i n c e n t i ,

senza renderci conto che il veroproblema è riuscire a convincerenoi stessi… Certo, non è dettoche cambiare sia un’esperienzasempre e solo negativa, magarici scopriamo migliori e ne siamosoddisfatti, in fondo la cosa fon-damentale è esserne convinti.L’importante è non cambiare perfar piacere agli altri, ma per pia-cere di più a noi stessi!

Michela Petti

“C’erano una volta le principesse-elastico”

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La Formula 1 che verràUn bilancio della quattro ruote tra presente, passato e futuro

É ormai passato un mese dalla fine della stagione 2008 di Formula 1, e gli appas-sionati non hanno neanche fatto in tempo a riprendersi dal finale più adrenalinicodegli ultimi anni che già si moltiplicano le indiscrezioni e le novità riguardo il pros-simo futuro.Alla fine, dunque, è riuscita a spuntarla Lewis Hamilton. L'inglese della McLaren èdiventato, all'età di 23 anni 9 mesi e 26 giorni, il più giovane pilota campione delmondo della storia di questa disciplina, superando di una sola lunghezza – e soloall'ultima gara – il ferrarista Felipe Massa. Simpatie e preferenze a parte, devoconfessare che era tanto tempo che nonmi emozio-navo così tanto per uno sport: l'ultimo giro l'ho pas-sato arpionando il bracciolo del divano con unamano e il telecomando con l'altra, con il cuore ingola, mentre sentivo la voce del telecronista in tvche passava nel giro di pochi secondi dall'euforiaalla doccia fredda. Difficile dimenticare le espressio-ni stupefatte della famiglia Massa al box Ferrari,così come le lacrime di gioia del neo-campione delmondo; difficile dimenticare una gara dal finaletanto rocambolesco, in cui il titolo mondiale è statoassegnato – letteralmente – all'ultima curva, e incui ancora una volta è stata l'imprevedibile meteo-rologia a mischiare le carte in tavola. I deboli di cuore mi perdoneranno se, per laprossima stagione e quelle a venire, mi faccio soltanto un augurio: che ci sianoancora gare e finali di stagione come quello appena trascorso.A cose fatte, bisogna considerare che di carne al fuoco il campionato ne ha messaparecchia, soprattutto se si parla di quello che è uno degli elementi basilari di que-sto sport: i piloti. Hamilton ha fatto vedere grandi cose, ma si è anche reso prota-gonista di grandi scorrettezze: un peccato legato forse alla giovane età, alla foga eall'inesperienza, ma che lo ha reso senza dubbio il più impopolare tra i suoi stessicolleghi (oltre che – per ovvi motivi – tra i ferraristi). Massa ha corso un'ottimastagione – inizio a parte – e si è automaticamente guadagnato un posti tra i bigin quella che verrà, mettendo in ombra il compagno di squadra Raikkonen (checomunque resta il re incontrastato dei giri veloci in gara). Alonso, su Renault, si èriscattato solo nel finale, arrivando anche a vincere due gare di fila con una mono-posto di certo non competitiva. Ma, al di là dei soliti noti, mi piacerebbe concen-trare l'attenzione su altri due giovani rampanti. Da un lato c'è Robert Kubica, che,proprio sul circuito dove un anno fa aveva rischiato la vita in un tremendo inciden-te, ha portato la Bmw alla prima vittoria in Formula 1, e che oltretutto è restato incorsa per il titolo fino alle penultima gara. Dall'altro c'è SebastianVettel, classe '87,alla sua prima stagione da titolare, che, alla guida della “piccola” ed italiana ToroRosso, ha ottenuto pole positon e vittoria proprio nel Gp d'Italia, diventando il più

giovane vincitore di una gara di Formula 1.E la prossima stagione sembra destinata ad aprirsi proprio nel segno di questo gio-vane pilota tedesco, che già da molti viene additato come il nuovo MichaelSchumacher. A metà novembre si sono svolti a Barcellona i primi test sui prototipidelle monoposto che correranno nel 2009, ed il miglior tempo è stato proprio diVettel, appena passato alla Red Bull (sorella maggiore della Toro Rosso: che dalcanto suo ha messo a segno il secondo e il terzo tempo). Ancora assenti i piloti digrido, tutti freschi di rinnovo contrattuale: i primi tre team di classifica (Ferrari,

