Finestra sul Mazzini 1

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Perché un Giornale di Quartiere La Redazione MAZZINI La Finestra sul Notiziario promozionale del Laboratorio di Quartiere Numero 1 - Luglio 2006 stro desiderio è quello di raccon- tare la vita del quartiere e racco- gliere le opinioni delle persone che ci abitano, in particolare a proposito dei grandi progetti di riqualificazione avviati grazie al “Contratto di Quartiere” che con- tinueranno per i prossimi cinque anni. In questo piccolo notiziario, gratuito e senza pubblicità, dare- mo quindi informazioni ed antici- pazioni sul calendario che scandi- rà l’apertura dei cantieri. Contiamo di far uscire almeno tre numeri all’anno, anche se molto dipenderà dalle vostre risposte e dalla vostra collaborazione. Continua a pagina 12 Lingue strane… Tra le cose che animano la vita del quartiere, c’e’ anche la presenza di parecchi immigrati. Parlano incomprensibili linguaggi complicati ed è vano intuirne bene i significati. Ma sentite che cosa mi è capitato un giorno, mentre camminavo senza guardarmi attorno: ecco che tutto a un tratto, da un tale alle mie spalle, sentii queste parole: “Se ghin l’e’ mèi, l’è mèi e se ghin no, ciao ciao”. Ho pensato che fosse della patria di Mao, e mi sono voltato, l’ho visto da vicino, non era un immigrato venuto da Pechino, ma era un milanese, che usava il suo dialetto, capì il mio amico Ambrogio, solo lui ciò che ha detto. CONTRATTO DI QUARTIERE II MAZZINI S ono tanti i motivi che ci han- no spinto a realizzare questo giornalino di quartiere che viene distribuito a tutte le fami- glie del Mazzini: far circolare in- formazioni trasparenti, dare sug- gerimenti, segnalare i servizi e le attività presenti sul territorio. Ma, più di ogni altra cosa, il no-

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quartiere, Mazzini, comunità, accompagnamento sociale

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Perché un Giornale di Quartiere La Redazione

MAZZINI La Finestra sul

Not iz iar io promoz ionale

del L ab orat or io di Quart iere

Numer o 1 - Lugli o 2006

stro desiderio è quello di raccon-tare la vita del quartiere e racco-gliere le opinioni delle persone che ci abitano, in particolare a proposito dei grandi progetti di riqualificazione avviati grazie al “Contratto di Quartiere” che con-tinueranno per i prossimi cinque anni. In questo piccolo notiziario,

gratuito e senza pubblicità, dare-mo quindi informazioni ed antici-pazioni sul calendario che scandi-rà l’apertura dei cantieri. Contiamo di far uscire almeno tre numeri all’anno, anche se molto dipenderà dalle vostre risposte e dalla vostra collaborazione.

Continua a pagina 12

Lingue strane…

Tra le cose che animano la vita del quartiere, c’e’ anche la presenza di parecchi immigrati. Parlano incomprensibili linguaggi complicati ed è vano intuirne bene i significati. Ma sentite che cosa mi è capitato un giorno, mentre camminavo senza guardarmi attorno: ecco che tutto a un tratto, da un tale alle mie spalle, sentii queste parole: “Se ghin l’e’ mèi, l’è mèi e se ghin no, ciao ciao”. Ho pensato che fosse della patria di Mao, e mi sono voltato, l’ho visto da vicino, non era un immigrato venuto da Pechino, ma era un milanese, che usava il suo dialetto, capì il mio amico Ambrogio, solo lui ciò che ha detto.

CONT RAT TO DI QUART IERE II MAZZINI

S ono tanti i motivi che ci han-no spinto a realizzare questo giornalino di quartiere che

viene distribuito a tutte le fami-glie del Mazzini: far circolare in-formazioni trasparenti, dare sug-gerimenti, segnalare i servizi e le attività presenti sul territorio. Ma, più di ogni altra cosa, il no-

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Pa g ina 2 Numer o 1 - Lugl io 2006

In settembre apriranno i cantieri, ma tutto è già cominciato da diverso tempo, grazie a quella “progettazione partecipata” che carat-terizza i Contratti di Quartiere. Nei mesi scorsi, infatti, i soci e i gruppi rap-presentativi del Circolo Arci sono stati coin-volti, attraverso riunioni ed interviste, per

elaborare un progetto comune in grado di ri-spondere sia alle caratteristiche architettoni-che e strutturali dell’edificio, che alle esigen-ze di funzionalità indicate proprio da chi lo frequenta abitualmente. E, nel giro di un paio d’anni, il Circolo Arci verrà rimesso a nuovo.

