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LA NEUTRALITÀ EDUCATIVA. Sfida o utopia? Bibliografia di riferimento Franco Cambi – Marco Giosi – Alessandro Mariani - Daniela Sarsini, Pedagogia generale, Carocci editore 2015 (di seguito indicato come PG, seguito dalla pagina di riferimento) Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, edizione on line serie “Storie d’Italia Einaudi”, sulla base del testo edito da Libreria editrice fiorentina nel 1976 (di seguito indicato come LP) Luigi Giussani, Il rischio educativo, Rizzoli 2006 (di seguito indicato come RE) Il problema È possibile educare in maniera neutrale, cioè prescindendo da una visione della vita o da un orizzonte assiologico o da una – esplicitata o tacitamente assunta – opzione etica? È possibile distinguere, in ambito educativo, tra neutralità, neutralismo, dogmatismo? Che cos’è la pedagogia? “Essa si riferisce a quei processi educativi che fanno sì che ogni società/cultura sia e resti quello che è, trasmettendo alle nuove generazioni riti, credenze, tecniche, saperi” (PG 11) Così si apre PG, che intende presentare la pedagogia generale nel “postmoderno” (I parte), indicando come essa debba tutelare il senso e il focus delle diverse scienze

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LA NEUTRALITÀ EDUCATIVA. Sfida o utopia?

Bibliografia di riferimentoFranco Cambi – Marco Giosi – Alessandro Mariani - Daniela Sarsini, Pedagogia generale, Carocci editore 2015 (di seguito indicato come PG, seguito dalla pagina di riferimento)Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, edizione on line serie “Storie d’Italia Einaudi”, sulla base del testo edito da Libreria editrice fiorentina nel 1976 (di seguito indicato come LP)Luigi Giussani, Il rischio educativo, Rizzoli 2006 (di seguito indicato come RE)

Il problemaÈ possibile educare in maniera neutrale, cioè prescindendo da una visione della vita o da un orizzonte assiologico o da una – esplicitata o tacitamente assunta – opzione etica? È possibile distinguere, in ambito educativo, tra neutralità, neutralismo, dogmatismo?

Che cos’è la pedagogia? “Essa si riferisce a quei processi educativi che fanno sì che ogni società/cultura sia e resti quello che è, trasmettendo alle nuove generazioni riti, credenze, tecniche, saperi” (PG 11)

Così si apre PG, che intende presentare la pedagogia generale nel “postmoderno” (I parte), indicando come essa debba tutelare il senso e il focus delle diverse scienze dell’educazione (II parte), nell’ambito di un variegato arcipelago che comprende diverse pedagogie, la filosofia dell’educazione e l’educazione degli adulti (III parte), accomunate da uno sbocco comune che è la formazione che sta con e oltre l’educazione (IV parte).

“Per fare una prima sintesi fissiamo che:1. la PG ha una precisa funzione: generativa e regolativa;2. ha una precisa identità critica (=filosofica);3. esercita la critica sull’oggetto (=educazione/formazione) e sul sistema di saperi

che lo specificano;

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4. essa deve permanere al centro della pedagogia e dei suoi saperi in quanto esercizio di sintesi (critica), di legittimazione (critica), di focalizzazione (critica);

5. è il settore (generalista) chiave della pedagogia che ne custodisce la ricchezza, la complessità, il senso… Costantemente ripensata” (PG 18)

Di quale educazione parliamo?Gaston Mialaret: “Ci troviamo quindi di fronte ai quattro principali significati della parola educazione:

a. educazione come istituzione;b. educazione come azione;c. educazione come contenuto;d. educazione come risultato” (PG 21).

Una pedagogia critica“La PG, rispetto ai problemi, … tiene fermo, anche, il pluralismo dei punti di vista da cui si può guardare la pedagogia (in generale) o un fascio di problemi educativi (le pedagogie settoriali), sempre in modo dialetticamente critico. In un lavoro sempre ripreso, riattivato e “senza fine” (PG 29).

