2006. Vincenzo Cicero, L’immagine come finestra

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    Martin Heidegger(trent'anni dopo: 1976-2006)

    acuradiEmilio Mattioli e Rita Messori

    Studidiestetica

    RIVISTA SEMESTRALE FONDATADA LUCIANO ANCESCHI

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    direttore resp,comitatodi direzionecomitatoscientifico

    redazione

    direzione eredazione

    site web

    col contributodi

    editrice

    Studi di esteticaFernando BollinoCarlo Gentili, Emilio MattioliAlessandro SerraAndrea Calzolari, Renato Barilli, Andrea BattistiniFausto Curi, Vita Fortunati, Emilio Hidalgo-SernaJose Jimenez, Marco Macciantelli, Henri MeschonnicLino Rossi, Martin Rueff, Baldine Saint GironsChristof WulfRiccardo Campi: ricampi @Iibero.itAlessandra CorbeIli: [email protected] Messori: [email protected]/o Dipartimento di Filosofiavia Zamboni 38 - 40126 Bolognae-mail: [email protected]: 051-2098366 - fax: 051-2098355www.unibo.it/esteticaLa rivista declina ogni responsabilita

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    Registrazione del Tribunale di Bologna n. 6308del 20 maggio 1994

    2006 by CluebFinito di stampare nel mese di luglio 2006dalla Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bolognavia Marsala 31 - Bologna

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    Vincenzo CiceroL'immagine come finestra.A proposito di Vber die Sixtinadi Martin HeideggerI. Esistono pareti solo perche vi si possano praticare Ie giusteaperture tra mondi. Ogni parete e la cornice virtuale di una fi-nestra insieme preesistente e ventura. E l' apertura fenestrale -in quanta effettiva sempre postuma, rna, nel suo essere, semprepristina - a prefigurare la superficie parietale che piu Ie si addi-ce, a prerequisirne la "forma giusta" (senso etimologico diBUd, la parol a tedesca per "immagine"); quasi che il compitoprincipale dell'architetto, nel progettare Ie aperture di un qual-siasi plesso, consistesse nell'invenire la legge fenestrale origi-naria in base a cui si innalzeranno Ie strutture portanti.Come la parietalita comporta la separazione di due vanicontigui solo dopo l'innalzamento effettivo della parete, mentreontologicamente essa predetermina e provoca i separati, COSt lafinestra effettivamente ricavata nella parete e , nel suo schiettoessere, una cavita da cui sta sempre in procinto di fuoriusciremateria parietale.Una finestra e tale innanzitutto quando, attraverso la propriavanita, lascia passare la luce da un vano all'altro. Una buona fi-nestra e quella che consente il passaggio della luce sufficiente -ne fioca, ne abbacinante - al momento opportuno: percio da es-sa dipendono la consistenza e la configurazione della parete incui viene aperta (in cui si apre). E il paries ad appartenere allafenestra, non viceversa. E da qui segue che ogni finestra e, on-tologicamente, sempre in attesa della sua parete, affinche ilproprio essere guadagni effettualita.La finestra di un edificio, per es., appare a prima vista comeun farsi-vacua della parete per garantire all'interno areazione,illuminazione e visione dell'esterno: vacuo, vano, cavo stannotutti a designare di primo acchito la reale assenza di materia in

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    Ciceroun dato punto. Propriamente, pero, finestra non e mera vacuita,bensi kenosis, evacuazione, meglio: vacanza, in via di evacuar-si. E cio che si evacua, ossia che svuota se stesso, si ritrae COS]per dar luogo e dare il luogo alla parete e ai vani di cui la va-canza-finestra si attornia. Pensata in termini di vacanza, la fine-stra soverchia di netto la sua generica funzione di elemento ar-chitettonico e, appunto nell'ottica dell'arte in quanta ricreativi-ta, rivela la sua notevole forza metaforico-paradigmatica, La fi-nestra sembra attestarsi infatti come l'indovinata immagine perl'immagine in generale e per l'immagine artistica in particola-reo Le immagini sono finestre ossia vacanze dell'essere: e leopere d'arte, imagines per eccellenza, approntano localita perle ferie della spirito.