Un esempio di “Progettazione partecipata”

Ma non è finita qui. Tra il prossimo mese di settembre e l’autunno del 2008 sono previ-sti (e finanziati) anche altri la-vori molto attesi, a partire dal rifacimento del campo da cal-cetto con la creazione di aree destinate al pubblico e l’am-pliamento dello spazio a bordo campo per garantire la sicu-

pienamente accessibile anche alle persone disabili. Sul lato opposto, alla stessa quota è prevista la realizzazione della sala polivalente che potrà es-sere utilizzata come luogo di incontro o come ritrovo per ve-dere la televisione. Nella zona centrale del corpo di fabbrica verranno invece realizzati il

locale ristora-zione, la cuci-na e i servizi igienici riser-vati a chi fre-quenta la struttura, e verrà inoltre ricavato an-che un piccolo ufficio che sa-rà adibito alla sede ammini-

strativa del Circolo”. Nell’edificio centrale sarà

mantenuto il grande salone creato nel 1996 e ancora in ot-time condizioni, utilizzato prin-cipalmente come sala da ballo, mentre per il piano seminter-rato il progetto di ristruttura-zione prevede la realizzazione degli spogliatoi e dei servizi i-gienici destinati al personale.

I l progetto di riqualificazio-ne del Circolo Arci prevede

la ristrutturazione complessiva dell’immobile, sistemando ogni locale garantendo il manteni-mento di tutte le attività svolte all’interno del complesso.

“La struttura è composta da un edificio ad un piano con un ulteriore piano seminterrato, lungo via O-glio e con un corpo di fab-brica in parte già ristruttu-rato, origina-riamente de-stinato ad atti-vità industria-le” spiegano i p r o g e t t i s t i dell’interven-to.

L’edificio che costeggia via Oglio costituisce la zona più frequentata dai soci. “Qui - proseguono gli architetti - è prevista la realizzazione del bar e di una sala polivalente, oltre ad altri locali a servizio di questi spazi. Il bar occuperà un ampio spazio ed avrà a di-sposizione un’ampia apertura verso il cortile interno, il tutto

In questa operazione verranno investiti quasi 841 mila euro. Grazie al “Contratto di Quartiere” il progetto godrà di un finanziamento regionale per circa 390 mila euro.

CIRCOLO ARCI

In via Oglio nuovi spazi, sale polivalenti e un campo da calcetto interamente rifatto

I PROGETTI DEL CONTRATTO DI QUARTIERE

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Com

e di

vent

erà

te la bella stagione. Infine, al primo piano verranno costruite tre nuove sale polivalenti di diverse dimensioni che potran-no essere destinate anche per attività promosse da altre asso-ciazioni del quartiere”.

(Si ringrazia per la collaborazione l’architetto Andrea Bottin

dello studio BPA Architetti)

spazio interno con quello ester-no – sottolineano i responsabili del progetto -. Per quanto ri-guarda l’area esterna, oltre ad essere utilizzata come percorso di collegamento tra la sede del quartiere Zona 4 ed il Polo Ferrara, diventerà un ulteriore spazio fruibile per le attività all’aperto programmate duran-

rezza dei giocatori. Il gruppo degli spogliatoi verrà posizio-nato al centro dell’edificio per renderlo facilmente accessibile a tutti.

