WAVe11 numero 3

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W.A.VE. Workshop di progettazione architettonica dell'università Iuav di Venezia

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CONFERENZA BINATAKOLLHOFF/ROTAscintille di architettura

di Giacomo cecchettoauspicabile cortocircuito. Giancarlo carnevale l’aveva predetto che nella conferenza binata di martedì 28 ci sarebbe stato il principio di un confronto tra due personalità agli antipodi per formazione, pensiero ed esiti progettuali. due «diversità quasi divergenti», chiarissime sin dalle prime battute di presentazione. Lo si nota già dall’esordio. hans Kollhoff inizia con tono pacato ma fermo: formula un’analisi della realtà sociale, del modello capitalistico americano. capitalismo in crisi, che oscilla tra consumismo sfrenato e malinconia per l’europa, tanto da generare tristi riproduzioni di alcune città, come la “Venezia” di Las Vegas. L’europa oggi può fornire una risposta a questa crisi con una nuova attenzione all’uomo e al rapporto con la società, in cui opera l’architetto che deve ricordarsi di non dover generare solo eccezioni senza rinunciare a produrre arte. Questo è la tendenza attuale, risultato dell’“effetto Bilbao”, che vede la produzione di architetture-eccezioni, e non di architetture relazionate al loro contesto urbano. Ben più provocatoria la presentazione di italo Rota che invita subito gli studenti ad annotarsi tre nomi: Vittorio Gregotti, oswald mathias Ungers e oriol Bohigas, uomini «molto intelligenti, ma architetti totalmente sprovvisti di talento e che hanno fatto del male alle centinaia di migliaia di persone che hanno usato i loro manufatti». in aperto contrasto con Kollhoff ha sottolineato l’inattualità di alcune categorie: quella “europa-europeo”, perché per le «meravigliose città ottocentesche» i nostri antenati si sono uccisi nelle guerre. La categoria “architettura”, incapace di produrre manufatti utilizzabili, visto che discipline come il design devono intervenire per rendere gli spazi vivibili. e ancora la categoria “città”, inutile per la complessità degli spazi urbani. Per non parlare poi della categoria di “architetto”, poiché chi oggi vuole creare un oggetto deve solo avere una storia da raccontare. Nella presentazione di Rota controversa è anche l’analogia tra «Vers une architecture» di Le corbusier e «mein Kampf» di adolf hitler, usata per sottolineare il fatto che entrambi potevano essere o completamente accettati o completamente rifiutati, senza mediazioni. Per l’architetto milanese l’unica risposta possibile alla mancanza di categorie è l’attenzione alla vita, perché solo quest’attenzione può rispondere alle nostre domande e solo l’architetto può far vivere le complessità e le raffinatezze, essenze dell’architettura, in uno straordinario incontro che suscita problemi superabili tramite le «moderate utopie ed ossessioni». il cortocircuito non si è fatto aspettare molto: sono subito scoccate scintille e le battute tra i due architetti e altri docenti sono state taglienti. Le divergenze non sono solo negli approcci progettuali, ma anche nell’esposizione della propria opinione, a partire dalla mancanza di immagini di progetti nella presentazione di italo Rota, che motiva la sua scelta citando il De re aedificatoria di Leon Battista alberti: il testo si apre sottolineando la non necessità di immagini per parlare di architettura. La complessità, continua Rota, non deve essere imitata alle facciate perché il lavoro dell’architetto è spazio tridimensionale che si deve poter vivere nelle sensazioni, nelle analogie e che non può essere raccontato per figure. Kollhoff ricorda invece come i tre architetti citati e criticati nelle prime battute hanno almeno cercato di dare una risposta materiale a problemi della città vissuti, letti e interpretati. Quando la discussione si è spostata sul ruolo sociale dell’architettura diventa ancora più vivace. Rota espone il suo progetto per casa cavalli, con una scala da 600mila euro, ed è scandalo. Viene subito criticato perché in un momento in cui tanto si pensa al social housing sembra un esempio inappropriato, l’architetto milanese ricorda che quella scala ha dato lavoro per sei mesi a numerose persone e ha trasmesso sapere artigianale vivo. interviene dal pubblico Paolo deganello che descrive le architetture di Kollhoff come «inabitabili», accusa rigettata dall’interessato perché costruite con la volontà di disegnare una città veramente sociale, dalle parti fortemente relazionate. altro spunto di aspra discussione riguarda il tema dell’educazione. Rota vorrebbe una formazione più simile a quella dell’autodidatta, per permettere a ciascuno di dotarsi di strumenti psicologici in grado di trasformare il mestiere dell’architetto. Kollhoff sostiene invece la necessitò delle scuole di architettura per formare gli studenti a dare risposte alla società. Scintille che diventano fuoco vivissimo, scottante, fino a quando la discussione è interrotta per limiti di tempo senza aver trovato nessuna possibile convergenza. ma il fuoco del dibattito non si spegne e uscendo dal cotonificio docenti e allievi continuano a parlarne. La scintilla dell’architettura è viva e almeno su questo Kollhoff e Rota sembrano essere d’accordo. ciò che conta è la vita. Vita che può essere descritta da Rota con le parole di Jovanotti «dopo il Big Bang siamo la cosa più bella». o vita che viene raccontata da Kollhoff con la voce di una madre di quattro figli, felice perché «si ha bisogno di loro». ma in questa vita, l’architettura che ruolo ha?

