Post on 23-Jun-2022
cultAccorciare le distanze
Rete Due ospitail grande poeta siriano Adonis
Intervista a Daniel Pennac
Il mensile culturale RSIOttobre 2016
ACCENTO
Accorciare le distanze
Sandra SainProduttrice Rete Due
SGUARDI
4Nella pietrae nel vento:Rete Due ospitail grande poeta siriano Adonis
ONAIR
10Paganini non ripete: si rinnova!
12Come nascono le storie?
14Quando l’Elvezia andava in gondoleta
18Harmonium & dintorni
20La bellezzadella grammatica
DUETTO
22Intervista a Daniel Pennac
RENDEZ-VOUS
28L’agendadi ottobre
NOTA BENE
30Recensioni
31Proposte Club
L’autunno non è una stagione dormiente e letargica, anzi. Con l’autunno si risvegliano gli interessi e si moltiplicano le occa-sioni. I cartelloni dei teatri dopo la pausa estiva si ripresentano fitti di eventi, spettacoli e concerti. Riprendono le stagioni concer-tistiche (tra queste quella dell’OSI e quella di Tra jazz e nuove musiche su Rete Due), i cinema tornano a riempirsi, le associazioni del territorio riprendono i loro cicli di presentazioni ed incontri.I primi palcoscenici della storia erano quelli su cui si celebravano funzioni religiose, luoghi in cui costruire un rito ed è forse anche per questo che chi sale sul palco e sta al centro della scena incute da sempre una certa soggezione. Spesso siamo portati a percepire una certa distanza tra noi, pubblico indistinto, e le personalità che si meritano le luci della ribalta.Nel 2003 in Gran Bretagna veniva dato alle stampe un libro tanto divertente quanto illuminante: Mortification. Writers’ stories of their public shame. Il libro raccoglie numerose testimonianze di autori anglosassoni alle prese con il pubblico che scopriamo essere fonte di puro terrore, in alcuni casi, o di preoccupanti e destabilizzanti sorprese in altri. Margaret Atwood, Geoff Dyer, Chuck Palahniuk, Colm Tóibín, Jonathan Lethem, Jonathan Coe e Irvine Welsh sono solo alcuni degli autori più noti che si sono messi in gioco condividendo quanto di solito si vuole nascon-dere: quel momento imbarazzante, quella brutta figura fatta in pubblico, quella piccola mortificazione che resta indelebile nella memoria.Rick Moody ad esempio racconta con sapiente e misurato umorismo di quella volta che scoprì su Amazon.com una recen-sione di un suo libro firmata da sua madre che, nella valutazione finale, gli aveva attribuito 3 stelle su 5… Situazione aggravata dalla successiva spiegazione “Figliolo, è una buona recensione in fondo…”.Questo libro con i suoi aneddoti ci fornisce un utile spunto di riflessione. Spesso sono gli artisti a vivere con disagio quella distanza tra noi e loro costituita da un podio, un palco, un plateau. Noi di Rete Due da sempre ci muoviamo salendo e scendendo quei gradini, cercando di accorciare le distanze, di fornire un terreno di incontro. Anche perché, per quanto possiamo amare certe personalità, continuiamo a preferire le persone.
In copertina: e se fossimo noi di fronte al pubblico? In ogni caso, che si sia sul palco o in platea, il microfono resta al centro, a collegare i due poli.
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L’incontro che Rete Due propone il 7 ot-tobre è di quelli da non perdere. Adonis, al secolo Ali Ahmed Saïd Esber, nato in Siria nel 1930, è probabilmente l’intellettuale e letterato arabo più letto e influente a livel-lo globale. Adonis non è in effetti solo un grande poeta, ma è quella penna autorevo-le e impietosa che denuncia le derive della religione, l’involuzione oscurantista del mondo arabo e il suo declino politico e cul-turale. Il suo recente Violenza e Islam ha su-scitato un ampio dibattito per la sua tesi di fondo particolarmente scomoda che vede, pur senza sottacere l’impatto di elementi esterni come la politica internazionale, un legame stretto tra la dottrina stessa e le de-rive prevaricatrici e liberticide.
‹ La poesia è ribellione. ›
Per Adonis la poesia, ingabbiata nei secoli dal controllo teocratico, è tale e au-tentica, solo se sovverte l’ordine delle cose, del pensiero, delle regole, del senso. La grande tradizione delle poesia ribelle risa-le al periodo degli Omayyadi (il califfato di Damasco a cui seguì nel 750 d.C. quello
abbaside, che regnò a Bagdad fino alla con-quista delle città da parte dell’armata tur-co-mongola nel 1258) recuperando quello spirito di trasgressione che permette la cre-azione e che apre la strada verso l’ignoto.
Non furono pochi i poeti che si ispi-rarono a Imru al-Qays che per Adonis è il capostipite della ribellione poetica, il vero iniziatore della poesia araba. Come Abû Mihjan al-Thaqafi, amante del vino in bar-ba alla proibizione coranica o il grande (se-condo Adonis) Abu Nuwâs che rompe con la tradizione grazie all’esercizio del mujûn che può essere associato alla pratica del li-bertinaggio. Per Nuwâs il mujûn permette il ribaltamento dei valori stabiliti, in una dialettica in cui si susseguono negazione e affermazione, distruzione e rinascita. Adonis si iscrive dunque nella tradizione di Abû Nuwâs che “celebra il paradiso terre-no e rifiutando la nozione di divieto, sosti-tuendo il mujûn alla religione, ha infranto l’imposizione delle leggi e annunciato l’av-vento della libertà”. Lo spirito impersonato da queste correnti è - come facile capire - lo stesso che viene progressivamente negato dall’Islam per il quale il sapere perfetto del
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Nella pietra e nel vento: Rete Due ospita il grande poeta siriano Adonis Roberto Antonini
Fuggito nel 1956 a Beirut, vive dal 1985 in esilio a Parigi. A Lugano, nella serata condotta da Diana Segantini e Roberto Antonini, sarà in compagnia di Khaled Arman, musicista afghano che proporrà suoi brani al rubab, strumento tradizionale a corde, tra la lettura di una poesia e l’altra.
Ali Ahmed Saïd Esber, Adonis
Incontro aperto al pubblicoStudio 2 RSI, Lugano Bessovenerdì 7 ottobre dalle ore 18.30 alle 20.30
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il musulmano ortodosso si tratta solo di imitare un modello al quale non vi è nulla da aggiungere e oltre il quale non vi è nulla da scoprire. Il mistico ha un'altra scrittura che non è quella coranica, mira a purificare l’interiorità non ad imporre normative.