McLaren e Bmw) hanno confermato le rispettiveline-up, ed anche Alonso si è legato alla Renault peraltri due anni, ponendo fine (ma solo temporanea-mente) alle voci di corridoio che lo vorrebbero allascuderia di Maranello.Abbandonando il livello delle certezze e approdan-do a quello delle indiscrezioni, ci si imbatte nell'in-finita serie di voci circa le novità di carattere tecnicodella prossima stagione. Mentre, come già antici-pato, la sorte dei circuiti di Canada e Francia apparesempre più segnata, spuntano alcune proposteriguardo i regolamenti. È del 20 novembre la noti-zia seconda la quale Bernie Ecclestone, il gran capo

della F1, starebbe pensando ad un nuovo sistema di assegnazione dei punti; omeglio, starebbe pensando di relegarlo solamente al campionato costruttori.L'idea è quella di inserire una medaglia per ciascuno dei tre gradini del podio: lavittoria finale nel campionato piloti sarà assegnata all'atleta con il maggior nume-ro di vittorie (quindi medaglie d'oro); in caso di parità di procederà con il conteg-gio di quelle d'argento, e così via. Unmeccanismo senz'altro elitario, che vanifiche-rebbe la costanza dei piloti: basti pensare che, nella stagione 2008, è stato Massaa totalizzare il maggior numero di vittorie, e non Hamilton. Un'altra novità in arri-vo è la ristrutturazione del sistema delle qualifiche. Si starebbe pensano di elimi-nare le tre manches attualmente in uso, a favore di un'unica grande sessione, cuiparteciperebbero tutti i piloti contemporaneamente; inoltre, il raggiungimentodella pole position garantirebbe un punto per la classifica generale.Chiaramente si tratta solo di proposte ed idee: nei prossimi mesi si avrà tempo emodo per sapere se e come verranno attuate. L'unica certezza è che il circus dellaFormula 1 riaprirà i battenti ufficialmente il 29 marzo 2009 in Australia. E ci augu-riamo con tutto il cuore che, al di là delle novità che porterà con sé, sappia rega-larci ancora emozioni forti come ha sempre fatto.

Luigi [email protected]

Quattro chiacchiere con... “CARLETTO” ANCELOTTI

Mister, senza la Champions (obiettivoda sempre primario per il Milan) que-sta può essere la stagione dello scu-detto?Certamente! O almeno ci auguriamo che losia. Inutile nascondere che è il nostroobiettivo, e che in verità negli ultimi anni èstato messo da parte in favore della CoppaCampioni.Una delle novità di questo campiona-to è la presenza di Mourinho. Trovapiù fastidioso o più stimolante viverecon una tale personalità il derby dellapanchina?

Il derby è per me una partita particolare, al di là degli allenatori che incontro.Certo, è stimolante sapere che il confronto è con un allenatore di esperienza inter-nazionale...Sacchi ha dichiarato che il suo Milan è il più simile a quello di NielsLiedholm. E' d'accordo?Beh, le sue squadre avevano come caratteristica principale quella del possesso

palla. Direi che questo aspetto posso riscontrarlo di certo anche nel mio Milan.Il Milan ha di certo una rosa stellare, colma di personalità di spicco:Ronaldinho, Kakà, Shevchenko, Pirlo, Seedorf... Trova difficile farle con-vivere?Non è semplice. Per farlo è fondamentale, oltre alla loro apertura al dialogo, anchel'appoggio della società. Per fortuna questa, al Milan, non mi è mai mancata.Se pensa al suo futuro cosa vede più probabile, una selezione africana ola Roma?(ride)... Beh non nascondo che mi piacerebbe disputare un campionato delmondo... Per di più il calcio africano mi ha sempre incuriosito e affascinato: dispo-ne di giocatori straordinariamente dotati dal punto di vista fisico, ma un po' indie-tro sotto l'aspetto tecnico. Mi piacerebbe portare in tale senso parte della miaesperienza.

Emanuela [email protected]

Questo mese per la nostra rubrica abbiamo chiacchierato proprio con l'allenatore rossonero, chenon ha mancato di svelarci persino qualche indiscrezione sul suo possibile futuro professionale.

