Vulcano n° 85

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periodico di Politica, Cultura, Attualità, Sport

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lettere AL GIORNALE

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Pregiatissimo signor Direttore,

di certo ricorda l’intervista pubblicata sul nr. 80del “Vulcano” dal titolo “PAOLO E MARIALETIZIA: CI VIENE NEGATO IL DIRITTO DIAMARE I NOSTRI NIPOTI”, una storia crude-le che ci nega un rapporto umano e civile connostro figlio e ci impedisce di CONOSCERE,anche attraverso delle foto, i nostri nipoti.Anche se c’è stata la pace tra USA e Cuba,anche se di tanto in tanto ci sono tentativi dipace tra Arabi e Israeliani, anche se ai peggioricriminali si da l’opportunità di un riscatto socia-le, in questa nostra storia continua a nonesserci un barlume di pacificazione e non puòessere diversamente visto che da parte dellamoglie di nostro figlio c’è solo la volontà dis-umana di protrarre questa situazione all’infini-to. Da pochi giorni ho saputo che il Prefetto harigettato il mio ricorso, di conseguenza conti-nuo a essere un delinquente, un “molestatore”che se si avvicina alla famiglia del figlio vienearrestato. Io penso che chi ha dato seguito alladenuncia innaturale e ben poco nobile di unfiglio contro i propri genitori e chi l’ha confer-mata ha poco chiara la differenza tra un fidan-zato/a abbandonata/o che diventa un “mole-statore” e un genitore che vede un figlio intelli-gente che diventa totalmente plagiato, incapa-ce di sostenere e rappresentare le sue ragio-ni: non si può sostenere l’insostenibile soloperché lo ha detto la moglie. Così come ungenitore non può accettare di sentirsi dire“Con la ‘patata’ controllo vostro figlio !”da que-sta moglie che si erge a santona, a Cristo sullaterra, a profeta, a guru dei guri… ovviamentela “patata” non è il tubero che troviamo sullenostre tavole. Un genitore, dopo anni e anni, di

sacrifici non può accettare di sentirsi dire daquesta moglie “Ti ho concesso tuo figlio !” soloperché dopo anni un genitore, un padre èrimasto solo, per un’ora, a riflettere della Vitacon il figlio. Una madre che è una madre ecome madre conosce il legame indissolubiletra madre e figlio, non costringerebbe mai unfiglio a rinnegare la propria madre. Dei nonniche sono nonni e come nonni conoscono l’im-portanza del legame tra nonni e nipoti, si ribel-lerebbero di fronte all’uso dei nipoti per ricatta-re altri nonni. Non si può accettare il compor-tamento delle autorità comunali, quello dellecooperative sociali, dei dirigenti scolatici, degliassistenti sociali che mai e poi mai ci hannopermesso di dare voce alle nostre ragioni, allenostre verità, neanche quando con l’ingannofummo portati davanti ad una psicoterapeutaall’interno di una struttura pubblica che ci con-dannò a priori senza farci aprire bocca!Tutto questo e tanto altro, lo stiamo subendoda quando questa donna è diventata la mogliedi nostro figlio e da quando è entrata nellenostre famiglie, ci sono solo bugie, ricatti edolore! Noi pensavamo che queste personeerano relegate nelle turbi scene di qualchefilm, noi non immaginavamo neanche nell’an-ticamera del cervello di incontrare queste per-sone assolutamente incompatibili con lanostra Cultura, con la nostra Educazione, coni nostri Principi, invece queste persone esisto-no e lo scopo di questa mia lettera è di infor-mare altri genitori ingenui come lo siamo statinoi, di metterli in guardia per evitare loro idrammi che stanno distruggendo la nostravita: se li conosci, li eviti!

Paolo, Nonno negato e… delinquente.

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AUGURI DON CARLO

Il 19 maggio 2015, don CarloRotondo, ex parroco diVillaspeciosa, ha festeggiato i 25anni di sacerdozio. Era il 19 mag-gio 1990 quando fu consacratosacerdote e da quel giorno haavuto inizio la sua nuova vita: par-roco a San Basilio, vice parroco aSanluri, parroco a Villaspeciosa eprima ancora dieci anni in missionein Kenya. La sua passione per lasquadra del Cagliari lo ha resofamoso in tutta l'isola con l'appella-tivo di “Prete rosso-blù” e l'entusia-smo per la vita sacerdotale fannodi lui un prete felice. Attualmentericopre l'incarico di segretariodell'Arcivescovo di Cagliari, Mons.Arrigo Miglio.Dalla redazione di Vulcano giunga-no a don Carlo i più sinceri auguri!

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LE RUBRICHE DI VULCANOLettere al giornaleI disservizi e il malcostumenella Pubblica amministrazioneEditorialeLa strage silenziosa delle pecore e delle capreLe interviste: Stefano MarongiuLa pagina dei lettoriAttualità filosoficaL’angolo dell’esperto: il condominioAstronomiaMusicaLa cucina di Greca

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LA POLITICA LOCALEA ruota libera con il Sindacoe il Vicesindaco di Uta

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LO SPORTAmarcord. Italia-Germania, la roulette dellostadio ‘’Atzeca’’Decimomannu. Cos’è il Brazilian Jiu Jitsu?Cos’è il Brazilian Jiu Jitsu?La Decimo ’07 riparte dalla prima categoriaLa pallavolo Decimomannu in festa!!!

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DAI COMUNIUna piazza intitolata ad un pilota coraggiosoDecimomannu. Don Beniamino Tola dopo 50anni di Sacerdozio giunge alla meritata nominadi MonsignoreDecimomannu Accoglie il nuovo parroco donAndrea LaneroDecimomannu. Segnali di risveglio spiritualeDecimomannu. Antonio Carta lo spazzacami-no decimese: “Ecco come inventarsi il lavoro”Assemini. Festival di CastrocaroIl cimitero di Villaspeciosa, un monumentonazionale ricco di storiaDecimomannu. 11ma edizione della sagra diSan GiovanniI bambini di Decimoputzu dipingono la naturainsieme all'artista TellasLa cultura dell'accoglienza appartiene aVillaspeciosaAssemini. Festa dei popoli

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LA RIFORMA DELLA SCUOLALa Buona Scuola, un piatto pesante per tuttiIl rapporto insegnante-adolescente a scuolaLa scuola di GramsciIl rapporto insegnante-studenteLa Buona Scuola e la fine della Sicurezza

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CULTURADecimomannu. La festa di Santa Grecadel 1922Villaggio di Arco - Curatoria di DecimoDecimomannu. Fogadoni e Pan’e saba

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s o m m a r i oIl giornale Vulcano ha sede

presso il Circolo Arci Bauhausdi DecimomannuVia Cagliari 22

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Direttore ResponsabileSandro Bandu

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RedattoriAlberto Nioi

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Segretaria di RedazioneMariolina Ricciardi

Hanno collaboratoa questo numero

Greca Pibia, Marco Massa,Monica Atzei, Tonino UsciddaLello Esposito, Attilio Piras,

Teresa Medda, Gino Grassi,Silvana Schirru, Angelo Sanna,

Walter Melis, Ettore Massa, Carmen Corda, Anna Piras,

Antonella Secci, Roberta Mattana,

Sara Saiu, Carlo ContuMaria Rosaria Scalas, Bix

Per le immaginiTomaso Fenu, Mare, Billy

Tonino Uscidda, Antonio Bachis

La foto di copertina è diTomaso Fenu

Finito di impaginare il25.09.2015

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a domicilio.

CHIUNQUEÈ AUTORIZZATO

A RIPORTAREE RIPUBBLICARE

LE NOTIZIE CONTENUTESU VULCANO,

MA DEVE CITARELA FONTE

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i disservizi e il malcostume NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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COMUNE, LEGALITÀ E COMPETENZAQUANDO LE PAROLE NON HANNO UN SENSO

di Carmen Corda

Sarà che frequentare unliceo linguistico ti fa inna-morare delle lingue, delle

parole, di cui scopri l’etimologiae il significato più profondo e io,vi dico la verità, mi sono un po’“fissata” e mi piace ripetere chele parole hanno un senso. Poiarrivano gli anni dell’Università eanche quelli ti plasmano, ti cam-biano. Io sono decisamentefiglia di Scienze Politiche, unpercorso di studi che ti insegnaa leggere il mondo come lovediamo e lo viviamo, il mondocosì com’è e come dovrebbeessere. Sono nate quindi altre“fissazioni”: il rispetto delle rego-le, la legalità, la competenza.Wikipedia (fonte non di alto pro-filo ma, ahimè, largamente con-sultata) definisce il Comunecome "l’Ente Territoriale di base[…] dedicato agli interessi dellapopolazione locale". Più ingenerale, comune, significa"che appartiene ad un determi-nato gruppo di persone […] perlo più ben definito giuridicamen-te e che costituisce pertanto unacomunità" (Treccani). Due defi-nizioni sintetiche e rassicuranti. Qualcuno ci spieghi, dunque,perché invece i “Comuni” ven-gono spesso gestiti alla streguadi aziende private e i cittadiniche vi si rivolgono percepiticome elemento di disturborispetto ad un’attività che nasceproprio per essere al loro servi-zio. A questo capovolgimento diprincipi e obiettivi, ai quali i più sisono rassegnati, ci hanno tal-mente abituati che quasi ci sor-prendiamo della diligenza, cor-rettezza e disponibilità di unimpiegato o funzionario pubblicoperché in questa società indeclino, che disconosce il valoredell’educazione, della formazio-

ne e della competenza, la rego-la diventa eccezione.Ero arrivata ad un impiego pub-blico con molto entusiasmo econ il pesante bagaglio diScienze Politiche: valigioni dinorme, leggi e procedure studia-te a menadito in lunghi anni diimpegno, sacrificio e rinuncia(ad un reddito, per esempio). Ricordo bene l’esame di dirittoamministrativo, lo sguardosevero del professore che midice: mi parli del diritto d’acces-so agli atti della PubblicaAmministrazione. Accenno unsorriso, la so! Certo, bisognaconoscere questo delicatoaspetto del procedimento ammi-nistrativo, altrimenti meglio nonpresentarsi.Poi scopri però che spesso evolentieri si procede nella quasitotale inosservanza dei più ele-mentari principi di trasparenza,legittimità e legalità. La doman-da è la stessa di prima, perché?Risposta: lo abbiamo semprefatto così. Mi fa piacere, se loavessi saputo sarei andata almare in quella calda giornata digiugno e non a sostenere l’esa-me. Sollevo la questione con icolleghi e con l’allora dirigente:riunione, chiarimento, qualchefaccia storta e qualche sorriso inmeno ma, da quel dì…si è pro-ceduto correttamente, non perdare un senso al tempo da me

speso seduta su una sedia astudiare, ma perché esistonodelle norme e ci piacerebbevenissero applicate.Altro ufficio. Un impiegato pocogentile mi contesta la validità diun ISEE correttamente scarica-to, secondo la procedura, dallamia pagina INPS, ma ritenutonon valido perché senza timbroe senza firma. Prego? Tagliocorto, perché la pazienza non èla migliore delle mie virtù ebusso alla porta del responsabi-le dell’ufficio per una spiegazio-ne. Quest’ultimo senza esitare –perché c’è chi il suo lavoro lo safare – posa il regolarissimodocumento sulla scrivania di chiforse realizzava in quel momen-to che oggigiorno si autocertifi-ca, si scaricano comodamenteda casa documenti validissimi espendibilissimi seppur privi ditimbro passato sul tampone e difirma con la penna Bic.Non posso poi dimenticare ilperiodo in cui con la mia famigliacercavamo di assicurare a mianonna l’assistenza sanitaria dicui necessitava con un ricoveroin una RSA. In quel caso si trat-tava di comprendere per qualeragione il Comune competentechiedesse a noi familiari di farcicarico del pagamento dellaretta, in barba alla normativavigente che espressamente lovieta e che vuole che a compar-tecipare sia proprio il Comune.Con l’assistente sociale non eraandata molto bene; forse anchelei non aveva chiaro il suo ruoloche è quello di assistere (sonofissata ve l’ho detto!) chi si trovain stato di bisogno. Ho cercato più volte di incontra-re l’Assessore ai Servizi Socialiper avere spiegazioni su unaDeterminazione che, in ogni suopunto, contrastava con le legginazionali in materia di assisten-za socio-sanitaria. Si è semprenegato – “sta male la mamma” –mi ha fatto dire un giorno dallasegretaria – una frase cheaveva il suono di quel “hodimenticato il quaderno a casa”che dicevamo alla maestraquando non avevamo fatto icompiti. Ridicolo, patetico, ver-gognoso. Uno dei tanti assesso-ri “nientologi” e arroganti postialla guida di assessorati senzanessuna conoscenza dellamateria, senza nessuna compe-tenza e spesso, senza nessunasensibilità, o qualcosa che

possa somigliarvi, e che pertan-to si sottrae ad un confronto e adelle domande alle quali nonsaprebbe rispondere. Ad ogni modo, abbiamo ottenu-to lo scopo: il ricovero senzaparere unanime dei figli e senzache nessuno di loro producessela documentazione relativa alreddito, documentazione cheminacciavano di procurarsi dasoli con indagini patrimoniali cheovviamente non hanno maifatto. Era solo questo infatti, unaminaccia, un vile ricatto per otte-nere l’impegno al pagamento inassenza del quale avrebberonegato il ricovero. Sembra esserci qualcosa chenon va nel sistema di recluta-mento della PubblicaAmministrazione, sia per quantoriguarda gli incarichi amministra-tivi sia per quelli politici.Potrei continuare con numerosiesempi di incompetenza, ineffi-cienza mista a insolenza. Mipiace sottolineare, invece, cheho conosciuto, nel lavoro e nelprivato, anche tante personevalide che fanno il loro lavoroseriamente, con un atteggia-mento opposto a quelli sopradescritti. Non sono “eroi dellaPatria” ma semplicemente per-sone che svolgono il lavoro peril quale sono retribuite.Forse leggendo questo articoloavete pensato: ma capitanotutte a lei? No, capitano anche avoi, capitano a tutti, solo che inpochi manifestano il malconten-to e, se lo fanno, lo fanno male.La lamentela a casa è sterile,quella sui social network anche,serve solo a dare sfogo alla rab-bia del momento e, se va bene,ad ottenere qualche “mi piace”.Individuate invece il responsabi-le, alzate la voce se necessario,“alle brutte” un bell’esposto allaProcura della Repubblica. Nonstate a guardare perché “tantonon serve a niente” e perché“tanto le cose vanno così, nonpenserai di cambiarle tu”!Questa è la posizione, tuttosommato comoda, dietro laquale normalmente ci si trinceraper giustificare l’inerzia. A costodi suonare retorica voglio ricor-dare che siamo cittadini, nonsudditi anche se c’è chi quotidia-namente lavora per convincercidi questo e pare riuscirci piutto-sto bene. Alla lamentela faccia-mo seguire l’azione, diamo testi-monianza positiva dell’esercizio

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Il mio editoriale di questo numero dedicatoalla riforma della Scuola, la tanto discussa“Buona Scuola” aprirà il nostro macro-

argomento che poi sarà sviluppato dagli arti-coli, che troverete nelle pagine più avanti,dei nostri redattori che sono anche inse-gnanti della scuola pubblica, quindi degliaddetti ai lavori, e che inevitabilmente faran-no le pulci a questa riforma.La nostra Giuliana Mallei ci illustrerà nellapagina successiva e a grandi linee, la rifor-ma “Buona Scuola” voluta dal Presidente delConsiglio Matteo Renzi e dal Ministro allaPubblica Istruzione Stefania Giannini, evi-denziando tutte le carenze e i danni chepotrebbe procurare a tutto il sistema scola-stico già provato, negli ultimi anni, dai conti-nui assalti e dagli infiniti tagli finanziari.Questa riforma, secondo gli esperti, darà ildefinitivo colpo di grazia alla scuola italiana:non basta più togliere i finanziamenti ma,siccome si è visto che comunque gli inse-gnanti continuano con abnegazione, milledifficoltà e senso civico a fare il propriomestiere, occorre bloccarli anche dal puntodi vista didattico. Un primo aspetto importante è quello dellaregolarizzazione degli insegnanti precari,un'anomalia tutta italiana, che va avanti dadecenni: l'Italia è la nazione europea con ilnumero più alto di precari e i cui insegnantihanno l'età media più alta. Ora anchel'Europa impone di regolarizzare i quasi150.000 precari. L'Italia si adeguerà per nonincorrere in sanzioni, ma imporrà ai precaridelle condizioni tali da obbligarli a desisteree a lasciare il lavoro per il quale hanno dedi-cato tanti anni di studio e decenni di inse-gnamento da precari.I più giovani, quelli con più entusiasmo eforse quelli meno appesantiti da una compli-cata situazione famigliare, forse partiranno,

ma quelli più avanti con l'età con figli adole-scenti o genitori anziani cosa faranno?Mi chiedo: come può un insegnante precariodi oltre sessant'anni, demotivato e moltospesso depresso (dalla recente indagine diun noto giornale italiano è emerso che lacategoria degli insegnanti è quella più colpi-ta dalla depressione), dare il massimo e gui-dare un ragazzo verso la vita lavorativa chelo attende dopo il suo percorso scolastico?Pensate che molti insegnanti arriverannoalla pensione dopo decenni di precariato;qualcuno c'é già arrivato, dopo aver insegui-to per una vita l'agognato posto in ruolo. Conla nuova riforma si chiederà a molti di loro dilasciare la propria terra e i propri cari perandare a insegnare dall'altra parte dell'Italia;è noto a tutti, infatti, che la stragrande mag-gioranza degli insegnanti precari risiede nelsud d'Italia.Considerando il costo degli affitti, il tenore divita, notoriamente più alto al nord, e il salariodegli insegnanti (circa 1400 euro al mese,tra i più bassi d'Europa, mentre nel nordEuropa lo stipendio è quasi triplicato), ilmorale e l'entusiasmo di trasferirsi non èsicuramente il massimo.Ma la nuova riforma prevede anche altrenovità abbastanza controverse.

Un altro dei punti cardine della nuova rifor-ma, infatti, è il ruolo del massimo dirigentescolastico; si inventa quindi la figura del pre-side-sceriffo che può scegliersi gli insegnan-ti, che può sospenderli e può addiritturalicenziarli, se questi non saranno accondi-scendenti e non rispetteranno le direttiveimposte dall'alto. Ormai i continui tagli impongono agli inse-gnanti di occuparsi anche di incombenzeche nulle hanno a che fare con l'insegna-mento: in nome del risparmio è stato ridottoall'osso l'organico dei collaboratori scolastici,prima si chiamavano bidelli, e pertanto gliinsegnanti debbono seguire gli studentianche in altre mille questioni.Debbono tenere a bada classi numerosissi-me, dove la disciplina e, talvolta, l'educazio-ne sono diventate un optional, e provvedere,quasi, ad accompagnare in bagno i singolistudenti, perché fuori dalle classi potrebberocombinare chissà che cosa e di cui potreb-bero risponderne anche penalmente.Siamo, in poche parole, in una sorta di ditta-tura.Ogni preside può decidere che cosa idocenti dovranno insegnare ai ragazzi,magari cercando di manipolare anche i pro-grammi ministeriali.E tutto ciò è una manna per i nostri gover-nanti perché nel futuro, ma già oggi neabbiamo dei primi riscontri, avremo dellegenerazioni manipolabili, con una formazio-ne culturale limitata e senza nessun sensocritico.Tutto l'opposto del pensiero gramsciano, dicui parla il nostro impareggiabile GianniRallo nel suo articolo a pagina 8, secondocui la scuola veramente democraticadovrebbe sfornare i futuri dirigenti dellanostra società dovrebbe insegnare loro ausare il proprio cervello autonomamente e asviluppare un proprio senso critico che li aiu-tasse a valutare ed analizzare la nostrasocietà. Invece la scuola oggi viene declas-sata e svilita, viene smembrata, viene appo-sitamente dispersa in mille rivoli in modo chei ragazzi vengano convogliati scientifica-mente nei vari settori organizzati dai nostridirigenti politici. Io invito tutti voi a leggere l'articolo di GianniRallo che ci sta trascinando a riprendere e arivalutare Gramsci, un intellettuale sardo,studiato e invidiatoci da tutto il mondo, il cuipensiero politico è veramente trasversale emira semplicemente a elevare la condizionesociale e intellettuale di tutti i cittadini, nes-suno escluso.

