4 frecce - numero 3

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sosta a... PIGNETO g4FRECCE c # 3 il paese triangolo storia - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiosità

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4 frecce, supplemento a Settestrade - la rivista ufficiale dell'Automobile Club di Roma

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sosta a... PIGNETO

g4FRECCEc# 3

il paese triangolostoria - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiosità

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CoNtaCHILoMEtRI SOMMARIO

km 03

km 04

km 06

km 08

km 10

km 12

km 14

km 16

km 17

km 18

km 20

km 24

contagiri editoriale

retromarcia storia

retrovisore passato presente

tergicristallo foto

autostop racconto

navigatore mappa

scuola guida itinerario

autoradio playlist

frizione cultura

marmitta fumetto

revisione memorie a confronto

lunotto citazione

p

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4FRECCESupplemento di SETTESTRADEAnno XI n. 1 gennaio 2012http://[email protected]

Direttore ResponsabileUmberto Cutolo

Redazione, testi e progetto graficoMichela Carpi, Andrea Provinciali

Hanno collaborato: Francesca Marongiu, Valentina Piccinni e Francesca de Cesare

StampaPoLigraf srlVia Vaccareccia, 41/b Pomezia (RM)www.poligrafsrl.it

SETTESTRADEBimestrale dell’Automobile Club di RomaRegistrazione Tribunale di Roma n. 184 del 17.05.2001EditoreAcinservice SrlSede legale, pubblicità e redazioneVia C. Colombo, 261 – 00147 – Romahttp://www.roma.aci.it/

Foto e illustrazioni di copertina rispettivamente di Valentina Piccinni e Francesca de Cesare

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EDITORIALE CoNtaGIRI

«Orticelli, strade, reti metalli-che, villaggetti di tuguri,spiazzi, cantieri, gruppi di pa-lazzoni, marane»: più o menocosì appariva il Pigneto verso

la metà degli anni Cinquanta, quandoPierpaolo Pasolini esplorava le periferieromane e rendeva eterna la vitalità po-polare dell’a ni ma ro ma na, qu el la «me - scolanza di maleallo stato puro edi bene allo statopuro: violenza ebontà, malvagitàe innocenza, mal grado tutto». È lostesso amalgama di elementi antiteticiche Pasolini scoprì al Pigneto, in quellaborgata che chiamò, con una definizionecalzante ancora oggi, «la corona di spineche cinge la città di Dio». Lo storico borgo alle spalle di Porta Mag-giore, il triangolo di vie racchiuso tra Ca-silina, Prenestina e via di AcquaBulicante, negli ultimi anni ha vissuto unperiodo di gloria: l’isola pedonale è di-

ventata punto di riferimento per la vitanotturna, sono stati ristrutturati villini deglianni Venti e capannoni industriali, si è in-vestito in attività culturali e sociali. Attratti dal fermento, vi si sono trasferitiartisti, studenti, personaggi dello spetta-colo, stranieri: passeggiare per le sue viesignifica incrociare lingue, volti, colori,stili di vita completamente differenti tra

loro. L’effetto, perchi è solo di pas-saggio, è stupe-facente, ma perchi vi abita non

sono propriamente rose e fiori. Il quartiere che negli anni Sessanta ospi-tava gli immigrati dal Sud Italia, oraospita (anche) quelli del Sud del mondo,e la convivenza non è facile, ma pursempre possibile. Per il nuovo anno abbiamoazionato qui le nostre4frecce, per scoprirne di più.Approfittatene.Buona sosta.

Ponte Via del Pigneto, di V. Piccinni

g

ga

Raccontateci il vostro quartiere

inviando foto o testi a

[email protected]

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ADeliziosi villini anni Trenta e pa-lazzoni degli anni Settanta, vil-lette con giardino, case basse,

palazzi popolari ereditati dalla febbreedilizia del boom economico, magazzini,capanni... il caotico affastellarsi di abi-tazioni, negozi, edifici industriali (o exedifici industriali) con cui si presentaoggi il Pigneto, non lascia immaginarel’aspetto che poteva avere poco più diun secolo fa, quando si mostrava comeun vasto e paludoso appezzamento diterreno agricolo, ricoperto da fitti can-neti, traversato da un lungo corso d’ac-qua e punteggiato qua e là da pochicasali e qualche villa. Nel triangolo cheda piazza di Porta Maggiore si svilup-pava racchiuso da via Casilina e viaPrenestina, le poche strade erano diterra battuta, e l’intera area era ripartita

