2007. Vincenzo Cicero, Istante durata ritmo (Introduzione)

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VINCENZO CICERO Istante durata ritmo Il tempo nell’epistemologia surrazionalista di Bachelard FILOSOFIA | RICERCHE

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Negli anni ’30 del secolo scorso il filosofo Gaston Bachelard elaborò una dottrina epistemologica spregiudicata, provocatoria, eppure in piena sintonia con gli straordinari progressi delle scienze contemporanee. La chiamò surrazionalismo, in omaggio al surrealismo di Tristan Tzara e André Breton allora in voga. Il compito principale dell’epistemologia surrazionalista era quello di rendere fluide sensibilità e ragione, di liberarne tutte le potenzialità riformando le idee dominanti, i metodi preliminari e i quadri generali della tradizione filosofico-scientifica.In questo volume il surrazionalismo viene esaminato nella sua applicazione alla questione della temporalità. Corroborata da una assidua frequentazione delle teorie di Einstein, de Broglie e Heisenberg, la meditazione di Bachelard sul tempo è andata progressivamente affinandosi fino a pervenire a formulazioni epistemologiche originalissime e tuttora feconde.

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VINCENZO CICERO

Istante durata ritmoIl tempo nell’epistemologia surrazionalista di Bachelard

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SOMMARIO

INTRODUZIONE

Dell’epistemologia surrazionalista di Bachelard 71. L’istanza di una complementarità di scienza e poesia 102. Una nuova disciplina: la fenomenologia

dell’immaginazione 133. La supplementarità di epistemologia e poetologia 144. Immagine e concetto: né filiazione né sintesi? 165. Un’epistemologia aperta 196. La dialettica surrazionalista 21 7. Lo strano concetto di trasognanza anagogica 23

PARTE PRIMA

Intuizione ed episteme dello spazio-tempo

I. Tre interlocuzioni su istante vs durata 27II. Bergson e la durata continua 33III. Einstein e lo spazio-tempo 41IV. Oltre la durata 61V. Bachelard davanti al continuo cronotopico 69

PARTE SECONDA

Ritmologia e quantizzazione degli istanti

VI. Abitudine ed euritmia ontologica 77VII. Progresso dell’essere, erotizzazione del tempo 83VIII. Tempo e causalità: la riabilitazione della durata 89IX. Il diritto alla metafora e un’appendice

ritmoanalitica 99X. Lastroni e fotoni tra meccanica ondulatoria

(e matriciale) e quantistica 111

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Elenco delle sigle delle opere di Bachelard 125

Bibliografia sulla questione del tempo in Bachelard 129

Indice dei nomi 133

SOMMARIO6

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Dell’epistemologia surrazionalistadi Bachelard

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AVVERTENZA

L’elenco delle sigle delle opere di Bachelard, con le corrispondenti coordinatebibliografiche, si trova alle pp. 125-127. I testi vengono di norma citati con dop-pia numerazione: il numero dopo la sigla indica la pagina dell’edizione france-se; il secondo, fra parentesi quadre, si riferisce alla traduzione italiana. (Alla du-plice numerazione facciamo ricorso anche nel citare certe opere di altri autori.)

Le traduzioni di tutti gli scritti stranieri citati, non solo di quelli bachelar-diani, sono state da noi talvolta modificate secondo opportunità.

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Metà scienza, metà poesia. Recto concetto, verso immagine. Raisonvs rêverie.

C’è vasta unanimità tra gli studiosi sul carattere anfibio del-l’attività filosofica di Gaston Bachelard (1884-1962): un versanteepistemologico, l’altro poetologico; qui le rapide del razionali-smo, lì i refoli dell’immaginario. Le divergenze sorgono semmairiguardo alla valutazione del rapporto tra i due ambiti, ma nonsulla profondità della faglia che li divarica.

Molte affermazioni schiette, anche negli ultimi scritti del pen-satore francese, sembrerebbero in effetti autorizzare l’inamidatu-ra esegetica di questa dicotomia. Sennonché, si tratta di dichiara-zioni che la tarda svolta metodica bachelardiana, teorizzata eattuata con raro vigore settuagenario nelle “due Poetiche e mezzo”a partire dal 1955, riconduce giustamente nel recinto della prov-visorietà – non della scorrettezza, certo, ma quantomeno dellanon definitività; talora occasionando attriti tra formulazioni allo-cate in parti differenti del medesimo libro. Se si volessero davve-ro raccogliere in una figura plastica finale i volti filosofici diBachelard, allora l’intera sua opera, dalla tesi di dottorato in let-tere Sur la connaissance approchée (1927) al saggio sul materialismorazionale (1953), andrebbe riletta nella controluce delle poeti-che: dello spazio, della trasognanza1, del fuoco (incompiuta), deltempo (mai redatta).

1 È la parola con cui traduciamo rêverie, e che, tra gli altri vantaggi rispetto alla resa(in)traduttiva davanti alla parola francese, ha pure quello di restituire con sogno–tra-sognanza il gioco etimologico e oppositivo della coppia rêve–rêverie, che Bachelardpratica spesso (p.es. PR 9ss. [17ss.]). Dato lo spiccato carattere attivo, creativo, che ilfilosofo attribuisce allo stato psichico in questione, bisogna distinguere nettamentetrasognanza da trasognatezza, che esibisce invece la passività già a livello di morfologialinguistica.

