In quanto Musica cult - Radiotelevisione svizzera

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cult In quanto umaniMusica e spiritualità tra gli anni ’60 e ’70 Intervista a Teco Celio Il mensile culturale RSI Dicembre 2014 Gennaio 2015

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cultIn quantoumani…

Musica e spiritualitàtra gli anni ’60 e ’70

Intervista a Teco Celio

Il mensile culturale RSIDicembre 2014Gennaio 2015

ACCENTO

In quantoumani…

Sandra SainProduttrice Rete Due

SGUARDI

4Musica e spiritualitàtra gli anni ’60 e ’70

ONAIR

8Case con un’anima, case con una storia

10Drammaturgie autoctone e originali

12Cinquantadue settimane per riascoltare

14Uno speciale sul Parco Nazionale svizzero

18La cultura si fa racconto

20Domani è un altro giorno

DUETTO

22Intervista a Teco Celio

RENDEZ-VOUS

28L’agendadi dicembree gennaio

NOTA BENE

30Recensioni

31Proposte Club

Provate a digitare “spiritualità” come oggetto di ricerca libraria su uno dei più importanti web store. Quello che ne risulta sono più di 70 pagine di testi che indagano il tema. Se ne deduce che il tema della spiritualità e della ricerca spirituale goda di costante e grande attenzione. Nel mese di Dicembre, per ovvi motivi, il tema si fa quasi imprescindibile. A Rete Due abbiamo deciso di affrontarlo quest’anno in modo peculiare, alla ricerca delle nuove declinazioni della spiritualità contemporanea con una serie di programmi che scandaglieranno il mondo della produzione artistica tra musica, arte figurativa, letteratura…Giuliano Mauri è stato un grande artista. Scomparso nel 2009, l’anno successivo gli è stata dedicata la mostra “Tra Natura, Spiritualità e Utopia”. Artista della natura più che land artist, ha saputo creare, con rami e tronchi di legno, installazioni ambientali che rinnovano ad ogni visita meraviglia e stupore. Nel corso di un’intervista, parlando di una delle sue opere più note, la Catte-drale vegetale che abbiamo scelto per la nostra copertina, dichiara: “Sono ateo, ma ho un grande rispetto per la spiritualità. Metter-mi continuamente in relazione con la natura è la mia liturgia. Ci sono luoghi creati da me che sono scomparsi, spariti, marciti: ma la memoria rimane, magari in un albero cresciuto storto per fare spazio al mio lavoro. Questo concetto di eternità mi affascina.”Un altro esempio di ricerca spirituale che ci ha fornito l’approdo su una terra meravigliosa è quello di John Coltrane (pag. 4). In questo caso c’è poco di laico e molto di religioso, basti pensare che nel testo scritto nel 1964 per accompagnare il suo capolavoro, A love Supreme, la parola God ricorre quasi una volta per riga. Nel 2003 la Verve ha ripubblicato questo storico album accompa-gnato da un prezioso libretto curato dal biografo Ashley Kahn che in conclusione scrive: “Con a Love Supreme (…) molta gente cominciò a pensare che Coltrane avesse fatto qualcosa di sovruma-no. Il vero valore di ciò che John Coltrane ha fatto è che l’ha fatto in quanto umano.”Ecco quindi che per questo numero di CULT a cavallo tra vecchio e nuovo anno e che ci accompagnerà nel corso delle festività natalizie l’augurio che mi sento di condividere è che tutti si riesca ad essere sempre più umani, raggiungendo vette sovrumane. Buon 2015! In copertina: la Cattedrale Vegetale di Giuliano Mauri di Borgo Valsugana, in Trentino. Realizzata nel 2001,

ha le dimensioni di una vera cattedrale gotica a tre navate formate da ottanta colonne di rami intrecciati alte dodici metri. All’interno di ognuna è stato messo a dimora un giovane carpino. Le piante crescono circa 50 cm all’anno. Dal volume Giuliano Mauri, Electa, Milano 2003. Foto Aldo Fedele. © Arte Sella - Tutti i diritti riservati

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“A Love Supreme”. Musica e spiritualità tra anni ’60 e ’70Paolo Keller

In occasione del 50. anniversario della registrazione del capolavoro di John Coltrane:Birdland da lunedì 8 a venerdì 12 dicembre alle ore 11 e alle 23 con Riccardo Bertoncelli.

John Coltrane nasce in Carolina del Nord nel 1926 e si spegne a New York il 17 luglio 1967 a soli 41 anni. Il percorso umano e artistico di questo jazzista afroamericano nella sua breve esistenza resta con pochi eguali nella storia del ’900: una delle più straordinarie avventure musicali e spiri-tuali dell’ultimo secolo.

Da Armstrong ad Ayler, dal ragtime al free, il jazz non aveva mai avuto il tempo di guardare indietro, occupato come era a in-ventarsi un futuro. Coltrane rappresenta la summa, l’apice della storia del jazz e del-la sua evoluzione e non ha lasciato scampo ai suoi eredi: la sua opera complessa, lumi-nosa, generosa ha fatto il vuoto attorno a sé, come una sorta di buco nero che assor-be tutti coloro che vi si accostano senza il necessario rispetto.

Coltrane è colui che ha portato il jazz al punto di fusione, colui che, avventu-randosi su sentieri sconosciuti, l’ha spin-to ai suoi limiti estremi. Ancor oggi il suo ascendente su chi opera in questo campo – i cui contorni, anche grazie a lui, sono nel frattempo diventati vaghi – è immen-so. Ma sono pochi coloro che hanno colto l’opera di Coltrane nella sua totalità, rico-

noscendo certo la genialità del suo percor-so musicale ma anche l’importanza di una ricerca spirituale e interiore che va di pari passo con lo sviluppo della sua arte.