“Sarà anche creata una sala polivalente dotata di aperture mobili che, in particolari occa-sioni, potranno essere comple-tamente aperte per integrare lo

PRONTO NELL’AUTUNNO 2008 Ecco come si presenta oggi il Circolo Arci. In alto, una parte del progetto di ristrutturazione che riguarderà l’area tra via Oglio e il Polo Ferrara

Da settembre inizia la ristrutturazione

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La pavimentazione sarà anti-sdrucciolo per ridurre al mini-mo il rischio di caduta, utiliz-zando un particolare materiale “antitrauma” che di solito vie-ne posizionato sotto i giochi nei giardinetti dei bambini. Inol-tre, la superficie del percorso sarà ruvida per differenziarla da quella liscia che caratteriz-za l’interno della Residenza Sa-nitaria. Per quanto riguarda le piante, queste serviranno a dare agli anziani i confini degli spazi:

sei mesi a partire da settembre si basa proprio su questi crite-ri”. Nel nuovo giardino è stato quindi previsto un percorso semplice e identificabile, deli-neato da un corrimano colora-to, privo di incroci per evitare che gli anziani debbano com-piere una scelta che potrebbe scatenare in loro ansia e diso-rientamento, mentre da un uni-co punto di osservazione gli o-peratori della Rsa potranno controllare l’intero percorso.

All’elaborazione del progetto hanno infatti partecipato anche la dottoressa Zenobio e la dot-toressa Borsetti, che operano presso il Servizio di Psicologia della Rsa di via dei Cinquecen-to, puntando a creare uno spa-zio fruibile da tutti gli ospiti della struttura, ma soprattutto pienamente accessibile anche alle persone che soffrono del morbo di Alzheimer, dal quale il giardino prenderà il nome. “Questi anziani soffrono di gravi disturbi psichici – spie-gano i medici – ed hanno quin-di bisogno di muoversi in uno spazio rassicurante e conosciu-to, in grado di contenere la loro fragilità emotiva. La natura ha una dimensione molto impor-tante per la quotidianità di queste persone, ma perché ab-bia uno scopo benefico deve essere percepita in modo acco-gliente e stimolante. L’intero progetto che verrà realizzato in

U n giardino concepito non solo come un ambiente ricreativo, ma soprattutto come luogo riabilitativo e terapeutico.

È questo l’obiettivo del “Giardino Alzheimer” che, da settembre, comincerà ad essere realizzato nella Residenza Sanitaria

Assistenziale di via dei Cinquecento. La struttura comunale per gli anziani non autosufficienti, molti dei quali affetti da gravi

condizioni di deterioramento mentale, che in quest’area verde di circa tremila metri quadrati troveranno un nuovo spazio

a disposizione. Appositamente studiato per loro.

SENTITO? FANNO IL “GIARDINO ALZHEIMER”.

ASPETTA UN ATTIMO CHE MI TOCCO...

SEMPRE PIU’ SENSIBILE, EH?

SICURI NEL VERDE Nel Giardino Alzheimer (nella foto un esempio realizzato

in Piemonte) saranno adottate tutte le misure per mettere in sicurezza gli anziani

Il Giardino

Nella Residenza Sanitaria Assistenziale un nuovo spazio verde appositamente

I PROGETTI DEL CONTRATTO DI QUARTIERE

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verse zone riparate, evitando i forti contrasti di luce e ombra perché alterano la percezione visiva. Oltre al percorso e alle piante ci saranno ovviamente anche le aree per il riposo con pan-chine con seduta e braccioli a-deguati e funzionali, assieme ad una fontana in quanto l’acqua è un elemento di stimo-lo visivo e tattile. Infine, uno spazio coperto sarà dedicato alle attività di animazione e fe-ste, con una scacchiera dise-gnata di fronte alla scalinata e allo scivolo che condurranno al bar per consentire l’orga-nizzazione di diversi giochi all’aperto. “Il giardino sarà visibile anche dall’interno della Residenza per anziani – concludono i pro-gettisti -. Ciò permetterà anche d’inverno o a chi non può usci-re di poter godere ugualmente della bellezza della natura”.

piante che possono produrre degli stimoli a livello visivo, ol-fattivo ed uditivo – sottolineano i progettisti -. È stato pensato alla variazione della coloritura delle foglie a seconda del cam-biamento di stagione, ai profu-mi dei fiori e al rumore dei ra-mi che si muovono o alla pre-senza degli uccelli, in modo da aiutare il recupero o il mante-nimento di alcune abilità co-gnitive”. La posizione delle piante è sta-ta poi studiata per ottenere di-

quelle alte saranno posizionate ai lati esterni per circoscrivere e definire il perimetro del giar-dino, mentre quelle basse deli-miteranno i bordi del percorso per contrastare il forte impulso dei malati a vagare senza dire-zione. Ci saranno inoltre delle aiuole che abbelliranno l’interno e l’esterno del percor-so ad anello e un’idonea illumi-nazione artificiale. “Per la scelta della vegetazione è importante ricordare che sa-ranno impiegate solo quelle

I lavori per la realizzazione del giardino Alzheimer di via dei Cinquecento verranno completati in circa sei mesi, per rendere usufruibile la nuova area verde nella primavera 2007.