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Ma una rilettura così impegnativa è ben oltre gli orizzonti delnostro scritto. Più modestamente, intendiamo mostrare che i testibachelardiani sul tempo, risalenti agli anni ’30, sono abbastanzaeccentrici rispetto al resto della produzione, muovendosi perampi tratti proprio lungo la faglia che separerebbe il terreno epi-stemologico da quello poetologico; e in tal senso sono preziosiforieri del mutamento di prospettiva inauguratosi appieno unventennio dopo. Per di più l’eccentricità non è casuale, ma figliadi una raffinata interpretazione fotosintetica delle idee sul tempoelaborate in sedi eterogenee: nella filosofia bergsoniana, in operepoetiche e letterarie, in testi psicologici e musicologici, nelle teo-rie relativistiche e quantistiche coeve.

Tra scienza e trasognanza, una confluenza di suggestioni dacui si profila per un momento un certo originale surrazionalismopoietico di Bachelard, che però neppure la svolta metodica avrà iltempo – né forse più la medesima héxis – di affinare e, tantome-no, applicare. Ma che, come si vedrà, resta una lezione epistemo-logica di impareggiabile fecondità per la filosofia in quanto tale,non solamente per la filosofia della scienza odierna e a venire.

1. L’istanza di una complementarità di scienza e poesia

Né scienziato né poeta, Gaston Bachelard è filosofo che si consi-dera prettamente un pontiere tra quelle due figure. Nella prefa-zione alla Psicoanalisi del fuoco (1938), giusto all’inizio di un de-cennio dedicato in gran parte al setaccio psicoanalitico e poeticodelle teorie scientifiche sui quattro elementi materiali, la missio-ne balena in una precisazione: «Gli assi della scienza e della poe-sia sono, in prima istanza, opposti. Tutto ciò che può sperare lafilosofia è di rendere la scienza e la poesia complementari, diunirle come due contrari ben forgiati» (PF 12 [126]).

La questione si pone allora così: Come si effettua il passaggiodalla prima alla seconda istanza, dall’opposizione ordinaria deidue assi alla loro eventuale, auspicabile complementarità? Può ilfilosofo collegare, approssimare le due sponde senza a sua voltasdoppiare la propria attività, almeno in prima battuta?, una facciarivolta alla scienza, l’altra alla poesia?

La risposta negativa al secondo interrogativo è automatica,basta guardare nel riquadro seguente la lista delle monografie di

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Bachelard, che Carlo Vinti ha utilmente distribuito in quattro fasicronologiche alterne2.

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2 C. VINTI, Il soggetto qualunque, Napoli 1997, pp. 14-15. All’aggettivo “estetico” noipreferiamo “poetologico”, perché è prima di tutto al reame del linguaggio poetico,non all’arte in generale, che Bachelard allaccia le sue analisi delle trasognanze crea-tive. Per riferimenti bibliografici e traduzioni italiane vedi l’elenco delle sigle infra125-127. — Nella lista del primo periodo epistemologico, Vinti ha omesso Les intui-tions atomistiques; sicuramente una svista.

LE QUATTRO FASI DELLA PRODUZIONE FILOSOFICA DI BACHELARD(elenco delle monografie secondo la classificazione Vinti)

Primo periodo epistemologico1928. Essai sur la connaissance approchée (ECA)1928. Etude sur l’évolution d’un problème de physique: la propagation thermique

dans les solides (EEPP)1929. La valeur inductive de la relativité (VIR)1932. Le pluralisme cohérent de la chimie moderne (PCCM)1932. L’intuition de l’instant (II)[1933. Les intuitions atomistiques (essai de classification) (IA)]1934. Le nouvel esprit scientifique (NES)1936. La dialectique de la durée (DD)1937. L’expérience de l’espace dans la physique contemporaine (EEPC) 1938. La formation de l’esprit scientifique (FES)1938. La psychanalyse du feu (PF)1940. La philosophie du non (PN)

Primo periodo estetico 1939. Lautréamont (L)1942. L’eau et les rêves (ER)1943. L’air et les songes (AS)1948. La terre et les rêveries du repos (TRR)1948. La terre et les rêveries de la volonté (TRV)

Secondo periodo epistemologico 1949. Le rationalisme appliqué (RA)1951. L’activité rationaliste de la physique contemporaine (ARPC)1953. La matérialisme rationnel (MR)

Secondo periodo estetico 1957. La poétique de l’espace (PE)1960. La poétique de la rêverie (PR)1961. La flamme d’une chandelle (FC)Fragments d’une Poétique du feu (FPF, opera incompiuta)

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Lo sdoppiamento dell’attività filosofica di Bachelard in episte-mologia e poetologia dipende dunque da una necessità intrinse-ca, di cui il pensatore francese non è venuto a capo presto né fa-cilmente. Ne fanno fede le autotestimonianze degli ultimi anni divita: «Immagini e concetti si formano in quei due poli opposti del-l’attività psichica che sono l’immaginazione e la ragione. Tra essigioca una polarità d’esclusione... Io l’ho capito troppo tardi» (PR46s. [61]). «Sono rimasto avido di conoscere, sempre più nume-rose, le costruzioni concettuali, e, poiché amavo altrettanto le bel-lezze dell’immaginazione poetica, ho conosciuto il lavoro tran-quillo solo dopo aver diviso nettamente la mia vita lavorativa indue parti quasi indipendenti, l’una sotto il segno del concetto,l’altra sotto il segno dell’immagine» (FPF 33 [36]). «Trasognare letrasognanze e pensare i pensieri, ecco due discipline senza dub-bio difficili da equilibrare. Credo sempre più... che siano le disci-pline di due vite differenti. Meglio mi sembra allora separarle erompere così con l’opinione comune che crede che la traso-gnanza conduca al pensiero» (PR 152 [191]).