“A Love Supreme” fu registrato 50 anni or sono - per la precisione il 9 dicem-bre 1964 – e pubblicato nel febbraio suc-cessivo. È uno dei primi esempi di concept album – cui si ispireranno di lì a poco molti artisti del rock - ed è uno dei suoi capolavo-ri assoluti, che chiude a grandi linee la fase

‹ A Love Supreme: il punto d’arrivo della

sua ricerca iniziata sul finire degli anni ’50. ›

iniziata con il brano “Giant Steps”, punto estremo della sua ricerca melodico-armo-nica nell’ambito della tonalità e spinta ver-so l’esplorazione modale, tratto distintivo di tutta quella musica “altra”– africana, in-diana, asiatica – di cui Coltrane era ormai da qualche tempo appassionato cultore. Dopo “A Love Supreme” tutto sarà diverso e si aprirà l’ultimo momento della sua vi-cenda artistica, quello più marcatamente

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ancora i collegamenti di “Bahia” e poi “Brazilia”, “India”, “Russian Lullaby”... Pa-rimenti alcuni standard del jazz diventano terreno di continua sperimentazione mo-dale: l’esempio più chiaro è quello di “My favorite things”, tema di Richard Rod-gers di un musical appena messo in scena

‹ Nel misticismo di Coltrane si intrecciano

i temi prevalenti della cultura alternativa americana

degli anni ’60. ›

(“Sound of Music”, 1959 - forse anche que-sto titolo attirò l’attenzione del sassofoni-sta-) che Coltrane fa letteralmente proprio che diventerà topos dei suoi concerti, dalla prima versione del 1961 fino a quelle estre-me, dilatate, visionarie delle ultimissime esibizioni.

“A Love Supreme” introduce anche un’innovazione dal punto di vista della forma. È una articolata suite in quattro parti, ognuna con un preciso sviluppo musicale e con specifico titolo che Col-

trane intende come una sorta di percorso di ringraziamento a Dio, ispiratore della sua arte. “Ackowledgement” è la presa di coscienza del Divino e dell’amore assoluto nei suoi confronti; “Resolution” indica il riconoscimento e l’accettazione del diffi-cile cammino verso un obiettivo e verso il cambiamento, forse anticipazione di quel-lo che il sassofonista intraprenderà arti-sticamente subito dopo. “Pursuance” è la gioia ma anche l’ebbrezza davanti alla con-quista, a un traguardo raggiunto. “Psalm” è la sentita preghiera finale di gratitudine al Supremo.

Immergersi in questo emozionante capolavoro significa accostarsi al convinto misticismo coltraniano, dove si mescolano inevitabilmente la cristianità, il complesso intreccio delle culture afro-americane e le religioni orientali, tra i temi prevalenti nell’ “altra” America degli anni ‘60.

free ed informale, al tempo stesso ascetico e universalista.

Coltrane era un uomo con molti inte-ressi, a volte tendenti all’ossessione: le altre culture – quella Orientale in particolare – l’astronomia, ma anche la numerologia e le sue possibili implicazioni con la musica. Il mistero di vita e morte erano spesso al centro delle sue riflessioni e delle discus-sioni con musicisti e amici. In un anelito di conoscenza e verità assolute, la spiritualità per Coltrane diventa a partire da un certo momento un punto fermo della sua ricer-ca umana e musicale.

‹ Vita e morte: quasi un’ossessione, sempre

al centro delle sue riflessioni e discussioni. ›

Nelle note di “A Love Supreme” il sassofonista individua nell’anno 1957 la precisa circostanza in cui ha inizio questo percorso. In quell’anno – dice Trane – “spe-rimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi ad una vita più ricca, più piena, più produttiva. A quel

tempo, per gratitudine, chiesi umilmente che mi venissero concessi i mezzi e il privi-legio di rendere felici gli altri attraverso la musica. Sento che ciò mi è stato accordato per Sua grazia. Ogni lode a Dio”. Questa frase è da intendere come vero e proprio manifesto programmatico dell’opera e ha evidentemente dei collegamenti con quan-to sperimentato dal musicista da quell’an-no fino al 1964.

Le quattro note che fanno da noto leit motiv al primo movimento e sulle qua-li si innestano le quattro sillabe (A - Love - Su - Preme) di una sorta di mantra reci-tato dal sassofonista nel finale del brano, sono il punto di arrivo della sua ricerca di un jazz modale svincolato dalle restrizio-ni della tonalità. Un percorso che passa dall’interesse e dallo studio delle musiche del mondo alternative alla tradizione colta occidentale, che si riflette nelle sue proprie composizioni e che si manifesta, al di là dei meri contenuti musicali, nei titoli di album e singoli brani. “Olé” fa riferimento al flamenco e alla musica ispanica; “Africa/Brass”, “Dahomey Dance”, “Liberia”, “Da-kar” sono omaggio al continente d’origine del popolo nero-americano; evidenti sono

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Rete Due / Laserdal 15 al 19 dicembre alle ore 9.00facebook.com/retedue

Case con un’anima, case con una storia Cristina Foglia

Ci sono case… e case. A renderle speciali è soprattutto chi ci ha vissuto, ma anche i muri hanno storie da raccontare. La Svizzera italiana e i Grigioni, dalla Bregaglia alle valli del Sopraceneri, sono disseminate di edifici con una forte connota-zione storica e culturale: alcuni hanno ospitato personaggi famosi, come l’anarchico Bakunin o lo scrittore Eric Maria Remarque. Altre sono testimonianza del successo degli emi-granti, come le case dei “Randulins” di Sent, che nel Settecento avevano colonizzato Venezia con le loro rivendite di vino, dolci e caffè, o il “Palazzo” dei Tondü a Lionza, nelle Cento-valli: due fratelli partiti spazzacamini e arricchitisi in Italia. Altre ancora sono nate come case d’abitazione e poi si sono trasformate in dimore per artisti e sedi di manifestazioni culturali, come accaduto con la Casa Pantrovà di Carona e Casa Garbald a Castasegna. A volte portano nomi solenni: “Casa Monte Tabor”, “Palazzi Corradini”, “La Baronata”; ma un bel nome non sempre è sinonimo di assicurata sopravvivenza. Le case, si sa, deperisco-no. E con loro, gli ideali che le avevano animate.Farle vivere nel racconto con le parole di chi oggi ci abita, tenta di salvarne il ricordo o le ha conosciute da vicino: è l’idea che ha dato l’avvio a questa serie di Laser sulle “case con una storia”. Conoscete anche voi una casa con una storia? Scriveteci, o mandateci una foto, un video. Li pubblicheremo sulla nostra pagina in facebook!

