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cult Tra l’inizio e la fine c’è il sempre Giorgio Colli e Nietzsche Intervista a Alberto Nessi Il mensile culturale RSI Novembre 2016

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cultTra l’inizio e la fine c’è il sempre

Giorgio Colli e Nietzsche

Intervista a Alberto Nessi

Il mensile culturale RSINovembre 2016

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ACCENTO

Tra l’inizio e la fine c’è il sempre

Sandra SainProduttrice Rete Due

SGUARDI

4La storia di mio padre e dell’edizione critica di Nietzsche

ONAIR

10La Rete Duetorna al LAC

12Le nostre radici, il nostro presente: dieci classici per vivere meglio con la nostra cultura

14Con Ligeti e Kubrick attraverso il labirinto del nostro tempo

18Riscoprire e trasmettere, calendario alla mano

20Il mondo in un orto

DUETTO

22Intervista a Alberto Nessi

RENDEZ-VOUS

28L’agendadi novembre

NOTA BENE

30Recensioni

31Proposte Club

Le storie che vale la pena raccontare sono sempre tante. Ci sono quelle minime che permettono a tutti noi di rintracciare nella quotidianità dei gesti un senso e un valore che è comune alle vite di tutti. Da sempre Storie, con i suoi documentari d’autore, è la trasmissione alfiere di questa narrazione di prossimità.Ci sono poi le storie con al cuore grandi personalità che, oltre a raccon-tare una parabola umana, spalancano finestre sul pensiero, sull’arte, sulla storia, offrendoci la possibilità di cogliere l’influenza e l’importanza di chi corre in avanti e ci indica una possibile nuova via.Questo mese a Rete Due torniamo a raccontare di Hermann Scherchen e della sua ricerca musicale, irta di ostacoli e ricca di frutti. Vi raccon-teremo poi dell’ostinazione e della pervicacia di un uomo, Giorgio Colli, che ha ingaggiato una battaglia per vedere riconosciuto il genio di un grande filosofo, e dialogheremo con Alberto Nessi, Gran Premio svizzero di Letteratura, e delle piccole vicende che ha saputo tessere per farne poesia. Seguendo l’attualità saremo imprevedibilmente posti a confron-to con altri personaggi e le loro vicende, come lo scorso mese abbiamo fatto ricordando Dario Fo e riferendo del Nobel a Bob Dylan. Tanto è stato detto su questi due premi e questi due premiati, tanto da assistere a schieramenti e tifoserie impegnate a discutere del valore delle opere, della nozione di letteratura, della coerenza o incoerenza dell’Accademia Svedese.“Nessun lattante sa che è l’ultima volta che gli viene tolto di bocca il capezzolo. Nessun bambino sa che è l’ultima volta che chiama sua madre “mami”. Nessun ragazzino sa che il libro si sta chiudendo sull’ultima fiaba della buona notte che gli sarà mai letta. Nessun fratello sa che la vasca si sta riempiendo per l’ultimo bagno che farà mai col fratello. (…) Nessuna madre sa che sta sentendo la parola “mami” per l’ultima volta. Nessun padre sa che il libro si è chiuso sull’ultima fiaba della buona notte che leggerà mai (…)”. Cosi’ scrive Jonathan Safran Foer nel suo ultimo libro: Eccomi. In quanti ricordiamo la prima volta che abbiamo visto Dario Fo che di-noccolato riempiva la scena di un teatro o il piccolo schermo? Se pensiamo a Bob Dylan siamo in grado di risalire alla prima volta che la sua voce e la sua musica sono diventati parte del nostro mondo? Ci sono storie che iniziano e finiscono eppure sembrano essere sempre state con noi. Non dimenticheremo mai chi ci leggeva le fiabe o colei che chiamavamo (e magari ancora chiamiamo) “mami”. E, fortunatamente, potremo sempre riascoltare chi ci cantava Ohè! Sunt chi o unirci al coro di Blowin’ in the wind.

In copertina: Storie che iniziano e finiscono. Storie che ci portiamo nei sogni. Storie che non ci abbandoneranno.

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“I custodi ti chiederanno nel loro denso cuore cosa vai cercando nelle tenebre di Ade rovinoso.Dì loro: sono figlio della Terra greve e del Cielo stellante, sono riarso di sete e muoio; ma datemi subito la fredda acqua che scorre dalla palude della memoria”.

Così si raccomandavano gli orfici ai loro adepti che si accingevano ad intra-prendere il viaggio nell’al di là. Così credeva anche mio padre, il filosofo Giorgio Colli, di cui ricorre il centenario della nascita, quando affermava che la memoria è l’unica via che ci ricollega all’epopteia dei riti eleu-sini, alla conoscenza estatica dell’attimo.

“Ma sotto si spaccarono l’abisso mattutino e l’Etere senza vento, mentre si scuoteva Fanes”.

Proprio nel giorno dell’epifania del 1979 mio padre morì all’improvviso. Gli dei vennero a prenderlo all’ora del tè, men-tre aveva per un poco interrotto il suo la-voro sul terzo volume della Sapienza greca, quello dedicato ad Eraclito. Nella casa di San Domenico, sulle colline di Firenze, restammo soli, si fa per dire, mia madre e noialtri fratelli, lei, il nou, come la chiama-

va Giorgio, e noi sei. Fu nell’estate succes-siva, a Tellaro, un paesino ligure arroccato sul mare, che io e mio fratello Enrico, una sera stringemmo un patto toccando i bic-chieri: eravamo noi gli apostoli di Giorgio Colli. Dovevamo diffondere in tutti i modi il suo pensiero. Il primo risultato comune

‹ Da Friedrich Nietzsche a Giorgio Colli, dall’Einaudi

all’Adelphi percorreremo un periodo importante

per la cultura italiana. ›

fu “Modi di vivere: Giorgio Colli, una co-noscenza per cambiare la vita” un film pro-dotto dall’amico Mauro Misul, per la RAI 2, che raccontava la vita di mio padre. Con quel film fui promosso sul campo al ruolo di regista. Mio fratello quella volta mi aiu-tò nella scelta dei passi di Giorgio che, nel film, venivano letti da Carmelo Bene. Enri-co divenne poi il curatore di tutti gli scritti inediti di mio padre.