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EDITORIALE di Sandro Bandu

di una cittadinanza che non è stata affatto un“regalo”, ma il risultato di una lunga storia dilotte per la conquista di diritti. Esercitiamolifinché ce lo lasceranno fare. Proviamo a

riscoprire il valore dell’educazione, dellaconoscenza e della competenza, della citta-dinanza. Riscoprano i nostri politici il sensodel loro mandato. Ci scontriamo ogni giorno

con un problema educativo molto serio,senza risolvere il quale possiamo salutarequalunque speranza di crescita politica,sociale e culturale.

LA NUOVA RIFORMA

UNA BUONA SCUOLA?DARÀ DAVVERO

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di Giuliana Mallei

Mentre scriviamo, si con-sumano i giorni più con-citati e ricchi di confusio-

ne che la Scuola italiana abbiamai conosciuto: migliaia didocenti stanno rispondendo allachiamata per la tanto desiderataimmissione in ruolo, dopo unavita da precari che dura da dieci,quindici o vent'anni.Ci rendiamo conto che la mag-gior parte degli italiani sentonoparlare di Buona Scuola, preca-riato, immissioni in ruolo, trasfe-rimenti in altra regione e quan-t'altro, ma non comprendonoesattamente di cosa si tratta.Il nostro intento è quello di spie-gare ai lettori di Vulcano, inmodo breve e chiaro, cosa siatutto questo circo mediatico cheva avanti da diversi mesi e cheha creato molta confusione epoca comprensione.Per capire da quale sorgentescaturisce la riforma che il pre-mier Renzi ha denominato“Buona Scuola” dobbiamo fareun balzo indietro di venti anni,quando i posti vacanti per gliinsegnanti erano parecchiemigliaia e ogni anno a fine ago-sto un esercito di precari (o sup-plenti) veniva chiamato a ricopri-re un posto fino al 30 giugno o al31 agosto. Non è mai stato chia-ro il perché i vari governi, didestra e di sinistra, agissero inquesto modo, ossia ricorresserocontinuamente ai contratti atempo determinato e non assu-messero mai a tempo indetermi-

nato(se non pochissime perso-ne per volta). Le disposizionilegislative imponevano che ognidue anni venissero svolti deiconcorsi pubblici, tutti coloro chesuperavano il concorso ottene-vano l'abilitazione all'insegna-mento e avevano il diritto adinserirsi nelle graduatorie pro-vinciali (nella provincia desidera-ta). Con l'andar del tempo i con-corsi sono stati banditi con sem-pre minor frequenza fino ad arri-vare al 1990, anno in cui per idocenti di educazione fisica èstato espletato il loro ultimo con-corso; nel 2000 invece ha avutoluogo l'ultimo concorso per tuttigli altri docenti (insegnanti discuola dell'Infanzia, Primaria,Media e Superiore). Nonostanteciò le immissioni in ruolo sonosempre state poche o pochissi-me, mentre le cattedre vacantierano sempre più vacanti. I varigoverni hanno poi proceduto alridimensionamento della spesapubblica e il primo obiettivo èstato quello di tagliare le spesesulla Scuola pubblica; ecco cheper anni abbiamo assistito allariduzione delle ore di insegna-mento delle diverse discipline,ad esempio si è passati dalle 18ore di lettere per classe allescuole medie, alle 15 o alle 9 (aseconda che vi sia il tempopieno o il tempo normale), diconseguenza un docente di let-tere non hanno avuto più unasola classe ma almeno due. Inoltre i tagli hanno riguardatoanche le stesse scuola, adesempio laddove gli alunni non

raggiungevano il numero mini-mo di 20 la scuola Primaria veni-va chiusa e i bambini trasferitinel paese più vicino. Ciò è statodeterminato dal forte calo demo-grafico che ha interessato diver-se aree della nostra Nazione, trale quali anche le zone internedella nostra isola.Vent'anni fa appunto i precari ini-ziarono una battaglia, dapprimaa mezzo stampa e poi di tipolegale, affinché il governo prov-vedesse ad immettere in ruolosu tutti i posti effettivamentevacanti. I vari governi hannoperò preferito procedere ancoracon le immissioni in ruolo risica-te e con le reiterazioni dei con-tratti a tempo determinatocreando così sempre più preca-riato.Nel 2012, per peggiorare lecose, è stato espletato un nuovoconcorso che ha contribuito acreare speranze illusorie, ma incompenso ha mosso soldi pub-blici per la sua organizzazione.I precari hanno proseguito conle battaglie legali fino a chiedereil parere della Corte Europea, laquale ha dato ragione a questiultimi e ha imposto all'Italia l'im-missione in ruolo di 150 miladocenti (tanti risultavano i postivacanti venti anni fa).La situazione però era mutata e,a causa dei tagli sopra descritti,i posti effettivamente vacantinon rispondevano più a quellacifra. In tanti apprezzano l'operato delpremier Renzi che in pochi mesista portando avanti le riformenecessarie per rimanere inEuropa, ma in fondo questeriforme cosa sono? Trattasi ditagli inesorabili ai servizi che siconcretizzano con i tagli allasanità, alla scuola ai trasportipubblici ecc. con conseguentilicenziamenti e maggiore disoc-cupazione: ce lo chiedel'Europa! Ma l'Europa ha gli ingranaggiche qualche volta si inceppanocome in questo caso: da un latoordina di assumere e, dall'altro,ordina di tagliare. Ecco che allo-ra il governo studia a tavolinouna riforma scolastica che nonvada contro le imposizionidell'Europa e predisponga la piùgrande immissione in ruolo maivista, ma cambia le regole impo-nendo delle difficoltà oggettive ai

diretti interessati e stroncando inessi buona parte delle aspettati-ve.Per essere immessi in ruolo ènecessario fare una domandaattraverso il canale on line delMinistero dell'Istruzione, esseredisposti a cambiare provinciae/o regione con il concretorischio di non tornare mai più nelpaese o regione d'origine.Moltissimi connazionali hannocriticato i docenti italiani chehanno protestato per questoloro atteggiamento di rifiuto, masinceramente come possiamocondannare i precari che media-mente hanno 40/50 anni di età,con delle situazioni familiari giàavviate (figli piccoli, coniugi consituazioni lavorative che nonconsentono loro un trasferimen-to, genitori anziani ecc.)?Queste persone hanno, nellamaggior parte dei casi, unmutuo da pagare e se, da unlato, il ruolo è la manna, il trasfe-rimento in altra regione compor-terebbe un costo abnorme chenon coprirebbe le spese. Già, lespese. In pochi sanno che lo sti-pendio degli insegnanti varia aseconda dell'ordine di scuola;un docente di scuola dell'infan-zia percepisce poco meno di1200 euro al mese, un docentedi scuola Primaria poco meno di1300; un professore di Scuolasecondaria di Primo e SecondoGrado arriva a quasi 1500 euro,ovviamente stiamo parlando distipendi base, ma consideratoche gli scatti di anzianità sonostati aboliti, lo stipendio dei col-leghi con più anni di servizio nonsi differenzia di molto. Pertanto ilsolo affitto nella città di Milano siaggirerebbe intorno al migliaio dieuro, il lettore può facilmentefare il calcolo della non conve-nienza.Ecco il perché della protesta,ecco perché, circa la metà deiprecari sardi, non ha presentatola domanda per l'immissione inruolo, consentendo così algoverno di raggiungere il suoobiettivo: assumere meno per-sone di quelle imposte dallaCorte Europea dimostrandoperò di aver fatto le cose in rego-la.Il lettore potrà affermare che ildocente può sempre chiederetrasferimento e tornare a casa,purtroppo d'ora in avanti non

UN PIATTO PESANTE PER TUTTILA BUONA SCUOLA

la riforma DELLA SCUOLA

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SEMPLICI, MA NON SEMPLICISTICHE, CONSIDERAZIONISULLA TANTO DISCUSSA RIFORMA SCOLASTICA

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sarà così semplice. Infatti tutticoloro che vorranno trasferirsidovranno chiedere di essereinseriti in un albo territoriale, chenon si sa a quale territorio corri-sponda (l'intera regione?L'intera provincia? Mezza pro-vincia?) e sperare di esserescelti da un preside che li possareputare, sulla base del curricu-lum personale, adeguati allapropria scuola.Ecco un altro punto dolente: ilPreside con i pieni poteri. Inbase alla riforma, il Preside avràil potere di assumere, non rinno-vare il contratto ai docenti cheritiene non adeguati, imporreprogetti e controllare la didatticadel docente e potrà scegliersi isuoi collaboratori più stretti, infi-ne potrà decidere chi avrà dirittoall'aumento di stipendio e chi no.Tutti concordano sul fatto che idocenti italiani abbiano uno sti-pendio inadeguato, ma nessungoverno propone l'adeguamen-to ai parametri europei; inoltretutti concordano nell'affermareche i docenti italiani hanno un'e-tà media molto alta, sono tra ipiù anziani d'Europa, ma laFornero ha preteso che restas-sero in servizio per molti anniancora, con conseguente dannoper gli stessi studenti.La riforma tace su un punto che,a nostro avviso, è fondamentalee riguarda il personale ATA.Nessuna disposizione vienepresa per l'assunzione, ormaiimprocrastinabile, dei collabora-tori scolastici, del personale disegreteria e del personale tecni-co addetto ai laboratori. Il lavorodi queste persone è indispensa-bile per il funzionamento dellascuola, ma da molti anni i taglisono stati inesorabili e deleteri enon si verificano assunzioni.Ultimamente è circolata la noti-zia che sarebbe intenzione delgoverno utilizzare tutti gli impie-gati delle ex province propriocome personale ATA. Ciò, sefosse confermato, sarebbe allar-mante e contribuirebbe ad asse-stare un ulteriore colpo mortaleal sistema scolastico. Infatti gliimpiegati delle ex provinceappartengono ad un altro setto-re della pubblica amministrazio-ne che nulla ha a che fare con lascuola; il personale ATA ha dellecompetenze uniche e insostitui-bili e ci auguriamo, per il bene ditutti, che questa idea rimangatale.Vogliamo concludere questonostro articolo facendo notare allettore che la riforma denomina-ta la “Buona Scuola” ha scate-nato una guerra di polemiche, diaccuse, di invettive e di insulti,ma nessuna parola all'internodella riforma riguarda gli studen-ti, nulla è stato predisposto affin-

ché le nostre scuole siano dav-vero migliori, più attrezzate, piùaccoglienti, più accattivanti.Nulla è stato deciso riguardo al

benessere psico fisico di docen-ti, studenti e personale scolasti-co. Le scuole italiane continue-ranno ad essere disadorne,

senza attrezzature, tecnologica-mente inadeguate e senzariuscire a stare al passo conl'Europa.

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la riforma DELLA SCUOLA

di Monica Atzei

La base di partenza per ogni processo edu-cativo è la maturazione del soggetto e ciòconsente al soggetto di acquisire gli appren-

dimenti che permettono il suo sviluppo; in unaprogettazione educativa, come quella tra inse-gnante-adolescente, è necessario assemblaredelle griglie flessibili in cui il linguaggio verbale eil linguaggio non verbale interagiscano continua-mente per creare un buon clima didattico/espe-rienziale. Questo implica un utilizzo di specificistrumenti a supporto delle prestazioni: infatti, essidiventano fondamentali per raggiungere gli obiet-tivi preposti, per migliorare ulteriormente le pro-prie aspettative evidenziando sempre di più lanecessità di creare quel legame tra insegnanti,alunni e il loro quotidiano tenendo conto degliaspetti sociali e personali. Comunicare e comprendersi diventa ogni giornoun’esigenza sempre più sentita, la società e diconseguenza la scuola, sta diventando ogni gior-no più multiculturale e globale; le differenze lega-te alla diversità di razza, cultura, religione maanche status economico e sociale che fino aqualche anno fa erano viste come “svantaggio”diventano ricchezza e pertanto anche l’educazio-ne e la formazione devono essere rivolte allavalorizzazione che caratterizza la società post-industriale e cioè l’utilizzo delle nuove tecnologiedell’informazione e della comunicazione chenella scuola, e nei suoi contesti formativi, sonopiù che mai coinvolti nel processo di trasforma-zione messo in atto dalla introduzione dellenuove tecnologie e di come queste vengono uti-lizzate per formare l’uomo di domani. Infatti lacomunicazione serve a formare gli individui affin-chè siano in grado di affrontare ciò che la socie-tà in continua evoluzione offre loro. Sono molti ifattori che nella scuola influenzano i momenticomunicativi e di conseguenza i momenti cogni-tivi dell’individuo alunno: la cooperazione adesempio, che è caratterizzata da una stretta inte-razione e un costante confronto fra insegnanti ealunni, infatti questa indirizza i discenti verso unmodo di lavorare caratterizzato da accorgimentiche favoriscano l’interazione utilizzando deglistrumenti di condivisione che si creano attraver-so una solida interazione.

La figura dell’insegnante come mediatore trasoggetto e realtà che lo circonda, sollecita il fun-zionamento cognitivo dell’alunno, affinchè risolvada solo i problemi che ogni attività pone.Attualmente la scuola deve orientarsi ad unapedagogia costruttivista ed interattiva, in cui si dàvalore al lavoro di gruppo, cambia, quindi, ancheil concetto di apprendimento che oggi diventa,soprattutto, costruzione ed elaborazione di quan-to appreso. E’con questa ottica di evoluzione chesi inseriscono le nuove metodologie didattiche,che permettono di imparare direttamente dall’e-sperienza e dall’osservazione, attuando il pas-saggio tra l’essere sapiente all’essere agente,coniugando le proprie competenze alle proprieesperienze. Le nuove metodologie permettono diimparare anche su una realtà non osservabilecome ad esempio Internet con la sua nuova inte-razione didattica. Si delinea, allora, come oggi sianecessario formare e formarsi per attuare quel-l’unione pedagogica che serve nella condivisionedelle informazioni e delle conoscenze; il gruppo è“posizionato” sulle abilità di interazione e di orga-nizzazione dei materiali fruibili nella nostra quoti-dianità. In particolare, la capacità di organizzaree gestire attività collaborative implica, da un lato,la conoscenza delle tecnologie più idonee a sup-portare l’interazione e la produzione di strategieche supportano problematiche “ad personam” ,dall’altro la consapevolezza delle dinamicheintrodotte dalla comunicazione mediata cheimplicano aggregazioni di gruppo.Italo Calvino scrive che la parola Educare “ signi-fica introdurre alla realtà e al suo significato l’uo-mo, indirizzandolo a quella libertà che insegni astimare e amare se stessi frutto della nostra tra-dizione culturale in un mondo dove si parla dicapitale umano e di educazione là dove l’educa-zione stessa comporta un rischio ed è semprerapporto tra le due libertà”.Da qui bisogna partire per arrivare al presenteche è di metamorfosi culturale e quindi far capireai nostri ragazzi, futuri uomini, il messaggio che iloro sogni possono concretizzarsi apprendendole varie libertà del Mondo.

L’ADOLESCENTE A SCUOLA“PER CRESCERE UNA

PERSONA HA INNANZI TUTTOBISOGNO DI POTER

ACCEDERE A COSE, LUOGHI,A PROCESSI, A EVENTI E A

DOCUMENTI. HA BISOGNO DIVEDERE, DI TOCCARE, DI

ARMEGGIARE, DI COGLIERETUTTO CIÒ CHE UN AMBIENTE

SIGNIFICATIVO CONTIENE”(IVAN ILLICH)

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la riforma DELLA SCUOLA

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di Gianni Rallo

Èpiuttosto difficile, in unafase storica delicata epericolosa come questa,

riflettere sulla scuola, su sueeventuali riforme o sul suo stes-so significato. Ed ancora più dif-ficile qualora si rinunci – o non sisappia - porre la questione nel-l’ottica più utile ad una sua realecomprensione. Questo, per laverità, è vero per qualunque dis-corso serio.Anche nel caso della scuola ilrischio è di appoggiare punti divista – e conseguenti azioni poli-tiche – che non ricalcano l’inte-resse generale ma quello dipochi, solitamente i più ricchi epotenti. Noi, che non abbiamo la pretesad’avere la verità in tasca né dipoter dire alcunché di definitivo,preferiamo appoggiarci alpotente pensiero di un grandeuomo: grande nel suo percorsopolitico e grande nel suo corag-gio di lasciarsi uccidere piuttostoche asservirsi ai potenti del suotempo, sport particolarmente dif-fuso, peraltro, in ogni tempo.Antonio Gramsci - è di lui cheparliamo e parleremo ancora -ha illuminato con l’acutezza delsuo pensiero vaste aree delnostro essere, noi uomini, ani-mali “politici”. Raramente lo sipuò definire un “uomo di parte”dato che le sue analisi si basanosu pilastri concettuali che nonriguardano solo questa o quellaclasse sociale, ma la naturastessa del vivere sociale (la poli-tica, appunto). Gramsci non ha

mai accettato acriticamente ilpensiero altrui, anche grande(Marx, Lenin, Croce, etc.), ma loha sempre ri-letto alla luce diuna sua ampia, profonda e origi-nale analisi di base. Questo vale anche per la scuo-la, di cui, in alcuni dei suoi scrit-ti, si è occupato in modo specifi-co. Il concetto che bisogna tenereben presente per seguirlo nelsuo ragionamento è quello diegemonia: sempre, nel corsodella storia (anche ora, quindi),le classi dominanti hanno impo-sto alle classi dominate, peramore o per forza, il propriopunto di vista, i propri valori, ipropri interessi. La forza e/o lacultura (attraverso gli intellettua-li, per lo più “comprati” o ade-guatamente “formati”) sonosempre stati gli strumenti princi-pali. Quando le classi sottomes-se accettano questa cultura e,anzi, la fanno propria non ren-dendosi conto che rispecchiainteressi ben diversi (e spessocontrari) ai loro, si parla di ege-monia. È facile capire che proprio lascuola è il luogo dove, in modopiù sistematico, questa egemo-nia, diventata “pensiero unico”,passa di generazione in genera-zione, perpetuando in modocondiviso, perché parte dellaformazione dei nuovi cittadini,anche il sistema che quel pen-siero ha prodotto.Analizzando la scuola postunita-ria immaginata da Casati nel1859, Gramsci, esaltandonel’efficacia educativa (latino,greco, molto studio, pugno diferro, importanza del docente,

etc.), rileva come tale risultatofosse dovuto al fatto che a queltempo i valori di questo tipo dieducazione erano condivisi dal-l’intera società, sebbene il realeobiettivo fosse quello di formarele nuove classi dirigenti: cioè, insostanza, vi era consonanza diintenti tra la società e la scuola.Da qui l’efficacia di quel sistemaeducativo. Analizzando, poi, lariforma fascista di Gentile del1923 - nascita delle scuole pri-vate, introduzione della religionealle elementari, più latino e,soprattutto, istituzione dellescuole professionali – mette inevidenza come anche quellariforma rispecchiasse una certaottica dominante: l’alta cultura alservizio dei futuri dirigenti, l’ad-destramento al lavoro per leclassi più umili (non per nullaquesto tipo di formazione dipen-deva dal Ministero del Lavoro).A questo punto Gramsci si sof-ferma su una riflessione fonda-mentale per seguire il filo di undiscorso apparentemente diffici-le: il ruolo del lavoro nelle socie-tà di ogni tempo, e specialmen-te in quelle pre-industriali (inquelle industriali il lavoro stascomparendo, sostituito dallatecnologia). Ricordando comenelle scuole elementari dellascuola postunitaria si insegnas-sero fondamentalmente le leggidella natura e quelle del convi-vere civile (diritti e doveri),Gramsci definisce il lavoro comel’indispensabile trasformazionedella natura da parte dell’uomo,nel rispetto, però, delle leggi fisi-che e di quelle sociali. Per fareun esempio: trasformare lanatura sì, ma non fino a distrug-

gerla non rispettando le sueleggi; lavorare si deve ma nonfino a morirne o essendo sfrutta-ti da chi ha il potere di farlo. Ilperfetto equilibrio tra natura esocietà si ottiene, per Gramsci,dalla consapevolezza di come,durante la storia passata, que-sto equilibrio sia stato possibileo sia stato, invece, infranto. Laconoscenza storica porta al libe-ro rispetto di regole che non èconveniente, per la società inte-ra, contraddire (non per pochisingoli che trarrebbero, invece,beneficio da quella trasgressio-ne: il che oggi avviene, si pensialle trivellazioni, ai vari MUOS,agli OGM, etc., alla faccia delrispetto per una natura in sem-pre maggiore difficoltà). Questoè l’idea di libertà che la scuoladovrebbe trasmettere: agire nelrispetto di regole riconosciutespontaneamente come neces-sarie all’intero sistema sociale.Solo un’educazione attenta allastoria, alla continuità tra passatoe presente in funzione del futuropuò creare il cittadino responsa-bile e veramente attivo in sensopolitico, cioè capace di scegliereda chi farsi governare e in chedirezione. Ora, continua Gramsci, unascuola secondaria che si fram-menti in rivoli specialistici divario genere indebolendo la for-mazione della persona umana afavore dell’addestramento aduna qualche mansione lavorati-va non è una scuola democrati-ca: la quale deve – o dovrebbe– fornire gratuitamente ai cittadi-ni la formazione per diventareanch’essi governanti piuttostoche semplici operatori di settore.