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Quando nel 1919 Hermann Hesse si separò dalla famiglia e traslocò nel Ticino, dopo poche settimane trovò alloggio nella Casa Camuzzi, costruita nel 1853 dall’architetto Agostino Camuzzi. Nello stile delle case di campagna russe, con influssi barocchi, è dotata di giardino esotico a terrazzi.© Comune di Collina d’Oro, foto Stefano Ember

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Rete Due / Colpo di scena alle ore 13.30da lunedì 15 a venerdì 19 dicembre “Universo 21” di Alberto Nicolinoda lunedì 22 dicembre a venerdì 9 gennaio “Fantaticino” di Nicolas Joosda lunedì 12 a venerdì 23 gennaio “Il cuore di Kościuszko” di Flavio Stroppini

Drammaturgie autoctone e originaliFrancesca Giorzi

Da metà dicembre a fine gennaio gli estimatori della dramma-turgia radiofonica verranno accompagnati da tre lavori creati appositamente per Rete Due. Si parte il 15 dicembre con un giallo natalizio piuttosto inquietante dal titolo “Universo 21” di Alberto Nicolino; dal 22 dicembre torna la verve narrativa di Nicolas Joos con nuove puntate della saga di “Fantaticino”, composte appositamente per il periodo. Dal 12 gennaio spazio a una storia curiosa nata dalla frequentazione a Vezia della Villa Negroni-Morosini: “Il cuore di Kosciuszko” radiocomme-dia scritta e diretta da Flavio Stroppini. “Universo 21” di Alberto Nicolino, è un radiodramma in 5 puntate dai toni tragicomici ricco di azione: intrighi, omicidi, tradimenti, lotte per il potere si stagliano nello scenario surreale di un gigantesco Centro Commerciale. Una sorta di fortezza del tutto autosufficiente che si espande sempre più mangiando-si ciò che resta della città. Chi ci abita vive come asserragliato perché al di fuori del Centro Villaggio Universo è il caos: bande di criminali, corruzione, malattie pandemiche. Un’ambientazio-ne fantascientifica o un racconto verosimile? Agli ascoltatori, l’ardua sentenza. Il dubbio sulla verosimiglianza del racconto, continuerà con le fantastiche storie di “Fantaticino” e tornerà

con “Il cuore di Kosciuszko”, qui ci viene in aiuto il sottotitolo: da una storia realmente accaduta. Flavio Stroppini racconta una storia “trovata” a Villa Negroni-Morosini a Vezia e risalente a mercoledì 16 ottobre 1895. Il cuore imbalsamato del Genera-le polacco Andrzej Tadeusz Bonawentura Kosciuszko viene consegnato a una delegazione di suoi connazionali che riporta-no la reliquia dell’eroe in patria. Quel giorno a Vezia si incontra la Storia di un’epoca: Rivoluzione francese, polacca, americana, l’atto di mediazione, gli austriaci, la musica di Verdi, quella di Boito, la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, l’Artusi… Tutto si mescola in una radiocommedia raccontata dai veri protagoni-sti di questa incredibile vicenda e dalla servitù che, salendo e scendendo tra i piani di Villa Negroni, cerca di capire come sia possibile che il mondo, per un pomeriggio, si condensi in un piccolo paese della Svizzera italiana.

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In senso orarioFlavio Stroppini, Nicolas Joos e Alberto Nicolino

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Rete Due / Reteduecinquetutti i martedì a partire dal 6 gennaio alle ore 14.30

Cinquantadue settimane per riascoltareChristian Gilardi

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In occasione dell’ottantesimo dalla fondazione dell’Orchestra della Svizzera italiana proponiamo una serie di registrazioni storiche. Gli anni Trenta aprirono, nella Svizzera italiana, un decennio ricco di novità in numerosi campi culturali. Il 22 maggio 1932 prendeva la via dell’etere, da uno studio pionieristico allestito in due uffici del palazzo della Posta di Lugano, la Radio della Svizzera italiana. Abbiamo già scritto su queste pagine quanto la nascita dell’Ente radiofonico abbia influito sulla vita musicale della regione. Esso rappresentò un punto fondamentale quando, per necessità di programma, sul nucleo dell’orchestrina del Teatro Kursaal fu costituita l’Orchestra della RSI, nel 1935. Il 2015 è dunque un anniversa-rio importante, gli ottant’anni dalla nascita dell’Orchestra. Rete Due, per l’occasione, programmerà alcune tra le più significative registrazioni della compagine orchestrale nello spazio pomeridiano dedicato all’ascolto delle registrazione dell’OSI (alle 14.30) tutti i martedì del 2015. Sarà l’occasione per riascoltare pagine del grande repertorio sinfonico e con-certistico affidato alle grandi bacchette e ai grandi solisti che sono passati dagli studi radiofonici di Lugano e nelle sale concertistiche della Svizzera italiana. Selezionando le 52 regi-strazioni ci si rende subito conto dell’immenso patrimonio degli archivi della RSI in campo musicale. Si inizia il 6 gennaio in cui verranno proposte le “Dances concertantes” e il “Con-certo in re per orchestra d’archi” di Igor Strawinskij, diretti dall’autore che nel 1954 incise le sue composizioni allo Studio

Foce. Un’attenzione particolare è stata data ai direttori stabili che si sono succeduti (Casella, Nussio, Andreae, Carty, Lom-bard) e che hanno collaborato e invitato solisti del calibro di Artur Rubinstein, Clara Haskil, Wilhelm Backhaus, Radu Lupu, Martha Argerich e moltissimi altri. Grandi direttori italiani (da Gavazzeni passando per Muti) e di tutto il mondo (Scherchen, Celibidache, Marriner). L’invito è davvero quello di sintonizzar-si sulle frequenze di Rete Due per conoscere, apprezzare e lasciarsi stupire dalla grande varietà e qualità dell’Orchestra della Svizzera italiana che ha portato in ottant’anni nella nostra regione i più grandi nomi dell’interpretazione musicale.

La Radiorchestra diretta da Leopoldo Casella, 1935. Archivio di Stato del Cantone Ticino

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Domenica 11 gennaioLA 2 / Speciale Parco Nazionale alle ore 15.30LA 1 / Il giardino di Albert alle ore 18.05

Uno speciale sul Parco Nazionale svizzeroMaurizio Chiaruttini

Negli scorsi mesi il Parco Nazionale svizzero dei Grigioni ha compiuto 100 anni: è la più antica e la più rigorosa riserva natu-rale dell’Europa centrale, un paradiso per le piante e gli animali, dove la natura si sviluppa esclusivamente secondo le proprie leggi, al di là di qualsiasi intervento dell’uomo. Domenica 11 gennaio la RSI dedica una programma speciale al Parco Nazio-nale, che permetterà ai telespettatori di conoscere la riserva nei suoi aspetti storici oltre che naturalistici e di vedere gli animali del parco come non li abbiamo mai visti. Si comincia alle 15.30 su RSI LA 2 con un’emissione da Zernez, durante la quale verrà presentata la prima parte di un documentario realizzato dall’equipe della trasmissione di SRF “Netz Natur”, guidata da Andreas Moser. Un documentario sulla storia del parco e sui suoi tesori naturalistici che mostra la vita nella riserva nel corso delle stagioni con immagini inedite e sorpren-denti. Per realizzarlo, infatti, è stata piazzata una serie di “wild cams”: delle “videotrappole” che permettono di filmare ininterrottamente luoghi significativi del parco e di riprendere la vita degli animali così come si svolge al riparo dagli sguardi umani. Durante lo speciale avremo la possibilità di vedere, oltre al documentario di Netz Natur, una serie di momenti catturati dalle “wild cams” e di sorprendere gli animali in quella che potremmo definire la loro “intimità”: vedremo i cerbiatti giocare in una pozza d’acqua, le marmotte scambiarsi gesti di complicità, le formiche organizzare la loro vita sociale.