Ora, però, davvero si può dar credito a questa scissura mani-chea tra il concettuale (o ideale) e l’immaginale? L’impressionespassionata è che in certi casi lo scrittore, per amor di stile, abbiaesagerato troppo coi colpi di machete verbale. Ma come, chimanicheizza a oltranza è proprio quel Bachelard dal quale abbia-mo imparato a pensare le trasognanze co-trasognandole? Perché pro-spettare un bivio, mentre si sta percorrendo una terza via filosofi-camente più completa delle due spacciate per perentorie? Chesenso hanno questi enunciati, se la connessa operazione enun-ciativa li smentisce mentre li enuncia? “Trasognare le trasognanzeo pensare i pensieri” è un’alternativa posticcia, quasi a perpetua-re un equivoco schizoide. Invece è immediatamente evidente,contro gli stessi enunciati espliciti di Bachelard, che tertium datur,anzi iam datum est.

Se infatti la duplicazione dell’attività filosofica è necessaria perla comprensione di scienza e poesia, ciascuna nella sua fisionomiapeculiare, non va però trascurato che il tutto avviene nell’ottica diuna costruzione della loro complementarità. E allora i duplicati,cioè epistemologia e poetologia come controfigure filosofiche discienza e poesia, non possono non venir progettati anch’essi e sindal principio come complementari – ciò che non ha fatto Ba-chelard, accorgendosi solo più tardi dell’errore e della sua porta-

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ta. Altrimenti non si gettano ponti (in questo caso: un ponte adue corsie), ma si spalancano nuove voragini.

2. Una nuova disciplina: la fenomenologia dell’immaginazione

Epistemologia e poetologia, pensate già al principio, nei loroprincipi, come complementari, sono destinate a diventare sup-plementari nell’unica campata ad arco che collegherà i due bordidi scienza e poesia – solo a quel punto, a loro turno, comple-mentari. Questo è ciò che Bachelard ha capito in ritardo, dopoaver scritto migliaia di pagine secondo un’impostazione “errata”.

Quando nella seconda metà degli anni ’30, dopo la pubblica-zione de La dialectique de la durée, inizia a occuparsi capillarmentedelle immagini letterarie, il filosofo francese pensa di poterle stu-diare in maniera oggettiva, scoprendone le leggi attraverso unaloro collezione, il più possibile completa, in quattro album intito-lati agli elementi cosmici fuoco, acqua, aria e terra. «Oggi [=1961] però, dopo tanta fatica, ora che il mio erbario di immaginicommentate s’estende per più di duemila pagine, vorrei doverriscrivere tutti i miei libri» (FPF 29 [33]). Bachelard ammette concandore di non aver avvertito a suo tempo «quanto fosse para-dossale studiare “oggettivamente” degli slanci d’immaginazioneche arrivano a introdurre l’inatteso persino nel linguaggio» (ib.27 [32]). Al termine della ricognizione immaginale dei quattroprincipi cosmogonici tradizionali, il metodo oggettivo impronta-to alla circospezione scientifica, e impegnato a tenere ogni tenta-tivo di interpretazione personale fuori dalla considerazione delleimmagini, «è parso insufficiente alla fondazione di una metafisi-ca dell’immaginazione» (PE 3 [7]).

È da questo disincanto che sorge l’esigenza di una nuova disci-plina: una poietiké psicologicamente attiva che studi il fenomenodell’immagine poetica, che lo consideri, nella sua emersione allacoscienza, come prodotto diretto dell’essere dell’uomo coltonella sua attualità: in tal senso rendendo conto sia dell’indelebilesoggettività delle immagini, sia della loro virtù trans-soggettiva diagire su altre coscienze (PE 2 [7]). Bachelard battezza questa neo-disciplina metafisica – dispositivo principe per incedere lungo lacorsia poetologica dell’attività filosofica – col nome di phénoméno-logie de l’imagination.

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Sembra chiaro che quando il vegliardo, nella Introduzione allaPoetica del fuoco, dice «vorrei dover riscrivere tutti i miei libri», il“tutti” vada riferito in realtà alle opere poetologiche. Vi si legge intrasparenza il rimpianto per non aver individuato tempestiva-mente il metodo giusto – che per brevità chiameremo fenomeno-poetica –, per essersi lasciato fuorviare dal pregiudizio della mec-canica applicabilità dei criteri oggettivi e oggettuali dell’episte-mologia a un ambito – l’immaginazione, la trasognanza – che èinoggettivo e inoggettuale per eccellenza. Eppure.

Non è ingenuo pensare che l’avvenuta chiarificazione meto-dologica di un versante filosofico, per di più travagliata come nelprocesso che ha portato alla fenomenologia dell’immaginazione,non debba avere un riflesso diretto sul versante chiamato a esser-gli anzitutto complementare e, a seguire, supplementare? Comesi può credere che il dispositivo motorio per la corsia epistemo-logica – il surrazionalismo – rimanga immacolato, intatto, nonbisognoso di riadeguamento e di aggiornamento, proprio quan-do viene finalmente messa a punto l’apparecchiatura idonea apercorrere l’altra corsia?