Il misticismo, come ci racconta Ado-nis, fu una grande esplosione culturale nel cuore della società islamica, e non solo araba. “Strappò il pensiero” alle costrizio-ni della giurisprudenza (Fiqh) e della legge (Sharî’a) proiettandolo verso lidi inesplora-ti: la poesia mistica è interrogazione dell’es-senza umana, del mistero dell’esistenza. Il discorso su questa esplorazione ci conduce attraverso le pagine delle pubblicazioni di Adonis, sia saggi sia raccolte poetiche, a comprenderne i pericoli per chi, nella so-cietà araba ma anche più in generale isla-mica, considera il concetto di identità nel quadro di una concezione chiusa, bloccata che esclude l’altro, il diverso. L’alterità si trasforma in minaccia, l’altro è ripudiato: o assimilazione all’ideologia religiosa o rifiuto. Mentre per l’uomo della jâhiliyya (termine originariamente peggiorativo con cui l’Islam degli inizi designò l’epoca
che l’aveva preceduto) la lingua “era una magia luminosa”, con il passare del tempo per l’arabo musulmano si è tramutata in dono di Dio, immutabile di conseguenza. È in questo contesto che Adonis ci spiega il perché la poesia araba, dalla grande tradi-zione, è diventata noiosa, scontata “mono-tona e piatta”.
‹ Un freno allo sviluppo, la logica della violenza. ›
Una società fondata sulla Rivelazione è per natura condannata a ripetere il passa-to. Il mutamento assume una connotazio-ne negativa. L’anteriore è il modello, l’ul-teriore può tutt’al più cercare di imitarlo. Come per la poesia e la lingua, anche per la società e per la civiltà, la commistione del religioso in tutte le declinazioni della vita sociale e politica, porta all’immobi-lismo, al tentativo continuo di ripetere la memoria e le tradizioni. Il grande islamo-logo sufi francese Abdelwahab Meddeb, scomparso due anni fa, condivideva l’ana-lisi di Adonis: il mondo arabo islamico ha progressivamente perso terreno e verso la
Corano incarna la verità e conduce ad essa. Il totalitarismo ideologico è per il poeta pa-ralizzante: liberare il pensiero è la premes-sa per liberare la società e la politica che, anche quando pensa di essersi affrancata dalla matrice religiosa (ma che ne è in re-altà sostanzialmente figlia), ha portato nel mondo arabo solo verità assolute, declina-te nelle varie forme storiche, dall’arabismo, al nazionalismo, al marxismo.
Il pensiero arabo dominante, ci dice Adonis, possiede una struttura religiosa anche quando crede di farne a meno. La religione e le sue articolazioni ideologiche come fondamenta del declino di una ci-viltà, sostiene il poeta. Si deve dunque de-costruire, separare finalmente il culturale dal religioso, superare l’appiattimento che ostacola il pluralismo, “dare radici alla dif-ferenza”. Interrogare la vita, la realtà, senza ostacoli e preconcetti. La cultura araba tra-endo la sua identità dal connubio lingua/religione (indissociabili poiché il Corano è stato rivelato in arabo) rimane così in-sabbiata nel passato, perché la rivelazione è totalizzante, immutabile, definitiva. È “il passato che non passa, l’identità che si
riduce a una ripetizione, il tempo fossiliz-zato di una psiche sofferente” sintetizza Houria Abdelouahed coautrice con Adonis di Violenza e Islam.
‹ Rimbaud e il misticismo. ›
Non è certamente un caso che una delle figure di riferimento di Adonis sia Arthur Rimbaud. Il grande poeta francese dell’800 ha in effetti saputo rompere con la tradizione e in quel suo viaggio verso l’ignoto ha disertato il suo spazio cultu-rale di riferimento “cartesiano e euclideo” in una straordinaria presa di posizione per sfuggire alle costrizioni, ideologiche e linguistiche. Quel celebre “io è un altro” di Rimbaud ricalca per Adonis l’esperienza dei grandi mistici arabi avversati dall’orto-dossia musulmana. Per il mistico la verità non si riassume nella Sharî’a (la legge rive-lata) che è solo apparenza, immagine sen-sibile contrapposta all’essenza. La verità è altro: nascondimento, approdo nell’igno-to. L’esperienza mistica come la scrittura surrealista mira a svelare l’ignoto. Il mi-stico intraprende un viaggio mentre per
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Khaled Arman
Houria Abdelouahed
Abdelwahab Meddeb
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fine del XVIII secolo i musulmani stessi cominciano a prendere coscienza di non essere più all’altezza dell’occidente. È in questa fase che nasce il “risentimento” arabo alla base di alcune tracimazioni ra-dicali. Perché il risentimento è proprio di chi riceve ma non è più in grado di dare. Da qui, ci dice sempre Meddeb, nasce la cul-tura del no, del rifiuto dell’altro. Il mondo arabo islamico perde terreno, la creatività passa progressivamente altrove. E così le scoperte scientifiche. Terreno fertile all’in-tegralismo oscurantista che guarda solo indietro. Cultura reattiva e non proattiva. Il ritorno del velo ne è una delle tante ma-nifestazioni. Storicamente è proprio nel XVIII secolo che possiamo individuare una delle maggiori correnti di rifiuto del cam-biamento, con la riscoperta da parte di Abd al-Wahab (da cui il wahabismo) del pensiero di Ibn-Hanbal capostipite nel IX sec di una delle correnti più intransigenti dell’Islam sunnita (l’hanbalismo per l’appunto, una delle 4 scuole giuridiche del sunnismo). Secondo Meddeb fu proprio questa corren-te a fissare il principio della consustanzia-lità della sfera politica e di quella religiosa. Un principio dalle conseguenze perniciose
e nefaste, come racconta Adonis in Violenza e Islam. Sì perché per il poeta l’Islam non è in realtà religione di pace e di misericor-dia. Al contrario: la violenza è insita nella dottrina monoteista. E nell’Islam più che altrove, con il suo spirito tribale e una let-tura letterale della parola divina. “Su 3000 versetti 518 vertono sul castigo” ricorda il poeta che oltre al Corano cita alcuni hadith (i detti del profeta che formano la Sunna) particolarmente cruenti, che vengono uti-lizzati per giustificare pesanti violazioni dei più elementari diritti umani nei paesi governati da regimi islamisti.
