EE Numero 4

12
In questo numero Credito alle imprese: aumentano i costi 2,6 mld di euro è la maggiore spesa che le imprese italiane hanno dovuto sostenere da inizio 2011 per effetto dell’aumento dei tassi di interesse. PAGINA 2 Enti insieme per rilanciare Mantova Comune, Provincia, Cciaa e Confindustria di Mantova con un’agenda economica comune PAGINA 3 Alfano, leader dei moderati? Verso l’assemblea costituente con il nuovo segretario, con la sfida di creare la sezione italiana del PPE. PAGINA 4 Una nuova era per la politica spaziale europea Messi in orbita i primi due satelliti della costella- zione del programma Galileo dalla base di lancio dell’ESA. PAGINA 6 Obiettivo: navigabilità tutto l’anno Progetti di collegamento per il Po tra Mediterra- neo, pianura padana ed Europa centrale. PAGINA 9 Nuova vita e vecchie marachelle per Gian Burrasca Una nuova versione dell’opera di Vamba da una piccola e coraggiosa casa editrice castiglionese. PAGINA 10 Notte di imbrogli e di sorprese La notte tra giovedì 13 e venerdì 14 ottobre, prima del voto, deve essere stata veramente una notte carica di ansia e di affannosi tentativi alla ricerca del consenso perduto. Una notte manzoniana di imbrogli e di sorprese. L’imbroglio di chi le sparava più grosse per accaparrarsi il consenso degli indecisi e dei questuanti dell’ultima ora. La sorpresa di ritrovarsi con esiti diversi rispetto alle aspettative progettate. Da un lato, Casini e Cesa, con la consulenza del super esperto Cirino Po- micino, impegnati a garantire future ricandidature e immediate poltrone di governo ai recalcitranti tra i PDL e il gruppo dei “responsabili”. Dall’al- tro, Verdini, Lupi, Casero e altri dediti a rassicurare gli indecisi e a garan- tire sicure nomine nel consiglio dei ministri che sarebbe immediatamente seguito all’esito positivo del voto. Con due Vice ministri in più e due sottosegretari di complemento l’ope- razione è riuscita, anche perché si sa: “ è meglio un uovo oggi che una gallina domani”. Se a dicembre 2010 la sconfitta sonora e imprevista era stata quella di Fini e Bersani, quella di venerdì 14 ottobre è la sconfitta dell’intero quartetto dell’opposizione, anche se dalla contesa parlamentare è uscita una situazio- ne ancor più precaria e confusa di quella precedente. Certo il governo ha ottenuto la fiducia e, sul piano strettamente costitu- zionale, l’esito è inequivocabile. Resta il fatto che ha perduto alcuni pezzi e che, se non si pone rimedio allo stato di insofferenza complessiva che pervade la maggioranza, a primavera si rischia di votare e con il porcellum. Non credo valga la pena di perdere tempo sul caso dei due voltagabbana veneti, Giustina Destro e Fabio Gava, due smorte e insignificanti figure politiche che hanno avuto tutto da Forza Italia e da Berlusconi e che, alla fine, hanno deciso di saltare il fosso per ritrovarsi soli e soletti con il sedere per terra. Erano stati “nominati” dai capi e capetti locali e nazionali del Pdl e avevano acquisito le diverse e ben ricompensate medaglie in quella formazione politica, ed ora sono stati ammaliati dalle sirene di Scajola e Montezemolo. Più emblematica la posizione di Lillo Mannino il quale, in una dichiara- zione all’Avvenire, non ha fatto mistero della sua scelta: “ Sono un uomo libero, indipendente di centro che attende il Partito Popolare. Non voto la fiducia. L’ho fatto una volta solo in prospettiva politica, per indurre Berlusconi al dialogo con Casini. Ma non è successo niente. Elezioni nel 2012? Faccia fare il conto dal Ragioniere dello Stato e dal Governatore di Bankitalia sui titoli in scadenza”. Un ragionamento serio di un vecchio DC non pentito, che sente odore di elezioni anticipate con le regole del porcellum e il potere assoluto dei capi nella formazione delle liste in un momento drammatico per l’Italia e nel mondo. Una prospettiva assai grave e da evitare quella delle elezioni anticipate, considerato lo sfascio del debito pubblico e la situazione economica e fi- nanziaria dell’Italia che, viceversa, reclamerebbe e reclama una diversa e più ampia composizione della maggioranza. Tema portato avanti anche da molti che hanno ritenuto comunque doveroso e senza alternative ridare fiducia a Berlusconi e al suo governo e che si porrà all’odg dell’agenda politica dei prossimi giorni e mesi. Se la maggioranza, pur nella riconfermata alleanza Berlusconi-Bossi, fa- rebbe bene a non esaltarsi troppo del pur importante esito del voto, del tutto nuova e aggravata è la situazione in cui si ritrova l’opposizione di centro-sinistra dopo la sceneggiata semi aventiniana del voto di fiducia. Abbandonata l’aula durante il discorso del presidente del consiglio, schiaf- fo enorme e di assoluta gravità istituzionale (immaginiamo cosa sarebbe successo a parti invertite: si sarebbe gridato al fascismo!) e confidato sino all’ultimo nella mancanza del numero legale prima e nella decomposizione della maggioranza al momento del voto, il trio Bersani-Fini-Casini si ri- trova a terra per l’ennesima volta. E, intanto, il trattorista di Montenero di Bisaccia ha deciso che la politica la vuole svolgere solo sulle piazze e per via di denunce all’autorità giudiziaria. Insomma dalla toga della magistratura inquirente alla saga degli indignados: una triste fine per il PM più popolare nella stagione di mani pulite. In piena rottura con l’alleato storico radicale, in rotta di collisione istitu- zionale con lo stesso Presidente della Repubblica, irreprensibile anche in questa situazione nel suo ruolo di garante della Costituzione, e con una situazione interna al PD in pieno fermento, il centro-sinistra non sembra in grado né di formulare uno straccio di programma compatibile con i vincoli europei, né di indicare la figura di un leader capace di aggregare una credibile coalizione e con il forte rischio di dover inseguire il Cavalie- re in una probabile corsa elettorale anticipata con truppe divise in ordine sparso e disordinato. Un po’ di imbrogli sono stati tentati su entrambi i fronti nei giorni scorsi e non sono mancate le sorprese. Auguriamoci che ritorni un minimo di serenità in tutti e fra tutti. Una serenità di cui l’Italia avrebbe assoluto bisogno. Don Chisciotte Venezia, 14 ottobre 2011 L’Ermetico Errante Mensile d’informazione contemporanea Numero 4 anno 1 Novembre 2011 3,00 Euro Italiani e alimentazione nel tempo della crisi Diminuiscono gli sprechi, cresce il tempo dedicato alla spesa Se ben l’89 per cento degli italiani ri- tiene che la situazione economica del Paese sia negativa, oltre la metà (53 per cento) giudica positivamente il bilan- cio della propria famiglia. È quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “Gli italiani e l’alimentazione nel tempo della crisi”, realizzata da Coldiretti-Swg a ottobre 2011 e presentata nel corso dell’XI Fo- rum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. Il 49 per cento degli intervistati di- chiara di riuscire a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi e addirittura un 5/10 per cento non è in grado di garantirsi il minimo indi- spensabile; un 42 per cento afferma di vivere serenamente senza particolari affanni. Questi dati sono stati approfondi- ti nell’intervista della Coldiretti con qualche indagine sui comportamenti degli italiani nel loro rapporto col cibo e con la spesa alimentare. Il 57 per cen- to degli italiani ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi. Una ten- denza positiva, secondo il presidente Coldiretti Sergio Marini, in un Paese come l’Italia dove a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate, e dove invece è importante un recupe- ro di sensibilità nei confronti del cibo e del suo valore. In Italia gli sprechi alimentari equivalgono a un valore annuale di ben 37 miliardi di euro in grado di garantire l’alimentazione per ben 44 milioni di persone. Tra coloro che hanno ridotto lo spreco il 47 per cento lo ha fatto facendo la spesa in modo più oculato, il 31 per cento riducendo le dosi acquistate, il 24 per cento utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e il 18 per cento guardando con più attenzio- ne alla data di scadenza. Un’altra tendenza curiosa è quella che Cosa ha fatto per ridurre lo spreco? spesa in modo più oculato 47 per cento riducendo le dosi acquistate 31 per cento utilizzando quello che avanza 24 per cento più attenzione alla data di scadenza 18 per cento Per quali di queste categorie ha ridotto la spesa, rinunciato o rimandato l’acquisto? Abbigliamento 51 per cento Viaggi o vacanze 50 per cento Tempo libero 47 per cento Beni tecnologici 34 per cento Attività culturali 33 per cento Arredamento 33 per cento Auto/moto 30 per cento Generi alimentari 16 per cento Spese per i figli 11 per cento Fonte: indagine Coldiretti-Swg risposte multiple riguarda il tempo impiegato per fare la spesa: aumenta il tempo dedicato a questa attività secondo il 55 per cento degli italiani, e il 72 per cento dichia- ra di prestare una maggiore attenzione rispetto al passato. «Non si dimentichi mai che si è eletti per operare; e non si opera per essere eletti. La confusione dei fini risulterebbe nefasta.» Giulio Andreotti, Il potere logora... ma è meglio non perderlo, 1990

description

Quarta uscita del nostro mensile l'Ermetico Errante

Transcript of EE Numero 4

Page 1: EE Numero 4

In questo numero

Credito alle imprese: aumentano i costi 2,6 mld di euro è la maggiore spesa che le imprese italiane hanno dovuto sostenere da inizio 2011 per effetto dell’aumento dei tassi di interesse.PAGINA 2

Enti insieme per rilanciare MantovaComune, Provincia, Cciaa e Confindustria di Mantova con un’agenda economica comunePAGINA 3

Alfano, leader dei moderati?Verso l’assemblea costituente con il nuovo segretario, con la sfida di creare la sezione italiana del PPE.PAGINA 4

Una nuova era per la politica spaziale europeaMessi in orbita i primi due satelliti della costella-zione del programma Galileo dalla base di lancio dell’ESA.PAGINA 6

Obiettivo: navigabilità tutto l’annoProgetti di collegamento per il Po tra Mediterra-neo, pianura padana ed Europa centrale.PAGINA 9

Nuova vita e vecchie marachelle per Gian BurrascaUna nuova versione dell’opera di Vamba da una piccola e coraggiosa casa editrice castiglionese.PAGINA 10

Notte di imbrogli e di sorpreseLa notte tra giovedì 13 e venerdì 14 ottobre, prima del voto, deve essere stata veramente una notte carica di ansia e di affannosi tentativi alla ricerca del consenso perduto. Una notte manzoniana di imbrogli e di sorprese.L’imbroglio di chi le sparava più grosse per accaparrarsi il consenso degli indecisi e dei questuanti dell’ultima ora. La sorpresa di ritrovarsi con esiti diversi rispetto alle aspettative progettate.Da un lato, Casini e Cesa, con la consulenza del super esperto Cirino Po-micino, impegnati a garantire future ricandidature e immediate poltrone di governo ai recalcitranti tra i PDL e il gruppo dei “responsabili”. Dall’al-tro, Verdini, Lupi, Casero e altri dediti a rassicurare gli indecisi e a garan-tire sicure nomine nel consiglio dei ministri che sarebbe immediatamente seguito all’esito positivo del voto.Con due Vice ministri in più e due sottosegretari di complemento l’ope-razione è riuscita, anche perché si sa: “ è meglio un uovo oggi che una gallina domani”.Se a dicembre 2010 la sconfitta sonora e imprevista era stata quella di Fini e Bersani, quella di venerdì 14 ottobre è la sconfitta dell’intero quartetto dell’opposizione, anche se dalla contesa parlamentare è uscita una situazio-ne ancor più precaria e confusa di quella precedente.Certo il governo ha ottenuto la fiducia e, sul piano strettamente costitu-zionale, l’esito è inequivocabile. Resta il fatto che ha perduto alcuni pezzi e che, se non si pone rimedio allo stato di insofferenza complessiva che pervade la maggioranza, a primavera si rischia di votare e con il porcellum.Non credo valga la pena di perdere tempo sul caso dei due voltagabbana veneti, Giustina Destro e Fabio Gava, due smorte e insignificanti figure politiche che hanno avuto tutto da Forza Italia e da Berlusconi e che, alla

fine, hanno deciso di saltare il fosso per ritrovarsi soli e soletti con il sedere per terra. Erano stati “nominati” dai capi e capetti locali e nazionali del Pdl e avevano acquisito le diverse e ben ricompensate medaglie in quella formazione politica, ed ora sono stati ammaliati dalle sirene di Scajola e Montezemolo.Più emblematica la posizione di Lillo Mannino il quale, in una dichiara-zione all’Avvenire, non ha fatto mistero della sua scelta: “ Sono un uomo libero, indipendente di centro che attende il Partito Popolare. Non voto la fiducia. L’ho fatto una volta solo in prospettiva politica, per indurre Berlusconi al dialogo con Casini. Ma non è successo niente. Elezioni nel 2012? Faccia fare il conto dal Ragioniere dello Stato e dal Governatore di Bankitalia sui titoli in scadenza”.Un ragionamento serio di un vecchio DC non pentito, che sente odore di elezioni anticipate con le regole del porcellum e il potere assoluto dei capi nella formazione delle liste in un momento drammatico per l’Italia e nel mondo.Una prospettiva assai grave e da evitare quella delle elezioni anticipate, considerato lo sfascio del debito pubblico e la situazione economica e fi-nanziaria dell’Italia che, viceversa, reclamerebbe e reclama una diversa e più ampia composizione della maggioranza. Tema portato avanti anche da molti che hanno ritenuto comunque doveroso e senza alternative ridare fiducia a Berlusconi e al suo governo e che si porrà all’odg dell’agenda politica dei prossimi giorni e mesi.Se la maggioranza, pur nella riconfermata alleanza Berlusconi-Bossi, fa-rebbe bene a non esaltarsi troppo del pur importante esito del voto, del tutto nuova e aggravata è la situazione in cui si ritrova l’opposizione di centro-sinistra dopo la sceneggiata semi aventiniana del voto di fiducia.Abbandonata l’aula durante il discorso del presidente del consiglio, schiaf-fo enorme e di assoluta gravità istituzionale (immaginiamo cosa sarebbe successo a parti invertite: si sarebbe gridato al fascismo!) e confidato sino all’ultimo nella mancanza del numero legale prima e nella decomposizione della maggioranza al momento del voto, il trio Bersani-Fini-Casini si ri-trova a terra per l’ennesima volta. E, intanto, il trattorista di Montenero di Bisaccia ha deciso che la politica la vuole svolgere solo sulle piazze e per via di denunce all’autorità giudiziaria. Insomma dalla toga della magistratura inquirente alla saga degli indignados: una triste fine per il PM più popolare nella stagione di mani pulite.In piena rottura con l’alleato storico radicale, in rotta di collisione istitu-zionale con lo stesso Presidente della Repubblica, irreprensibile anche in questa situazione nel suo ruolo di garante della Costituzione, e con una situazione interna al PD in pieno fermento, il centro-sinistra non sembra in grado né di formulare uno straccio di programma compatibile con i vincoli europei, né di indicare la figura di un leader capace di aggregare una credibile coalizione e con il forte rischio di dover inseguire il Cavalie-re in una probabile corsa elettorale anticipata con truppe divise in ordine sparso e disordinato.Un po’ di imbrogli sono stati tentati su entrambi i fronti nei giorni scorsi e non sono mancate le sorprese. Auguriamoci che ritorni un minimo di serenità in tutti e fra tutti. Una serenità di cui l’Italia avrebbe assoluto bisogno.

Don ChisciotteVenezia, 14 ottobre 2011

L’Ermetico ErranteMensile d’informazione contemporanea

Numero 4 anno 1Novembre 2011

3,00 Euro

Istituzionale_A4.indd 1 25/11/10 17:46

Italiani e alimentazione nel tempo della crisiDiminuiscono gli sprechi, cresce il tempo dedicato alla spesa

Se ben l’89 per cento degli italiani ri-tiene che la situazione economica del Paese sia negativa, oltre la metà (53 per cento) giudica positivamente il bilan-cio della propria famiglia. È quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “Gli italiani e l’alimentazione nel tempo della crisi”, realizzata da Coldiretti-Swg a ottobre 2011 e presentata nel corso dell’XI Fo-rum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. Il 49 per cento degli intervistati di-chiara di riuscire a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi e addirittura un 5/10 per cento non è in grado di garantirsi il minimo indi-spensabile; un 42 per cento afferma di vivere serenamente senza particolari affanni.Questi dati sono stati approfondi-ti nell’intervista della Coldiretti con qualche indagine sui comportamenti degli italiani nel loro rapporto col cibo e con la spesa alimentare. Il 57 per cen-to degli italiani ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi. Una ten-denza positiva, secondo il presidente Coldiretti Sergio Marini, in un Paese come l’Italia dove a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate, e dove invece è importante un recupe-ro di sensibilità nei confronti del cibo e del suo valore. In Italia gli sprechi alimentari equivalgono a un valore annuale di ben 37 miliardi di euro in grado di garantire l’alimentazione per ben 44 milioni di persone.Tra coloro che hanno ridotto lo spreco il 47 per cento lo ha fatto facendo la spesa in modo più oculato, il 31 per cento riducendo le dosi acquistate, il 24 per cento utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e il 18 per cento guardando con più attenzio-ne alla data di scadenza.Un’altra tendenza curiosa è quella che

Cosa ha fatto per ridurre lo spreco?spesa in modo più oculato 47 per centoriducendo le dosi acquistate 31 per centoutilizzando quello che avanza 24 per centopiù attenzione alla data di scadenza 18 per cento

Per quali di queste categorie ha ridotto la spesa, rinunciato o rimandato l’acquisto?Abbigliamento 51 per centoViaggi o vacanze 50 per centoTempo libero 47 per centoBeni tecnologici 34 per centoAttività culturali 33 per centoArredamento 33 per centoAuto/moto 30 per centoGeneri alimentari 16 per centoSpese per i figli 11 per cento

Fonte: indagine Coldiretti-Swg risposte multiple

riguarda il tempo impiegato per fare la spesa: aumenta il tempo dedicato a questa attività secondo il 55 per cento degli italiani, e il 72 per cento dichia-ra di prestare una maggiore attenzione rispetto al passato.

«Non si dimentichi mai che si è eletti per operare; e non

si opera per essere eletti. La confusione dei fini risulterebbe nefasta.»

Giulio Andreotti, Il potere logora... ma è meglio non perderlo, 1990

Page 2: EE Numero 4

2 Notizie del mese

L’Ermetico Errante

Direttore Responsabile: Simona Cremonini ([email protected])

Editore: Centro Studi Giovanile Ermes - Mantova

Iscritto al Registro Stampa: tribunale di Mantova del 2-3 dicembre 2010

Grafica e impaginazione: Gabriele Lombardo (www.gabrilomb.eu)

Direzione, Redazione, Amministrazione e Ufficio abbonamenti:Via Grazioli 1046100 Mantova (MN)Tel. 345 4994337Fax: 0376382430Email: [email protected]

Pubblicità:Via Grazioli 1046100 Mantova (MN)Tel. 03761811080Fax: 0376382430

Si ringraziano:Zenit.org, Insiemeweb, Associazione Liberi e Forti, Wur-dy, Fondazione Cariplo, Lombardia Notizie, Ufficio stampa Consiglio Nazionale delle Ricerche, Ufficio stampa Euro-pean Parliament Italia, Ufficio stampa Coldiretti, Ufficio stampa Cgia Mestre, Ufficio stampa Confindustria Mantova, Ufficio stampa Festival of Festivals PressOffice2.0, Antenna Europe Direct della Regione Lombardia - Spazio Regione Mantova, Ufficio stampa Garzanti Libri, Anmil Mantova, dott. Luca Cremonesi, Associazione PresentARTsi, Don Chisciotte.Vignetta di:Wurdy (Marcello Sartori)

Articoli di:Francesco Agostini, Ettore Bonalberti, Luigino Bruni, Don Chisciotte, Simona Cremonini, Paul De Maeyer, Mat-teo Fazzi, Gianstefano Frigerio, padre Piero Gheddo, Ma-rio Giulianati, Elizabeth Lev, Rodolfo Papa, don Marcello Stanzione, Giorgio Zabeo, Stefano Zamagni.

Seguici anche online

Sono soprattutto tre i grandi mes-saggi che questo straordinario uomo ci lascia.