    II. Le considerazioni precedenti, assieme ad altre piu e menDaffini, prendono spunto e in parte conforto da un breve scrittodi Martin Heidegger del 1955, Uber die Sixtina. II testa e ap-parso per la prima volta nel volume di Marielene Putscher,Raphaels Sixtinische Madonna,' senz'altro la pubblicazione piuavveduta ed esaustiva sulla Madonna Sistina di Raffaello.L' Autrice, allieva di Heidegger alia Facolta di Filosofia del-l'Universita di Amburgo, ha inteso rendere omaggio al maestroriportandone, nella chiusa della prima parte del libro? - la se-zione specificamente saggistica - un passo epistolare che vienepresentato cost: "quest'ultimo brano e tratto da una lettera diHeidegger che ho avuto il permesso di allegare al mio lavoro'con la riserva che sono soltanto pensieri occasionali di un in-competente'";' Lo scritto si trova ora in Aus der Erfahrung desDenkens' e, a nostra conoscenza, l'unica traduzione italiana e

    , M. PUTSCHER, Raphaels Sixtinische Madonna. Das Werk und seineWirkung, Tubingen, Hopfer, 1955.2 lbid., pp. 174 sgg.3 Cfr, ibid., alla nota 330 di p. 174.4 M. HEIDEGGER,Gesamtausgabe, 13, Frankfurt am Main, Klostermann,

    1983, pp. 119-121. D' ora in avanti citeremo da questa edizione indicando di-rettamente nel testo il numero di pagina fra parentesi tonde.

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    Cicerostata pubblicata da Vincenzo Cuomo su "Kainos. Rivista tele-matica di critica filosofica"."L'occasione per questi pensieri, dedicati in fondo all'essen-za dell'immagine e al suo rapporto con la fenestralita, era stataofferta da un interessante giudizio espresso dallo storico del-l'arte Theodor Hetzer nel suo Die Sixtinische Madonna:

    l'immagine [della Madonna Sistina] fu dipinta da Raffaellonon per Roma, bensi per la poco importante Piacenza;quando il dipinto giunse a Dresda, divenne manifesto cheI'immagine e di casa ovunque (iiberall zu Hause ist). [...]Della Madonna Sistina si puo dire che non sia legata a unachiesa, che non esiga una determinata installazione ...6

    Non sara inutile ricordare celermente che la Madonna Sistinafu dipinta da Raffaello tra il 1512 e iI1513, su commissione dipapa Giulio II, per l'altare maggiore della chiesa di San Sisto aPiacenza ("Fece a' monaci neri di San Sisto in Piacenza la tavoladello altar maggiore dentrovi la Nostra Donna con San Sisto eSanta Barbara, cosa veramente rarissima e singulare", nota Va-sari), dove rimase fino al 1754, allorche fu venduta ad AugustoIII di Polonia e Sassonia, per essere trasferita nella PinacotecaReale di Dresda - "unico e incorruttibile tesoro dell' Apollo deipittori presente in Germania", e il commento di Winckelmannnella Erliiuterung der Gedanken iiber die Nachahmung.II boccascena immaginale della pala d'altare (Altarbild) eincorniciato dagli elementi di una finestra: il parapetto 0balau-

    stra in basso, le verticali delle due cortine raccolte ai lati, lastanga su cui scorrono gli anelli delle tende in alto: "1'immagi-ne ha in se stessa la propria cornice"," Da qui la locuzioneFenstergemiilde, "finestra dipinta", con cui la Sistina e stataspes so appellata. E, nel vano della finestra, la disposizioneromboidale delle sei figure, al vertice la Madonna col Bambino5 http://www.kainos.itlPagesIArticolo%20disvela03.html6TH. HETZER, Die Sixtinische Madonna, Frankfurt am Main, Kloster-

    mann, 1947, pp. 69 sgg.? M. Pur SCHER, op. cit., p. 17.