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DE ARCHITEKTEN CIE REboRN-RINAsCITA iNteRViSta a PeRo PULJiZ VeNeZia, 29 GiUGNo 2011

di GiULia caVaLLaRitrovo Pero Puljiz scrutare il panorama veneziano sul ballatoio dei magazzini Ligabue. L’adrenalina è tanta quanto l’importanza e la complessità dei temi trattati: il quadrante di tessera progettato ed elaborato in previsione di una città abitata da frequentatori momentanei, in un’ottica sempre più parallela alla voracità dei ritmi in cui viviamo, ma nella comprensione percettiva del territorio. dopo qualche battuta iniziale l’intervista prende corpo ricollegando subito l’architetto a un suo recente lavoro.W come nel da dong art center di taiwan, l’area di tessera si compone di un territorio creato da parchi aperti predominati dalla laguna e dalla relazione con la storica città di Venezia. temi molto complessi e vasti. in che modo pensa di guidare i suoi studenti a un corretto approccio all’area?PP il da dong art center è molto legato all’ambiente circostante e la cultura, a taiwan, ha spesso a che vedere con il clima, perciò abbiamo deciso di suddividere in tre componenti funzionali l’area: una libreria, una sala espositiva e un teatro, allo scopo di sfruttare questa suddivisione per creare una nuova identità. abbiamo usato una grande tenda per proteggere le persone dal calore, dalla pioggia e dai monsoni creando uno spazio in cui esercitare liberamente il tai-chi, elemento vivissimo della loro cultura. il risultato è la convivenza di molteplici funzioni che ha generato spazi di alta qualità per l’uomo. il nostro filo conduttore sarà dunque la ricerca di elementi

di contatto con la cultura e la natura stessa del territorio finalizzata alla progettazione di spazi qualitativamente notevoli.W il vostro tema vede lo studio del territorio proposto principalmente su larga scala ma richiede anche le capacità di elaborare alcuni casi su piccola scala. Quale potrebbe essere il punto di connessione fra questi due mondi?PP Non lo so esattamente, saranno gli studenti a darmi queste risposte [sorride divertito, ndr]. entrambi i casi sono molto importanti se relazionati al vuoto dei campi in cui si opera e soprattutto alla grandezza e al futuro dell’aeroporto. È anche molto importante introdurre elementi su larga scala per creare una nuova identità. Naturalmente poi avvicinandosi sempre più al problema in questione e usando scale minori si iniziano a scorgere le strade, gli spazi urbani e il territorio plasmato dalla mano dell’uomo.W lei e il suo collega Medi parlate di percezione e uso della contemporaneità del territorio per creare questa nuova realtà urbana. come può l’architettura essere al servizio di questa nuova esigenza, nel rispetto della cultura, della storia e della naturalità del territorio?PP L’architettura deve essere al servizio della gente. È importante pensare a fondo al tipo di spazi che si creeranno. Per quanto concerne il rispetto della cultura penso che Venezia sia un grande museo e per questo non c’è bisogno di competere con la qualità delle opere

