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Page 1: [NAZIONALE - 25] GIORN/CULTURA/PAG03 03/01/08 · 2012. 8. 22. · cultura moderna. L’ideolo-giacomunista,nipotediquel-lahegeliana,eralapiùadat-ta perché la più

AlbumIl Giornale � Giovedì 3 gennaio 2008 25

sfarzo, qui non ha niente del-laspacconeriaaraba,daemi-rochesi mette in mostraper-ché in grado di acquistarel’automobile più costosa e difar erigere il grattacielo piùalto del mondo. L’arabo usa ibeni dell’Occidente proprioperché sa di non avere, conessi,nulla ache fare.Sonoungingillo,unornamento,undi-stintivo per appartenere a unclub esclusivo, come quandoda bambini ci si riconoscevatra adepti di improvvisate so-cietà segrete per una stella ouna croce disegnate a birosull’interno della mano.

Non è necessario essere si-nologi per capire che la Cinanonècosì.Qui lapost-moder-nità assume un volto più im-ponente rispetto a noi. Il co-munismo rappresenta tuttociò che di moderno la Cinaabbia conosciuto: un mezzoper industrializzare un Pae-se agricolo. Ma non ci fu lacultura moderna. L’ideolo-giacomunista,nipotediquel-la hegeliana, era la più adat-ta perché la più simile allastruttura teocratica e imper-sonale dell’impero (marxi-smoedhegelismosono, infat-ti, due ideologie ugualmenteteocratiche), e dunque la piùrivoluzionaria ma, insieme,la più conservatrice possibi-le. Ma, dal punto di vista cul-turale, la Cina non è mai sta-ta moderna, non ne ha maiavuto bisogno. L’ingressonella post-modernità, ossianella globalizzazione, si è ri-velato più naturale per Paesicome la Cina rispetto ai no-stri, malati di modernità. Quisi comprende come tra «mo-derno» e «post-moderno»non sussista alcuna filiazio-ne diretta. La modernità èunacultura, lapost-moderni-tà una prassi.

La Cina coniuga coerente-mente la propria storia e lapropria antropologia con ilmodello globalista, che non èné occidentale né orientale.Rispetto all’Occidente, ha

una storia altrettanto anticama appare molto più prontaad abbracciare il mondo glo-balizzato,comese laglobaliz-zazione fosse stata inventataappositamente per i cinesi. Illorovantaggio stanellamini-ma considerazione accorda-ta alla persona umana, nellasuperiorità della funzionesull’individuo. L’impressio-nantemurodipalazzicheco-steggia le grandi vie di Pechi-

no comunica una freddezzache Manhattan non ha. Fine-stra dopo finestra, piano do-po piano, noi vediamo conl’immaginazione corridoi estanze,scrivanie, sedie, com-puter,moquette,marmi, fon-tane,show-room, sorrisi,ma-nibencurate,vediamole fun-zioni e le cariche, direttoregenerale,direttoredidiparti-mento, segretario generale,dirigente di reparto, capuffi-cio, impiegato, telefonista:ma non vediamo il volto dellepersone. Senza la personaumanaei suoidiritti, lapiani-ficazionepuòtrionfare, ilpia-no potrà essere realizzato.

UOMO E DESTINOMan mano che si camminada Oriente verso Occidente,si fa sentire dinuovo la gran-de domandache anima unacelebre paginadi Lev Tolstòj, ilpiù grande ditutti i narrato-ri. «Di che vivo-no gli uomi-ni?». Questa,ben più degliUrali, è la portache immettedall’uno all’al-tro mondo.L ’Occ identenon è tecnolo-gia, grattacieli,vita spregiudi-cata, happyhour, Internet,Second life:l’Occidente consiste in quelladomanda, è l’ingresso del-l’uomo nell’orizzonte del de-stino. Che ne sarà di me?

L’Oriente è pieno di incar-nazioni divine, incarnazionidi ipostasidivine, incarnazio-ni gnostiche, ma Gesù Cristo,il Dio-Uomo, non ha nulla achevedereconesse.Leparo-le di Gesù sono parole total-mente umane: «Che ti giovaguadagnare il mondo interosepoiperdi la tuaanima?Co-

sa darà l’uomoin cambio di séstesso?». Paro-le umane nonsolo nel lessico(l’io, l’anima)ma anche nellasintassi, chenon è ritualema, più prosai-camente,econo-mica: guada-gnare, perdere,dare in cambio.