Il primo: le grandi innovazioni in economia sono sempre legate alle per-sone: non sono i capitali, i soldi, le tecnologie: sono le persone che fan-no le grandi innovazioni: Steve Jobs è stato capace di fare grandi cose perché era una grande persona, non perché aveva grandi capitali e mezzi. Questo ci ricorda che l’economia va avanti quando ci sono persone che guardano più lontano, vedendo cose diverse. Le grandi innovazioni nascono da sguar-di diversi sul mondo, e quindi dalle persone.Il secondo messaggio che ci lascia Ste-ve Jobs è che non è vero che le imprese sono di successo quando rispondono a dei bisogni dei consumatori: questa idea che le imprese ed i loro prodotti debbano rispondere ai bisogni delle persone è un po’ scolastica, statica, e soprattutto non è vera per le inno-vazioni davvero importanti: nessuno aveva bisogno dell’Ipad e dell’Ipho-ne. Steve Jobs con la sua azienda li ha creati prima che diventassero bisogni, ha inventato dei simboli e ha creato dei sogni, dei messaggi, degli stili di vita. Le grandi imprese che fanno in-

novazioni vere sono in grado di fare qualcosa che nessuno pensava prima, che nemmeno era fra i bisogni ine-spressi. Un imprenditore come Jobs ha “visto” qualcosa e poi ha fatto in modo che la realtà diventasse ciò che lui aveva visto prima: è qualcosa che i veri imprenditori h a n no in comune con i gran-di artisti o i grandi

scienziati.Il terzo messaggio che ci lascia Steve Jobs a mio avviso è un grande inno alla vita: se guardiamo le ultime cose che ha detto “gli anni più belli e più bril-lanti sono davanti a noi, non alle nostre spalle...”. Era un uomo molto mala-

“Per effetto dell’aumento dei tassi di interesse, nei primi 9 mesi di quest’anno il sistema delle imprese italiane ha speso 2,6 mld di euro in più.” A lanciare l’allarme è il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Dall’inizio dell’anno ad oggi – prosegue il leader degli artigiani mestri-ni - i principali tassi di interesse sono cresciuti in maniera significativa. Su uno stock odierno di oltre 924 mld di euro di prestiti erogati dalle banche alle imprese, questa repen-tina impennata dei tassi ha fatto salire le spese in capo alle aziende di ben 2,6 mld di euro. È chiaro che, se la situazio-ne di instabilità continuerà anche nei prossimi mesi, i costi saliranno ulteriormente, con il pericolo di mettere in grave difficoltà la tenuta finanziaria di moltissime imprese”. I dati sono preoccupanti: all’inizio di quest’anno il valore medio dei principali tassi di interesse applicati alle imprese era del 3,5% circa. Dopo il duplice aumento del tasso uffi-ciale di sconto avvenuto nei mesi scorsi e il successivo in-cremento del differenziale tra i titoli italiani e i bund tede-schi, il tasso di interesse medio è “schizzato” al 4,5% circa.

Tuttavia, non sono poche le segnalazioni avvenute in questi giorni che denunciano situazioni molto particolari, dove il costo del denaro applicato ad alcune aziende si è impennato sino a superare il tasso del 10%.A livello territoriale sono le imprese lombarde le più pena-lizzate. In termini assoluti, l’aumento delle spese da inizio anno è stato di 724,7 milioni di euro, pari ad un valore me-dio per azienda di 874,3 euro. Segue il Lazio (286, 8 mln di € per un dato pro azienda pari a 618,5 €) e l’Emilia Roma-gna (286 mln di € e 665,7 € pro azienda).“Questa situazione – conclude Bortolussi – sta facendo emer-gere il pericolo di una nuova stretta creditizia, con una gros-sa novità rispetto al recente passato. Se all’inizio della crisi molte piccole aziende rifiutate dai grandi istituti di credito si rifugiavano presso le Banche di Credito Cooperativo o i Confidi, adesso anche queste realtà non sono più in grado, perché a corto di liquidità, di fungere da sportello-rifugio”.

PRESTITI BANCARI ALLE IMPRESE Effetti sulla spesa dovuta al rincaro dei tassi di interesse da inizio 2011 ad oggi

REGIONI Prestiti(mln. di euro)

Maggiori spese da inizio anno per effetto aumento tassi di interesseTotale imprese(mln. di euro) euro per impresa

LOMBARDIA 259.449,8 724,7 874,3LAZIO 102.736,7 286,8 618,5EMILIA-ROMAGNA 102.321,8 286,0 665,7VENETO 100.964,2 282,3 616,1TOSCANA 64.923,9 181,6 494,9PIEMONTE 58.166,7 162,7 386,8CAMPANIA 35.428,0 99,0 210,0TRENTINO A.A. 28.214,8 79,0 773,1SICILIA 28.054,0 78,5 206,8MARCHE 25.768,9 72,1 452,6PUGLIA 25.730,8 72,0 212,3LIGURIA 20.433,4 57,1 400,2FRIULI V.G. 17.740,9 49,6 505,5ABRUZZO 14.540,8 40,7 305,8UMBRIA 12.878,7 36,0 430,9SARDEGNA 11.603,5 32,5 219,4CALABRIA 8.137,8 22,8 145,1BASILICATA 3.377,8 9,5 173,2MOLISE 1.940,1 5,4 168,7VALLE D’AOSTA 1.656,1 4,6 374,9

ITALIA 924.068,9 2.583,0 489,0Elaborazione Ufficio Studi CGIA di Mestre su dati ISTAT

PRESTITI BANCARI ALLE IMPRESE Effetti sulla spesa dovuta al rincaro dei tassi di interesse da inizio 2011 ad oggi

PROVINCE(con prestiti oltre i 10.000 euro)

Prestiti(mln. di euro)

Maggiori spese da inizio anno per effetto aumento tassi di interesse

Totale imprese(mln. di euro) euro per impresa

MILANO 128.035,8 357,3 1.244,8ROMA 93.030,2 259,6 789,2BRESCIA 36.409,0 101,8 910,8TORINO 26.855,4 75,1 360,5BERGAMO 25.348,0 70,8 813,0BOLOGNA 22.613,3 63,2 717,3NAPOLI 21.095,4 58,9 260,8VERONA 20.900,8 58,4 649,8TREVISO 20.443,9 57,2 676,3VICENZA 20.396,9 57,0 734,3PADOVA 19.067,7 53,3 566,3FIRENZE 17.885,4 50,0 532,2MODENA 17.257,2 48,2 706,4BOLZANO 15.290,6 42,9 796,1VENEZIA 14.422,1 40,3 573,5MONZA-BR. 14.040,0 39,2 611,0REGGIO EMILIA 13.702,4 38,3 729,7TRENTO 12.924,2 36,2 747,6GENOVA 12.610,9 35,2 490,1MANTOVA 11.597,7 32,4 821,4BARI 11.561,8 32,3 315,9PARMA 11.362,0 31,7 734,7VARESE 10.778,2 30,1 465,5FORLI’-CESENA 10.641,2 29,8 733,2CUNEO 10.427,6 29,2 414,2PERUGIA 10.343,3 28,9 450,2

Credito alle imprese: aumentano i costi

L’aumento dei tassi è costato 2,6 mld di euro

Di seguito sono riportati i dati a livello regionale e provinciale (province con prestiti oltre i 10.000 euro)

Fra le proposte più rilevanti ap-provate dal Parlamento europeo ci sono forti interventi per com-battere la frode fiscale, esenzioni per le piccole imprese e le ONG e tassi ridotti per i prodotti “ver-di”. I deputati chiedono anche un ruolo più forte per la Commis-sione nel processo di armonizza-zione dei regimi IVA per ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese.La risoluzione è la risposta del Par-lamento europeo al Libro verde del-la Commissione sul futuro dell’IVA, pubblicato a dicembre 2010, e costi-tuisce un contributo alla preparazio-ne della futura strategia europea sul futuro dell’IVA, attesa per la fine di quest’anno.Il relatore del provvedimento David Casa (PPE, MT), durante il dibattito, ha dichiarato: “Alcuni imprendito-ri, con i quali ho parlato, mi hanno spiegato che preferiscono fare affari con paesi non UE perché hanno un regime IVA più semplice. Questo non deve più succedere. Dobbiamo sem-plificare e migliorare le infrastrutture e allo stesso tempo dare priorità anche alla lotta alle frodi fiscali che incidono ogni anno per diversi miliardi”.

Maggiori entrate ma anche più incentivi per le impreseL’obiettivo principale della risoluzione è trovare un equilibrio tra il manteni-mento del gettito IVA ai livelli neces-sari per fornire una fonte importante di entrata e, al tempo stesso, assicu-

rarsi che tale gettito non soffochi le attività imprenditoriali. Ciò potreb-be essere realizzato principalmente grazie alla lotta contro la frode (che costa attualmente all’UE 100 miliardi di euro in entrate mancate) e riducen-do la sovrabbondanza di esenzioni e tariffe diverse. Inoltre, l’elaborazione intelligente a livello europeo di nuovi regimi IVA semplificherebbe la vita degli imprenditori onesti e aiuterebbe le organizzazioni non-profit nella for-nitura di beni e servizi.

Il settore del volontariato e delle piccole impreseLa risoluzione invita la Commissione a proporre un meccanismo che con-senta agli Stati membri che desiderano rafforzare la società civile di introdur-re un’esenzione IVA generale per tutte o per la maggior parte delle attività svolte da organizzazioni no-profit, con particolare riferimento alle ONG più piccole.Si chiede inoltre alla Commissione e agli Stati membri di considerare l’in-troduzione a livello europeo di una soglia di esenzione IVA per le PMI, al fine di ridurre la burocrazia e co-sti e per facilitare l’accesso al mercato interno.

Strategia verde in materia di IVALa risoluzione chiede una “strategia verde in materia di IVA” che preve-da aliquote ridotte sui prodotti eco-compatibili per renderli più competi-tivi rispetto a quelli non-ecologici più a buon mercato.

Nostalgia di futuro. Il messaggio di vita di Steve Jobs

Il fondatore di Apple e Pixar ci ha lasciati all’età di 56 anni

Una riforma dell’IVA Per combattere la frode e aiutare

le piccole imprese

Dimezzare i morti entro il 2020Proposte 103 misure europee per la sicurezza stradale

I deputati europei propongono 103 misure per la sicurezza stradale. L’o-biettivo di lungo termine è “scon-giurare completamente i decessi da incidenti stradali (“Vision Zero”)”, come afferma la risoluzione preparata da Dieter-Lebrecht Koch (PPE, DE) che mira a ridurre del 50% i morti, del 40% i feriti gravi e del 60% i decessi di bambini su strada entro il 2020.I deputati chiedono inoltre alla Com-missione europea di designare un co-ordinatore per aiutare i governi nazio-nali ad applicare il piano d’azione.“La scelta delle misure da adottare e la loro valutazione necessitano un approccio scientifico basato su dati, definizioni e statistiche di alta quali-tà”, ha detto la relatrice Koch durante il dibattito. “Chiediamo, fra l’altro, un’analisi armonizzata delle cause de-gli incidenti, con uno scambio d’in-formazioni all’interno dell’UE, nel pieno rispetto della privacy”, ha ag-giunto.Fra le misure proposte, i deputati chie-dono un limite europeo di 30Km/h nelle zone residenziali, più formazio-ne per i giovani dai 17 anni e un limi-te di presenza di alcol nel sangue pari a zero per i primi due anni di patente.

to, stava morendo, eppure guardava avanti. Ai giovani diceva: “siate sem-pre affamati di vita”: le persone grandi, capaci di cose grandi, non sono mai nostalgiche, guardano sempre più lon-tano e pensano che il futuro è miglio-re del passato anche nei tempi di crisi: sono capaci di grande ottimismo e di aggregare intorno a questo ottimi-smo grandi progetti. Anche oggi gli imprenditori che muovono il mondo sono imprenditori ottimisti, capaci di futuro, convinti che “il più bello debba ancora cominciare”.In sintesi Steve Jobs ci fa vedere che le grandi innovazioni economiche diventano anche grandi innovazioni civili: i suoi prodotti e la filosofia che vi ha messo dentro, hanno cambiato la vita delle persone, il rapporto con lo spazio, con la musica, la creativi-tà. Sono stati molto più che “buoni prodotti“, hanno spostato in avanti le frontiere ed i paletti della vita civile. Ogni innovazione grande è sempre una innovazione civile che aumenta la libertà, le opportunità, la capacità del-le persone. Egli ci ricorda che l’econo-mia è vita, che l’impresa è un brano di vita in comune che funziona quando è espressione di creatività, di passione, di voglia di futuro: niente di più, ma neanche niente di meno che vita.Credo che Steve Jobs sia un bellissimo modello di imprenditore civile che fa una economia per il bene comu-ne, un’economia che proprio perché è veramente innovativa è amica della città, della gente. Senza questo tipo di imprenditore non si dà bene comune. Ecco perché Steve Job ci lascia una struggente nostalgia di futuro.

Luigino Bruni

Page 3: EE Numero 4

3

In occasione della seconda edizio-ne della Maratona del Cuore, con il patrocinio del Ministero del-

la Salute e delle Pari Opportunità, di Comunità Scientifiche regionali e nazionali (Anmco, Arca, Fondazione Per il Tuo Cuore) e delle Istituzioni locali (Comune, Provincia), in colla-borazione con Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Asl, Ordine dei Medici e Farmacisti e Fondazione Università di Mantova, l’associazione di volonta-riato Cuore Amico ha promosso una serie di iniziative sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari dando il via a Progetto donna. La maggior parte dei lavori epidemiologici e di ricerca per comprendere le cause e migliorare la cura delle malattie cardiovascolari sono stati condotti prevalentemente su una popolazione maschile. Oggi invece si sta realizzando che la malat-tia coronarica prevale più nella donna che nell’uomo. Ogni anno le malat-tie cardiovascolari, di cui le principa-li forme sono la malattie coronarica (angina e infarto) e l’ictus, sono causa del 48 per cento dei decessi in Euro-pa, in particolare 54 per cento per le donne e 43 per cento per gli uomi-ni. Ecco la necessità della medicina di genere, scienza che studia l’influenza del sesso e del genere sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica delle malattie per giungere a decisioni terapeutiche e di prevenzione basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna .Nel periodo antecedente la manife-

stazione, grazie all’impegno dell’Asl e alla collaborazione delle 133 farmacie della provincia di Mantova, sono stati compilati oltre 2.500 questionari ri-volti alle donne (dai 40 ai 60 anni). Obiettivo: verificare il grado di con-sapevolezza del rischio cardiovascola-re. Al Bibiena, tra momenti di cultura e spettacolo si è inaugurata la seconda edizione della Maratona del Cuore. Il convegno di Medicina di Genere Al-larme Rosso per il Cuore di Donna si è svolto nell’aula Magna della Fonda-zione Università di Mantova con oltre 270 partecipanti. Inoltre sono stati or-ganizzati seminari su Psicologia, Yoga e Benessere. Il coffee break e il buffet sono stati curati secondo i criteri di Slow Food (Buono, Pulito e Giusto). Inoltre, piatti posate e bicchieri era-no di materiale biodegradabile con attenzione alla raccolta differenziata. Nella Loggia del Grano grazie all’im-pegno dei volontari di Cuore Amico, ai medici di Medicina Generale, ai professionisti dell’Azienda ospeda-liera Carlo Poma, ai farmacisti e agli studenti della Scuola Infermieristica, sono stati sottoposti a esami gratuiti oltre 300 soggetti. Per l’importanza dell’attività fisica nella prevenzione non sono mancate iniziative come la camminata e la biciclettata orga-nizzate con il contributo della Coop consumatori e con la partecipazione alla MincioMarcia: una joint ventu-re (Uisp–Cuore Amico) ha permesso di amplificare la divulgazione della

Maratona grazie anche alla parteci-pazione di circa 70 studenti dell’Itis Mantova. Ricerca e assistenza con oltre 1.000 soci. L’associazione Cuore Amico Man-tova è nata nel 2003 con134 soci fon-datori per la lotta contro le malattie cardiovascolari. L’associazione aderi-sce a Co.Na.Cuore (Coordinamento Operativo Nazionale Associazioni del Cuore). Cuore Amico opera per il potenziamento e lo sviluppo della prevenzione, per l’adeguamento tec-nologico e delle strutture, per favorire l’assistenza, la riabilitazione e la ricer-ca. Un comitato di medici affianca l’associazione e coordina le iniziative di studio e ricerca a carattere medi-co-scientifico. Oggi i soci sono oltre 1.000.

Sede: Viale Albertoni,1 c/o Azienda Ospe-daliera Carlo Poma, Mantova.Contatti: telefono e fax 0376.360659; numero verde 800590077E-mail: [email protected] web: www.cuoreamicomantova.itPresidente: Luciano Chinaglia (340.2563338).

Francesco Agostini, medico Cardiologia Mantova Azienda

Ospedaliera Carlo Poma

Mantova

Da tempo le istituzioni man-tovane hanno un’agenda co-mune sulle tematiche che ri-

guardano l’economia del territorio provinciale.Il Sindaco del capoluogo Nicola So-dano, il presidente della Provincia Alessandro Pastacci, il presidente della

Cciaa Carlo Zanetti e il presidente di Confindustria Alberto Truzzi l’hanno ribadito in occasione di un incontro in Confindustria Mantova che li ha visti affrontare insieme alcuni argomen-ti considerati la chiave per rilanciare Mantova, in particolare in seguito alla crisi preoccupante che sta ancora at-tanagliando anche il nostro territorio.“Dobbiamo essere dinamici per gesti-re al meglio le iniziative e le risorse in un momento di difficoltà oggettiva”, hanno spiegato, con una volontà con-divisa di individuare i temi su cui già

stanno collaboranvdo o su cui occorre collaborare e che sono più importanti per la provincia.Tra i soggetti affrontati, la Fondazione Universitaria Mantovana, la Catte-dra Unesco, Main 2 per la Ricerca e l’Innovazione delle Aziende, l’analisi dei flussi di traffico per capoluogo,

l’attrattività del territorio, l’interna-zionalizzazione, i pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni, e le infrastrutture quali Valdaro e Polo Intermodale, Aeroporto Catullo, Ter-za corsia Autobrennero. Altri temi già evidenziati sono quelli sul fronte produttivo, comprese le bonifiche dei siti inquinati, e sul fronte culturale in riferimento al Centro Internaziona-le Palazzo Te, Festivaletteratura, siti Unesco e promozione del territorio provinciale.Ulteriori aspetti “caldi”, come ha ri-

cordato Alberto Truzzi, riguarderan-no ancora le imprese, ovvero il soste-gno al credito, la riqualificazione con un’adeguata formazione di chi esce da un lavoro e dovrà ricollocarsi, nonché la già citata università in quanto Man-tova “ha bisogno di elevare il proprio livello di alta formazione”. Anche

tematiche come il design e l’innova-zione tecnologica non potranno non essere strategiche soprattutto per favo-rire la nuova imprenditoria.“L’obiettivo del creare un’agenda co-mune delle priorità e delle azioni” hanno spiegato in conferenza stampa i protagonisti del meeting “è collabo-rare senza preconcetti, perché tutte le istituzioni siano catalizzate sugli stessi obiettivi. Anche alle imprese, d’altron-de, diciamo di fare rete in questa fase di difficoltà oggettiva, quindi non pos-siamo che fare lo stesso”.

Enti insieme per rilanciare MantovaLe istituzioni lanciano un patto con un’agenda comune

Ricette afrodisiache e narrativa a GiallozuccaL’8 novembre cena letteraria con Bruno Gambarotta con il suo ultimo romanzo

L’evento archeologico dell’anno ar-riva a Mantova martedì 8 novembre al Ristorante Giallozucca con una inedita cena letteraria che vedrà pro-tagonisti Bruno Gambarotta e il suo ultimo libro “Le ricette di Nefertiti”: un divertente romanzo sulla ricerca spasmodica dell’afrodisiaca raccolta

delle ricette del-la regina egiziana Nefertiti, che ver-ranno proposte dal ristorante con l’ec-cezionale presenza dell’autore che le ha consegnate ai lettori italiani.Proprio dal li-bro apprendiamo come le ricette sono arrivate a noi: “Dai depositi del museo egizio è emerso un do-cumento straor-dinario: dodici ricette annotate su papiro, le uniche ricette dell’Antico Egitto giunte sino a noi. È un docu-mento straordina-rio, anche perché opera della regina Nefertiti, una tra le donne più bel-le e affascinanti di tutti i tempi. E secondo alcune in-discrezioni, queste ricette sarebbero

addirittura i manicaretti che la regi-na preparava per accendere il deside-rio del suo sposo Akhenaton!”.Il romanzo edito da Garzanti Libri vede protagonista l’egittologo Paolo Maria Barbarasa, che aveva i dodici fragili papiri nelle proprie mani ma

a cui sono scomparsi. Come farà a ritrovarli nel giro di una sola setti-mana, come ha promesso al direttore della Fondazione dei santi Pasquale e Scolastica, che sostiene le sue ricer-che? E che ruolo ha nell’intrigo la si-gnora Angelica, sua moglie e madre delle sue tre figlie? Nella sua freneti-ca indagine, Paola Maria Barbarasa si ritrova al centro di un irresistibile gi-rotondo di figure femminili: la fles-suosa danzatrice Alessandra, la bigot-ta Iris, la poetessa Ninì Tacchinardi Persiani, e ancora Daniela Gonin, efficiente agente immobiliare appas-sionata di sedute spiritiche…La serata cultural-culinaria inizierà a Giallozucca alle 20,45 con un’intro-duzione dell’autore e la presentazio-ne del libro: lo chef Marco proporrà alcune ricette in linea con la nar-razione, e quindi il menu (35 euro comprese bevande e vino) compren-derà curry vegetariano alla zucca e ceci con riso basmati condito con Melokhiya (vegetale citato nel libro), astice con insalata di finocchi e aran-ce, mousse di cioccolata al peperon-cino.La cena sarà intervallata da letture tratte dal libro, nonché dalle even-tuali domande dei commensali. Gra-zie alla collaborazione con Libreria.coop Nautilus saranno disponibili copie del libro per l’acquisto.Per prenotazioni o informazio-ni: www.giallozucca.it - tel. 0376 222817.