PER SAPERNE DI PIÙ C’È INFOCANTIERE “Infocantiere” è una iniziativa promossa dal Laboratorio di Quartiere per informare gli abitanti del Mazzini e, in particolare, le persone direttamente interessate dai vari interventi. È un momento di incontro in cui vengono comunicate le informazioni sull’esecuzione dei progetti, le loro varie fasi e la tempistica dei lavori. Ma non solo! Lo scopo di queste riunioni è anche quello di raccogliere osservazioni e suggerimenti degli abitanti, facendo così il possibile per ridurre al minimo i disagi e rendere il cantiere sempre più sicuro.

dei nonni

di via dei Cinquecento nascerà studiato per gli anziani ospiti

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L a Signora Maria, giunta con la sua famiglia di origine

pugliese nel quartiere Mazzini nel lontano 1927, quando lei a-veva solo 10 anni e i suoi geni-tori cercavano lavoro, racconta con brio e lucidità come si presentava allora quest’angolo di Milano prima dedicato alla regina Elena, quando l’Italia era monarchica, e poi, dal 1945, al patriota repubblicano Giuseppe Mazzini. “A quel tempo il quartiere non era ben collegato al resto della città, era molto periferico con strade ancora provvisorie che si perdevano nell’aperta cam-pagna. In inverno - ricorda la signora Maria – le vie erano spesso ghiacciate o oscurate dalla “scighera”, la tipica den-sa nebbia milanese. Era davve-ro facile scivolare o perdere l’orientamento”. Ma lo spetta-colo che si presentava nella buona stagione aveva quel tipi-co sapore di campagna: dalla finestra di casa, Maria e gli al-tri abitanti vedevano una diste-sa di prati, punteggiati da orti, cascine e casolari che contra-stavano per la loro modesta di-mensione la mole del “palaz-

PER RIUSCIRE A RICOSTRUIRE QUESTO PUZZLE SULLA STORIA DEL QUARTIERE MAZZINI ABBIAMO BISOGNO DEL CONTRIBUTO

DI TUTTI. POTETE COLLABORARE CON NOI RACCONTANDO LE VOSTRE ESPERIENZE E TESTIMONIANZE, ANCHE PICCOLE, RIGUARDO AL RIONE.

SE VOLETE RACCONTARE LA VOSTRA STORIA SUL MAZZINI O VEDER PUBBLICATA UNA VOSTRA FOTO D’EPOCA RIVOLGETEVI A:

LABORATORIO DI QUARTIERE MAZZINI VIA MOMPIANI 5, TELEFONO E FAX 02.56814894

DA PERIFERIA A PARTE INTEGRANTE DELLA CITTA’

I RACCONTI DEGLI ABITANTI

I l Rione Mazzini nasce intorno al 1925 in quella che una volta era la periferia di

Milano, nell’ambito di un massiccio intervento di realizzazione di case popolari voluto dall’ente IACPM, con lo scopo di dare un alloggio ai ceti sociali più bisognosi e agli operai che allora lavoravano nelle fabbriche sparse nella zona.

I primi edifici vennero edificati in via Polesine, ma nella parte restante del quartiere la città era ancora “lontana”: c’erano campi, prati e cascine. Non c’erano negozi in giro e i carrettini dei venditori ambulanti permettevano ai pochi abitanti di riempire le loro dispense senza doversi spingere nelle zone più centrali della città. Le case popolari, con le loro modeste comodità in anni in cui il disagio era diffuso, rappresentarono un importante passo avanti rispetto a ciò che era stato fatto fino ad allora. Il programma di costruzione di edilizia popolare prevedeva infatti la la realizzazione di venti quartieri pianificati fondamentalmente per accogliere una classe operaia che avrebbe contribuito allo sviluppo della città e della sua economia.