Irripetibilità del soggetto educato (ed educante?) tra educazione e formazione“Senza educazione non c’è formazione. Ma questa va oltre. Si sposta su quella quota personale, interiore, spirituale (coscienza + cultura) che meno riguarda l’educazione o, in genere, non la riguarda affatto. L’educazione trasmette e conforma… La formazione coltiva il soggetto, nella sua autonomia, nella sua singolarità, nella sua irripetibilità e gli offre gli strumenti per coltivarsi in questa sua specificità di esser-soggetto singolo e creativo” (PG 37).

Culto degli eroi vs relativismoRichard Rorty: “L’antidoto al comune relativismo non è il rinforzare il senso della realtà, spiegando come un esperimento di laboratorio può confutare una teoria scientifica. Né consiste nell’inculcare il senso dei valori eterni leggendo i Grandi Libri. Consiste invece nel dare agli studenti un’occasione per il culto intellettuale degli eroi, mostrandogli la grandezza intellettuale come grandezza nel superare i problemi… Penso che l’indolente indifferenza che caratterizza il comune relativismo si superi meglio incoraggiando ad imitare tali tentativi eroici di risolvere i problemi,

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piuttosto che assicurando che esista una Verità che vada oltre la “pura e semplice” soluzione dei problemi umani” (PG 43-44).

Critica delle tradizioniMartha Nussbaum: “La capacità di giudicare criticamente se stessi e le proprie tradizioni… significa non accettare alcuna credenza come vincolante solo perché è stata trasmessa dalla tradizione… Significa mettere in gioco tutte le credenze e accettare soltanto quelle che resistono alle richieste di coerenza e di giustificazione razionale… Esami di questo genere portano spesso a sfidare la tradizione, come ben sapeva Socrate quando dovette difendersi dall’accusa di corrompere i giovani” (PG 44).

Complessità, differenza, ecologia per un approccio pluralistico (vs neutralismo?)“La differenza si è imposta come parametro e paradigma per pensare oggi l’educazione, per attivare strategie educative, per delineare modelli di formazione. Tutti contrassegnati dal bisogno di valorizzare il pluralismo e la disomogeneità e la sintesi aperta da realizzare con un dialogo mai omologante. L’esempio massimo… ci è dato dalla pedagogia interculturale… che reclama attenzione e rispetto in relazione proprio alla positività e ricchezza delle differenze” (PG 55).

Stile “saggistico” vs dogmatismoLo stile metafisico è inapplicabile in pedagogia “perché l’educare/formare ha una sua “base” empirico/pragmatica che non reclama letture dogmatiche, bensì problematiche, E ogni metafisica, pur critica che sia, si pone come ne varietur” (PG 64).

La verità “in minore” (ma non neutra!)Franco Cambi: “La verità a cui guarda (su cui verte) il saggio è una verità erratica, progressiva, senza traguardo, mai garantita… Il lavoro del saggio è sempre trasversale, decostruttivo, re-interpretativo, tendenzialmente radicale, ma proprio per questo… un pensare autentico, senza Norme o Barriere, senza Modelli pre-costituiti” (PG 67-68).

La forza del carattere, cioè: non negare, ma valorizzare le differenze (vs neutralismo)“Il carattere è vocazione, è coscienza di sé, è volontà di esser se stessi e di farsi testimoni, di sé, nel mondo, di agire nel mondo secondo un progetto… Ed è questo – di costruire soggetti con questo carattere – un auspicio e un compito pedagogico del postmoderno. Come eseguirlo? Risvegliando sempre più soggetti alla cura sui…

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Risvegliandoli a coltivare il carattere: la propria unicità personale, le proprie vocazioni e capacità… un risveglio etico, di costruzione di sé e di orientamento di sé, secondo impegno e responsabilità” (PG 75).

Il principio della libertà (vs neutralismo)“La PG, possiamo dire, ha posto in chiaro il postulato e il senso dell’educazione e lo ha fatto in una discussione aperta, in cui le avventure educative e pedagogiche del XX secolo sono state determinanti… Voci diverse, sì, ma accomunate da un punto-di-fuga comune: educare nella e per la libertà e dare emancipazione (per entrare nel “formarsi alla libertà”) a tutti” (PG 82).