Per il telespettatore sarà come assistere, dalla poltrona di casa, a momenti segreti della vita animale e osservare in tempo reale lo svolgersi di riti e comportamenti delle varie specie. I filmati verranno proposti così come sono stati girati, con il ritmo e la lentezza che si addicono ai tempi della natura.Alle 18, lo Speciale sul parco nazionale passerà il testimone al Giardino di Albert su RSI LA 1, nel corso del quale potremo vedere la seconda parte dello spettacolare documentario della SRF che mostra l’unicità e la ricchezza della vita del Parco Nazionale svizzero.

ONAIR

Nel 1986 Giuliano Mauri progetta un’opera-installazione che occupa per intero la ex-chiesa di San Carpoforo a Milano. Questo artista tessitore del bosco realizza una foresta di bastoni accuratamente disposti e architettonicamente organiz-

zati per disegnare una struttura gotica dentro una chiesa di impianto barocco. L’antica chiesa sconsacrata riscopre e recupera così la sua aspirazione spirituale grazie allo slancio verticale degli elementi naturali.

Foto dal sito www.giulianomauri.com

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La nuova declinazione dell’Attualità culturaleRete Due a partire dal 12 gennaio da lunedì a venerdì Finestra aperta alle ore 12.00 e alle 17.00Attualità culturale alle ore 18.00

La cultura si fa racconto Moira Bubola

Hans Ulrich Obrist, l’intervista permette di continuare a impa-rare entrando in rapporto con l’altro. Alle 8.00 del mattino avrete sempre il fatto culturale in primo piano e alle 18.00 una sintesi di tutti gli avvenimenti culturali della giornata. Insomma nella frenesia di una vita che continua a correre, l’attualità culturale accompagnerà gli ascoltatori offrendo tutte le informazioni culturali con tempestività, scegliendo diversi formati a seconda degli orari.

Il mondo della comunicazione e dell’informazione sta vivendo la sua rivoluzione. Non sappiamo ancora dove ci porteranno i social media e la rete globale, iniziamo però a scorgere dei cambiamenti: alcuni si sono affacciati in maniera chiara, altri si stanno solamente delineando. In un contesto che vive di autoreferenzialità, che non riconosce più la figura del mediato-re, in un mondo frammentato e costellato da diverse fonti di informazione, la cultura che ruolo avrà? Una domanda ponde-rosa, che non potrà accontentarsi di una sola risposta. Noi facciamo cultura alla radio, il medium che è nato in solitu-dine, che si è poi visto attorniato da altri esuberanti mezzi di comunicazione e che, nonostante gli anni, continua a esserci, sapendosi sempre rinnovare e anche anticipare tendenze e mode. Non è forse stata la radio a inventare la dimensione social con il pubblico che interviene in diretta per raccontarsi? Non è forse stata la radio che ha sviluppato il concetto di community, invitando gli ascoltatori a trovare soluzioni e con-dividere risorse?A gennaio, l’attualità culturale di Rete Due cambia pelle. Abbiamo scelto una formula narrativa che nell’arco di un’ora, dalle 17.00 alle 18.00, costruirà il racconto culturale della giornata dando rilievo ai fatti della Svizzera italiana, agli avve-nimenti, nazionali e internazionali, creando poi continui ponti tra il locale e il globale. Daremo voce agli attori di questa nostra contemporaneità privilegiando la forma dell’intervista in diretta perché, come sta dicendo da anni una delle perso-nalità più influenti del mondo culturale, il curatore svizzero

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Hans Ulrich Obrist Foto di Yang Fudong, Shanghai 2009

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Il nuovo programma settimanale del venerdì mattina consacrato agli spettacoli Rete Due / Domani è un altro giornoogni venerdì a partire dal 16 gennaio alle ore 11.00

Domani è un altro giorno Roberto Antonini

“After all, tomorrow is another day”, è sicuramente una delle battute più celebri della storia del cinema. Fare della famosa frase di Rossella O’Hara il titolo di un programma radiofonico è una doppia strizzatina d’occhio: naturalmente a una delle pellicole culto qual è Via col Vento ma pure alla tempistica, a quel week end che si profila il giorno dopo la messa in onda del programma e al quale “Domani è un altro giorno” è consa-crato. Il format, dinamico, leggero ma imbottito di informa-zioni e di opinioni, mira a diventare un punto di riferimento per l’agenda degli spettacoli della Svizzera italiana. Si occuperà di teatro, di concerti e di cinema con un taglio assolutamente non neutrale: l’intento è quello di proporre analisi, punti di vista, opinioni ben profilate, di consigliare e sconsigliare. Il tutto naturalmente garantendo pluralità di opinioni sull’arco dell’anno. Sentiremo stroncature, plausi, dubbi, pieni voti e bocciature. Una trasmissione rigorosamente in diretta che avrà sempre un ospite in studio sollecitato a dire la sua, a esternare le sue preferenze o il suo dissenso. Un programma nel quale con le due conduttrici Patricia Barbetti e Sabrina Faller voglia-mo offrire competenza, opinioni ma anche divertimento (ci sarà un gioco finale con in palio biglietti per teatri, concerti, film), cercando di coinvolgere il nostro pubblico e diventare un appuntamento imprescindibile (o quasi!) per i radio ascolta-tori. E siamo certi che dopo averla ascoltata nessuno affronterà il fine settimana di spettacoli pensando dentro di sé “sincera-mente me ne infischio” (“frankly I don’t give a damn”), la nota espressione con la quale Clark Gable si congedò da Vivien Leigh e… dal pubblico.