Con questo primo numero de “La Finestra sul Mazzini” vogliamo allora cominciare a dare spazio ai racconti di chi ha vissuto in prima persona la storia del rione, ricostruendo così insieme la storia del quartiere.

Questa è

“La mia famiglia ed io siamo si trovavano in aperta campagna

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C’era anche un tram ad un solo binario e con un’unica vettura in legno di color verde, che partiva da piazza Duomo e fa-ceva capolinea in via Bacchi-glione. Qui il manovratore do-veva scendere e girare la perti-ca in senso inverso per fare ri-

zone” di piazzale Corvetto.

“I l mezzo più usato per an-dare nel cuore della citta,

fino al Duomo, erano le gam-be - riprende Maria -. Molti pe-rò avevano l’automobile di quei tempi, cioè la bicicletta.

torno. Accanto al capolinea sorgeva il casello daziario dove tutti coloro che portavano mer-ce in città dovevano recarsi e pagare l’imposta relativa. Na-turalmente non erano pochi quelli che facevano i furbi, cer-cando di nascondere ciò che

la NOSTRA Storia

arrivati qui nel 1927 - racconta la signora Maria -. Le case e perfino la parrocchia, d’inverno, diventava irraggiungibile”

1941-2006 Due vedute aeree del rione Mazzini con, in primo piano, via dei Cinquecento e piazzale Gabriele

Rosa. In queste foto si nota come è cambiato il quartiere dalla prima metà del ‘900, quando realmente si trovava

alla periferia di Milano, ad oggi. Queste immagini e quella alla pagina seguente

sono tratte dal volume “Nonno, mi racconti com’era?”, realizzato in occasione del 70. anniversario della parrocchia

di San Michele Arcangelo e Santa Rita

IERIIERI

OGGIOGGI

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portavano per non pagare il dazio…”. Il quartiere non aveva chiese perciò i fedeli dovevano recar-si fino alla chiesa di San Luigi, lontana una buona mezz’ora di cammino. “Ma in inverno, con il ghiaccio e la neve, la strada diventava proibitiva per le per-sone anziane. Per questo – pro-segue la signora Maria - in via provvisoria fu usato per le fun-zioni religiose uno scantinato al civico 2 di via Polesine”. Sol-tanto nel 1933 il Cardinale Il-defonso Alfredo Schuster be-nedì le due chiese di San Mi-chele Arcangelo e Santa Rita in piazzale Gabriele Rosa.

E rano in tanti, poi, ad anda-re in “gita” al Porto di ma-

re: un laghetto artificiale che serviva per l’estrazione della ghiaia e della sabbia usata pro-prio per la costruzione delle case popolari. “Un tempo era-no davvero poche le persone che potevano permettersi di viaggiare, e anche i ricchi soli-tamente andavano in vacanza nelle località vicino a Milano - racconta ancora Maria -. Il no-stro svago durante la bella

stagione era preparare il pic nic e andare a consumarlo sul-le rive di Porto di Mare”. Lo specchio d’acqua che si allun-gava da via Fabio Massimo per arrivare fino alla periferia di Chiaravalle, era diventato mé-ta di scampagnate nei fine set-timana e di incontri amorosi. Ma l’allegria che suscitavano quelle finte acque marine, si tramutava anche in tragedia, perché non erano rari gli anne-gamenti. “Dopo la seconda guerra mondiale questo laghet-to fu trasformato in una grande discarica, sopra la quale oggi c’è un parco. Coloro che da giovani lo ricordano circondato di prati e di piante, popolato di pesci come carpe e lucci, ed accompagnato dal sommesso gracidare delle rane, oggi non possono riconoscerlo più. For-se per molti il triste destino di questo laghetto è diventato un po’ il simbolo di tanti sogni in-franti o di speranze perdute, ma altri vivono ancora la no-stalgia di un tempo lieto, oppu-re il ricordo di un romantico incontro che porteranno nel cuore per tutta la vita”.