Simona Cremonini

Malattie cardiovascolari, la prevenzione si veste di rosa

Una maratona con Cuore Amico tra convegni, spettacoli e screening: donne protagoniste

Oltre 775.000 infortuni sul lavoro e oltre 42.000 malattie professionali de-nunciate, nonché un numero impres-sionante di morti sul lavoro, 980: l’anno 2010 ha rappresentato, ancora una volta, secondo i dati nazionali Inail elaborati recentemente, un altro anno infausto per la sicurezza sul la-voro e di intenso lavoro per Anmil, associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, sorta nel 1943 e riconosciuta come un Ente morale con personalità giuridica di diritto privato, cui è affidata la tutela e la rappresentanza di coloro che sono rimasti vittime di infortuni sul lavo-ro, delle vedove e degli orfani.Il calo del fenomeno infortunistico, rispetto agli anni precedenti, va stabi-lito con molta cautela: infatti la stessa associazione ricorda che il contesto occupazionale è in grave difficoltà, con un forte ricorso alla cassa integra-zione e una diminuzione delle ore to-

tali lavorate, quindi le conclusioni devono essere molto prudenti. Ci si infortuna meno, ma anche il tempo del lavoro cala. Inoltre a preoccupare non solo è la sostanziale stabilità dei casi mortali, ma anche l’aumento dei decessi nel settore dei trasporti e nel lavoro femminile. Gli ultimi dati su Mantova, sempre relativi al 2010, par-lano di 5.829 infortuni sul lavoro de-nunciati dalle aziende lo scorso anno,

e di 675 denunce per infortuni sul la-voro in agricoltura.Dopo aver celebrato il 9 ottobre a Suzzara la 61° Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro, con la posa di una corona d’alloro al monumento Stella di via Cadorna, l’Anmil di Mantova rilancia l’appello perché la sicurezza sul lavoro diventi un valore condiviso, una ricchezza del nostro paese e delle aziende, una ga-ranzia per i nostri lavoratori e le loro famiglie.“Un obiettivo raggiungibile con uno sforzo che deve essere prima di tutto culturale,” spiega il Presidente di Anmil Manto-va Gino Rebuzzi “attraverso l’educazio-ne delle nuove generazioni, la formazione continua alla prevenzione attraverso la scuola e il lavoro, l’informazione chiara sui costi, non solo umani ma anche sociali, dell’insicurezza. E poi, certamente i con-trolli, la vigilanza attenta delle istituzioni sulle situazioni di irregolarità e, aggiunge-

rei, l’attenzione della collettività, chiamata anch’essa a riflettere e maturare al suo in-terno sensibilità per un fenomeno che a molti potrà sembrare lontano dalla propria quotidianità, confinato in ambienti con cui non verrà mai in contatto, ma che come nessun altro ci riguarda tutti come “popo-lo”, unito dal diritto di esprimere attraverso il lavoro la sua piena dignità”.Come associazione che riunisce circa 450 mila vittime di incidenti sul lavo-

ro in tutta Italia, il bilancio dell’Anmil non può non guardare anche allo sta-to delle tutele. “Esse dovrebbero garanti-re una dignitosa sopravvivenza all’indoma-ni dell’infortunio”, aggiunge Rebuzzi. Anche per questo l’Associazione si spende per l’assistenza ad associati e loro familiari su più fronti: alla gestione delle pratiche, alle visite medico-legali, ai servizi di assi-stenza legale, si aggiungono anche il SAF Servizio di assistenza fiscale(730-Isee-Red-ICI-Invciv), il patronato Anmil (ser-vizio di patronato per soci e non soci), le pratiche per esenzione bollo ed acqui-sto auto con iva agevolata per gli aventi diritto, Assowelfare (Agenzia per la tutela del consumatore) e il da-tabase come agenzia del lavoro, con la raccolta dei curriculum vitae.Secondo Rebuzzi,“Oltre alle criticità del sistema degli indennizzi, compresa la riva-lutazione del danno biologico, alla tutela sanitaria e presa in carico globale da garan-tire all’infortunato, al collocamento mirato,

i temi su cui Anmil porta costantemente le proprie proposte, dobbiamo tenere presente che per un lavoratore vittima di infortunio sul lavoro la ripresa dell’attività lavorativa rappresenta il primo obiettivo da raggiun-gere”. Anche per questo Anmil da sempre si batte perché oltre a miglio-rare la legislazione in materia di in-fortuni sul lavoro sia possibile realiz-zare anche interventi per il reinserimento lavorativo.

Infortuni, un fenomeno che ci riguarda tutti come “popolo”

Anmil di Mantova in campo per prevenzione, reinserimento lavorativo e servizi

Page 4: EE Numero 4

4 Cultura politica

Alfano, leader dei moderati?Il quarantenne Angelino Alfano, da quando è stato eletto segretario del Pdl, ha dimostrato di essere una persona che crede a certi valori e di questi tempi non è cosa da poco, ha testimoniato capacità di mediazione con gli alleati di governo nella formulazione della manovra, ha avviato un piano organizzativo nel suo Par-tito che dovrebbe sfociare a breve (dopo diciassette anni dalla discesa in campo di Berlusconi) nei congressi comunali, provinciali e regionali. Una cosa ha sbagliato: affermare che Berlusconi si ripresenterà alle elezioni politiche del 2013.Alfano ha raccolto con tempestività l’idea che bisogna modificare la legge elet-torale, basandosi sul principio “non calati dall’alto ma spinti dal basso”. In base a questo principio la legge non viene stravolta, ma rafforzata da un punto di vista della partecipazione popolare. I cittadini devono avere il diritto di scegliere il can-didato (preferenze), ma anche di scegliere il premier. Le coalizioni si fanno prima e non dopo, e i cittadini devono scegliere a quale appartenere. Inoltre, Alfano ha dichiarato che le primarie devono essere una regola per il suo Partito.Fino a qui nulla da dire. La sfida vera, nella quale Alfano è chiamato a dare di-mostrazione delle sue doti di politico e di leader, è quella di riuscire a convocare l’assemblea costituente e costituire la sezione italiana del PPE. Questo impegno, assunto al momento della sua nomina a segretario del Pdl, lo dovrà affrontare non solo con i partiti, i movimenti, le associazioni che si ispirano ai valori della carta del PPE, ma con tutti quei cittadini moderati che credono nel progetto. Questo dovrà essere il metodo di partecipazione per la costituzione di un grande partito popolare. Il diritto al voto nella assemblea costituente dovrà prevedere la sottoscrizione di un manifesto di identità e il versamento di uno - due euro come contributo all’evento.Inoltre, viste le critiche alla casta dei politici e alla situazione economica in cui ci troviamo, il politico deve prima di tutto dare il buon esempio, altrimenti non è titolato a rappresentare il popolo. Siccome questo è un argomento difficile da ri-solvere con i diretti interessati, sarebbe opportuno far esprimere il popolo su alcuni temi che riguardano i parlamentari, quali: Un parlamentare dopo due legislature deve tornare al proprio lavoro o può rimanere in parlamento? Il compenso del par-lamentare deve essere onnicomprensivo e agganciato agli standard europei oppure no? Il vitalizio al parlamentare deve essere riconosciuto oppure no?Un referendum propositivo di iniziativa popolare sarebbe un metodo valido per avere un responso popolare, se pur propositivo, su questioni che pesano sulle ta-sche dei cittadini e darebbe finalmente al cittadino la possibilità di indicare dei vincoli ai suoi rappresentanti in parlamento. Questi metodi partecipativi permetterebbero ai cittadini di esercitare la sovranità popolare, richiamata nella Costituzione, e la democrazia acquisterebbe molta più dignità.Ecco che il quarantenne Alfano non solo darebbe sostanza ad un sistema demo-cratico in crisi, ma allo stesso tempo diventerebbe un leader politico riconosciuto dal popolo.

Giorgio ZabeoPresidente circoli veneti “INSIEME”

Per una governance economica europea

Gli Stati della zona euro non potranno più ignorare gli av-vertimenti della Commissione

europea in materia di politiche di bi-lancio. La legislazione sulla governan-ce economica approvata nelle scorse settimane dalla Plenaria dovrebbe an-che spingere i governi nazionali a cor-reggere più celermente una situazio-ne economica problematica, garantire maggiore trasparenza e democraticità del processo decisionale e migliorare la qualità e l’attendibilità delle statistiche.Come atteso, la votazione in plenaria è stata di misura, a causa del voto contra-rio o delle astensioni dei gruppi politici di centro-sinistra su alcune disposizioni previste dall’accordo raggiunto, per il timore che il nuovo sistema sia troppo incentrato sulla correzione dei bilanci piuttosto che su ripresa e occupazione. La parte dell’accordo che riguarda gli squilibri macroeconomici è stata in-vece approvata a larga maggioranza, proprio perché ha ricevuto il sostegno anche dei gruppi di centro-sinistra, che hanno riscontrato un buon equilibrio fra imperativi sociali e finanziari.Il Presidente della BCE Trichet ha espresso sostegno ai negoziatori del Parlamento per la resistenza opposta a chi voleva diluire l’efficacia delle mi-sure approvate: “Se paragono l’accordo alle proposte iniziali, riscontro un mi-glioramento sostanziale. Rendo omag-gio al Parlamento per questo”, ha detto.Il voto finale è arrivato due settimane dopo che alcuni Stati membri, guida-ti dalla Francia, avevano rinunciato a chiedere che le segnalazioni inviate dalla Commissione fossero approvate dal Consiglio. I deputati temevano, infatti, che tale prevedimento avrebbe favorito il mercanteggiamento a porte chiuse fra i governi (horse trading).

Invece, l’accordo approvato obblighe-rà i paesi dell’eurozona a trovare una maggioranza per respingere gli avvertimenti della Commissione, che in caso contra-r i o sa-

ran-n o d i r e t t a -mente appli-cabili. Un governo nazionale non avrà neanche l’opzione di ignorare gli avvertimenti, che saranno infatti applicabili dopo 10 giorni dalla pubblicazione, se il Con-siglio decide di non votare. In caso di respingimento degli avvertimenti del-la Commissione, i ministri dovranno spiegarsi in un dibattito pubblico al Parlamento europeo.Il Parlamento ha inoltre ottenuto la possibilità di invitare i ministri delle finanze dei paesi che hanno ricevuto una segnalazione ad audizioni pubbli-che; per lungo tempo, durante i nego-ziati, i governi nazionali si erano op-posti a tale provvedimento.Per i disequilibri macroeconomici, i deputati hanno ottenuto che la Com-missione prenda in considerazione an-che il surplus di bilancio come ragione di disequilibrio nell’UE. I governi na-zionali si erano opposti a tale misura,

chiedendo che solo i deficit fossero investigati. Le regole approvate danno

la possibilità alla Commissione di indirizzare misure

correttive an-che a pa-

esi con s u r -

p lu s c o m -

mercia le, quali Germa-

nia e Olanda.Alcuni dei provvedimenti

più rilevanti presenti nell’accordo fi-nale, su pressione dei negoziatori del Parlamento, sono:

- La codifica del semestre europeo in testi giuridici, dando così valore giuridico e maggior peso politico a tale procedura.

- La creazione di un quadro formale di supervisione dei programmi di riforma nazionali.

- L’aumento dei poteri della Commis-sione, attraverso maggiori informa-zioni da fornire alla Commissione rispetto a quanto previsto in pre-cedenza e missioni di sorveglianza negli Stati membri.

- Una nuova sanzione (0,2% del PIL) per le statistiche fraudolente dei dati su deficit e debito.

- Un deposito fruttifero come sanzio-

ne (0,1% del PIL) nel caso uno Stato membro non agisca come racco-mandato per correggere uno squili-brio macroeconomico.

- Una maggiore indipendenza degli istituti statistici.

- La salvaguardia dei processi di con-trattazione sociale e gli accordi di fissazione dei salari durante la pre-parazione delle raccomandazioni ai governi nazionali.

Background: il pacchetto in breveInnanzitutto, il “six-pack” garanti-sce più efficacia all’attuale Patto di stabilità e crescita, permettendo un controllo dei deficit e dei livelli di debito più rapido e più celere rispet-to a oggi.In secondo luogo, il pacchetto innova il sistema di governance, obbligando i governi ad agire velocemente per contrastare una minaccia all’econo-mia dovuta a instabilità macroeco-nomiche, come nel caso della bolla immobiliare, o di perdita di compe-titività. Tali obiettivi sono perseguiti tramite azioni preventive, in partico-lare segnalazioni, e azioni correttive, in forma di sanzioni.Infine, le regole approvate mirano a garantire che le statistiche, strumen-to essenziale per la programmazione economica e un’equilibrata politica di bilancio, saranno più precise e af-fidabili, oltre che più indipendenti.In aggiunta a questi 3 obiettivi, il pacchetto governance europea è strutturato, su richiesta dei deputati, in modo da incrementare la traspa-renza del processo decisionale e la responsabilità democratica degli at-tori chiamati a prendere le decisioni e aumentare i poteri di sorveglianza della Commissione.

Con l’arrivo dei primi freddi invernali scende il gelo sulla compagine sociale del nostro

paese profondamente cambiata dall’e-voluzione di una crisi economica che, partita dal comparto finanziario, non ha tardato a toccare con il suo anda-mento vorticoso e imprevedibile la base collettiva.Sono trascorsi ormai quattro anni dal crollo finanziario americano che mise in luce dopo molti anni di mistero cosa nascondessero i complicati schemi di finanza derivata che stavano guidando il settore bancario a livello mondiale. Ci si rese conto che l’entità dei titoli spazzatura nel portafoglio di aziende, enti locali e risparmiatori altro non erano che il frutto di complicate ope-razioni di ingegneria finanziaria che convertivano in titoli d’investimento i debiti frutto di operazioni di finan-ziamento legate soprattutto nel setto-re immobiliare. Come se nulla fosse i debiti diventavano crediti spacciati in fondi d’investimento sicuri e do-tati dei migliori marchi di qualità da quelle stesse agenzie di rating che oggi influenzano moltissimo gli andamenti borsistici di tutte le piazze commer-ciali. Basta la previsione di declassa-mento firmata da qualche autorevole società di rating che di colpo vengono spostati investimenti miliardari in gra-do di destabilizzare interi stati. In que-sto modo quello che dovrebbe essere il garante di un corretto rapporto inve-stitore-investimento diventa il diavolo nell’anima dell’economia di mercato che si fa boia di fronte alla possibilità di sanare le economie di paesi del vec-chio continente in grande sofferenza.La finanza derivata altro non ha fat-to che scaricare le responsabilità dal-le società emittenti alle banche, dalle banche allo stato fino ai cittadini che ignari hanno pagato e stanno pagando con le conseguenze più dirette, quali la scomparsa di centinaia di migliaia di posti di lavoro e l’affievolirsi dei siste-mi di welfare, il rischio d’impresa di società finanziarie senza scrupoli.La domanda sorge spontanea: non ba-stò il caso Parmalat? Evidentemente non bastò il crollo del colosso mon-diale del latte capitanato dal cavaliere parmigiano Calisto Tanzi a far capire ai big della finanza mondiale e soprat-tutto ai garanti della stabilità econo-mica di vaste aree geografiche come la BCE e la Federal Reserve che l’unico scopo della finanza deve essere quello di finanziare l’economia reale e che il problema dell’evoluzione di un capi-talismo basato sulla regola dei grandi numeri non può essere risolto sempli-

cemente impacchettando i debiti tra-sformandoli in surrogati e vendendoli come opportunità di profitto a chi per formazione o per fiducia eccessiva ne-gli operatori finanziari non ha potu-to difendersi da quello che ormai ha assunto le dimensioni di un raggiro mondiale.Ciò che è fondamentale capire da un’esperienza di questo tipo è che i soldi non possono da soli fabbrica-re altri soldi. Al capitale prettamente monetario bisogna aggiungere quello umano nella sua forza di progettare nuovi sistemi di produzione, di mer-cato, nella sua capacità di creare valore aggiunto a un semplice prodotto in-dustriale o finanziario. Passati gli anni bui e le innumerevoli sedute borsisti-che da bollino nero qualcuno final-mente organizzerà per gli sciagurati ideatori delle cause di simile disastro un processo di Norimberga adeguato alla gravità del caso. In attesa che ciò avvenga possiamo soltanto osservare e reagire, per quanto ci è possibile, alle evoluzioni della grande crisi che ci coinvolge sempre più. Se all’inizio si parlava di depressione relegata al solo comparto finanziario bisogna tenere conto delle due passaggi evolutivi che l’hanno resa nota agli occhi di tutti. Infatti lo scompenso finanziario è pas-sato attraverso le borse alla progressiva erosione del capitale detenuto dalle banche che hanno prontamente ri-sposto con la stretta del credito assai necessario alle nostre imprese per far fronte a situazioni di emergenza come quelle che stanno vivendo. Alla crisi delle banche va sommata quella legata ai debiti sovrani. In un periodo in cui enormi capitali si muovono portan-dosi dietro scompensi inimmaginabili le economie di paesi come l’Italia con un grande debito pubblico fanno fati-ca a convincere gli investitori privati a scegliere le proprie obbligazioni vista la mancanza di riforme strutturali in grado di far crescere le economie di questi paesi e, quindi, la loro capacità di restituire gli stessi capitali che gli investitori dovrebbero metter loro a disposizione. La conseguenza di que-sto gioco assai pericoloso la vediamo con la crisi greca: la mancanza di li-quidità fresca proveniente da un mer-cato fortemente a disagio si trasforma in aumento della pressione fiscale, taglio di posti di lavoro, di contribu-ti alle imprese, ritardo nei pagamenti che lo stato deve per i servizi forniti dai privati. La crisi del settore banca-rio e la paralisi degli stati porta l’eco-nomia reale a uno stato di precarietà con la conseguente perdita di posti di

lavoro e il fallimento di interi compar-ti aziendali. La conseguenza ultima, ovvero il terzo livello evolutivo della crisi, si ha quando la mancanza di po-sti di lavoro e di sicurezza economica per le nostre famiglie porta al risveglio del malcontento popolare con la con-seguente sua agitazione e la totale de-stabilizzazione di intere società. Con simili effetti saltano gli attuali schemi politici e tutto quanto per ora è sta-to considerato regola in politica, d’ora in poi è fortemente messo in dubbio. È quanto è accaduto nelle rivolte dei paesi Nord-Africani, in Grecia, e che ora minaccia la stabilità di paesi come Inghilterra, Francia, e Italia inclusa.La recente crisi economica ci ha pro-iettati in un periodo di transizione, in un’epoca di profondi cambiamenti in cui gli equilibri politici ed econo-mici internazionale creati nel dopo-guerra tendono a distruggersi in un mondo che sempre meno as-somiglierà a q ue l l o

che abbiamo visto da bambini. E come ogni età di mezzo siamo chiamati a rispondere ai cambiamenti con spiri-to di adattamento e con lungimiranza nel capire cosa ci riserverà il futuro. Tutto questo, se ne saremo in grado, lo faremo senza farci travolgere dal corso degli eventi diventando a pieno titolo padroni del nostro avvenire.

Il blocco generazionale che pesa sullo sviluppo

Gli effetti economici e sociali della difficile situazione economica non hanno tardato a manifestarsi nella loro forma più aspra anche nel nostro paese in particolar modo con quanto acca-duto la scorsa settimana a Roma.Il malcontento delle classi sociali più deboli è cifra distintiva di un’epoca di forte disagio e incomunicabilità di una condizione di malessere genera-lizzata.Tutto ciò è particolarmente sentito in un paese, come l’Italia, che da anni

soffre di un male particolarmente pericoloso: il mancato rin-

novamento generazio-nale.Il sistema Italia ha sempre riserva-to ai più giovani una sorta di bloc-co generazionale che ha portato il divario tra le professiona l ità

già inserite nel mondo del lavoro e i giovani neo-laureati ad aprir-si sempre più.Sin dal dopo-guerra non abbiamo vi-sto un pro-

g r a m m a politico che non

parlasse di valoriz-zazione di giovani in istruzione e mondo del lavoro, program-mi elettorali peren-

nemente traditi da governi incapaci di mettere in pratica quanto annunciato. Prima della caduta del muro di Berlino in Italia vigeva un

sistema politico bloccato che im-poneva al PCI il

ruolo di perenne op-

posizione e a tutti i firmatari del club occidentale il ruolo di governare. Non era un problema per il sistema politico della prima repubblica il do-ver mantenere le promesse perché gli equilibri sarebbero stati sempre gli stessi con o senza il mantenimento dei punti programmatici. Il blocco comunista non avrebbe mai mante-nuto alcuna delle promesse fatte per il semplice motivo che non avrebbe mai preso parte ad alcun governo, e il blocco occidentale sarebbe sempre ri-masto più o meno immune dalla valu-tazione sulla base del lavoro svolto per il semplice ruolo che aveva: era l’unica scelta possibile in un mondo che dopo Yalta aveva stabilito da che parte stare. Cambiare equilibrio era impensabi-le, soprattutto nel periodo del terrore degli anni 70. Ma dopo il 1989, e in Italia dopo il 1994, la situazione cam-biò: niente più equilibri, molti parti-ti, e un sistema bipolare da costrui-re. Arrivati ai giorni nostri il sistema politico al quale siamo abituati non tarda a valutare le azioni di governi e a mandarli a casa in fretta. Non è un caso se dal 1994 sono stati nulli i casi di continuità delle coalizioni al gover-no. Nonostante la politica non potesse più concedersi il lusso dell’immobili-smo la situazione non è cambiata per i giovani. Le statistiche parlano di un alto tasso di abbandono dell’istruzione e di una fetta del 16% di giovani che non studiano e non lavorano. L’Italia non è un paese per giovani si potrebbe dire con senno di causa. Ebbene sì, ci troviamo in un paese in cui la quasi totalità dei soggetti impegnati in po-litica supera i 50 anni e lo stesso vale per l’imprenditoria. La mancanza di una politica che tuteli la creatività e la ricerca operata dai giovani ha por-tato alla fuga dei talenti italiani verso l’estero, verso quei paesi dove viene data loro la possibilità di mettersi alla prova.A questo punto potremmo porre fine alla nostra analisi prevedendo di ritro-varci tra 10 anni a raccontarci come si è evoluta la situazione, creando due diversi scenari.Nel primo scenario ci troveremmo nel cortile di un’università italiana. I giardini curati, i laboratori pieni di attrezzature tecnologiche all’avan-guardia, i professori nelle aule intenti a pianificare attività pluriennali con programmi d’inserimento nel mondo del lavoro garantiti dalla non preca-rietà della propria condizione. Nella lezione di storia apprenderemmo che nel 2012 la crisi economica prese il suo carattere più disastroso sconvolgendo

interi equilibri economici e sociali. Fu qui che i giovani stufi di una politica non in grado di ascoltarli e di una na-zione incapace di reagire per la vetustà dei propri modelli decisero di reagire prendendo parte attivamente alla vita politica e, ispirandosi ai modelli di cit-tà come Berlino, Amsterdam, Cork, scelsero di mettersi in relazione con altre realtà europee. I giovani capi-rono che avanzando nuovi progetti e portandoli avanti attraverso la propria messa in gioco in politica avrebbero potuto convincere i mercati che l’I-talia avrebbe potuto superare la crisi. Fu in questo modo che la fiducia degli investitori ricominciò a garantire al nostro paese le risorse per poter cre-scere. Fu così che potemmo superare la crisi e arrivare finalmente a vivere in un paese in cui il ricambio gene-razionale garantisce la continuità del nostro sapere.Nel secondo scenario ci troveremmo nello stesso giardino. Gli alberi sec-chi, l’erba incolta. Gli studenti sono in biblioteca organizzati in gruppi vista la mancanza di docenti e le precarie condizioni di strutture scolastiche or-mai fatiscenti. Nella lezione di storia apprenderemmo che nel 2012 il nostro paese si trovò a fronteggiare la fase più difficile della crisi. Mentre il mercato chiedeva nuovi piani di rilancio per la nostra economia la nostra classe po-litica era divisa da lotte intestine alla base delle quali stava il desiderio di mantenere la propria condizione di beneficio che la politica aveva fin ora garantito ai pochi suoi eletti. L’immo-bilismo dei governi di allora portò gli investitori a scartare completamente i nostri titoli di stato conducendoci in breve tempo al default. Da lì il nostro paese perse il controllo e fu attana-gliato da innumerevoli dimostrazioni di malcontento che lo portarono a un degrado generale.Entrambi gli scenari presentati allo stato odierno dei fatti si presentano come possibili e quello che sarà di-penderà dalla nostra volontà di reagi-re, di credere nei giovani come risorsa imprescindibile, di cambiare modo di fare politica. Solo se sapremo cogliere in anticipo le giuste linee da adottare potremo far uscire il nostro paese dalla condizione di precarietà che ne mina la soprav-vivenza.