Formare in modo dinamico e problematico (vs dogmatismo)“La formazione è la categoria più organica e più adeguata… per pensare la pedagogia. …salvaguardare la centralità della formazione dell’individuo come proprium della pedagogia… facendo perdere alla nozione di forma il carattere di struttura compatta e armonica, per farle assumere un volto nuovo, inedito, contrassegnato più da un processo formativo, dinamico e problematico che da un traguardo della forma fissa e stabile… Una formazione problematica, legata più alla forma di sé che alla forma in sé” (PG 124-125).

Educazione situata (vs neutralismo)“Nell’ambito pedagogico dobbiamo distinguere due piani, quello descrittivo e quello normativo, necessari per studiare quei “fatti” che riguardano l’uomo come essere educabile. Nella maggior parte dei casi quei “fatti” sono complessi e di natura qualitativa, poiché l’educazione si esercita su esseri concreti, collegati a un ambiente particolare, influenzati da una notevole quantità di variabili (la cultura, la struttura familiare, le condizioni economiche, la lingua, la religione ecc.)” (PG 130).

Marielisa Muzi: “Nel campo della pratica educativa, qualsiasi fatto è permeato di valore e, corrispondentemente, ciascun valore permea i fatti. Non si danno cioè né si possono dare… eventi o azioni educative indipendentemente dal riferimento a significati e valori… In realtà, già l’osservazione… di fatti educativi non è mai neutrale: né concettualmente, né axiologicamente; ma è, inevitabilmente, concettualmente permeata e axiologicamente compromessa” (PG 143-144).

“La pedagogia sociale… si occupa dei temi relativi alla scuola, li collega alla realtà più vasta della comunità sociale nella quale la scuola è inserita, e se si rivolge all’educazione familiare lo fa correlandola alle condizioni materiali di vita dei

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soggetti e alle politiche formative proposte nel territorio… Diventa sempre più chiara l’inadeguatezza di un percorso conoscitivo fondato solo su saperi neutri e razionali, quelli disciplinari, svincolati dal contesto e separati dal modo di vita dei soggetti” (PG 146, 148).

Raffaele Laporta: “Non si può ormai pensare un processo educativo al di fuori di un contesto sociale, rispetto al quale esso è chiamato ad attrezzare ogni individuo, rendendolo funzionale ad esso e reciprocamente traendo da quello ragioni e mezzi per ogni crescita personale, superando difficoltà oggettive, calcolando condizioni ostili e le diverse età della vita… nelle condizioni di esistenza di ogni comunità umana” (PG 149).

Nell’educazione degli adulti è essenziale puntare sull’appartenenza alla rete dei saperi per creare quei legami di appartenenza che consentono un processo di formazione in orizzonte comunitario: “la metafora descrittiva della società contemporanea, definibile in termini di network society, cioè come organizzazione reticolare del lavoro e del mercato in modo orizzontale e aperto, reclama a livello sociale la costruzione di reti di appartenenza” (PG 163).

Educare (tirando fuori le potenzialità) / Istruire (dando dei contenuti) / Formare (in proiezione futura)Questo percorso complesso esige l’applicazione dell’autonomia scolastica (DPR 275 / 8 marzo 1999) nella “organizzazione e la programmazione dei curricula e delle risorse… (per) strutturare l’offerta formativa scolastica secondo nuove linee e indirizzi, non più codificati a livello centrale ma sulla base delle esigenze locali… proprio perché è possibile coniugare la dimensione globale con quella particolare” (PG 198).

L’assiologia della PG (vs neutralismo)Oltre alla ricerca epistemologica, “il secondo grande fronte di riflessività della filosofia dell’educazione è l’assiologia, relativa cioè alla trattazione dei valori fondanti le regole dell’agire e del pensare, valori che la pedagogia sceglie come principi vincolanti e imprescindibili per l’elaborazione e la messa in atto della sua categoria principe che è la formazione… e che sono l’emancipazione, la libertà, l’uguaglianza, l’integralità, il dialogo, la responsabilità e la comunità” (PG 174).