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    Ciceroin braccio, ai fianchi i santi Sisto e Barbara, suI parapetto i dueangioletti pill famosi dell'universo cosmo dell'arte.Hetzer, che peraltro era stato compagno di banco di Heideg-ger al Ginnasio di Friburgo, sostiene dunque che questa dipintodi Raffaello - einzigartig, unico nel suo genere, dira anche il fi-losofo di MeBkirch - sia "plurinstallabile", e la sua tesi non sinutre tanto della scontata cognizione delle peripezie della tela(come il trasferimento da Piacenza a Dresda, in pill siti 0 instal-lazioni museali, I"'esilio" moscovita nel 1945/46 e poi il nuovorientro a Dresda, dove un ultimo trasloco e provocato dall' alla-gamento dell'agosto 2002), quanta piuttosto della convinzioneche la Sistina, sorta come immagine cultuale agli inizi del XVIsecolo, abbia, si, genesi religiosa, ma non sia "chiesasticamentelegata, e la contemplazione umana ed estetica ha in questa casouguale legittimita di quella devozionale"."Heidegger si dice invece sconcertato davanti a tale giudiziosulla plurinstallabilita dell'immagine raffaelliana:

    Pensata dal punto di vista estetico, I'osservazione e corretta,rna e priva della verita autentica. Dove questa irnrnaginepuo essere ancora e pur sernpre 'mstallata', la ha perduto ilsuo luogo. Le resta vietato il dispiegarnento principiale del-Ia sua propria essenza, cioe la detenninazione di questa luo-go stesso. Trasforrnata entro la sua essenza di opera d'arte,I'irnrnagine erra nell'estraneita. AI rappresentare rnuseale,che rnantiene la sua propria necessita storica e il suo diritto,questa estraneita resta ignota. II rappresentare rnuscale li-vella ogni cosa nell'uniformita dell' 'esposizione'. In questaci sono soltanto posizioni, posti, non luoghi (p. 120).Nella musealizzazione, Heidegger individua uno dei feno-meni estremi della modema riduzione dell'opera d'arte a og-getto per soggetti - creatori 0 fruitori - emotivamente coinvoltiin vissuti "estetici". Approntata e appostata in qualsiasi instal-lazione, collezione, galleria 0 museo, un'opera d'arte e "esteti-

    camente corretta" rna privata della sua verita autentica, la quale~TH . HETZER, op. cit., p. 70.

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    Ciceroconsiste in cio: nel suo scaturire principiale, l' opera della veraarte si determina da se stessa il proprio luogo (Ort). Pero il de-stino del compimento della metafisica occidentale, e dell'esteti-ca che ne connota in radice la meditazione sull'essenza dell'ar-te, comporta un'inesorabile dislocazione, una dispropriazioneche, mediante l'uniformazione espositiva delle opere dell'arte,finisce col surrogare ogni luogo con un posto (Stelle).Nell'ottica heideggeriana, pertanto, ogni opera dell'arte au-tentica sarebbe a casa propria unicamente nel luogo che essastessa, in principio, ha determinato nel dispiegamento inaugura-Ie della propria essenza. Dal21 gennaio 1754 - quando, conclu-se infine dopo due anni Ie trattative per I'alienazione, il dip intolascio Piacenza in direzione di Dresda - la Madonna Sistina sa-rebbe abbandonata all' erranza nell' estraniamento, traghettata diposto in posto. Pressoche alla lettera: ricoverata nel depositodello Zwinger per il nota disastro alluvionale di Dresda, e statada ultimo reintegrata nella Gemaldegalerie Alte Meister it 29maggio 2003. Scrive Heidegger:

    la Sistina appartiene a un'unica chiesa di Piacenza, non inun senso storiografico-antiquario, rna secondo la sua essen-za immaginale. Conformemente alIa quale I'immagine esi-gera sempre di essere ll [...] II luogo e sempre I'altare diuna chiesa. Questa appartiene all'immagine e viceversa.All' accadimento unico dell'immagine corrisponde neces-sariamente la sua singolarizzazione nel luogo inapparentedelI'unica tea molte chiese. A sua volta questa chiesa, ecioe ogni singola chiesa del suo tipo, invoca I'unica fine-stra di quest'unica immagine. La quale fonda e completa lacostruzione della chiesa (pp. 120-1).