3. La supplementarità di epistemologia e poetologia

Tanto più che uno dei tratti caratteristici del surrazionalismo è ildinamismo, l’energia, la flessibilità di stare al passo dei progressidelle scienze, ossia appunto di riadeguarsi, di riconfigurarsi (unanalogon e precursore del riorientamento gestaltico di cui parlaKuhn)3. Scrive Bachelard in proposito, sempre nella Introdu-zione alla Poetica del fuoco (FPF 34 [37]): «Convinto come sono cheun razionalismo attivo debba associarsi al lavoro scientifico, tra-mutando ogni sapere in sapere scientifico, se dovessi scrivere unnuovo libro da razionalista dovrei ritornare alla scuola di unascienza del nostro tempo». Dato allora che – come vedremo an-che più avanti – la riorganizzazione, il riinizio (EnR [66]), l’in-cessante modificabilità davanti ai nuovi costrutti scientifici (EnR

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3 Thomas S. KUHN, The Structure of Scientific Revolutions, The University of Chicago,19702 (19621), cap. X, pp. 111ss. (tr.it.: La struttura delle rivoluzioni scientifiche, di Adria-no Carugo, Einaudi, Torino 19782 [19691], pp. 139ss.).

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[86]), sono nel DNA del surrazionalismo, sarebbe singolare se,dalla strutturazione metodica dell’attiguo filone poetologico, nonprovenisse una forte sollecitazione a riconsiderare e riassettarel’assiomatizzazione richiesta dallo stesso metodo surrazionalista.

Solo che ci mancano i documenti. Non siamo in grado di sta-bilire l’entità degli effetti di riconfigurazione che questa solleci-tazione avrebbe sortito sulla filosofia della scienza di Bachelard.Infatti dal 1953, anno di edizione del Materialismo razionalista, isuoi scritti di argomento epistemologico sono stati solo brevi eoccasionali, mentre la verve teorica è andata assorbita dalla svoltametodica delle Poetiche.

Non sappiamo se e in che misura Bachelard avrebbe volutodover riscrivere anche i frutti più maturi della sua riflessionescientifica, come Il razionalismo applicato o L’attività razionalistadella fisica contemporanea. L’ultima sua parola è stata da fenome-nologo della trasognanza, il florilegio immaginale della Fiamma diuna candela.

Ma non c’è dubbio che, senza il tardo approdo al nuovo me-todo poetologico, la filosofia bachelardiana sarebbe rimasta strut-turalmente e funzionalmente monca, persino nel suo comparti-mento epistemologico, non solo nella sua globalità. Qui vigedifatti una specie di principio di supplementarità, secondo cuiciascuna delle due parti di un tutto integra (e viene integratadal)l’altra non solo dall’ esterno, ma anche nell’ interno, mutuan-done alcuni aspetti e trasmettendone di propri, per cui la totalitàriesce infine a venir abbracciata da uno sguardo d’insieme. Ciòcomporta p.es. che la determinazione teorica della fenomenolo-gia dell’immaginazione, o fenomenopoetica, provochi nel surra-zionalismo una controreazione che va a modificare direttamentela dialettizzazione della fenomenologia scientifica, ossia dellafenomenotecnica (infra 20), e, a raggio, i concetti e i tratti meto-dologici che le sono prossimi, con vibrazioni che giungono tantoal cuore quanto alle estremità della compagine filosofica.

Prima però di suffragare, con una rapida disamina della fisio-nomia surrazionalista dell’epistemologia di Bachelard, l’entratain gioco qui del principio di supplementarità, vogliamo preveni-re una possibile obiezione seria alle nostre affermazioni, chesuona pressappoco come nel capoverso successivo.

La lettura in termini di supplementarità, di mutuazione reci-proca, di interdipendenza tra ragione e trasognanza, concetto e

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immagine, epistemologia e poetologia, surrazionalismo e feno-menologia immaginale, va contro la lettera e lo spirito bachelar-diani. Oltre infatti ai passi riportati sopra, da cui si evince nitida-mente la loro polarità d’esclusione, la loro quasi assoluta indi-pendenza, ci sono ancora altre dichiarazioni – “tarde”, per giun-ta – che non lasciano dubbi sulla vicendevole repulsione dei duepoli, sulla loro fontale irriducibilità: «Si dovrebbero organizzaredue vocabolari per studiare l’uno il sapere, l’altro la poesia. Maquesti vocabolari non si corrispondono» (PR 13 [22]). «Tra il con-cetto e l’immagine niente sintesi. E nemmeno filiazione... I con-cetti e le immagini si sviluppano su due linee divergenti della vitaspirituale... L’immagine non può dare una materia al concetto...Nel pensiero scientifico il concetto funziona tanto meglio quantopiù è stato liberato da ogni retro-immagine... L’immagine puòessere studiata solo attraverso l’immagine, trasognando le imma-gini così come s’assembrano nella trasognanza. È un non-sensopretendere di studiare oggettivamente l’immaginazione, poichési riceve veramente l’immagine solo se la si ammira» (PR 45-46[60-61])4.