Nonostante il suo mestiere di archi-tetto, ha trovato il tempo e l’energia di curare l’edizione e la pubblicazione per i

SGUARDI

La storia di mio padre e dell’edizione critica di NietzscheMarco Colli

20 anni per riuscire a stampare un’opera nella quale credeva, che aveva iniziato a tra-durre 15enne durante un’estate di malattia che l’aveva forzatamente tenuto in casa. E allora pedissequamente, parola dopo parola, Giorgio Colli munito di un vocabolario tedesco-italiano tradusse la copia autografata di “Così parlò Zarathustra”

Lo studio di Giorgio Colli

Rete Due / Colpo di scenada martedì 8 novembre a giovedì 1. dicembre alle ore 13.30rsi.ch/colpo-di-scena

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li, poi affiancato da Mazzino Montinari, di realizzare un’edizione critica delle opere edite ed inedite di Friedrich Nietzsche, che rilanciasse il pensiero del grande filosofo tedesco e allontanasse da lui la calunnia

‹ Il Nietzsche con cui Giorgio si è confrontato alla pari,

per tutta la vita, è un Nietzsche esoterico, “greco”, inattuale

e antistorico. ›

che lo voleva anticipatore del nazismo. In un primo tempo l’editore avrebbe dovuto essere Einaudi, per questo Giorgio, non ancora trentenne, due mesi dopo la fine della guerra, aveva incontrato il capore-dattore della casa editrice, Cesare Pavese. Per undici anni Colli, pur impegnato sul fronte delle grandi traduzioni di Aristotele e Kant e nella realizzazione, per Boringhie-ri, dell’Enciclopedia degli Autori Classici, ha caldeggiato presso l’editore torinese il suo progetto. Sullo sfondo una polemica cul-turale dai toni infuocati che condannava Nietzsche come nazista e Colli come enco-miastico esegeta del filosofo reazionario.

Dando retta ai nemici di Colli, fra tutti De-lio Cantimori ed Eugenio Garin, Einaudi, dopo anni di trattative si tirò indietro.

Nei primi anni ’60 Luciano Foà, da sempre sostenitore di Colli, abbandonan-do l’Einaudi, dava vita all’Adelphi. Fra i progetti costituenti la nuova casa editrice milanese c’era la realizzazione dell’edizio-ne critica nietzschiana. All’italiana Adelphi si affiancarono nell’impresa la francese Gallimard e la tedesca De Gruiter. Colli aveva scoperto Nietzsche quando, quindicenne, convalescente dal morbillo, volendo im-parare il tedesco, aveva affrontato lo Zara-thustra, unico libro tedesco trovato in casa, armato soltanto di un vocabolario.

La sua passione per Fritz è durata tut-ta la vita. Per Giorgio Colli, di cui fra pochi mesi trascorrerà il centenario della nasci-ta, l’enigma della vita trovava espressione nell’immediatezza che è apparenza di un nascosto, ma si concreta anche in materia. Questa illuminazione conoscitiva, centrale nel suo pensiero, Giorgio l’aveva avuta da-vanti ad una cascata, in Svizzera, a Sils Ma-ria, dove sulle orme di Nietzsche trascorse alcune estati con la famiglia. Per lui c’era un punto d’incontro, una radice comune

tipi di Adelphi di tutta l’opera postuma di Giorgio: otto volumi in trent’anni. Anche Enrico è morto troppo presto. Io ho con-tinuato a coniugare cinema e filosofia, a collezionare frammenti di memoria, tes-sere di un mosaico che mi permettessero di ricostruire, almeno in parte, la figura di mio padre: un uomo taciturno e schivo che,

‹ Dal 1945 al 1966 Giorgio Colli, poi affiancato da

Mazzino Montinari si prodigò per rilanciare il pensiero del

grande filosofo tedesco. ›

però, sapeva comunicare senza parole, a chi sentiva vicino, valori universali come l’ami-cizia, l’amore per la conoscenza e la verità, la lealtà, l’onestà intellettuale, il coraggio. Fu così che, a poco a poco, è venuto alla luce il filo rosso che ha guidato la ricerca di Giorgio da quando era un ragazzo a pochi giorni prima della sua morte, questa trac-cia ha un nome ed un cognome, Friedrich Nietzsche. Con Nietzsche mio padre ha dialogato per tutta la vita. Il mio obiettivo è divenuto così quello di raccontare la sto-

ria di questo rapporto. Nessuno mi ha dato retta su questo progetto che inizialmente pensavo dovesse essere un film, fin quan-do non sono approdato a Lugano, alla RSI, dove ho conosciuto Francesca Giorzi, che da subito, incondizionatamente, ha credu-to al “Nietzsche di Colli”.

Non più un film, ma un radiodram-ma. Ho dovuto letteralmente tradurre le immagini che avevo in testa in suoni, in rumori, in effetti e, soprattutto, in voci. Ho “sentito” gli ambienti nei quali si dipana-va in parallelo la storia degli ultimi mesi a Torino di Nietzsche, prima della pazzia, e quella di Giorgio bambino e ragazzo, ancora a Torino. Ho cercato le voci, quel-la di Nietzsche, esaltata o smarrita, quella del giovane professor Colli, praticamente coetaneo dei suoi studenti e amici, quella profonda e misurata del Colli maturo. Ho inventato, col prezioso aiuto di Thomas Chiesa, una colonna sonora che mi accom-pagnasse e commentasse le tappe della vita di Giorgio, a Lucca, a Firenze, a Parigi, a Berlino. Un’esperienza formidabile che vorrei ripetere in futuro.

Più di vent’anni, dal 1945 al 1966, è durato l’impegno costante di Giorgio Col-

SGUARDI

Carmelo Bene legge brani tratti dall’edizione critica di Nietzsche nel film Modi di vivere: Giorgio Colli, una conoscenza per cambiare la vita

Mazzino Montinari

Giorgio Colli

Luciano Foà

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fra il logos razionale e la sua origine mitica, dionisiaca ed apollinea. Il Nietzsche con cui Giorgio si è confrontato alla pari, per tutta la vita, è un Nietzsche esoterico, “gre-co”, inattuale e antistorico, che ci indica la via che ci porta agli antichi maestri della sapienza presocratica. Colli stava lavoran-do al terzo volume della Sapienza Greca, quando morì all’improvviso, prematura-mente, trentacinque anni fa. La morte ha fermato la sua mano su un frammento di Eraclito, quasi una testimonianza del suo modo di essere, un uomo d’azione che ave-va guerreggiato con coraggio sui campi di estenuanti battaglie editoriali: “Chi non spera l’insperabile non lo scoprirà, perché è chiuso alla ricerca, e ad esso non porta nes-suna strada”.