tra due sole famiglie: i Tavoletti, con laloro ampia tenuta in cui pascolavano pe-core e mucche, e i Serventi, con la vignae la villa sopravvissuta all’avanzare dellacittà. Ma a parte questa (a parte la villa),del Pigneto di fine Ottocento non rimaneoggi che un’eco lontana, conservatatutt’al più nei nomi di strade e piazze: viadella Marranella che prende il nomedalla marrana, la palude, o via dell’Ac-qua Bullicante, dove erano le sorgenti incui l’acqua ribolliva; e poi il nome stessodel borgo, a rievocare la presenza diuna pineta che un tempo lo ricopriva perbuona parte. Verso la fine dell’Ottocento la poesiacampestre del luogo cedette il passoalla modernità. Iniziarono a sorgere - inmodo più o meno casuale e improvvi-sato - stabilimenti industriali, laboratori

REtRoMaRCIa STORIA

Ex Snia-Viscosa, da Google

UNA ROMA CHE NON ERA ROMATra villini, pinete e marrane

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artigiani e fabbriche (tra cui gli stabili-menti tessili della Snia-Viscosa), mentreparte dei terreni vennero occupati dallaferrovia e dai depositi della nettezza ur-bana e dei tram (all’inizio erano Tram-ways e Omnibus, entrambi a cavallo).

Nel Primo Dopoguerra allo svi-luppo industriale seguì quello edi-lizio: tra gli anni Venti e Trenta

intorno a via del Pigneto vennero co-struite le case delle cooperative ediliziedi ferrovieri, netturbini e tranvieri che, sulmodello della città-giardino, popolaronola borgata e che ora sopravvivono nellacosiddetta “Zona dei Villini”.Durante la Seconda Guerra Mondiale ilquartiere venne colpito dai bombarda-menti due volte (obiettivo militare: gli

stabilimenti della Snia-Viscosa, conver-tita a produrre tessuti per l’esercito),negli anni Cinquanta e Sessanta attiròle attenzioni dei “palazzinari”, che detur-parono molte delle sue vie e lo privaronodi molto del suo verde, ma attirò anchele attenzioni dei registi del Neorealismoche ne conserveranno - almeno su pel-licola - la più preziosa memoria. «Eranogiorni stupendi, in cui l’estate ardeva an-cora purissima, appena svuotata un po’dentro, dalla sua furia. Via Fanfulla daLodi, in mezzo al Pigneto, con le casu-pole basse, i muretti screpolati, era diuna granulosa grandiosità, nella suaestrema piccolezza; una povera, umile,sconosciuta stradetta, perduta sotto ilsole, in una Roma che non era Roma»(P.P. Pasolini).

Ex Snia-Viscosa, da Google

Villino in Via di Villa Serventi, da Google

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REtRoVIsoRE PASSATO PRESENTE

UNO SPAZIO TUTTO PER SÉLa città a misura d’uomo

LA ZONA DEI VILLINI

Abitati da artisti, registi, attori, ivillini del Pigneto sembranocostituire un’isola nell’isola del

quartiere, con le sue vie silenziose,le facciate dai colori ocra, rosa pallidoe giallo pastello, il verde che si affac-cia dai piccoli e ben protetti giardini. La loro nascita risale agli anni Venti,quando la Compagnia Termini per iFerrovieri ottenne la licenza per co-struire duecentocinquanta alloggi inuna parte della proprietà dei contiServenti, che oggi corrisponde al-l’area attorno piazza Tolomeo epiazza Copernico. Vennero edificati villini bifamiliari insemplice stile liberty geometrico auno o due piani, ed erano tutti circon-dati da giardinetti privati secondo ilmodello della città-giardino. Alcuni diquesti villini vennero distrutti durantei bombardamenti ed altri rimpiazzatidalle palazzine popolari del dopo-guerra; quelli che restano, come si èdetto, restano come l’emblema di unsogno, l’utopia del poter vivere in unacittà “a misura d’uomo”. a