LA SCUOLA DI GRAMSCIIN UN MOMENTO DI GRANDE

CONFUSIONE SU PARECCHIEQUESTIONI VITALI – COME

“DEMOCRAZIA”, “CRESCITA”,“RUOLO E SENSO DELLA

POLITICA”, “VALORI COSTITU-ZIONALI”, ETC. – È DIFFICILERAGIONARE ANCHE SULLA

SCUOLA, SUL SUO DESTINO,SUI SUOI COMPITI, SULLA SUA

STESSA POSSIBILITÀ DICONTINUARE AD ESSERE

STRUMENTO DI VERADEMOCRAZIA; PARE

IMPORTANTE, PERCIÒ, RIFARSIALLA LUCIDITÀ SENZA TEMPO

DI UN GRANDE PENSATORE

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Se volete possiamo dirla conaltri termini, sempre gramsciani:la scuola democratica è quella“disinteressata”, che coltiva lamente umana secondo i metodie i procedimenti di cui la suanatura ha bisogno con lo scopodi fornire fondamentali strumen-ti di critica autonoma a tutti i cit-tadini. Semplificare, specializza-re, sfrondare, promuovere a tuttii costi, sminuire la funzionedocente, ridurre i fondi destinatialla scuola, mantenere classipollaio, etc. va da un’altra parte,parrebbe. La libertà costa la fatica di unduro percorso (studiare è unautentico “mestiere”, dicevaGramsci, e richiede fatica edapplicazione), alleggerire ecces-sivamente la capacità formativadi questa fatica significa, di fatto,ridurre la libertà critica finale.Ma se tale libertà critica vieneesercitata all’interno di una visio-ne del mondo imposta dall’ege-monia culturale delle classidominanti, non potrà che ribadir-ne i principi e i valori. Se il capi-talismo riesce, poniamo, adimporsi come l’unico sistemaeconomico possibile, se l’attualesballata idea di austerità potràcontinuare a macinare legal-mente vite su vite in nome deldio denaro, se continuerà aparere ovvio che a comandaresia la finanza e non la politicaattraverso le volontà popolari,quale libertà critica potrà essereesercitata nel nome di una vitamigliore per tutti (scopo verodella politica, tra l’altro)? Si con-tinueranno a confezionare ipo-criti e smielati discorsi sullademocrazie e sui valori dellaCostituzione (modificata e, difatto annullata, tra l’altro: vedasil’art. 81 sul pareggio di bilancio)e tutto continuerà come se nien-te fosse.Proprio per questo motivo,Gramsci immaginava la rivolu-zionaria necessità di costruireuna visione del mondo alternati-va a quella capitalistica – faparte, d’altronde, dei meccani-smi della storia -, una visionenata dai valori e dagli interessi ditutti coloro che dal capitalismosono schiacciati e divorati.Questa nuova visione delmondo può nascere solo da unastretta intesa e collaborazionedelle classi lavoratrici con intel-lettuali (non certo quelli dei talkshow e dei mass media straven-duti, per intenderci) che devononascere dal suo interno, comedal suo interno deve nascere,sempre secondo Gramsci, ilpartito che deve affermare que-sta nuova egemonia (questadoveva essere la missione delPCd’I, secondo il suo fondato-re).

Ora mi pare, per concludere,che una scuola disastrata,appositamente disastrata, comequella che si sta configurandoabbia il preciso scopo di impedi-re proprio la nascita di quel tipodi intellettuali, mentre il tipo diintellettuale cash va, mi pare, aruba.

Riflettete, vi prego, su questesemplici questioni: può esserviuna scuola “disinteressata” inuna società dove a dettare leleggi sono gli interessi privati –e/o mafiosi – piuttosto che quel-li pubblici? Quale vi pare sia oggi il principioeducativo della scuola? O

meglio: la società e la scuolaremano nella stessa direzione?Non è che si educa, in generale,all’individualismo più consumi-sticamente ottuso perché siteme, per i motivi che abbiamovisti, la conoscenza dei processistorici e la loro capacità di acui-re il senso critico?

di Monica Atzei

L’insegnamento è un qualcosa di universale.I genitori insegnano ai figli, i datori di lavoroinsegnano ai loro impiegati, gli insegnanti

insegnano agli alunni. Gli adulti, e anche gli insegnanti, dedicano vera-mente tanto tempo all’educazione dei giovani. E’certamente gratificante, per un genitore o uninsegnante, poter contribuire alla crescita di unragazzo, poter dire che una parte di se stessi èservita per arricchire e curare un'altra persona.Un prolungamento del nostro essere.Specialmente a scuola è una grande soddisfa-zione vedere un ragazzo trarre da un insegna-mento degli elementi che possano permettergli diespandere la conoscenza del mondo che lo cir-conda e di accrescere il suo bagaglio culturale.Ma sappiamo, ( ed io in prima persona!), comeinsegnare possa essere anche frustrante e delu-dente; tante volte gli insegnanti scoprono chel’entusiasmo di insegnare ciò che reputanoimportante non suscita nei ragazzi l’entusiasmoad apprendere. Al contrario, incontrano una osti-nata resistenza, una scarsa motivazione, disinte-resse e a volte, ostilità.

Quando si verificano queste situazioni, allora nonc’è nulla che l’insegnante possa tentare, tantomeno ripetere le “famose” frasi: "E’ per il tuobene", " Con le tue capacità, potresti impegnartidi più" ecc. Quando i ragazzi, apparentementesenza motivo, si rifiutano di imparare ciò che noiadulti, vogliamo insegnare, allora l’insegnamentonon è più gratificante Anzi può procurare insod-disfazione e a volte anche risentimento nei con-fronti dell’allievo.Ma cos’è allora che rende diverso l’insegnamen-to che funziona da quello che fallisce?Certamente ci sono molti fattori che influisconosul risultato finale. Un fattore influisce in manierarilevante, cioè il grado di capacità dell’insegnan-te nello stabilire un determinato rapporto con glistudenti.E’ proprio la qualità di questo rapporto che èdeterminante. Quindi ancor più importante di ciòche si sta insegnando è il modo in cui l’insegna-mento viene impartito e a chi è rivolto, questoavviene quando si acquisiscono le competenzeinterpersonali necessarie per stabilire dei buonirapporti.Nel prossimo articolo vedremo alcuni aspettiessenziali di questo rapporto.

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la riforma DELLA SCUOLA

IL RAPPORTOINSEGNANTE-STUDENTE

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La Buona Scuola è Pessima anche perquanto riguarda la sicurezza dei ragaz-zi nei locali scolastici. Ci siamo mai

chiesti: chi vigila su nostro figlio quandochiede di andare in bagno durante l'ora dilezione? Infatti il bambino, per raggiungerela toilette, esce dall'aula e percorre un corri-doio nel quale può inciampare; può essereattratto da un oggetto potenzialmente peri-coloso (un ombrello, l'estintore, ecc.); puòsentirsi male in bagno e chiedere aiuto; puòincontrare altri bambini, appartenenti ad altreclassi, che a loro volta vanno alla toilette, econ loro potrebbe avere l'idea di uscire dallascuola, oppure possono litigare tra loro efarsi male. Tenuto conto che le maestre, o iprofessori , non possono lasciare l'aula, chivigila affinché tutto ciò non accada? Larisposta è semplice: il collaboratore scolasti-co (ex bidello). Per la verità al collaboratorescolastico spettano anche altre incombenze(oltre a quella appena descritta che è la piùimportante), egli deve rispondere al telefono,aprire la porta quando suonano al campa-nello (dopo aver controllato che la personapuò accedere ai locali scolastici), chiamare isoccorsi in caso di guasto tecnico, comuni-care con la segreteria scolastica, avvisare igenitori qualora un bambino stia male ascuola, infine: apre la scuola e la richiude.In virtù della riforma questa figura viene svi-lita della sua importanza. Infatti la BuonaScuola prevede che se un collaboratore sco-lastico si assenta non può essere sostituitonei primi 7 giorni di assenza, quindi per settelunghi giorni i bambini sono in pericolo! Ineffetti i bambini sono in pericolo anche se ilcollaboratore si assenta per un solo giorno,

ma al Ministro questo non interessa.Partiamo da esempi concreti, di casa nostra.Nel nostro territorio sono presenti edifici sco-lastici strutturati in due piani o in padiglionisingoli, il collaboratore scolastico è unico pertutto l'edificio (laddove i collaboratoti sonodue è perché la scuola è a tempo pieno, masvolgono il loro servizio in due turni diversi).Se il collaboratore si ammala, chi apre lascuola? Un altro collaboratore che, abban-donata la propria sede di servizio, raggiungeil plesso del collega ammalato e lo apre,subito dopo torna al suo posto. I bambini oragazzi entrano a scuola senza vigilanza,allo sbaraglio.Come farebbero in Parlamento senza iCommessi? Come farebbero i politici senzai portaborse? Guai a tagliare i fondi per i pri-vilegi della Casta, ma per i nostri ragazzi isoldi non ci sonomai. Nella storiadella Scuola è capi-tato spesso che ibambini o ragazzi, inmomenti di litigio, sisiano feriti grave-mente, ma il prontointervento dei colla-boratori ha evitato ilpeggio. Di chi saràla colpa d'ora inavanti se i nostribambini si ferirannoe nessuno sarà lì asoccorrerli? Un discorso analo-go va fatto per il per-sonale di segreteria,

già ridotto all'osso, ma con la riforma, ulte-riormente penalizzato. Senza gli impiegatidella segreteria non è possibile avere certifi-cati, effettuare iscrizioni, chiedere informa-zioni, ottenere documenti personali ecc.Il Dirigente Scolastico Regionale, FancescoFeliziani, si è detto pronto a nominare inderoga altri collaboratori scolastici e impie-gati, aspetta che i Dirigenti Scolastici segna-lino le necessità. Speriamo che i Dirigenticolgano l'invito e rispondano con umiltà,chiedendo altri collaboratori e impiegati. Ciauguriamo, per il bene dei nostri figli, che iPresidi non vengano folgorati dall'inutilesolerzia di voler dimostrare di essere piùbravi di altri sperando in una promozione(non meritata), ma ottenuta sulla pelle deibambini!

la riforma DELLA SCUOLA

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LA BUONA SCUOLA E LA FINEDELLA SICUREZZA

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l’economia agro pastorale SARDA È IN PERICOLO

UNA TERRIBILEMALATTIA VIRALE

STA UCCIDENDOLENTAMENTE LE

PECORE E LECAPRE SARDE,

LA PASTORIZIA È INGINOCCHIO.

NON POSSIAMO IGNORARE

L'INCALCOLABILEDANNO AL SETTO-

RE TRAINANTEDELLA NOSTRA

ECONOMIA

di Giuliana Mallei

L'economia nazionale,come ben sappiamo, è inforte crisi da qualche anno;

il settore trainante della nostraeconomia è l'agricoltura.Sempre più spesso la nostraattenzione viene catturata danotizie positive che riguardanoquesto settore. Nonostante ciò,le politiche nazionali e comunita-rie non tutelano in modo ade-guato il comparto agricolo espesso scordano, o più sempli-cemente sottovalutano, il poten-ziale economico con ricaduteoccupazionali proprie di questosettore. In particolare laSardegna vanta cifre di tuttorispetto relative all'agricoltura eall'allevamento, specie ovi-caprino (oltre che suino, bovinoed equino). Chi scrive ha l'onoredi essere stato contattato daoperatori nel settore dell'alleva-mento ovi-caprino al fine di par-lare di un serio problema che hacolpito il bestiame di questa spe-cie. Una malattia si è diffusa trale pecore e le capre e lentamen-te le sta portando alla morte,mettendo in ginocchio le azien-

de agricole, con seria compro-missione della produzione latteo– casearia e della carne.La malattia, nota col nome diVisna Maedi (per le pecore) eCAEV (per le capre), è prove-niente dall'Islanda ed è giunta inItalia attraverso importazioni diovini provenienti dalla Germaniache erano infetti in modo asinto-matico.. Questa malattia è con-tagiosa e di origine virale, lasegnalazione della sua esisten-za è avvenuta nel 1974, ma ilvirus è stato isolato nel 1980. Ilvirus si trasmette di madre infiglio prevalentemente attraver-so l'allattamento, ma ancheattraverso il sangue, per viaaerogena e lambitura. La malat-tia si presenta dopo un periododi incubazione di 2-3 anni e sipresenta negli animali adultisotto forma di artrite, mastite,polmonite e provoca un genera-le decadimento fisico, l'animaleinvecchia precocemente, hadegli aborti spontanei, riduce laproduzione lattea; talvolta, mapiù raramente, nei capretti daidue ai sei mesi di età la malattiacompare sotto forma di encefali-te con conseguente paralisi

degli arti posteriori e tetraplagiacon esito letale. Attualmentenon esiste un vaccino, ma solocure antibiotiche che finorahanno contenuto il problemasenza risolverlo. Le misure adottate in tuttaEuropa si differenziano in baseal genotipo della malattia ehanno dato ottimi risultati laddo-ve è stato approntato un serioprotocollo sulla base di studispecifici del settore. Purtropponon si può dire altrettanto per laSardegna che negli ultimi 15/10anni ha varato dei protocolli,esclusivamente per il settorecaprino, poco mirati che spessosi sono rivelati inapplicabili ecomunque insufficienti. Solo direcente l'attenzione è stata rivol-ta anche agli ovini.Data l'enorme importanza del-l'argomento, Vulcano si proponedi affrontarlo in modo adeguatoe approfondito nel prossimonumero, dando voce agli alleva-tori ovi-caprini e cercando dicomprendere le ragioni dellalentezza negli interventi. Nel mese di agosto è stato dis-posto in via definitiva che il rego-lamento (CE) 21/2004 venga

obbligatoriamente attuato. Essoprevede l'istituzione dell'anagra-fe ovi-caprina, ogni singolo capodovrà essere indentificato elet-tronicamente e registrato. Tuttigli animali nati a partire dal 1°gennaio 2010 dovranno essereidentificati attraverso l'apposizio-ne di due mezzi: uno convenzio-nale e uno elettronico. Fino adora era obbligatoria solo la regi-strazione nel Registro d'aziendadei codici identificativi degli ani-mali presenti in azienda. Leaziende avranno tempo fino alprossimo 30 novembre pereffettuare l'identificazione elet-tronica dei capi; a tal propositola Regione Sardegna, attraver-so la Misura 131 del PSR, hadisposto il finanziamento per lacopertura delle spese per taleregistrazione. I numeri sonoesponenziali, infatti si tratta diregistrare 3 milioni e 269 mila e688 capi di bestiame ( di cui ben3milioni e 28 mila 373 pecore, e241 mila e 315 capre).E' importante specificare che lamalattia non è trasmissibileall'uomo, ma ciò non di menodeve essere assolutamentedebellata.

DELLE PECORE E DELLE CAPRELA STRAGE SILENZIOSA

Page 12: Vulcano n° 85

Il sindacoGiacomo

Porcu con ilsuo vice

Michela Mua- foto di Mare

la politica locale UTA

12 n. 85 www.vulcanonews.it

di Giuliana Mallei

Atre mesi dall’elezione, abbiamo incon-trato il sindaco di Uta, Giacomo Porcu,e il vicesindaco, Michela Mua, abbia-

mo chiesto loro di fare un bilancio di questoprimissimo periodo.

Quale è stato il primo cambiamento cheavete introdotto?Il primo atto di cambiamento ha riguardatogli orari di apertura al pubblico degli ufficicomunali, la mattina è aperto dalle 8,30 alle10,30 e nel pomeriggio, a rotazione, gli uffi-ci sono aperti sempre; inoltre è possibileaccedere agli uffici tecnici anche su appun-tamento.Da tanti anni la popolazione chiedeva divariare l’orario dell’apertura per renderlo piùconsono alle esigenze delle famiglie e deilavoratori, noi lo abbiamo fatto subito senzatrovare la minima difficoltà.Infine abbiamo approvato il Bilancio diPrevisione nei termini previsti dalla legge e cisiamo così messi in linea con quanto previ-sto dalla normativa. Quali saranno i prossimi provvedimentiurgenti da attuare?Ci sta molto a cuore la riprogrammazionedella pulizia urbana ed extraurbana dellestrade. Nei primi mesi ci siamo dedicati acontrastare le discariche abusive createlungo le strade da coloro che, molto furbe-scamente, lasciavano immondizia ovunque.Qualcuno lo abbiamo identificato e sanzio-

nato, intendiamo continuare così perché l’in-civiltà va punita. Inoltre – interviene il vicesindaco- intendia-mo valorizzare gli spazi verdi coinvolgendo icittadini in modo attivo, in poche parole vor-remmo che i cittadini si occupassero di gesti-re il verde pubblico delle piazzette e/ o delleaiuole sulla base delle linee guida che ilComune stesso darà. Ci piacerebbe studia-re un percorso verde comune a tutto il paesecon piante officinali o altro, ma che rispettinoun itinerario tematico. In questo modo ognu-no si sentirà direttamente interessato e saràincentivato a rispettare la pulizia e a farlarispettare.Attualmente chi si occupa della puliziadelle strade urbane?Il Comune ha una convenzione con unasocietà privata per la manutenzione dellearterie urbane più importanti (quattro o cin-que strade in tutto), il resto viene curato daglioperai comunali che sono solo cinque.Intendiamo rivedere la convenzione con gliesterni in modo tale che la pulizia avvenga arotazione, non sempre nelle stesse strade,ovviamente cinque operai comunali sonopochi per un paese molto esteso come Uta.Avete effettuato una ricognizione dellerisorse comunali?Certamente. Abbiamo potuto chiudere ilbilancio in seguito alla verifica dei vari capi-toli. Per questo motivo possiamo già direche, a breve, ripartirà il cantiere di restaurodelle scuole elementari “Garibaldi” e saràchiuso solo a lavori ultimati; provvederemo

alla pulizia dei canali primadell’autunno,;effettueremo opere di puliziastraordinaria e abbiamo avviato un proficuolavoro con i Comuni limitrofi per la valutazio-ne del rischio idro geologico.Ci sono novità riguardo alle tanto dis-cusse Fasce Fluviali?In merito al Piano stralcio delle fasce fluviali,abbiamo preso contatti con l’Autorità diBacino e l’Assessorato ai Lavori Pubblici.Abbiamo proposto una verifica dei piani quo-tati, dal momento che la stessa autorità haconfermato la presenza di quote che identi-ficano un rischio minore, per alcunearee,rispetto a quelle del piano stralcio.Abbiamo coinvolto i paesi limitrofi per coor-dinarci in merito alle opere di mitigazione delrischio relativo al territorio del Fluminimannu,dal momento che sarebbe opportuno avereuna posizione unica per un problema di fattocondiviso nel territorio. Questa disponibilità èil frutto di un nuovo modo di approcciarci alleIstituzioni regionali, assumendo, da partenostra, una posizione dialogante e basatasu dati oggettivi e fondati scientificamente.Quali sono i rapporti con le opposizioni?Diciamo che forse non hanno ancora elabo-rato il lutto della sconfitta, ci teniamo a preci-sare che li consideriamo come una mino-ranza consiliare, quindi consiglieri a tutti glieffetti, il termine “opposizione” è pococostruttivo. Purtroppo però, da parte loro,non vi è stata fino ad ora una proposta alter-nativa valida , addirittura non si sono pre-sentati alla riunione di consiglio in cui si

A RUOTA LIBERA CON IL SINDACOE IL VICESINDACO DI UTA

A TRE MESI DALLE ELEZIONI CHE HANNO DECRETATO L'ELEZIONEA SINDACO DI GIACOMO PORCU, FACCIAMO UN PICCOLO BILANCIO

DELL'OPERATO CON I DIRETTI INTERESSATI

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doveva approvare il bilancio.Come tenete informata la popolazioneriguardo al vostro operato?Il nostro dialogo è continuo e cerchiamoperennemente occasioni di incontro per par-lare e comunicare. Il 6 agosto ha avutoluogo il primo incontro tra amministratori ecittadini al di fuori delle mura del Municipio,abbiamo raccontato quelle che sono state lenostre iniziative in questo primissimo perio-do. E’ stato bello e interessante anche per-ché era presente la minoranza e abbiamocosì potuto discutere e ribattere in pubblico.Ad esempio è stato possibile rendere pub-blica la notizia che intendiamo risparmiarecon la spesa pubblica e la prima cosa cheabbiamo fatto è stata quella di sottoscrivereun nuovo contratto telefonico con Telecomche ci consente una riduzione di spesa diben 17 mila euro annui.Inoltre non perdiamo occasione di creare ini-ziative che coinvolgano tutta la popolazionein modo attivo, come la pulizia del piazzaleantistante la chiesetta di Santa Lucia in mon-tagna (100 bustoni di immondizia raccolti).Questo tipo di iniziative stanno proseguendoin modo spontaneo, infatti anche il camposportivo e il parco di Santa Maria sono statiripuliti.Come sono i rapporti con le altre istitu-zioni, come Parrocchia, Carabinieri,Scuola?Fin da subito, abbiamo instaurato un rappor-to di reciproca collaborazione di tipo concre-to. All’indomani della nostra elezione cisiamo recati in visita, per un doveroso salu-to, sia in Parrocchia col parroco donFerdinando; che nella caserma deiCarabinieri e anche presso la Scuola doveabbiamo portato il nostro saluto alla Preside,ma anche ai bambini e ragazzi dei tre ordinidi Scuola.Con la Scuola in particolare intendiamo apri-re un dialogo privilegiato, il coinvolgimentodei cittadini e la loro sensibilizzazione versola cosa pubblica deve avvenire fin da subito.Quindi la Cultura ha per voi un ruolo fon-damentale.Certamente! La Cultura che si apprende neibanchi di Scuola deve raggiungere il suoperfezionamento nella società, ci piacereb-be infatti riuscire ad aprire una Scuola Civicadi Musica, incentivare lo sport a tutti i livelli edi diverse tipologie e moltiplicare gli eventi ele iniziative di aggregazione come quella chesi svolgerà stasera.Di cosa si tratta?Abbiamo voluto rievocare “Sa Passillada”,ossia la passeggiata alla quale eravamo abi-tuati fino a qualche decennio fa. Gli utesiusavano uscire la sera per una passeggiatalungo la strada principale per incontrarsi echiacchierare. Noi stasera, con il preziosocontributo di tutte le attività commerciali, invi-tiamo gli utesi ad uscire a piedi e goderedella reciproca compagnia, degustando piat-ti e prodotti tipici, bevendo qualche bicchieredi sangria o altra bibita e ascoltando i con-certi musicali di musica dal vivo lungo il per-corso. Ci piace l’idea di una Rambla utese instile barcellonese.