4. Immagine e concetto: né filiazione né sintesi?

Poche pagine più avanti, però, è sempre Bachelard a scrivere:«L’uomo è un essere per immaginare... Che cosa mai potremmoconoscere se non l’immaginassimo?» (PR 70 [91]). E vent’anni

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4 Una posizione affine è stata tenuta da Giuseppe SERTOLI in Le immagini e la realtà,Firenze 1972, pp. 16-21 e 408-421, poi da lui stesso esemplarmente riformulata nel1974 nella Introduzione a La ragione scientifica, l’antologia degli scritti epistemologi-ci di Bachelard (RA 9): «Alla raison (scientifica: ed è peculiare di Bachelard il nonriconoscere altra ragione che non sia quella della scienza) si oppone la rêverie. Tuttala riflessione bachelardiana è stata un oscillare fra questi due “poli”, definiti irriduci-bili l’uno all’altro ma anche, nella loro simmetrica opposizione, complementari. Laragione esclude l’immaginazione, e viceversa, ma la vie de l’esprit – ecco ciò di cui Ba-chelard è andato lentamente accorgendosi – si esplica nella sua “normalità” e nellasua “sanità” proprio e soltanto muovendosi pendolarmente fra i due estremi dei con-cetti e delle immagini, del razionalismo e dell’irrazionalismo, non sacrificando ori(con)ducendo l’uno all’altro, bensì completando l’uno con l’altro, integrandoli“dialetticamente” in una “polarità d’esclusione”: essi si respingono e si elidono avicenda, ma anche si richiamano continuamente». Il brano è riportato pure da VINTI,Il soggetto qualunque, cit., p. 16.

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addietro, ma sulla medesima lunghezza d’onda: «Si può studiaresolo ciò che si è prima sognato. La scienza si forma più su una tra-sognanza che su una esperienza, e sono necessarie parecchieesperienze per cancellare le nebbie del sogno» (PF 48 [145s.]).

Mais alors, entre le concept et l’image il y a filiation! Le immaginiimmaginate, sognate, trasognate, sono in certo senso le necessa-rie preimpronte – inizialmente inaggirabili – dei pensieri e deiconcetti, addirittura della conoscenza e della scienza. E questanoi non sapremmo chiamarla se non appunto filiazione, deriva-zione, discendenza diretta – del concetto dall’immagine. D’altraparte, tale rapporto è per Bachelard così assodato, che egli ne hafatto il presupposto di un’operazione preliminare fondamentaledel suo surrazionalismo: la psicoanalisi della conoscenza oggetti-va come catarsi concettuale e affettiva, come purificazione di ogninozione scientifica dalle intuizioni e convinzioni soggettive chel’hanno segnata, annebbiata, intorbidata a partire da una imma-gine inaugurale, archetipica5.

Perché dunque quella locuzione dal tono inappellabile «tra ilconcetto e l’immagine niente filiazione», quando una ventina dipagine più avanti una domanda retorica sostiene proprio il con-trario, ossia che si può avere concetto (conoscenza) solo di ciòche si è previamente immaginato? Perché nel primo caso il verboessere sottinteso ha senso deontico: “tra il concetto (scientifico) el’immagine non dev’esserci (più) filiazione”, la discendenza de-v’essere interrotta, spezzata. Nel secondo caso, invece, si ha unatipica precedenza ontica.

Anche il predicato negativo della frase «l’immagine non puòdare una materia al concetto» va tradotto deonticamente: “nondeve (più) dare”. I concetti filosofici e scientifici hanno da sem-pre attinto il proprio materiale alle immagini cosmologiche; lafilosofia ionica e la storia dell’alchimia ne sono esempi eclatanti.Ma nel contesto del nuovo spirito scientifico, che data dall’annusmirabilis 1905, queste forniture vanno rivedute e disdette.

Perciò, quando Bachelard scrive «l’immagine è prima del pen-siero» (PE 4 [9]), è chiaro che quel “prima” (avant) ha un signi-ficato insieme cronologico e ontologico – ma pure deontico, per-

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5 Votati specificamente alla psicoanalisi della scienza sono La formazione dello spiritoscientifico (1938) e il breve scritto La psicoanalisi della conoscenza oggettiva (1939).

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ché così dev’essere la vera immagine poetica: anteriore al pensie-ro, mirabile nella sua trasognante purezza. L’essere dell’immagi-ne precede e impronta decisivamente l’essere del concetto –tanto che quest’ultimo, per svolgere un ruolo autenticamentescientifico, dev’essere psicoanalizzato, purificato, liberato dall’ini-ziale retro-immagine che l’ha preimprontato.

Accanto alla filiation, l’altro speciale interdetto bachelardianonel rapporto immagine/concetto riguarda poi la synthèse. Nonc’è, non dev’esserci più sintesi. Pure qui bisogna però intendersi.

Anzitutto, tra concetto e immagine non dev’esserci più sintesianteriore alla costruzione dell’oggettivazione scientifica o alla sub-limazione dell’immagine poetica. Dopo, comunque, la sintesi èdidascalicamente plausibile, in riferimento sia alla scienza sia allapoesia 6.

In secondo luogo, tra concetto e immagine non può non essercisintesi frequente, prima e dopo la costruzione o la sublimazione,diversamente propozionata secondo il singolo dettame metodico,in ciascuno dei due versanti polari dell’attività filosofica selonBachelard, l’epistemologia e la poetologia. Si prendano due testidel pensatore francese, uno di puro razionalismo (Il razionalismoapplicato), l’altro di pura trasognanza (La fiamma di una candela).Nel primo ci s’imbatte da subito in espressioni che, sebbene datempo usate in accezione concettuale, quasi sbandierano la loroascendenza immaginal-metaforica (poli filosofici, campi del pen-siero, anello di congiunzione, fecondità epistemologica, città fisica