Matteo Fazzi

Dall’alta finanza alle piazze di RomaCome il processo evolutivo della crisi economica sta sconvolgendo gli equilibri

di un sistema che ha creduto troppo nei formalisti disdegnando i giovani

Page 5: EE Numero 4

5Cultura politica

Dentro la instabilità degli equilibri planetari e sballottato dal turbinare della crisi dell’Occidente e dell’Eu-ropa, ondeggia il nostro Paese, come un vaso di coccio; in un clima politico torbido, per i violenti processi di dele-gittimazione, per i perniciosi squilibri tra i poteri dello Stato, per l’immobi-lismo delle Èlites e delle corporazioni. Il mondo dei moderati appare in-quieto, deluso, frastornato, oscillante di fronte al cumulo di macerie ed al rapido declino di fiducia di tutte le istituzioni e di tutte le forze politiche; di fronte ai guasti e al violento cli-ma intimidatorio dell’antipolitica; di fronte al rumore assordante dei gossip, da cui promana un’ossessione morti-fera per il virtuale, per l’apparire, per lo sregolato, per il pruriginoso, per il voyeurismo. Il mondo moderato appare irritato e sfiduciato di fronte agli intollerabili eccessi persecutori del circo mediatico giudiziario ed alle barbarie di questa permanente gogna mediatica; appare frastornato dalla pervasività di questa cultura virtuale in cui vita privata e vita pubblica si intrecciano in un im-menso, stucchevole falò delle vanità, delle trasgressioni, delle sregolatezze. Ed ogni giorno di più il quadro poli-tico si fa più fragile, più instabile, più incerto. Eppure non c’è realisticamente una prospettiva di Governo Tecnico né di Governo di Solidarietà nazionale, perché la volontà popolare si è espres-sa con chiarezza nella formazione di questo Parlamento e perché i partiti di opposizione sono divisi su tutto, fuorché nella delegittimazione di Ber-lusconi. Ma, di certo appare una illusione an-che quella di resistere così nel Forte Bastiani fino al 2013, aspettando i Tartari: un’estenuante impasse che isola il Paese. Infatti, il carisma della leadership, prodotto del mandato popolare, si usura nel rovello dell’autodifesa, dei proclami, degli slogan improduttivi, degli annunci, nella guerra di trincea su polemiche che suscitano l’insoffe-renza dei cittadini. La leadership si autoalimenta negli atti legislativi, nella concretezza dei prov-vedimenti, nel respiro delle riforme, attuando con ciò speranze e miti di tutto un popolo e legittimando una

intera classe dirigente ed un possente patrimonio elettorale. Ma, chiusi nel bunker ci si autoemar-gina e ci si autodistrugge. Invece il Paese ci chiede di pensare il futuro, di fare politica lungo strategie di vasto respiro, di affrontare con lu-cidità e lungimiranza i nodi di fondo. Insomma, il Paese ci chiede un col-po di reni, uno slancio vitale carico di speranza. Chiusi nel bunker perdere-mo noi stessi, una intera classe diri-gente, un patrimonio di consensi, le speranze, i valori, gli ideali, i miti di una stagione politica iniziata nel ’94. La nostra storia politica non ci dice che dobbiamo tirare con le unghie e coi denti fino al 2013 come se poi il mondo finisse; la nostra storia politica ed i nostri ideali ci impongono di fare

politica per il futuro del Paese, senza scadenze. Perciò la situazione ha una sola exit strategy: uscire dal bunker, in campo aperto, per una vasta coraggiosa re-sponsabile strategia politica che pog-gia su 3 pilastri: crescere, crescere, crescere recuperando risorse e spazi di libertà attraverso privatizzazioni, liberalizzazioni, deburocratizzazioni; ridurre il soffocante peso del debito pubblico attraverso l’alleggerimento dello Stato, la riduzione dei costi del-la politica, la riorganizzazione delle pensioni di anzianità e del Welfare, la drastica riduzione della scandalosa evasione fiscale; infine la riforma della giustizia che riequilibri i poteri dello Stato e quella fiscale che privilegi la vita, la famiglia, il lavoro. Però, lo svi-luppo non si fa per decreto, ma con un nuovo spirito, con una nuova spe-ranza, con la mobilitazione di tutti gli italiani. E un simile rilancio richiede una

nuova strategia della comunicazione, tutta centrata sui problemi, rigorosa, pacata, concreta; richiede una grande mobilitazione e presenza dei gruppi parlamentari in aula; richiede un nuo-vo partito che sappia rinnovarsi, senza inutili cautele fuori dal tempo, con grande coraggio (primarie ad ogni li-vello, efficace collegamento col PPE, regole e selezione della classe dirigen-te secondo i meriti e non secondo i rituali di corte, continuità strategica nel creare cultura politica, dibattiti e confronti ad ogni livello rompendo le liturgie vetuste delle acclamazioni e dei proclami mediatici); che sappian tessere la tela dei rapporti politici al-largando la maggioranza verso il cen-tro, in coerenza col PPE (nuova legge elettorale, riforma dello Stato, Federa-lismo fiscale). I tempi stringono per tutti; non è epo-ca di galleggiamenti; non è epoca di difesa ad oltranza nel Forte Bastiani: o riusciamo a recuperare la guida stra-tegica del Paese (come tutti noi spe-riamo e crediamo) o proprio noi, con grande responsabilità dobbiamo gesti-re una transizione democratica e co-stituzionale verso le elezioni, affinché sia eventualmente il popolo sovrano a segnare la conclusione di una fase sto-rica e a favorire la nascita di una epoca nuova.

Gianstefano FrigerioMembro dell’Ufficio Politico del PPE

L’inverno del nostro scontento Preparare il futuro... con juicio

CONFINDUSTRIA MANTOVAVia Portazzolo 9, 46100 Mantovatel. 0376/2371, fax 0376/237216www.assind.mn.it – [email protected]

CONFINDUSTRIAMantova

PMI DAY - INDUSTRIAMOCI2^ GIORNATA NAZIONALE DELLE PICCOLE

E MEDIE IMPRESE25 novembre 2011

Si terrà in tutta Italia la seconda Giornata Nazionale delle Piccole e Medie Imprese “PMI DAY -INDUSTRIAMOCI”, lanciata da Confindustria per far conoscere agli studenti e alla collettività la realtàproduttiva e l’agire quotidiano delle PMI.L’iniziativa rientra tra le attività della X Settimana della Cultura d'Impresa e si terrà venerdì 25novembre 2011.

Confindustria Mantova aderisce al progetto, con il proprio Comitato Provinciale della Piccola Industria,coordinando una serie di visite aziendali per gli studenti di 6 istituti secondari superiori di Mantovae provincia.

Nella mattinata di venerdì 25 novembre gli studenti delle classi 4e dei principali istituti secondarimantovani, una quarantina per ogni scuola, potranno visitare alcune aziende di piccole e mediedimensioni, fiore all’occhiello dell’economia mantovana, incontrando direttamente i titolari d’impresa.

Leggo, su Futuro Libero, la notizia che il Governo, forse, sta prendendo in considerazione la proposta fatta dal dott. Monorchio e presentata alla Fonda-zione Ugo La Malfa. Scrive Futuro Libero “Andrea Monorchio, ex ragioniere di Stato, ha formulato insieme a Guido Salerno ciò che segue: un’ipoteca sul 10% del valore delle case private. L’idea non è di bolscevichi che puntano a nazionalizzare la proprie-tà privata, bensì di consulenti del governo di centro destra.” Conclude Futuro Libero “Se poi lo Stato è insolven-te, allora i banchieri della BCE potranno andare a casa dei cittadini per sequestrare una cucina, un let-to, dei mobili, etc.”Penso che tra le idee balzane che in tanti anni di Re-pubblica si sono affacciate alla finestra della finanza

pubblica, questa sia la più esilarante e il mio timore è proprio che per questa sua caratteristica trovi con-senso all’interno del Governo. Sono altrettanto convinto che sarebbe una legge as-

solutamente incostituzionale (art.42) e che i ricor-si contro simile decisione sarebbero delle valanghe.

Sembra strano che l’ex diciassettesimo Ragioniere Generale dello Stato, al di là della questione costitu-zionale, si azzardi a mettere mano a una proposta che metterebbe in allarme, caldissimo, decine di milioni di italiani. Oltre le leggi, oltre le furbate, dovrebbe esistere il buon senso nei cosi detti “grandi servitori dello Stato”. Qui, sempre che il tutto sia come raccontato, non pare proprio che si voglia servire lo Stato in quanto popolo sovrano. Magari può essere che lo Stato sia inteso come quell’insieme di edifici, detti palazzi, che ospitano i vari governi...

Mario GiulianatiVicenza 15 ottobre 2011

La grande furbata

Si agitano in molti nel Pdl e si agitano pure nel PD. C’è chi punta alla forma-zione di un nuovo governo e chi al tra-guardo di elezioni anticipate. E diffusa è la preoccupazione di un ritorno dei democristiani.Per la verità, noi “DC non pentiti” non eravamo defunti. Solo ci si era al-lontanati da una politica che era passata nelle mani di dilettanti allo sbaraglio, alle terze e quarte file della Prima Re-pubblica, accompagnate da improvvi-sati mestieranti e aspiranti statisti senza cultura.Alla fine siamo scaduti ai famigli e alle ragazze di facili costumi.Nel 2008 il Cavaliere e la coalizione Pdl-Lega trionfarono su una coalizio-ne ulivista deflagrata dalle divisioni e messa in ginocchio da uno sconosciuto magistrato campano. Ora la stessa co-alizione di centro-destra ha perduto il suo smalto inziale e, dopo il XXV Aprile 2008 di Onna, con Berlusconi applaudito dagli ex partigiani, si è av-viata una campagna mediatico-giudi-ziaria senza precedenti.Colpito pesantemente nel portafoglio dal quel gentiluomo di Carlo De Be-nedetti, con gli oltre 500 milioni di euro versatigli, sulla base di una sen-tenza unica nella storia dei risarcimenti civili, il Cavaliere è sotto il tiro incro-ciato delle procure di Milano, Napoli e Bari, con i soliti gufi pronti a decre-tarne l’imminente fine politica.Questa settimana, tra approvazione della legge sulle intercettazioni e de-

creto per lo sviluppo, si vedrà se la reiterata conferma della maggioranza parlamentare si conserverà ancora una volta e nonostante le azioni di disturbo dei “frondisti” Pisanu e Scajola.Una fronda mossa da personaggi di lungo corso, per la verità, assai poco qualificati per intraprendere credibili e durature iniziative politiche, ma, forse sufficiente per determinare una crisi politico parlamentare che, alla luce di quanto sta accadendo anche nella sini-stra, sembrerebbe senza vie d’uscita.Diversa la posizione di quanti, da Ale-manno a Formigoni, da diverso tem-po stanno richiedendo l’avvio di un processo di autentica democratizza-zione del Pdl. Un processo necessario e inevitabile se non si vuol correre il rischio che, finita la lunga esperienza berlusconiana, avvenga l’implosione dell’area politica moderata e del cen-tro-destra italiano. Da molte parti si è immediatamente scatenata una canea contro il governatore lombardo accu-sato di ingratitudine, del peccato ori-ginale democristiano e dell’apparte-nenza alla comunità di cielleina, senza considerare i meriti propri di una di-mostrata capacità di governo regionale sin qui unica e senza paragoni.Ad un vecchio amico DC lombardo che tiene Formigoni “ in gran dispit-to”, mi sono permesso di chiedergli: chi se non il governatore lombardo ve-dresti a candidato per la Presidenza del consiglio dell’Italia, dopo Berlusconi?E ho fatto i nomi di: Casini, Cesa,

Vendola, Bindi, Veltroni, Bersani, e D’Alema.Nessuna risposta. In realtà anche lui trovava difficile indicare una figura con capacità di governo comparabili con quelle di Formigoni.Ora pensare che il ciclo berlusconia-no abbia un fine non è peccare contro i comandamenti, considerando che, un’esperienza che dura da diciotto anni, se non immediatamente, certa-mente dopo il 2013, muterà quanto meno in maniera profonda nella sua stessa leadership politica.Non si tratta di fomentare frondismi velleitari, ma di preparare il futuro... con juicio.Noi ci auguriamo che il governo, oggi senza serie alternative, possa condurre in porto almeno alcune delle riforme annunciate: legge sulle intercettazio-ni, decreto sullo sviluppo economico, modifica della legge elettorale e, se avesse un po’ più di coraggio, indizio-ne della costituente per la riforma della Costituzione.E nello stesso tempo siamo interessati al processo di democratizzazione che Formigoni, con Alemanno e lo stesso Alfano, intendono realizzare nel Pdl, mentre continuiamo a guardare oltre l’orizzonte e a lavorare per la ricompo-sizione di quanti sono interessati alla costruzione della sezione italiana del PPE.

Ettore BonalbertiVenezia, 11 Ottobre 2011

o riusciamo a recuperare la guida strategica del Paese […] o proprio

noi, con grande responsabilità dobbiamo gestire una transizione

democratica e costituzionale verso le elezioni, affinché sia

eventualmente il popolo sovrano a segnare la conclusione di una fase storica e a favorire la nascita di

una epoca nuova.

“Se poi lo Stato è insolvente, allora i banchieri della BCE potranno andare a casa dei

cittadini per sequestrare una cucina, un letto, dei mobili, etc.”

Page 6: EE Numero 4

6 Scienza

Lo scorso 20 ottobre, a Kourou nella Guyana francese, la poli-tica spaziale europea è entrata

in una nuova era. La messa in orbi-ta dei primi due satelliti della costel-lazione del programma Galileo dalla base di lancio dell’ESA ha fatto com-piere all’Europa: “un autentico balzo in avanti verso la creazione di un siste-ma di navigazione intelligente, inno-vativo e totalmente indipendente, al servizio di 500 milioni di cittadini e utenti europei”. Queste le parole con le quali il Vicepresidente della Com-missione europea, Antonio Tajani, giunto sul posto per assistere di per-sona, ha salutato il successo del lancio, congratulandosi con il personale del-la base di Kourou, gestita dall’Agenzia spaziale europea (ESA).

La coppia di satelliti operativi, caricati su un vettore Soyuz, hanno regolar-mente raggiunto la loro orbita alla di-stanza di 23mila chilometri dal suolo terrestre, come previsto dai piani di lancio messi a punto dai tecnici ESA.L’industria aero-spaziale e tutta l’indu-stria europea nel suo insieme, saranno tra i primi beneficiari del programma Galileo, in quanto offrirà alle imprese e ai cittadini un accesso diretto al se-gnale di navigazione satellitare, basato su un’infrastruttura totalmente gestita, concepita e realizzata dall’Unione eu-ropea.A partire dal 2014 la nuova costella-zione di Galileo consentirà di fornire servizi più precisi per la navigazione

satellitare impiegata ad esempio nelle più avanzate tecnologie dei trasporti e della mobilità, ma anche applicazioni ai fini di attività di protezione civile, nonché il monitoraggio al suolo del-le forniture energetiche allo scopo di renderle più sicure ed efficienti. Tutte attività che, per funzionare in maniera efficiente, dipendono dalle nuove tec-nologie di navigazione satellitare.L’impatto sull’economia europea è stimato nell’ordine di 90 miliardi di euro, nell’arco del prossimo ventennio.Antonio Tajani, Vicepresidente del-la Commissione e Commissario re-sponsabile per l’Industria e per la po-litica spaziale europea, ha sottolineato: “Oggi è un momento di grande soddi-sfazione e orgoglio per tutti gli euro-pei. Il lancio di questi satelliti dimostra

la capacità dell’Europa nel campo delle attività satellitari. Invito ora le industrie e le piccole e medie imprese a cogliere le importanti opportunità economiche offerte da questo sistema”. “Con Ga-lileo la nostra capacità di fare innova-zione, in termini concreti ed efficaci, compirà un definitivo salto di qualità – ha aggiunto Tajani - I cittadini eu-ropei possono prepararsi a loro volta, Galileo sarà un elemento importante, e costante, nella loro vita quotidiana”. Galileo: un sistema potenziato di navigazione satellitare globale per l’EuropaIl programma Galileo fornisce un siste-ma potenziato di navigazione satellita-re globale caratterizzato da un servizio

di posizionamento globale garantito e estremamente accurato. Esso offrirà tre tipi di servizi: l’Open Service (gratui-to) e il Servizio pubblico regolamenta-to (PRS), nonché il servizio “Ricerca e salvataggio” operativi a partire dal 2014. Tra gli altri servizi che verranno attivati successivamente vi sono il ser-vizio commerciale e il servizio per la sicurezza della vita umana che assicu-reranno una maggiore portata di dati e una maggiore accuratezza dei dati autenticati.L’evento del lancio rappresenta il primo elemento effettivo di una costellazione che erogherà servizi essenziali a parti-re dal 2014. I due satelliti, che convo-gliano i due orologi atomici Maser più precisi mai fabbricati – con un grado di accuratezza pari a un secondo su tre milioni d’anni – stanno a indicare che la convalida della futura costellazione composta di 30 satelliti può essere ora accelerata. Galileo è interoperativo ed è compati-bile con il sistema GPS.Galileo dovrebbe produrre redditi addizionali per l’industria pari a 90 miliardi di euroÈ ora chiaro che il sistema di naviga-zione satellitare europea sta per di-ventare operativo e l’attenzione deve essere ora consacrata all’erogazione di servizi che vadano a vantaggio dei cittadini europei e dell’economia, in linea con la strategia della Commissio-ne “Europa 2020”. Il sistema supporta diversi settori dell’economia europea per il tramite dei propri servizi: reti elettriche, società che devono gestire un parco veicoli, transazioni finanzia-rie, i trasporti marittimi, le operazioni di salvataggio, le missioni di manteni-mento della pace ricaveranno indubbi vantaggi dall’open service gratuito, dal servizio pubblico regolamentato e dal servizio di ricerca e salvataggio.Il programma Galileo assicura inoltre il know-how dell’Europa nell’ambito di una tecnologia che sta diventando critica, anche in ambiti come quello della distribuzione dell’elettricità e del-le reti di telecomunicazione. Il sistema realizzato nel contesto del programma Galileo dovrebbe produrre nell’arco di un ventennio 90 miliardi di euro in termini di redditi addizionali per l’in-dustria e di benefici pubblici e sociali.