ONAIR

Domani è un altro giorno. Dal 1972 i Mummenschanz rappresentano nel mondo il teatro svizzero di ricerca e contaminazione dove musica, danza e mimo si uniscono ad elaborate e surreali maschere e coreografie. Un teatro senza parole che spesso lascia a bocca aperta. Con Domani è un altro giorno non resteremo mai senza parole ma cercheremo di proporre il meglio dal mondo degli spettacoli e gli strumenti per orientarsi tra meraviglia e, ogni tanto, delusioni.

2322DUETTO

Teco CelioIl cinemaè artigianato

Intervista a cura di Marco Zucchi

Come una bella serata tra amici: Teco Celio l’ha trascorsa a Mendrisio a chiac-chierare con il pubblico della rassegna “L’Italia s’è desta”, organizzata dal Ci-neclub del Mendrisiotto. In sala uno dei film più recenti a cui l’attore ticine-se ha partecipato: “Zoran, il mio nipote scemo”. Il film è ambientato al confine italo-sloveno, tra osterie e vino buono. Proprio per questo motivo la proie-zione è stata accompagnata da una de-gustazione di vini (ticinesi), alla quale Celio si è prestato volentieri. Così come non si è sottratto a qualche domanda sulla sua carriera.

Teco Celio, lei attualmente è occupatissimo in tanti progetti (lungometraggi, cortometraggi, fiction televisive), ma a noi piacerebbe iniziare da lontano. Da dove?

Possiamo partire dalla tragedia di quando non ero attore e soffrivo molto. Che sarei diventato attore l’avevo deciso già a cinque anni, ma fino ai venticinque, il momento in cui ho iniziato a esserlo veramente, ho fatto il giornalista. Ero il peggiore giornalista al mondo, perché non sono curioso (ride), non so fare le do-mande. Però, visto che conoscevo diverse lingue, ho fatto il redattore per un po’. La-voravo all’Agenzia Telegrafica Svizzera. Ci chiamavano redattori, ma in effetti il tito-lo di giornalista io ce l’avevo. I miei cinque anni, dicevo. Avevo visto un film di Stanlio

Teco Celio, attore cinematografico e televisivo, è figlio del politico leventinese Nello Celio (Consigliere federale dal 1966 al 1973, presidente della Confedera-zione nel 1972). Dopo essersi diplomato in giornalismo, ha studiato teatro e iniziato a lavorare nel cinema in Francia. Tra i registi di fama internazionale con cui ha lavorato si ricordano Alain Tanner, Daniel Schmid, Krzysztof Kieslowski, Francesco Rosi, Nanni Moretti. A dargli la fama sono però state alcune serie televisive francesi e in anni più recenti i ruoli da caratterista nel cinema italiano. Recentemente nelle sale della Svizzera italiana lo si è visto in “La buca” di Daniele Ciprì e in “Zoran, il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto.

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e Ollio e sono tornato a casa dicendo che era quello che volevo fare da grande. I miei genitori “sì, va bene”, ma intanto rideva-no. Credo che mio padre abbia visto due film in vita sua. Mia madre un po’ di più, ma non era una roba di famiglia. Mio pa-dre del resto mi ha sempre detto che avrei potuto fare il mestiere che volevo, purché avvocato, ingegnere o medico. “Ma scegli tu, fai quello che vuoi”, aggiungeva. Io di-cevo attore e lui diceva no. A vent’anni mi impuntai e allora trovammo un accordo: avrei comunque imparato un altro me-stiere. Allora ho fatto giornalismo all’uni-versità e pure lo stage. Mi sono diplomato in giornalismo, però sono il peggiore del mondo, lo ribadisco. Per fortuna alla fine ho potuto fare l’attore. Sono andato a Pa-rigi, ho seguito la scuola di teatro. Ormai ho sessantadue anni, quindi penso non sia andata così male (ride ancora).

Chiamarsi Celio in Svizzera era impegnativo: è un cognome politica-mente importante. Per il giovane Teco, aspirante attore, è stato un ostacolo in più?

È il motivo per cui ho scelto Parigi. Mi ero abituato a non usare il mio nome. All’inizio in Svizzera non facevo niente, perché abitavo già in Romandia (avevo fatto le scuole in francese) e mi dicevano continuamente “ah Celió: mais t’es l’fils du Conseiller fédéral”. Era un leit motiv. Prima ancora di guardarmi dicevano che ero “il figlio di”. Ho pensato: qui bisogna andare via. In Francia c’era una catena di abbigliamento che si chiamava Célio e il massimo che potevano pensare era che fossi il figlio del padrone dei negozi. Me-glio così.

La scuola di teatro a Parigi, dopodiché anche il primo periodo professionale è tutto francese. Vogliamo parlarne?

In effetti lavoravo solo in Francia. Ho cominciato con un primo film nel 1978, subito dopo gli studi, poi ho fatto sia ci-nema che televisione. All’epoca i due am-biti erano più mischiati rispetto a ora. In seguito ho lavorato anche con registi sviz-zeri: ho fatto film con Alain Tanner (“No Man’s Land”, “Fourbi”), Daniel Schmid (“Hécate”, “Jenatsch”), Xavier Koller (“Il viaggio della speranza”, premio Oscar) e diversi altri. Erano gli anni ’80 e ’90. Poi ho avuto la fortuna (o sfortuna, non lo so) di fare due serie televisive da protagonista in Francia. Una era “Le lycée” (2000-2001) e l’altra era “La Crim’ ” (1999-2003). Nella prima ero il direttore di un liceo molto dif-ficile nella banlieu parigina. Nell’altra ero il capo della brigata criminale di Parigi. Con quelle serie è venuto il successo me-diatico, ma io nel frattempo avevo lavorato anche con Kieslowski, con Rosi, nel cosid-detto cinema importante. Con il tempo mi sono accorto che il cinema rimane molto più della televisione. Come dico sovente,

la televisione è un giornale che il giorno dopo non è più interessante, invece il ci-nema è come un libro che puoi rileggere a distanza di tempo. Sono diversi alla ra-dice. Tu sei un cineasta, hai un’idea, scrivi una storia, prendi uno sceneggiatore, vai a incontrare un produttore e costruisci un lavoro comune. In televisione vengono a dirti: “noi per il 28 marzo dell’anno prossi-mo abbiamo bisogno di un thriller”. È una forzatura. Viene quel che viene. Adesso ho appena finito un film con Gianni Zanasi, con cui sette anni fa avevo già fatto “Non pensarci”. Anche in questo nuovo film sia-mo gli stessi attori – Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston e io – e Zanasi lo chia-miamo Tarkovski: perché Tarko’ fa un film ogni sette anni (ride di gusto). Un film è proprio una roba sentita, voluta, con cui devi spiegare delle emozioni. Invece, anche se oggi in tv ci sono cose fatte molto bene, non bisogna dimenticare che la televisione riempie uno spazio che già un anno prima sa di dover riempire. Il film è più come un fiore che sboccia da solo. Per qualsiasi per-sona che abbia un’idea diventa come scri-vere un libro.