A partire dal prossimo anno l’Archi-vio di Giorgio Colli sarà consultabile a Milano, presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori.

SGUARDI

Giorgio Colli è nato a Torino il 16 gennaio del 1917: “l’anno della rivoluzione russa”, come avreb-be detto in seguito. Filosofo, filologo e storico della filosofia, ha insegnato per trent’anni “Storia della filosofia antica” all’Università di Pisa. Studioso schivo e appartato, fedele a Nietzsche e Schopenhauer, scorse nell’antica sapienza presocratica l’autentico “logos” a cui tornare. La sua opera principale è Filosofia dell’espres-sione del 1969. È stato direttore di collane dedicate alla filosofia per diverse case editrici (Einaudi, Boringhieri, Adelfi). Muore a San Dome-nico di Fiesole il 6 gennaio del 1979.

Fotografie: pagina 5 e 6, Archivio Giorgio Colli. Pagina 7, immagine tratta dal film di Mauro Misul. Pagina 8, fotografia di Paolo Cappelletti, Archivio Giorgio Colli.

Martedì 8 novembre, Lugano, RSI Studio 2 alle ore 21.00 in diretta su Rete Due, rsi.ch/trajazzenuovemusiche

JAMES CARTER ORGAN TRIOJames Carter sassofoniGerard Gibbs organoAlex White batteriajamescarterlive.com

Lunedì 14 novembre, Ascona, Teatro del Gatto alle ore 20.30 in diretta su Rete Due, rsi.ch/trajazzenuovemusiche

AZYMUTH Brazilian Groove KingsIvan Conti batteria, percussioni, voceAlex Malheiros basso elettrico, voceKiko Continentino tastiere, voceazymuth.net

Una collaborazione Jazz Cat Club - RSI Rete Due

Venerdì 25 novembre, Bellinzona, Teatro Sociale alle ore20.45 in diretta su Rete Due, rsi.ch/trajazzenuovemusiche

SJÖ & CLASSICUS QUARTETAndrea Manzoni piano e sintetizzatoriMarcel Zaes elettronica, programmazioneJózsef Rácz & Réka Baksai violinoPéter Tornyai violaTamás Zétényi violoncellosjö-music.com; classicus.hu

Una collaborazione Teatro Sociale - RSI Rete Due

Tre sono gli appuntamenti del mese di novembre per il nuovo ciclo Tra jazz e nuove musiche, prodotto e coordinato dalla Rete Due e avranno per protagonisti dapprima James Carter, il multistrumentista e virtuoso statunitense (suona tutti i di tipi di sassofono, più clarinetti vari e flauti); il trio Azymuth, formazione storica della musica brasiliana, che per la prima volta si esibisce dalle nostre parti; e infine Sjö, l’enigmatica sigla dietro cui si cela un duo formato dal performer e sperimentatore sonoro bernese Marcel Zaes e dal pianista e tastierista italiano Andrea Manzoni.

Per maggiori dettagli e informazioni sui biglietti visitare il sito della rassegnarsi.ch/jazz, nonché jazzcatclub.ch e teatrosociale.ch.

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1110ONAIR

Rete Due / In diretta dal LACsabato 5 e domenica 6 Passatempo dalle ore 13.20domenica 6 Voci dipinte alle ore 10.35rsi.ch/retedue

La Rete Due torna al LACMaria Grazia Rabiolo

Dopo la felice esperienza vissuta in occasione dell’inaugurazio-ne dell’anno scorso, le trasmissioni di Rete Due verranno di nuovo diffuse dalla hall del LAC di Lugano per due giorni: sa-bato 5 e domenica 6 novembre. L’appuntamento con le dirette è a partire dalle 13.20. Ai microfoni ci saranno Ira Rubini e Giuseppe Clericetti che condurranno Passatempo. Domenica mattina, poi, alle 10.35, pure in diretta, è prevista l’emissione di Voci dipinte, la trasmissione dedicata alle arti figurative, cura-ta da Monica Bonetti. La puntata ruoterà attorno al tema del rapporto tra Arte e Musica. Nel bel mezzo del via vai tipico del fine settimana, ci sarà dunque modo di seguire le abituali rubriche: Il ridotto dell’opera, Anime salve, Il granaio della memoria, Sabato pian piano, Rete 2.0, Il giardino di Albert (sabato) e Babilonia, Clandestini per scelta, Intavolature, I cinque elementi e Domenica in scena (il giorno dopo). In più, ovviamente, negli altri spazi pomeridiani, verranno accolti diversi ospiti, a cominciare dagli attori e dai musicisti dell’OSI impegnati nella colonna sonora dello spettacolo di Daniele Finzi Pasca Per te e dagli artisti che staranno provando Elektra di Andrea Novicov, alle guide che conducono nelle sale delle esposizioni, ai frequentatori più assidui del LAC.

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1312ONAIR

Rete Due / Laserda lunedì 14 a venerdì 25 alle ore 9.00rsi.ch/laser

Le nostre radici, il nostro presente: dieci classici per vivere meglio con la nostra cultura Roberto Antonini

È un progetto pensato da e con Piero Boitani, realizzato da questo grande erudito, coadiuvato da Brigitte Schwarz, quello che occuperà gli spazi di Laser dal 14 al 25 novembre. 10 puntate che ci parleranno di 10 momenti della storia del pensiero classico. Boitani, anglista, dantista, esperto della mitologia, fresco Premio Balzan, ci conduce in un viaggio di ritorno alle radici e agli inizi, ancora così importanti per comprendere il nostro presente: un riprendere la conversazio-ne con i classici di Grecia e Roma che a cominciare da quasi tremila anni fa hanno dato forma al nostro mondo, il mondo dell’immaginazione, della guerra, dell’amore, del pensare e del governare. Si comincia dai primi e più grandi racconti dell’Occidente, l’Iliade e l’Odissea, il poema della forza e quello della tenacia, ma subito si passa alla nascita del pensiero: la meraviglia ne segna il principio e gli sviluppi, dai presocratici sino a Lucrezio. Quindi, essa matura con la filosofia vera e propria, il passare della ricerca dal mito al logos con Platone e Aristotele. Avvengono, contemporaneamente, altri miracoli:

la nascita della storia con Erodoto e Tucidide; l’affermarsi della tragedia e della giustizia con Eschilo, ma anche l’im-mediata rappresentazione dei rischi mortali della conoscenza (Prometeo ed Edipo); il prorompere dell’io nella lirica, da Alcmane e Mimnermo a Saffo. Infine, ecco l’invenzione di Roma, che si assegna il compito di governare il mondo: da Virgilio e Livio sino a Tacito, il quale ne vede insieme l’imperialismo e la nuova religione, il cristianesimo. Chiude il cammino una puntata dedicata alle Metamorfosi di Ovidio: la poesia del divenire e dell’eterno mutare, piena dei raccon-ti che hanno popolato la nostra fantasia per secoli.