A 86 anni la voce di Adonis rimane vi-vida e decisa. Per questo è un escluso, lui di famiglia alawita siriana considerato come un kafir, un pericoloso miscredente. “Il pensatore che desidera ripudiare la visione classica promossa dalla religione non è più ammesso a far parte della comunità. Viene accusato di tradimento e apostasia”. Ma lui è un combattente. E non intende tacere.
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Ali Ahmed Said Esber vive a Parigi dal 1985 dopo essere stato per quasi 30 anni a Beyrouth dove ha fondato alcune riviste che promuovono la libertà letteraria e di pensiero. Di famiglia alauita, la minoranza religiosa apparentata agli sciiti, lascia la sua Siria natale a 17 anni nel 1947. Adonis, questo il nome d’arte, è considerato uno dei maggiori se non il maggior poeta arabo. Autore di numerosissime raccolte poetiche, voce dissidente del mondo arabo, non esita ad addentrarsi nel campo della filosofia e della critica sociale.
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LA 1 / Paganinidal 2 ottobre tutte le domenica alle ore 10.30rsi.ch/paganini
Paganini non ripete: si rinnova!Christian Gilardi
A partire da domenica 2 ottobre alle 10.30 su LA 1 (e in replica il lunedì alle 23.45 su LA 2) Paganini si rinnova. La nuova stagione della trasmissione innanzitutto ha chiamato a raccolta nuovi conduttori: Giada Marsadri, che ha presentato le scorse stagioni, sarà affiancata da Giuseppe Clericetti, voce di Rete Due e musicologo, Duilio Galfetti, violinista dell’Orchestra della Svizzera italiana e Elisa Netzer, giovane arpista ticinese. Una delle novità importanti è che andremo a visitare i luoghi della musica nella Svizzera italiana. Le sale da concerto, le sale di orchestre, bande e cori e gli artigiani costruttori di strumenti, saranno gli scenari privilegiati della trasmissione. Ma scopriremo anche gli importanti organi che costellano il nostro territorio, insomma ci immergeremo nel mondo musica-le per scoprire o riscoprire la molteplicità creativa che caratte-rizza e vivacizza la cultura musicale del nostro territorio. Il programma settimanale riservato alla musica e alla danza è una delle trasmissioni più consolidate dell’intera proposta RSI, e in particolare del Dipartimento Cultura, infatti propone il meglio della produzione concertistica internazionale affiancan-dola a produzioni targate RSI. L’Orchestra della Svizzera ita-liana, i Barocchisti e il Coro RSI si alterneranno a documentari su musicisti nell’ambito della musica classica e si allargherà a nuovi generi capaci di incuriosire gli appassionati e… trovarne degli altri. Già a partire dalla prima puntata, che per l’occasione è stata presentata da tutti e quattro i presentatori, scopriremo anche un intrattenimento musicale molto speciale, addirittura ideato da Wolfgang Amadeus Mozart. Non vogliamo però svelarvi tutto… invitandovi a sedervi comodamente la dome-nica mattina e gustarvi le nostre proposte. La nuova équipe di Paganini è composta, oltre che dai presen-tatori, dal regista Fabio De Luca e dall’assistente di produzione Marcella Mantovani: la produzione è di Christian Gilardi.
Da sinistra: Duilio Galfetti, Elisa Netzer, Giuseppe Clericetti, Giada Marsadri
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LA 1 / Storiedal 2 ottobre tutte le domeniche alle ore 20.40rsi.ch/storie
Come nascono le storie?Michael Beltrami
Come nascono le storie che amiamo raccontare o sentirci raccontare? È il tema del documentario che non senza una certa premeditazione apre la nuova stagione di Storie. Cosa fa un “cercatore di storie”? Ce lo racconta con molta delicatezza e gusto per la scoperta Andrea Canetta che con il suo nuovo documentario incontra donne e uomini che genero-samente condividono con il “cercatore” Giorgio Tognola, chi l’antica lettera di un avo, chi scritti inediti, chi documenti ufficiali, chi un antico modo di dire. Da tutti questi semi nasce una selva di narrazioni dove qua e là, con la spontanea eleganza della natura, rifioriscono vite di un tempo a cui la penna di Giorgio Tognola, estroso protagonista di questo documentario, riesce a dare una nuova forma. Voltiamo la pagina del libro di Storie e troviamo una realtà tra le più difficili di questi nostri tempi. Nel 2014 è stato aperto a Losone, per un periodo provvisorio di tre anni, un centro fede-rale per richiedenti l’asilo. L’arrivo di questo centro è giunto in un momento di grande urgenza migratoria in Ticino, susci-tando reazioni molto forti da parte della popolazione. Partendo dal racconto della quotidianità, il documentario di Patrik Soergel Benvenuti a Losone mostra vari punti di vista, proponendo un’istantanea su come gli abitanti percepiscono il centro e come i richiedenti stessi - che vivono all’interno del centro - percepiscono l’esterno. Lo sguardo dell’autore osserva la complessità del nostro microcosmo confrontato con una problematica che non si arresta.
Voltiamo un’altra pagina e troviamo un nuovo intrigante titolo. Il Futuro della Memoria di Misha Györik, è un viaggio alla scoperta dei segreti della nostra memoria. Attraverso l’espe-rienza di un orologiere eccentrico, un sagrestano occasionale, un curatore di violini senza tempo e un grande restauratore di strumenti di fisica, si compie un percorso a ritroso nella memoria per riconoscere quel genio umano che nel corso dei secoli ha contribuito a forgiare il nostro vivere di oggi, nel campo delle arti, delle scienze, della spiritualità e della tecno-logia. Cercatori di storie, migranti, cittadini confrontati con la realtà dei tempi, visionari custodi della nostra memoria, e tante, tante altre vicende ancora da narrare. Sono i documen-tari di queste prime pagine d’ottobre del libro di Storie.