Villino al Pigneto, da Google

Palazzetto in Piazza Copernico, di V. Piccinni

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IL NUOVO CINEMA AQUILA E I CINEMA DEL PIGNETO

Set cinematografico per numerosifilm, prima dell’onnipotenza della te-levisione e del dilagare dei multi-sala, il Pigneto offriva ai suoiabitanti numerosi cinema e pro-grammazioni per ogni età e gusto.Oggi molte delle sale più celebri osono state chiuse e abbandonate aldegrado - come l’Impero in viadell’Acqua Bullicante - oppure sisono “riconvertite”: in fitness centeril Cinema Hollywood, in sale Bingoil Due Allori e il Diamante. Emblematico il caso del cinemaAvorio, nel cuore dell’isola pedo-nale: un tempo cinema d’essai, poidiventato cinema a luci rosse e in-fine abbandonato, lasciando che sitrasformasse - come lamentano gliabitanti del quartiere - in un vero eproprio vespasiano notturno. Nel mezzo di un panorama così de-solante, non mancano però segnalidi recupero. Il più evidente è quellorappresentato dal cinema Aquila -ora Nuovo Cinema Aquila - sul-l’omonima via. L’edificio risale pro-babilmente al Secondo Dopoguerra(nelle foto aeree scattate dagli Al-leati, infatti, il lotto risultava ancoravuoto), e venne fin dall’inizio adibitoa cinema. In breve tempo divenneun importante punto di riferimentodel quartiere, ma risentì anch’essodella crisi delle sale iniziata già neglianni Settanta: passò sotto il con-trollo della criminalità organizzata,finì nelle mani della Banda dellaMagliana, venne convertito in ci-nema a luci rosse, finché nel 2004non fu sequestrato e poi ristruttu-rato, restaurato e restituito in formasmagliante ai cittadini.

Meno appariscenti ma altrettantosignificative sono alcune realtànate più di recente: come il Cine-club Alphaville in via del Pigneto,attivo ormai da una decina d’anni,o la recente occupazione del Cine-teatro Preneste da parte dei gio-vani di Generazione P (Precaria),che oggi lo animano con iniziativeculturali e sociali.Per finire un piccolo gioiello, l’excinema Grauco nell’interrato suvia Perugia, rinato come cinemaKino grazie a decine di volenterosiappassionati che improvvisandosimuratori, carpentieri, idraulici, elet-tricisti, hanno ripulito e restauratola sala, creando al suo internoanche un piccolo, grazioso (e bio-logico) bistrot.

Nuovo Cinema Aquila, di V. Piccinni

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tERGICRIstaLLo FOTO

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ACCATTONE di Valentina Piccinni

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«La proprietaria non sta bene,parliamo a bassavoce». L’apparta-

mento era luminoso, diviso inquattro stanzette bianche espoglie. Le porte avio chiarolo rendevano celestiale. «Sai Anna, ieri hanno portato via i mo-bili, così puoi farti un’idea su come per-sonalizzarlo». Si erano conosciute al l’u niversità e una strana coincidenza leaveva fatte rincontrare quel pomeriggio.L’appartamento era in vendita da pochigiorni e Chiara gli aveva dato un’oc-chiata quella mattina. Aveva accettatoquel lavoro perché era al verde e cor-reggere bozze le bastava il giusto per

campare di surgelati e dormire nel sa-lone della sorella. Ma in fondoil motivo che l’aveva condottalì era un altro: gli agenti immo-biliari avevano una corsia pre-ferenziale per entrare nellestorie della gente.

«Qui c’è la cucina, è in pietra e legno,su misura. È di valore». Entrando Anna non aveva potuto igno-rare la sagoma della padrona di casaseduta di spalle con una chioma bian-chissima a disegnare una nuvola tra lepersiane spalancate. Improvvisamentericordò di essersi fermata sotto quellafinestra un anno prima, ipnotizzatadallo spettacolo di una donna che fa-ceva avanti e indietro affacciandosi allafinestra con ritmo metronomico. Pergiorni ci aveva ripensato, chiedendosiche storia celasse quel disturbo osses-sivo. Poi aveva dimenticato, distrattadai richiami della quotidianità. In quel-l’ultimo anno la sua vita aveva subitoun’accelerazione. Nel giro di pochimesi aveva trovato lavoro in una webtv e in quei giorni stava girando un do-cumentario sulla trasformazione del Pi-gneto e su quell’osmosi di storiarecente, antichi ruderi, saggezza popo-lare e multiculturalismo che aveva atti-rato artisti e intellettuali. Erano rimaste a parlare nell’ingresso.«Ultimamente sono stanca di guardarequello che c’è da guardare», disseAnna, rompendo l’amichevole formalitàdi quell’incontro, «Tu hai più scritto? Seiqui anche per quello no?».