DA “REGINA ELENA” A MAZZINI Ecco come si presentavano piazzale Ferrara e via Mompiani nel 1930, quando il quartiere “ultrapopolare” era ancora dedicato alla regina Elena

“Si andava in gita al Porto di mare, un laghetto

artificiale che serviva per l’estrazione della ghiaia

e della sabbia usata proprio per la costruzione

delle case popolari”

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questo ci penalizza perché abbiamo perso quel contatto umano che ci permetteva di vedere le necessità e i bisogni dei nostri vicini. Secondo un detto popolare “I vicini sono meglio dei parenti”, ma è ancora vero? Alcune volte questo si verifica ancora, ma purtroppo sono sempre più rari i casi in cui la vicina porta “il piatto di minestra” a chi si trova in uno stato di necessità. Però, forse, non tutto si è perduto. Con sorpresa mi è capitato di sentire che qualche persona riesce talvolta a “tirare avanti” grazie all’aiuto del “piatto di minestra” del vicino. Non molti anni fa era una consuetudine, ma oggi questi episodi ci sorprendono e ci meravigliano.

Giovanna Dalmasso

PASSATO E PRESENTE Come sono cambiate le abitudini quotidiane

“Quando tutti tenevano le PORTE APERTE…”

Ma c’è ancora chi offre un piatto di minestra alla vicina di casa

C’E’ UN BIGLIETTO DELLA SIGNORA ALLA QUALE HAI PORTATO

IL PIATTO DI MINESTRA

VUOLE RINGRAZIARMI? A DIRE IL VERO DICE DI METTERE PIU’ SALE...

Ricordo da bambina la vita di caseggiato e di quartiere come un periodo bello e soprattutto sicuro. La mamma lavorava e noi (mia sorella ed io ) stavamo sole gran parte della giornata, ma eravamo in buone mani perché ad ogni piccola necessità, di qualunque genere, le porte si aprivano e le vicine si adoperavano per aiutare tutti quelli che avevano bisogno. Quando mi capitava di cadere in cortile e il ginocchio si sbucciava, c’era sempre qualche anima pia che me lo disinfettava e lo incerottava senza problemi. Quante merende ho fatto in casa d’altri e quante lacrime mani sconosciute mi hanno asciugato! La mamma dal canto suo si adoperava per la vicina anziana e, quando preparava la cena, ne faceva sempre un po’ di più per la signora che abitava nell’altro appartamento del pianerottolo. Salivo le scale e tutti avevano la porta di vetro che faceva intravedere la presenza dei vicini. Bastava girare la maniglia e si era in casa di amici. Quelli erano tempi belli e il ricordo si fa malinconico soprattutto confrontandolo con oggi dove le porte sono rigorosamente sbarrate, spesso blindate, e prima di aprire si guarda dallo spioncino. Passano i giorni senza sapere se i nostri vicini stanno bene e non ci passa neanche per la mente di suonare il campanello. Quando ci dicono che qualcuno sta male dobbiamo soffermarci a pensare alla fisionomia della persona di cui ci parlano. Certamente i tempi sono cambiati e occorre più prudenza viste le cose che succedono; in nome della nostra privacy diamo poca confidenza alla gente, ma

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all’estero… Dobbiamo quindi abituarci a questa nuova realtà multietni-ca, perché ormai è un dato di fatto. Bisogna scacciare gli stu-pidi razzismi, imparando a ri-conoscere chi accetta una tran-quilla integrazione da chi ne è incapace. Sarebbe paradossale,

sia chiaro, che io debba subìre le imposizioni di chi arriva da altri Pae-si, siano queste di ca-rattere etico o religioso, e ritengo che nessuno possa affermare che so-no nel torto solo perché non le condivido. Del resto la religione è una questione intima e non istituzionale, e per que-

sto deve essere vissuta in modo personale. Queste mi sembrano argomentazioni elementari e quasi noiose da dover ripropor-re, ma ancora oggi, purtroppo, per molti non è ancora così.

A.A.