La pedagogia di genere prende atto dei cambiamenti introdotti prima dal modello dell’emancipazione e delle pari opportunità, poi da quello “della differenza”, che

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rivendicava la specificità del femminile e su questa base dà visibilità a un’etica dell’educazione (PG 205)

Simonetta Ulivieri: “È quindi necessario un intervento nella scuola dell’obbligo, cominciando dalla scuola elementare, che dovrebbe educare alla valorizzazione della differenza, intesa quest’ultima come risorsa e non come difetto, o deformazione, o indice di inferiorità” (PG 208).

La pedagogia della famiglia: dall’assiologia al dogmatismo mascherato?“Aldilà delle diverse rappresentazioni, ciò che è certo è che la famiglia non è un’entità naturale come alcuni ideologicamente la leggono, ma un’istituzione storico-culturale che si evolve nelle forme e nelle funzioni in rapporto ai mutamenti economici, sociali e culturali” (PG 180).

Il neutralismo libertario: impraticabile?“Un limite possibile di tutti gli approcci “attivistici” in campo educativo, in tutte le loro forme, è di non fornire nessuna soluzione chiara e coerente alla questione dei contenuti dell’insegnamento… non si affronta il problema, lasciando agli allievi la scelta” (PG 223)

L’opzione democratica non-neutrale (e il rischio della discriminazione al contrario ) “Attorno all’idea politica di “democratizzazione” dell’educazione ruotano molteplici e talvolta ambigui significati: c’è chi la traduce con dare più libertà, maggiori responsabilità ai discenti. C’è chi interpreta la formula in modo del tutto diverso: rendere i giovani individui uguali di fronte all’insegnamento, dando a tutti le stesse possibilità o, cosa più logica, dando maggiori possibilità a coloro che partono svantaggiati, attraverso classi meno numerose, corsi di sostegno, ecc…” (PG 235)

La scuola democratica non deve indottrinare“Il ruolo di uno stato democratico è di permettere a ogni individuo di trovare da solo il senso della propria vita da adulto, senza “indottrinare” … l’indottrinamento può avvalersi di molteplici strategie e mezzi: si può indottrinare sia con l’informatica che con colloqui non autoritari o ancora, se non meglio, con “corsi” o esami” (PG 236).

Come rilanciare il valore pedagogico dell’utopia aspirando al neutralismo?Karl Mannheim, Ideologia e utopia: “Una mentalità si dice utopica quando è in contraddizione con la realtà presente” (PG 245).

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La neutralità educativa secondo Lettera a una professoressa

La scelta di un modello pedagogico “per il singolo”“Chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti” (LP 5)

Intervento di un deputato DC, on. Limoni, sulla nuova media: “Perché mai dovrebbero essere umiliati i più dotati di intelletto e volontà costringendoli … al volo di chi è per natura necessitato a procedere più lentamente?” (LP 58)

“Qualche volta viene la voglia di toglierseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati” (LP 12)

“Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo di piangere. Il mondo è una famiglia immensa. C’è tante altre creature da servire” (LP 32)

“Bocciando i più vecchi i professori hanno colpito anche i più poveri” (LP 40)

“‘Se un compito è da quattro, io gli do quattro’. E non capiva, poveretta, che proprio di questo era accusata. Perché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti eguali fra diseguali” (LP 43)

“Io vi pagherei a cottimo. … multa per ogni ragazzo che non ne impara una. Così l’occhio vi correrebbe sempre su Gianni” (LP 69)

“La scuola selettiva è un peccato contro Dio e contro gli uomini” (LP 89)

“A Barbiana non passava giorno che non s’entrasse in problemi pedagogici. Ma non con questo nome. Per noi avevano sempre il nome preciso di un ragazzo. Caso per caso, ora per ora” (LP 101).

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Educare alla responsabilità (nella/della scuola)“Io non li ho cacciati, li ho solo bocciati. Se non ci pensano i genitori a rimandarli peggio per loro” (LP 50)

“Ci sono dei professori che fanno ripetizioni a pagamento. Invece di rimuovere gli ostacoli, lavorano a aumentare le differenze” (LP 53).