ALMOST HEAVENdi Francesca Marongiu

aUtostoP RACCONTO

Le scale erano strette e la luce le tagliava a metà. Le fine-stre ridipinte da poco certificavano il buono stato del pa-lazzo. Chiara esitò sulla porta:

Via Ascoli Piceno, di V. Piccinni

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«Sì, e per evitare di dormire dallesuore, sono agnostica ricordi?».Anna rise: «Già. Io devo finire un do-cumentario, ma non mi piace il taglioche ha preso. Ho bisogno di qualcunoche pensi senza guardare e mi aiuti ariscrivere la sceneggiatura. Che nedici?».«Ma sono io che ho guardato la cucinamentre tu pensavi all’elettroshock ca-salingo no?». «Sì, e difatti anche tu haibisogno di me. Tu ti sforzi di guardaresenza pensare». Nessuna delle due si stupì dello spiritod’osservazione dell’altra, in fondo eraquello che le aveva rese simpatiche alcorso di letterature comparate.Uscendo passarono in agenzia per fer-mare l’appartamento. L’orario di lavorovolgeva a termine e decisero di festeg-giare. Passarono oltre Via Campo-basso, dove un senegalese tentava diapprocciare un trans e oltre Via Mace-rata e il suo odore di kebab ed eritreo.Arrivarono al Cargo. Fuori dal localeera affissa la locandina di una rivisita-zione della Divina Commedia del fronteanarchico femminile, in cui Inferno, Pa-radiso e Purgatorio erano rappresentatida tre donne. Chiara fermò lo sguardoe le venne in mente un pezzo dei God-flesh: “Let me know who I am, I’m notsure where I am, let me know what isleft cause I’m not sure if I’m here rightnow, let me breathe, give me air, suffo-cation is all I know, can’t do it myself,don’t know how, never been taught soI’m nothing now”.

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Per giorni ci aveva ripensato, chiedendosi che storia

celasse quel disturbo ossessivo. Poi aveva dimenti-

cato, distratta dai richiami della quotidianità.

Cargo, di V. Piccinni

Isola Pedonale, di V. Piccinni

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NaVIGatoRE MAPPA

PIGNETOdi Francesca de Cesare

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g4FRECCEchttp://4frecce.wordpress.com

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sCUoLa GUIDa ITINERARIO

Nel giro di pochi anni la fisio -nomia del quartiere è stata tra -sfigurata dall'arrivo di una ge -

nerazione di trentenni, per lo più arti-sti, artigiani e intellettuali, attirati dalmulticulturalismo e dagli affitti ridotti ri-spetto alla vicina San Lorenzo. Tutto ciò ha favorito la nascita di unpiccolo ghetto nel cuore di Roma Estdove vi è un'alta concentrazione di lo-cali, ristorazione take-away e botte-ghe artigiane.

L'Isola Pedonale, che si estendedalla Circonvallazione Casilina aVia L'Aquila è diventata un punto diritrovo per residenti e non. Su en-trambi i lati si susseguono bistrot, ri-storanti, negozi d'antiquariato vintagee piccole realtà artigianali. Per l'aperi-tivo potete passare al Cargo o al piùrustico e cheap Vinioli. Se volete in-vece gustare dei piatti dal sapore et-nico senza sacrificare la basemediterranea L'Infernotto è ciò chefa per voi. Adiacente all'Isola, su viaAscoli Piceno, c'è poi l'ottimo take-away greco Kalapa, tra i più gettonatidel quartiere. Se infine vi vien vogliadi un gelato all'anice o allo zenzero,magari dentro al pane di moravianamemoria, la gelateria di Via Pesaronon vi deluderà. Su Via L'Aquila costeggerete l'omo-nimo cinema che spesso ospita festi-val internazionali indipendenti. A pochimetri la strada si ricongiunge con ViaPrenestina dove sorge l'ex Snia-Vi-scosa, storico luogo della produzionetessile dell'esercito, poi convertita incentro sociale e attualmente riproget-tato come teatro all'aperto e parcoenergetico. Tagliando la consolare sulla destra ciaffacciamo su Via Fanfulla da Lodi eil Bar Necci, dove Franco Citti e i suoiamici passavano le giornate in Accat-tone di Pier Paolo Pasolini. Irricono-