in quest’area. come a taiwan, si dovrà creare nuovi spazi e ricercare nuove formule per la connessione con l’ambiente culturale in cui si trovano.W se è vero che la città contemporanea sta cambiando scala, che tipo di metro sarà più utile usare in futuro? l’uomo sarà ancora a misura di tutte le cose o ne diverrà un sottomultiplo?PP Non c’è una sola risposta alla domanda perché quando si opera in un territorio così vasto ci si trova a far convivere una serie di possibili diversi scenari. Per questo abbiamo scelto di dividere i ragazzi in tre aree concettuali di lavoro: griglia urbana, strisce e nuclei. Non perché riteniamo siano gli unici approcci possibili, ma perché rappresentano il giusto compromesso fra l’investigazione e il raggiungimento di un buon obiettivo. Riguardo alla scala della città e la qualità della città contemporanea vorrei spiegare il mio punto di vista portando due casi in antitesi: Barceloneta e manhattan, spazi urbani di alta qualità ma non comparabili uno con l’altro. importare un qualunque elemento urbano da una città all’altra è cosa utile per un esercizio accademico ma non potrà mai funzionare nella realtà.

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WS KELLy/BORgHINI sOPralluOGOall’OsPedale al MareSO DI NON SAPERE

di cLaUdia chimeNtoe aNGeLa RoBUSti«mai dire di conoscere tutto di un luogo.Non si può mai sapere se e quando ti serviranno i diversi elementi che caratterizzano l’area. ciò che ci conviene è dunque specular, inteso come abbondare nella raccolta delle informazioni». con queste parole Federico Borghini apre l’incontro introduttivo al sopralluogo del pomeriggio di martedì 28 giugno e ricorda come sia importante porsiin modo umile nei confronti del progetto; il “so di non sapere” è una prerogativa indispensabile per la buona riuscita diun intervento nel quale il progettista diventa come un bambino che per la prima volta viene a contatto con qualcosa di nuovo. con tali presupposti si è tenuto il sopralluogo all’ospedale al mare del Lido di Venezia con l’obiettivo di sviluppare il rilievo e allenare lo sguardo.Per spiegare il significato della parola “rilievo” gli architetti hanno evidenziato come il termine nel dizionario spagnolo non riguardi l’ambito architettonico. ecco perché, per spiegare meglio tale attività, i docenti preferiscono usare il termine “archeologia”, ovvero la scienza che studia quello che si riferisce all’arte, ai monumenti e agli oggetti dell’antichità attraverso l’analisi dei resti. il messaggio che emerge dal sopralluogo è che ciò che davvero conta è “considerare ogni aspetto che l’area evidenzia, dal principale al più piccolo e apparentemente inutile elemento”, in quanto il progettare, per Federico Kelly, sta nel raccogliere, ordinare, considerare e rielaborare dandodelle gerarchie. tutto è importante, dalla piccola pianta che sorge ai piedi di un ingresso, sino al motivo del cornicionedi un serramento: «No estamos preocupados en el producto final, nos interesan los procedimientos y los procesos de proyecto», conclude Kelly.esercitare lo sguardo, invece, prevede un esercizio fotografico composto da cinque foto, che verranno unite e che dovranno ritrarre l’edificio assegnato in precedenza.

aLLa FiNe deL “comPito” VeNeRdÌ 1 LUGLio ci SaRÀ UNa moStRa iN aULa 2.4 aLLe oRe 12:00 coN BUFFet. iNGReSSo LiBeRo aPeRto a StUdeNti, doceNti e aLLa cittadiNaNZa.