Ulisse schernisce Polifemo. William Turner, olio su tela, 1829, National Gallery, Londra

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1514ONAIR

La Via Lattea all’Auditorio RSIsabato 12 novembre alle ore 18.00 domenica 13 novembre alle ore 17.00

Con Ligeti e Kubrick attraverso il labirinto del nostro tempoGiovanni Conti

La Via Lattea dedica la sua edizione numero 13 a uno dei compositori più geniali del Novecento, György Ligeti, a dieci anni dalla morte. Già nel mese di ottobre ha preso il via l’omaggio in forma di “ligetiade”, sulla falsariga delle “schu-bertiadi” ottocentesche, attraverso quattro città: Milano, Mendrisio, Bellinzona e Lugano. Le prime due hanno ospita-to le Anteprime, Bellinzona e Lugano invece, sono tappa dei percorsi che quest’anno vedono La Via Lattea abbandonare i boschi per affrontare un pellegrinaggio urbano-architetto-nico. Questa edizione segue tre filoni principali: musica, architettura e cinema. Le note di Ligeti risuoneranno in alcuni dei luoghi più significativi dell’architettura ticinese moderna e contemporanea, progettati da maestri come Luigi Snozzi, Livio Vacchini, Flora Ruchat..., dialogando con il cinema di Stanley Kubrick che tanto ha contribuito alla fortuna di Ligeti (chi ha visto il film 2001: Odissea nello spazio conosce bene la sua musica). Tutto il programma si concentra sulla produzione cameristica di Ligeti, dai Due Studi per organo al Kammerkonzert per 13 strumenti, passando per capolavori come il Quartetto n. 2. Accanto a Ligeti trovano posto altri musicisti che hanno incrociato il suo cammino. A partire da Heinz Holliger, ospite d’onore di questa edizione, che il 13 novembre all’Auditorio della RSI dirigerà il Kammer-konzert alla testa dei solisti dell’OSI. Sempre all’Auditorio della RSI, il 12 novembre, l’attenzione è puntata su un nuovo

incontro di AdA (l’Arte dell’Ascolto) in cui sarà protagonista il Duo Métamorphoses con un Concerto-collage intorno alla vita e all'opera di György Ligeti. La stessa sera, allo Spazio AdO di Lugano La Via Lattea propone il Gulash Concerto del violinista (e cuoco) magiaro Janos Hasur, noto anche per le sue collaborazioni con Moni Ovadia: un’occasione per avvicinarsi alla musica popolare ungherese e rumena - a cui Ligeti era profondamente legato - gustando il vero gulash. Per i più gio-vani, venerdì 11 novembre, si segnala il Kubrick Party al cinema Lux di Massagno allestito dagli studenti di architettura della SUPSI. Per saperne di più: lavialattea.ch

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Da sempre, o quasi, l’uomo coltiva la terra per nutrirsi dei suoi frutti. Oggi prendersi cura di un terreno e farne un orto può asumere anche i tratti di una presa di posizione politica ed è al contempo recupero di una tradizione e slancio verso un futuro meno frenetico e globalizzato. Un segnale di umana continuità.

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1918ONAIR

Rete Due / Domenica in scenada domenica 6 a domenica 27 alle ore 17.35rsi.ch/retedue

Riscoprire e trasmettere, calendario alla manoFrancesca Giorzi

“Dal fondo del ricordo riemerge talvolta, velata e un po’ confusa, l’im-magine di Hermann Scherchen. Del musicista Hermann Scherchen... Che cosa rimane della sua memoria?... Molto per troppo pochi, troppo poco per molti altri.”Hermann Scherchen fa parte di quella categoria di uomini ambiziosi e perseveranti che hanno la costanza di realizzare le proprie visioni. Fa parte di quel genere di visionari che si inte-ressano agli altri senza tornaconti, ma col semplice e genuino fuoco della passione, dedicandosi instancabilmente alla musica contemporanea e ai suoi compositori aiutandoli ad uscire dall’anonimato, a trovare importanti auditori davanti ai quali esibirsi. Investendo, infine, tutti i suoi guadagni in un sogno acustico precorritore dei tempi, del quale non rimane nulla se non una serie di “quaderni”. Un soggetto ideale da romanzare, come ha fatto Cesare Ferrario nello sceneggiato Una vita senza respiro, su invito di Rete Due e con la supervisione di Carlo Piccardi. Dopo averlo trasmesso, in Colpo di scena, in occasione della settimana speciale propo-sta a giugno nel 50esimo della morte de “il mago di Gravesano”; ora lo stesso lavoro viene riproposto in Domenica in scena, nel mese di novembre, in occasione del focus organizzato dalle Ricerche Musicali della Svizzera italiana in collaborazione conRSI e OSI, con un incontro il 17 novembre alla Biblioteca Cantonale di Lugano e un concerto il giorno dopo all’Audito-rio della RSI. Il format di quasi un’ora, dell’appuntamento domenicale con la prosa, ben si addice ad uno sceneggiato come questo fatto di evocazioni e situazioni, testimonianze dirette, lettere e pensieri (recuperabile in ogni momento nel sito di Rete Due).Quando il calendario coi suoi anniversari (in novembre an-che con il 130esimo della nascita di Delio Tessa e in dicembre con gli 80 anni dalla scomparsa di Luigi Pirandello), ci permette di riscoprire personalità come queste non abbiamo difficoltà ad accettare l’apparentemente sterile invito, perché la materia che ci propone è universale e va ben aldilà dell’occorrenza.