Un’immagine tratta da Il cercatore di storie
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Rete Due / Colpo di scenada mercoledì 17 a venerdì 28 alle ore 13.30rsi.ch/colpo-di-scena
Quando l’Elvezia andava in gondoletaFranco Di Leoautore e regista
Quanti sanno che molte chiese, palazzi e ponti di Venezia sono opere di architetti ticinesi? Che a metà del Settecento gran parte dei caffè veneziani erano gestiti da grigionesi? Che alla resistenza della città contro gli austriaci durante il Risorgimen-to ha contribuito in maniera rilevante una compagnia di volontari svizzeri? È cosa ben nota agli storici che ci sia stato in passato uno stretto rapporto tra l’Elvezia (ovvero “i domini dei signori svizzeri” come si esprimono gli antichi documenti) e la Serenissima Repubblica di Venezia. Gli studiosi sanno che gli svizzeri hanno dato un importante contributo a rendere bella la città, hanno popolato le sue calli di botteghe di caffet-tieri e di magazzini di mercanti e hanno contribuito alle sue glorie militari. Il grande pubblico però spesso ignora tutto questo. Come colmare la lacuna? Si possono consultare pile di libri e riviste in qualche biblioteca oppure, meglio ancora, seguire le dieci puntate di L’Elvezia in gondoleta, lo sceneggiato radiofonico scritto e diretto da Ferruccio Cainero e Franco Di Leo. Lo sceneggiato segue, nel corso dei secoli, le vicende di due famiglie, una di osti friulani e l’altra di mercanti ebrei, che si intrecciano con le storie di architetti, letterati, mercanti e militari provenienti dalla Svizzera. Guidati da Bepi, l’oste, e Aronne, il mercante, si potranno scoprire le imprese del capi-tano Debrunner e del colonnello Neuroni, le opere della famiglia Contini, l’audace realizzazione dell’architetto Sardi, le fatiche letterarie di padre Riva e l’amore che legava il patriota veneziano Daniele Manin a una nobildonna di origine svizzera. Le vicende personali degli osti e dei mercanti nascono natu-ralmente dalla fantasia di Ferruccio e Franco, mentre le storie degli svizzeri sono autentiche e documentate, arricchite solo dall’ironia e dalla leggerezza che sono il segno distintivo dei lavori dei due autori. Un racconto che copre quasi cinquecento anni di storia, serio nei contenuti e vivace nella narrazione, perché conoscere i fatti divertendosi è più divertente.
Chiesa di Santa Maria degli Scalzi Venezia Giuseppe Sardi (Venezia, 24 aprile 1624 - Venezia, 21 settembre 1699) è stato un architetto italiano di origine svizzera, esponente del movimento barocco veneziano. Fotografia di Branislav L. Slantchev
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La magia e il mistero del buio, un pubblico concentrato, curioso e numeroso. Questa foto ci lascia immaginare i suoni e i colori del palco e ribalta la prospettiva sottolineando come senza pubblico non c’è spettacolo. Foto Ti-Press / Pablo Gianinazzi
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Rete Due / Prima Filada lunedì 17 a mercoledì 19 alle ore 22.00rsi.ch/retedue
Harmonium & dintorniGiuseppe Clericetti
L’harmonium fu brevettato ufficialmente in Francia nel 1842 da Alexande-François Debain, frutto di vari esperimenti effettuati negli anni immediatamente precedenti: il nuovo stru-mento miete subito successo, dovuto soprattutto alle dimen-sioni e prezzo contenuti, e prende posto nei salotti parigini colmando la lacuna tra pianoforte e organo: esso è ben adegua-to anche alle piccole chiese, ai conventi, pensionati, e semi-nari. Nei decenni seguenti l’harmonium sarà pure lo strumento dei cinematografi. Sulla base dell’harmonium si sviluppano strumenti ibridi: il mélodium di Alexandre, harmonium con l’applicazione di un sistema di percussione alle ance; l’harmoni-corde di Debain, impiegato nella prima esecuzione della Petite messe solennelle di Rossini, 14 marzo 1864, e il piano-mélodium di Alexandre, unioni tra pianoforte e harmonium; il métaphone di Mustel, evoluzione dell’harmonium. Nel 1906 si arriva al Concertal, l’harmonium automatico di Mustel. Particolare curiosità suscita il Piano-Liszt di Alexandre, del 1855, dotato di tre tastiere, combinazione di pianoforte e harmonium. Victor Mustel è pure l’inventore nel 1866 del typophone che diventa successivamente, nel 1886, la celesta: accoppiata all’har-monium darà vita nel 1889 all’Orgue-Célesta Mustel. Prestissimo fioriscono metodi dedicati allo strumento, nelle varie nazioni che adottano l’harmonium: Germania, Inghilter-ra, Spagna, Italia; e tra i primi compositori a scrivere espres-samente per harmonium figurano Berlioz, Saint-Saëns, Alkan e Widor. Di tutto ciò parliamo in tre contributi speciali in Prima Fila, con Claudio Brizi al microfono di Giuseppe Clericetti.
Saint-Saëns: Sérénade Op. 15 harmonium Claudio Brizi, violino Paolo Franceschini, violoncello Tamás Varga, pianoforte Bruno Canino, Kusatsu, 26 agosto 2013.
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Rete Due / Serata ProGrammaticamercoledì 19 ottobre alle ore 21.00rsi.ch/reteduersi.ch/live-streaming
La bellezza della grammaticaCristina Faloci
Mercoledì 19 ottobre si terrà la quarta Giornata ProGrammatica che La Lingua Batte - Radio3 propone a tutti gli studenti di lingua italiana per valorizzarne la conoscenza e l'apprezzamento. L'iniziativa è organizzata insieme a MIUR (Ministero dell’Istru-zione, Università e Ricerca), MAECI (Ministero Affari Esteri italiano), Accademia della Crusca e CRI (Comunità Radiotele-visiva Italofona). Il tema ricalca quello della Settimana della lingua italiana nel mondo (17-23 ottobre): L'italiano e la creatività: marchi e costumi, moda e design.In questa occasione gli studenti visiteranno i luoghi della creati-vità più rappresentativi del made in Italy che verranno raccon-tati nei collegamenti con Radio3 nel corso della Giornata. Hanno aderito tra gli altri: Fondazione Museo Ferragamo di Firenze, Museo Kartell di Noviglio (Mi), Atelier Antonio Marras di Alghero (Ss), Fratelli Guzzini di Recanati (Mc), Museo del Tessuto di Prato.L'evento, a cura di Cristina Faloci per la regia di Manuel de Lucia, si concluderà con una serata speciale condotta dal vivo a Via Asiago da Giuseppe Antonelli (voce di Rai Radio3, storico della lingua italiana e saggista).La diretta radio e streaming audio e video, dalle 21 alle 22.45, sarà condivisa con altre radio della CRI, tra queste la Rete Due della RSI con la quale inauguriamo così una bella collabora-zione.