Non ci rimane che augurare al Sindaco ealla sua giovane amministrazione di conser-vare questo entusiasmo per tutto il mandato.Buon lavoro!

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dai comuni DECIMOMANNU

di Tonino Uscidda

Una figura non da poco quella diFerruccio Serafini (Falcade,Belluno, 20 gennaio 1920 – Cagliari

fraz. Macchiareddu, 22 luglio 1943), ser-gente aviatore del 51° stormo “Gatto nero”nel corso del secondo conflitto mondiale.Personalmente non ritengo Serafini unsuperuomo ne un eroe e nemmeno ungrande asso della specialità caccia (7 neltotale, dall’inizio delle ostilità, i velivoliabbattuti dal pilota veneto, di stanza nelcorso dei primi sette mesi del 1943 pressol’aeroporto di Monserrato). Il falcadino -già buon corridore ciclista verso la metàdegli anni 30’ - è stato semplicemente unotra i tanti indomiti combattenti dell’aria cheperdettero la vita (il fratello ufficiale pilotaperì in volo di addestramento sul finire del1939) in Sardegna a seguito degli aspricombattimenti giornalieri con preponde-ranti forze aeree anglo-americane in mis-sione d’attacco da un capo all’altrodell’Isola. Una fase della guerra, quella,particolarmente cruenta per le forzedell’Asse; la fase che precedette il fatidico,sciagurato, disastro tutto italiano (…) dell’8settembre del 43’.A lui, Ferruccio Serafini - Medaglia d’Oro alV.M. alla memoria - è stata intitolata lanuova piazza (affacciata sull’ampio parcopubblico sottostante) che si trova in viaTirso, un quartiere nei pressi della stazioneferroviaria.La cerimonia di intitolazione, con la ritualescoperta della targa cittadina e la deposi-zione della tradizionale corona d’alloro almonumento eretto dal Comune (una lastradi pietra grigia anticata, con sovra incise legeneralità del 23enne militare caduto nel-

l’assolvimento del dovere), si è svolta lamattina di mercoledì 22 luglio alla presen-za di autorità civili, militari e di una nutritacornice di cittadini. Fonti militari della base non escludono chein un prossimo futuro potrebbe essere -niente poco di meno - collocato nel parcopubblico attiguo alla piazza anche unaereo da caccia Aermacchi C.205 ‘’Veltro’’,analogo a quello sul quale combatté emori Serafini in quella rovente estate del43’."Con l’intitolazione di questa piazza (e delparco), un luogo frequentato anche daigiovani, il ricordo di Serafini potrà essereda stimolo ed esempio per nobili motiva-zioni" (…) Lo speriamo vivamente colon-nello Maurizio Martorano - comandantedella base di Decimo - visto che il signifi-cato e i valori che emergono anche daquesta lontanissima vicenda bellica sonofondamentali in una società come lanostra ammaliata per lo più da effimeri efalsi modelli di pensiero e di vita. AncheAnna Paola Marongiu - sindaco diDecimomannu - ha posto l’accento oltreche sull’importanza dell’evento "..Sul signi-ficato profondamente socio educativo cheesso implica". Altroché: sacrificio, amoredel prossimo, senso del dovere e del ser-vizio sono valori profondi che formano unuomo e una donna e li aiutano a ‘’tenere’’nella vita, a costruire famiglie vere. La manifestazione si è conclusa all’internodel Centro socio culturale di vico IsBagantinus dove è stata ricordata somma-riamente la figura del giovane indomitoaviatore; a seguire la breve apprezzataesibizione musicale della banda dellaBrigata Sassari e un sobrio rinfresco.

UNA PIAZZA INTITOLATA AD UNPILOTA CORAGGIOSOL’OMAGGIO DI DECIMOMANNU, LO SCORSO 22 LUGLIO,AD UN AVIATORE ABILE E VALOROSO DELLA SECONDA

GUERRA MONDIALE CHE COMBATTÉ SUL FRONTEMEDITERRANEO. FERRUCCIO SERAFINI: INSIGNITO DI

MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE ALLA MEMORIA

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dai comuni DECIMOMANNU

di Roberta Mattana

In un mondo in cui l'egoismo ed il materia-lismo sono imperanti, dove tutto ciò chedanneggia è ormai lecito ed i veri valori

digradano, dove l'ingiustizia ha preso ilsopravvento e gli oppressi elevano le pro-prie grida al Signore......In un piccolo paesino di questo mondo èstato concesso un grande dono dall'Alto, aDecimomannu il 4 Luglio 2015 ha compiuto50 anni di Sacerdozio Don Beniamino Tola,un piccolo uomo, tanto umile e buono, quan-to forte e grintoso. “Ricordo la prima voltache lo conobbi” dicono i suoi figli spirituali,“mi accolse con dolcezza e grande amore,usò parole di conforto tali, che alleggerironoi pesi del mio cuore, non mi volli più separa-re da lui”. Tutto pieno dell'Amore di Dio ed asua volta innamorato di Dio! Un uomo cari-smatico che nel suo percorso ha dovutoaffrontare non pochi e gravosi ostacoli.......Ma il passato deve vivere nel passato perpoter generare quel perdono capace di per-

durare nel presente e nel futuro!E Don Beniamino conosce bene la potenzadi questo piccolo termine: “perdono”, egliinfatti è un uomo di pace che dona pace, unuomo capace di perdonare e di chiedereperdono, peculiarità questa, che appartienesolo a chi è insigne come lui! In questo articolo mi piace anche ricordareun singolare episodio che riguarda DonBeniamino, risale a quando egli era unbimbo, aveva appena cinque anni e si tro-vava a casa ammalato, gli diedero un librici-no su San Salvatore da Horta, grande Santoche Don Beniamino amava fin da piccolo.Naturalmente a quell'età Don Beniamino,non aveva ancora imparato a leggere e silimitava ad osservare le figure. Il Santo subìun' ingiustizia e Don Beniamino non poten-dolo tollerare, pasticciò con una penna coluiche causò dolore al povero Santo. Questoepisodio denota la grande personalità diDon Beniamino, la sua grinta ed il suo vigo-re, ma anche il suo magistrale ideale di giu-stizia e verità!

“Egli ha svolto la sua missione di sacerdote,con impegno e dedizione, donandosi com-pletamente al suo popolo, essendo sempredisponibile, anche negli orari più assurdi. Ese talvolta qualche no arrivava, questo eracertamente per il bene della nostra anima”,dicono ancora i suoi figli spirituali.Dotato di una spiccata sensibilità, durante laMessa e durante la preghiera di Lode, nonera rara la volta in cui si notavano le lacrimescorrere giù dai suoi occhi,e solcare il suovolto venerando e affaticato, lacrime di com-mozione provocate dalla tenerezza o daldolore per le sofferenze del suo popolo.In lui vige il vero amore di un padre spiritua-le, quello che lui ha saputo essere per le sueamate “pecorelle”, una guida sapiente ed unpunto di riferimento fondamentale. E' giunto così alla meritata nomina diMonsignore!Tanti Auguri Piccolo Grande Monsignor Tola,da tutta la Sardegna si eleva un grandecuore che ti vuol bene, ed il nostro Graziesia inciso sui nostri sorrisi, per te!

DON BENIAMINO TOLA DOPO 50 ANNI

ALLA MERITATA NOMINA DI MONSIGNOREDI SACERDOZIO GIUNGE

foto diTonino

Uscidda

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dai comuni DECIMOMANNU

POMERIGGIO FESTOSO, DOMENICA 6 SETTEMBRE, NEL SAGRATO DI SANTA GRECA PER L’ARRIVODEL NUOVO PARROCO DON ANDREA LANERO;

L’OTTAVO DAL DOPOGUERRA.ARRIVA DALLA PARROCCHIA DI POGGIO DEI PINI

IL PAESE ACCOGLIEIL NUOVO PARROCODON ANDREA LANERO

di Tonino Uscidda

Pomeriggio di grande festa religiosa per l’ingresso ufficiale di don Andrea Laneronella comunità locale. Il sacerdote - proveniente dalla parrocchia di Poggio deiPini, località sulle alture di Capoterra - arriva a Decimo per scrivere una nuova

pagina della parrocchia e dare un segnale forte di vicinanza all'intera comunità citta-dina. Il nuovo parroco (46enne, originario del Sulcis) succede a don Beniamino Tolache ha retto la Parrocchia di Sant’Antonio Abate per poco meno di tredici anni.Alla presenza di un migliaio di fedeli entusiasti, delle Associazioni, delle Autoritànonché del Vescovo di Cagliari mons. Arrigo Miglio e dai tanti sacerdoti delladiocesi, nel grande sagrato della chiesa di Santa Greca si è dato vita airiti dell'insediamento pastorale: accompagnati dalle belle musiche e daicanti del coro polifonico locale.La cerimonia solenne ha visto il saluto anche del primo cittadino AnnaPaola Marongiu che ha detto: «Chiediamo aiuto anche a lei donAndrea, quale nostro pastore, che ci guiderà affinché tutti insiemeprocediamo per conservare una comunità unita e solidale».Parole di speranza all’indirizzo del sacerdote, visibilmente emo-zionato. L’intenso pomeriggio si è concluso con il ritualemomento conviviale, organizzato anche grazie alla fattiva dis-ponibilità dei parrocchiani nel piazzale dell’attiguo Polo fieristico.

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di Ettore Massa

La comunità decimese ha vissuto ultima-mente una serie di avvenimenti, risalta-ti in certi momenti anche dall’opinione

pubblica e spesso ridicolizzati in modi ancheinopportuni. Da più di un anno a questaparte con spirito di aggregazione, ripensa-menti, riconciliazioni si sono risistematecerte posizioni e si è ripreso finalmente arespirare aria diversa, ricaricata di speranzae di ottimismo. Nel frattempo era arrivato a dare man fortealla nostra parrocchia un vicario, finalmentea tempo pieno, Don Simone Scalas, anima-to di buoni propositi, entrandosoprattutto nel cuore dei giovanicon i quali da subito ha creatoun’armoniosa intesa di collabora-zione, coinvolgendoli sia nelle atti-vità dell’oratorio sia in quelle cheriguardano esplicitamente la chie-sa. E finalmente l’oratorio, chiusoda troppo tempo per le attività extracatechistiche, è rinato accogliendoquei ragazzi che, dopo la scuola egli impegni sportivi, non trovavanopunti di riferimento per incontrarsi,comunicare, convivere con gestisani ed educati e rendersi utili nonsolo per gli altri ma soprattutto persé stessi acquisendo esperienzeutili per una crescita continua epropositiva. Il messaggio lasciatoin eredità da San Giovanni Boscoriprende ad essere trasmesso in pieno allegiovani generazioni di Decimomannu, ren-dendoli partecipi, impegnati e consapevolidel loro importante ruolo, rasserenando egratificando i pensieri dei genitori che condi-vidono queste scelte, fatte essenzialmentedi buoni principi. I ragazzi sono stati inizial-mente formati in brevi corsi specifici di ani-matori, hanno partecipato ad incontri e semi-nari con le altre realtà di oratorio parrocchia-le, dove anche il gioco è parte integrante del-l’attività spirituale per il raggiungimento degliobiettivi prefissati. E quasi per gioco anchel’oratorio decimese è rimasto aperto anched’estate per aderire all’iniziativa propostadalla Pastorale Giovanile della Diocesi diCagliari nel concretizzare il progetto “Tutti atavola 2015”, realizzato da ODL (Operatori

Diocesi Lombarde) attraverso iGruppi Ricreativi Estivi (GREST)dei singoli oratori parrocchiali.Così per due settimane, dal lunedìal sabato, gli ambienti interni edesterni dell’oratorio decimese sisono affollati di bambini dai 6 ai 12anni (circa 120 in totale), suddivisiin gruppi e guidati dai giovani ani-matori con la supervisione di DonSimone, hanno partecipato conpassione alle attività previste nelprogetto, che prevedevano giochi,gare, escursioni nel territorio,momenti di incontro, di aggrega-

zione, di preghiera e, per stare nel tema delprogetto, di socializzazione consumandotutti insieme un gustoso spuntino, organiz-zato da alcuni volontari, sia adulti che giova-ni. Ogni gruppo, contraddistinto dal nome diuna pietanza alimentare, ha partecipato congrande intensità a tutte le attività previste,nel seguire quelle piccole regole indispensa-bili ma soprattutto con gli atteggiamenti delquieto vivere nel rispetto degli altri e dell’am-biente circostante. Un grande successotanto che i partecipanti arrivavano con largoanticipo all’apertura e non volevano poi rien-trare a casa dopo la chiusura. Obiettivo cen-trato in pieno anche nella serata di chiusuradell’attività con la messa in parrocchia, il cor-teo dei gruppi che hanno colorato anche conle loro magliette il tratto di Corso Umberto

verso l’Oratorio dove, tra un folto pubblico difamiglie, si è animata una grande festa concanti, balli, cabaret, in un coinvolgente diver-timento conclusosi tra le immagini ricordoancora una volta per salutare, ringraziare(con qualche lacrimuccia) e socializzare“Tutti a tavola” assaporando gustose pietan-ze caserecce.Ma l’estate non ancora conclusa, in attesadella grande festa di Santa Greca, ci riservaun’altra novità: l’imminente arrivo del nuovoparroco, Don Andrea Lanero, incaricatodalla Curia Vescovile di Cagliari per sostitui-re Don Beniamino Tola, congedatosi dopo13 anni di vita parrocchiale nella comunitàdecimese, in occasione della festa del suo50° anniversario di sacerdozio.Ancora una volta, per questi eventi, la comu-nità di giovani, adulti, associazioni locali edistituzioni affiancherà stavolta il vice parrocoDon Simone per accogliere al meglio l’arrivodel nuovo parroco previsto per domenica 6settembre. Don Andrea Lanero, che provie-ne dalla parrocchia Madonna di Lourdes diPoggio dei Pini di Capoterra, ha 46 anni, èstato ordinato sacerdote nel 2005, grandepredicatore, ancora abbastanza giovane; siaugura che possa trovare a Decimomannule condizioni ideali per continuare, con le sueindiscusse capacità, quel risveglio di spiri-tualità che la nostra comunità ha finalmenteritrovato negli ultimi tempi e che vorrà accre-scere ulteriormente.

UN ANNODI CAMBIAMENTINELLA COMUNITÀECCLESIALE ADECIMOMANNU

Le foto, cheritraggono

alcunimomenti dellafesta finale in

Oratorio, ilgruppo dei

giovani ani-matori e gli

altri volontaricon Don

Simone, sonorealizzate da

AntonioBachis e Billy

SEGNALI DI RISVEGLIO SPIRITUALE

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di Sandro Bandu

Antonio Carta, notoAntonello, 51 anni, decime-se doc, sposato e padre di

due figli adolescenti, è una perso-na molto pratica. Un uomo che, acausa della crisi economica cheha colpito mezzo mondo, haperso il lavoro, ma non si è pian-to addosso, anche perché nonc’era tempo da perdere neancheper piangere.E poi ci sono una moglie e dueragazzi che hanno bisogno che ilcapofamiglia porti qualcosa acasa. Ma non è facile di questitempi trovare il lavoro dall’oggi aldomani, soprattutto nella nostraSardegna. Bellissima, splendidaterra, ma terribilmente povera eavara di opportunità lavorative. Ma Antonello è quello che si diceun genio. Forse, anzi senza forse,ha avuto tra le mani anche unbiglietto vincente della lotteria,quello che ti capita una sola voltanella vita, ma non lo ha saputoincassare. Alcuni anni fa, precisa-mente nell’agosto del 1997, ebbeun’intuizione geniale: si trovava inuna spiaggia del litorale di Pula equel giorno il sole picchiava da farpaura; dopo un bagno in mareandò a sdraiarsi su un letto natu-rale di alghe. Casualmente la suamano, come guidata da qualcu-no, andò ad infilarsi all’interno diquesto ammasso di posidonieche le mareggiate avevano depo-sitato sulla spiaggia. Con grandestupore constatò che lì dentro latemperatura era molto più bassa,quasi ghiacciata. Cercò di mette-re fuoco alle alghe e incredibil-mente appurò che queste eranoignifughe: solo fumo ma nientefiamme. Al nostro piccolo genio siaccende la fatidica lampadina e,nel giro di pochi giorni, realizza,nel suo piccolo laboratorio dome-stico, dei pannelli ignifughi chepotrebbero trovare ampio uso nelsettore edilizio. Brevetta il suoprogetto dei pannelli ignifughi ecoibentanti, il cui isolamento ègarantito dalle alghe, un materia-le naturale che nella nostraSardegna si può trovare in quan-tità industriali. Il suo progettoviene preso in considerazioneanche da aziende nazionali che

gli offrono cifre strabilianti. MaAntonello non cede il suo brevet-to e, forse anche perché malcon-sigliato, nel giro di poco tempo lasua lampadina geniale pian pianosi affievolisce e il sogno di diven-tare un grande imprenditorerimarrà tale per sempre. Inoltrescopre che l’utilizzo della posido-nia non è così facile: l’UnioneEuropea (con la direttiva 92/43)pone delle limitazioni ben precise.Poi c’è da combattere anche congli ambientalisti, secondo i quali lapresenza di resti di posidoniasulla spiaggia è indice di alta qua-lità ambientale, molto meglio diuna “bandiera blu”; al limitedurante l’estate puoi rimuovere lealghe dalle spiagge, ma poi, afine stagione, le devi riportare alloro posto originario. Purtroppo il biglietto aveva unascadenza, ma nessuno lo avevaavvisato.Nel frattempo passano gli anni elui continua a fare il suo lavoro: ilrappresentante per tutta laSardegna di addobbi floreali etutto ciò che ruota attorno ai fiori.Ma la crisi morde e alla fine ditante giornate in giro per laSardegna si rientrava a casa conpochi contratti, neanche sufficien-ti per sopravvivere. Era diventatouno dei tanti, troppi sardi, senzaun lavoro. Che fare? Come sbar-care il lunario? Tante notti insonniattaccato al computer per scopri-re che anche il web non dà unamano: le opportunità sono vera-mente poche per continuare atirare la carretta che trasporta unnucleo famigliare di quattro per-sone.Però una sera, proprio durante unfaticoso tira e molla a casa di uncliente per strappare un agognatocontratto per decorazioni floreali,capita qualcosa di inaspettato: celo racconti tu Antonello?“Sì, cercavo disperatamente diconcludere un affare, quandoinvolontariamente ho assistito auna telefonata della moglie diquesto cliente che si lamentavache il tecnico, che annualmente lepuliva la canna fumaria del cami-no, non poteva andare a casasua prima di un mese. Questadonna era letteralmente furiosa enon sapeva a che santo rivolger-si, perché voleva che la puliziafosse effettuata prima dell’invernoormai imminente ”.Quindi?