    Non e questa la sede per approfondire l'antitesi tra Hetzer eHeidegger, ossia l'alternativa fra plurinstallabilita e unilocalitadella Madonna Sistina; il tema sara trattato, insieme ad altri, inun mio studio dedicato alla considerazione heideggeriana del-l'arte, di prossima pubblicazione presso l'editore Bompiani.Qui ci importa invece mettere in luce il particolare taglio spe-culativo che Heidegger, nel contesto in causa, da al rapporto traBild e Fenster, immagine e finestra: perche ci sembra possibile

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    Cicerosfruttame a1cuni temi e farli interagire tra loro in maniera appe-na diversa rna assai promettente - lavoro preparatorio, in vistadi una rinnovata frequentazione speculativa della questione del-l'opera d'arte.Un'avvertenza e necessaria, perc. Noi abbiamo finora tra-dotto Bild con "immagine", rna Heidegger non avrebbe mai ac-consentito a questa equazione. Per lui il vocabolo latino imagoindica esclusivamente un significato secondario di BUd, quellodi "copia" (Abbild), "calco" (Nachbild), cost come l'imparenta-to verba imitari significa "imitare, copiare" (nachahmen, nach-bilden): "invece il nome 'icona' (Ikon), discendente dal greco,ha un senso piu profondo derivante dal verbo eiko, cioe 'mdie-treggiare, retrocedere davanti a qualeosa e cosi lasciar venireverso se - e quindi lasciar apparire - questo qualcosa-davanti"(Sprache und Heimat, anch'esso in Aus der ErJahrung desDenkens, p. 171). Per rispetto del dettato heideggeriano, dun-que, la parola BUd andrebbe tradotta con "icona" piuttosto checon "immagine"; tuttavia, per motivi che non occorre illustrarequi, lasceremo la versione tradizionale. Bastera che se ne leggadietro appunto il senso strutturale rimarcato da Heidegger:"aspetto (Anblick) di qualeosa che e lasciato venir fuori da ...davanti a... : l'aspetto fatto vedere". Un altro passo perspicuo inpropos ito, benche riferito alle immagini della poesia, si trova inVortriige und Aufsdtze:

    L'essenza dell'immagine e: lasciar vedere qualcosa (etwassehen zu lassen). Invece le copie e icalchi (Abbilder undNachbilder) sono gia sottospecie dell'immagine autentica,la quale, in quanto aspetto, lascia vedere l'invisibile e COS!10 immagina (einbildet) in qualcosa che gli e estraneo [...].Le immagini poetiche sono immaginazioni (Ein-Bild-ungen) in un senso eminente: non mere fantasie e illusioni,bensl immaginizzazioni come inclusioni (Einschliisse) visi-bili dell'estraneo nell'aspetto del familiare.?

    9 M. HIiIDEGGER, Vortriige und Aufsdtze, Stuttgart, Neske, 1954, "dichterisch wohnet der Mensch ...", pp. 194 sgg.284

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    CiceroL'immagine in generale lascia vedere qualcosa in formad'aspetto; l'immagine artistica, in particolare, lascia vedere I'in-

    visibile, it di per se estraneo e inaspettuale, sotto forma d'in-c1usione, di investimento in un aspetto familiare. Si pub quasidire, sulla base di (rna anche oltre) Heidegger, che l'essenza im-mag inale di ogni opera d'arte consista nel lasciar venire fuoril'invisibile tagliando e cucendogli appositamente degli indu-menti visibili, familiari - per cui l'artista, con facile ironia, po-trebbe esser definito il sarto dell'invisibile. Con la metaforadell' atelier siamo comunque prossimi al circuito semantico evo-cato dalla locuzione heideggeriana das Bild bildet, "l'Immagineimmaginizza" (con quella cadenza tautologica cosi tipica dellostile del filosofo): I'immagine da veste immaginale all'estraneo,fornisce un abito all'inabituale, procura un aspetto all'inaspet-tuale, abbigliandolo con tessuti di foggia variamente pregiata.Ci volgiamo cosi alle prime battute dello Uber die Sixtina,la dove Heidegger precisa il senso peculiare in cui la MadonnaSistina pub essere chiamata BUd:

    La paroJa 'irnmagine' deve qui significare nient'altro che:volto, nel senso di sguardo che si volge e viene incontrocome avvento (p. 119).E l'avvento dei volti, Maria e il Bambino, a costituire qui ilBild vero e proprio: sguardi che si volgono dall'invisibile e tra-spaiono nel visibile e vengono incontro: a chi guarda da questaparte della finestra. Allo sguardo avveniente (e avvenente, per

    la trasparenza della sua bellezza) corrisponde 10 sguardo chevede nell'avvento. Ma non e qualcuno a vedere innanzitutto lateofania; "veggente" e per prima la finestra stessa, occhio im-maginale il cui contomo e cornice costituita dall'immaginazio-ne dell'immagine. All'immagine corrisponde, sin da principio,aprendosi in uno con la trasparizione dei volti, la finestra. Scri-ve infatti Heidegger:che cos'e una finestra? La sua cornice delimita l'apertodella trasparizionc per raccoglierlo, mediante il limite, inuna Iibera donazione del trasparire. La finestra, in quantaaccesso dell'avvicinante trasparenza, e sguardo che vede

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    Ciceronell'avvento. Nell'accadirnento unico di questa irnrnagineunica, I'irnrnagine non appare aggiuntivarnente attraversouna tinestra gia sussistente, bensi solo I'irnmagine stessacostituisce e irnrnaginizza questa finestra (das BUd selberbildet erst dieses Fenster) (p. 120).

    La finestra e quindi a partire dall'immagine, deve il proprioessere all' essenza dell'immagine.Questa considerazione di Heidegger evoca un'analoga ri-flessione di Pavel F1orenskij, sembra anzi - se 10 scritto floren-skijano non fosse anteriore per cronologia (lkonostas e del1922) - che la similitudine seguente intenda rispondere diretta-mente alla domanda heideggeriana "Was ist ein Fenster?","Che cos'e una finestra?":

    la visione non e I'icona: essa e reale in se stessa; l'icona,che coincide nel contorno con I'irnrnagine spirituale, e perla nostra coscienza questa irnrnagine, e fuori dell'irnrnagi-ne non e ne irnrnagine, ne icona, bensi una tavola. Cost unafinestra e una finestra in quanto attraverso essa si diffondeil dorninio della luce, e allora la stessa finestra che ci daluce e luce, non e "somigliante" alIa luce [... ], e la lucestessa nella sua identita ontologica, invidisibile in se e nondivisibile dal sole. [...] Ma in se stessa, astratta dalla luce,la finestra non e che legno e vetro.'"

    Quando lascia passare attraverso se il dominio del luminoso,una finestra non funge da mero lasciapassare, rna e la luce stes-sa diffondentesi; analogamente si comporta un'icona versol'Immagine spirituale con il cui contomo essa coincide. CoslFlorenskij.Quando vede entro I'avvento di un'immagine, ricambiando10 sguardo che da questa si vede rivolto, una finestra viene pro-prio allora costituita e immaginizzata in uno con l'accoglimen-to del libero dono del trasparire del volto immaginale, CostHeidegger.

    to P. FLORENSKIJ, Ikonostas (1922); tr, it, Le porte regali, Milano, Adelphi,1999, pp. 59 sgg.286

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    CiceroIn entrambi i casi, la finestra e pensata come ontologica-mente subaltema all'immagine. La finestra ha bisogno dell'im-

    magine, mentre quest' ultima, nell' attimo improvviso del pro-prio avvento ("l'immagine viene sempre e solo improvvisa-mente nel suo trasparire, e nient' altro ehe l'Improvvisita diquesta trasparire", scrive Heidegger a p. 120), si apre da se,pro-gettandola, la sua finestra.III. Noi riteniamo inveee che sia l'immagine (das BUd, rna an-ehe he eik6n 0 la imago; in ogni caso l'immagine artistica: a es-sa restringiamo qui il nostro discorso) a dover essere pensata apartire dall'essenza della finestra. Non si tratta di una sempJieeinversione. In prima battuta, il circuito invisibile-immagine-fi-nestra, heideggerianamente eonsiderato, sembra pereorso dauna eireolazione tautologiea. L'immagine lascia vedere l'invisi-bile, la finestra lascia vedere l'immagine, l'invisibile - attraver-so l'immagine attraverso la finestra - si lascia vedere per via die da sguardi che e esso stesso a foggiarsi nellimprovvisita delsuo trasparire. Che vuol dire questo triplo laseiar-vedere, inful-erato sul lasciar-vedere-se dell'invisibile, e astratto aneora dalvedere dell'artista e del fruitore? Che vuol dire in riferimentoalla Madonna Sistina?Mettiamo ehe das Unsichtbare, l'invisibile del dipinto diRaffaello, sia l'Idea della maternita teogonica virginale - che il"fulcro" sia eomunque un'idea 0arehetipo pare fuori di dubbio.Bene: questa Idea puo essersi lasciata vedere da Raffaello equest'ultimo, a sua volta, puo averla vista solo perche tra visume visio si e "materializzato" il diaframma evaeuato da una fine-stra apertasi all'improvviso (di notte sulla parete, parrebbe,stando alla "testimonianza" di Bramante, riportata da Waeken-roder in Raffaels Erscheinung, e dallo stesso Florenskij." L'in-tera artieolazione del lasciar-vedere viene seandita da un Las-sen, da un laseiare pre-iniziale la cui impronta (secondo la falsarna effieaee etimologia ehe eollegavafenestra al verba phaino)e fenestrale, sorgente di ogni fenomenieita.