I cinesi cono-sconobeneque-

sto valore universale, questoumanesimo, portato dall’Oc-cidente ma assolutamentenon coincidente con esso.Proprio per questo una «bat-taglia tra dèi» si preannun-cia, e noi dobbiamo esserepronti. Non che io sottovalutil’Islam: ma la penetrazioneislamica può aver luogo soloin una situazione di grandedebolezza dell’Occidente,poiché non esiste, in realtà,

un vero modello islamico.Per la Cina il discorso è di-

verso. Il giorno in cui la clas-se agiata sarà ulteriormentecresciutarispetto alpresente(giàoltre300milionidiperso-ne vivono nell’agiatezza) e laCina dovrà cercare altrove leproprie risorse, avremo unanazionecompatta,unanazio-neenorme,che muoveràallaconquista del nostro mondo.Non so se ci sarà una guerracombattuta con le armi: i ci-nesi, se ho bencapito, tendo-noaevitare loscontro cruen-to. Sono laici, tolleranti, nonhanno divinità da installarenelmondo.Quella che sipre-para è una battaglia diversa,e molto più dura, nella qualel’Occidente può tracollare. Èuna battaglia culturale, unabattaglia tra modelli di vitaugualmente credibili: è loscontro decisivo del mondoglobalizzato. La Cina nonpuò non immaginare séstes-sa come leader all’interno diquesto mondo. Il suo model-lo culturale non si fonda sul-la domanda di Tolstòj: di chevivonogliuomini?L’uomoci-nese conoscequesta doman-da, la studia attentamente,ne esamina i fondamenti,ma non la fa propria. Il suomodello culturale ci propo-ne un tipo d’uomo per il qua-le quella domanda non hapiù senso.

Uomini che sanno lavora-re, preparati, intelligenti e altempo stesso semplici, o me-glio modesti nelle pretese,che non hanno e comunquenon vogliono avere proble-mi, a cui è sufficiente man-giarbene,avereunabellaca-sa, soldi in banca, una o piùbelle automobili, poter faresesso e, generalmente par-lando,poterusare ilmondoaproprio piacere. Sono uomi-ni che non amano gli eccessiperché seimila anni di storia

li hanno con-dottiallacondi-scendenzaeal-la moderazio-ne, e oggi que-sta moderazio-ne è diventataun’armaformi-dabile. Nessu-na domanda,nessuno sgo-mento. E po-chissime rifles-sionisuimassi-mi sistemi. Delresto, la stessalingua cinesenon si presta aiconcetti. Il pen-sierocinese (iviincluso Confu-cio)èunpensie-ro eminente-

mente pragmatico, non a ca-so tra gli autori occidentalipiù amati in Cina c’è Machia-velli. È un pensiero spesso fi-nissimo, ma che tende a fer-marsi, senza sconfinamenti,sui problemi pratici e a risol-verli secondo la loro solubili-tà immediata.

Questo è il confronto di do-mani. Sul piano del lavoro,dell’organizzazione,dell’eco-nomia, della produzione del-la ricchezza la Cina non haniente da invidiare al nostromondo. Sul piano della vitapersonale, la sua è un’impo-stazione lineare, che riducele problematiche della vita,ed è - a quanto è dato vedereoggi - un modello vincente. Ilmondooccidentale,a suavol-ta, sembra essersi incammi-nato verso l’eliminazione diciò che lo ha caratterizzatodavanti alla storia. Il suoumanesimoèoggiunumane-simo senza domande. Abbia-mo fatto una grande faticaper togliere dalla nostra cul-tura ciò che i cinesi non han-no mai avuto. In questo giocoal ribasso loro non potrannoche avere la meglio, è un gio-co che conoscono meglio e logiocano molto più ordinata-mente di noi.

(2. Fine)

Una volta, ai tempi di Mao e dei piani quinquennali, l’artecinese era tutta un tripudio di «realismo» socialista, unfiorire di «arte per le masse» pensata per educare milio-

ni di individui attraverso l’immagine. Guai a rifarsi all’arte occi-dentale o, peggio, alla tradizione millenaria, all’iconografia, delCeleste Impero. Quest’ultima era infatti considerata ancora piùdeviazionista, mollemente borghese e intimista, con tutti queipaesaggi sfocati, le immagini dettagliate e graziose di fiori euccelli.

Ma le cose ormai sono profondamente cambiate. Una brezzadi mutamento appena percepibile ha iniziato a soffiare con DenXiaoping a partire dalla fine degli anni ’70. E oggi è diventata unvento impetuoso che riscuote, grazie anche al fascino di esoticanovità, un grande successo presso i mercanti occidentali e lenostre gallerie e musei. Un successo chegli artisti e gli intermediari d’arte oltre laGrande Muraglia hanno subito tradotto,con lo spirito imprenditoriale loro pro-prio, in quotazioni a più zeri.

Per rendersi conto di quanto sia cre-sciuta, in qualità e varietà, la produzionecinese è utile percorrere le sale del Palaz-zo delle Arti di Napoli visitando «La Cinaè vicina», mostra a cura di Diego Esposi-to che fornisce, sino al 25 febbraio, unapanoramica completa dell’evoluzione,dei gusti e degli artisti della cultura visi-va made in China. Una carrellata cheparte dall’influenza della Pop art occi-dentale su pittori come Shi Xinning (chesi è permesso di immaginare Mao men-tre gioca a Las Vegas) sino ad arrivare alle giovani artiste comeCui Xiuwen che hanno messo la questione della condizione delladonna, del sesso e dello sfruttamento al centro delle loro opere.Il tutto senza dimenticare quegli artisti, forse per noi occidentalii meno comprensibili, che hanno recuperato l’arte tradizionalecome forma estrema di provocazione. È il caso di Huang Yan,pittore che percorrendo la strada della body art, della pitturache si modella al corpo umano e diventa quasi tatuaggio, si dedi-ca a paesaggi tradizionali. Paesaggi che impressi sulla pelle ren-dono ancora più visibile il rapporto fra visione della natura eintimità, proprio di una tradizione millenaria.