“Quando sono rientrato a casa misono collegato al computer esono andato alla voce “Puliziecanne fumarie”. Ho letto veloce-mente qualcosa. Per alcuni giorniho chiesto informazioni ad alcuniaddetti ai lavori e mi sono docu-mentato grazie alle varie schedetecniche che mi ero procurato.Anche se si trattava di un mestie-re molto diverso dal mio non misembrava una cosa impossibileda fare. Io sono testardo e quan-do mi metto una cosa in testa, perlo meno ci debbo provare”.Le tue prime esperienze daspazzacamino?“Dopo essermi ampiamentedocumentato ho fatto i primiesperimenti presso amici eparenti. Mi sono iscritto a varicorsi tenuti dall’ANFUS(Associazione Nazionale Fumistie Spazzacamini) e ho potuto con-statare che, anche in questo set-tore, non ci si può improvvisare.Ci sono delle disposizioni e delleincombenze burocratiche moltoparticolari. Ho dovuto effettuarevari corsi che, oltre ad avermi for-mato dal punto di vista meramen-te tecnico, sono strettamentenecessari perché attengono allequestioni della sicurezza sul lavo-ro. In questo mestiere ti capita dilavorare anche sopra i tetti e adaltezze importanti e pericolose epertanto devi conoscere i sistemidi imbragatura e sicurezza che lalegge prevede e giustamente tiimpone”.Sembra tutto facile? “Detto così velocemente sì, madietro adesso c’è un’esperienzaquinquennale”.Lavori da solo?“Mi dà una mano mia moglieGraziella, soprattutto nella fase diallestimento della scena. Bisognafare tutto perfettamente e cercaresoprattutto di non sporcare. Iclienti sono esigenti e da questopunto di vista li abbiamo sempreaccontentati”.Come va il lavoro? Le richiestearrivano?“Sì, per fortuna. Abbiamo richie-ste un po’ dappertutto: anche dalnuorese”.Fate solo la pulizia delle cannefumarie?“No, adesso dopo vari corsi dispecializzazione, facciamo anchela pulizia e la manutenzionestraordinaria delle stufe a pellet ea legna”.

ANTONIO CARTA LO SPAZZACAMINO

INVENTARSI IL LAVORO”DECIMESE: “ECCO COME

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di Sandro Bandu

Sul recente caso dell’in-fermiere sardo StefanoMarongiu, che ha con-

tratto il virus dell’Ebola inSierra Leone durante la mis-sione con Emergency da luieffettuata dal 14 febbraio al 7maggio scorso, si è detto escritto tanto sui mass mediaitaliani e molto spesso inmaniera inesatta, talvolta, equesto è molto grave, insi-nuando comportamenti, daparte dell’infermiere, non pro-prio in linea con i dettami delprotocollo internazionale.Niente di più sbagliato. Ancheperché l’ignoranza fa semprebrutti scherzi. Se qualcuno sifosse documentato prima discrivere certe cose, avrebbescoperto che questa malattiaè contagiosa solo dal momen-to in cui il malato presentafebbre.Conosco Stefano Marongiuperché sono un suo collega elavoro con lui da anni, e possoassicurarvi che è una personasplendida e un professionistaserio e scrupoloso, come

pochi, nel suo lavoro.Nella lunga intervista che miha rilasciato toccheremo tutti ipunti della sua missione inSierra Leone e del suo ritornoin Italia. Stefano è il primo caso inassoluto di un europeo che hamanifestato la malattia qui inEuropa. Gli altri casi, già trat-tati negli anni scorsi (ricordia-mo in primis il medico italianoFabrizio Pulvirenti), sonogiunti nel nostro continentecon i sintomi della malattia giàin corso.Stefano Marongiu è nato aSassari 37 anni fa e, subitodopo aver conseguito il diplo-ma universitario di infermierenella sua città, si è trasferito,nel 2003, a Milano dove halavorato negli ospedali SanRaffaele e Niguarda nel repar-to di Neurorianimazione. Nel2007 si trasferisce a Cagliari eprende servizio, fino al 2011,nel reparto di Rianimazionedell’ospedale Brotzu. Dal2011 lavora presso il servizio118 nella medicalizzata Mike49, di stanza a Sarroch. Stefano, quando sei partito

per la missione diEmergency in SierraLeone?“Sono partito il 14 febbraioscorso alla volta di Free Town,dove vi è l’Ebola TreatmentCenter, aperto nel 2014, uncentro dove possono esserericoverati fino a 100 pazienti,con 24 posti letto di terapiaintensiva con standard occi-dentali. Emergency è però lì inSierra Leone dal 2001, doveha realizzato il CentroChirurgico e Pediatrico diGoderich”.Questo centro è a pagamen-to?“Assolutamente no, è total-mente gratuito ed è uno deipochi centri dove venivanogarantite prestazioni chirurgi-che rimasto aperto durantel’epidemia del virus Ebola. C’èda dire che, grazie al sistemadi precauzioni adottate alTriage del Pronto Soccorso,non vi è mai stato un caso dicontagio tra i pazienti e glioperatori che vi hanno lavora-to. Per capire quanto sia statoefficace basta pensare che inun altro ospedale di Free

Town, proprio in questi giorni,vi è stato un allarme serio eben 31 operatori, 3 medici e28 infermieri, sono stati messiin quarantena dopo aver fattopartorire una gravida risultatapositiva al virus dell’Ebola”.Perchè hai sceltoEmergency?“Perché questa organizzazio-ne è l’unica capace di portarenelle località più sperdute edisagiate del nostro pianetauna sanità con professionistidi rango e con macchinari estandard di primo livello comequi da noi in occidente. Hofatto domanda a Emergencynel 2009 e, grazie al mio per-corso professionale, sonostato inserito nella lista degliidoneiChe mansioni avevi all’in-terno dell’Ebola TreatmentCenter?“Dopo un training formativoeffettuato in loco daEmergency, sul corretto utiliz-zo delle attrezzature e dispo-sitivi di protezione, ho intra-preso il mio lavoro nella ICU(Intensive Care Unit), strutturaspecifica per pazienti critici

l’intervista

18 n. 85 www.vulcanonews.it

INTERVISTA ALL'INFERMIERE STEFANO MARONGIU, GUARITO DAL VIRUS EBOLA

STEFANO MARONGIU: “NON AVREI

NON POTESSE DARMI L’ULTIMO BACIOSOPPORTATO L'IDEA CHE MIA MADRE

StefanoMarongiu

durante laconferenza

stampa dopola dimissione

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malati di Ebola. Il mio compitoera quello di lavorare comeinfermiere di Terapia Intensivae sostenere la formazione delpersonale infermieristico loca-le anche per l’uso delle stru-mentazioni tecnologiche”.Che rapporti avevi con ipazienti?“Purtroppo i nostri rapportierano molto difficoltosi acausa della lingua. Tra il per-sonale internazionale parlava-mo esclusivamente in inglesema in Sierra Leone si parla lalingua Krio e avevano il conti-nuo bisogno di qualcuno checi facesse da interprete. Il per-sonale nazionale aveva anchequesta funzione”.Quanti pazienti hai assistitodurante la tua missione?“Circa 35 pazienti positivi alvirus dell’Ebola in condizionicliniche estremamente criti-che”.Hai avuto l’onore di lavorarecon il dottor Gino Strada?“Sì, ho lavorato con lui e ne hopotuto constatare la grandez-za dal punto di vista umano eprofessionale. Ma tutto lo staffera di un livello estremamenteelevato”.Okay, parliamo ora del tuorientro in Italia e dei tuoiprimi malesseri.“Sono rientrato in Sardegnal’8 maggio e naturalmente hosoggiornato i primi giorni pres-so la mia famiglia a Sassari. Iprimi malesseri li ho avuto il10 maggio, ma il rialzo febbri-le si è manifestato solo l’11maggio”. Cosa hai pensato?“Lì per lì ho pensato alla mala-ria ma, anche in assenza difebbre, ho subito applicato ilprotocollo d’isolamento inter-nazionale che prevede l’isola-mento totale da terze personee l’uso esclusivo degliambienti, compreso il bagno”.Poi?“Sono stato ricoverato pressoil reparto Malattie Infettivedell’Azienda Universitaria diSassari che è dotata di unacamera di alto isolamento. Ilgiorno dopo è stato il momen-to più drammatico: guardan-domi allo specchio ho notatole emorragie congiuntivali neimiei occhi. Ne avevo vistotante laggiù in Sierra Leone, epertanto il ragionevole dubbioche si trattasse di Ebola si ètramutato in realtà: era lo stes-so sguardo di molti pazientiche avevo assistito nell’EbolaTreatment Center di FreeTown ”. Il tuo primo pensiero?“Sinceramente non lo so; inquei momenti ti passano tantecose per la testa. A questo

punto si mette subito in motola procedura per il mio trasfe-rimento verso l’ospedale, spe-cializzato in Malattie Infettive,“Spallanzani”di Roma. DaPratica di Mare, in provincia diRoma, parte l’equipedell’Aeronautica Militare e iotrovo posto nell’angusta barel-la d’isolamento e sicurezza”.Durante il viaggio...“I miei primi pensieri andava-no ai miei cari. A mia madre ealle mie due sorelle. Non sop-portavo l’idea che, nel casopiù estremo, mia madre nonpotesse darmi un ultimobacio, neanche da morto.Purtroppo il severo protocolloper i deceduti da virusdell’Ebola prevede l’immedia-ta cremazione del defunto”.Arrivato allo “Spallanzani”?“Ho trovato ad aspettarmitante persone: medici, infer-mieri e personale di laborato-rio, molti dei quali avevanolavorato con me in SierraLeone con Emergency. La miadegenza è durata ben 28 gior-ni, sempre in isolamento eall’interno di una stanza di 25metri quadri con bagno dedi-cato. La mia famiglia per 28giorni sono stati i magnificimedici e colleghi dello“Spallanzani” e, naturalmente,Emergency che non mi ha mailasciato solo, ai quali va il miograzie per tutto quello chehanno fatto per me. All’internodella stanza potevano entraresolo in 3 o 4, medici e infer-mieri, che provvedevano atutto”. Come passavi il tempo?“Guardavo la TV e avevo deicontatti telefonici solo con imiei familiari e con i dirigentidi Emergency”.Quando hai saputo di esse-re fuori pericolo?“L’ho capito dopo circa il quin-dicesimo giorno dal mio rico-vero. Vedevo che recuperavole forze, sentivo che stavomeglio. Ho pensato che siricominciava, anche se dove-vo stare in isolamento ancoraqualche settimana”.Eri a conoscenza del fattoche tutta l’Italia trepidavaper te e seguiva con atten-zione il tuo caso? Sapevi diessere diventato famosoanche se non si conoscevapubblicamente il tuo nome?“L’ho scoperto dopo e debbodirti che tutta questa popolari-tà mi ha messo a disagio. Tusai bene che io sono moltoriservato e quando sono statodimesso ho sudato le fatidichesette camicie per presentarmiin sala stampa. Ma non pote-vo non andarci: ho vinto l’e-mozione perché dovevo rin-

graziare tutte quelle personeche si sono prodigate per me,per la mia salvezza; a partireda Emergency, al personaledelle Malattie Infettivedell’Azienda Universitaria diSassari, all’équipedell’Aeronautica Militare, alpersonale tutto dello“Spallanzani”, all’assessoreregionale dottor Arru e all’as-sessorato della RegioneSardegna, al Ministro dellaSalute Lorenzin e a tutte quel-le figure che si sono spese peril mio caso. Senza dimentica-re la comunità scientifica inter-nazionale: pensa che al mioarrivo all’ospedale“Spallanzani” di Roma eranogià presenti i farmaci prove-nienti dalla Cina, dalla

Spagna, dall’Inghilterra e dalGiappone. Effettivamente si èmessa in moto una macchinache con assoluta tempestivitàmi ha consentito di beneficiaredi un cocktail di farmaci d’a-vanguardia”.Stefano, ultima domanda.Se Emergency chiama peruna nuova missione?“Io sono pronto. Non dimenti-chiamoci che grazie aEmergency, e ad altre ONG, ilvirus dell’Ebola, e non solo, siè potuto arginare. Ebola stavadiventando un problema dilivello mondiale, ed è giustoche chi può, con amore ecompetenza professionale,debba poter dare il propriocontributo”.

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l’intervista

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la pagina DEI LETTORI

20 n. 85 www.vulcanonews.it

Il 19 luglio 2015 Salvatore Podda e M.Bonaria Piras (nota Pupa) hannofesteggiato le nozze d'oro. Il loro matrimonio fu celebrato nel 1965 dadon Gesuino nella parrocchia di San Pietro a Pirri (paese della sposa);

pochi anni dopo i due sposi si trasferirono a Villaspeciosa (paese dellosposo). La loro unione è stata benedetta dall'arrivo di tre figli: Vinicio,Sabrina e Rossella e da altrettanti nipoti. Per tutta la vita, i due coniugi,hanno praticato l'attività agricola con grande dedizione e sacrificio; ma lapassione per il ballo liscio ha dato ai signori Podda-Piras una marcia in piùche ha consentito loro di affrontare le durezze della vita con maggiore alle-gria e gioia. La redazione di Vulcano si unisce alla famiglia con i più sinceriauguri per l'importantissimo traguardo raggiunto

Nozze d’oro perSalvatore Podda e Bonaria“nota Pupa” Piras

Corrado Muntoni e Bernardetta Porcu (nota Betta), lo scorso 2 giugno, hannofesteggiato il loro 25° anniversario di matrimonio. Accompagnati dai due figli,Nicolò e Annachiara, e circondati dai numerosi parenti e amici, nella splendi-

da cornice della chiesa di Santa Maria a Uta, con la benedizione di don Ferdinando,hanno ringraziato il Signore per l'importante traguardo raggiunto.Il loro matrimonio fu celebrato il 2 giugno 1990 da don Prospero nella chiesa parroc-chiale di Santa Giusta in Uta, paese della sposa. Da quel giorno, i due sposi, hannoiniziato un percorso che li ha visti sempre più uniti di giorno in giorno. Residenti aUta, trascorrono più tempo a Villaspeciosa (paese dello sposo) dove lavorano nelpanificio di famiglia.A Betta e Corrado giungano i migliori auguri di tutta la redazione di Vulcano.

Nozze d’argento perCorrado Muntoni e Bernardetta“nota Betta” Porcu

Importante traguardo quello raggiunto da Piero e Mimina, che nellachiesa di Santa Greca, nell'agosto scorso, sono stati benedetti dalla

messa officiata da don Simone.

"Auguri per il vostro traguardo, le nozze d’oro sono una meta importan-te. 50 anni di vita insieme sono davvero tanti, avete cresciuto ed educa-

to i vostri figli, avete goduto delle gioie, e senz’altro avrete incontrato esuperato difficoltà; ma quel che conta è che siete insieme, e insieme vi

auguriamo possiate trascorrere ancora tantissimi anni. I nostri auguri piùaffettuosi. I figli Tore, Beatrice e Sergio, i rispettivi consorti e i nipoti”.

A tutta la famiglia Cabras e in modo particolare agli SPOSI PIERO EMIMINA i migliori auguri da parte di tutta la REDAZIONE DI VULCANO.

Nozze d’oro per

“nota Mimina” SenisPiero Cabras e Guglielmina

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dai comuni ASSEMINI

FESTIVAL DI CASTROCARO

di Carmen Corda

C’era una volta il Festival diCastrocaro, una impor-tante manifestazione

canora che ha lanciato alcunigrandi nomi della musica italia-na come Eros Ramazzotti,Zucchero, Laura Pausini e Nek,che quest’anno è tornato sulpalco come apprezzato ospite.Emoziona ma delude la58esima edizione delFestival. Emozionanodieci ragazzi che salgo-no su un palco per inse-guire un sogno, alcunevoci arrivano dritte alcuore e questo le rendevincenti. “Stefano cantacon il cuore” – dice lagiuria al concorrentesardo – perché il cantonon è soltanto tecnica oestensione vocale (chepur non gli mancano!)ma è soprattutto questo, emo-zione. Delude un evento che pretendedi chiamarsi Festival ma che,lontano dalla gloria di un tempo,si piega alle logiche televisivedei talent show. Delude il mec-canismo della sfida decisa dauna poco convincente ruota chein modo “casuale” mette a con-fronto i concorrenti in realtà tuttimeritevoli di presentare il loroinedito, considerato che si sonoguadagnati quella vetrina dopouna lunga selezione. Avrebberoanche meritato una giuria piùimportante in cui spicca ununico signore, Max Tortora, chemantiene un profilo adeguato alsuo ruolo di giurato-non cantan-te, anche se grande show man.Al tavolo con lui EmanueleFiliberto “Senza Terra”, SilviaSalemi (chi?) e uno stucchevoleCristiano Malgioglio in confrontoal quale sarebbe risultato piùgradevole persino VittorioSgarbi, annunciato da Pupo inconferenza stampa ma che poiall’ultimo ha dato forfait. Esprimono critiche negative,elogiano poi eliminano, senzamotivare, come se fossero statichiamati per un momento dipuro intrattenimento ludico chehanno saputo rendere moltovicino alla peggior forma diavanspettacolo. A Silvia Salemi, della quale ciricordiamo solo perché ha avutola fortuna di trascorrere qualchesera “a casa di Luca” (dove pro-babilmente è anche rimasta

visto che non l’abbia-mo quasi vista più),

va il premio per l’incoerenza.Sottolinea più volte l’importanzadell’avere una marcia in più,personalità e originalità per poiportare in finale, con il suo deci-sivo doppio voto, Alex Britti-Falco. Applauso. Nello specificola “marcia in più” non è un buonpezzo o una voce che si distin-gue, ma una chitarra! D’ora inavanti fate attenzione a nonuscire di casa senza. Mi piace concludere con un elo-gio all’orchestra. Non quellaseduta al tavolo, evidentemente“guidata” da Mamma Rai, maquella sul palco, la straordinariaorchestra diretta dal maestroStefano Palatresi. Chiusa la polemica, i nostricomplimenti a Stefano Cordache ha tenuto alta la bandieradella nostra isola e soprattuttoalla vincitrice Dalise (non pro-prio nuova al palcoscenico per-ché già concorrente di X -Factornel 2008) che conquista la giuriafin dalle prime note.L’ho intervistata per voi all’indo-mani della vittoria.Chi è Dalise? E come arriva alFestival di Castrocaro?Dalise è una cantautrice. Sononata in provincia di Caserta, poia 19 anni mi sono trasferita aRoma e, dopo tante peripezie,ho deciso di dedicare completa-mente la mia vita alla musica.Quest’anno mi sono ritrovatacon delle belle cose tra le manie ho deciso di iscrivermi a deiconcorsi per mettere in mostra illavoro fatto durante gli anni e

per provare a trovare una stradae vedere dove porta.Come nasce il tuo brano“Nuvole nella testa”?Nasce al Parco, dopo una gior-nata passata a correre. Erostesa su un prato e mi sonoaccorta di un cielo bellissimodietro le foglie mosse dal vento;è stata ispirata dalla natura in unmomento in cui avevo deciso diabbandonare totalmente il dolo-re, quel processo individualeche ti lascia l’amaro in bocca, ededicarmi alla forza di volontà.Ed è proprio da questa chenasce la canzone.Voi finalisti siete sembrati ungruppo molto affiatato.Quindi la competizione uni-sce non divide?Noi non abbiamo vissuto lacompetizione perché ci siamoritrovati qui sentendoci tutti meri-tevoli della nostra finale per ilpercorso fatto: l’accademia, icasting, il master e tutte le tappeche hanno portato alla finale.Quindi ci sentivamo nel postogiusto e grati per la fortuna chestavamo vivendo. Io in realtànon mi sarei mai aspettata chesaremmo stati un gruppo unito,ma lo siamo stati fin dal primomomento. Ha prevalso la condi-visione di un’esperienza bellissi-ma per tutti e questo ci ha tenu-to uniti. Le sfide erano per noi unmeccanismo televisivo che nonci coinvolgeva.A proposito delle sfide, nontrovi siano un meccanismoinadeguato ad un Festivaldella canzone? Non fanno unpo’ talent?