di GiULia toRiNoScambiando due parole con Federico Kelly e Federico Borghini emerge con chiarezza in che modo la coppia argentina stia proseguendo il lavoro cominciato l’anno scorso in Patagonia. Stesso metodo processuale, in un’area geografica sostanzialmente differente, il Lido: non un ossimoro, ma una mirata e meditata scelta progettuale.W come è cominciata la vostra collaborazione con l’iuav?FK L’esperienza dell’anno passato è stata per noi la prima a Venezia. abbiamo lavorato a un progetto sulla Patagonia, mentre per quest’anno il tema centrale sarà il tempo libero: la “città-ozio”.W è un’esperienza molto diversa da quella passata: le due aree geografiche si trovano quasi agli antipodi del pianeta. cambierà qualcosa nel vostro metodo di approccio al progetto?FK No, cambia solo il contesto geografico. Lo spirito e il metodo sono gli stessi.W Metodo globale e generalmente valido, quindi, collegato a un tema scelto personalmente da voi?FK No, i temi erano stati già predeterminati. abbiamo scelto il Lido di Venezia perché abbiamo la possibilità di intervenire su una struttura preesistente priva della sua funzione originaria, l’ex ospedale al mare. È una condizione molto particolare: il mare da un lato, la laguna dall’altra. ci pareva offrisse molte possibilità a numerosi sbocchi architettonici e di ragionamento. Un simile tema si potrà articolare in moltissime declinazioni. Starà agli studenti esplorarle.W si parla molto sulla stampa di un progetto in attesa di approvazione per l’area dell’ex-ospedale: un un albergo e altre strutture ricettive. una probabile speculazione edilizia. ne avete sentito parlare anche voi?FB a noi interessa principalmente il processo,non vogliamo avere nulla a che fare con le speculazioni edilizie e il contesto politico-economico. ci interessa osservare la situazione dall’esterno, aiutando gli studenti ad affinare le tecniche

progettuali e di approccio procedimentale: è difficile comprendere in profondità questi problemi, perciò vogliamo intervenire solo sugli edifici.FK L’area del Lido è una realtà molto differente da quella storica. Gli studenti dovranno fare attenzione sia all’architettura antica di Venezia sia alla più moderna realtà del Lido, con uno sguardo ampio su tutto il contesto dell’intorno.FB È opportuno parlare di strategia di intervento, intesa come l’estrapolazione di informazioni da tutto ciò che gli studenti considerano pertinente e necessario. Non dovranno agire come semplici architetti, ma come strateghi: progettisti con in mano molti strumenti diversi. W Vedete una possibilità di impiego effettivo di alcune idee brillanti che gli studenti potrebbero avanzare?FB i materiali portati avanti dagli studenti potrebbero essere utili, ma mi sentirei di escludere la possibilità di un rapporto diretto tra progetti degli studenti e un concorso regionale. il nostro laboratorio si concentra molto sul processo progettuale, non tanto sul risultato finale. L’esperienza di approccio e osservazione del problema in una certa maniera è il messaggio che vogliamo far arrivare agli studenti. il risultato è un prodotto secondario, derivante in seconda istanza dal processo, per quanto potrebbe proseguire, forse in un secondo momento.

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di Giacomo cecchettoLa nuova promessa di vita dell’area dell’ex ospedale al mare del Lido inizia nel 2003. ma il suo destino viene annunciato quattro anni fa.agli inizi di settembre 2007, infatti, la notizia della costruzione del nuovo Palazzo del cinema, a seguito della conclusione di ben due concorsi internazionali, scriveva anche il futuro prossimo della grande area ospedaliera dismessa completamente nel 2003. Secondo quanto pubblicato il 1° settembre 2007 (sia su «il Gazzettino» che su «La Nuova Venezia») la realizzazione del nuovo Palazzo del cinema, della quale si parlava già da tempo, era stata vincolata alla vendita dell’area dell’ospedale al mare. dei 77 milioni di euro necessari per la costruzionedel Palazzo, 40 sarebbero derivati dai proventi della vendita dell’ospedale, ceduto precedentemente per circa 20 milioni dall’asl 12 alla Regione Veneto, la quale si sarebbe dovuta occupare della riqualificazione dell’area per poi rivenderla a prezzo vantaggioso. Le polemiche sorsero immediate perché la copertura finanziaria era di competenza di più enti (comune, Regione, ministero dei Beni culturali). L’ex governatore Giancarlo Galan vietò a più riprese la partecipazione della Regione Veneto alla compravendita dell’ospedale, qualora la Regione non fosse stata coinvolta nella “operazione Palazzo del cinema” («il Gazzettino», 30/12/2007). L’ex ospedale e i fondi provenienti dalla sua vendita hanno dato luogo a una serie di equivoci e di sgarbi istituzionali. il destino del Palazzo del cinema è poi stato ben diverso. dopo i ricorsi contro comune, Presidenza del consiglio e impresa vincitrice della gara di appalto per la realizzazione dell’opera, la Sacaim