Mi piace questo paragone tra la televisione-giornale e il film-romanzo:

Che puoi rileggere!

Kieslowski. Lo abbiamo nominato tra i tanti con cui ha lavorato. È stato uno dei più grandi registi del nostro tempo. Come fu con lui?

Una meraviglia. Ho visto la vera semplicità e l’artigianalità del mestiere. Oggi tutti i registi stanno in un “combo”

a cinquanta metri da dove tu reciti. Sono chiusi in una casettina e guardano il video. Invece Krzysztof era vicino alla camera, lì attaccato a darti dei segni, a due metri da te. Avevo una scena da fare con Irène Jacob. Io in “Film rosso” faccio il barista amico della protagonista, che tutti i giorni viene a confessarsi. Parliamo insieme e Krzysztof continua a dire: non va questa scena, non va proprio. A un certo punto per risolverla ci ha messo due ubriaconi nel mezzo, due comparse. Dunque noi due, per poter par-lare e per poterci guardare, dovevamo spo-starci a destra e a sinistra. La scena è venuta bellissima. Vedi come la mise en scène, la regia, la direzione d’attori è più semplice di quel che si pensa? È artigianato, non

intellettualità. È come uno scultore, come un pittore che mette un goccino di rosso, un goccino di un altro colore. L’ho visto con tutti i grandi. Quando abbiamo co-minciato “La tregua”, nella prima scena in cui i russi arrivano a liberare il campo di Auschwitz, Francesco Rosi ha fatto ve-nire un cavallo. Non andava bene. Poi ha fatto venire due cavalli che si incrociavano e un cavallo che arrivava in verticale. Non andava neanche così. Poi ha portato dieci

DUETTO

cavalli, di cui tre si avvicinavano. Un gran-de regista, in ogni scena che fa, è come un pittore che aggiunge il piccolo dettaglio cromatico. Il cattivo regista invece rifà la scena perché non è andata bene (ride). È lì la differenza: il grande regista migliora la scena, l’altro rigira e viene sempre la stessa porcheria.

A proposito di grandi registi, uno che ci immaginiamo non sia facilissimo sul set è Nanni Moretti. Insieme avete fatto “Habemus Papam”. Che esperienza è stata?

Meravigliosa. Ho da poco trascorso un weekend a Gorizia al matrimonio di Matteo Oleotto (il regista di “Zoran, il mio nipote scemo”, in cui ho recitato) e c’era anche Nanni. È una persona squisi-ta, ma sul set è esigente. Lui ha anche il tempo, perché si autoproduce e può far-lo. I trentacinque take non sono una leg-genda metropolitana. Se ne fanno anche di più e lo confermo. Se Nanni mi sente non potrà smentirmi. “Prendi la penna con la mano destra”. “Adesso facciamo la penna con la mano sinistra”. “Adesso fac-

ciamo senza penna”. “Adesso cominci con la penna a destra, poi la metti a sinistra”. “Togli gli occhiali”. “Metti gli occhiali”. Lui prova tutto. È come un bambino che vuole provare a fare tutti i giochi. Non è assolutamente disturbante, perché vedi che alla fine arrivi a qualcosa. Il bello di un grande regista è che quando ti dice che la scena è buona, sai che meglio di così non puoi fare. Quando lavori con un mediocre ci si accontenta sempre. Una delle miglio-ri storie cinematografiche riguarda John Huston. Un giorno stava girando un film con un grande attore degli anni ’50 e a fine scena dice “buona questa”. L’attore si av-vicina: “non sono convinto, vorrei farne una per me”. Huston accetta e gli fa rifa-re la scena. Alla fine chiede all’attore se la nuova scena gli piaccia e l’attore dice di sì. Allora il regista va alla macchina da presa, strappa due metri di pellicola, li mette in mano all’attore e gli dice: “tieni, questa è per te, è la tua” (ride a lungo). È così che si ragiona nel cinema. Lasciamo fare a ognu-no il suo mestiere. Ci sono settanta perso-ne che lavorano a un film. Se il mio autista è in ritardo di un quarto d’ora, la giornata di tutti quanti sarà di cacca per colpa sua. Tutte le settanta persone, anche chi cuci-na, sono importanti. È un unisono. Non contano solo il regista e l’attore. Tutti de-vono essere al massimo, altrimenti viene un film mediocre.

Prima parlavamo della fama legata alle fiction francesi. In Italia invece in questi ultimi anni è diventato molto famoso grazie ad alcuni ruoli, piccoli ma marcanti, come quello del Gran Maestro della confraternita del gorgonzola in “Benvenuti al sud”. Com’è?

Non ti rendi conto. Ancora oggi la gente mi ferma al ristorante e mi dice le battute del film. Fa ridere tutti. Puoi in-terpretare ruoli immensi che non restano. In Francia ho fatto sessanta episodi della “Crim’ ”. Ero conosciuto come Montal-bano. Ma dieci anni dopo questa roba era finita. Di nuovo cinema vs televisio-ne. Questo qui otto anni dopo è ancora

il Gran Maestro della “cunfraternita dal gurgunsöeula”. Il cinema ha un impatto importantissimo, è un timbro, ti ricordi. Perché la televisione viene da te. Sei lì in casa e zappi. Se ti chiedo cosa hai visto ieri sera mi dici “mah, un telefilm, NC qualco-sa, non lo so se Los Angeles o Miami, o era Steven Seagal?”. Se ti chiedo qual è l’ulti-mo film che hai visto al cinema mi dici il titolo, dove hai parcheggiato, il nome della pizzeria. Perché? Perché ci sei andato tu.

Ha a che fare con il rituale, no?

Il rituale! Purtroppo c’è sempre meno gente che va al cinema. Mi ha chiamato Willi Hermann un po’ di tempo fa e mi ha detto che “La buca”, che abbiamo fatto

insieme, non è andato come speravamo. A me sembra un buon film, ma a volte credi in un film e non va, altre non ci credi e va benissimo.