Sono una carneficina. 9Eventi(agenzia organizzatrice delFestival – nda) ci ha tenuto afare una riunione per sentire ilnostro parere per migliorare ilFestival e abbiamo fatto presen-te che ci sarebbe piaciuto canta-re tutti e dieci in un unico blocco,per poi stilare una classifica inbase ad un punteggio. Ma…Cosa ti aspetti da questa vit-toria?Non ho delle grosse aspettative.Credo che sicuramente la per-formance porterà a conosceredelle nuove persone, nuovi con-tatti; saranno poi le scelte deiprossimi giorni che porterannoad altri risultati. Si vedrà…La tanto criticata giuria a te èpiaciuta? Era adeguata a quelruolo?Mi sarebbe piaciuto che moti-vassero di più, soprattutto lescelte negative, per dare la pos-sibilità a chi le riceveva di potercrescere e migliorarsi. Avrei pre-ferito critiche più costruttive,anche perché mettevano inimbarazzo chi invece stava rice-vendo giudizi positivi. Io stessaal momento della sfida con SaraMinelli ho sentito il bisogno diabbracciarla; si rischia di sentirsisoli sul palco e con tutta quellagente, sentirsi soli è davverobrutto.Chi era per te il vincitore?Io! (ridiamo)Buone cose Dalise, Ad maio-ra! Grazie. (Con un sorriso e una risata cisalutiamo)

A sinistra ilcantante

assemineseStefanoCorda,

a destra lavincitrice

Dalise

SI SPENGONO LE LUCI, SI ACCENDE LA (MIA) POLEMICA

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di Giuliana Mallei

In pochi sanno che il cimitero diVillaspeciosa ha di recente superato i centoanni, la sua storia è ricca di fascino e si inter-

seca con la storia nazionale più di quanto nonsi possa immaginare. Anticamente, quando fucostruita la chiesa parrocchiale dedicata allaB.V.Assunta (tra il 1591 e il 1599), lo spaziocimiteriale coincideva con l’area circostantel’edificio ecclesiastico. L’usanza dell’epocaimponeva la sepoltura dei defunti prevalente-mente in cimitero e in fosse comuni, spessoperò i fedeli, prima di morire, esprimevano ildesiderio di essere sepolti all’interno dellachiesa medesima. Nel corso dei secoli talepratica si rivelò totalmente anti igienica, infattiall’interno della chiesa si respirava perenne-mente un odore nauseabondo determinatoproprio dalle sepolture non molto profonde emal sigillate (si trattava comunque di fossecomuni).La situazione cimiteriale di Villaspeciosa nonera però differente da quella degli altri comunilimitrofi, italiani ed europei in genere. Solo i ric-chi signori e gli alti prelati avevano avuto, dasempre, il privilegio di sepolture distinte all’in-terno delle cattedrali o delle tombe di famiglianei cimiteri delle grandi città.Ad accorgersi dell’effettivo pericolo per la salu-te pubblica fu Napoleone che il 12 giugno1804 emanò l’editto di Saint-Cloud, meglionoto come “Décret Impérial sur lesSépultures”, esteso anche al Regno d’Italia il 5settembre 1806. Il provvedimento napoleoni-co, adottato con motivazioni igienico-sanitariee ideologico-politiche, stabiliva che entro dueanni dovessero essere realizzati,nei comunisprovvisti, dei cimiteri che rispettassero deter-minate norme. Le aree cimiteriali dovevanoessere individuate fuori dalle mura cittadine ecomunque lontane dal centro abitato; i luoghidovevano essere soleggiati e arieggiati, ade-guatamente recintati con delle mura e all’inter-no doveva esserci un prato verde curato, e alcentro una fossa comune. In base agli idealiilluministi, anche dopo la morte, vi dovevaessere per tutti l’eguaglianza sociale, nessunodoveva essere considerato più importante diun altro o più nobile o con più privilegi. Soloper gli uomini illustri, un’apposita commissionedi magistrati, poteva decidere di dedicare un

epitaffio che veniva posizionato con una lapi-de lungo le pareti interne del cimitero. E’importante precisare che, caduto Napoleone,si tornò alla tomba singola e alle cappelle difamiglia. Fino al 1885 rimase in vigore anchela deroga che consentiva di seppellire in cap-pelle o cripte conventuali, di mummificare edesporre i feretri dei notabili e degli ecclesiasti-ci. La Sardegna non fu mai dominata daNapoleone, i Savoia, fuggiti dal Piemonte acausa dell’invasione napoleonica, furonocostretti a risiedere in questa parte del lororegno da essi poco amata, perché ritenuta ter-ribilmente povera e arretrata. Pertanto le dis-posizioni cimiteriali napoleoniche non riguar-darono casa nostra. I Savoia risiedettero inSardegna dal 1806 al 1814. Al loro rientro inPiemonte, vollero ripristinare le vecchie leggi ele antiche usanze, ma molto era cambiatonella mentalità degli stessi sudditi. Una violen-ta epidemia di peste devastò la Sardegna nel1816, tanto che il viceré, Carlo Felice, il 19ottobre 1824, emanò una circolare con laquale proibiva in modo assoluto ai Vescovi eai Vicari di seppellire i morti all’interno dellechiese parrocchiali; il problema della scarsaigiene pubblica si imponeva con forza, ma ilproblema non fu risolto perché le disposizioniviceregie non furono rispettate e si continuò ainumare i cadaveri all’interno delle chiese par-rocchiali. Nel 1855 la Sardegna fu colpita daun’epidemia di colera che mieté moltissimevittime, ecco perché nel 1856 (5 anni primadell’unità d’Italia) fu presentato un progetto perla realizzazione di un un nuovo cimitero aVillaspeciosa. Nell’archivio comunale diVillaspeciosa è infatti conservato il progetto,recante la data 1856, che individuava comenuovo cimitero l’area circostante la chiesa diSan Platano. All’epoca erano ancora in piedile mura che delimitavano l’area di pertinenzaecclesiastica, forse ciò che restava dell’anticomonastero dei monaci Vittorini. Il progettoprevedeva solo una fortificazione della cintamuraria e veniva ritenuto il luogo più idoneo inquanto vi era presente una chiesa e si trova-va abbastanza distante dal centro abitato,nonché sufficientemente grande per un paesedi 400 anime (tanti erano gli abitanti diVillaspeciosa in quel periodo).Non sappiamo per quale ragione il cimitero inquel sito non fu mai allestito, né furono fortifi-cate le mura attorno alla chiesa, sta di fattoche nel 1912 (ben 56 anni dopo) il comune diVillaspeciosa decise che era improcrastinabi-le la realizzazione di un nuovo cimitero. Il 2giugno 1912 l’ingegner Cesare Randaccio fir-mava una dettagliata relazione circa l’inda-guatezza del cimitero di Villaspeciosa, sito nel-l’area antistante la chiesa parrocchiale, e indi-viduava come area ideale quella in cui oggieffettivamente sorge il cimitero. Egli, nella sud-detta relazione, così descriveva il sito: “Lecondizioni nelle quali versa l’attuale cimitero diVillaspeciosa sono così deplorevoli che non siintende come prima d’oggi l’amministrazionedi quel comune non abbia provveduto alla

rimozione di uno sconcio così rilevante. Il cimi-tero attuale è uno stretto ridotto intorno allachiesa parrocchiale di 4m di larghezza, ince-spugliato, umido perché a stento è battuto dalsole, chiuso fra un muro di cinta ed i muri dellachiesa, dove fanno buona presa le ortiche e ifichi selvatici. Ne viene di conseguenza cheper mancanza di spazio i cadaveri vi sisovrappongono alla rinfusa a scapito delladecenza, dell’igiene e del culto che dobbiamoalla memoria dei trapassati. (...)”. Iniziava cosìl’iter burocratico per la costruzione del nuovocimitero, fortemente voluto dall’allora sindacoCav. Silvestro Podda.L’area individuata viene così delineata dalRandaccio: “(...) La località molto opportuna-mente scelta, è sulla strada comunale chepartendo dalla piccola stazione ferroviariadenominata Fermata d’Uta, sulla lineaDecimo-Iglesias, tocca Villaspeciosa eDecimoputzu. L’area è pianeggiante affatto,esposta a nord 60° est e distante oltre 400mdall’abitato. (...)”. L’ingegnere poi espone neldettaglio in che modo sarebbe stata edificatala recinzione (in muratura) e specifica cheverrà edificata una cappella per la celebrazio-ne del culto (denominata Oratorio); inoltrechiarisce la costruzione dell’ossario: “(...) Ilsottoscritto, tenuto conto che nel caso che cioccupa non si ha ancora l’acqua a 2 m di pro-fondità, ma solo un sottosuolo umidiccio,come da parecchi saggi fatti praticare dallacommissione prefettizia, ha progettato l’ossa-rio in modo da trovarsi per metà (1 m) affon-dato sotto il livello del terreno e per metàsopra, onde si è certi che il recipiente, chesarà pure rivestito di malta cementizia interna-mente, dovrà trovarsi in ogni caso ed in ognitempo asciutto. (...)” La relazione dell’ing.Randaccio terminava con un auspicio. “(...)Rimane da augurarsi che l’amministrazionecomunale ne curi con amore la manutenzionetenendo per norma il rispetto per quelli chenon sono più.” La spesa per la costruzione delcimitero (compreso l’acquisto dell’area) fu di10.078,40 lire, cifra notevole per quegli anni,ma che il piccolo comune di Villaspeciosapoteva permettersi. L’auspicio dell’ingegnerRandaccio si è, negli anni, realizzato appieno.Infatti il cimitero di Villaspeciosa è sempre inordine e recentemente, grazie ad un finanzia-mento regionale, è stata restaurata la cappel-la (quella che nel progetto originario venivachiamata Oratorio, in quanto luogo di preghie-ra). In origine l’edificio era suddiviso in treambienti. Il corpo centrale era l’Oratorio, sulladestra un altro ambiente indipendente avreb-be dovuto ospitare la camera di deposito, main realtà ospitò la sala autopsie (o obitorio)che, nel progetto sarebbe dovuta essere asinistra.Dopo i recenti restauri i tre ambienti sono statiunificati e costituiscono un’unica cappella.Come l’ingegner Randaccio, auspichiamo cheil cimitero venga sempre trattato con il dovutoriguardo dalle amministrazioni comunali pre-senti e future.

dai comuni VILLASPECIOSA

22 n. 85 www.vulcanonews.it

IL CIMITERO DI VILLASPECIOSA

NAZIONALE RICCO DI STORIAUN MONUMENTO

IL CIMITERO DI OGNI PAESEHA MOLTO DA

RACCONTARE SULLASTORIA DELLA COMUNITÀ

CHE LO ABITA, IL CIMITERODI VILLASPECIOSA, DA SEM-

PRE CURATO, NE È LADIMOSTRAZIONE

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23www.vulcanonews.it n. 85

dai comuni DECIMOMANNU

Il 24 e il 27 giugno scorso si è celebratal'undicesima sagra in onore di SanGiovanni, organizzata dall'Arci Bauhaus

di Decimomannu.L'aspetto religioso è stato celebrato il 24 giu-gno, giorno della nascita del Santo, con lamessa solenne; mentre il 27, presso il Parcocomunale di Santa Greca, si è proceduto alprogramma civile che prevedeva una seratanella quale si son potuti degustare i mallo-reddus alla campidanese e la classica peco-ra in cappotto offerta dai pastori locali.L'intero direttivo dell'Arci Bauhaus ringraziatutti i propri tesserati per la partecipazione eil lavoro profuso, e gli sponsor che a variotitolo hanno consentito che la manifestazio-ne riuscisse nei migliori dei modi. Non èmancato neanche quest'anno l'apporto delpastore Giannetto Paludo che ha preparatoper il numeroso pubblico su “casu ascedu”.Il Direttivo dell'Arci BAUHAUS ringrazia lapopolazione per la nutrita partecipazione ela calorosa dimostrazione di affetto. AtrosAnnos.

Nelle foto di Tomaso Fenu alcunimomenti della manifestazione

11MA EDIZIONEDELLA SAGRA DI SAN GIOVANNI

DALL’ARCI BAUHAUSORGANIZZATA

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dai comuni DECIMOPUTZU

24 n. 85 www.vulcanonews.it

di Carlo Contu

Èuna calda giornata di luglio e una tren-tina di bambini armati di rulli si sonoincontrati la mattina del 25 luglio per

cospargere di vernici colorate lo stabile deigiardini pubblici nel loro paese. Non si trattadi un atto vandalico collettivo, ma della gior-nata per l'ambiente organizzata dalComitato Terrasana Decimoputzu. Ancorauna volta per sensibilizzare sulle tematichesempre attuali legate all'ambiente, questavolta però i protagonisti sono proprio i bam-bini che, sotto la guida dell'artista Putzese“Tellas”, hanno arricchito uno spazio pubbli-co con un opera d'arte che rappresenta lanatura: la Terra con tutti i suoi colori, dall'az-zurro degli oceani al verde delle foreste, dalmarrone delle terre al giallo luminoso delsole, il tutto avvolto dai particolari groviglivegetali che completano l'opera firmata

Tellas. Durante la giornata si è fatto arte, siè parlato di ambiente, di riciclo e uso soste-nibile delle risorse. É bello constatare comei bambini capiscano facilmente, rispetto agliadulti, quanto sia importante rispettare l'am-biente, vedere la loro naturale sensibilità,come siano attenti ad ogni dettaglio: “glialberi sono degli esseri viventi come noi ericiclare la carta è importante per non ucci-dere altri alberi” gridano in coro alcuni di loro.Sicuramente fra qualche anno dovrannoconfrontarsi anche loro con la realtà cruda esuperficiale della nostra società, immersi tramille problemi come la crisi del lavoro, ecc.Quando però, almeno una volta al giorno oalla settimana, passeranno davanti al parcosiamo sicuri che ricorderanno quale era illoro colore, e l'importanza che svolge insie-me agli tutti gli altri. Quel colore pieno disignificato ci auguriamo possa riaccenderein loro le speranze che un mondo migliore

sia possibile. Questo è il potere dell'arte.La sera gli stessi argomenti sono stati pro-posti agli adulti, con l'aiuto della proiezionedel film documentario “Terra Persa – storiedi landgrabbing in Sardegna”, e devoammettere che non è stato semplice comeinvece lo era stato con i bambini. Si è parla-to delle numerose criticità del nostro territo-rio, dei fatti di cui già abbiamo parlato neiprecedenti articoli del Vulcano, ad esempiosul furto delle terre agricole a vantaggio delleindustrie energetiche speculative. Primoobiettivo della giornata era inoltre parlaredelle numerose risorse presenti nel nostroterritorio, sia quelle che da sempre sonofonte primaria di sviluppo come l'agricolturae l'allevamento, sia quelle nuove attività chelavorano in pieno rispetto dell'ambiente e inarmonia con un contesto locale, ci riferiamoalle fabbriche del riciclo come la PapiroSarda presente a Macchiareddu, o alleaziende che lavorano nei piccoli impianti dienergia rinnovabile. Questi sono solo alcunidegli esempi di sviluppo sostenibile che ilComitato Terrasana Decimoputzu intendevapromuovere con la giornata per l'ambiente edenunciare il finto progresso promosso dalsolito speculatore di turno imbevuto di pro-messe e posti di lavoro mai accertati.

Siamo abituati ad educa-re i bambini, giustamen-te, ma spesso dovrem-mo imparare da loro,spesso siamo ipocriti epresuntuosi e dovremmoinvece prendere esem-pio dalla loro semplicità.Questa è una delle tantecose che abbiamo impa-rato dalla giornata perl'ambiente intitolata“Terra libera”.

Nelle duefoto il murodei Giardini

pubbliciprima e dopo

l'opera deiragazzi

I BAMBINI DI DECIMOPUTZU DIPINGONO LANATURA INSIEME ALL'ARTISTA TELLAS

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di Giuliana Mallei

La civiltà di un popolo si misura anchecon la capacità di ospitare lo straniero.Da sempre, e per tutti i popoli, l’ospite è

sacro e Dio lo protegge. Chi fa del male adun ospite, fa del male a se stesso perchédomani l’ospite potrebbe essere lui.Concordiamo con lo studioso tedesco CarlShmitt, secondo il quale le parole latine“hospes” (che significa “ospite”) e “hostis”(“nemico”) hanno la stessa radice etimologi-ca, infatti l’ospite e il nemico, in stato di pri-gionia, godono della protezione divina. L’ospitalità è praticata da tutti i popoli, anchese con modalità differenti e spesso incom-prensibili per gli stranieri. Per noi sardi l’ospi-talità è quasi un tratto caratteristico delnostro modo di fare e delle nostre tradizioni,eppure anche i sardi, in realtà, non sono ununico popolo, ma tanti popoli che nella anti-chità avevano tradizioni, lingua e consuetu-dini molto differenti tra loro. Lo studioso lati-no Plinio il Giovane (23-79 d.C.), nella suaopera “Naturalis historia” dice che inSardegna vi erano numerosi popoli come gliIliensi, i Balari, i Corsi e tanti altri. Il geografogreco Tolomeo (100-175 circa d.C), nei suoistudi, riscontra la presenza in Sardegna dinumerosi popoli e ne elenca ben 17, pursapendo che il numero era sicuramente piùelevato, ma per lui non fu possibile cono-scerne l’esattezza numerica data l’impossi-bilità di esplorare meglio l’interno dell’isola acausa della mancanza di strade e della bel-licosità dei popoli interni. E’ facile immaginare le numerose differenzeculturali tra questi popoli ed è quindi correttosupporre che anche l’ospitalità fosse gestitain modo altrettanto differente.Ancora oggi l’ospitalità campidanese si diffe-renzia da quella ogliastrina, o sulcitana, obarbaricina o sassarese, o gallurese; l’ospi-talità nostrana è però molto accogliente erimane impressa nel ricordo dello stranieroche l’ha vissuta. Dare ospitalità, per i sardi, èmotivo di onore e orgoglio; per lo straniero èstupore allo stato puro.Lo straniero, “su strangiu”, nell’antichità, nonera considerato dai sardi un amico, ma unqualcuno che viene da fuori e, poiché le sueintenzioni non erano note, si riteneva pru-dente ospitarlo per controllarlo. Ciò perchésiamo sempre stati coscienti della nostrainferiorità numerica e non abbiamo maiattaccato per primi, ma abbiamo sempredifeso la nostra terra dall’invasore.L’eccezionale ondata di immigrati che stainteressando l’Europa in questo periodo, ciha fatto riflettere nuovamente sul concetto diospitalità, accendendo negli animi di tuttisentimenti contrastanti, ma fondamental-mente dettati dalla paura per lo sconosciuto.Ci sia però concesso di esprimere il nostroorgoglio riguardo all’ospitalità che gli specio-