E cco un esempio di convi-v e n z a m u l t i e t n i c a

(sicuramente non unico) che ho scoperto per caso, recandomi nella panetteria e pasticceria, che tra l’altro consiglio, di via Polesine. L’esercizio è gestito da due famiglie di etnìe e reli-gioni diverse (per esempio, una delle due coppie è com-posta dal marito prove-niente dal sud Africa e la moglie dal Brasile) che rappresentano una testimonianza importan-te di una unione senza discriminazioni. Un va-lidissimo quadro di con-vivenza sociale che per me dovrebbe rappre-sentare il futuro dell’umanità. L’aneddoto che mi è capitato e che mi ha fatto sorridere è stata la domanda che mi sono sentito rivolgere mentre compravo da loro il pane: “Tu sei italiano?”, quasi fossi stato io a trovarmi

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L’ARRABBIATO

Q uando sono arrivato in questo quartiere il mio impatto emotivo è

stato catastrofico: non avevo nessun rapporto con le persone del mio caseggiato, e anche fuori dal mio cortile la situazione non era diversa. Sentivo che il quartiere era composto anche da isole di omertà e ciò che mi è accaduto ne è la conferma. Qualche tempo fa, di notte, una macchina che spesso correva su e giù di giorno e di notte, si schiantò contro un’altra vettura. Per il botto provocato corsero in strada molti abitanti del quartiere, e la maggior parte di loro attribuì subito la colpa dell’incidente alla seconda auto. Chi avesse torto era lampante, ma non per la folla che inveiva, per me senza motivo, sugli occupanti della seconda macchina. Solo quando mi avvicinai scoprii che in questa auto c’erano persone di colore, e allora cominciai a capire quale fosse la loro “colpa”… Commentai con diverse persone l’assurdità del fatto e provai un senso di frustrazione per la mancanza totale di verità, ma fui subito zittito da un uomo che mi disse: “Se vuoi campare a lungo, qui devi imparare a farti gli affari tuoi…”.

CONDOMINIO In via Polesine un negozio gestito da persone di etnìe diverse

Il PANE della convivenza

Un esempio di tranquilla integrazione

“Vuoi campare? Stai zitto”

Una volta mi hanno chiesto: “Tu sei

italiano?”

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perché sono le frontiere i posti da dove partono i cambiamen-t i . Cog l i am o a l v o l o l’opportunità, sorpassando paure ed antipatie per affer-mare la supremazia della vo-lontà sopra le brutture che ci circondano.

P rovate a chiudere gli occhi. Focalizzate la vostra attenzione su via Mompiani. È estate, di-ciamo giugno, non fa ancora quel caldo impossibile che smorza ogni energia. Il sole è alto e si sente anche un sottile refolo di vento. Gli alberi che costeggiano i lati della strada sono verdissimi e regalano un’ombra ristoratrice. Dalle finestre che si affacciano sulla strada si sentono profumi di ogni tipo, cucina italiana o egi-ziana, profumi che fanno veni-re voglia di entrare e sedersi a pranzo. È mezzogiorno e in lontananza si sentono le auto

P remetto che non sono un re-sidente, ma che frequento il quartiere per esigenze lavora-tive. Sono stato catapultato in questa realtà circa tre anni fa e ho sviluppato una mia parti-colare idea su questa intricata zona di Milano. E, senza alcu-na presunzione, vorrei raccon-tarvi cosa ne penso.

Il quartiere Mazzini, a mio av-viso, è molto di più di un sem-plice agglomerato di caseggiati ALER. Rappresenta la frontie-ra moderna, quello che nell’ottocento era il Far West per gli Stati Uniti d’America. Come tutte le frontiere che si rispettino, è teatro di incontri e scontri, ed è certamente un luogo in cui si possono coltiva-re sogni ed opportunità. Pensate un attimo ai film di Sergio Leone, con il cavaliere solitario che entra nel paese e, per prima cosa, si reca al saloon per avere delle informa-zioni e per conoscere la realtà in cui è entrato. Il barista di solito dice di stare alla larga e di cercare un posto migliore per vivere, ed il cavaliere soli-tario puntualmente si ferma e decide di mettere radici in quel luogo così ostile. Dopo lot-te e peripezie di ogni genere, metafore delle difficoltà della vita comune, il nostro eroe rie-sce a cambiare le cose ed a tra-sformare il paese. Quindi ognuno di noi, mi ci metto anche io, dovrebbe esse-re un novello Clint Eastwood e lottare per cambiare le cose,

che passano in via Polesine e piazza Ferrara. Ai lati della via un cane al guinzaglio fa i suoi bisogni ed il padrone, un ra-gazzino dalla pelle olivastra si china e raccoglie il tutto con una paletta. È estate e le scuo-le sono chiuse, i ragazzi sono in giro ed hanno una bella e-spressione sul viso.