BAZAR UMBERTINOdi Francesca Marongiu

Ex quartiere popolare situato dietro la Stazione Termini, il Pi-gneto forma un triangolo isoscele al cui vertice troviamoPorta Maggiore, antico accesso all'Urbe da cui partono leconsolari Prenestina e Casilina che si allungano fino allabase di Via dell'Acqua Bullicante.

Bar Necci, di V. Piccinni

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scibile, oggi è un ristorante-sala da tèalla moda dall'interior design optical-70. Lo spazio esterno, con tavolini inlegno, attira di tutto: oltre ai soliti artistitroviamo occasionali lettori di “Libero”e gente random della vecchia guardia.Più recenti, ma non meno importanti,rispettivamente a destra e a sinistrasorgono il Fanfulla 101 e il ForteFanfulla. Locali gemelli, il primo ha unaspetto decisamente berlinese ed ac-cogliente ed è l'ideale per i tardo not-

tambuli, il secondo è uno spazio dovesuccede di tutto, da dj set a mercatini,a concerti, mostre e videoproiezionisenza tralasciare la cucina, dove ser-vono buoni primi piatti a prezzi modici. A metà strada il senso unico di Via delPigneto collega questa parte delquartiere con quella dei villini dei fer-rovieri, nota per il pregio architettonicodelle costruzioni liberty dei primi anniVenti. La leggenda vuole che il palazzetto diPiazza Copernico sia uno dei luoghidove ha soggiornato Garibaldi. Sulmuro di quel palazzo si trova unatarga commemorativa dei morti sottoi bombardamenti dell'estate del '43 edi alcuni caduti di guerra. Infine, apochi metri da lì sorge la settecente-sca Villa Serventi, primo nucleo abi-tativo del quartiere, nel cui giardinovennero piantati i pini Pinus Pinea chedanno il nome al quartiere. a

Targa in piazza Copernico, di V. Piccinni

Fanfulla 101, di V. Piccinni

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aUtoRaDIo PLAYLIST

RADIO 4FRECCE

XYZMNPQRSTUVtitoLo: Pigneto durata: 39 ‘26’’

on air: www.youtube.com/user/radio4frecce

01 - Lucio battisti - Pensieri e ParoLe (3 ‘ 48’‘’)

02 - i cani - VeLLeita’ (4 ‘ 11 ‘’)

03 - HirosHima rocks around - catfisH from Hysteria (3 ‘ 13 ‘’)

04 - trans uPPer egyPt - rounds (5 ‘ 40 ’’)

05 - boVsLeigH baby - don’t care about me (2 ’ 56 ’’)

06 - system Hardware abnormaL - fLuo Like an egyPtian (2 ’ 31 ’’)

07 - griP casino - wHen i get to HeaVen (3 ’ 20 ’’)

08 - tHetLVmtH - 4’ 56’’ (4 ’ 56’’)

09 - tHeawayteam - caraVan (5 ’ 51 ’’)

10 - troubLe Vs gLue - cHinese Posters (3 ’ 00 ’’)

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CULTURA FRIZIoNE

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XYZMNPQRSTUVFotogramma Accattone, d

a Google

ALCUNI DEI PIÙ IMPORTANTI FILM AMBIENTATI AL PIGNETO

Roma città aperta(Roberto Rossel-lini, 1945) conAnna Magnani eAldo Fabrizi Bellissima

(Luchino Visconti,1951) con Anna

Magnani e WalterChiari

La domenicadella buona gente(Anton Giulio Ma-jano, 1953) conSophia Loren eNino Manfredi

Accattone(Pier Paolo Paso-lini, 1960) conFranco Citti

L’audace colpodei soliti ignoti

(Nanni Loy, 1959)con Vittorio Gas-

sman, ClaudiaCardinale, Renato

Salvatori e NinoManfredi

Una vita difficile(Dino Risi, 1961)con Alberto Sordi

Fotogramma Rom

a città aperta, d

a Google

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MaRMItta FUMETTO

INTERMEZZOdi Francesca de Cesare

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REVIsIoNE MEMORIE A CONFRONTO