Molti gli ospiti provenienti da ambiti eterogenei, creativi e studiosi, a conferma del bene prezioso e condiviso della lingua italiana. Tra quelli confermati possiamo citare: il cantautore Daniele Silvestri; la linguista Valeria Della Valle; Anna Canoni-ca-Sawina, autrice di Le parole della moda. Piccolo dizionario dell’eleganza (Cesati 2016); Giorgio Cappozzo, autore tv; Daniele Grassucci, responsabile contenuti del portale skuola.net; Clelia Sedda, direttrice artistica del festival “Error Day”; Vincenzo De Luca, Direttore Generale MAECI - Sistema Paese; Dino Balestra, presidente CRI e rappresentante RSI; Carmela Palum-bo, dir. gen. Ordinamenti Scolastici MIUR; Luciano Ligabue (in collegamento via skype).Un’occasione per ricordarsi che la lingua che condividiamo l’abbiamo ricevuta in eredità e sta a noi mantenerla sempre bella e sempre viva.
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Daniel Pennac Contrabbandiere della cultura
Intervista a cura di Mariarosa Mancuso
Lo scorso novembre Daniel Pennac ha ricevuto a Luino il premio Piero Chiara alla carriera. Nell’albo d’oro del premio troviamo Giorgio Orelli, Andrea Camil-leri, Carlo Fruttero. In contemporanea la casa editrice Astoria ha pubblicato Una lezione di ignoranza, lectio magistra-lis tenuta all’università di Bologna, nel 2013, in occasione della laurea honoris causa in pedagogia. Daniel Pennac scri-ve di essere indegno dell’onore ricevu-to, ricorda di essere stato uno studente dislessico, ha raccontato tutto nel suo libretto Diario di scuola. Noi lettori che abbiamo divorato la saga con Benjamin Malaussène, professione capro espia-torio in un grande magazzino, siamo convinti invece che la meriti pienamen-te. Ha convinto alla lettura anche chi temeva di annoiarsi. Ci ha confortati con i Dieci Diritti del Lettore, primo tra
tutti il diritto di non finire un libro che non appassiona. Valeva per gli anni 90, quando non c’erano tante distrazioni. E vale anche adesso, quando diciamo di non aver tempo per leggere. Mentre non abbiamo mai sentito dire a nessu-no “Non ho tempo per stare su Facebo-ok”, e neanche “Non ho tempo per cer-care quel certo taglio di carne, e quella spezia rara, e sperimentare la ricetta dello chef stellato”.
Al centro di Una lezione di ignoranza ci sono i passeur, contrabbandieri o traghettatori che trasmettono la passione per la lettura.
Per illustrare il concetto di passeur dobbiamo prima parlare della cultura, e di come consideriamo la musica, il teatro,
Daniel Pennac - Pennacchioni all’anagrafe - nasce a Casablanca nel 1944. Comincia a scivere per scommessa: il suo Benjamin Malaussène, capro espiatorio in un grande magazzino parigino, incontra subito il favore dei lettori. Sullo sfondo c’è Belleville, quartiere multietnico di Parigi. Quando la saga iniziò, nel 1985, di turisti da quelle parti se ne vedevano pochi. E le famiglie numerose, bizzarre, divertenti come la tribù Malaussène erano rarissime nei romanzi. L’intervista di Mariarosa Mancuso è andata in onda su Rete due giovedì 4 febbraio 2016 (Laser).
DUETTO
la poesia, la pittura, il cinema, la scultura, l’architettura... Sono convinto che i beni culturali non debbano essere una proprie-tà privata. Quando so qualcosa, quando imparo cose nuove, quando sperimento una nuova sensazione, quando un pen-siero mi arriva attraverso qualsiasi vettore culturale, io non sono che un tramite. Una cinghia di trasmissione, potremmo dire, e appunto un passeur, un contrabbandie-re. Non lo considero un dovere morale, beninteso. Ma è così: devo fare in modo che qualcun altro possa approfittarne. Per esempio, prima dell’intervista ero a pran-zo con l’editrice di Una lezione d’ignoranza, Monica Randi. Ci siamo scambiati titoli di libri e abbiamo parlato di romanzi che al-tri commensali non conoscevano. Così per me funziona la cultura. Mi capita invece di frequentare persone che considerano il loro patrimonio culturale come una pro-prietà privata. Atteggiamento legittimo, per carità, non voglio dare giudizi. Tro-vo meno legittimo che queste persone si comportino come guardiani del tempio, proprietari di una chiave sacra, e giudichi-no moltissime persone indegne di godere questi beni. Si comportano così per un antichissimo riflesso di casta, siamo stati educati a questo. E spesso l’educazione consiste nel far credere all’allievo che rice-ve da noi un bene prezioso. È vero, si tratta di un bene prezioso, ma proprio perché è prezioso va fatto circolare il più possibile.
Sono curiosa. Di che libri avete parlato?
Monica Randi mi ha parlato di Elena Ferrante. Io le ho parlato di un libro che mi aveva molto impressionato negli anni 80, un’autobiografia o forse sarebbe me-
glio dire un saggio autobiografico scritto da Fritz Zorn - lei è svizzera, forse conosce questo scrittore. Ha scritto un libro inti-tolato Marte. Fritz Zorn aveva trent’anni, figlio della ricca borghesia che abita sulla riva dorata del lago di Zurigo, ed era ma-lato di cancro. Nel libro, uscito postumo, ha analizzato la sua giovinezza e la sua malattia, considerando la sua famiglia come cancerogena, il cancro che lo stava uccidendo. Negli anni 80 Marte - Il cava-liere la morte e il diavolo mi aveva sconvolto. Nessuno degli altri commensali conosceva Fritz Zorn, e quindi oplà, ho fatto la mia parte di passeur. Poi abbiamo parlato di John Kennedy Toole, lo scrittore america-no, e del suo romanzo Una banda di idioti. Non era una riunione culturale, era una chiacchierata tra amici. Tra passeur legati da amicizia, amore, affetto, tenerezza, at-trazione. Sono tutti fattori alla base degli scambi culturali.
È interessante notare quanto l’atteg-giamento verso la lettura sia cambiato, negli ultimi decenni. A me dicevano “non leggere troppo, ti rovini gli occhi e ti viene la gobba”.
Apparteniamo a una generazione a cui è stato detto non leggere, va fuori a giocare, goditi la bella giornata. Oggi ca-pita il contrario: si costringono i bambi-ni e i ragazzini a leggere. E questo la dice lunga su come cambiano, al variare delle generazioni, i principi della pedagogia. Lo ripeto spesso: se volete veder leggere i vo-stri figli impedite loro di leggere... anche con le minacce: “guai a te se leggi”. Fun-ziona. Se volete che i vostri figli smettano di guardare la televisione chiedete loro un riassunto scritto di quel che hanno visto.