Sono davvero fortunati i bambini «na-ti con la camicia»? È vissuto davveroun Uomo elefante o un Papa medico?

E la cintura di castità è realmente esistita?Sembrerebbero tutte fantasie se non fosse-ro realtà ben documentate dalla storia pas-sata e recente della medicina ufficiale: la«polvere di mummia» o le pietre preziosesomministrate per curare le malattie e laranocchia di vetro quale primo termome-tro per misurare la febbre. Queste e tantealtre storie vengono brillantemente descrit-te da un medico e storico della medicina,Luciano Sterpellone, nel suo nuovo libroNati con la camicia (SEI Edizioni, pagg.145, euro 13).

Accanto ai grandi protagonisti della scien-za più vicina all’uomo, accanto ai sorpren-denti progressi della medicina, emergonoin filigrana fatti singolari, eventi inquietan-ti, testimoni, sulla base di una rigorosa do-cumentazione storica, del difficile procede-re per tentativi, per successi ma anche pererrori strabilianti, di questa disciplina.

Medici, pazienti o individui comuni venu-ti comunque a contatto con la medicina so-no stati nel tempo autori e protagonisti diavventure e di pratiche che hanno sfioratol’inverosimile,che sembranopartorite dallamente di unoscrittore a dirpoco fantasio-so: ecco la cu-ra delle malat-tie a suon di ta-rantella, ilbambino che adue anni cono-sceva a memo-ria la Bibbia,l’ incredibilestoria della pil-lola anticonce-zionale, il cer-vello di Ein-stein fatto afettine, la na-scita dei far-maciantitumo-rali dopo ilb o m b a r d a -mento del por-to di Taranto,i succhiatoridi sangue.

Con la stessatranqui l l i tàcon cui oggi cidistendiamosul lettino del-la Tac, certidella validitàdel responsodiagnostico, ocon cui assu-miamo un farmaco sicuri di trarne vantag-gio, così i nostri predecessori - dalla prei-storia all’altro ieri - si sottoponevano alleterapie più stravaganti nella beata illusio-ne di guarire. Ciò non significa tuttavia chele cose di oggi siano altrettanto evanescen-ti e aleatorie: la medicina si basa attual-mente non più, come ieri, sull’empirismo esull’immaginazione, bensì su criteri rigoro-samente convalidati dalla ricerca e dal-l’esperimento scientifico, perfezionabili sì,ma certamente non approssimativi: difficil-mente gli odierni metodi di diagnosi e dicura verranno del tutto smentiti nei loroprincìpi di base.

D’altra parte, le credenze e le pratichedel passato, il più delle volte precarie e nondi rado risibili, non sono state tutte inutili,perché da esse sono spesso derivate prezio-se invenzioni e scoperte: i primi antibioticifurono isolati proprio studiando le muffeapplicate dall’Uomo preistorico per guari-re le ferite; e la ricerca sui farmaci antitu-morali nacque proprio dalle sommarie, af-fannose prime osservazioni sulle vittimedel bombardamento del porto di Tarantonella seconda guerra mondiale.

Luciano Sterpellone ci guida, con il suostile vivace e accattivante, in questa avvin-cente e diversa storia della medicina. Pato-logo clinico, accanto all’attività professio-nale di medico Sterpellone s’è sempre occu-pato di divulgazione medica e giornalismoscientifico. È stato per molti anni collabora-tore e conduttore di alcune fortunate tra-smissioni scientifiche Rai (Dottore Buona-sera, S come salute, Check up) e nel 2001ha vinto il premio Saint Vincent per la divul-gazione medica. È autore di oltre un centi-naio di libri, molti dei quali tradotti all’este-ro, fra cui Le cavie dei lager che ebbe lapresentazione di Simon Wiesenthal.

[SL]

IN MOSTRA A NAPOLI

Tradizione reinventata

CON CURA Da un antico manoscritto

Quella generazione di artistiche non hanno paura di Mao

STORIA E SALUTE

Pillole di medicinacon uno stranosapore di magia

Luciano Sterpellonein «Nati

con la camicia»svela i misteri

dei rimediantichi e moderni

RETAGGI DEL PASSATO PROSSIMOUn assembramento di persone vestite

con le tradizionali tute blu, spettacolo ormairaro nelle metropoli cinesi, in cui

il cambiamento sociale è molto veloce

RITO In costume tradizionale

La loro cultura è pienadi ipostasi divine,di incarnazioni

sapienziali, ma Gesùnon ha nulla

a che vedere con esse

Quella che si sta preparandoa Oriente è «una battaglia tra dei»

Due concezioni della vitasi affrontano: da un lato ci sonoi diritti e l’individuo, dall’altrola pianificazione e l’armonia