sesi hanno sempre dimostrato. Dal 2007 ènostro compaesano, a pieno titolo, CyprusNii Sackey, ghanese di nascita, ormai citta-dino italiano per aver sposato Sara (specio-sese doc).Inevitabilmente il suo arrivo a Villaspeciosa èstato notato da tutti, il colore della pelle lorende unico tra gli abitanti del paese. Sara eCyprus si sono conosciuti in Ghana dove leiera andata a lavorare per un progetto inter-nazionale. Dal loro matrimonio sono nati trebambini, che frequentano regolarmente lascuola in paese.Ci sia però concesso di esprimere il nostroorgoglio riguardo all’ospitalità che gli specio-sesi hanno sempre dimostrato. Dal 2007 ènostro compaesano, a pieno titolo, CyprusNii Sackey, ghanese di nascita, ormai citta-dino italiano per aver sposato Sara (specio-sese doc).Inevitabilmente il suo arrivo a Villaspeciosa èstato notato da tutti, il colore della pelle lorende unico tra gli abitanti del paese. Sara eCyprus si sono conosciuti in Ghana dove leilavorava. Dal loro matrimonio sono nati trebambini, che frequentano regolarmente lascuola in paese.Come sei stato accolto da Villaspeciosa?Devo dire che tutti gli speciosesi si sonodimostrati molto ospitali e da subito mihanno dimostrato stima, ma uno in partico-lare è stato più ospitale di tutti: GiampieroMelis. Sono molto triste per la sua prematu-ra e improvvisa scomparsa, era un uomo digrande umanità. Parlava molto bene l’ingle-se, lo conobbi ad una festa e mi fece sentirea casa. Dopo quell’occasione lo rividi spes-so per diversi motivi e fu lui, nel 2010, avolermi come membro del comitato dellafesta di San Platano e Sant’Antioco. Il lavo-ro con il comitato mi ha consentito di cono-scere meglio il paese e farmi conoscere dalpaese. Senza dubbio la migliore accoglien-za l’ho ricevuta dai bambini, dopo una inizia-le diffidenza , rompono il ghiaccio e per loronon esiste più nessuna barriera.Ora che sei cittadino italiano sei statocoinvolto nei progetti di accoglienza deiprofughi che giungono nelle nostrecoste dall’Africa. Che tipo di lavoro svol-gi in questo settore?Svolgo le mansioni di interprete per laCommissione Territoriale per il riconosci-mento della protezione internazionale diCagliari, che opera per conto del Ministerodell’Interno. Più nel dettaglio lavoro per unacooperativa romana che gestisce gli inter-preti e i mediatori culturali nelle fasi di arrivodegli immigrati.Da quanto tempo lavori per questa orga-nizzazione?Il mio impegno è iniziato nel 2012 ed eramolto saltuario; ora lavoro a pieno ritmo,dato l’arrivo dei migranti anche in Sardegna,dovuto alle quote di smistamento nelle

regioni italiane. Non è un lavoro a tempoindeterminato, ma è un lavoro a progetto peril quale sono retribuito in base alle ore dilavoro effettivamente svolte.Puoi raccontarci come avviene il tuolavoro?I colloqui con i richiedenti asilo avvengononella sede della Commissione, sita inPrefettura, qui in un’unica sala vengonoascoltati gli immigrati alla presenza di uno opiù interpreti e di funzionari, i quali li ascolta-no e ne verbalizzano le dichiarazioni, dopouna serie di domande standard.Gli immigrati parlano tutti l’inglese?No, infatti gli interpreti parlano più lingue. Iovengo chiamato per fare da interprete a ottolingue: Inglese, Pidgin English, Hausa, Ga,Twi, Wala, Dagaare e Fanti.Durante il colloquio i richiedenti raccontanole loro storie, alcune delle quali sono lun-ghissime e la traduzione deve essere con-secutiva, ossia io traduco le domande nellalingua del richiedente e, di volta in volta, tra-duco in italiano il contenuto delle risposte.La nazionalità di provenienza dei richie-denti è varia, nel senso che non tutti arri-vano dalla stessa nazione.Esattamente. Io mi occupo di fare da inter-prete a Nigeriani, Ghanesi e Gambiani, male nazioni di provenienza sono tantissime:Senegal, paesi del Maghreb, Etiopia,Eritrea, Somalia, ecc. ecc.Gli europei temono che tutti questi immi-grati siano di religione musulmana.La maggior parte dei richiedenti è invece cri-stiana. Infatti in Ghana e in Nigeria i missio-nari di diverse confessioni cristiane (cattolicie protestanti) sono presenti dal XIX secolo

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dai comuni VILLASPECIOSA

LA CULTURA DELL'ACCOGLIENZAAPPARTIENE A VILLASPECIOSA

L'INTERESSANTE LAVORO DI CYPRUS NII SACKEY, SPECIOSESEAL SERVIZIO DELLA COMMISSIONE TERRITORIALE

PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

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attualità FILOSOFICA

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di Giancarlo Pillitu

Èforte la necessità di parlare di un temaparticolarmente pressante, per nondire schiacciante, o addirittura ango-

sciante, sia sul piano individuale che suquello sociale. Un tema decisamente globa-le o globalizzante, che non esclude nessu-no, dato il suo carattere totalmente inclusivo.Il tema in questione è la precarietà. Lanostra è l'epoca della precarietà per eccel-lenza. Sebbene, a dire il vero, la precarietàabbia sempre caratterizzato la vita umana,in qualsiasi epoca storica. Nel passato sicu-ramente ancor più che nel presente, data lamaggiore vulnerabilità umana rispetto almale naturale (catastrofi, epidemie, carestie)e fisico (malattie). Il male morale, dovuto allavolontà umana, è invece più subdolo, e haseguito un'evoluzione sempre più spiazzan-te: dalle guerre tradizionali del passato, alleguerre mondiali, all'olocausto e ai genocidinovecenteschi, sino agli attuali sviluppi per-versi della globalizzazione, che include tutticome vittime dello sfruttamento consumisti-co per escludere la gran parte dalla gestionedelle risorse. Ma allora a che cosa si devequesta percezione dell'aumento esponen-ziale della precarietà nei nostri tempi, se lastessa ha da sempre accompagnato il cam-mino dell'uomo? Forse, proprio al fatto cheoggi più che mai la precarietà è stata tema-tizzata, sino a farne la chiave di lettura dellanostra epoca. Basti pensare al concetto di"liquidità", elaborato dal sociologo polaccoZygmunt Bauman, e applicato alla moderni-tà, al mondo, alla società, alla vita, all'amore,a partire dal momento in cui gli uomini hannomutato il loro status, e da produttori sonodivenuti consumatori. Il nesso schiacciante eangosciante è proprio quello tra globalizza-zione-consumismo-liquidità-precarietà. Laliquidità è il carattere proprio della "condizio-ne postmoderna", definita da Jean-FrançoisLyotard come il risultato della fine delle"grandi narrazioni", ovvero dei paradigmimetafisici (illuminismo, idealismo, marxi-smo). Nessuna interpretazione "solida" del

mondo è quindi rimasta in piedi. Nessunachiave di lettura può renderci meno "precari"rivelandoci un senso delle cose e degli svi-luppi del mondo: "Quella che stiamo vivendoè una stagione sconvolgente, attraversatada mutamenti rapidissimi, che lasciano inpiedi le condizioni di stabilità per tratti brevis-simi, lo spazio di un mattino travolto dalle tra-sformazioni scientifico-tecnologiche" (cfr.intervista rilasciata da Lyotard nel 1994all'Istituto di cultura italiana). Ma non si trattadi sole trasformazioni scientifico-tecnologi-che. Sono attualmente operanti anche tra-sformazioni economico-sociali, guidate dallafinanza, alle quali nessuno può sfuggire. Ma si provi a fare un passo "filosofico" indie-tro. Si ritorni per un momento a Platone. Adue dei cinque generi sommi: il moto e laquiete. I cinque generi sommi (essere, iden-tico, diverso, moto e quiete), di cui il grandefilosofo ateniese parla nel Sofista, definisco-no l'essere, ovvero la realtà nel suo insieme.E dal movimento, dal divenire, deriva anchela precarietà nel mondo sensibile. Precarietàdalla quale è immune il mondo intelligibile, ilmondo delle idee, l'essere vero e proprio.Moto e quiete, divenire ed essere. Eraclitocontro Parmenide. E loro conciliazione nel-l'essere di Platone inteso come relazione.Infatti, anche le immutabili idee sono inmovimento, nel senso che sono in relazionetra di loro e caratterizzano, in senso antipar-menideo, la molteplicità dell'essere.Nobilitazione del movimento, del divenire,dunque. Ma come metterla col frutto piùamaro del moto, ovvero la precarietà? Esoprattutto si è proprio sicuri che costituiscala conseguenza inevitabile del divenire dellarealtà? Non è piuttosto l'effetto di un certotipo di impostazione che viene conferito(imposto) al divenire delle cose, del mondo,della società?Vengono in mente due film, presi quasi acaso. Due film trasmessi qualche giorno fain tivù. Il primo: "La prima notte di quiete"(1972) diretto da Valerio Zurlini; il secondo:"Divorzio all'italiana" (1961) diretto da PietroGermi. Perché citarli? Il primo parla dell'a-

spirazione alla quietederivante dall'insoppor-tabile travaglio del nega-tivo che governa l'esi-stenza (divenire, moto).Tutto appare precario evuoto di senso. Tutto oquasi. Si salvano, infatti,solo l'arte e l'amore. Maanche la loro vita risultaprecaria e non salvifica."Divorzio all'italiana"mette in scena, al con-trario, l'aspirazione almovimento. E' l'elogiodella precarietà. Dalmatrimonio al divorzio e

dal divorzio ad un nuovo divorzio, comepreannuncia fugacemente ma esplicitamen-te il finale. E allora che fare? Da che parte stare? Dallaparte della quiete e della solidità(Parmenide) o dalla parte del moto e dellaliquidità (Eraclito)? La precarietà è un beneo un male? Significa un'opportunità dacogliere e mettere a frutto o un azzeramen-to di diritti? Si affaccia in questo modo un altro tema fon-damentale connesso a quello della precarie-tà: il tema dei diritti. I diritti sono degli ogget-ti sociali che possono essere investiti dallaprecarietà e svuotati di significato. I dirittisono il frutto virtuoso dell'essere-relazione.La precarietà è, al contrario, il frutto nefastodel divenire, che mette in questione la rela-zione intesa come costruzione. A questo punto, occorre chiedersi quale siala differenza tra moto e precarietà. Diciamopure che il moto produce due effetti, unopositivo e l'altro negativo. L'effetto positivo sichiama relazione, ed è costruttivo. L'effettonegativo si chiama precarietà, ed è distrutti-vo. Riguardo alla relazione, Vito Mancusoscrive: "la prima categoria dell'essere non èla sostanza ma è la relazione" (V. MANCU-SO, Questa vita. Conoscerla, nutrirla, pro-teggerla, Garzanti, Milano 2015, p. 136).Una concezione relazionale della realtà nelsuo insieme intende "l'evoluzione non solocome il risultato di mutazioni casuali e diselezione naturale (che pure ci sono e cisaranno sempre) ma prima ancora comerisultato della logica di aggregazione siste-mica e della cooperazione che ne scaturi-sce" (Ibidem, p. 135). La precarietà, invece, sembra essere il frut-to di quella stessa selezione naturale che, seapplicata alla società, produce le "vite discarto" di cui parla Bauman. La globalizza-zione è pertanto il processo planetario nelquale la selezione naturale viene promossacinicamente da un consumismo sempre piùsfrenato che ha vinto sul lavoro e sulla pro-duzione come fonti dei diritti.

PRECARIETÀ E "VITE DI SCARTO"Una scena del filmLa prima notte diquiete, 1972

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l’angolo dell’esperto IL CONDOMINIO

La manutenzione ordinaria comprende tutti gliinterventi di riparazione, rinnovamento osostituzione delle finiture degli edifici e di rein-

tegro di modeste parti strutturali, comprese even-tuali aree di pertinenza , recinzioni, passi carrabili,nonché tutti gli interventi volti ad integrare e man-tenere in efficienza gli impianti tecnologici esisten-ti.Si parla di manutenzione straordinaria quando gliinterventi interessano parti strutturali dell’edificio,quando si progettano modifiche od integrazioni,quando si adeguano edifici o impianti alle mutatenormative. A titolo di esempio rientrano tra gli inter-venti di manutenzione straordinaria:• Controlli statici sui fabbricati;• Interventi su parti strutturali• Interventi integrali sulle coperture;• Ripasso generale dell’intonaco della facciata;• Tinteggiatura totale dell’intonaco delle murature

esterne;• Installazione o sostituzione di inferriate, cancelli,

infissi e vetrate;• Interventi di meccanizzazione di cancelli;• Rifacimento completo del manto di pavimenta-

zione esterno;

• Rifacimento o adeguamento di impianti di rac-colta delle acque pluviali e fognarie;

• Integrazione di impianti fognari con posa di poz-zetti di ispezione;

• Sostituzione di elettropompe;• Rifacimento per adeguamento dell’impianto elet-

trico alle norme vigenti;• Rifacimento o installazione impianto antincendio;• Rifacimento o installazione impianto di videosor-

veglianza.A seconda del tipo di intervento si dovrà verificarequali adempimenti sono necessari e se c’è biso-gno o no dell’assistenza di un tecnico.

Il frazionamento di un appartamento consi-ste nella divisione in due o più parti diun'unità immobiliare. Il frazionamento per-

mette di aumentare nettamente il valore diun immobile soprattutto nelle città dove gliappartamenti più piccoli hanno un valore almetro quadrato spesso molto maggiorerispetto a quelli più grandi. Il frazionamentoquindi si rivela una soluzione vantaggiosaper tutti coloro che non hanno più bisogno digrandi spazi e decidono di ottenere una ren-dita dal loro bene.Le fasi del frazionamento dipendono dallenormative locali, in particolare dalRegolamento edilizio. Sinteticamente i pas-saggi principali consistono nel controllo dellalegittimità dell’unità preesistente (conformitàurbanistica e catastale), nella variazionecatastale con la soppressione del subalternoattuale e la costituzione di due nuovi (neces-saria la consulenza di un tecnico) e nella

registrazione delle proprietà attraverso attonotarile.Il decreto Sblocca Italia prevede questi tipi diintervento quali "manutenzione straordina-ria" e di conseguenza i lavori si possono rea-lizzare con una semplice CILA.È bene tener presente che le autorizzazionicomunali contengono la dicitura “salvo dirittidi terzi”: ciò significa che il Comune non èresponsabile di eventuali diritti lesi ad altrisoggetti come il vicino di casa o un condo-mino. Nel caso di lavori in condominio èbene verificare che il regolamento contrat-tuale non vieti espressamente questa possi-bilità. In ogni caso è opportuno convocareun’assemblea per rendere nota a tutti lamodifica, eventualmente chiedendo il con-senso per l’uso particolare di spazi comuni.Alla divisione dovrà seguire l’aggiornamentodelle tabelle millesimali, con relativi oneri acarico di chi sta eseguendo le modifiche.

I nuovi appartamenti saranno tenuti ovvia-mente al rispetto di tutte le normative vigen-ti tra cui dimensioni minime, requisiti igieni-co-sanitari, etc. A modifiche ultimate si dovràcomunicare al Comune il “fine lavori”, dove ilproprietario dichiara che i lavori sono statirealizzati conformemente alle norme ed alprogetto presentato. Successivamente sidovrà procedere con l’aggiornamento alcatasto (uffici dell’ Agenzia delle Entrate) edin alcuni casi anche con l'aggiornamentodell'elaborato planimetrico. Dal punto di vistafiscale dopo il frazionamento verranno acca-tastate due unità immobiliari di cui solo unamanterrà lo stato di prima casa. Detto ciò,nonostante le spese iniziali, il frazionamentopuò rappresentare per tanti un’ottima solu-zione, semplice e veloce, per aumentare gliintroiti mensili ottimizzando il valore reale delnostro immobile.

SI PUÒ FRAZIONARE UN APPARTAMENTO?

di Sara Saiu

MANUTENZIONE ORDINARIAO STRAORDINARIA?

(per la precisione i primi missionari furonoportoghesi)e la religione è in prevalenza cri-stiana (circa il 70%), ma sono presenti , conuna percentuale più bassa, anche musul-mani (circa il 17%). Ai missionari cristianispetta il merito di aver istituito le scuole perprimi. Io sono cristiano.Quanti sono gli interpreti che lavoranocon te?A Cagliari siamo circa 15, di cui 4 donne.Non siamo però in grado di fare da interpre-ti a tutte le lingue dei richiedenti. Spessovengono inviati da Roma altri interpreti per lelingue a noi sconosciute.Il tuo impegno con gli immigrati com-prende anche una collaborazione con la

Caritas, giusto?Si, anche se l’impegno con la Caritas èmolto diverso e altrettanto saltuario. Ogniqualvolta ce ne sia bisogno, vengo chiama-to per far da tramite. Intervengo in caso diproblemi legali o medici o altro ancora. Inquesto caso è corretto dire che la mia colla-borazione rientra nei compiti tipici del media-tore culturale. Sono tante le domande cheancora vorremmo fare a Cyprus, ma ha unsegreto professionale da rispettare e inten-diamo non farlo venir meno ai suoi doveri.La macchina dell’accoglienza è comunquemolto complessa e le sue funzioni si svolgo-no a più livelli, sicuramente la Sardegna èsolo una tappa di passaggio per tutti coloroche fuggono da una guerra, dalle ingiustiziein generale o più semplicemente dalla fame.

In pochi restano nella nostra isola, troppolontana dalla meta da tutti agognata: il nordEuropa. Questa povera gente insegue unsogno, che è lo stesso che inseguivano inostri bis nonni alla fine dell’800 o i nostrinonni alla fine delle due guerre mondiali: ilsogno del benessere, della democrazia edella giustizia che più semplicemente venivaallora definito “sogno americano” (americandream). Il sogno però è destinato a rimane-re tale per la maggior parte, così come lo èstato per i nostri avi, la realtà è molto piùdura e crudele; è nostro dovere non aggiun-gere durezza e crudeltà e accogliere questepersone che in fondo chiedono solo di avereun’altra possibilità Anche questo è sensocivico!

di Giuliana Mallei

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di Marco Massa*

Grazie al telescopio spaziale Kepler,la Nasa ha recentemente annun-ciato la scoperta di un pianeta

molto simile alla Terra a cui è stato dato ilnome di Kepler-452b. La notizia ha fatto ilgiro del mondo ed ha avuto un eccezio-nale appeal per i titoli utilizzati dalla gran-de stampa mondiale che recitavano “Scoperto Kepler 452b, il pianeta gemellodella Terra”.

Kepler-452b è il primo esopianeta didimensioni simili alla Terra, che si trovanella zona abitabile attorno a una stellasimile al Sole, ma tutto questo non bastaper ribattezzarlo “gemello” e vediamo indettaglio perché.

ANALOGIE E DIFFERENZEKepler-452b è un pianeta che ha alcunecaratteristiche simili al nostro, ma altreimportanti ci sono ignote. È più grande,circa 1,6 volte la nostra Terra e orbitaintorno a una stella che è leggermente piùluminosa e grande del nostro Sole e deci-samente più vecchia. Kepler-452b infattiè un astro di circa 6 miliardi di anni, quin-di più vecchio del Sole di 1,5 miliardi dianni. Viste le maggiori dimensioni, gliscienziati hanno calcolato che la forza digravità presente sul nuovo pianetapotrebbe essere di due volte superiore aquella della Terra e che grazie alle capa-cità di adattamento della specie umanasarebbe possibile viverci. Le dimensioni ela distanza dal proprio sole sono parago-nabili a quelle del sistema Terra-Sole, macosa sappiamo della sua atmosfera? A oggi quasi nulla. L’ipotesi più probabile,

date le dimensioni del pianeta, è cheKepler-452b sia roccioso, ma non lo sap-piamo con certezza. Nulla si sa della suaatmosfera, del valore della sua pressionee della sua composizione chimica.Comunque si può dire che il pianeta sitrova nella “fascia di abitabilità”, defini-zione che identifica la regione intorno allastella in cui un pianeta di tipo terrestrepuò mantenere, in qualche tempo, l’ac-qua allo stato liquido. Con un’età di 6miliardi di anni, se la sua atmosfera fossesimile alla nostra, su quel pianeta la vitaavrebbe avuto tutto il tempo per evolver-

si, magari fino a specie intelligenti. Però,pur ricadendo nella zona abitabile del suosistema solare, la radiazione emessadalla stella potrebbe aver condizionatonegativamente l’atmosfera di Kepler-452b producendo un effetto serra auto-alimentato tale da far evaporare l’acquaeventualmente presente. L’effetto serraauto-alimentato si verifica quando un pia-neta assorbe più energia di quella cheriesce a rigettare indietro, riscaldandoeccessivamente la superficie. Qualcosadi analogo è successo nel passato delpianeta Venere rendendolo inospitale allavita con temperature superficiali di oltre400°C.