Hermann Scherchen

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2021ONAIR

LA 1 / Storiedomenica 20 alle ore 20.40rsi.ch/storie

Il mondo in un orto Consuelo Marcoli

Ci sono luoghi che possono raccontare molto di noi e della realtà che ci circonda, luoghi come gli orti comunali di Chiasso, situati in un’area dismessa, tra lo scalo merci ferroviario, la pista del ghiaccio e lo stadio comunale. Qui il comune della cittadina di confine offre ai suoi abitanti la possibilità di affittare un piccolo appezzamento di terreno, permettendo loro di realizzare il sogno di possedere un orto urbano. Persone dalle diverse origini culturali, sociali e geogra-fiche si ritrovano così fianco a fianco, dando vita ad un micro-cosmo, riflesso della complessità della società contemporanea. Per alcuni quel lembo di terra rappresenta un’oasi di pace e tranquillità, per altri significa riscoprire le proprie radici conta-dine e il legame con la propria terra d’origine, per altri ancora concedersi un momento di svago e di vita all’aria aperta. Un piccolo universo pieno di sogni e di gioia, ma anche di soli-tudini, drammi e nostalgie in cui si riproducono i problemi del vivere quotidiano e del confronto tra modi di pensare e men-talità diverse. Tra storie di emigrazioni di ieri e di oggi, piccoli conflitti e momenti di convivialità, tra incontri e malintesi cul-turali, in un sorta di diario minimo il documentario di Storie Il mondo in un orto, realizzato da Simon Brazzola e Consuelo Marcoli, racconta Chiasso e la Svizzera di oggi. Ospite nello studio di Storie, a colloquio con Rachele Bianchi Porro, il poeta e traduttore Fabio Pusterla.

Immagini tratte dal documentarioIl mondo in un orto

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2322DUETTO

Alberto Nessi Contrabbandiere della cultura

Intervista a cura di Maria Grazia Rabiolo

Rete Due / Passatempodomenica 27 alle ore 16.35rsi.ch/retedue

Domenica 27 novembre alle 16.30 al Ci-nema Teatro di Chiasso verrà presen-tato il nuovo libro di poesie di Alberto Nessi Un sabato senza dolore pubblicato da Interlinea di Novara. Rete Due se-guirà la manifestazione in diretta. In attesa dell’appuntamento, proponia-mo ai lettori di Cult l’intervista andata in onda in Laser il giorno dopo la con-segna del Gran Premio Svizzero di Let-teratura a Berna.

È un premio importante, un premio che sottolinea la vastità e l’incisività della sua produzione. Ed è significativo e interessante che questo premio venga assegnato all’autore che più rappresenta il Sud della Svizzera, il Mendrisiotto. Albero Nessi è sempre stato atten-

to a coloro che lo circondano, soprattutto i più deboli, gli emar-ginati, quelli che non sempre hanno la possibilità di dire la loro. E ha sempre avuto uno sguardo amoroso anche nei confronti della natura, della flora in particolare. Ma si può dire che tutto questo, via via che sono passati gli anni, si è fuso armoniosamente. Si può dire che il narratore è sem-pre comunque anche un po’ poeta. Il senso della lirica è presente ovunque. Alberto Nessi, come riesce a conciliare tutto ciò?

Conciliare è un operazione che mi viene spontanea, perché io ho cominciato a scrivere come poeta e però contempora-neamente, e segretamente, scrivevo anche prosa. Ho cominciato a pubblicare poesie

Alberto Nessi (Mendrisio 1940) è cresciuto a Chiasso e oggi vive a Bruzella in valle di Muggio. È stato insegnante. È poeta e narratore. Le sue princi-pali pubblicazioni sono, per la poesia: I giorni feriali (1969), Ai margini (1975) (le due raccolte sono state ristampate da Giampiero Casagrande, Lugano, nel 1988); presso Casagrande, Bellinzona: Rasoterra (1983), Il colore della malva (1992), Blu cobalto con cenere (2000), l’antologia Ladro di minuzie (2010). Per la prosa: Terra matta (Dadò, Locarno 1984; quinta edizione 2005, con prefazione di Fabio Soldini) e, da Casagrande, Bellinzona: Tutti discen-dono (1989), Fiori d’ombra (1997), La Lirica (1998), La prossima settimana, forse (2008), Milò (2014). Ha curato l’antologia di testi e testimonianze sulla Svizzera italiana Rabbia di vento (Casagrande, Bellinzona 1986) ed è auto-re di libri realizzati in collaborazione con artisti.

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DUETTO

con una prima raccolta I giorni feriali, uscita da un editore che adesso è scomparso, par-lo delle edizioni Pantarei dirette da Eros Bellinelli e Manfredo Patocchi. Poi final-mente mi sono sbloccato con la prosa e da lì ho portato avanti parallelamente queste due attività, di poeta e di scrittore. Anche se, per la verità, la mia attrazione è stata maggiore per le parole messe in musica, diciamo così, o per le parole armonizzate, meglio, che si concretizzano poi in opere poetiche.

Ci sta dicendo che si sente più poeta che narratore?

Direi che mi sento le due cose, perché quando scrivo poesia spesso mi muovo rasoterra, per così dire, nel senso che scel-go, o sono scelto, da un filone della poe-sia europea, e italiana in particolare, che è quella che rade la prosa. Noi quando par-liamo di poesia pensiamo sempre al filone sublime e per il ’900 all’Ermetismo, però c’è anche un filone diverso, che io vedrei nella poesia di Cesare Pavese, in particola-re nella raccolta Lavorare stanca (la prima che negli anni Cinquanta mi colpì molto) e che vedrei anche nella famosa raccolta di Edgar Lee Masters Antologia di Spoon River. Questo filone mi ha sempre interessato, quindi, quando scrivo poesia, racconto spesso delle storie, e quando scrivo prosa, accendo qua e là fiammelle di poesia. È un modo di lavorare che contamina i generi letterari, il mio.

Nella sua bibliografia c’è un libro secondo me particolarmente importante. È uscito nel 2010. Si intitola Ladro di minuzie,

è un’antologia delle sue poesie, con una parte di inediti, scelta proprio da lei. Questo significa che ha rivisitato tutta la sua produzione - operazione anche abbastanza difficile, impegnativa, qualche volta anche un po’ dolo-rosa - e ha scelto solo alcune pagine di tutte le sue raccolte. Io inizierei dal titolo, perché è un titolo che ci fa capire come lavo-ra Alberto Nessi.