Quanto alla scuola, dipende molto dai professori. Ci sono professori che sanno come far leggere, e sono appunto i passeur di cui parlavamo all’inizio, e professori che sanno solo analizzare i testi. È quel che io chiamo atteggiamento “medico-legale” nei confronti della letteratura: esaminano pezzi di cadavere.
Possiamo dividere i libri, e anche gli scrittori, in due categorie. Quelli che partono dalla vita, e quelli che partono da altri libri.
Sono arrivato alla scrittura attraver-so la lettura, come la maggior parte degli scrittori europei. Molti scrittori america-ni arrivano invece alla scrittura attraver-so la vita, l’azione, il racconto delle loro esperienze. Dipende dal fatto che gli Stati Uniti sono ancora una nazione giovane, molto legata all’esperienza vissuta. La let-teratura americana molto spesso racconta la vita, sono pochi gli scrittori che usano come punto di partenza i libri che hanno letto. Invece da noi - e qui sto pensando alla Francia - la maggior parte dei roman-zieri francesi ha letto più che aver vissuto.
Poi c’è chi pensa che la propria vita possa essere un oggetto letterario. Penso al gran-de filone contemporaneo dell’autofiction. Ma sono convinto che serva moltissima immaginazione per far della propria esi-stenza un oggetto letterario.
Un’altra grande contrapposizione è tra i romanzi che raccontano storie, e romanzi che puntano tutto sulla scrittura.
La vitalità del romanzo che racconta storie credo abbia una base antropologica. Di tanto in tanto viene annunciata la sua morte, per esempio l’hanno annunciata gli strutturalisti. Ma in prospettiva, la lun-ghissima vita del romanzo poggia sul bi-sogno che l’umanità ha di crearsi, fin dalla più remota antichità, una mitologia. Sono convinto che il romanzo - un genere dif-ficilissimo da definire, ogni scrittore può farne ciò che vuole - sia connaturato alla nostra vita. Credo sia connaturato al biso-gno dell’umanità di avere una mitologia, e questa mitologia passa attraverso la parola scritta. Certo, può anche passare attraver-so l’immagine, ma il fatto che continui a passare attraverso la scrittura ha origine nella meraviglia che ognuno di noi ha pro-vato - quando imparava a leggere - di fron-te al passaggio dal segno al senso. Per que-sto ognuno di noi, a dispetto di quel che dice o di quel che pensa, ama leggere. Tutti quelli che sanno leggere amano leggere. Non vuol dire che poi leggano, non vuol dire che poi diventino degli intellettuali, e neppure dei lettori di romanzi. In ogni caso, quando hanno qualche riga sotto gli occhi, la leggono e provano un godimento che forse hanno dimenticato, ma resta pur sempre un piacere.
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DUETTO
Forse però da grandi lo dimentichiamo, quando gli insegnanti obbligano al riassunto, e non mettono mai in conto il piacere della lettura.
Ho l’esperienza che mi sostiene. Non bisogna venire a cena da me è pericoloso. Ho amici che dicono “non mi piace legge-re, non mi interessa, preferisco altre cose”, forse ne avete anche voi. Invitateli a casa, togliete dal bagno i libri, le riviste, tutte le cose scritte, e quando vanno in bagno cro-nometrate i tempi. A seconda dell’età della loro prostata, impiegano trenta secondi o tre minuti. Poi invitateli di nuovo dopo quindici giorni e riempite il bagno di libri. Non saranno più tre minuti o trenta secon-di, rimarranno in bagno meno almeno die-ci minuti: tutto tempo passato a leggere. Accade sempre, senza eccezioni. Vuol dire che amano leggere, che amano il passaggio dai segni al senso. Poi si tratta di educare questo piacere primario, proponendo libri irresistibili. Ma sono sicuro che tutti ab-biamo nostalgia dalla gioia provata quan-do da piccoli imparavamo a leggere. Ne sono convinto, anche se scientificamente nessuno lo ha ancora dimostrato.
A Benjamin Malaussène vogliamo bene come a un amico. Come è nato il personaggio?
Dopo aver letto il saggio di René Gi-rard sul capro espiatorio ho avuto un’idea stupida. Ho pensato che sarebbe stato interessante un romanzo su un capro espiatorio professionale, pagato per i suoi servigi. Non lo conoscevo personalmente, quindi gli ho scritto: “Le ruberò l’idea, per fare qualcosa di comico”. Lui mi ha rispo-sto: “Faccia pure, mi sembra interessante”.
Per questo all’inizio di Il paradiso degli orchi ho messo due frasi di René Girard. Sono partito da un’idea astratta, e il romanzo serve appunto a questo: a dare vita alle astrazioni, a farle diventare carne, l’esatto contrario delle idee... Abbiamo in Francia Louis-Ferdinand Céline, lo scrittore di Viaggio al termine della notte, che sosteneva: “Parlando di romanzi, niente è più volgare di un’idea”. È una provocazione, ma molto azzeccata.
I lettori però si sentono sempre un po’ superiori ai non lettori. Anche i librai spesso prendono in giro gli svarioni di chi chiede “Su che scaffale trovo Marcel Prost?”.
La lettura è tutt’uno con la vita, e anche la non lettura è un tutt’uno con la vita. Ho amici cari e conoscenti che non leggono, e io per altri aspetti del loro ca-rattere li ammiro molto. Sono stupefatto nel constatare che non leggono, ma sanno comunque parlare, non dicono mai scioc-chezze, vedono molte cose e le capiscono, traducono il mondo reale in concetti. Lo fanno anche le persone che non sanno leg-
gere, che a leggere non hanno mai impara-to. Le voglio raccontare una storia. Quan-do ero bambino, i miei genitori avevano una donna di servizio che si chiamava Fer-nande e che era completamente analfabe-ta, non sapeva né leggere né scrivere. I miei fratelli e io adoravamo Fernanda perché era molto vivace, molto intelligente, mol-to divertente, molto carina. Abitavamo in un piccolo villaggio e Fernande faceva l’amore con tutti gli uomini del villaggio, ogni volta che un nuovo amante rimpiaz-zava il precedente le tende della sua stanza cambiavano colore. Mia madre una volta le disse di fare attenzione. Per inciso, l’uni-ca cosa che ci spiaceva di Fernande era che facesse l’amore con tutti gli uomini del vil-laggio, ma non con noi, che eravamo i figli della padrona - insomma, eravamo qual-cosa di sacro, il che la dice lunga sul capi-talismo e sui rapporti di lavoro. Fernande aveva dei principi, ma sto divagando. Mia madre cercò di metterla in guardia: “Atten-ta Fernande, un giorno qualcuno potrebbe ucciderla, magari una moglie gelosa”. Io c’ero quel giorno, eravamo in giardino - e Fernande rispose: “Signora Pennacchio-ni, venga con me, voglio farle vedere una cosa”. Prese mia madre sottobraccio, la portò in casa e poi in biblioteca, e le disse: “Signora Pennacchioni, lei ha i suoi libri, lasci gli uomini a me”. Avrei potuto spo-sare Fernande, glielo dico e glielo posso anche giurare. La adoravo anche se aveva venti anni più di me. Era una donna com-pleta. Come il pane completo, insomma, il pane integrale.