    11 Ibid., pp. 75-7.287

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    CiceroChe cos'e una finestra? Si e tentati di rispondere con unamovenza heideggeriana: la finestra non semplicemente e , il suoessere consiste nel fenestralizzare. Das Fenster fenster/t, "la fi-nestra fenestralizza". Cioe: nel suo improvviso evacuarsi e nelsuo diaframmatico incomiciarsi, essa apre l'uno all'altro iI visi-bile e l'invisibile, il vi so e Ia visione, lascia che tra essi s'in-stauri una comunicazione immaginale. Non c'e prima il dia-framma tra un visibile e un invisibile dati una volta per tutte, epoi a un certo punto l'apertura di una finestra in questa dia-framma: visibile e invisibile, viso e visione si danno invece, viavia, in maniera diversa a seconda del diaframma che viene con-formandosi a partire dalla vacanza fenestrale. L'imrnaginalita,in tutte Ie sue conformazioni, e possibile solo grazie alIa keno-sis dell'impronta fenestrale di un Lasciare a sua volta pensabilein termini eminentemente kenotici.Finestra e , nella sua essenza, una tacca della prima kenosisdi Dio. E l'immagine artistica e anch'essa una vacanza suI tipodella finestra, anzi puo senz'altro stare da soggetto in una frase

    in cui finestra, questa ulteriore metafora strutturale della co-pula, e nome del predicato. Un plesso intrigante non ancora vi-sitato per intero. In tale prospettiva, risultera proficuo innanzi-tutto un raffronto con la dottrina cabbalistica della Tzimtzum,elaborata da Yitzchaq Luria nel XVI secolo, secondo cui il pri-mo atto dell' En-Sof, dell'infinito Essere di Dio, fu di renderevacante entro se stesso una zona dalIa quale EgJi stesso si ri-trasse e nella quale, come in un mistico spazio primordiale, po-ter ritomare negJi atti successivi della creazione e della rivela-zione.'? In secondo luogo, e di grande interesse il mito deIl'ico-na achiropita (non fatta da mano umana) del Cristo, che grandeinfluenza ha avuto nella genesi della pratica artistica delle ico-ne. SuI rapporto tra Cristo e l'immagine iconica in genere scri-ve Jean-Jacques Wunenburger:

    E un caso limite, in cui ci troviamo in presenza di un'Im-magine che non e ne un doppio della Forma cristica, [... J ne

    12 Cfr, G. SCHOLEM, Le grandi correnti della mistica ebraica, Torino,Einaudi, 1993, pp. 270-4.

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    Cicerouna copia-simulacro in senso platonico, bensl una sempliceimpronta vuota. L'icona, come Cristo stesso, appare inse-parabile da una kenosis in cui l'essere in se si ritira da seper manifestarsi."

    Non finestre vengono dunque aperte in pareti per far da cor-nice a immagini, rna: pareti di roccia e vento, di verba e suono,vengono innalzate a incorniciare finestre e opere d'arte che, giasempre in vacanza, (si) aprono (tra) ilmondo invisibile e ilmondo visibile, - e l'inudibile e l'udibile, e l'intangibile e iltangibile ... Tra il viso e la visione, una bocca non ingorda, a do-nare tempo di festa.

    131._J. WUNENl1UR(;ER, Filosofla delle immagini, Torino, Einaudi, 1999,p.224.289