Educare alla solidarietà“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica, sortirne da solo è avarizia” (LP 6)

“Il sapere serve solo per darlo” (vs tentazione di studiare per sé – LP 92)

Educare alla vita concreta e quotidiana“Poi sapevo bene la storia in cui vivo io. Cioè il giornale che a Barbiana leggevamo ogni giorno, ad alta voce, da cima a fondo. …non c’è nulla sul giornale che serva ai vostri esami. È la riprova che c’è poco nella scuola che serva nella vita” (LP 18).

“Quando la scuola è poca il programma va fatto badando solo alle urgenze. Nel suo (di Gianni, NdR) programma ci stava meglio il contratto dei metalmeccanici. Lei signora l’ha letto? Non si vergona? È la vita di mezzo milione di famiglie” (LP 20).

Meno matematica, solo quella che serve: “Quali sono i calcoli che ognuno deve saper fare per le necessità immediate di casa o di un lavoro qualsiasi o della lettura di un giornale?” (LP 70)

Educare all’uguaglianza“Perché il sogno dell’uguaglianza non resti un sogno vi proponiamo tre riforme. Non bocciare. A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno. Agli svogliati basta dargli uno scopo” (LP 67)

“È solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli” (LP 81)

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“Tutti i ragazzi sono adatti a far la terza media e tutti sono adatti a tutte le materie” (LP 68)

Educare al fine (vs dogmatismo e vs neutralismo)“Una volta c’era la scuola confessionale. Quella un fine l’aveva e degno di essere cercato. Ma non serviva agli atei. Ora la scuola confessionale non esiste più… Cercasi un fine. Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null’altro che d’essere uomo. Cioè che vada bene per credenti e atei… Il fine giusto è dedicarsi al prossimo… Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine ma delle scelte. Contro i classisti che siete voi, contro la fame, l’analfabetismo, il razzismo, le guerre coloniali. Ma questo è solo il fine ultimo da ricordare ogni tanto. Quello immediato da ricordare minuto per minuto è d’intendere gli altri e farsi intendere” (LP 79-80)

“La vocazione l’abbiamo tutti uguale: fare il bene là dove possiamo” (LP 94)

La scuola di servizio sociale: “Ci vanno quelli che hanno scelto di spendere la vita solo per gli altri. Con gli stessi studi si farebbe il prete, il maestro, il sindacalista, il politico. Le altre le chiameremo scuole di servizio dell’Io e si potrebbe lasciare quella che c’è ora senza ritocchi” (LP 95).

Vs neutralismo“Io sono un ragazzo influenzato dal maestro e me ne vanto. Se ne vanta anche lui. Sennò la scuola in che consiste? …Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti” (LP 94)

“Io tra un professore indifferente e un maniaco preferisco il maniaco. Uno che abbia un pensiero suo o un filosofo che gli va bene. Parli solo di quello, dica male degli altri, ce lo legga sull’originale per tre anni di seguito. Sortiremo di scuola convinti che la filosofia può riempire una vita” (LP 100-101).

“Quando avrete dato al Vangelo il posto che gli spetta la lezione di religione diventerà una cosa seria” (LP 102).

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Il rischio educativo

Si tratta di (1) proporre il passato, (2) dentro un vissuto presente, (3) educando alla critica: si prende il sacco e lo si pone davanti agli occhi (pro-ballo, da cui “problema”; RE 17), rovistandoci dentro per una cernita (krinein, da cui “crisi”) rispetto ai desideri del cuore (RE 18)

“Non sono qui perché voi riteniate come vostre le idee che vi do, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che io vi dirò” (RE 20)

Razionalità = il fatto di corrispondere alle esigenze di verità, giustizia, bontà… del cuore umano (RE 21)È un concetto di ragione più aperto, per cui non si afferma di credere solo a ciò che si vede (negando l’esistenza degli USA perché non vi si è mai stati…; RE 28), ma si accoglie anche la verità della certezza morale.