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6 Cfr. il seguente brano, tratto dal breve e luminoso scritto Lumière et substance (1934):«Quando si serve di immagini, la fisica matematica contemporanea impiega questeimmagini dopo l’equazione, per illustrare dei teoremi veri. La scienza realista prece-dente, al contrario, impiega le immagini prima del pensiero» (E 57). Inoltre PE 144[176]: «L’immagine planetaria della mela di Cyrano [«Questa mela è un piccolo uni-verso a sé, nel quale il seme, più caldo delle altre parti, è il piccolo sole che riscaldae nutre il sale vegetativo di questa piccola massa»] non è preparata da pensieri. Essanon ha nulla in comune con le immagini che illustrano o sostengono le idee scien-tifiche. Per esempio, l’immagine planetaria dell’atomo di Bohr è, nel pensiero scien-tifico, un puro schema sintetico di pensieri matematici. Nell’atomo planetario diBohr, il piccolo sole centrale non è caldo. Facciamo questa breve osservazione per sot-tolineare l’essenziale differenza esistente tra una immagine assoluta che si compie inse stessa e una immagine post-ideativa che non vuol essere se non un riassunto dipensieri». L’immagine “assoluta” della mela-universo sta nel primo capitolo del rac-conto L’Autre Monde ou Les États et Empires de la Lune (1662) di Savinien CYRANO DE

BERGERAC, citato in PE 142 [174].

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ecc.). Il secondo propone nelle righe iniziali una distinzione cheè tutto un festival concettuale: «Mentre le metafore spesso nonsono che spostamenti di pensieri in una volontà di dir meglio, didire altrimenti, l’immagine, l’immagine autentica, quando è vitaprimaria dell’immaginazione, lascia il mondo reale per il mondoimmaginato, immaginario» (FC 2 [13-14]).

Oppure basta dire, molto semplicemente, che epistemologia epoetologia appartengono entrambe alla sfera del discorso filoso-fico, nel quale le dialettiche tra il concettuale e l’immaginalesono sempre pluralisticamente implicate secondo una polaritàd’inclusione. Se implementassero, o anche solo mantenessero traloro la dialettica d’esclusione in atto tra scienza e poesia, le duecorsie della filosofia verrebbero a coincidere ognuna con l’asse dicui è controfigura – dopo di che, niente più ponte.

Da qui si vede bene che il problema della determinazionemetodologica nei due campi filosofici investe dritto il rapporto diinclusione tra concetto e immagine, la misura della proporzionedell’uno rispetto all’altra. Veniamo così ricondotti al principio disupplementarità dei due metodi della filosofia di Bachelard, sulquale possono senz’altro gettar luce ulteriore alcuni accenni alsuo surrazionalismo.

5. Un’epistemologia aperta

L’epistemologia bachelardiana è eminentemente aperta, perchétra i suoi principi c’è anche quello di prevedere e preparare unsuperamento dei propri principi. Questa apertura le è garantitadallo spiccato carattere duttile del suo atteggiamento razionalisti-co, il quale non si presenta affatto come una posizione personale,bensì come l’inevitabile, multiplo contraccolpo filosofico al pro-gresso delle scienze contemporanee, come il culmine dello stessoprogresso filosofico dei concetti scientifici – l’epistemologico cherimbalza, dipendendone più che mai, dall’epistemico.

Uno degli aspetti più rivoluzionari delle scienze novecente-sche, agli occhi di Bachelard, consiste nel loro impiego radical-mente innovativo della razionalità. Dalla relatività alla teoria deiquanti, dalla meccanica di de Broglie a quella di Dirac, si è impo-sto un razionalismo costruttivo per il quale il reale e l’oggettivonon sono più punti di partenza, ma momenti dell’applicazione di

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un metodo di realizzazione7 e oggettivazione matematicamenteinnervato: non c’è più datum se non come costrutto, ossia comedaturum. E i vecchi fenomeni naturali sono stati rilevati da feno-meni che recano con sé, da ogni lato, il marchio della teoria,schiette realizzazioni del noumeno: «La vera fenomenologiascientifica è dunque essenzialmente un fenomenotecnica, laquale rafforza tutto quanto traspare dietro ciò che appare» (NES17 [13]); «Ormai lo studio del fenomeno dipende da un’attivitàpuramente noumenale; è la matematica che apre nuove vie all’e-sperienza» (NES 62 [53]). In tal senso, la microfisica è una danzadi menadi noumeniche 8.

Inoltre, a differenza del razionalismo epistemico classico dimatrice newtoniana, basato su atomi nozionali semplici (gli ele-menti assoluti: spazio, tempo, massa) e su una ragione pensatacome facoltà immutabile, il razionalismo scientifico contempora-neo si è rivelato complesso e dialettico (o discorsivo). Complesso, per-ché i valori razionalisti si sviluppano nella direzione della cre-scente complicazione e riorganizzazione matematica del sempli-ce: l’elemento è complesso (particellare), il lemma semplicelascia il posto al lemma molteplice e organizzato. Dialettico, inquanto prepara lo spazio di configurazione prima di configurare,determina il campo della definizione prima di definire (nellameccanica di Dirac p.es. è a partire dalla modalità della propaga-zione che si definisce poi quello che si propaga), e pluralizza, fra-ziona le nozioni (sempre in Dirac, i concetti di massa e di energiavengono dialettizzati ciascuno in una doppia realizzazione, posi-tiva e negativa; v. PN 33ss. [56ss.]).