Entrare nella tomba etrusca con gli occhi dei suoi scopritori Vincenzo Galassi e Alessandro Regolini, ammirando il pre-zioso corredo funebre al suo posto, intatto, come quando fu aperta per la prima volta nel 1836. Un’esperienza possibile grazie alla ricostruzione virtuale realizzata dall’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Consiglio nazio-nale delle ricerche (Itabc-Cnr), ospitata in due mostre olan-desi dedicate agli Etruschi: ‘Richness and Religion at the Etruscans – Princes and Priests’ e ‘Princesses and Goddesses’

inaugurate in questi giorni ad Amsterdam e a Leiden. La tomba risalente alla metà del VII secolo a.C., nota per aver restituito manufatti di elevatissimo pregio, fu scoperta dall’arciprete Regolini e dal generale Galassi durante uno scavo nella necropoli del Sorbo a Cerveteri. Formata da più celle, vi erano stati sepolti una principessa, inumata e or-nata da un pettorale in oro, e un uomo incinerato, presu-mibilmente un guerriero. La ricostruzione virtuale, che ha permesso di riunire il famoso sepolcro con il suo corredo, custodito presso il Museo gregoriano etrusco dei Musei va-ticani, è il primo frutto del progetto europeo ‘Etruscanning 3D’ e nasce dall’evoluzione di quella sviluppata dal Cnr per la scena giottesca ‘La conferma della Regola’ nella Basilica

Superiore di Assisi. “La struttura, acquisita con laser scanner, è stata ricostruita in 3D come doveva essere subito dopo la sua chiusura, o al-meno come la documentarono gli scopritori, ma anche alla luce dei più recenti studi”, spiega Eva Pietroni dell’Itabc-Cnr. “Il pubblico può esplorarla, avvicinarsi agli oggetti ascoltandone la narrazione, sentire il racconto dalla voce dei defunti. Tutto senza usare joystick, mouse, tastiere ma con il solo movimento del corpo, spostandosi sopra una grande

mappa della tomba in cui sono indicati i punti sensibili, nello spazio antistante la proiezione di 12 mq.”. Si parte dalla struttura esterna, un tumulo monumentale, per accedere attraverso un corridoio (dromos) nel cuore del sepolcro. Tra i manufatti un calderone con l’holmos che serviva a sorreggerlo, il raro carro funebre e il letto che vi veniva probabilmente posto, anfore in terracotta, un’urna, un calamaio con lettere incise, spiedi, alari, contenitori, va-sellame. Nella cella principale si ha l’impressione di poter toccare la principessa distesa sul letto, che riluce per il suo pettorale d’oro appoggiato sulla veste bianca, tra il vasellame d’argento.

Una nuova era per la politica spaziale europea

Galileo: lanciati i primi 2 satelliti del nuovo sistema di navigazione UE

L’esperienza di scoprire una tomba etrusca

Sarà possibile attraverso un’installazione, frutto di un progetto europeo

Dalla ricerca del Consiglio nazio-nale delle ricerche un passo avanti nella comprensione della sindrome di Rett, grave malattia neurologica ancora senza una cura. Lo studio pub-blicato su Scientific Reports del gruppo Nature è frutto di un lavoro coordi-nato da Gian Michele Ratto dell’Isti-tuto nanoscienze (Cnr-Nano) di Pisa con Silvia Landi ed Elena Putigna-no della Scuola normale superiore, in collaborazione con Elena Maria Boggio dell’Istituto di neuroscienze (In-Cnr) di Pisa, Maurizio Giustetto dell’università di Torino e Tommaso Pizzorusso dell’università di Firenze. Grazie a una tecnica di imaging innovativa i ricercatori hanno sco-perto che alterazioni delle sinapsi delle cellule cerebrali sono presenti fin da quando i sintomi sono anco-ra lievi. Lo studio suggerisce quindi che intervenendo con terapie farma-cologiche mirate in fasi molto preco-ci della malattia si potrebbe contra-starne gli effetti. La sindrome di Rett colpisce prevalentemente le bambi-ne, per le quali rappresenta la secon-da causa di ritardo mentale grave. Si

manifesta tra il nono e il ventesimo mese di vita e comporta un progres-sivo rallentamento dello sviluppo, la regressione delle abilità psicofisiche e l’irreversibile perdita del linguaggio.

È inoltre associata ad autismo ed epi-lessia. “Nonostante si conoscano le cause genetiche, dovute per il 90% a una

mutazione del gene Mecp2, abbia-mo cercato di capire quali fossero le alterazioni cellulari che portano all’insorgenza della malattia, del-le quali si sa poco”, commenta Gian Michele Ratto del laboratorio Nest. “Studiando il modello animale del-la sindrome di Rett, abbiamo esami-

nato un particolare della cellula cerebrale, le cosiddette spine

dendritiche, piccole strutture distri-buite sui neuroni sulle quali han-no sede le sinapsi, che come è noto garantiscono il ‘dialogo tra neuroni’. Quando cambiano forma o posizione di una spina, cambia anche la sinap-si associata. Alla base dei processi di apprendimento e della memoria c’è in qualche modo la capacità di que-

ste strutture di rispondere e adattarsi agli stimoli ester-ni”.Nelle cellule adulte, dove le spine dendritiche sono stabili, non sono state rile-vate differenze tra le cellu-le malate e quelle sane. “Al contrario, in età precoce, quando si plasmano i cir-cuiti nervosi, sembra esser-ci una grande differenza di comportamento”, pro-segue il ricercatore. “Nel-le cellule sane si assiste a un continuo cambiamen-to di forma e lunghezza, associato all’apprendimen-to e al corretto sviluppo del cervello, le spine di cellule

malate appaiono poco mobili, indican-do un deficit di plasticità”.Con sorpresa degli stessi ricercato-ri, nel modello animale sembrereb-be tuttavia possibile ripristinare la plasticità. “Una singola iniezione del fattore di crescita insulino-simile, IGF-1, sembra capace di prevenire la scarsa mobilità delle spine malate nella fase precoce”, spiega Silvia Lan-di della Normale, che ha condotto l’esperimento. “Ciò suggerisce che qualunque trattamento farmacologi-co per favorire il normale sviluppo delle sinapsi dovrebbe essere iniziato precocemente, ancor prima di osser-vare i sintomi clinici della malattia”.Per realizzare le misure è stato impie-gato l’‘imaging a due fotoni’, una tecnica complessa e all’avanguar-dia che permette di vedere le cellu-le cerebrali al passare dei giorni. “In Italia sono pochissimi gli strumenti di questo tipo per studi in vivo. L’i-maging a due fotoni richiede compe-tenze in discipline molto diverse e la natura interdisciplinare del laborato-rio Nest di Pisa è alla base di questo risultato”, conclude Ratto.

Spiragli di cura per la sindrome di RettUno studio interdisciplinare Cnr fa luce sulle anomalie neuronali causa della grave patologia

Page 7: EE Numero 4

7Società

Il comitato di Oslo ha deciso. Nell’anno del centenario del pre-stigioso premio, il Nobel per la

Pace 2011 è stato assegnato venerdì 7 ottobre ad un trio completamen-te al femminile. Si tratta di tre donne africane, delle quali due provenien-ti dall’Africa subsahariana e la terza dalla penisola arabica. Sono la settan-tatreenne presidentessa uscente della Liberia, Ellen Johnson-Sirleaf, la sua connazionale trentanovenne Leymah Gbowee e la trentaduenne yemenita Tawakkul Karman.I cinque membri del comitato nor-vegese hanno voluto premiare le tre donne “per la loro lotta non violenta in favore della sicurezza delle don-

ne e del loro diritto a partecipare al processo di pace”, come riferito dalla BBC (7 ottobre). “Non possiamo rag-giungere la democrazia e una forma di pace duratura nel mondo se le donne non possono ottenere le stesse oppor-tunità degli uomini nell’influenzare lo sviluppo della società a tutti i suoi livelli”, ha dichiarato il presidente del comitato, l’ex Primo Ministro laburi-sta ed attuale segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Ja-gland. Nella sua motivazione, il co-mitato ha espresso la speranza che il premio possa aiutare a “porre fine alla repressione delle donne che ancora esiste in molti Paesi e a realizzare il grande potenziale che le donne pos-sono rappresentare per la democrazia e la pace”.

La più conosciuta delle tre “donne co-raggio” è la Johnson-Sirleaf, 73 anni il 29 ottobre. Soprannominata per la sua determinazione la “Iron lady”, cioè la “Signora di ferro”, la Sirleaf è diven-tata nel novembre del 2005 la prima donna eletta a suffragio universale a guidare un Paese africano, quando nel turno di ballottaggio delle presi-denziali ha battuto il popolarissimo ex calciatore George Weah.Per l’elettorato liberiano, “Mamma Ellen” (come la Sirleaf viene anche chiamata) presentava le migliori cre-denziali per rilanciare il martoriato Paese dell’Africa occidentale dopo l’incubo delle guerre civili, che dal 1989 al 2003 hanno causato oltre

250.000 vittime e circa mezzo milio-ne di sfollati. Ha studiato negli Sta-ti Uniti, dove nel 1971 ha preso un master in Pubblica amministrazione presso l’Università di Harvard, e vanta una ricca esperienza sia nazionale che internazionale, che dopo la sua vitto-ria elettorale le ha aperto molte porte all’estero. È stata ad esempio Ministro delle Finanze sotto il Presidente Wil-liam Tolbert, rovesciato nel 1980, e dal 1992 al 1997 direttrice dell’ufficio regionale per l’Africa del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo.Tenace - ha vissuto per anni accanto ad un marito che la maltrattava - e grande lavoratrice, la Sirleaf ha fatto del rilancio dell’economia locale e della lotta contro la corruzione la pri-ma priorità del suo mandato, appena

scaduto, e per rinnovare il quale si è presentata con il seguente, eloquente slogan: “Quando l’aereo non è ancora atterrato, non cambiare pilota”. Ac-colta come una vera e propria “salva-trice” dalla sua gente, Mamma Ellen può infatti mettere sul piatto una serie di successi, fra cui un condono di una parte importante del debito interna-zionale liberiano e la rinegoziazione di alcuni contratti svantaggiosi con compagnie multinazionali.Meno nota della Sirleaf ma con un “curriculum” altrettanto impressio-nante è la sua connazionale, l’avvoca-tessa Leymah Gbowee, da anni impe-gnata nella lotta pacifica contro la violenza che ha devastato il suo Pae-

se. La trentanovenne è stata premiata dal comitato di Oslo per il lavoro che ha svolto “per aumentare l’influen-za delle donne in Africa occidentale durante e dopo la guerra”, soprattutto per il ruolo che ha giocato nella cadu-ta del cruento “signore della guerra” ed ex Presidente Charles Taylor, finito sul banco degli imputati della Cor-te Penale Internazionale dell’Aia, in Olanda. “Ha mobilitato e organizzato le donne attraverso linee di divisio-ne etniche e religiose - si legge nella motivazione - per porre fine alla lunga guerra in Liberia e per garantire la par-tecipazione delle donne alle elezioni”.La Gbowee, che guida la Women Pe-ace and Security Network (WSPN) - un’organizzazione con sede nel vicino Ghana -, ha definito l’assegnazione

del premio Nobel “un riconoscimento enorme della lotta delle nostre don-ne”. Nella sua azione, non ha esitato a proporre metodi poco consueti per fermare i combattenti e costringere Charles Taylor ad accoglierla al tavolo dei negoziati di pace: uno sciopero del sesso (come nella Lisistrata di Aristo-fane). L’attivista, che ha pubblicato il libro “Mighty Be Our Powers: How Sisterhood, Prayer, and Sex Changed a Nation at War”, continua finora il suo impegno. “Ha fatto la consulenza non solo in Liberia, ma anche in al-tri Paesi africani, come la Repubblica Democratica del Congo”, ha dichia-rato alla BBC la sua assistente, Bertha Amanor, che l’ha definita un “guer-riero per la pace, una persona audace che non molla mai”.Un caso particolare è poi la giorna-lista yemenita Tawakkul Karman, la prima donna araba ad essere insigni-ta del premio Nobel. Sposata e madre di tre figli, la Karman è il volto della “Primavera araba” nello Yemen. A capo del movimento che ha fondato, “Giornaliste senza catene”, sta gui-dando la protesta pacifica e femmini-le contro il Presidente Ali Abd Allah Saleh, al potere dal 1978. Secondo il comitato di Oslo, la giornalista, che è membro del partito islamico e conser-vatore al-Islah, ha assunto “nelle cir-costanze più difficili... un ruolo di pri-mo piano nella lotta per i diritti delle donne e per la democrazia e la pace nello Yemen”.Incarcerata varie volte, la figlia di un ex Ministro di Saleh ha dedicato il premio “a tutti i martiri e feriti della Primavera araba... in Tunisia, Egitto, Yemen, Libia e Siria, e a tutta la gente libera che lotta per i suoi diritti”. Par-lando sempre con la BBC, la Karman aveva dichiarato il 21 aprile scorso di non aver mai potuto immaginare una tale partecipazione delle donne yemenite alla protesta antigovernati-va. “Nello Yemen, alle donne non è permesso uscire di casa dopo le 19.00, ora dormono qui”, cioè nell’accam-pamento di piazza del Cambiamento (come è stata ribattezzata) nella ca-pitale Sana’a. “Sono così orgogliosa delle nostre donne”, aveva continuato l’attivista.La notizia dell’assegnazione del No-

bel per la Pace al trio ha trovato su-bito un’accoglienza favorevole. “Con questa decisione, il comitato norvege-se per il Nobel manda un messaggio chiaro: le donne contano per la pace. È una testimonianza della forza dello spirito umano e sottolinea un prin-cipio fondamentale della Carta delle Nazioni Unite: il ruolo fondamenta-le delle donne nella promozione della pace e della sicurezza, dello sviluppo e dei diritti umani”, si legge in un comunicato del segretario genera-le ONU, Ban Ki-moon (UN News Centre, 7 ottobre).L’inviato speciale di Ban Ki-moon per la malaria, Ray Chambers, ha lodato l’impegno della Sirleaf contro la ma-lattia. “Lavorando per salvare la vita a quasi 800.000 bambini l’anno, il Presidente Sirleaf sta contribuendo a portare un progresso trasformativo in Africa, e non vedo l’ora di continuare il nostro lavoro insieme”, ha ribadito il diplomatico ONU.Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha definito la scelta del comi-tato di Oslo una “decisione saggia”, un altro premio Nobel per la Pace africano, l’Arcivescovo Desmond Tutu, ha reagito con grande entusia-smo alla notizia del Nobel per la Sir-leaf. “Se lo merita più volte”, ha detto all’Agence France-Presse (7 ottobre). “Ha portato stabilità in un Paese che stava andando all’inferno”.“Calorosi auguri a Tawakkul Kar-man, che ci ha resi tutti orgogliosi”, ha scritto a sua volta il noto attivista e blogger egiziano Wael Ghonim su Twitter (The New York Times, 7 ot-tobre). “Il nostro premio finale è un mondo arabo democratico che rispetti i diritti umani”, ha aggiunto.Ma il Nobel non sarebbe il Nobel se la scelta non fosse accompagnata da reazioni negative o dubbi. Il princi-pale rivale della Sirleaf nelle elezioni, Winston Tubman, ha detto alla BBC che la donna non merita il premio, perché la ritiene una “guerrafondaia”. A molti commentatori non è sfuggito che la Sirleaf aveva appoggiato inizial-mente il signore della guerra Charles Taylor e che la Commissione Verità e Riconciliazione della Liberia, istitui-ta per indagare sui crimini di guerra e contro l’umanità, aveva raccoman-

dato nel 2009 di estrometterla per 30 anni da ogni incarico pubblico. Molti ritengono inoltre che il comitato nor-vegese sia intervenuto direttamente nel processo elettorale della Liberia, assegnando il premio alla Sirleaf quasi alla vigilia delle presidenziali.Dubbi ci sono anche sul Nobel all’at-tivista yemenita, che è infatti membro attivo del partito radicale islamico al-Islah. Inoltre - come ha osservato Christoph Wilcke, responsabile per lo Yemen di Human Rights Watch -, “il capitolo Yemen non è ancora chiu-so, la situazione non è ancora risolta” (www.guardian.co.uk, 7 ottobre).“È indiscutibile, però, una cosa im-portante”, scrive il giornalista Fulvio Scaglione su Avvenire (8 ottobre). “Il Nobel per la Pace quest’anno porta sotto i riflettori in modo inequivoca-bile la questione femminile, uno degli snodi cruciali del presente e del futu-ro sia in Medio Oriente sia in Afri-ca”, ricorda l’autore. “Questo premio Nobel ‘al femminile’ giunge quindi a proposito, in una fase di rivolgimenti e sviluppi che già incidono profonda-mente nella realtà di tanti Paesi. Per una volta, quindi, dubbi e discussioni sulle decisioni di Oslo possono aspet-tare”, conclude.Per quanto riguarda la Sirleaf, infatti, il messaggio provenuto dalla lontana Norvegia è netto: è ancora troppo presto per interrompere il cammino che la Liberia ha iniziato sotto la sua guida. Non solo i problemi sono an-cora tantissimi, ma il rischio di una ripresa della violenza è sempre possi-bile. Infatti, un altro candidato è l’ex capo ribelle Prince Yormie Johnson, che all’inizio della guerra civile fece uccidere il Presidente Samuel Doe. Al momento dei fatti, Johnson era pre-sente e beveva tranquillamente una birra mentre i suoi miliziani stavano torturando Doe, prima di dargli il colpo di grazia.Forse davvero non conviene cambia-re pilota. O, come ha detto Agnes Odhiambo, ricercatrice di Human Rights Watch a Nairobi, in Kenia, “nessuno è perfetto (www.guardian.co.uk, 7 ottobre). Neppure la Sirleaf...

Paul De Maeyer

Un Nobel per tre donnePremiate per la loro lotta non violenta per costruire la pace

A New York la pubblicità è un’arte. In ogni via, venditori, pannelli lumi-nosi e vetrine attirano i passanti con cibo, tecnologia e qualsiasi prodotto si possa desiderare. Dovrebbe allora sor-prendere un grande striscione rosso in una chiesa cattolica che annuncia con-fessioni? Francamente sono rimasta esterrefatta. Correndo dal museo alla biblioteca, per cenare con gli amici, l’ultima cosa alla quale pensavo era il sacramento della riconciliazione.La parrocchia di Sant’Agnese è un’e-legante chiesa al numero 143 E della 43rd Street, che l’ex Sindaco di New York, Ed Koch, definì “la strada più transitata al mondo”. La chiesa offre tre ore di confessioni e sette Messe al giorno. Incuriosita, sono andata a vi-

sitarla. Sono stata ricevuta da Anna Megan, che amministra la chiesa e ha voluto per prima cosa sottolineare l’importante localizzazione del tem-pio. “A mezzo isolato dalla stazione Grand Central Terminal e dall’altro lato della strada rispetto al Chrysler Building, Sant’Agnese è al centro del-le rotte di viaggiatori e turisti”.I fedeli di Sant’Agnese non sono mol-ti, circa 400, ma sono costanti. Pos-sono però arrivare a più di 10.000 nei giorni di festa, quando molte persone assistono alle Messe e si confessano.Sant’Agnese è stata costruita nel 1873 per i lavoratori del Grand Central Ter-minal, ma ha subito un incendio nel 1992. La chiesa attuale, ricostruita nel 1998, segue il modello della chiesa del

Gesù, uno dei templi romani più noti per il sacramento della penitenza. Da 30 anni, Sant’Agnese offre un orario regolare di confessioni giornaliere, risultato di un’iniziativa pastorale ma anche dell’insistenza dei fedeli.Ho visitato la parrocchia un pome-riggio, mentre iniziava l’adorazione eucaristica, con la chiesa piena per tre quarti della sua capacità. Ogni diver-sità etnica, economica ed estetica di New York si inginocchiava unita nei banchi. Giovani con anziani, tatuag-gi e veli, borse griffate e sacchetti di carta.Ovviamente molte altre chiese offro-no confessioni regolari a New York. La Cattedrale di St. Patrick offre con-fessioni al mattino e all’ora di pranzo, e il santuario di Sant’Antonio ne offre con tale frequenza da essere conosciu-to come il confessionale di New York.Dopo aver visto tante chiese chiuse tutto il giorno negli Stati Uniti, con i bollettini parrocchiali che annun-ciavano discretamente gli orari delle confessioni (solo il sabato, dalle 15.15 alle 15.30, o per appuntamento), Sant’Agnese è però una meraviglia e un modello per tante di loro.Ho chiesto delle difficoltà di tenere la chiesa aperta tutto il giorno e di assicurare sacerdoti per i sacramenti. Megan mi ha detto che i fedeli colla-borano per far restare aperta la chiesa, custodendo il tabernacolo.Anche se nella parrocchia c’è solo un sacerdote diocesano, padre Richard Adams, in genere cinque o sei pre-sbiteri di luoghi come le Filippine, il Ghana o la Birmania aiutano ad am-ministrare i sacramenti.Questa disponibilità è divenuta tal-mente popolare che ci sono sempre file nei due confessionali, e più di una volta è stato chiamato un sacerdote all’ora di pranzo o di cena per assi-stere qualcuno che era arrivato. San Giovanni Maria Vianney ne sarebbe molto orgoglioso.In una città che offre in ogni angolo prodotti perché l’aspetto delle persone sia sempre pronto per una fotografia, Sant’Agnese promuove un trattamen-to di bellezza molto più profondo.