Rischio: “non si tratta di un feeling da evocare, di un’emozione pietistica da suscitare, ma di un impegno che non può barare; si è quindi alla mercé delle sabbie mobili di una libertà” (RE 44)

Il richiamo all’ideale: “solo una continuità di richiamo può sperare di creare una forma educativa stabile e quindi feconda. Mi pare però… non si tratti innanzitutto di una coerenza etico-pratica dell’educatore, bensì… di coerenza ideale nell’educatore stesso, per cui il richiamo di principio dimostra di saper diventare riferimento per tutto lo svolgersi del vivere” (RE 60).

“La giovinezza è caratterizzata dal sentimento di uno scopo, anche non precisato” (RE 61)

Educazione = introduzione alla realtà (RE 65), che è dunque meta del cammino educativo, come realtà totale, affermata nel suo significato.

Lealtà con la tradizione: valori e significati in cui si nasce sono vagliati, in prima istanza, in modo onesto, come prima ipotesi esplicativa della realtà (RE 68).

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Offrire un criterio di giudizio per vagliare questa ipotesi è compito della famiglia e dell’educatore, pena la pretesa neutralista che conduce a disamore e affezione, a carenza d’impegno con la realtà (RE 72)

Occorre “offrire aiuto per l’effettiva presa di coscienza di una ipotesi esplicativa unitaria… lottando contro i fenomeni più vistosi del nozionismo e della frammentarietà dei programmi” (RE 74)

“La nostra scuola è impostata su un innaturale neutralismo, appiattitore di ogni valore… Ci fanno studiare un’infinità di cose e non ci aiutano affatto a comprendere il senso di queste cose; a noi sembra allora che manchi il perché ce le fanno studiare” (RE 78)

“La scuola “neutra”… tende a generare: il fanatismo o il bigottismo; oppure indifferenza o qualunquismo” (Re 80)

Il “luogo dell’ipotesi” è l’autorità, cioè una persona ricca di coscienza della realtà che offre un richiamo ai valori ultimi e un permanente criterio di giudizio su tutta la realtà” (RE 83-84)

Verifica personale dell’ipotesi educativa: “occorre suscitare nell’adolescente personale impegno con la propria origine… l’impegno esistenziale come condizione per una genuina esperienza di verità” (RE 87, 89)È una verifica che il discente è chiamato a condurre nel suo ambiente, in forma comunitaria, usando del proprio tempo libero (ER 94-99)

Il rischio educativo comporta da parte dell’autorità “l’accettazione del crescente, equilibrato rischio del confronto autonomo tra l’ipotesi e la realtà nella coscienza dell’adolescente, unica condizione per la maturità della sua libertà… Lentamente… l’educatore si è distaccato sempre più dal discepolo, sollecitandolo sempre più a un impegno e a un giudizio personali… Ora educato ed educatore sono due uomini” (RE 108-109)

“Pericolo gravissimo: confondere il dialogo con il compromesso… Ciò che abbiamo in comune con l’altro non è tanto da ricercare nella sua ideologia… ma in quelle esigenze umane, in quei criteri originari per cui egli è uomo come noi” (vs relativismo).

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Il 2 febbraio 2007 l’ispettore di polizia Filippo Raciti perde la vita in scontri tra tifosi nei pressi dello stadio di Catania. Il fatto di cronaca genera un dibattito tra studenti e docenti del liceo classico di Catania