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Lo sport ha sempre ricoperto un ruolo prima-rio nella vita di noi tutti: già Giovenale, nellesue Satire, affermava “Mens sana in corporesano”, ed ancora oggi la pratica sportiva èconsiderata attività prioritaria. Da qualchetempo questo fenomeno deve, però, affron-tare una nuova e pressante problematica: il doping. Pensare chequesto sia un problema da limitare allo sport fatto ad alti livellisarebbe un grave errore. Il doping viene spesso proposto ai ragaz-zi che si affacciano all'attività agonistica, per migliorare le presta-zioni e per dare loro la speranza di diventare un giorno dei campio-ni.Il ministero, e più in generale gli organi della gerarchia sportiva,tramite campagne di sensibilizzazione hanno più volte cercato didissuadere dall’uso di queste sostanze e dalla loro diffusione.Fatte queste considerazioni, però, ci si stupisce di come sia possibile che atleti chevengono sottoposti continuamente a controlli antidoping (anche incrociati: urine-sangue), possano cadere nel fatale errore di farne uso.La tesi più attendibile, ed innocentista, confermata anche da casi recenti, è che gliatleti assumano determinati medicinali che, nonostante non siano a ciò deputati,contengono sostanze dopanti.Gli esempi più celebri sono due: Marco Borriello, calciatore, e Marta Bastianelli,ciclista.Il primo, due anni or sono, è incappato in una squalifica di tre mesi per “colpa” diuna pomata cutanea che conteneva, fra i vari ingredienti, una sostanza che posse-deva un principio attivo dopante.La seconda, il cui caso è veramente interessante, è stata campionessa mondiale diciclismo nel 2007 (oltre che vincitrice ai campionati U23), ma è stata costretta asaltare le ultime Olimpiadi a causa della squalifica per doping.Sin dal primo momento la ragazza cercò invano di giustificarsi affermando che ilfarmaco incriminato non rientrava nella lista dei farmaci vietati, distribuita dalWADA (World anti-doping agency).Ma questo non le bastò ad evitare la squalifica.Il farmaco in questione, adottato a fini anoressizanti, fu ritirato dal mercato nel2002 a causa di effetti collaterali sul cuore e sul sistema nervoso.Solo nel 2003, in seguito ad una sentenza del Tar, fu rimesso sul mercato in formagalenica (fatto artigianalmente dal farmacista su ricetta medica); così, grazie aquesto piccolo tranello legislativo, il farmaco è di nuovo lecito.

In seguito a un'inchiesta di un celebre setti-manale italiano, si scoprì che chiunquepoteva avere la prescrizione per tale farma-co rivolgendosi presso un qualsiasi dietolo-go.Sul caso Bastianelli molti esperti si sono

espressi, e la tesi partorita è quasi unanime.Sebbene il farmaco non rientri nel novero dei “non consentiti”, ilfarmacista nel preparato galenico può aver utilizzato la fenflurami-na (sostanza vietata), necessaria per il preparato. A questo punto,dal controllo, l’atleta chiaramente è risultata dopata.Dopo aver illustrato la vicenda, si può senza dubbio esporre un leci-to dubbio.La lotta al doping deve essere combattuta strenuamente da addet-

ti ai lavori e non, ma in determinati casi bisognerebbe adottare unminimo di com-prensibilità: la Bastianelli, forse, prese il farmaco solo per fini dimagranti, e nondopanti.Ammettiamo che il CONI abbia solamente rispettato le procedure previste dalWADA, impedendo all’atleta la partecipazione alle Olimpiadi. Ma di quale giusti-zia stiamo parlando?Quando si discute circa la creazione nei giovani di una sana cultura sportiva, siintende dissuaderli dall’idea di aver bisogno di sostanze che aumentino le proprieprestazioni.Utilizzando le parole di uno spot ora in voga: “Everything you need, is already insi-de”. Questa è la lotta che ci sentiamo di appoggiare.Marta Bastianelli oggi oltre alla squalifica di un anno è sottoposta ad un procedi-mento a suo carico per violazione dell’art.445 del codice penale.Le riflessioni le lasciamo ai lettori, e, chiaramente, agli addetti ai lavori.Gli esempi da noi citati sono due, ma potrebbero essere molti altri, specialmentenel mondo del ciclismo, a causa di ciclici controlli sugli atleti, più frequenti chenegli altri sport.In conclusione, è auspicabile che la materia del doping venga nuovamente rifor-mata in alcuni punti per evitare che, a causa di una dieta, un atleta sia costretto aperdere il sogno di una vita.