Ma non lo vedi che schifezza?»,dice l'Anziana Signora con unampio gesto della mano azio-

nando inavvertitamente le porte scor-revoli del supermercato, «tiè, guarda»,e si affaccia sulla soglia a indicare uncapannello di ragazzi in strada (lei,calze a rete strappate e minigonna eminimaglietta il 30 dicembre, è sedutaa terra con le gambe divaricate e unabottiglia di plastica in mezzo a farle daposacenere, i due colossi tatuati allesue spalle si passano una birra e alter-nativamente sputano a terra, altri tre oquattro, tra ragazze e ragazzi, ondeg-giano spintonandosi tra loro al ritmo diuna musica invisibile), «E devi vede'd'estate!», esclama l'Anziana Signora,«devi vede' qui che succede» - doveper “qui” intende esattamente il metroquadrato di fronte all'ingresso del minimarket - l'ennesimo ingresso di nego-zio, portone, garage, che mi viene in-dicato come luogo del delitto dachiunque abbia intervistato nelle ul-time due ore. Qui (portone di casa) ungiorno c'ho trovato due che non se ca-

piva se dormivano o erano morti, qui(di fronte al macellaio) 'na mattinac'era tutta una pozza di sangue, qui(altro portone) 'na volta che uscivoscippavano una e so' scappata dentro,qui c'è morto uno, c'ho trovato un col-tello, c'ho contato almeno trecento bot-tiglie de bira - trecento solo qui! - quice stava un locale cinese de massaggiche tutto faceva tranne i massaggi, quirubano, spacciano - rubano l'ho giàdetto? - qui te ne vai perché mica cipuoi stare con la paura tutti i giorni amette’ il naso fuori casa. Diamine,manco fosse il Bronx.Eppure la cantilena è sempre la stessa:non c'è abitante del quartiere che nonne lamenti il degrado. E quando lo di-cono abbassano la voce: “droga”, “stu-pro”, “coltello”, sono parole chevengono proprio sussurrate, o addirit-tura soltanto evocate con gesti dellemani, come quello dell'Anziana Signorache m'ha conficcato un pugno in panciaper farmi capire (ma senza dirlo) a cosaha assistito una sera, d'estate. Per chéil peggio avviene d'estate, pare, qua n -

È TEMPO DI MULTIETNICOA passeggio tra voci di strada

Poster in via del Pigneto, di V. Piccinni

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Via del Pigneto, di V. Piccinni

Il peggio avviene d'estate, pare, qua ndo non fa freddo

e si riversano nel quartiere orde di giovani che bivaccano

tra strada e locali fino all'alba

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do non fa freddo e si riversano nelquartiere orde di giovani (orde è il ter-mine appropriato, visti gli effetti deva-stanti del loro arrivo) che bivaccano trastrada e locali fino all'alba. «Io arrivoalle sei e mezza de matina», «Io allesette», dicono i negozianti, e «alcunisono ancora là, e tu non sai che fa' per-ché un po' pensi che li dovresti aiuta',un po' c'hai paura, un po' te fai i fattituoi». Lo scenario è apocalittico, manon inimmaginabile. Soprattutto neltratto di Pigneto al quale tutti pensanoquando si parla di "Pigneto": il tratto pe-donale e le vie che l'attraversano. È quiche si concentrano i vari pub, enote-che, locali notturni, che attirano le ordee poi le respingono in strada... una viache si anima solo dopo le sei di sera, eche nel resto della giornata ospita soloun mercato mattutino, e un numero dinegozi inferiori alle dita di una mano. Idue macellai resistono dagli anni Venti,c'è l'Antica Pizzicheria (gli attuali pro-prietari sono arrivati alla fine dei Ses-santa), un fornaio, un negozio dipellami... e poi cos'altro? La deliziosaTuba - con libri e svariati oggetti d’in-trattenimento per donne - è evidente-