Ora, per Bachelard la filosofia della scienza sta alla scienzacontemporanea come il surrazionalismo9 sta al razionalismo ap-plicato, complesso e dialettico. L’epistemologia non può che farsi

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7 «Il reale non è che realizzazione» (PN 58 [78]).8 «L’infinitamente piccolo è un noumeno» (PN 94, v. 103s. [109, v. 117]). Cfr. E 22[RS 225]: «Il noumeno è un centro di convergenza delle nozioni. Bisogna costruirlocon uno sforzo matematico». In RA 110 [142] si parla del noumeno scientifico comeprogresso di pensiero, in termini noogenetici: «un’essenza di pensiero che generapensieri». — Per la fenomenotecnica v. già Noumeno e microfisica (E 19 [RS 224]).9 Al di là dello stesso conio e utilizzo bachelardiano della parola surrazionalismo, conessa noi designiamo il clima epistemologico che caratterizza univoce gli scritti del fi-losofo elaborati negli anni ’30, da Noumeno e microfisica (1931) alla Filosofia del non(1940).

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istruire dall’episteme in evoluzione, e costantemente deve riade-guare i propri schemi alla struttura e alle condizioni delle scien-ze, attivarsi attorno alle nuove articolazioni che corrispondonoalle dialettiche scientifiche: «Le condizioni sia sperimentali siamatematiche della conoscenza scientifica cambiano con una talerapidità che i problemi per il filosofo si presentano ogni giornoin modo diverso. Per stare dietro al pensiero scientifico, bisognariformare gli schemi razionali e accettare nuove realtà» (PN 50[69]).

6. La dialettica surrazionalista

Il brevissimo scritto programmatico Le surrationalisme risale al1936, lo stesso anno di edizione della Dialectique de la durée. Inpiena acmé del surrealismo, che Bachelard ammira come modellodi restituzione storico-artistica della sfera psichica alla sua fluidità.

Sull’esempio surrealista, il surrazionalismo si pone allora comeobiettivo di rendere fluide la sensibilità e la ragione, di aprirle sin-tonicamente alle aperture epistemiche già in atto, attraverso dueordini di compiti spirituali: 1) riarticolare e rivitalizzare le dialet-tiche interne della ragione (apparse per la prima volta nel XIXsec. con Lobacevskij in geometria, con Hegel in metafisica); 2)riformare sistematicamente le prime esperienze, le idee domi-nanti, i metodi preliminari, i quadri generali della tradizione, permettersi direttamente in gioco nelle dialettiche esterne e fare cosìdell’imprudenza un metodo euristico10. Al sogno sperimentale diTristan Tzara, che organizza surrealisticamente la libertà poetica,corrisponderebbe così la ragione sperimentale, capace di organizza-re surrazionalmente la propria libertà e il reale (EnR [26]).

Provocato onnilateralmente dai costrutti delle scienze con-temporanee, incubato e nutrito nelle dottrine epistemologicheprecedenti (PN 50 [70]: «Ogni progresso della filosofia dellescienze si realizza nella direzione di un razionalismo crescente,eliminando, a proposito di ogni singola nozione, il realismo ini-

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10 «Se in un’esperienza non si mette in gioco la propria ragione, quell’esperienza nonvale la pena di essere tentata... In altri termini, nel regno del pensiero l’imprudenzaè un metodo» (EnR [28]).

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ziale»), il surrazionalismo pluralizza le nozioni scientifiche, le dif-frange, le ramifica, le distribuisce – la retroazione positiva del-l’epistemologico sull’epistemico.

La risposta surrazionalista alla dialettizzazione scientifica è ladialettica del non, in base a cui una teoria o un metodo o un con-cetto è suscettibile d’includere ciò di cui è non-, superandolo; nonun atteggiamento di negazione, di rifiuto, dunque, ma piuttosto diconciliazione, di sintesi, un’attività costruttiva a tutti gli effetti, dal-l’andamento induttivo, tesa a una generalizzazione appunto dia-lettica che riorganizzi l’episteme su una base più ampia. L’esem-pio classico qui è la dialettica tra geometria euclidea e non-eucli-dea; nel medesimo senso la relatività generale è una meccanicanon-newtoniana. In ogni inclusione dialettica di questo tipo «sipassa da una concettualizzazione chiusa, bloccata, lineare, a unaconcettualizzazione aperta, libera, ramificata» (PN 133 [139-140]).

Con la propria conoscenza coerente, che è frutto della ragio-ne polemica e non di quella architettonica, con le proprie dialet-tiche e critiche volte a scardinare le sclerosi culturali ed epistemi-che, il surrazionalismo dà conto delle singolari formazioni cheBachelard chiama surobjects, suroggetti. Un suroggetto è la sommadelle critiche rivolte alla prima immagine di un determinatooggetto scientifico, «il risultato di un’oggettivazione critica, diun’oggettività che conserva dell’oggetto solo ciò che ha criticato»(PN 139 [146]). Il suroggetto è propriamente una non-immagine– nel senso pregnante della dialettica del non –, il cui prototipo(di un ou-tipo!) è l’atomo di Bohr11. Il campo dei suroggetti è ilcimitero delle buone immagini, ossia di quelle la cui progressivaerosione iconica culmina in un annientamento epistemicamenteed epistemologicamente fecondo.

Il suroggetto del surrazionalismo sembra dunque il perfettoantipode dell’archetipo della fenomenopoetica. Il concetto as-solutamente non-(più-)immaginale all’altro capo dell’immagineassolutamente pre-concettuale.