Lorenzo [email protected]

Calcio

d’angolo-N

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2008

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Lo scorso mese ho iniziato a descrivervi in modo (spero) dettagliato la vicenda delcomplesso“Fulvio Bernardini”, più conosciuto con il nome di Trigoria. Prima di con-tinuare, penso sia giusto riassumere, brevemente, quanto illustrato la scorsa volta.L’As Roma ha venduto per 30 milioni la struttura sportiva di Trigoria alla BancaItalease che, il giorno successivo, ha firmato con Roma 2000 Srl, mediante la suacontrollata Roma Real Estate Srl, un contratto di leasing finanziario di 15 anni.Successivamente la società giallorossa ne ha sottoscritto uno di locazione, grazieal quale il team capitolino potrà usufruire di Trigoria per 12 anni, pagando uncanone d’affitto annuale di 3,7milioni. E fino a qui non c’è nessuna novità. Ma eccocosa si legge nella situazione finanziaria mensile del 30 Settembre 2006, approva-ta dal Consiglio di Amministrazione dell’As Roma:“Nello scorso mese sono stati ceduti, in pagamento canoni alla consociata (cioèl’As Roma Real Estate), i residui crediti contrattuali maturandi nei confronti di H3GSpa e le relative garanzie, pari a 12,5 milioni di euro, oltre IVA, a fronte del paga-mento anticipato di quota parte di futuri canoni di locazione. A fronte di tale ces-sione, è stata rimessa nella disponibilità di As Roma la somma di 12 milioni dieuro, inizialmente prevista a titolo di deposito cauzionale ed a garanzia di paga-menti. Infine sono stati costituiti presso la consociata depositi cauzionali, per 3,8milioni di euro, in ottemperanza agli impegni contrattuali assunti”.Facile da capire vero? Cerco di spiegare meglio quanto detto in questo comunica-to.L’As Roma ha firmato un contratto di locazione per la durata di 6 anni (gli altri 6 dariconfermare), con As Roma Real Estate Srl (cioè Roma 2000 Srl e quindiItalpetroli). La società calcistica si è dovuta far carico, come garan-zia del canone d’affitto annuale, di un versamento del depositocauzionale verso l’agenzia immobiliare di circa 12 milioni di euro.Tale somma, a quanto pare, è stata sottratta al club capitolino epoteva essere impiegata per un eventuale campagna acquisti.Dopotutto, queste cifre non fanno mai male…Ma il fatto ancora più strano ed incredibile, visto che si sta parlan-do di una persona grandiosa come l’ex presidente Sensi, è ilseguente: questi 12 milioni sono stati versati dall’As Roma, ad unasua consociata, cioè ad una società appartenente alla stessa pro-prietà. In pratica, secondo questi dati, il deposito cauzionale entra

nelle casse di Italpetroli! Naturalmente il mio articolo non ha la presunzione diaffermare che quanto scritto è l’assoluta verità. Io stesso sono il primo a non cre-dere a questa manovra. Possibile, infatti, che questa vicenda coinvolga la dirigen-za giallorossa, giustamente amata dai tifosi per il suo attaccamento alla squadra?Tuttavia è necessaria una maggiore chiarezza, visto che si tratta di un argomentomolto delicato. E una domanda sorge spontaneamente: perché la stampa non hamai parlato di tutto ciò? Possibile che ne fosse all’oscuro? E questo silenzio mette,ingiustamente, ancora di più in cattiva luce la famiglia Sensi. Ma non è finita quila vicenda…Cosa ha dovuto fare l’As Roma per avere di nuovo a disposizione questi 12 milionidi euro, versati alla sua consociata a titolo di deposito cauzionale, come garanziadel canone d’affitto annuale? Ha dovuto pagare anticipatamente una parte deifuturi canoni d’affitto all’agenzia controllata. Ma in quale forma? Come si legge nelcomunicato del 30 Settembre 2006, la società capitolina ha ceduto alla sua conso-ciata Real Estate (cioè a Roma 2000 e quindi Italpetroli) i residui crediti contrattua-li maturandi nei confronti di H3G Spa e le relative garanzie( pari a 12,5 milioni).H3G Spa sarebbe una società di telefonia con cui l’As Roma aveva un accordo per latrasmissione dei gol e delle immagini più significative sui cellulari di nuova gene-razione.Per concludere questa manovra economica portata avanti, secondo i dati, dallafamiglia Sensi, danneggia la Roma in due direzioni: 1) Da una parte costringe lasocietà giallorossa a dover pagare un affitto, che permetterà alla sua consociata,Roma Real Estate Srl di riacquistare il Centro Sportivo “Fulvio Bernardini” dalla

Banca Italease; 2) Dall’altra il team capitolino finanzia la stes-sa Italpetroli versandole depositi cauzionali e cedendo i pro-pri crediti.Leggendo questi dati, non si può certamente rimanereimpassibili: crollano molte certezze e insormontabili dubbi siinsidiano nelle nostre menti. Tuttavia la riconoscenza dei tifo-si della Roma nei confronti di Franco Sensi è così forte chesupera ampiamente le sue colpe, reali o meno.