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Immagini tratte da Youtube
2928RENDEZ-VOUS
Me 12ore 18.30Sala Municipio, Bellinzona
Serate d’ascoltoCarla Moreni Parole che incantano
Informazioni e prevendita Ufficio del turismo di Bellinzonatel. 091 825 21 31
Gio 13ore 20.30Centro La Torre, Losone
Anteprima del documentariodi Storie Benvenuti a Losone
Riservazioni: eventi@rsi.ch oppure al +41 91 803 92 99
Sa 15 ore 20.30Teatro LAC, Lugano
Concerti RSI ArmoniaOrchestra della Svizzera italianaDirettore Markus PoschnerSolista Khatia Buniatishvili, pianoforteMusiche di Beethoven, Schumann, Schubert
In diretta su Rete Due rsi.ch/retedue
Sa 15ore 20.30Chiesa San Carlo, Lugano
Cantar di PietreFiaba amorosa e bellaUmbra Lucis Ensemble
Do 16Ore 16.00Studio 2 RSI, Lugano
Lovers Hotel di Massimo Carlotto ePiergiorgio PulixiRegia Sergio Ferrentino
Registrazione aperta ai soci del Club Rete Due
Ma 18ore 18.00Studio 2 RSI, Lugano
Ciclo di incontri pubbliciElogio della FolliaAlda Merinicon Fabio PusterlaVoce recitante Claudio MonetaInterventi musicali Claudio Farinone
Me 19 ore 21.00Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano
Showcase di Rete TreMarco Mengoni
In diretta su Rete Trersi.ch/retetre
Sa 22 ore 20.30Chiesa San Biagio, Bellinzona
Cantar di PietreMisericordia cantaboSchola Gregoriana della Scuola Universitaria di Musica della Svizzera italiana
Sa 22ore 21.00Jazz in Bess, Lugano
Tra jazz e nuove musicheBonbones meet TwobonesYuu Uesugi, Itsumi Komano, Paul Haag, Danilo Moccia al trombone, Peter Madsen piano, Lorenz Beyeler contrabbasso e Daniel Booxi Aebi batteria
In diretta su Rete Duersi.ch/retedue
Do 23ore 17.30Jazz in Bess, Lugano
Tra jazz e nuove musicheMark Guiliana QuartetMark Guiliana batteria, Fabian Almazan pianoforte, Jason Rigby sassofoni, Chris Morrissey contrabbasso
Differita radiofonica su Rete Due alle ore 21.00 rsi.ch/retedue
Ma 25ore 21.00Cinema Teatro, Chiasso
Tra jazz e nuove musicheBill Frisell QuartetWhen you wish upon a starBill Frisell chitarra, Petra Haden voce, Thomas Morgan contrabasso, Rudy Royston batteria
In diretta su Rete Duersi.ch/retedue
Gio 6ore 21.00Studio 2 RSI, Lugano
Tra jazz e nuove musicheThe Bad PlusEthan Iverson piano, Reid Anderson contrabbasso e Dave King batteria
In diretta su Rete Duersi.ch/retedue
Ve 7ore 18.30Studio 2 RSI, Lugano
Serata aperta al pubblicoNella pietra e nel vento: la poesia, la violenza e l’Islamospite il poeta siriano AdonisLa serata sarà condotta da Diana Segantini e Roberto Antonini
Riservazioni: eventi@rsi.ch oppure al +41 91 803 92 99
Ve 7ore 20.30Collegio Papio, Ascona
Settimane Musicali di AsconaOrchestra della Svizzera italianaDirettore Markus PoschnerSolista Imogen Cooper, pianoforteMusiche di Beethoven e Mozart
In diretta su Rete Due rsi.ch/retedue
Sa 8ore 17.30Sala Consiglio Comunale, Oreslina
Cantar di PietreConferenza di Marco Ferrero, storico del medioevoMostri, belve e animali nell’immaginario (e non solo) medievale
ore 20.30Chiesa di San Vittore, Muralto
Gli animali del Ballet de CourLesquercarde consort
In diretta su Rete Due dalle ore 20.30rsi.ch/retedue
Lu 10ore 21.00Studio 2 RSI, Lugano
Showcase di Rete TreGarbo
In diretta su Rete Trersi.ch/retetre
Ma 11ore 18.00Studio 2 RSI, Lugano
Ciclo di incontri pubbliciElogio della FolliaAmelia Rossellicon Antonella AneddaVoce recitante Claudio MonetaInterventi musicali Claudio Farinone
10.2016
Do 2ore 20.30Chiesa Collegiata, Bellinzona
Cantar di Pietre Cleopa Malatesta e l’imperatore mai natoCappella Pratensis
Lu 3ore 20.00Studio 2 RSI, Lugano
Showcase di Rete UnoCarlo Morrale
In diretta su Rete Unorsi.ch/reteuno
Me 5ore 18.00Studio 2 RSI, Lugano
Ciclo di incontri pubbliciElogio della FolliaDino Campanacon Gianni Turchetta (Univer-sità degli Studi di Milano)Voce recitante Claudio MonetaInterventi musicali Claudio Farinone
Rete Due in collaborazione con l’Istituto di studi italiani dell’USIrsi.ch/follia
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club
NOTA BENE
EccomiJonathan Safran FoerGuanda
Laura Forti
Eccomi, come Abramo risponde a Dio prima ancora di sapere che gli verrà ordi-nato di uccidere Isacco; ecco-mi, la risposta che dà al figlio che non sa di venire sacrificato. Chi è quindi Abramo, diviso tra due pulsioni, il padre che protegge gli affetti o colui che deve seguire la propria fede? Anche Jakob, il protagonista, ha un'identità scissa e non sa quale sia il suo posto: con la moglie Julia o da solo, nel passato o nel presente, in America o in Israele? Ma forse la risposta sta nella scoperta che l'identità non è solo una, che siamo tante possibilità diverse che si realizzano in base ai contesti che scegliamo, che la vita si definisce nel suo farsi, senza controllo; e che nell'accetta-zione delle contraddizioni, nell'accogliere cambiamenti e perdite come parte di un processo vitale, sta tutto il senso e la forza della nostra avventura umana.