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11 «L’atomo è senza dubbio il prototipo del suroggetto... Il modello dell’atomo pro-posto da Bohr, venticinque anni addietro, ha, in questo senso, agito come una buonaimmagine: non ne resta più niente. Ma esso ha suggerito dei non abbastanza nume-rosi per conservare un ruolo pedagogico indispensabile in ogni iniziazione. Questinon sono felicemente coordinati; essi costituiscono in verità la microfisica contem-poranea» (PN 139s. [146s.]).

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Ma è una falsa simmetria. Lo scritto bachelardiano che costi-tuisce il miglior esempio di surrazionalismo applicato, la Filosofiadel non, è del 1940, perciò precede di ben quindici anni la svoltametodica della fenomenologia dell’immaginazione. La sfera poe-tologica è stata inizialmente invasa, plagiata dai risvolti metodicidella nuova epistemologia, senza offrirle alcunché in cambio.Una trasmissione senza feed-back, una visione monocromatica, unaspecie di grado zero della supplementarità.

Ora, sarebbe gia di per sé antisurrazionale, una stridente dis-sonanza nel concerto libertario del surrazionalismo, credere chela nozione di suroggetto non sia a sua volta passibile di venireinclusa in una dialettica di tipo nuovo, in una diversa proporzio-ne della mescolanza di concetto e immagine. A maggior ragionedobbiamo ritenere che Bachelard, dopo il contraccolpo derivan-te dalla rimodulazione poetologica, avrebbe senz’altro riconcepi-to e riorganizzato il cosmo epistemologico dei suroggetti12. Solo,non sappiamo esattamente in che modo; lo possiamo al massimopreconizzare alla luce di qualche passaggio discorsivo.

7. Lo strano concetto di trasognanza anagogica

Verso la fine del primo capitolo della Filosofia del non, Bachelarddice che nella regione del surrazionalismo dialettico trova origi-ne la trasognanza anagogica, «quella che si avventura pensando,che pensa avventurandosi, che cerca un’illuminazione del pen-siero nel pensiero, che trova un’intuizione immediata nell’al di làdel pensiero istruito» (PN 39 [60]). Anche qui il filosofo francese

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12 Ma questa rimodulazione non avrebbe comunque intaccato il cosmo delle stessenozioni epistemiche. Bachelard, ricordiamolo, non riconosce alcuna comunicazionetra scienza e poesia, tra sfera epistemica e sfera poetica, e ammette solo la possibilitàche la filosofia le renda complementari attraverso le due ancelle: epistemologia epoetologia. (La complementarità filosofica di cui si tratta qui è quella in gioco quan-do le due parti di un tutto, benché non consentano una visione unitaria e si esclu-dano a vicenda – nel senso che cogliere gli aspetti dell’una preclude la possibilità dicogliere insieme gli aspetti dell’altra –, sono tuttavia suscettibili di un loro completa-mento reciproco nella totalità.) Epistemologia e poetologia poi, proprio per la man-sione che sono chiamate a svolgere, devono essere reciprocamente supplementari (v.supra), ma ciascuna complementare rispetto alla sfera opposta. De iure, il surraziona-lismo non ha la minima influenza sulla poesia, la fenomenopoetica non sfiora mai lascienza.

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opera una polarizzazione, ma il polo altro rispetto all’episte-mologia è costituito dalla psicologia del profondo, dove opera latrasognanza ordinaria. Tanto essenzialmente matematizzante è ilcanale anagogico, quanto sedotto dalla libido è il canale ordina-rio. E la distinzione tra questi due tipi di trasognanza viene dichia-rata condizione fondamentale per la conoscenza autentica dellapsicologia dello spirito scientifico.

Ma è una distinzione palesemente acerba, incompleta. Nonchéistruttiva. Non si menziona affatto la trasognanza poetica, che di-verrà il campione indiscusso delle ultime riflessioni bachelardiane,e in compenso schizza fuori lo strano, inaudito concetto di rêverieanagogique, che nelle opere poetologiche non verrà più ripreso.

Un Bachelard che non aveva ancora capito bene la polaritàd’esclusione tra ragione e immaginazione – potrebbe dire qual-cuno. Noi siamo invece dell’avviso che la trasognanza anagogicasia stata messa tra parentesi al momento della rassegna immagi-nale dei quattro elementi cosmici, e poi soprattutto con l’avviodella riforma metodica della poetologia, in attesa di una riconsi-derazione teorica che però il pensatore non ebbe il tempo dicompiere13. Peraltro la via anagogica, prima della sua formulazio-ne teorica nello scritto del ’40, era stata battuta de facto nei duescritti fondamentali dedicati al tempo, L’intuition de l’instant e Ladialectique de la durée, dove in più segmenti si può davvero assiste-re all’avventurarsi del pensiero attraverso e al di là dell’epistemi-co – tertium datum.

Sono secondo noi tali segmenti surrazional-trasognanti a of-frire un assaggio plausibile di come si sarebbe potuta dipanare larimodulazione dell’epistemologia bachelardiana. Esempi circo-scritti ma fulgidi di un surrazionalismo poietico che, colto nellasua dirompente originalità, risulterebbe certo assai proficuo an-che per la filosofia del nostro giovane secolo.

Con il presente libello intendiamo semplicemente far rilucere legemme anagogiche di questo surrazionalismo nell’alveo dellaquestione del tempo e con riferimento diretto alle opere in cuiBachelard se ne occupa in maniera tematica.

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13 In FPF 69 e 139 [62 e 114] si accenna alla necessità di una Poétique du temps, ma alvecchio Bachelard è mancata la stagione per scriverla.

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