La lettera-appello - Ecco il testo integrale del documento del Comitato studentesco, composto da due rappresentanti per classe più i rappresentanti d’istituto I fatti accaduti allo stadio lo scorso 2 febbraio ci hanno turbato profondamente. Siamo addolorati, perché un uomo, l’ispettore di polizia Filippo Raciti, ha perso la vita, vittima di inaudita violenza. Non ci sentiamo però di fermarci alla rabbia e alla vergogna, né vogliamo unirci al coro di tutti gli “indignati”. L’indignazione non serve a capire il motivo di tanta violenza a livello giovanile e soprattutto non ci esonera dal dare un contributo costruttivo. Questi fatti ci interpellano personalmente, ci pongono diversi interrogativi, ci chiamano in causa e ci invitano a una riflessione, riguardo alla coscienza che abbiamo della realtà, a un’identità vera con la quale ci impegniamo dentro le circostanze della vita e a una speranza fondata con cui possiamo guardare il nostro futuro. (…) È vero quello che ha scritto il professor Pietro Barcellona sulle pagine de La Sicilia nei giorni scorsi: «Si gioca con la morte quando la vita non vale niente». Dove dovremmo impararlo noi il valore della vita? Chi ce lo dovrebbe comunicare? Certo in primis la famiglia e la scuola. E allora non basta la repressione o escogitare nuove regole per la sicurezza negli stadi. Occorre ripartire dall’educazione. Che non sono le buone maniere o i comportamenti civili. Consideriamo questa come la prima emergenza e la vera via d’uscita da quella che si presenta sempre più come una cultura di morte. Noi abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare il senso del vivere e del morire, qualcuno che non censuri la nostra domanda di felicità e verità. Noi riteniamo che la scuola possa costituire uno spazio adatto per questa ricerca e che liberamente uno possa verificare tutta la positività e il bene che la realtà ci promette. Dentro le cose che studiamo, dentro il tempo scolastico, dentro il rapporto con i professori. Per questo chiediamo innanzitutto ai professori e alla scuola intera che ci prendano più sul serio, che prendano sul serio le nostre vere esigenze. Che non debba accadere che un ragazzo finisca male o che comunque perda il gusto del vivere perché a scuola s’è trovato attorno, soprattutto tra gli educatori, gente rassegnata, opportunista e vuota. Quanto a noi, bisogna smetterla di perseguire come unico ideale della vita il comodo e la facilità, il divertimento balordo a tutti i costi. Ci stiamo giocando la vita degna d’esser vissuta e nostro stesso futuro. Comitato studentesco Liceo Spedalieri, Catania (La Sicilia, 15 febbraio 2007)

La risposta del preside e di 28 professori del liceo Il preside e 28 docenti del liceo Nicola Spedalieri di Catania rispondono all’appello degli studentiCari ragazzi, (…) il nostro impegno di educatori e di cittadini è diretto a stimolare domande e curiosità intellettuali, pensiero critico, a favorire la libera espressione e circolazione delle idee, il confronto e la ricerca nel rispetto dei diritti di tutti sanciti dalla nostra Costituzione. Non possiamo, né vogliamo, darvi delle risposte, ma prepararvi affinché siate voi non solo a chiedervi quale sia il senso della vita ma anche a riuscire a individuare, tramite lo studio del cammino culturale dell’uomo sociale, le risposte adeguate al vostro percorso. Proporvi, o imporvi, delle verità è integralismo, cioè barbarie, e pertanto questo atteggiamento non può avere luogo nella scuola pubblica, cioè democratica e laica. Vi rispettiamo troppo per sventolarvi Verità rivelate: abbiamo molto a cuore il vostro futuro di protagonisti della società globale e non vogliamo certo che diveniate i “soldatini di piombo” di una società assolutista e intollerante, consumistica e omologante. Amiamo ricordarvi e ricordarci a tal proposito le parole di Primo Levi: «Poiché è difficile distinguere i profeti veri dai falsi, è bene avere in sospetto tutti i profeti; è meglio rinunciare alle verità rivelate, anche se ci esaltano per la loro semplicità e il loro splendore, anche se le troviamo comode perché si acquistano gratis. È meglio accontentarsi di altre verità più modeste e meno entusiasmanti, quelle che si conquistano faticosamente, a poco a poco e senza scorciatoie, con lo studio, la discussione, il ragionamento, e che possono essere verificate e provate».Se ci chiedete di affrontare insieme una fase della nostra comune crescita culturale verso obiettivi condivisibili al di là delle tante chiese di moda oggi, obiettivi come il rispetto per l’altro e per le differenze, la solidarietà e il rigetto di ogni forma di prevaricazione, siamo qua, nel luogo in cui lavoriamo da sempre con impegno e passione. Pensiamo possa essere questo uno dei modi per non fermarsi alla rabbia e aprirsi alla comune costruzione di un mondo in cui la vita sia degna di essere vissuta».(La Sicilia, 4 marzo 2007)