Elizabeth Lev

Confessioni tra gli annunci a New York

Page 8: EE Numero 4

8 Società

Non conosciamo a sufficien-za cosa e quanto la famiglia “rende” alla società. Tutti

sanno che la famiglia è una risorsa for-midabile per lo sviluppo – e non solo per la crescita – del paese. Ma perché? In primo luogo, perché la famiglia è uno dei più importanti generatori di esternalità sociali positive. Sfuggen-do alle usuali rilevazioni statistiche, tali effetti finiscono con il non esiste-re, dal momento che, secondo il ca-none metodologico della contabilità nazionale, esiste solo ciò che è quanti-ficabile e misurabile con il metro mo-netario. Eppure, si tratta di effetti la cui rilevanza ai fini della definizione della nozione di benessere di un paese non può essere ignorata. Quali sono le principali fattispecie di esternalità so-ciali positive?Primo, la riproduzione della società. La decisione di mettere al mondo fi-gli è bensì un fatto privato che, tutta-via, produce effetti positivi di grande momento sul piano collettivo – come sanno tutti coloro che si occupano di transizioni demografiche e di equili-bri economico–finanziari fra le gene-razioni. Tecnicamente, per la teoria economica, i figli sono un bene me-ritorio (merit good), perché generano effetti positivi che vanno a vantaggio della società intera. Si consideri, ad esempio, il nesso tra vitalità impren-ditoriale e composizione per età della popolazione. Una società che invec-chia, come è appunto la nostra, è una società che per comprensibili ragioni non è in grado di sostenere stabilmen-te nel tempo quel tasso di imprendi-torialità che è necessario a rendere vitale il sistema economico. Eppure, l’atteggiamento ancor’oggi diffuso è che i costi della procreazione debbano essere sostenuti dalla famiglia proprio come se la decisione di fare figli fosse assimilabile ad una qualsiasi scelta di consumo.Una seconda forma di esternalità po-sitiva concerne l’integrazione e la re-distribuzione dei redditi da lavoro. È a tutti nota la capacità della famiglia di riequilibrare la distribuzione perso-nale dei redditi, la quale tende a dive-nire meno diseguale quando si passa dalla distribuzione personale a quella familiare. In questo senso, la famiglia si configura come un potente ammor-tizzatore sociale, fungendo da punto di raccolta e di smistamento dei red-diti dei propri membri. Si badi che la funzione redistributiva non riguarda più, come in passato, la famiglia nu-cleare, ma la catena generazionale (nipoti, genitori, nonni). Tale novità – come osserva Campiglio – può rap-presentare sia un rafforzamento sia un indebolimento della funzione integra-trice della famiglia e ciò in relazione al tipo di politica economica che si va ad adottare. Solo una politica pensa-ta per la catena generazionale (e non già, come oggi avviene, per singoli

suoi segmenti: politiche per l’infan-zia; politiche per l’invecchiamento; politiche per le famiglie giovani) può controbilanciare l’aumento dei costi associati alla aggregazione dei rischi di persone appartenenti a generazioni di-verse. (Le giovani coppie con figli non riescono più a farsi carico dei genito-ri anziani). Come vedremo, è questo uno degli aspetti più intriganti di una riforma fiscale all’altezza della sfida in atto sul fronte della famiglia.

È il Libro Bianco sul Welfare a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2003 che parla della fami-glia come del principale ammortizza-tore sociale, in quanto essa media il rapporto individuo-società sostenen-do le scelte individuali dei suoi com-ponenti nelle fasi sia iniziale sia finale del ciclo di vita. La funzione perequa-trice nella distribuzione dei redditi che la famiglia svolge è di grande impor-tanza ai fini del mantenimento della coesione sociale di un paese. E non v’è

chi non veda come la coesione socia-le costituisca uno dei più significativi fattori di progresso non solo economi-co, ma anche civile e politico.In terzo luogo, la famiglia è l’istitu-zione che più di ogni altra sostiene e tutela i soggetti deboli – dai bambi-ni in età prescolare agli anziani non autosufficienti; dalla cura dei disabili all’assistenza dei malati. È accertato che se la famiglia non svolgesse quelle

funzioni di tipo sia socio-assistenziale sia socio-sanitario che da sempre essa va svolgendo, l’Italia non potreb-be occupare – date le caratteristiche strutturali dei nostri servizi pubblici – il secondo posto nella graduatoria mondiale stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per quanto at-tiene gli indici di morbilità e di morta-lità. Opportunamente, il Libro Bianco sul Futuro del Modello di Welfare del 2009, a cura del Ministero del Lavo-

ro e delle Politiche Sociali, parla della famiglia come relazione sorgiva del sociale, in quanto pone in connessio-ne generi e generazioni per il tramite del dono gratuito e della pratica della reciprocità. Eppure, a queste enfatiche dichiarazioni di principio non sono seguiti fatti concreti come i dati citati alla fine del precedente paragrafo in-dicano a tutto tondo.Una quarta importante esternalità po-sitiva concerne la creazione di capitale umano. È noto che il capitale umano non dipende solamente dall’investi-mento in istruzione e formazione da parte di un individuo e dall’ambiente sociale, ma anche e, in certi contesti soprattutto, dall’ambiente familia-re. Le interazioni tra soggetti, per il tramite di effetti di spillover, consen-tono la trasmissione reciproca di co-noscenze e questo accresce, di per sé, lo stock di capitale umano. Per sua natura, la famiglia è il luogo in cui le interazioni tra membri sono più in-tense e meno soggette a fenomeni di natura opportunistica: al suo interno avvengono trasferimenti sistematici di conoscenze da un componente all’al-tro, trasferimenti resi possibili dalla vicinanza e dai legami parentali. In buona sostanza, la famiglia in quanto agenzia educativa di primaria impor-tanza, costituisce per le giovani gene-

razioni quella dote di capitale umano che consente loro l’ingresso nella vita adulta in condizioni di minore vulne-rabilità. Ecco perché là dove la fami-glia è solida più elevato, coeteris paribus, è lo stock effettivo di abilità e compe-tenze acquisite dagli individui e quin-di più alta è la produttività media del sistema.Le quattro tipologie di vantaggi, di cui si è appena detto, possono essere aggregate in una sorta di indicatore sintetico – il capitale sociale familia-re – che dice del contributo specifico della famiglia all’avanzamento della società. Ma cos’è esattamente il capi-tale sociale? Basicamente è l’insieme delle relazioni fiduciarie, fondate sul principio di reciprocità, che si instau-rano tra persone appartenenti a una comunità – nel nostro caso, la fami-glia. Si rammenti che fiducia, dal lati-no fides, significa “corda”. Non è dun-que un vago sentimento morale o un mero moto dello spirito, ma qualcosa di tanto concreto quanto lo è una cor-da che tiene unite le persone. Il poli-tologo americano Robert Putnam ha bene chiarito, nel suo noto contributo del 1993, dedicato proprio all’Italia, che tre sono le forme di capitale socia-le: bonding, bridging, linking. La prima forma è l’insieme delle re-lazioni fiduciarie che si instaurano tra persone che appartengono ad un me-desimo gruppo sociale caratterizza-to da forte omogeneità di valori e di interessi: la famiglia, un’associazione, una comunità di paese. Si creano bensì in tal modo rapporti fiduciari, ma di corto raggio; si realizzano bensì forme di solidarietà, ma a beneficio princi-palmente dei soli componenti il grup-po. Bridging, invece, è il capitale socia-le che persone, appartenenti a gruppi culturalmente distanti e perfino con interessi tra loro divergenti, riescono ad accumulare in forma stabile.Nasce di qui la fiducia generalizzata – cosa ben diversa dalla fiducia par-ticolaristica di cui sopra – che è il fattore chiave di avanzamento nelle economie di mercato: abbassando si-gnificativamente i costi di transazio-ne, la fiducia generalizzata rende più agevole la stipula dei contratti e più credibile la loro esecutorietà. Infine, il capitale sociale di tipo linking è la rete di relazioni tra organizzazioni della società civile (associazioni familiari; fondazioni; ONG; chiese), soggetti della società commerciale (imprese; istituzioni economiche) e enti della società politica (istituzioni politiche e amministrative) volte alla realizzazio-ne di opere ed iniziative che nessuna delle tre sfere in cui si articola la socie-tà, da sola, sarebbe in grado di attua-re. Il principio regolativo che sostiene tale forma di capitale sociale è quello di sussidiarietà circolare.

Stefano Zamagni

Quanto “rende” la famiglia alla società Quando gli ospedali erano la Casa di Dio

Il titolo può sembrare strano. Ma non è così. Ho appena letto un libro che rac-conta, in modo documentato, come nella storia dell’umanità gli ospedali sono nati dalla Chiesa cattolica e dai cristiani, animati dalla parola di Gesù (“Curate infirmos”, Luca 9, 2) e dal comandamento evangelico di amare il prossimo come noi stessi. Un volume interessante che si legge come un romanzo ed è autentica storia, da non dimenticare dato che c’è ancora chi non vuol riconoscere le radici cristiane dell’Europa (e le università non sono nate anch’esse dalla Chiesa?): Fran-cesco Agnoli, “Case di Dio, ospedali degli uomini – Perché, come e dove sono nati gli ospedali – Con prefazione di Giancarlo Cesana”, Fede e Cultura, Verona 2011, pagg. 121.Nel mondo greco-romano non esistevano gli ospedali, anche se la medicina è nata in Grecia (Ippocrate, Esculapio, Galeno). Quindi in qualche modo si curavano gli ammalati. Platone però riteneva che “sono degni di cura solo i cittadini liberi e soprattutto quelli che possono guarire sicuramente”. Sono stati i cristiani ad ini-ziare la cura sistematica dei malati, di tutti gli ammalati, e dopo la conversione di Costantino sorgono gli ospedali sotto l’egida di monaci, suore e ordini religiosi. Ne vennero fondati a migliaia grazie a lasciti di devoti.Agnoli ricorda che il primo ospedale di cui si ha notizia sicura venne fondato dalla patrizia Fabiola a Roma nel 390 dopo Cristo. Fabiola si convertì a Cristo e dedicò il resto della sua vita alle opere di carità. Ecco cosa scrive K. Haeger, storico della medicina: “Fabiola riuniva tutti gli ammalati raccolti per le strade, occupandosi personalmente degli infelici e delle vittime della fame e delle malattie”. I numerosi ospedali nati nel Medioevo, in genere presso monasteri, venivano chiamati “Do-mus Dei”, “Casa di Dio”, “Hotel-Dieu” in Francia, come ancor oggi sono indicati gli ospedali maggiori. La fioritura degli ospedali e della cura dei malati nasceva dalla fede, dall’identificazione del povero e del malato con Cristo sofferente. In una storia della Medicina medievale si legge che mentre le autorità civili non s’in-teressavano della cura sistematica degli ammalati, “questi centri medici monastici non furono soltanto ricoveri ospedalieri, ma centri di insegnamento dove accorre-vano giovani desiderosi di apprendere le nozioni mediche dei manoscritti greci e latini, gelosamente conservati in quelle abbazie e dove accorrevano tutti per farsi curare”. I monaci insegnavano la medicina e distinguevano tra “Medicina sopran-naturale”, cioè la cura delle malattie dell’anima, e la “Medicina naturale” con la cura dei malati, lo studio e l’insegnamento della scienza medica.Anche nei tempi moderni gli ospedali sono nati dalla Chiesa. L’Italia si mostrò all’avanguardia, com’era sempre stato il paese di Cassiodoro, dei benedettini, della “scuola medica” di Salerno, dell’Ospedale del Santo Spirito, delle prime università e poi della chirurgia nel XIII secolo. Bologna, Padova, Roma furono per secoli, nel campo della medicina, punti di riferimento per l’Europa intera. Del resto, Agnoli riferisce che lo stesso Martin Lutero, per nulla tenero verso l’Italia “papi-

sta”, nel suo viaggio a Roma afferma nei suoi “Discorsi conviviali”: “(Gli ospedali in Italia) sono costruiti con edifici regali, ottimi cibi e bevande e sono alla portata di tutti… Accorrono qui delle spose onestissime, tutte velate, servono i poveri e poi tornano a casa. L’ho visto a Firenze con quanta cura sono tenuti gli ospedali. Così anche le case dei fanciulli esposti, dove i fanciulli sono alloggiati, nutriti ed istruiti in modo eccellente”.Interessante il capitolo intitolato “Le cause teologiche della nascita degli ospedali”, perché dimostra come mai gli ospedali sono nati dalla Chiesa e dai cristiani e cita tre passaggi:- solo nel cristianesimo Dio si è fatto uomo in Cristo, che ha rivelato la bontà e la misericordia di Dio e ci ha dato il comandamento dell’amore verso tutti gli uomini;- nella sua vita terrena, Gesù è stato guaritore di corpi e di anime e lui stesso soffe-rente, come dicevano i teologi medievali: “Christus medicus et infirmus”;- infine, in età medievale, la Passione di Cristo, profondamente meditata, rende ancor più chiaro il dovere dei cristiani verso coloro che portano qualsiasi tipo di croce. Di qui la definizione presente negli statuti degli ordini ospedalieri: “Domi-ni nostri pauperes”, i nostri padroni sono i poveri.L’ultimo capitolo del volume di Francesco Agnoli è intitolato “Fuori dell’Europa cristianizzata” e ricorda che in America Latina, in Asia e in Africa i primi ospedali sono stati fondati dalle missioni cattoliche e protestanti e ancor oggi la sanità delle Chiese cristiane occupa un ruolo importante in non pochi paesi, dove i cristiani sono infima minoranza, l’India ad esempio e il Bangladesh, per non parlare dell’A-frica nera.

padre Piero Gheddo

Benedetto XVI ha scelto “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazio-ne” come tema della 46ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni So-ciali 2012, che si celebrerà il 20 mag-gio, ha reso noto la Sala Stampa della Santa Sede.“Emerge con una certa evidenza il de-siderio del Santo Padre di sintonizzare il tema della prossima Giornata Mon-diale con la celebrazione del Sinodo dei Vescovi, che avrà come tema, ap-punto, ‘La nuova evangelizzazione per la trasmissione della Fede cristiana’”, sottolinea un comunicato del Ponti-

ficio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.“La straordinaria abbondanza di sti-moli della società della comunicazio-ne porta in primo piano un valore che, a prima vista, sembrerebbe addirittura in antitesi ad essa”, indica il testo.Il dicastero delle Comunicazioni Sociali ricorda che “nel pensiero di Papa Benedetto XVI il silenzio non è presentato semplicemente come una forma di contrapposizione a una so-cietà caratterizzata dal flusso costante e inarrestabile della comunicazione, bensì come un necessario elemento di

integrazione”.“Il silenzio, infatti, proprio perché favorisce la dimensione del discerni-mento e dell’approfondimento, può esser visto come un primo grado di accoglienza della parola”.Per la Santa Sede, non c’è “nessun dualismo, quindi, ma la complemen-tarità di due funzioni che, nel loro giusto equilibrio, arricchiscono il va-lore della comunicazione e la rendono un elemento irrinunciabile al servizio della nuova evangelizzazione”.La Giornata Mondiale delle Comuni-cazioni Sociali è l’unica giornata mon-

diale stabilita dal Concilio Vaticano II, attraverso il decreto Inter Mirifica sui mezzi di comunicazione, del 1963. Si celebra in molti Paesi, in base all’in-dicazione di vari Vescovi del mondo, la domenica prima della Pentecoste, che nel 2012 sarà il 20 maggio.Il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale delle Comunica-zioni Sociali viene pubblicato tradi-zionalmente in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il 24 gennaio.

Il silenzio, necessario elemento della comunicazioneTema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

La funzione perequatrice nella distribuzione dei redditi

che la famiglia svolge è di grande importanza ai fini del mantenimento della coesione

sociale di un paese.

Page 9: EE Numero 4

9Lombardia

L’obiettivo è la navigabilità tutto l’anno. Il fiume Po deve diven-tare un’infrastruttura attrattiva

per i trasporti via acqua tra Mediter-raneo, pianura padana ed Europa cen-trale, ma 365 giorni l’anno. Lo hanno ribadito ancora, nel corso di un conve-gno organizzato da Aipo, gli assessori regionali alle Infrastrutture e mobili-tà, Raffaele Cattaneo, e al Territorio e urbanistica, Daniele Belotti; nel corso dell’evento, a cui ha partecipato an-che il presidente del consiglio regio-nale lombardo, Davide Boni, sono sta-ti presentati i contenuti di un’Azione progettuale co-finanziata dall’Unio-ne Europea e che vede partners AIPo (Agenzia Interregionale per il fiume Po), Sistemi Territoriali, Provincia di Mantova. “In un paese con oltre 1000 km di vie navigabili - ha esordito Cattaneo - la prospettiva è restituire alle vie d’acqua il ruolo centrale di via di comunica-zione”. Ma il punto di partenza non è dei migliori. “Su un totale di 400 milioni l’anno - ha ricordato Cattaneo - la Lombardia movimenta sull’acqua solo un milione di tonnellate di merci. La Regione si è mossa in questi anni tra studi e interventi concreti per mi-gliorare la funzionalità dei porti e la navigabilità del sistema fluviale. Ma finché non saremo riusciti a rendere navigabile il Po tra Cremona e Man-tova, lo scenario per gli imprenditori resterà incerto”.Dunque, navigabilità tutto l’anno, possibile, ha ricordato l’assessore alle Infrastrutture, “solo con il progetto di bacinizzazione del fiume”. “Quello presentato oggi è il primo passo - ha aggiunto Cattaneo - che si inserisce in un percorso che Regione Lombardia sta seguendo, lavorando anche per far crescere su questo tema la consape-

volezza delle regioni attraversate dal fiume”.“Mettiamo l’acqua al servizio dei tra-sporti - ha aggiunto Belotti - i bene-fici non saranno solo economici ma anche per l’ambiente. Come negli altri settori - dall’edilizia alle infrastruttu-re - oggi servono progetti efficaci ma anche belli ed ecocompatibili. Gli in-terventi per render navigabile il gran-de fiume sono improcrastinabili, ma anche in questo caso occorre anche una pianificazione seria, che preveda un risparmio sempre più evidente del suolo, risorsa limitata”. “Occorre fare in fretta - ha concluso Belotti - troppo tempo è passato. E la collaborazione con le altre regioni attraversate dal Po è fondamentale”.“Il fiume riveste un’importanza strate-gica per Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che da sole pro-ducono il 52% del Pil di questo Pae-se - ha ricordato Boni - . Ecco perché diventa urgente attuare quanto prima il progetto dell’intera navigazione del suo corso la cui realizzazione rappre-senterebbe anche un’importante e decisiva azione nel rilancio del siste-ma economico produttivo dell’inte-ro Nord. Parlare di Po non significa infatti solo soffermarsi su uno straor-dinario aspetto geografico e naturali-stico. Come è stato fatto per Danubio e Rodano, l’infrastruttura naturale se sfruttata in maniera corretta e intelli-gente diventerebbe un’alleata preziosa e fondamentale per il rilancio della Lombardia”.Il progetto riguarda gli ‘Studi per il miglioramento infrastrutturale del si-stema idroviario dell’Italia del Nord’ nel settore delle reti transeuropee dei trasporti (TEN-T) e ha come obiet-tivo fondamentale lo sviluppo del si-stema idroviario (fiume Po e canali

collegati) con adeguamento alla classe Va di navigazione e l’interconnessione multimodale con gli assi stradali, fer-roviari e marittimi di interesse euro-peo.

I CONTENUTI DEL PROGETTOL’iniziativa prevede quattro attività: sviluppo di un piano generale del si-stema idroviario dell’Italia del nord (Provincia di Mantova); Progetto ese-cutivo delle opere per l’adeguamento alla classe V del sistema Fissero-Tarta-ro-Canal Bianco e progetto definitivo di ristrutturazione di Porto Levante (Sistemi Territoriali); progetto defi-nitivo del corso libero del fiume Po (AIPo).Nell’incontro particolare attenzione è stata riservata al Progetto definitivo del corso libero del fiume Po, affida-to ad AIPo, grazie al quale si pun-ta a portare la navigabilità del fiume a 320/340 giorni all’anno, rispetto agli attuali 200/240, intervenendo nel tratto tra Cremona fino al canale Fissero-Tartaro-Canalbianco (interse-zione Po/Mincio).Lo studio di fattibilità condotto da AIPo ha individuato 21 interven-ti possibili. Lo studio definitivo, che include indagini geotecniche, analisi ambientali e modelli matematici e fi-sici, definirà successivamente i lavori da eseguire.L’importo complessivo del progetto è di 5.880.000 euro, coperto per il 50% dal contributo finanziario dell’Unio-ne Europea (2.940.000 euro), ed è così suddiviso: Provincia di Manto-va 360.000 euro (di cui 180.000 di co-finanziamento dalla Ue), Sistemi territoriali 3.020.000 euro (di cui 1.510.000 di co-finanziamento eu-ropeo), AIPo 2.500.000 euro (di cui 1.250.000 di finanziamento europeo).

Obiettivo: navigabilità tutto l’annoIl Po collegamento tra Mediterraneo, pianura padana ed Europa centrale

Accesso più veloce al mondo del lavo-ro per i giovani laureati, promozione del valore educativo e formativo del lavoro, favorendo il conseguimento di titoli di studio e attestazioni spendibili per la ricerca di uno sbocco occupa-zionale e riconosciuti dai sistemi uni-versitari.Sono le premesse che fanno da sfondo all’accordo per la promozione e dif-fusione del contratto di apprendistato per l’Alta Formazione, siglato dal pre-sidente della Regione Lombardia Ro-berto Formigoni, insieme all’assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro Gianni Rossoni, presente anche il sottosegretario alla Presiden-za di Regione Lombardia con delega all’Università e Ricerca Alberto Ca-valli.