Oggi che ha sessantadue anni cosa sta facendo? Anche qualcosa di suo dietro la macchina da presa?

Sì, ho fatto il mio piccolo cortome-traggio e sono molto contento. Purtroppo in Svizzera abbiamo più commissari tec-nici del cinema di quanti ne ha l’Italia per il calcio. Quando vai a Locarno sono tutti lì con le mani in pasta, ma mai nessuno ha girato un metro. Io almeno un metro volevo girarlo e ci sono riuscito. Questa è una piccola cosa. Invece di lavoro vero sto facendo un film in Austria, si chiama “Bil-lionaire”. Ne abbiamo già girato un pezzo a Viterbo. Interpreto un cardinale che fa un patto con il diavolo. Si mette d’accordo affinché le tenebre continuino a esistere, perché senza tenebre nessuno cercherebbe la luce e come ecclesiastico lui perderebbe il lavoro. Una roba mostruosa. Dai diavo-lo! Continua a fare cattiverie, altrimenti io non servo a nulla.

E noi diciamo: dai Teco, continua a fare film, che abbiamo voglia di vederli.

Grazie, sei un angelo. Caduto dal cie-lo e diventato diavolo.

Fotografie dal set del film “Le valli della paura”

2928RENDEZ-VOUS

Sa 13 e Do 14.12ore 20.30Teatro Foce, Lugano

FantaticinoLeggende a km 0 rsi.ch/retedue

Gio 18.12ore 20.30Palazzo dei Congressi, Luganoin diretta su Rete Due

Orchestra della Svizzera italianaConcerti d’autunnodirezione di Nello Santisolisti Adriana Marfisi, soprano e Luca Grassi, baritonomusiche di Weber, Schubert, Rossini, Verdi e Cilearsi.ch/autunno

Ma 6.1ore 20.30Auditorio Stelio Molo RSI

Concerto del Coro RSI e de I Barocchistidirezione di Diego Fasolis musiche di Carl Philip Emanuel Bach

Ve 9.1ore 20.30Auditorio Stelio Molo RSIin diretta su Rete Due

Orchestra della Svizzera italianaConcerti dell’Auditoriodirezione di Juraj Valčuhasolista Sergej Krylov, violinomusiche di Schreker, Korngold e Mozartrsi.ch/retedue

Ve 16.1ore 20.30Auditorio Stelio Molo RSIin diretta su Rete Due

Orchestra della Svizzera italianaConcerti dell’Auditoriodirezione di Lukasz Borowiczsolista Christian Poltéra, violoncello, musiche di Mozart, Martinů e Hindemithrsi.ch/retedue

Ve 23.1ore 20.30Auditorio Stelio Molo RSIin diretta su Rete Due

Orchestra della Svizzera italianaConcerti dell’Auditoriodirezione di Markus Poschnersolista Alina Pogostkina, violinomusiche di Weill, Prokof’ev e Haydnrsi.ch/retedue

Do 25.1ore 17.00Osteria Teatro Unione, Riva San Vitale

Lu 26.1ore 20.30Ristorante Grand Café Al Porto, Lugano

Concerti MosaicoInformazioniT. +41 91 803 93 19

Ve 30.1ore 20.30Auditorio Stelio Molo RSIin diretta su Rete Due Orchestra della Svizzera italianaConcerti dell’Auditoriodirezione di Constantinos Carydissolista Jan Lisiecki, pianofortemusiche di Mahler, Mendelssohn e Schubertrsi.ch/retedue

Lu 8.12ore 20.00Studio 2 della RSI, Lugano

Showcase di Rete UnoLuca Bonaffini –omaggio a Pierangelo Bertoliin diretta su Rete Uno e streamingrsi.ch/reteuno

Lu 8.12ore 17.00Fondation Gianadda, Martigny

I Barocchisti e Cecilia Bartolidirezione di Diego Fasolis musiche: Stabat Mater di Pergolesigianadda.ch

Me 10.12ore 18.30Sala del Consiglio Comunale, Bellinzona Serate d’ascoltoCessate cantus, le lettere di Andrea Gabrieliconferenza di Giuseppe Clericetti seguita da un concerto di Maurizio Croci all’organo Antegnati della Collegiata

Me 10.12ore 20.30Chiesa San Nicolao, Besso

Concerto per la Fondazione Adriana Fasolis con la partecipazione straordinaria di Cecilia BartoliI Barocchistidirezione di Diego Fasolis musiche di Pergolesi

Gio 11.12ore 19.30Sala G Teatrino Palazzo dei Congressi, Luganointroduzione al concerto con Daniel Doddsin diretta su Rete Due

ore 20.30Palazzo dei Congressi, Luganoin diretta su Rete Due

Orchestra della Svizzera italianaConcerti d’autunnodirezione di Vladimir Ashkenazysolista Daniel Dodds, violinomusiche di Elgar e Bruchrsi.ch/autunno

Sa 13.12ore 18.00Studio Foce, Lugano

Showcase di Rete UnoPatty Pravorsi.ch/reteuno

12.20141.2015

Gio 4.12ore 19.30Sala G Teatrino Palazzo dei Congressi, Luganointroduzione al concerto con Maximilian Hornungin diretta su Rete Due

ore 20.30Palazzo dei Congressi, Luganoin diretta su Rete Due

Orchestra della Svizzera italianaConcerti d’autunnodirezione di Alain Lombardsolista Maximilian Hornung, violoncello, musiche di Rimskij-Korsakov e Čajkovskij rsi.ch/autunno

Do 7.12ore 17.00Scuola Steiner, Origlio

Fantaticino Leggende a km 0rsi.ch/retedue

3130

club

NOTA BENE

Amos Oz GiudaFeltrinelli

Laura Forti

Nel romanzo “Giuda” di Amos Oz, ambientato a Gerusalem-me, tra il 1959 e il 1960, fa molto freddo. Israele si è co-stituito da poco, ma ha già vis-suto la guerra e il crollo dei sogni: è un paese giovane e già vecchio, proprio come il protagonista di questa storia, lo studente Schemuel Asch, che ha già conosciuto molte delusioni. Il destino lo farà imbattere nel vecchio e cinico Gershom Wald che ha perso un figlio ucciso in guerra e che cerca qualcuno con cui parlare, e in sua nuora Atalia. Le tre solitudini si incontrano e si sfiorano, si attraggono e si respingono. Oz è bravissi-mo a tenere i fili di tutti i suoi personaggi, a renderci parte-cipi di una continua discus-sione sul senso delle azioni umane, del “tradimento”, che altro non è che un cambiamen-to necessario, della politica, della fede, coinvolgendoci in una narrazione densa, dove i punti di vista cambiano, aprendo nuove possibilità di pensiero.