(«corriere del Veneto», 25/01/2008), dopo alcune varianti di progetto e dopo l’intervento del comitato per i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’italia con nuovi fondi, i lavori sul Palazzo si sarebbero dovuti concludere entro settembre 2011 («La Nuova Venezia», 14/11/2008). a questo susseguirsi di eventi vanno aggiunte le polemiche per l’abbattimento della pineta e il ritrovamento di amianto nell’area («La Nuova Venezia», 7/06/2011), ragion per cui il progetto è ancora fermo al solo scavo. di certo a settembre non potrà ospitare la 68° mostra del cinema di Venezia.Quel che è successo all’area dell’ospedale al mare è ancora un’altra storia. Per la gestione degli interventi urbanistici viene nominato commissario Vincenzo Spaziante, ma i risultati sono quantomeno controversi, come sottolineato da un’inchiesta assai criticata da «L’espresso» del 10 gennaio 2011. Per l’acquisto dell’area si propone dal principio la società finanziaria est capital, guidata da Gianfranco mossetto, assessore alla cultura della Giunta cacciari negli anni Novanta. dopo una prima gara del 2009, annullata dal sindaco Giorgio orsoni, si propone una seconda gara per il 1° novembre 2010 («corriere del Veneto», 25/10/2010). La gara va deserta, anche se la est capital sottolineerà di non essersi presentata, non per mancanza d’interesse nell’acquisto, ma per altri problemi “tecnico-materiali” («corriere del Veneto» 22/12/2010). dopo le trattative private tra Spaziante e una cordata guidata dalla est capital, ai primi di dicembre 2010 la vendita dell’area ex-ospedale al mare è stata conclusa per 61 milioni di euro. La riqualificazione del sito prevede

la realizzazione di un grande polo turistico e alberghiero e di una darsena da millecinquecento posti barca. Per la realizzazione dell’opera il commissario Spaziante aveva ottenuto la possibilità di ridurre i tempi per la Valutazione di impatto ambientale («corriere del Veneto», 23/04/2011). ma la cordata dell’est capital è accusata da «L’espresso» di aver acquistato l’ex ospedale con parte degli 1,2 miliardi ricevuti per sovrapprezzi nella realizzazione delle opere del moSe. L’area sarebbe stata quindi pagata alla Regione con i soldi dello Stato, ma l’utile sarebbe andato ovviamente all’est capital, che risponde alle critiche sulla compravendita dichiarando la completa trasparenza delle operazioni («il Gazzettino», 12/01/2011). ma in tutto questo, tra le grandi questioni economiche qui solamente accennate, non emerge mai quale sia il destino vero progettuale di una parte rilevante della città di Venezia: non solo l’intervento puntuale che coinvolge l’area dell’ex ospedale,ma anche il Forte di malamocco e gli storici hotel des Bains ed excelsior (di proprietà dell’est capital), sui quali gli interventi andrebbero a ridisegnare completamente il futuro del Lido e interverrebbero sulle possibili evoluzioni urbanistiche di Venezia. ma di questo in città e sulla stampa locale non si parla abbastanza.