L’intesa è stata sottoscritta dai rettori delle Università degli Studi di Milano, Milano Bicocca, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Politec-nico, Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, Università di Bergamo, Università di Brescia, Uni-versità di Pavia, Insubria, Università Carlo Cattaneo LIUC e da Italia Lavo-ro che fornirà supporto tecnico a Re-gione Lombardia e agli atenei aderenti nella realizzazione dell’iniziativa.“La diffusione di questa tipologia di contratto - ha spiegato il presidente Formigoni - rappresenta peraltro una priorità a livello nazionale e regiona-le per consentire ai giovani laureati di accelerare l’ingresso nel mondo del la-voro e promuovere il riconoscimento del valore educativo e formativo del lavoro”.“Per realizzare gli obiettivi dell’ac-cordo - ha continuato il presiden-te Formigoni - verrà costituita una Cabina di regia composta da un rap-presentante per ciascuna Università aderente, un rappresentante per Italia Lavoro S.p.A., quale ente strumentale del Ministero del lavoro e delle poli-tiche sociali, e, per Regione Lombar-dia, un rappresentante della Struttu-ra Centrale Università e Ricerca, un rappresentante della Direzione gene-rale Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione e un rappresentante della Direzione generale Istruzione, Formazione e Lavoro con funzioni di

Presidenza e di coordinamento”.“Alla Cabina di regia - ha aggiunto il presidente Formigoni - saranno affi-dati compiti di indirizzo delle attività di promozione del contratto di ap-prendistato in Alta Formazione pres-so le imprese e i sistemi di imprese, il raccordo fra i fabbisogni delle imprese, l’offerta formativa delle università e i servizi specifici a sostegno dei percor-si in apprendistato, il monitoraggio e verifica dei percorsi di laurea triennale e magistrale attivati in apprendistato”.L’assessore regionale Rossoni ha pre-cisato che Regione Lombardia stan-zia fino a 16.000 euro a favore delle università per ogni singolo studente-apprendista, affinché gli atenei pos-sano impegnarsi nella progettazione, tutoraggio e nell’individuazione di

insegnamenti aggiuntivi destinati a implementare quanto prevede l’accor-do. Saranno circa 200 gli studenti che otterranno un contratto di appren-distato grazie all’intesa siglata ieri. Lo stanzia-mento complessivo sarà di 3 milioni di euro. “Quello dell’apprendi-stato è uno strumento utile e adeguato che of-friamo al mondo giova-nile - ha detto Rossoni - per consentire agli stu-denti di conoscere anzi tempo il mondo del la-voro. In altre parole vo-gliamo portare i giovani a incontrare uno sbocco occupazionale nel mi-nor tempo possibile”. “La novità – ha preci-sato l’assessore regionale - consiste nel fatto che il sistema universitario ha riconosciuto il ruolo formativo dell’impresa”.Soddisfatto anche Mar-cello Fontanesi, rettore dell’Università Milano

Bicocca: “Questo accordo costituisce una risposta importante e un contri-buto concreto per affrontare la situa-zione difficile che stanno vivendo i giovani in cerca di occupazione: una proposta in vero stile lombardo”.

APPRENDISTATO - L’accordo pre-vede l’avvio di un programma speri-mentale che, nel triennio 2011-2013, consentirà agli studenti di conseguire il titolo di laurea o di laurea magistrale nell’ambito di un contratto di appren-distato.L’iniziativa ha l’obiettivo di incre-mentare il numero di giovani assunti con contratto di apprendistato (ex art. 5, D.Lgs. 167/2011), in considerazio-ne delle caratteristiche di maggior sta-bilità che esso assicura rispetto ad altre forme contrattuali “deboli” (collabo-razioni e contratti a tempo determina-to, ecc), qualificare la collaborazione fra università e sistema delle imprese attraverso l’adeguamento dell’offerta formativa rispetto alle competenze richieste dal mercato del lavoro, so-stenere le imprese nei programmi di innovazione con capitale umano qua-lificato, facilitare l’incontro fra do-manda e offerta di lavoro con i servizi di placement di ateneo.

A CHI SI RIVOLGE - Gli studenti iscritti alle università aderenti all’ac-cordo potranno conseguire il titolo di laurea o di laurea magistrale in ap-

prendistato, purché: di età compresa fra i 18 e i 29 anni; siano iscritti al se-condo o al terzo anno di un percorso di laurea e in possesso di un numero di CFU (Crediti formativi universi-tari) compreso tra un valore minimo e massimo previsto nelle Linee Guida definite d’intesa tra Regione Lombar-dia e Università ed approvate con suc-cessivo atto regionale; siano iscritti al secondo anno di un percorso di laurea magistrale e in possesso di un numero di CFU compreso tra un valore mini-mo e massimo previsto nelle medesi-me Linee Guida.Gli studenti saranno assunti con con-tratto di apprendistato.

DURATA DEL CONTRATTO - La durata prevista per il contratto di apprendistato in Alta Formazione non potrà essere, di norma, superiore a 36 mesi per il conseguimento del titolo di Laurea e a 24 mesi per il consegui-mento del titolo di Laurea magistrale.Il contratto di apprendistato termina in ogni caso a seguito del consegui-mento del titolo di studio universi-tario o/e a conclusione del percorso formativo.

LA FORMAZIONE - La formazio-ne dell’apprendista è legata al titolo di studio da conseguire attraverso il percorso di apprendistato. Il percor-so formativo viene stabilito dal piano formativo individuale e contiene: for-mazione aziendale, formazione curri-culare (docenze frontali, momenti in fad - formazione a distanza, project work) e studio individuale, compe-tenze che l’apprendista deve acquisire attraverso il percorso, indicazione del tutor formativo e del tutor azienda-le, che devono possedere le adeguate competenze ed esperienze professio-nali per poter essere protagonisti della progettazione del piano formativo e affiancare nel modo corretto l’appren-dista nel suo percorso formativo in azienda.

CHI FA CHE COSA - Regione Lombardia finanzia servizi di proget-tazione formativa/didattica, forma-zione specialistica aggiuntiva rispetto a quella curriculare, per rispondere a esigenze specifiche dell’impresa pres-so cui è assunto l’apprendista, tutorag-gio formativo e aziendale individua-lizzato, finalizzato al monitoraggio dell’andamento delle attività di ap-prendimento e al raccordo tra compe-tenze acquisite in ambito universitario e attività di formazione on the job.Le Università garantiscono azioni di informazione, promozione e orienta-mento al contratto di apprendistato in Alta Formazione presso studenti e im-prese, progettano percorsi formativi e di tutoraggio rispondenti alle esigenze delle imprese, riconoscono in termini di crediti formativi universitari il va-lore formativo del lavoro, valuteranno e attesteranno i crediti formativi uni-versitari e le competenze acquisiti in ambito lavorativo, anche nel caso in cui l’apprendista non completi il per-corso o non consegua il titolo finale.Italia Lavoro S.p.A. fornirà supporto tecnico a Regione Lombardia e alle Università aderenti nella realizzazione del programma sperimentale previsto dall’accordo. In particolare,nell’ambito del progetto FIXO Scuola & Univer-sità, interverrà a sostegno economico dei servizi di placement degli Atenei.

Contratto da apprendista per laurearsiIntesa da 3 milioni Regione-Università per l’ingresso al lavoro

Il Cile, gli Emirati Arabi Uniti e il Mozambico hanno comunicato uf-ficialmente la propria partecipazione all’Esposizione Universale che si terrà a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre 2015. Con queste ultime conferme, sale a 57 il numero delle adesioni.“La crescita continua delle adesio-ni conferma che stiamo offrendo un’immagine positiva e attrattiva dell’Italia”, ha commentato il Pre-sidente della Regione Lombardia e Commissario Straordinario per Expo Milano 2015 Roberto Formigoni, annunciando la partecipazione dei due ultimi Paesi.“La presenza degli Emirati Arabi Uniti è molto importante perché i sette Paesi della federazione, con in testa Abu Dhabi e Dubai, rappresen-tano una delle realtà economiche più dinamiche del Medio Oriente e del

mondo”, ha spiegato Formigoni. “La sicurezza alimentare e la nutrizione fanno parte del programma di go-verno del Mozambico. Il Presidente della Repubblica di Mozambico Ar-mando Emilio Guebuza ha assicurato che ci sarà massimo impegno da parte loro per il successo di Expo Milano 2015”, ha aggiunto.Entrambi i Paesi potranno dare un grande contributo al tema di Expo Milano 2015, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.Gli Emirati Arabi Uniti hanno con-fermato la presenza all’ambasciata italiana ad Abu Dhabi. La comunica-zione del Ministro degli Affari Este-ri degli EAU fa seguito alla richiesta dello Sceicco Hamdan bin Mubarak Al Nahyan. Mentre il presidente del-la Repubblica di Mozambico ha co-municato la decisione di partecipare

all’Expo di Milano del 2015 inviando una lettera al Presidente del Consi-glio italiano Silvio Berlusconi.I Paesi che fino ad ora hanno aderi-to a Expo Milano 2015, oltre all’O-nu, sono: Svizzera, Montenegro, Azerbaijan, Turchia, Romania, San Marino, Egitto, Perù, Russia, Uru-guay, Togo, Germania, Guatemala, Cambogia, Honduras, Mauritania, Slovenia, Principato di Monaco, Uz-bekistan, Spagna, Albania, Israele, Kuwait, Colombia, Armenia, Siria, Iran, Gabon, Senegal, Seychelles, Sierra Leone, Mongolia, India, Ge-orgia, Bolivia, Santa Lucia, Lettonia, Tunisia, Argentina, Lituania, Congo, Ucraina, Bielorussia, Kazakhstan, Sri Lanka, Mali, Algeria, Dominica, Belgio, Repubblica di Palau, Micro-nesia, Ecuador, Cina, Cile, Emirati Arabi Uniti e Mozambico.

Expo 2015, 57 le adesioniSale il numero dei paesi che hanno confermato la partecipazione ufficiale

In Lombardia sono circa 500 le perso-ne in stato vegetativo quotidianamen-te assistite, di cui l’82% in strutture residenziali e il 18% presso la propria abitazione, con un investimento re-gionale annuo che si aggira sui 26 mi-lioni di euro.Il dato è stato ricordato dall’assesso-

re alla Famiglia, Conciliazione, In-tegrazione e Solidarietà sociale della Regione Lombardia Giulio Boscagli, intervenuto al convegno organizzato a Bergamo dall’onlus “Il sostegno”, associazione per la cura e la presa in carico delle persone in stato vegetati-vo e dei loro familiari.

“La Lombardia si distingue - ha sot-tolineato l’assessore Boscagli - per l’attenzione che da tempo riserva alle persone che si trovano in queste con-dizioni di salute complesse e molto delicate. Regione Lombardia è stata, infatti, la prima in Italia a garantire la gratuità dei ricoveri di sollievo transi-torio o definitivo alle persone in sta-to vegetativo, e dal 2009 a erogare ai familiari che si dedicano all’assistenza a domicilio un contributo mensile di 500 euro.” Al convegno, intitolato “La cura e l’assistenza dei pazienti in stato vegetativo e di coscienza mini-ma”, hanno partecipato anche il Di-rettore Sociale dell’ASL di Bergamo, Francesco Locati, il Presidente AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Late-rale Amiotrofica) Mario Melazzini, il Direttore del Centro don Orione di Bergamo, don Ugo Dei Cas, e il pre-sidente dell’Associazione Il Sostegno, Guido Alberti.“Da agosto - ha detto l’assessore Bo-scagli - abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, lanciando una nuova sperimentazione: ai pazienti vengono erogati voucher di valore variabile, tra i 100 e i 180 euro al giorno a secon-da della gravità, finalizzati all’acquisto

delle prestazioni previste da un Piano di Assistenza Individuale. Questo è stato reso possibile grazie ad un ul-teriore investimento di 10 milioni di euro.”La sperimentazione ha introdotto anche nuovi criteri di valutazione e diagnosi della condizione di stato ve-getativo, che misurano il grado di co-scienza e di risposta agli stimoli por-tando ad ampliare la platea di persone assistite, da 500 a 600.“Le scelte che abbiamo fatto in tema di stati vegetativi e di minima co-scienza - ha concluso Boscagli - sono in linea con quel processo di riforma del welfare di cui il nostro Paese ha grande bisogno. Stiamo incentrando le nostre politiche sulla persona e sulla famiglia: gli strumenti di valutazione multidimensionale dei bisogni, che tengono conto anche delle condizioni e delle risorse - economiche, fisiche, relazionali - delle famiglie, sono per-ciò parte integrante di questa riforma, così come lo sono la necessità di spo-stare i finanziamenti dall’offerta alla domanda e di attuare pienamente il principio della libertà di scelta nelle politiche sociosanitarie e sociali”.

Fino a 180 euro al giorno per chi è in stato vegetativo

Boscagli, voucher introdotto in agosto per assistere pazienti fragili

Page 10: EE Numero 4

10 Arte e cultura

Nell’articolo dello scorso nu-mero abbiamo affrontato la spiegazione del termine

iperrealismo. Si tratta di una questio-ne storiografica interessante per un duplice motivo; infatti, prima di tut-to, la corretta comprensione di uno dei più importanti movimenti figura-tivi del Novecento, è utile per riequi-librare l’immagine antifigurativa di un secolo che, invece, se ben studiato, si rivela più figurativo di come venga generalmente descritto; inoltre, la co-noscenza dei principi su cui si fonda il gruppo iperrealista, principi peral-tro condivisi con la Pop Art, eviden-zia l’intima inconciliabilità dell’iper-realismo con il pensiero cristiano, a causa di un rapporto non corretto con la realtà circostante. Il movimento iperrealista non è l’unico movimen-to figurativo del Novecento, ed anzi si muove entro un confine spazio-temporale ben delimitato. Molti altri gruppi e movimenti, molte altre te-orie estetiche e critiche, si muovono nel vasto orizzonte del realismo.Esistono, infatti, tanti tipi di “reali-smo”, diversamente interpretati dai movimenti artistici che si sono suc-ceduti nel corso dell’Ottocento e del Novecento, talvolta in contiguità, più spesso in disaccordo. Ognuno di que-sti movimenti ha avuto una propria visione del mondo da rappresentare, o una ideologia da servire o ancora un potere da raccontare. Per un corretto studio dell’arte figurativa, risulta im-portante conoscere ciascuno di questi movimenti, in cui è possibile trova-re elementi interessanti, ma è anche importante saper discernere le diverse impostazioni, soprattutto quando si ragiona di arte sacra. Il cristianesimo esige un’arte capace di dire Cristo, di ritrarlo nella sua bellezza e verità. La condizione del cristiano di vivere nel mondo ma di non essere del mon-do è un criterio importante per ogni aspetto della vita della Chiesa. Come ha ricordato recentemente il Santo Padre (a Friburgo, il 25 settembre), la Chiesa deve “demondanizzarsi”, ov-vero la Chiesa «deve sempre di nuovo aprirsi alle preoccupazioni del mon-do e dedicarsi senza riserve ad esse, per continuare e rendere presente lo scambio sacro che ha preso inizio con l’Incarnazione» evitando la condizio-

ne «di una Chiesa che si accomoda in questo mondo, diventa autosufficien-te e si adatta ai criteri del mondo». Anche nelle questioni dell’arte sacra occorre evitare l’accomodamento alle situazioni mondane. La questione è talmente importante, che la soluzione certamente non si può trovare pren-dendo qua e là dagli innumerevoli

scaffali degli immensi supermercati delle offerte estetiche contemporanee. Nel mercato del pret a porter, con mi-sure standard e tagli industriali, non si può trovare l’abito ben fatto che calzi nei dettagli. In generale, occorre uscire dalla sudditanza psicologica nei confronti del mondo.L’arte cristiana nasce naturalmente dal cristianesimo, è il pieno concretizzar-si di un sistema artistico che si nutre

della fede, è un sistema che cerca co-stantemente di conformarsi a quanto Gesù Cristo rivela ed insegna. Gesù è il vero modello dell’opera d’arte; egli ne è intimamente il fondamento come ricorda il Catechismo della Chie-sa Cattolica al n. 476: «Poiché il Verbo si è fatto carne assumendo una vera umanità, il corpo di Cristo era de-

limitato. Perciò l’aspetto umano di Cristo può essere “dipinto”. Nel setti-mo Concilio Ecumenico la Chiesa ha riconosciuto legittimo che venga raf-figurato mediante venerande e sante immagini».L’arte cristiana è, quindi, originaria-mente figurativa, ed è impossibile che perda questo carattere identitario se non a rischio di smarrire se stessa e di non essere più in grado di dire Cristo.

C’è un altro aspetto che va adegua-tamente messo in evidenza. Infatti, come ancora leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1159: «è sta-ta l’Incarnazione del Figlio di Dio ad inaugurare una nuova economia delle immagini»; il Catechismo cita al proposito San Giovanni Dama-sceno: «un tempo Dio, non avendo né corpo, né figura, non poteva in alcun modo essere rappresentato da una immagine. Ma ora che si è fat-to vedere nella carne e che ha vissuto con gli uomini, posso fare una imma-gine di ciò che ho visto di Dio»[1]. Dio si è mostrato visibile nel Figlio e quindi ci permette di conoscerlo visi-vamente tanto da poterlo ritrarre. Gli uomini che hanno incontrato Gesù e lo hanno conosciuto, spontaneamen-te desiderano conservarne il ritratto. Il cuore spirituale dell’arte cristiana muove intimamente dall’esigenza contemplativa di relazionarsi con il volto dell’Amato.Approfondendo il significato delle motivazioni teologiche e spiritua-li della intima necessità figurativa dell’arte cristiana, il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1160 ancora af-ferma: «L’iconografia cristiana trascri-ve attraverso l’immagine il messaggio evangelico che la Sacra Scrittura tra-smette attraverso la parola. Immagi-ne e parola si illuminano a vicenda». Dunque la pittura di immagini non solo è possibile perché nella persona di Cristo, Dio si è reso visibile ed il suo corpo è divenuto misura e mo-dello dell’azione artistica, ma in più viene affermato che la stessa pittura, traducendo in immagine le parole evangeliche, è capace di illuminarle.Chiarita l’intima esigenza figurativa dell’arte cristiana, possiamo adesso interrogarci su quale tipo di figurati-vità possa costituire l’abito su misura per l’arte cristiana. La conoscenza del carattere peculiare del realismo figu-rativo esatto dal cristianesimo, forni-sce i criteri valutativi per individuare la strada da percorrere per uscire dalla crisi che dalla metà del secolo scorso ha colpito l’arte sacra.

L’iperrealismo, che rimane imbriglia-to nei particolari della realtà rappre-sentata, esaltando la dimensione sen-suale dell’oggetto di consumo, non è

in grado di espri-mere il cristianesi-mo; il surrealismo, che muovendo-si tra il gioco e il sogno, demolisce ogni aspetto razio-nale della realtà, si dimostra anch’essa incapace di rap-

presentare la realtà creata e redenta dal Signore. Neanche tra le spire ide-ologiche di un realismo storico, so-ciale o tecnologista, sembra possibile veder fiorire l’espressione delle verità del cristianesimo. Ancor meno il rea-lismo abbagliato dalla luce artificiale del futurismo può parlare di tempo ed eternità.Il cristianesimo rivela che la realtà è opera della Provvidenza di Dio, che la Grazia perfeziona la natura, il Ver-bo divino si fa carne umana, l’infinito si esprime nel finito; questo implica per l’arte cristiana l’umiltà di saper percorrere la via del giusto mezzo, del porre al centro la verità. Come in filosofia la via del realismo moderato appare la più sicura ed adeguata, così anche nella pittura, il realismo figu-rativo non può che evitare gli eccessi del materialismo e dello spirituali-smo, dell’iperrealismo e del simbo-lismo. Il realismo nell’arte cristiana deve nutrirsi delle parole dei Vangeli, nella loro dimensione che è, insieme, storica, simbolica, allegorica, morale e narrativa. È importante mettere in evidenza la dimensione “narrativa” dell’arte figurativa cristiana. Le sto-rie sacre hanno la potenza di parla-re all’uomo e le arti hanno ripreso proprio da esse la capacità narrativa. La narrazione, che è il primo modo di evangelizzare, si è trasformata nel cuore dell’arte cristiana. L’arte cristia-na, infatti, ha saputo prendere non solo dal volto di Cristo, ma anche dal-le sue parole, dalla sua stessa locuzio-ne narrativa, i modelli cui ispirarsi per costruire, attraverso la bellezza, un linguaggio visivo. In esso ha saputo poi inventare e sviluppare strumenti adeguati per poter essere “conforme” al suo primo “modello”.

Potremmo definire la dimensione narrativa dell’arte con le parole di Giovanni Paolo II, che nella Allocuzio-ne ai partecipanti al Convegno Nazionale Italiano di Arte sacra (1981) sottolineava come la forma narrativa delle para-bole immediatamente divenga forma artistica, non solo nella predicazione e nella letteratura patristica, ma so-prattutto nella pittura e nella scultura, determinando la sostanza più propria del linguaggio artistico che via via nei secoli a questa si è adattato, inventan-do un nuovo sistema e delle nuove discipline tecniche e scientifiche per poter rappresentare adeguatamente il messaggio e la persona di Gesù Cri-sto: «con i vangeli l’arte è entrata nella storia. Dai piccoli centri della Galilea e della Giudea la gente accorreva per ascoltare il messaggio. E Gesù ope-rò il mirabile rivestimento, modellò, diremmo con parole moderne, il rac-conto in maniera che si potesse, oltre-ché ascoltare, vedere. Parlò del pasto-re che aveva perduto la sua pecorella, del seminatore che aveva seminato il seme in terreni diversi, del figlio pro-digo che si era allontanato da casa. Gli ascoltatori capivano subito che si trat-tava di loro, pecorelle smarrite, semi che avrebbero dovuto fruttificare, fi-glioli ricercati dall’amore del Padre».L’arte cristiana ha una dimensione intrinsecamente narrativa, di cui non può fare a meno, perché è imposta dalla conformità al modello. Le carat-teristiche dell’arte cristiana vengono desunte dal Magistero e dalla tradi-zione; il realismo moderato, decli-nato nella narratività, coniugato con la bellezza a servizio della verità, è il proprium che accomuna i più grandi capolavori dell’arte cristiana, pur ne-gli stili diversi ma nella fedeltà a valo-ri e finalità comuni. Ogni vera opera d’arte, nata per la Chiesa e nella fede, ha saputo rivestirsi in una forma nar-rativa (Lex ornandi), per promuovere la carità del cuore (Lex vivendi), nella preghiera (Lex orandi) e nella catechesi (Lex credendi). E questa è la strada che dovrebbero continuare a percorrere, gli artisti e i committenti.