La Cinéma-thèque Suisse al Cinestar di LuganoMarco Zucchi

Rete Due collabora con la Cineteca svizzera e il Cinestar di Lugano a un ciclo di proie-zioni che comprende titoli provenienti dall’immenso cata-logo dell’istituzione losannese. Sette film, uno al mese, propo-sti il giovedì sera e la domenica mattina o pomeriggio, accom-pagnati in sala dall’introduzio-ne di una “voce” di Rete Due. Si è iniziato il 27 e 30 novem-bre con “Germania anno zero” di Roberto Rossellini (1948) e si continua l’11 e 14 dicembre “Miracle on the 34th Street” (1947); il 15 e 18 gennaio “Charade” con Carey Grant e Audrey Hepburn (1963); il 12 e 15 febbraio “Die andere Heimat” di Edgar Reitz (2013); il 5 e 8 marzo “Ninotchka” di Ernst Lubitsch, con Greta Garbo (1939); il 16 e 19 aprile “L’assassino” di Elio Petri, con Marcello Mastroianni (1961); il 14 e 17 maggio l’ultracinefilo “Matinee” di Joe Dante, con John Goodman (1993). I mem-bri del Club hanno sempre diritto al prezzo ridotto e ogni mese, sulle onde di Rete Due e nell’ultima pagina di Cult, c’è la possibilità di aggiudicar-si biglietti per le proiezioni.

Charles Gounod Symphonies 1-3La ricchezza delle Sinfonie di Gounod con l’OSI e Oleg Caetani - CPO 2014

Alissa Nembrini

Haydn, Beethoven, Mendels-sohn, l’influsso della forma sonata, qualche accenno di dodecafonia: le vibranti pagine delle Sinfonie di Charles Gounod ci regalano ricchezza di ispirazione e momenti di estrema seduzione, qualità riconosciuta fin dalle prime esecuzioni di metà ’800. Registrato all’Auditorio Stelio Molo RSI dall’Orchestra della Svizzera italiana diretta da Oleg Caetani, l’album, fresco di pubblicazione CPO - etichet-ta nota per dedicarsi al reper-torio poco o per nulla presente sul mercato discografico -, contiene anche una preziosa “chicca”: la prima registrazione mondiale del movimento lento della Terza Sinfonia, unica pagina completa di un’opera altrimenti rimasta incompiuta e di cui si potrà assaporare anche l’introduzione ed espo-sizione del frammentario primo movimento.

Fidelio all’Opernhaus di ZurigoSabato 2 e domenica 3 maggio 2015

Una visita che unisce il piacere della grande musica alla scoperta dei tesori meno conosciuti della città di Zurigo.

Sabato 2 maggioal mattino, viaggio in Bus granturismo destinazione Zurigo. Sul Bus introduzione all’opera a cura di un musico-logo redattore di Rete Due. Pranzo libero e pomeriggio a disposizione per le visite individuali.Ore 19:00 inizio dell’Opera Fidelio all’Opernhaus.Rientro in hotel con il bus.

Domenica 3 maggiodopo colazione, visita guidata pedestre della città vecchia (Altstadt), pranzo libero e nel primo pomeriggio visita alla Fondation Collection E.G. Bührle (www.buehrle.ch). L’importante collezione conta 168 quadri e 30 sculture di diversi artisti di fama mondiale (Picasso, Van Gogh, Renoir, Matisse, Monet, Degas…). In serata rientro in Ticino.

Prezzo per persona in camera doppia CHF 590.- per i soci e 630.- per i non soci.La quota comprende viaggio in Bus granturismo, una notte in hotel**** centrale in camera standard con prima colazione a buffet. Visite guidate (in italiano) come da programma. Biglietto opera prima categoria (CHF 230.- incluso). Accompagnatore Club Rete Due e musicologo.

Supplementi per personacamera singola CHF 70.- / camera deluxe (doppia) CHF 15.- / camera deluxe (singola) CHF 30.-.

Iscrizionida lunedì 15 dicembre alle ore 9.00 al numero +41 91 803 56 60. Penale in caso di annullamento: dal 1. gennaio 50%, dal 1. febbraio 75%, dal 1. marzo 100%

Martedì 6 gennaio 2015Palazzo Reale, Milano

Van Gogh: L’uomo e la terraPrezzola quota di partecipazione comprendente trasferta in pullmann, biglietto d’entrata e visita guidata è di CHF 75.- per persona

IscrizioniT. +41 91 803 56 [email protected]

Biglietti per “La Cinéma-thèque Suisse” al Cinestar di LuganoProiezione di “Miracle on the 34th Street” di George Seaton (1947), giovedì 11 dicembre ore 20.45 e domenica 14 dicembre ore 11, al Cinestar di Lugano. 20 biglietti a disposizione dei soci del Club telefonando al numero +41 91 803 56 60(fino a esaurimento)

Proiezione di “Charade” di Stanley Donen (1963)giovedì 14 gennaio ore 20.45 e domenica 17 gennaio ore 11, al Cinestar di Lugano. 20 biglietti a disposizione dei soci del Club telefonando al numero +41 91 803 56 60(fino a esaurimento)

Club Rete Duecasella postale6903 LuganoT +41 (0)91 803 56 60F +41 (0)91 803 90 85

Ccp69-235-4

[email protected]

Internetrsi.ch/rete-due

Produttrice Rete Due Sandra Sain

Redazione Cult Fosca Vezzoli

Art Director RSIGianni Bardelli

Progetto graficoAckermann Dal Ben

FotolitoPrestampa Taiana

StampaDuplicazione RSI

© RSItutti i diritti riservati

Freq

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Bellinzonese 9

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.0 97.9 93.5

Blenio 9

0.0

Bregaglia 9

7.9 99.6 96.1

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0.0

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Locarnese 97.8

93.5 92.9 Luganese 9

1.5 94.0

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Malcantone 9

7.6 91.5

Mendrisiotto 9

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Maggia-O

nsernone 97.8

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Rivera-Taverne 9

7.3 92.8 Val Poschiavo 9

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Verzasca 9

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Galleria M

appo-Morettina 9

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retedue.rsi.ch SA

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Satellite Hotbird 3 P

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