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di FRaNceSca BadiN e eLeNa caZZUFFiUn cicerone assente giustificato. Studenti a briglia sciolta. estro libertario. Un’impostazione quasi autogestita per il sopralluogo del corso di mauro Galantino, che ha lasciato libertà e precise indicazioni agli allievi. appuntamento alle 10,30 di martedì 28 giugno ai Giardini della Biennale. obiettivo: demolizione del Padiglione italia. il compito dei nostri colleghi è quello di ricostruirlo scegliendo di aumentare lo spazio interno all’ambiente espositivo e facendo attenzione a non scivolare nel ruolo di allestitori. La mente del corso ha presentato il laboratorio seminando le basi per un approccio diretto e concreto alla progettazione di un luogo mutevole come un padiglione d’arte. La luce diventa elemento essenziale nel pensiero progettuale e gioca attraverso i percorsi e i vuoti come una guida. Si esclude quasi totalmente l’illuminazione normale. alla fermata del vaporetto scene grottesche: volti verdognoli, tedeschi che rigettano “crauti e birra” di mezz’ora prima, piccioni imbalsamati, e non sono quelli di maurizio cattelan. in una parola: Venezia. Piano piano arrivano tutti gli studenti e ci si mette in coda per il biglietto: 10 euro per gli iuavini del corso e deo gratias! chi non rispetta la fila ne paga 12. Non c’è tempo per contestare. il gruppo si è già radunato davanti all’ingresso del Padiglione italia. Si boccheggia. Qualche sbadiglio. il prof non si vede ma in compenso un manipolo di assistenti dalla sguardo illuminato di conoscenza viene in nostro soccorso. ci fiondiamo fameliche per carpire i concetti fondamentali del progetto e le direttive dei lavori, ma in realtà cinque minuti sono sufficienti a liquidare la faccenda: «Guardare il giardino delle sculture di Scarpa»; «Verificare la posizione degli alberi»; «considerare il rapporto con il canale». e nel frattempo riescono anche a scroccare una sigaretta. Quando si dice avere il dono della sintesi! ci guardiamo intorno e gli studenti si sono già dispersi. macchina fotografica e quaderno degli schizzi alla mano, gli iuavini li riconosci subito: cani sciolti in balia di un fuggevole genio visionario. ed è proprio questo lo spirito giusto per affrontare il sopralluogo di un progetto utopico. «il manufatto esistente si guarda con gli occhi del demolitore», aveva detto Galantino durante la presentazione di lunedì. Immaginare è la parola chiave della giornata. È necessario pensare il luogo come una spianata, concepire il sistema come un paesaggio. Girando per i padiglioni ci si rende conto di cosa voglia dire costruire uno spazio che possa collezionare materiali ogni volta diversi, un esercizio difficilissimo. «Per una volta il rapporto forma-funzione è impossibile». ma lasciare gli studenti autonomi durante la visita significa anche renderli liberi di rovesciare la logica funzionalista, o per lo meno di farsi un’idea indipendente sulla percezione delle opere esposte. in supporto del loro lavoro è arrivata la lezione di marco mulazzani sulla storia dei padiglioni della Biennale insieme alla visita all’archivio iuav il 29 giugno per consultare i progetti del concorso del 1988 sulla sistemazione del Padiglione italia.

WS gALANTINOsOPralluOGO al PadiGliOne italia, Giardini della BiennaleNON C’è COSTRuZIONE SENZA DISTRuZIONE

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Giovedì 30 giugno 2011W.a.Ve.Workshop di architettura a Venezianumero 3Supplemento aiuav giornale dell’universitàRegistro stampa n. 1391tribunale di VeneziaiSSN 2038-6257

Responsabili scientificimassimiliano ciammaichellamarina montuoriLeonardo Sonnoli

Direzione redazione testi e immaginimarina montuori

Direzione blog/multimediamassimiliano ciammaichella

Direzione redazione graficaLeonardo Sonnoli

TutorStefania catinellaandrea Giambartolomeianna Saccani

Collaboratorimonica Pastoreanna Silvestri

Laboratorio interfacoltà Far/Fdanell’ambito dei workshop estivia.a. 2010-11 Far/Fda_iuav

Redazione testiFrancesca Badinmaria aurora Bonomimichele Bridaeleonora canettiGiulia cavallarielena cazzuffiGiacomo cecchettoclaudia chimentoGiordano covaemanuele d’antrassicaterina epibolimarco Ludovicoargent Lumialberta menegaldomiriam Peraroconcita Piazzaangela Robusti Riccardo RuvoloStefano toniatoGiulia torinocaterina VignaduzzoValentina Volpato

Redazione graficaGregorio carlettichiara costantiniclaudia GalloSara Giubellianna Scorretti

Illustrazione e fotografiaalberto BassanGiulia carraroandrea Giacomettialessio Gobbiscarlo LissaUmberto PertosaFederico maria PivettaLaura PortesanJacopo trabuio

Blogelisa cortelazzoSara dottoandrea Gambardellaandrea marchesiniLetizia mion

onlinehttp://[email protected]

Tutor di coordinamento Valentina amarillianiel GuxholliRoberta ScapinSami Sinella

Coordinamento generaleesther Giani

le immagini di copertina documentanole strutture temporanee presenti nel paesaggio urbano di Venezia.in questo numero foto di Federico maria Pivetta.