Io lavoro sulle piccole cose quotidia-ne. Infatti Ladro di minuzie è il titolo di una poesia, di tipo narrativo, che faceva parte di Blu cobalto con cenere, il titolo preceden-te all’antologia. È la storia di una perso-na che si aggira in una zona periferica, di Chiasso in questo caso, e si guarda in giro. Questo è il ladro di minuzie, non sono io, è il mio personaggio. Nel quale però io mi identifico. Queste storie raccontate in prima persona nascondono aspetti della mia persona. Per la verità, il mio esordio, negli anni Sessanta, non era ancora così. Io ero legato alla poesia del Novecento: il primo libro di poesia che ho letto e che avevo scoperto in una libreria di Como, si

intitola Lirica del Novecento. Quel libro lo acquistai per conto mio, senza che nessun insegnante o amico me l’avesse consiglia-to, perché ero rimasto come abbagliato da quella copertina gialla che vedevo nella ve-trina. La lirica del Novecento… mi prende-va molto. E in quelle pagine scoprii delle poesie che mi affascinarono, grandi poeti del Novecento... Si può dire che cominciò da lì la mia passione per la poesia. Quindi, nei primi testi che ho scritto e pubblicato si possono trovare tracce di questa poesia italiana del Novecento. Poi, continuando a scrivere, il mio stile ha preso anche altre direzioni.

C’è una sezione di inediti in questa raccolta che rivela molto di Alberto Nessi: il destinatario è esplicitato… a volte sono le figlie, a volte è la moglie Raffaella. C’è poi la parte dedicata alla madre, già edita per altro. Così come, sul fronte narrativo, ci sono non poche pagine dedicate al padre. E’ la conferma che l’ambiente famigliare è sempre presente in un modo o nell’altro nei pensieri e nel modo di scri-vere di Alberto Nessi.

L’ambiente famigliare è sempre pre-sente, ma nella prima parte della mia pro-duzione si trovano anche evidenti tracce di impegno politico molto forte, esplicitato poi in un tipo di narrazione radicata nella zona in cui vivo, con delle immagini che evocano una volontà di cambiare le cose, perché non mi piacciono così come sono, e che rispondono un po’ al gusto del mo-mento. Al gusto del momento, rispetto a come ero in quegli anni, e al gusto del mo-

mento, in quanto la letteratura era diversa da quella che è oggi. Quindi io ero influen-zato dal mio modo di essere un adolescen-te un po’ “selvatico”, e, siccome leggevo parecchio, anche da quel che si scriveva, in Italia specialmente, ma non solo (anche Brecht mi piaceva). Poi, cammin facendo, il mio stile è cambiato, si è trasformato e, forse, si è interiorizzato. Quindi, la parte che riguarda la mia famiglia, essendomi poi sposato ed avendo avuto due figlie, ha avuto una certa prevalenza nella mia pro-duzione. Comunque – è importante sotto-linearlo - in tutta la mia produzione poeti-ca sono presenti entrambi i filoni.

Ritorniamo indietro nel tempo, al 1984, quell’anno viene pubblica-to nelle Edizioni Dadò un libro che ancora oggi viene venduto con successo, si intitola Terra matta. Sono tre racconti lunghi che riguar-dano personaggi che ha incontrato o ha conosciuto attraverso descri-zioni di altri, e che comunque co-stituiscono tre storie emblematiche di quella che è stata la storia pas-sata del Mendrisiotto. Un libro importante che ha fatto capire subi-to che Alberto Nessi è uno scrittore impegnato, attento all’aspetto so-ciale dell’esistenza e che, attraverso la sua scrittura, ha permesso a que-sti personaggi di ritornare in vita.

Sono stato impegnato in modo natu-rale. Io vengo da una famiglia umile, mia madre era operaia di fabbrica, mio padre un piccolo impiegato che poi quando morì, per varie vicende, non ebbe neanche diritto alla pensione. Questa origine fami-gliare mi ha influenzato come scrittore e,

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Page 14: cult - Radiotelevisione svizzera

DUETTO

quando finalmente mi sono sbloccato con la narrativa, poiché credevo di non poter-cela fare come narratore…

Come dire che la poesia è più facile?

No, no, non dico questo. In quegli anni (sempre gli anni Sessanta) leggevo i classici della narrativa europea e i testi de-gli autori della Neoavanguardia. Mi aveva-no mandato un po’ in crisi. Non sarei mai riuscito a scrivere come Joyce o come Céli-ne e allora, mi dicevo, forse riuscirò solo a scrivere poesia, anche se scrivere poesia non è più facile. L’ho già detto, non riuscivo a sbloccarmi con la prosa. Poi, finalmente, capii che potevo farlo se mi guardavo in giro nel luogo dove abitavo, fra le persone che conoscevo: anche nel nostro paese si racchiudono tante storie. Noi siamo uni-versali - diceva qualcuno - se riusciamo a parlare del nostro paese. È una posizione naturalmente discutibile, ma io credo che sia vero. Possiamo essere provinciali se par-liamo di cose lontane che non conosciamo. L’importante è poi concretizzare questa attenzione, questo interesse, questo inse-guimento appassionato della realtà in uno stile che possa avere un’efficacia letteraria.

Qui eravamo nel 1984, avevamo appunto avuto modo in quel mo-mento di capire com’era la Banda del Mattirolo o sentire e seguire le vicende delle sigaraie e poi di entrare a contatto diretto con lo scalpellino di Arzo di nome Togn. Dopo di che è uscito Tutti discen-dono, ancora una volta un titolo che fa riflettere. Tutti discendono

sarebbe il capolinea: si arriva a Chiasso e si scende. Questo è quello che viene anche annunciato adesso sul treno. Ma non vuol dire soltanto questo. Vuol dire anche che tutti abbiamo un albero genealogico alle spalle, che tutti apparteniamo ad un luogo, e che tutti, comunque, siamo condan-nati in qualche misura a fare i conti con la nostra vita che a un certo punto termina.

Sì, quest’ambiguità mi ha sempre in-teressato. È contenuta anche in altri titoli, Rabbia di vento, Il colore della malva. Titoli che ho rubato, se si vuole usare una meta-fora, a labbra popolari. Io penso che anche la gente semplice possa contribuire a fare letteratura, almeno, io lavoro così, lavoro con loro… Dovrei firmare i miei libri con le persone che mi hanno prestato queste espressioni.

E a questo proposito credo che non ci sia testo che meglio renda evidente questo pensiero di Milò, uscito nel 2014, sempre da Casagrande. Sono 18 racconti, il primo è proprio quello che ha dato il titolo alla raccolta. Milò è una figura nota della Resistenza in Valle d’Aosta. Come dire che storie come queste non devono mai essere dimenticate.