O ra aprite gli occhi. I marcia-piedi sono a dire il vero un po’ lerci. Le auto sfrecciano a de-stra e a sinistra rischiando di asfaltare chiunque cerchi di attraversare, mentre le fine-stre di prima sono sbarrate, perché la gente non vuole che nessuno gli guardi in casa. Tutto è diverso dalla visione precedente… No, fate bene at-tenzione, non tutto è diverso. Lo sfondo è lo stesso. Gli albe-ri sono ancora gli stessi è fan-no davvero una bellissima om-bra e le case formano ancora

un bellissimo scorcio con il cielo azzurro e limpido. La gente è diversa, è più arrab-biata e sospettosa, ha paura. Ma la paura si vince. Basta guarda-re gli altri con occhi differenti e soprat-tutto sorridere. La mia/nostra visione di prima non è irrag-giungibile. Lo sfondo ce lo abbiamo già, basta solo metterci il sorriso. E provare non costa niente.

VISTO DA FUORI Il quartiere può essere anche una “Nuova frontiera”

Idea: facciamo come CLINT

“La nostra volontà può cambiare le cose e vincere le brutture”

di ANDREA FERRARI Responsabile del Centro Polifunzionale Polo Ferrara

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LABORATORIO DI QUARTIERE MAZZINI

Segue dalla prima

Progetti a parte, questo giornali-no vuole ricostruire l’identità sto-rica del rione, parlare dei legami che si sono costruiti intorno allo sviluppo urbano ed anche dei pro-blemi dell’integrazione con gli a-bitanti venuti a vivere qui di in tempi più recenti. Avremo dun-que delle pagine dedicate al “Come eravamo” sulla nascita e la trasformazione del quartiere, ed interventi legati all’attualità.

Numero dopo numero, speriamo davvero di conquistare la vostra fiducia, stabilendo un contatto diretto con voi non solo attraver-so l’ascolto (impegno verso il quale noi operatori del “Labora-torio di Quartiere” non verremo mai meno), ma offrendo a tutti la possibilità di essere coinvolti in prima persona nella stesura degli articoli. Già in questa prima usci-ta troverete commenti, obiezioni e giudizi delle persone che hanno

iniziato a lavorare con noi. Abbiamo creato una redazione aperta alla quale chiunque potrà accedere per esprimere ciò che ha nel cuore e anche sullo stoma-co. Siamo convinti che questo giornale possa diventare un effi-cace mezzo di comunicazione all’interno di un grande quartiere come il Mazzini: un’espressione schietta e consapevole di una re-altà dalle mille finestre.

La Redazione

IN QUESTO NUMERO:

I PROGETTI DEL CONTRATTO DI QUARTIERE:

Il Circolo Arci a pagina 2

Il Giardino Alzheimer a pagina 4

Infocantiere a pagina 5

LE ORIGINI DEL MAZZINI

Questa è la nostra storia

a pagina 6

“Quando tutti tenevamo le porte aperte”

a pagina 9

Il pane della convivenza

a pagina 10

L’arrabbiato a pagina 10

VISTO DA FUORI

Idea: facciamo come Clint Eastwood

a pagina 11

VOLETE PARTECIPARE ALLA REDAZIONE DELLA “FINESTRA SUL MAZZINI”?

Per saperne di più rivolgetevi al

via Mompiani 5, telefono e fax 02.56814894 indirizzo mail: [email protected]

Orari dello Sportello : martedì dalle ore 10 alle 12, mercoledì dalle ore 15 alle 17, giovedì dalle 15 alle 17

PIAZZALE CORVETTO visto da Elena Cellario.

Il quadro è pubblicato sul sito Internet del Comune di Milano

La Finestra sul MAZZINI

Notiziario promozionale del Laboratorio di Quartiere Mazzini

In redazione: Giovanna Dalmasso, Armando Antonelli, Andrea Ferrari , Roberto Poli, Costanza Maspero e Fulvio Fenzo. Ringraziamo per la collaborazione: Signora Maria, Lorenzo Buzzi, Elena Cellario, Francesco Spera per la poesia, gli architetti Patrizia Bertocchi (Settore Periferie del Comune di Milano) e Andrea Bottin (Studio BPA Architetti).