Roberto [email protected]

Ombre sui SensiAncora nubi sul complesso di Trigoria e sulla Roma

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GLI STUDENTI E LA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE IN COLLABORAZIONE CON IL PLACEMENT OFFICE PRESENTANO

professione e sviluppoIl ruolo del Terzo Settore nel mondo del lavoro

12 dicembre 2008venerdì ⁄ ore 9.00 - 18.00

luiss Guido Carli Viale Romania, 32 - Roma

ore 9.00 registrazione dei partecipanti

aula silvano toti ⁄ ore 10.00 - 13.00tavola rotonda: “scoprire il terzo settore: contesti, profili e prospettive”

indirizzi di saluto

Pier Luigi Celli, Direttore Generale luiss Guido Carli

Massimo Egidi, Rettore luiss Guido Carli

Lorenzo Nicolosi, Studente Facoltà di Scienze Politiche luiss Guido Carli

interventi

le problematiche e le prospettive del terzo settore in italia Riccardo Bonacina, Direttore “Vita”

i rapporti tra istituzioni e terzo settore Silvia Costa, Assessore all’Istruzione, al Diritto allo studio e alla Formazione Regione Lazio

il terzo settore tra autonomia sociale e ruolo istituzionale nel nuovo welfare Gian Candido De Martin, Ordinario di Diritto Pubblico luiss Guido Carli

il terzo settore nel contesto internazionale Giorgio Dominese, Docente di Economic Policy of Transitions luiss Guido Carli

metodi e figure professionali del terzo settore Antonio Raimondi, Docente di Tecnica di cooperazione allo sviluppo luiss Guido Carli

Modera: Andrea Palazzolo, Docente di Diritto Commerciale luiss Guido Carli, Presidente Associazione Tuko Pamoja

testimonianza Chiara Castellani, Medico Chirurgo, Responsabile del Progetto di Sviluppo AIFO a Kimbau

aula silvano toti ⁄ ore 14.00 - 16.15workshopgestione dei fondi nel terzo settore a cura di Luciano Monti, Docente di Politica regionale europea luiss Guido Carli

formazione universitaria e manageriale a cura di Andrea Palazzolo, Docente di Diritto Commerciale luiss Guido Carli, Presidente Associazione Tuko Pamoja

il rapporto strumentale tra imprese e terzo settore: interazione e criticità a cura di Paola Pierri, Unicredit Group Foundation

aula 200 ⁄ ore 14.00 - 18.00incontri con le organizzazioni del terzo settore

per informazioni: luiss Guido CarliPlacement Office T 06 85 225 420 ⁄ 413 [email protected]

LUISS Guido Carli

LIBER A U N IV ER SITÀ I N TER NA ZIONA LE DEGLI ST U DI SOCI A LI

DIRITTI UMANI OGGI

I 60 ANNI DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO

Il Giornalecon l’Università

intorno

INDIRIZZO DI SALUTI

ROBERTO PESSIPRESIDE DELLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA LUISS – GUIDO CARLI

PARTECIPANO

CARLO CASINIPARLAMENTARE EUROPEO

GIÀ PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE GIURIDICA DEL PARLAMENTO EUROPEO

ANTONIO BALDASSARREPRESIDENTE EMERITO DELLA CORTE COSTITUZIONALE

DOCENTE DI DIRITTO COSTITUZIONALE LUISS – GUIDO CARLI

NATALINO RONZITTIDOCENTE DI DIRITTO INTERNAZIONALE LUISS – GUIDO CARLI

GIACOMO CALIENDO*SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA GIUSTIZIA

SENATORE DELLA REPUBBLICA

INTRODUCE L’ARGOMENTO

RICCARDO ALFIERISTUDENTE GIURISPRUDENZA

CRISTIANO SAMMARCORESPONSABILE 360E20

* PRESENZA DA CONFERMARE

LUISS – GUIDO CARLI |10 DICEMBRE 2008 | ORE 17:30 | AULA MAGNA | VIA PARENZO, 11 ROMA

Il Gio nnarnaleeIl Giornalel’l U i ità’Università

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