Sono affascinato da queste figure… Emile Lexert, operaio della Cogne che spontaneamente, nel ’43, lascia la Svizze-ra e va in montagna e diventa partigiano, poi capobanda e per finire viene ucciso dai fascisti. Sono colpito da queste perso-

ne generose, che credono nei valori etici, lottano contro la dittatura. Sono persone libere. Oggi viviamo in una società senza più tanti ideali, mi sembra. E quindi, io che ho avuto una vita così… modesta… come insegnante e come scrittore, e non ho mai vissuto grandi imprese, sono affascinato da questi personaggi, e ne scrivo. Anche nel penultimo libro che ho pubblicato, che si intitola La prossima settimana, forse, il pro-tagonista è un personaggio di umili origini che si afferma nella vita politica portoghe-se lottando per l’emancipazione dei lavo-ratori di quel paese. Nei miei libri vivono anche altre persone semplici, animate però da questa forza, da questa volontà di lotta-re e di ribellarsi alle ingiustizie.

Alberto Nessi, questo è un momento di gioia, è un momento importante per la sua vita perso-nale, è un piacere, è un onore anche per noi della Svizzera ita-liana poter vantare un Gran Premio Svizzero di Letteratura di casa nostra. Abbiamo iniziato parlando di poesia, concludiamo allora ancora con la poesia e chiediamo

ad Alberto Nessi un inedito per gli ascoltatori di Rete Due.

Ho una poesia, un po’ particolare…, che parla di poesia, in cui entra anche un tipo di ballo, il tango. Allora magari pro-pongo questa.

Scrivere una poesia

al ballerino di Carimateche mi chiede come si scrive una poesia

Si, forse è un po’ come ballare il tangoSi dev’essere in due, cinger la vitanon fare il passo più lungo della gambaassecondare l’onda dentro l’ombradove pulsa il sangue, fare il casquésulla pedana senza cascarsi addossoinseguire il tuo cuore, Caminito.

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Immagini Ti-Press

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2928RENDEZ-VOUS

Do 13 ore 17.00Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano

La Via LatteaIncontro con Heinz Holliger a cura di Giada Marsadria seguire Concerto con solisti dell’Orchestra della Svizzera italianaDirettore Heinz HolligerMusiche di Sándor Veress e György Ligeti

Lu 14ore 20.30Teatro del Gatto, Ascona

Tra jazz e nuove musicheAzimuth Brazilian Groove KingsIvan Conti batteria, percussioni e voce,Alex Malheiros basso elettrico e voce,Kiko Continentino tastiere e voce

Una collaborazione Jazz Cat Club - RSI Rete Due

In diretta su Rete Duersi.ch/retedue

Ve 18ore 20.30Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano

Omaggio a Hermann ScherchenOrchestra della Svizzera italianaDirettore Dennis Russell DaviesMusiche di Pergolesi, Frescobaldi, Gabrieli, Grossi da Viadana e Bach

In diretta su Rete Due e videostreamingrsi.ch/retedue

Do 27ore 16.30Cinema Teatro, Chiasso

Festival di Poesia CivileIncontro con Alberto Nessi presentazione del suo nuovo libro Un sabato senza doloreconduce Maria Grazia Rabiolo

In diretta su Rete Duersi.ch/retedue

Gio 24ore 20.30Teatro LAC, Lugano

ArpeggioOrchestra della Svizzera italianaDirettore Markus PoschnerSolista Lisa Batiashvili violinoMusiche di Oscar Bianchi, Prokof’ev e Schubert

In diretta su Rete Duersi.ch/retedue

Ve 25ore 20.45Teatro Sociale, Bellinzona

Tra jazz e nuove musicheSjö & Classicus QuartetAndrea Manzoni piano e sintetizzatori,Zaes elettronicae programmazione,József Rácz & Réka Baksai violino,Péter Tornyai viola,Tamás Zétényi violoncello

Una collaborazione Teatro Sociale - RSI Rete Due

In diretta su Rete Duersi.ch/retedue

Ma 8ore 21.00Studio 2 RSI, Lugano

Tra jazz e nuove musicheJames Carter Organ TrioJames Carter sassofoni, Gerard Gibbs organo e Alex White batteria

In diretta su Rete Due rsi.ch/retedue

Gio 10alle ore 20.15Centro Polisport, Olivone

Modem Evento sul Parc AdulaIncontro aperto al pubblico

In differita radiofonica venerdì 11 novembrealle ore 8.20 su Rete Uno e alle 19.25 su Rete Due

rsi.ch/reteunorsi.ch/retedue

Gio 10ore 20.30Teatro LAC, Lugano

ArpeggioOrchestra della Svizzera italianaDirettore Vladimir AshkenazySolista Sunwook Kim pianoforteMusiche di Beethoven

In diretta su Rete Duersi.ch/retedue

Sa 12ore 18.00 Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano

La Via LatteaAda incontra GyörgyConcerto-collage intorno alla vita e all’opera di György Ligeti

rsi.ch/retedue

11.2016

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3130

club

NOTA BENE

MaremboDorcy RugambaCasagrande

Moira Bubola

Come si può raccontare l’indi-cibile? La violenza estrema difficilmente può essere detta. Questa riflessione ha accom-pagnato la storia dell’umanità e continua ad interrogare i sopravvissuti delle grandi tra-gedie che hanno caratterizzato il Secolo breve.Tra queste la sanguinosa storia del Ruanda: nel 1994 quasi un milione di persone scompare dall’Africa. Si spenderanno mol-te analisi sulle così dette vio-lenze tribali, dovute alla scelle-ratezza di un colonialismo cinico, ma la memoria di un intero popolo, delle sue ambi-zioni e delle sue paure si perde. Dorcy Rugamba, con pudore e sobrietà, riesce inve-ce a tenere le fila del tempo perché il suo Marembo ci porta tra i membri della sua famiglia, ci descrive la dolcezza di avere una casa, il benessere di sapersi ascoltati da chi pensa al nostro bene e l’importanza di riconoscersi in una tradizio-ne culturale antica e unica. Leggere questo piccolo ma grandissimo libro significa immergersi in un mondo che ha ancora una Speranza, infatti s’intitola Marembo, un nome di donna, un nome di madre.

Fai bei sogniMarco Bellocchio con Valerio Mastandrea (Italia 2016)

Marco Zucchi

Fai bei sogni come frase arche-tipica dell'infanzia ma anche come ultimo ricordo verbale di una mamma scomparsa quan-do aveva nove anni. Nel 2012, nel romanzo-verità, l’editorialista della Stampa Massimo Gramellini aveva com-mosso molti lettori facendo i conti con un dramma del suo passato. Marco Bellocchio decide di reinterpretare libera-mente la vicenda alla sua maniera, con un Mastandrea-Massimo intenso e travagliato. Il regista emiliano di solito non è tipo da voler commuo-vere lo spettatore a ogni costo. Anche qui - pur in odore di lavoro su commissione - si tie-ne alla giusta distanza, pun-tando sui flashback e su imma-gini che trasmettano la patina del tempo.