[1] San Giovanni Damasceno, De sacris imaginibus orazione, 1, 16: PG 96, 1245A.

Rodolfo Papa

La narratività come centro dell’arte cristiana

«Gli uomini che hanno incontrato Gesù e lo hanno conosciuto, spontaneamente desiderano conservarne il

ritratto.»

Un’operazione editoriale ambiziosa per una piccola casa editrice, ma non per questo impossibile: rieditare e ri-portare in vita un classico della lette-ratura italiana, e renderlo in un’epoca diversa “un nuovo classico”.Da Castiglione delle Stiviere (Man-tova) ci sta provando PresentARTsi, “bottega di prodotti culturali” ma soprattutto vivace promotrice cultu-rale sul territorio mantovano, che in questo fine 2011 ha dato una nuova veste al Giornalino di Gian Burrasca di Vamba, “un classico di certo” come sottolinea Luca Cremonesi nella pre-fazione, parlando della scelta “ma uno meno frequentato, non sconosciuto o ‘minore’, ma solo meno letto in questo periodo”.La prima sfida, nel rimaneggiare un libro con oltre 100 anni di storia alle spalle, è stata quella relativa alla lin-gua usata da Vamba (al secolo Luigi Bertelli), quella dell’inizio Novecento che era anche il risultato di un’Italia unita molto recentemente e che si ri-volgeva, anche attraverso le pagine del Giornalino della Domenica dove la storia uscì per la prima volta a puntate,

a una popolazione analfabeta per oltre il 50 per cento, che pescava il proprio linguaggio quotidiano dai dialetti e ascoltava ancora la Messa in latino. La seconda è stata di decidere come leg-gere il libro in quanto storia ambien-tata in una determinata epoca, distan-te dalla nostra, e forse per certi versi difficile da comprendere per i ragazzi di oggi, poiché non era pensabile tra-sportare la storia così com’era ai giorni nostri e trapiantarla dopo un secolo, lontana dalla società e dalla cultura che l’hanno partorita.Il “guanto” è stato raccolto da Gior-dano Giacomini, premio Guareschi nel 2009 con il racconto “Qualche minuto e poi basta”. Presentando il libro nelle scorse settimane alla libre-ria Mr Libro di Castiglione delle Sti-viere, l’autore ha raccontato di essersi divertito molto in questa riscrittura: un’esperienza dove non sono manca-te le decisioni da prendere, non solo per ripulire la lingua e trasformarla in un italiano contemporaneo (“Anche i 50 anni passati da quando l’ho letto io” ha spiegato Giacomini “sono suf-ficienti per cambiare una lingua”), ma anche per continuare a esprimere al-cune sfumature che appartengono alla prima versione. Un elemento fondamentale, sotto questo aspetto, è stato quello dell’im-magine: Gian Burrasca nacque non solo come racconto ma come misce-la tra disegno e letteratura, in cui il bambino-narratore narrava alcune scene anche come disegnatore. Que-sta nuova versione ha potuto contare sulle straordinarie illustrazioni dell’ar-tista castiglionese Enos Rizzi, che ha reimmaginato anche a proprio modo il libro, oggi riconsegnato di nuovo al pubblico.Per contattare la casa editrice: [email protected] - tel. 0376-636839.

Simona Cremonini

Il valore reale degli

eventi a Festival of FestivalsIl congresso dei festival italiani a Bologna il 10 e 11

novembre

Torna per il quarto anno il congresso italiano dedicato al settore degli even-ti culturali e organizzato dall’associa-zione Fanatic about Festivals. Ancora una volta sarà Bologna la piazza privi-legiata in cui Aziende, Regioni, Fon-dazioni Bancarie e Organizzatori si incontreranno per dare vita ad un vi-vace quanto attuale dibattito sui temi caldi della cultura in Italia.Grande novità 2011 è la neonata colla-borazione tra l’OIFEC - Osservatorio Italiano Festival ed Eventi Culturali e Nomisma, uno dei principali istituti privati di ricerca economica e socia-le in ambito nazionale ed internazio-nale. Il know-how dell’Osservatorio di Festival of Festivals si arricchisce così dell’esperienza e dell’alta quali-tà scientifica di Nomisma, che da 30 anni analizza il “valore reale delle cose”. E qual è il valore reale dei festival? Per rispondere a questa domanda e ad al-tre ancora, la partnership tra OIFEC e Nomisma ha dato vita al Survey 2011, ovvero il grande censimento dei festi-val italiani svolto nelle scorse settima-ne, che racconterà, durante le giornate del congresso di novembre, in che di-rezione sta andando la forma festival. I primi risultati della ricerca saranno presentati durante le giornate del con-gresso (10 e 11 novembre).Il 10 e 11 novembre saranno inol-tre consegnati i Festival of Festivals Award 2011, gli ambìti riconoscimenti che segnalano le eccellenze nel settore degli eventi culturali.

Un giornale spalancato sulla contemporaneità, edito in 5000 copie certificate.

Si Desidero abbonarmi All’Emetico Errante per un periodo di 12 Mesi al costo di 30,00 Euro

Dati Abbonamento:

Nome........................................................ Cognome...........................................................

Via/Piazza ..................................................... N. ................Città ................................ Provincia ............C.A.P. ......................

Firma ..................................................................................

Ritaglia questo talloncino, compilalo e invialo alla nostra redazione allegando la ricevuta di pagamento.

Contatti:Posta: CENTRO STUDI ERMES via Grazioli 10 46100 MANTOVA Fax: 03761811506 | Mail: [email protected] | Telefono: 0376 1811506

Puoi pagare il tuo abbonamento con le seguenti modalità:

Bollettino Postale: c.c. numero: 9736985Codice Iban: IT5460760111500000009736985Causale: Abbonamento Ermetico Errante | Destinatario: Centro studi giovanile Ermes

Bonifico Bancario: Banca Popolare Dell’Emilia Romagna – filiale di Mantova Via GrazioliCodice Iban: IT96A0538711500000001902013Causale: Abbonamento Ermetico Errante | Destinatario: Centro studi giovanile Ermes

Abbonati subito a

Apri le porte all’informazione con l’abbonamento

Nuova vita e vecchie marachelle per Gian Burrasca

Il libro riscritto dal premio Guareschi Giordano Giacomini

e rieditato da PresentARTsi

Page 11: EE Numero 4

11Arte e cultura

ERRANDO PER MOSTREGli Anni Folli,

la Parigi di Modigliani, Picasso e Dalì, a Ferrara fino al 8 gennaio 2012

150mani Collezione italiana, a Torino, dal 18 al 27 novembre 2011

The Gentlemen of Verona: sperimentazioni sul contemporaneo in Italia, a Verona, fino al 8 gennaio 2012

Il fascino irresistibile della Parigi degli anni Venti rivive al Palazzo dei Diamanti di Ferrara attraverso le creazioni di grandi maestri della modernità all’apice della loro carriera. Monet, Matisse, Mondrian, Picasso, Braque, Modigliani, Chagall, Duchamp, De Chirico, Miró, Magritte e Dalí fu-rono allora i protagonisti di un periodo di eccezionale vita-lità artistica che ebbe come palcoscenico Parigi all’indomani della Grande Guerra. Attraverso dipinti, ma anche sculture, costumi teatrali, foto-grafie, ready made, disegni, provenienti dai più importanti musei e collezioni private del mondo, la mostra, organizzata da Ferrara Arte, rievocherà quella stagione irripetibile che ha visto intrecciarsi le principali tendenze artistiche del No-vecento, prima che l’ascesa del Terzo Reich in Germania cambiasse in maniera irreversibile il clima europeo.

In 150 anni di Unità italiana un ruo-lo speciale è stato interpretato dagli artigiani, dagli artisti e dai designer che con il lavoro delle loro mani han-no dato un significato speciale a una “Repubblica fondata sul lavoro” come il nostro paese.In novembre a Torino, presso Palazzo Birago, sede della Camera di Com-

mercio, per iniziativa di Confartigia-nato e CNA si terrà una mostra che riunisce i manufatti di 150 maestri di tutta Italia che con le loro opere, selezionate con un concorso in quat-tro sezione tematiche, hanno dato la propria interpretazione di “Centocin-quant’anni di Saper Fare”: ovvero del lavoro che migliaia di artigiani italiani

svolgono da sempre, con particolare risalto alle produzioni di giovani e di donne, tra cui i guidizzolesi Valentina e Riccardo Sartori e il loro laboratorio “Lacrime d’arte”.

Per informazioni: www.150mani.it

Nella Galleria d’Arte Moderna di Palaz-zo Forti di Verona prende vita una mostra, ideata e realizzata da Andrea Bruciati, il cui fulcro è la ricchezza del-le proposte artistiche che ha caratteriz-zato il contemporaneo nel territorio, attraverso le opere di grandi autori che hanno contrassegnato la storia dell’arte italiana dell’ultimo decennio e non solo. La mostra collettiva presenta le opere di 21 artisti, suddivisi per fasce generazio-nali: in via di storicizzazione, mid-care-er e giovanissimi. Alcune delle opere sono state raramen-te esposte, mentre molte sono inedite o realizzate specificatamente per la mostra, a dimostrazione della potente spinta

creativa che ormai da anni contraddi-stingue questa parte di Italia. Come sot-tolinea il curatore Andrea Bruciati, “la cultura non è inutile perché, soprattutto se ci si riferisce al contemporaneo, ser-ve al presente per stabilire un canale di accesso fra la nostra realtà e i cambia-menti in atto e la proiezione dei nostri sogni e ideali, per ipotizzare la realizza-zione degli stessi. Trovando la sua legit-timazione nell’utilità individuale, come le emozioni e l’intelligenza critica che è capace di generare, crea un mondo migliore per l’interesse collettivo”.

Per informazioni: www.palazzoforti.itTel +39 045 8001903

Nel ventesimo secolo nessun artista ha dedicato tanta at-tenzione agli angeli quanto

Marc Chagall. Moshe Zacharovix Sa-gal (questo il suo vero nome) nasce a Vitebsk (Bielorussia) nel 1887, da una modesta famiglia di cultura hassidi-co-ebraica, cioè appartenente al mo-vimento mistico che privilegia il rap-porto diretto con Dio e la meraviglia contemplativa per i benefici della vita terrena. Studiò a San Pietroburgo con Bakst che gli fece conoscere la pittura

di Cèzanne, Gauguin e Van Gogh.Nel 1910 recatosi a Parigi, si legò con gli intellettuali d’avanguardia ed in-contrò Lenin e Lunacarskij che in se-guito divenne ministro della cultura sovietica. Nel 1914 ritornò in Russia ed espose i suoi dipinti che riecheg-giavano una mitica vita di villaggio e il rituale ebraico nelle mostre d’avan-guardia. Nel 1917 aderì con entusia-

smo alla rivoluzione e l’anno seguente fu nominato commissario di belle arti nella sua città natale dove fondò un’ac-cademia invitandovi pittori costrutti-visti e suprematisti che però finirono per prevaricarlo costringendolo a riti-rarsi a Mosca dove fra il 1919 e il 1921 eseguì pitture murali e il sipario del Teatro d’Arte ebraico. Tornato a Parigi nel 1922 dipinse na-ture morte con fiori e figure, eseguen-do pure una serie di mirabili incisio-ni per la Bibbia. Nel 1933 alcune sue

opere furono bruciate dai nazisti su ordine di Goebbels. In questo periodo prevale nella sua pittura il tema sim-bolico della crocifissione. Nel 1945 curò l’allestimento dell’uccello di fuo-co di Stravinskij e due anni dopo ter-minò la caduta dell’Angelo che è un vero repertorio dei suoi temi pittorici prediletti. Rientrato dagli Stati Uniti si stabilì in Provenza dove si dedicò

alla ceramica e alla scultura iniziando grandi opere monumentali integrate con lo spazio architettonico. Morì nel 1985 a Saint-Paul-de-Vence.Pittore atipico, a suo modo slegato dal-le impetuose correnti dell’epoca, Cha-gall è portavoce fino in fondo di una sua personale sensibilità interiore. In un momento storico in cui tutto do-veva essere appartenenza, fortemente relazionata ad idee e movimenti (che fossero artistici, politici o culturali), egli riesce a rimanere ancorato alle realtà profonde dell’animo umano, le-gato fino alla fine al semplice mondo contadino dei villaggi ebrei dell’Eu-ropa dell’est, quel mondo che, ormai cancellato, annientato e spazzato via dalla criminale follia nazista, l’artista ci restituisce attraverso le sue tele.Trasferitosi poco più che ventenne a Parigi, precedentemente allo scoppio del primo conflitto mondiale, cono-sce le nuove correnti pittoriche e di pensiero, interessandosi in particolare al Fauvismo, per i colori forti e com-plementari, ed al Cubismo, per lo stile compositivo. Nelle sue opere, per-tanto, si accordano cultura ebraica e avanguardie internazionali. I temi del suo bagaglio simbolico, però, nascono dalla sua esperienza interiore, dal suo fantasticare che unisce pittura e po-esia, mentre l’allungarsi delle figure, liberate dalla gravità newtoniana, e il rifiuto della prospettiva si ricollegano alla tradizione bizantina delle icone russe. Chagall, fin dalla sua prima gio-vinezza, ha avvertito una forte attra-zione nei confronti delle Sacre Scrit-ture: “Mi è sembrato e mi sembra tuttora – afferma, riferendosi alla Bibbia – che questa sia la principale fonte di poesia di tutti i tempi. Da allora, ho sempre cercato questo riflesso nella vita e nell’arte”.Il discorso sull’opera religiosa di Chagall è alquanto complesso. Egli racconta che un angelo gli apparve, a Pietroburgo, e ne descrive l’espe-rienza nelle sue memorie. Questo episodio, fondamentale nella sua for-mazione poetica, è riprodotto, sulla traccia iconografica dell’Annunciazio-ne, nella grande tela dell’Apparizione, dove egli si raffigura seduto al lavoro, con la testa girata per guardare ispira-to verso un angelo, maestoso e quasi invisibile, che riempie la parte destra

della composizione. L’angelo si fonde, in una raffigurazione quasi cubista, con il mondo fenomenale del pittore; il contorno del corpo è assorbito dalla grande nuvola, di cui la creatura e la stanza sembrano una parte. L’angelo appare al pittore mentre è al cavalletto e la tela che sta dipingendo rimanda a quella, compiuta, che stiamo vedendo. Quindi il sogno dell’opera è l’opera stessa, cioè l’ispirazione del poeta.Chagall doveva avere quest’immagi-ne ben ancorata in testa, dipingendo-la come l’ha presente nella memoria, perché il lavoro preparatorio dell’ope-ra non comporta nessun abbozzo per la parte destra del quadro riguardan-te lo spirito celeste. In un altro gran-de quadro, “La caduta dell’angelo”, al quale l’artista lavora per più di un ventennio, dal 1923 al 1947, un ange-lo rosso sta cadendo sulla terra dove gli uomini continuano a commettere i loro orrori indisturbati. L’angelo può rappresentare infinite emozioni: la purezza, la bellezza, l’armonia, l’uto-pia, la sacralità e in alcuni casi (come in questo) la disperazione. A determi-nare il significato dell’immagine in-serita sulla tela, è il contesto in cui la figura è collocata, insieme alla pioggia dei simbolismi adiacenti: in basso a destra, troviamo Cristo in croce, una Madonna con bambino, ed una can-dela. In alto a sinistra, Chagall stesso non ha più parole dinanzi all’indicibi-le e si rappresenta steso a terra con la tavolozza abbandonata.“Il martirio di Gesù è il martirio del mio popolo in questi anni”, risponde a quanti accusarono di aver inserito simboli cristiani all’interno della sua opera. Sotto, un rabbino che proteg-ge il rotolo della Torah, o forse Mosè con i 10 comandamenti; più al centro, il volto di un animale, un sole gial-lo sporco e pallido, un violino. Ma in alto c’è un orologio a pendolo, segno che tutto scorre comunque e ineso-rabilmente sotto il potere del tempo che controlla il trascorrere della vita dell’uomo, nella sua inutilità e nono-stante le sue preghiere. I colori sono forti ed espressivi tanto quanto le li-nee, le figura e le simbologie. L’im-magine dell’angelo cade incontrollata al centro del quadro. La visione apo-calittica della figura rossa fiammeg-

giante che si abbatte sull’umanità in-difesa, trafiggendo la notte, riassume tutti i temi di Chagall, acquisiti con l’esperienza degli orrori della guerra nel suo ultimo drammatico decennio.Tra il 1935 e il 1956, Chagall realizza il ciclo del “Messaggio Biblico” rac-colto nel moderno museo di Nizza: 17 grandi tele, 194 incisioni e guazzi che rappresentano scene della Gene-si, l’Esodo e il Cantico dei Cantici, e poi sculture, mosaici, arazzi, una sala per concerti con grandi vetrate. L’ar-tista avvicina la Bibbia con un atteg-giamento molto poetico, vedendola come una grande storia, un racconto pieno di episodi stupefacenti, di figure mitiche e di eventi sovrannaturali. Più che illustrare, come ha fatto Doré, egli reinventa il testo con il criterio del-la sua fantasia e sceglie le figure e gli episodi sulla base delle emozioni che sono in grado di trasmettergli. Egli scriveva: “La Bibbia è come una risonan-za della natura e io ho cercato di trasmettere questo segreto. Questi quadri, nel mio pen-siero, non rappresentano il sogno di un solo popolo, ma quello dell’umanità”.La creazione dell’uomo è la prima delle 17 grandi tele. Chagall mostra Adamo addormentato nelle braccia dell’angelo e inconsapevole di quanto sta accadendo. Più in alto sta la sfolgo-rante girandola della Creazione, che culmina nella crocifissione di Cristo, tema che compare sovente nelle opere di Chagall dopo il 1939, quale simbo-lo universale della sofferenza umana e, forse, della speranza di riscatto dell’u-manità. Proprio nell’accostamento tra il sacrificio di uno e quello dei tanti si compie l’identificazione tra giudaismo e cristianesimo: il suo Cristo ha smes-so il perizoma della tradizione pitto-rica occidentale per cingersi del tipi-co manto ebraico, il “Tallit” (come, del resto, si vede anche nel Crocifis-so della Caduta). Fedele al divieto di rappresentazione, Chagall si limita a suggerire la presenza divina con la lu-minosità dei bianchi e dei gialli con le mani che sbucano da una nuvola, circondata da altre piccole figure an-geliche. Scegliendo di costruire la sua opera a piccoli tocchi, a schegge iridate, l’artista accorda una materia luminosa e nebulosa a una spiritualità della Rivelazione: Dio si nasconde in

questa nuvola e si mostra come Luce. A questa maniera effusiva il pittore dà una struttura rigorosa: linee diagonali portano l’uomo verso il cielo e sosten-gono il suo incontro con l’angelo. Alla diagonale, sono associati il cerchio e l’elisse, attivi portatori di un senso di armonia tra l’uomo e Dio. Ogni opera del ciclo è organizzata intorno all’in-contro fra un uomo profeta, patriarca Dio e trasmette il messaggio che sta alla dell’opera di Chagall: “Ho voluto lasciare in questa casa i miei dipinti perché gli uomini vi possano cercare e trovare una certa pace, una certa spiritualità, un senso della vita”. L’incontro di Abramo con gli Angeli appare diverso dagli altri quadri del ciclo: è l’unico dipinto in una mono-cromia rossa, ed è anche l’unico in cui né il cerchio né la diagonale sostengo-no la composizione, ma dove, invece, una rete di verticali e di orizzontali severe determina l’organizzazione del quadro. Ciò rivela la preoccupazione diversa di dare alle ali dei tre angeli tutto lo splendore possibile. Il gran-dissimo effetto dello sfondo rosso è, infatti, di sporgere gli angeli verso lo spettatore; in questo modo gli ange-li svolgono completamente la loro funzione di messaggeri, non solo tra Dio e l’uomo Abramo, ma anche tra quel mondo impalpabile di pittura e noi, che lo contempliamo. La lotta di Giacobbe con l’Angelo, è un episo-dio centrale della storia del Patriarca. Nel lungo combattimento mistico che l’uomo ha con l’angelo, Chagall sce-glie il momento della riconciliazio-ne. Le opere del “Messaggio Biblico” sono state donate dall’artista alla Fran-cia con questa dedica: “Ho voluto di-pingere il sogno di pace dell’umanità. Forse in questa casa verranno giovani e meno giovani a cercare un ideale di fraternità e d’amore come i miei colori l’hanno sogna-to. Forse non ci saranno più nemici e tutti, qualunque sia la loro religione, potranno venire qui e parlare di questo sogno, lon-tano dalla malvagità e dalla violenza. Sarà possibile questo? Credo di si, tutto è possi-bile se si comincia dall’amore”. “Lavorare è pregare” affermava Chagall. E dalla preghiera emergevano meravigliose immagini di un sogno tutto spirituale.

don Marcello Stanzione

Marc Chagall e gli angeli

Per informazioni: www.palazzodiamanti.it - Call Center 0532 244949

Via Roma, 74 - Noventa Padovana - 35027 - Padova

tel. +39 049 628874 cel. +39 338 4551793web www.chiarazanetti.it - mail [email protected]

Chiara Zanetti

Page 12: EE Numero 4