Progetto grafico W.A.VE. 2011Leonardo Sonnoli - tassinari/Vetta, con irene Bacchi (identità visiva), con monica Pastore, anna Saccani, anna Silvestri (quotidiano)

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di Giacomo cecchetto e VaLeNtiNa VoLPatoW Qual è la sua definizione di urban regeneration?SP L’urban regeneration è l’unica opportunità che l’europa, e soprattutto l’italia, hanno oggi per riuscire a produrre qualcosa di interessante. Sembra che l’architettura ormai non interessi più a nessuno. Probabilmente intervenendo in modo puntuale e bombardando alcuni luoghi con informazioni piuttosto che con azioni si possono rigenerare le cose. interessante è il fatto che ciò implica l’imprevedibilità. il che non è un limite per l’architettura, come banalmente molti pensano, ma è anzi un’opportunità in più: ci permette di arrivare a qualcosa di assolutamente inaspettato. Questo è ciò che mi interessa: l’imprevisto, la sorpresa.W come si adatta l’idea di imprevisto all’area di progetto?SP La nostra è un’area che non conosciamo realmente. o meglio, se la conosco è perché ci sono sempre passato, ma né io né gli studenti abbiamo ancora guardato la planimetria, lavoriamo molto sui concetti. connettere Venezia al resto del mondo è un problema serio. e non è un problema di testa di ponte, ma di testa, di come affrontare la comunicazione. Partiamo dal tema della connessione, ma non so dove porterà il WS. Se intervengo sull’esistente, ovvero sugli studenti, staremo a vedere cosa accade. Noi li bombardiamo con delle notizie e attendiamo di scoprire il punto di arrivo. W il rapporto concetto-materia si perde nel mondo dell’università. una provocazione: se si perde questo rapporto vuol dire che non ce n’è bisogno?SP Visti gli esiti di quello che abbiamo prodotto nel mondo secondo me non serve che dia una risposta. Non penso che ci siano dei modi univoci di vedere la cosa, penso che vada fatta una ricerca per trovare una soluzione. ognuno porta avanti la sua. c’è chi come hans Kollhoff pensa che uno debba essere un bravo costruttore. c’è chi, come italo Rota, pensa che uno debba essere assolutamente libero, puro istinto. io penso che a fare l’architetto si impara sempre. Partire da lontano, dal concetto, ci può mostrare delle strade inaspettate, e quindi la sorpresa.W Qual è lo status quo che mette di fronte agli studenti? Quali sono i possibili movimenti che possono nascere da questo status quo?SP Lo status quo è che Venezia è collegata solo da un ponte. Parte da un punto e arriva ad un altro punto, e non è sufficiente. Un pc ha due prese: una per i dati, e un’altra per la corrente elettrica. Siamo nel mondo del wi-fi, forse qualcosa deve cambiare.

W Quali questioni lei ritiene imprescindibili nell’approccio progettuale?SP di imprescindibile non c’è niente. L’approccio progettuale e un processo personale e di divertimento, quel divertimento che provano i bambini piccoli. Loro quando giocano e si divertono sono molto seri. Noi dovremmo essere come loro. Sentire molti assolutismi o modi molto chiari di fare le cose, mi suggerisce l’idea che non ci sia più molto divertimento. il divertimento per me è nella sorpresa. W nell’immagine della presentazione compare un animale, il cavallo. c’è un legame con il mondo naturale nel suo modo di fare architettura?SP Sì e no. mi rifaccio a una frase di Rota, «l’architettura fa parte della vita». io faccio l’architetto ed è parte della mia vita. ma la vita è fatta anche di tante altre passioni. io ho la passione degli animali e della campagna. Lo studio è in campagna e posso ritenermi un eletto per questo. Lavorare non deve essere una cosa triste. Non credo che la mia architettura abbia particolarmente a che fare con la natura. La natura è una parte, ma mi viene da ridere quando mi parlano dell’agricoltura in città o del bosco verticale. L’orto io lo faccio tutti i giorni, la terra da lavorare è faticosa, bisogna avere passione. W tre parole chiave per questo Ws?SP Non ho parole chiave, o meglio sono quelle che hanno trovato gli studenti e sulle quali lavorano, e sono tante, una per ognuno di loro. Non ce n’è una più importante dell’altra. io spero che si divertano, in modo serio come i bambini, lavorando molto e che, alla fine di questa esperienza, tutti abbiamo imparato qualcosa.