mente un prodotto della modernità,come pure il parrucchiere dalle cui ve-trine vediamo ergersi chiome fosfore-scenti... Dei vecchi negozi di quartierenon c'è più traccia, come non c'è piùtraccia dei cinema, delle osterie, dei ba-retti, del mercato che un tempo percor-reva tutta via del Pigneto, e non c'ètraccia di quella sensazione di vivere inun posto riparato, protetto e produttivo,in cui tutti conoscono tutti, mentre ora«'n ce sta più nessuno, e chi ce stapensa ad andassene». Qualcuno ri-corda con nostalgia la Panzanella - lostorico pastificio dove «mo’ ce stannole case» - qualcun’altro il Serono o l’exSnia-Viscosa (e qui i discorsi si fannoanimati: l’enorme fabbrica di tessuti cheha servito l’Esercito durante la guerra,poi bombardata, e ora abbandonata tradubbi propositi di ripristino). In molti ri-cordano la gente - proprio le personedel quartiere, il napoletano del negoziodi cappelli, il Calabrese - e in molti ri-cordano e basta, indicando mura cheun tempo erano vetrine, e strade cheun tempo erano campetti. «Ma che vuoifarci?», mi dice uno dei due macellaidella via, «Per ogni negozio che chiude

Isola Pedonale, di V. Piccinni

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è un locale notturno che apre, o è unnegozio "loro"». E qui veniamo all'altraorda, non quella dei giovani ma quelladegli extracomunitari. Perché, e questogli abitanti del quartiere lo dicono conun orgoglio che rasenta l'ironia, ormaiil quartiere è multietnico (nessuno parlanello specifico di cinesi, senegalesi,malgasci o magari, più generalmente,di extracomunitari... come se dar loroun nome - un'etnia - possa sembrarepoliticamente scorretto, in un quartiereche, alè, è ormai multietnico). Mentre ascolto l’ossessivo ricorreredell’aggettivo, mi vengono in mentequelli utilizzati da amici e conoscentiche da poco hanno avuto a che fare(seriamente, non per una sola estate)col Pigneto. Una coppia di (giovani)amici, ci si è trasferita. «È fantastico,c’è un sacco di gente, c’è tutto, puoi tor-nare a casa all’una di notte e trovare unposto aperto per mangiare o dove farela spesa, e c’è la biblioteca e un saccodi librerie dove puoi fermarti a bere il tèper tutto il pomeriggio», mi dicono,mentre si dilungano a raccontarequanto sia bello vivere in un posto incui sopravvivono i piccoli negozi diquartiere accanto ai ristoranti indiani eall’alimentari pakistano. Un’altra coppiaal Pigneto c’ha aperto un locale, che or-ganizza anche presentazioni di libri ed

eventi culturali. Ci sono stata, una serad’estate, e la loro bambina di forse unanno era cullata sul passeggino inmezzo alla strada mentre un ragazzocoi ricci leggeva ad alta voce il suo ro-manzo di fantascienza. E la bambinadormiva. Un’altra coppia ancora c’havissuto per un po’, entusiasta, poi col fi-glio in arrivo s’è trasferita (però lei c’hascritto un libro, sui ragazzi del Pigneto). E insomma, una conclusione in tuttoquesto non c’è. Forse, come tutte letrasformazioni che avvengono sponta-nee e rapide, anche quella che sta vi-vendo il Pigneto ha bisogno di essereassimilata, vissuta. Ha bisogno ditempo. E forse ne abbiamo bisogno unpo’ tutti, Anziana Signora, macellaio,multietnico inclusi.

MEMORIE A CONFRONTO REVIsIoNE

a

RINGRAZIAMENTI

La Redazione di 4frecce ringrazia tutti coloro che con segnalazioni, ricordi,racconti, hanno reso possibile la realizzazione di questo numero. In particolare ringraziamo le collaboratrici di questo numero: FrancescaMarongiu è una musicista/giornalista che si occupa di musica e arte ingenerale, è orgogliosamente apolide; barese di nascita ma romana d'ado-zione Valentina Piccinni predilige fotografare il corpo, ma per il suo quar-tiere ha fatto un'eccezione; Francesca de Cesare disegna e nel frattempocerca casa al Pigneto

Ferrovia, di V. Piccinni

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LUNOTTO

Poster in Via Perugia, di V. Piccinni

«Si quarcheduno te chiede un piacere,pecché 'un je 'o devi da ffà? N'artra vorta,pe' portatte un paragone, poteressi avè bisogno te, è regolare?»

(P. P. Pasolini, Ragazzi di vita)