In uscita nelle sale ticinesi il 24 novembre.

On an Over-grown Path Il luminoso Janáček del Quartetto Energie Nove. Un nuovo cd pubblicato per la Dynamic

Giovanni Conti

Dopo le Visions fugitives e i primi due quartetti di Prokofiev, gli archi del Quartetto Energie Nove non finiscono di stupirci. Fedeli all’etichetta Dynamic pubblicano un prezioso cd regi-strato tra il 2013 e il 2014 negli studi della RSI. Si tratta di una nuova proposta del Quartetto n. 1 e del Quartetto n. 2 di Leos Janacek, un lavoro che è il ri-sultato di un attento studio mu-sicologico incentrato - per la prima volta - sulle partiture auto-grafe del compositore. Il con-fronto con le edizioni presenti sul mercato è assolutamente evidente, anche per l’elevata dimensione delle sfide tecniche. Energie Nove tiene fede al suo nome regalandoci un cd denso di forza e di… energia, impres-se dai violini di Barbara Cianna-mea e Hans Liviabella, dalla viola Ivan Vukčević e dal violon-cellista Felix Vogelsang. Una unità di intenti interpretativi co-me raramente si ascolta carat-terizzata anche da una sonorità di grande respiro, che apre una nuova strada e fa dimenti-care - e non rimpiangere - l’al-gido abbigliamento sonoro che la visione classica del quartetto ha sempre presentato.

25–28 marzo 2017 (4 giorni / 3 notti)

AmburgoDopo anni di attesa, la straordinaria opera architettonica del duo svizzero Herzog & de Meuron,la nuova Elbphilarmonie, è terminata e non potevamo mancare l’appuntamento.

Sabato 25 marzo partenza dal Ticino in bus destinazione Zurigo Kloten da dove decolleremo con volo di linea Swiss (12.35-14.05). All’arrivo ad Amburgo, trasferimento in hotel**** centrale per la sistemazione. Nel pomeriggio, incontro con la guida e trasferimento all’Elbphilarmonie* per scopri-re i segreti della sala e dello straordinario edificio che la ospita. Cena in hotel. *La visita potrà essere confermata unicamente qualche settimana prima a causa delle prove a teatro. Nel caso di annullamento verrà proposta una visita alternativa.

Domenica 26 marzo dopo colazione, incontro con la guida per la visita orientativa della città con il bus e a piedi lungo le principali vie della città: la famosa via “Jungfernstieg”, la via Reeperbahn e il quartiere HafenCity. La visita prevede anche il Municipio (esterno), la Mönckebergstrasse e la piazza Gänsemarkt. Pranzo libero e pomeriggio a disposizione per le attività individuali. Cena libe-ra e ritrovo in hotel per recarci in bus all’Elbphilarmonie dove alle 20.00 assisteremo al concerto:

Les Arts FlorissantsWilliam Christie, direttore Xavier de Maistre, arpaWolfgang Amadeus Mozart, Eine kleine Nachtmusik in sol maggiore KV 525Johann Baptist Krumpholz, Concerto per Arpa e Orchestra in si bemolle maggiore op. 7Johann David Hermann, Concerto per Arpa in fa maggiore op. 9Joseph Haydn Sinfonia n. 85 in si bemolle maggiore “La Reine”

Lunedì 27 marzo dopo colazione, con il bus raggiungeremo Lubecca. La visita guidata ci permet-terà di ammirare il centro storico e la Cattedrale di Santa Maria e sarà impreziosita dalla storia del premio Nobel per la letteratura Thomas Mann, con la visita alla “Buddenbrook Haus”. Pranzo libe-ro e tempo a disposizione per le visite individuali fino al ritrovo alle 16:30 per il rientro ad Amburgo.

Martedì 28 marzo dopo colazione, mattina e pranzo liberi fino al ritrovo nel primo pomeriggio. Dall’hotel con bus raggiungeremo l’aeroporto da dove decolleremo con il volo di linea Swiss delle ore 14.50 destinazione Zurigo. Arrivo alle 16.20 e trasferimento in bus verso il Ticino.

Prezzo per persona in camera doppia CHF 1’290.00 per i soci del Club e CHF 1’330.00 non soci La quota comprende trasferimenti in bus / voli di linea Swiss / 3 notti in hotel**** con prime colazioni a buffet e cena di sabato 25 / visite guidate come da programma.

Supplementi (per persona) camera singola CHF 250.00 / camera singola executive CHF 500.00 / camera doppia/matrimoniale executive CHF 160.00 / biglietto concerto 3 categoria CHF 100.00

Le iscrizioni saranno registrate da lunedì 14 novembre alle ore 9.00 al numero +41 91 803 56 60 oppure all’indirizzo mail [email protected]

Penali in caso di annullamento: dal 1. dicembre 50%, dal 1. gennaio 75%, dal 1. febbraio 100%

Sabato 19 novembre

L’energia di Basquiat

e il dinamismo di una

nuova Milano

Abbiamo ancora alcuni posti a disposizione!

T +41 91 803 56 60, [email protected]

Per dettagli rsi.ch/retedue/club

Page 17: cult - Radiotelevisione svizzera

Club Rete Duecasella postale6903 LuganoT +41 (0)91 803 56 60F +41 (0)91 803 90 85

Ccp69-235-4

[email protected]

Internetrsi.ch/rete-due

Produttrice Rete Due Sandra Sain

Redazione Cult Fosca Vezzoli

Art Director RSIGianni Bardelli

Progetto graficoAckermann Dal Ben

FotolitoPrestampa Taiana

StampaDuplicazione RSI

© RSItutti i diritti riservati

Freq

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1.5 94.0

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Malcantone 9

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Mendrisiotto 9

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.9 91.8 92.6

Maggia-O

nsernone 97.8

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Rivera-Taverne 9

7.3 92.8 Val Poschiavo 9

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100.9

Verzasca 9

2.3 92.7

Galleria M

appo-Morettina 9

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inter

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retedue.rsi.ch SA

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Satellite Hotbird 3 P

osizione 13° est Frequenza 12.39

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Immagini:copertina iStockphoto 13 wikipedia15 alchetron.com, dailybruin.com16-17 immagine tratta dal documentario Il mondo in un orto18 rene-gagnaux.ch