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ATElIER CoNFERENZE bINATE/lECTUREs auditOriuM santa Marta28 giugno–8 luglioore 17:00in sinergia con la Regione Veneto, celebriamo il decennale dei workshop dedicandolo al territorio. Lo abbiamo fatto con i temi ma anche con le conferenze che avranno un unico tema, Urban regeneration, che sarà declinato di volta in volta, sulla base delle esperienze dei relatori.

urban regeneration: esperienze a confronto Urban regeneration: comparing experiencesmoderatore chairman Giancarlo carnevale

30 giugnoRascovsky/elasticospa

1 lugliomutschlechner/marini

4 luglio Spadoni/Patestos

5 luglio Navarra/Galantino

6 luglioSchneider/Lovero

7 lugliochun/deganello

8 lugliomazzanti/carnevale

reGistraZiOne Le liste definitive (cartacee) dei partecipanti ad ogni WS andranno consegnate mercoledì 29/06 ai tutor del coordinamento.serViZiNei corridoi di ciascuna sede sono stati attrezzati contenitori appositi per la raccolta differenziata (carta, plastica, ecc.) e per i materiali scartati dai plastici. Utilizzateli! all’esterno di ciascuna sede è stato attrezzato un luogo apposito per eventua-li operazioni di verniciatura spray (anche per la colla!) dei modelli o parti di esso.PuliZieNelle aule: tutto ciò che sarà lasciato per terra e su sedie sarà gettato. Usare i sacchetti neri forniti per un eccesso di rifiuti. Lasciarli legati in aula per lo smaltimento. Nei corridoi: tutto ciò che sarà lasciato per terra, su tavoli e sedie sarà gettato. a partire dalla iii settimana a ciascun WS sarà fornito una scopa e una paletta per una pulizia autonoma dell’aula,

soprattutto per il giorno della mostra finale!staMPe La Facoltà mette a disposizione un budget da uti-lizzare presso il centro plottaggi e stampe che si trova all’interno dell’ex convento delle terese. dalla seconda settimana dei WS ciascun do-cente e/o relativi collaboratori potranno ritirare presso la stanza dell’organizzazione (piano terra Santa marta) un foglio di credito nominale. Si ricorda che questo contributo è inteso per la mostra finale.PlasticiLa Facoltà mette a disposizione dei materiali di cartoleria (fogli 100X70 cm in carton legno e carton sandwich da 1/2/3 mm). a partire da mercoledì 6 luglio, ciascun docente e/o relativi collaboratori potranno far ritirare presso la stanza dell’organizzazione i materiali. Scambi di materiali potranno avvenire solo se concordati tra i labora-tori e coordinati dagli interessati. Si ricorda che questo contributo è inteso per la mostra finale.

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piano primol1 Rotal2 KollhoffM1 deganelloM2 correttin1 agency Schneidern2 FicarelliO1 SpadoniO2 mazzanti

MaGaZZini liGaBue/ediFiciO 6

piano terra0.1-0.3 Rossetti0.2-0.4 Kéré0.5-0.7 Narne0.8-0.10 Latini*

piano primo1.1-1.3 Bricolo1.2-1.4 Supersudaca Rascovsky1.5-1.6 Redazione Wave e blog1.7-1.9 elasticospa Pujatti1.8 mutschlechner

piano secondo2.2 okada2.3 Navarra2.4 Kelly/Borghini2.5 de architekten cie Medic + Puljiz

*atteNZioNe: VaRiaZioNe aULa

WS KeLLy/BoRGhiNi mostra fotografica degli allieviMaGaZZini liGaBue aula 2.401 luglio, ore 12:00ingresso libero e buffet per tutti

WS cRoSet Social housing. Un immenso appartamento collettivocOtOniFiciO santa Marta aula c04 luglio, ore 10:00Pietro ValleConferenza: Alloggio+Prefabbricato=Housing

WS cRoSet Social housing. Un immenso appartamento collettivocOtOniFiciO santa Marta aula c05 luglio, ore 11:00Giorgio macola e Sergio PascoloConferenza: progetti recenti di residenzea basso costo in Italia, Germania, Cina

comUNe di GRiSiGNaNo di Zocco