Io, Daniel Blakedi Ken Loach, con Dave Johns, Hayley Squires (GB/F 2016)
Marco Zucchi
Palma d’oro a Cannes e Premio del pubblico a Locarno. Il nuovo lavoro di Ken Loach sembra avere tutto per mettere d’accordo critici e spettatori, sull’onda della commozione crescente suscitata dal caso umano del carpentiere cardio-patico Daniel Blake, avvolto nelle spire dell’assistenza so-ciale inglese. Cinema militante senza mezze misure, quello dell’ottantenne Loach, che continua a credere in un mon-do migliore e a volersi battere contro quelli che considera i poteri forti. Il pelo nell’uovo sta in un finale eccessivamen-te retorico e scritto, mentre il resto, la follia dei burocrati in particolare, sembra fiction ma rispecchia fedelmente la realtà: parola dello sceneggiatore Paul Laverty, che ha svolto le ricerche sul campo. Nelle sale della Svizzera italiana dal 27 ottobre.
Atmosphères Hamasyan, Henriksen, Aarset, Bang (ECM 2414-15)
Paolo Keller
Quattro musicisti si ritrovano nei primi giorni del giugno 2014 nell’Auditorio della RSI di Luga-no. Non hanno mai suonato tutti insieme ma Manfred Eicher li convoca convinto del poten-ziale del loro incontro. In realtà tre si conoscono bene, sono tutti norvegesi e si sono frequen-tati spesso. Il quarto sembra invece un marziano, venuto da un altro mondo. Si chiama Tigran Hamasyan, è armeno, musicista girovago tra patria nativa, Francia e Stati Uniti, talento straordinario del piano-forte venuto alla ribalta con il nuovo secolo. Sembra, sulla carta, un incontro improbabile, ma spesso le cose migliori di ECM sono nate così. E infatti i quattro si trovano a meravi-glia, registrano per due giorni filati moltissimo materiale e il risultato è raccolto in un dop-pio album, cosa rara in casa ECM. Pura magìa, con le infinite fantasie del piano di Hamasyan, con la tromba di Arve Henriksen che spesso si fa digeridoo, shakuhachi o duduk, la chitarra trasfigurata e sempre discreta di Eivind Aarset, le sottili aggiunte sonore di Jan Bang. Da non perdere.
Sabato 19 novembre
L’energia di Basquiat e il dinamismo di una nuova MilanoIl MUDEC di Milano, il nuovo Museo delle Culture, propone dal 28 di ottobre una ricca e docu-mentata mostra dedicata all’opera di Jean-Michel Basquiat (1960-1988).Con quasi 100 opere provenienti da collezioni private, la mostra attraversa la breve ma intensa carriera di Basquiat che si è conclusa con la morte prematura all'età di soli ventisette anni.Artista “maledetto”, nel corso della sua brevissima vita Basquiat ha saputo costruire una leggen-da attorno alla sua figura e alla sua arte.Personaggio fondamentale nella storia contemporanea americana, Basquiat è stato capace di intrecciare, unico per quei tempi, l’energia urbana e dannata della New York degli anni ’80 con le sue radici africane segnate dalla schiavitù e dalla diaspora.Venti anni dopo la sua prima mostra al Whitney Museum of American Art (1992-1993) e dieci anni dopo la retrospettiva al Brooklyn Museum of Art (2005), questa esposizione evidenzierà anche l’influenza di Basquiat sugli artisti suoi contemporanei e sulle generazioni successive agendo come un ponte di collegamento tra le diverse culture.
A seguito della visita guidata alla mostra e al Museo, proponiamo una passeggiata, accompa-gnati da guide specializzate, in uno dei quartieri di Milano più dinamici e attrattivi. Zona Tortona è infatti un’ex area industriale che da anni è al centro di una trasformazione affascinante, diventando luogo di sperimentazione architettonica e culla di spazi creativi e polifunzionali. In questo quartiere hanno sede, oltre al nuovissimo MUDEC, anche il Teatro Armani opera dell’illustre architetto Tadao Ando, la Fondazione Arnaldo Pomodoro, i Frigoriferi Milanesi con il nuovo Centro per l’Arte Contemporanea… Un’occasione unica per approfondire l’opera di un grande artista americano e orientarsi in una Milano nuova e in pieno fermento culturale.
Programma Partenza ore 09.00 da Lugano Besso (parcheggio RSI a disposizione gratuitamen-te). Ore 10.30 circa arrivo a Milano (zona Duomo) e tempo libero per attività individuali e per il pranzo. Ore 13.15 ritrovo in Via Verdi e trasferimento in bus al museo MUDEC. Ore 14.05 inizio visita guidata Gruppo 1. Ore 14.20 inizio visita guidata Gruppo 2. Ore 16.30 inizio visita guidata Zona Tortona Tour. Ore 18.00 circa partenza e rientro in Ticino.
Prezzo per persona CHF 125.00 per i soci e CHF 130.00 per i non soci
La quota comprende Viaggio in bus granturismo / Visita guidata e ingresso mostra Jean-Michel Basquiat / Visita guidata Zona Tortona Tour
Iscrizioni Fosca Vezzoli T +41 91 803 56 60, clubretedue@rsi.ch
Club Rete Duecasella postale6903 LuganoT +41 (0)91 803 56 60F +41 (0)91 803 90 85
Ccp69-235-4
E-mailclubretedue@rsi.ch
Internetrsi.ch/rete-due
Produttrice Rete Due Sandra Sain
Redazione Cult Fosca Vezzoli
Art Director RSIGianni Bardelli
Progetto graficoAckermann Dal Ben
FotolitoPrestampa Taiana
StampaDuplicazione RSI
© RSItutti i diritti riservati
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Biasca e R
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Bregaglia 9
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0.0
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Locarnese 97.8
93.5 92.9 Luganese 9
1.5 94.0
91.0
Malcantone 9
7.6 91.5
Mendrisiotto 9
8.8
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esolcina 90
.9 91.8 92.6
Maggia-O
nsernone 97.8
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