DISTANZA DI KEPLER 452BLa distanza di Kepler 452b da noi è di1400 anni luce e sappiamo della sua esi-stenza solo perché è stata dedotta daannuali indebolimenti della luminositàdella sua stella, dell’ordine di una parte sumille, osservati dal telescopio spazialeKepler. E’ impossibile osservare diretta-mente il pianeta in quanto è sempreimmerso nella luce abbagliante del suosole. La scoperta di Kepler 452b è avve-

nuta analizzando per anni l’intensità dellaluce della sua stella e misurandone lemicro variazioni luminose durante il trans-ito del pianeta sul disco del suo sole. Dalperiodo e dalla profondità della curva diluce sono state ricavate le informazionisull’orbita e sulla dimensione del pianeta.Per stabilire se si tratti davvero di ungemello della nostra Terra ben altre infor-mazioni sarebbero necessarie ma, allostato attuale della tecnologia, ciò non èpossibile!

KEPLER 186 FMeno clamore ha destato nel 2014 la sco-perta del pianeta chiamato Kepler-186fche orbita intorno a Kepler-186, una stel-la nana grande circa la metà del nostroSole, distante 500 anni luce. A scoprirequesto sistema, formato da cinque piane-ti, è stato sempre il telescopio spazialeKepler, ma i media internazionali hannodato meno risalto alla scoperta. I quattropianeti più interni sono più piccoli dellametà del nostro pianeta, mentre il pianetaKepler-186f ha praticamente le stessedimensioni della Terra e orbita intorno auna stella più fredda del Sole. Si trovanella fascia di abitabilità per cui l’eventua-le acqua superficiale potrebbe esistere

allo stato liquido.Kepler-186f orbitaogni 130 giorni intor-no alla sua stella.Nella figura allegatasono comparate lecaratteristiche orbitalie dimensionali deidue pianeti scopertida Kepler con i piane-ti rocciosi del sistema

solare.

PROSPETTIVE FUTURENella nostra galassia ci sono almeno 8miliardi di stelle simili al Sole intorno allequali orbitano pianeti delle dimensionidella Terra, né troppo calde né troppofredde. Uno studio condotto in base aidati già raccolti dal telescopio spazialeKepler ha pronosticato che il 20% dellestelle somiglianti al Sole ha pianeti similial nostro per dimensioni e temperatura.Questo significa che ci sono milioni di pia-neti in cui potrebbe essersi sviluppata lavita. Il prossimo passo è studiare l’atmo-sfera di questi pianeti con l’uso di potentitelescopi spaziali che non sono ancorastati costruiti. In questo modo si potrebbecapire se qualcuno di questi pianeti ospitidavvero la vita. Naturalmente per noisarebbe interessante trovare pianeti simi-li vicini alla Terra, distanze di migliaia, oanche solo centinaia di anni luce, rendo-no la cosa poco pratica anche solo perstabilire un’eventuale comunicazione.

* presidente dell'AssociazioneAstrofili Sardi

KEPLER 452B, IL PIANETA“GEMELLO” DELLA TERRA?

ASTRONOMIA

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ComparazioneKepler – Terra

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cultura DECIMOMANNU

di Tomaso Fenu

Che la festa di Settembre diSanta Greca sia conosciu-ta e rinomata in tutta la

Sardegna da tantissimo tempo, ècosa nota a tutti, ma forse nontutti sanno, soprattutto i più gio-vani, che alcune foto scattate nel1922 sono arrivate persino negliStati Uniti. Infatti nel gennaio del

1923 il famosissimo mensile“The National GeographicMagazine”, stampato aWashighton, pubblicò un bellissi-mo articolo sulla Sardegna afirma del Prof. Guido Costa (1),intitolato “The Island of Sardiniaand Its People” (l’isola diSardegna e il suo popolo), sotto-titolato “Traces of ManyCivilizations to Be Found in theSpeech, Customs, andCostumes of This PicturesqueLand” (Tracce di molte civiltà, lin-gue, usi e costumi di questa pit-toresca terra) corredato da ben81 fotografie del fotografo CliftonAdams, di cui 16 colorate, per lamaggior parte a tutta pagina, tre

di quelle fotografie rappresenta-no alcuni momenti delle festa diSanta Greca in quell’anno.

Nell’articolo non si parla delpaese di Decimomannu nè dellafesta di Santa Greca, ma a pagi-na 56 racconta che da giugno aottobre il calendario sardo contie-ne numerose feste. I santi, sonotenuti in grande considerazione,ma la religione è più che altro

una scusa per festeggiare, faremusica, esibire sfarzo e accen-dere rivalità. Gli spagnoli, asseri-sce l’articolista, sono in granparte responsabili di questo trattodi carattere dei sardi. Intere fami-glie di contadini pensano allafesta con due o tre mesi di antici-po. Conservano ogni centesimoe sopportano grandi sacrifici conl'unico obiettivo di spendere in ungiorno di festa quello che hannoaccumulato durante le settimanedi sacrificio. Viaggiano da luoghilontani in carri trainati da buoi ocavalli, coperti con tende a formadi tunnel per ripararsi dal sole.I carri dei contadini sono arredatida un paio di sedie fatte in casa

fissate saldamente ai lati delcarro per la padrona e qualsiasialtro personaggio importantedella famiglia. Gli altri si accomo-dano come possono su materas-so o cuscini. Il carro è ingombrodi tesori domestici: bisacce pienecon formaggi, pane, patate,agnelli o capretti pronti già macel-lati, ma non ancora cucinati, pen-tole metalliche e di terracotta,

inoltre usano legare sotto il carroil cane di solito magro e denutri-to, che è costretto al trotto sotto ilcarro, il povero animale viene poilegato con una corda corta ad unalbero. La didascalia della foton.1 spiega “contadini accampatinel letto asciutto di un torrente diDecimomannu durante la festa diSanta Greca.La didascalia della foto n.2 fasapere che “All’annuale festa diSanta Greca le famiglie contadi-ne vengono a Decimomannucon i loro carri e rimangono due otre giorni. Essi campeggiano vici-no al paese e preparano arrostidi maiale e di pecora nei lorofuochi - Una fisarmonica o altrostrumento musicale è indispen-sabile come gli utensili da cuci-na.” La didascalia della foto n.3spiega di “Un gruppo di contadiniin campo durante la festa diSanta Greca. Molte famiglie delCampidano, a nord di Cagliari,

dotate di utensili da cucina e stru-menti musicali campeggiano pertutta la durata della festa ” erimanda al testo di pagina 56.Dopo una breve presentazionedella Sardegna e una descrizio-ne della situazione dell’Isola, i cuiabitanti, secondo il prof. Costasono, cortesi ed ospitali, il lungoarticolo è suddiviso in brevi capi-toli che sono: “L’immigrazione ele automobili fanno il futuro inSardegna”; “La Sardegna ritornaall’Italia?”; Cinque mesi all’annosenza piogge”; “Lo sviluppodipende dai quattro fiumi”; “La

Sardegna in attesa di avere laghiartificiali più grandi in Europa”; “Ilmare scava un futuro alla provin-cia meridionale; “L’Isola è circon-data da molte isolette”; “L’anticaRoma ha lasciato la sua indelebi-le impronta”; “Due antichi castellisardi figurano nell’opera diDante”; “La storia del Medioevo ènebulosa”; “Varietà di modi e diabitudini”; “Un po’ di vecchiaSpagna è stata trasportata inSardegna”: “Famosi romanzeridescrivono soltanto una fasedella vita dei Sardi”; Le stradehanno ai lati siepi di fichi d’india”e “Sa Lolla è l’orgoglio delledonne campidanesi”. Il lungoarticolo è corredato da 65 foto inbianco e nero, alcune piccole,altri in formato grande, e 16 fotoa colori di grande formato, apiena pagina che rappresentanocostumi sardi, scene pastorali escorci di panorami che oggi nonesistono più.

LA FESTA DI SANTA GRECA DEL 1922

GUIDO COSTA (Sassari 1871 - Cagliari 1951) Figlio dello scrittore e stori-co sassarese Enrico Costa, trasferitosi a Cagliari ai primi del Novecento, fuinsegnante di lingua e letteratura inglese, appassionato di fotografia (pareessere stato fondamentale l’incontro con Clifton Adams della redazione delNational Geographic) e giornalista pubblicista. Fu inoltre collaboratore dellarivista Mediterranea, dell’Unione Sarda e occasionalmente del torineseL’Illustrazione che pubblicavano regolarmente anche le sue immagini. La suaconoscenza per le lingue e la vocazione filantropica lo avvicinarono allaCroce Rossa Italiana di cui fu anche dirigente. Si cimentò inoltre anche nel-l’arte pittorica e in quella musicale, organizzando serate in cui suonava ilpiano e proiettava immagini da lui stesso scattate. Fu senza dubbio una figu-ra poliedrica nella Sardegna della prima metà del ‘900 che contribuì attraver-so scritti e immagini alla conoscenza della propria terra.

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LIVE AID, MEGA CONCERTOROCK PER LA VITA

trent’anni fa l’evento musicale DEL XX SECOLO

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di Tonino Uscidda

“Nel 1984 – racconta il musici-sta dublinese, ex leader deiBoomtown Rats Bob Geldof

- vidi in televisione un documen-tario sui bambini che morivanodi fame in Africa e mi chiesicos’è che potevo fare. La primacosa che mi venne in mente èche tutti noi possiamo usare lenostre capacità per fare qualco-sa senza guadagnarci.Cominciai – ricorda il piccologrande uomo che organizzò ilgigantesco evento mondialeinsieme a Midge Ure cantantechitarrista scozzese degliUltravox – scrivendo una canzo-ne e poi chiamai altri musicisti.Alla fine (l’era dei social networkera ancora molto lontana, ndr)fu un contagio e dopo pochimesi si arrivò al concerto”. Unadi quelle idee pazze che talvoltafanno ridere ma - per una qual-che alchimia nelle coscienze -possono condurre ad un risulta-to insperato. E fu quello cheaccadde, compresa la raccoltacomplessiva di denaro (il fine

più importante) tra i 40 e i 50milioni di sterline: oggi di 150milioni, 100 miliardi (!) di vec-chie lire. La preghiera di Boballa gente di mandare, tanti, tantiquattrini aveva sortito il suoeffetto. “Otto settimane prima

del concerto – aveva accusatoGeldof, candidato al premioNobel per la pace nel dopo LiveAid - la Cee aveva buttato viatrenta milioni di franchi distrug-gendo due milionidi tonnellate difrutta e verdura.La vergogna.., lavergogna, la ver-gogna!”.Il Live AidConcert - a favo-re della popola-zione etiope mar-toriata dalla care-stia - prese avvioa Londra a mez-zogiorno del 13luglio, quandoancora l’Americadormiva quieta-mente all’alba diun sabato (inItalia era l’una).Una memorabi-le diretta tv per-mise ben sei oreininterrotte dimusica: unacomplessità tec-

nica di trasmissione (furonousati 14 satelliti artificiali percoprire il mondo intero) che nonsorti particolari problemi peroltre un miliardo e mezzo dispettatori. A metà evento,secondo Billy Connolly, attore e

musicista scozzese, il 95% delletelevisioni mondiali era sintoniz-zato sul maxi concerto deirecord (!) La nostra tv nazionalecoprì per intero l’happening

musicale con il collegamen-to televisivo su Rai tre e unoradiofonico suRaistereouno, con tre con-duttori in comune. Rai cheprovvide anche a segnalareun conto corrente, al quale

inviare aiuti economici per lepopolazioni colpite dalla fame.L’Italia non mancò il serviziod’informazione e beneficienzama fu, dal punto di vista musi-cale, desolatamente assente.Se si pensa che salirono sui pal-chi anche artisti austriaci, tede-schi, jugoslavi e perfino russi..;‘‘Zucchero’’, al tempo AdelmoFornaciari (sic, ndr), non eraancora apparso sulla scenarock mondiale. Comunque nonsi può nascondere che, forseanche per via della moltitudinedi artisti partecipanti, molte per-formance furono imbarazzanti.

L’allora monumentale WembleyStadium di Londra con la sue 72mila persone presenti ospitò –cosa mai vista - la crema delrock britannico: Paul McCartney, David Bowie, EltonJohn, Phil Collins, Elvis

Stadio londinese di Wembley e JFK Stadium di Filadelfia. Il 13 luglio 1985va in scena il più emozionante concerto benefico che la storia mediatica

della musica ricordi. Due continenti in diretta tv. Phil Collins – cantantepercussionista dei Genesis e vero jolly di "Live Aid" - riuscì, niente poco di

meno, a essere lo stesso giorno (dopo aver preso l’aereo supersonicoConcorde, sic!) sul palco di Londra e su quello della città americana. Alla

fine di tutto il maxi show a favore dell’Etiopia fu uno spaccato straordina-rio della musica del tempo

In basso asinistra i gio-

vanissimiCarlo

d'Inghilterrae Diana con

l'organizzato-re dell'evento

Bob Geldof,a destra Mick

Jagger eTina Turner,a

fianco PaulMc Cartney

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FESTA DEI POPOLI

di Carmen Corda

“Siamo quel che mangiamo” recita un detto diantica memoria, le abitudini alimentari rac-contano molto di un popolo e la predilezione

di alcuni cibi e il rifiuto di altri hanno indubbia-mente un’origine culturale.Ogni cultura ha infatti un proprio codice di con-dotta alimentare che privilegia alcuni alimentirifiutandone (o vietandone) altri; questo codiceorigina, oltre che da motivazioni di mera sussi-stenza, da componenti geografico-ambientali,economiche e religiose che caratterizzano unacultura. Nell’approdare a culture “altre”, più omeno diverse o distanti, soprattutto nei casi dipermanenza prolungata, sorge il desiderio, senon il bisogno, di richiamarsi ad un nucleo diidentità. Questo accade nel momento in cuiviene meno quella condizione di prossimitàrispetto alle reti familiari e sociali di appartenen-za, in altre parole, quando l’identità perde i suoiancoraggi naturali che sono il Paese, la famiglia,la casa, la lingua e il cibo per l’appunto.Quest’ultimo, al pari di altri elementi rappresentaun ancoraggio identitario forte che si spiega conlo sradicamento prodotto dalla migrazione. Il cibo connota popoli, società e culture e conti-nuare a consumare determinati cibi o pietanze èparte integrante di un continuo processo di riaf-fermazione della propria identità o appartenenzaad un gruppo etnico. È anche un modo perricreare mentalmente un ambiente familiare, chefa sentire “a casa”. L’esperienza gustativa (eolfattiva) fornisce infatti una relazione culturaleimmediata perché esiste a monte un legame tracibo e pensiero che determina il valore culturaledell’esperienza stessa. Il cibo richiama la terra diorigine perché discende direttamente dalla terrastessa che lo ha generato e si rivela uno straor-dinario strumento in quanto collante identitarioche veicola culture e tradizioni.La convivialità è un importante momento aggre-gante, di incontro, e questo, unitamente alleragioni sopra argomentate in breve, in partespiega perché in alcune città siano nate diverseiniziative a carattere culturale e folkloristico, conil fine nobile di favorire la conoscenza reciprocatra le diverse culture e tradizioni.Assemini è stata un po’ pioniera in questo. Lasua Festa dei Popoli storicamente precede, diun anno, Etnikà – festa dei Popoli, che si tieneogni anno, dal 2006, nel parco di Monte Claro aCagliari. Giunta alla sua decima edizione, la Festa deiPopoli, organizzata dall’oratorio della Parrocchiadi San Pietro, in collaborazione conl’Associazione Poco Poco e con il patrocinio delComune di Assemini, lo scorso 12 settembre haraccolto in piazza un migliaio di persone.

Venticinque le nazionalità presenti che ci hannodeliziato con la degustazione di alcuni piatti tipiciin un tripudio di colori e sapori, una gioia per chicome me si dedica alla promozione dell’incontrocon l’ ”Altro” e apprezza (quotidianamente!) lemeraviglie gastronomiche internazionali.Ottima l’idea, encomiabile l’impegno di tutti colo-ro che, volontariamente, hanno contribuito allarealizzazione dell’evento. Da cittadina assemi-nese e da persona che ha particolarmente acuore il tema dell’integrazione (che chiamo piùvolentieri convivenza) tra i popoli, mi preme direche l’organizzazione è tutta da ripensare. LaPiazza San Pietro, bella quanto piccola, si riveladel tutto inadeguata ad ospitare un così ampionumero di persone; scarsi anche i servizi, acominciare dalla mancanza di punti di raccoltaper i rifiuti che ha convertito le aiuole della piaz-za in cestini per la spazzatura. L’auspicio è che il Sindaco Mario Puddu possarispondere positivamente all’appello di DonPaolo, presente in Piazza in veste di “padrone dicasa” avendo ereditato la manifestazione daDon Zara, suo ideatore, e da Don Marco suopredecessore. Nel discorso di apertura il parro-co ha rivolto un timido ma esplicito invito alSindaco affinché il Comune collabori fattivamen-te all’organizzazione dell’evento.I tempi sono difficili e le risorse dei Comuni sem-pre più scarse, ma mi piace pensare che sipossa provare a destinare risorse umane edeconomiche, e soprattutto la giusta attenzione,ad una manifestazione che merita di giovarsi delsupporto delle istituzioni e della cittadinanzatutta, in un momento storico delicatissimo comequello che viviamo in cui di dialogo e conoscen-za reciproca abbiamo un gran bisogno.

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dai comuni ASSEMINI

Costello, Bryan Ferry, GeorgeMichael, Duran Duran, Sting,Who (ricostituitisi per l’occasio-ne), Led Zeppelin, Queen, U2agli esordi e decine di ‘’stelle’’che poi nel gran finale (dopo bendieci ore di spettacolo ininterrot-to) intonarono insieme all’ideato-re di ‘’Live Aid’’, l’irlandeseGeldof, l’indimenticabile canzo-ne manifesto “Do They Know It’sChristmas?”, disco singolo (scrit-to dallo stesso Geldof e da Ure,edito sul finire del 1984) che fu l’i-nizio di tutto.L’altro gran finale (per via delfuso orario) fu affidato ai cuginiamericani con – l’inglese, sic! -Mick Jagger dei Rolling Stonesa scatenare da par suo la plateainsieme alla bella e brava TinaTurner: un crescendo entusia-smante da ricordare. A quelpunto, per chiudere il più grandespettacolo della storia del rock edella televisione, mancava soloBob Dylan che si esibì – invitatodal noto attore Jack Nicholson -con chitarra e armonica. Fu unmomento di alta commozionecon il maestro di Duluth checantò “The Ballad of HollisBrown”, ispirata ad una tragediacon protagonista ancora la fame.Il clou fu invece superato quan-do tutte insieme le star intonaro-no “We Are The World”, noisiamo il mondo, canzone scrittada Michael Jackson e LionelRitchie. Quei 30 minuti intensiinterpretati da Jagger, TinaTurner, Bob Dylan, Neil Young,Joan Baez, Madonna, BeachBoys, Phil Collins, Eric Clapton,Keith Richard e Ron Wood degliStones ecc. rimarranno tra le piùbelle testimonianze musicalidella cultura rock.

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IL CIBO COME ELEMENTO IDENTITARIO

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cultura

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di Antonello Secci

Apoco più di un km. dall’a-bitato di Siliqua sonoancora visibili i ruderi di

un antica chiesa medievale,nota come Santa Maria diMonserrato o Santa Maria diCabales. Antico possesso deimonaci vittorini di Marsiglia giànell’ultimo quarto dell’XI secolo,la chiesa di Santa Maria era laparrocchiale del villaggiomedievale di Arco, spopolatosinel corso del Trecento, e poientrato nella sfera di influenzadel villaggio di Siliqua, alloraappartenente alla curatoria delSigerro. In quello che poi diver-rà territorio di Siliqua,le notiziestoriche ci ricordano che laprima donnicalia (o villa?) men-zionata nel corso dell’XI secoloè proprio Arco, ultima propag-gine ad ovest della curatoriadi Decimo, in posizione strate-gica al confine con le curatoriedel Sigerro e di Gippi. La donni-calia è menzionata nel 1089nell’atto di donazione della chie-sa di santa Maria de Arco(Archo, Arcu) da parte delGiudice Costantino Salusio II deLacon-Gunale ai monaci vittori-ni. L’atto di donazione è citatoda E.Martene e U.Durand(Veterum scriptorum, I, Paris1724, pp.524-526) daM.Guerard (Chartulaire de l’ab-baye de saint Victor deMarseille, Paris 1857, doc.1006, p.464) e P.Tola (CDS I,doc. XVII, p.161).In un documento del 2 marzo1112 riportato da E.Martene,U.Durand ( Veterum …… I,cit.p.629 ), M.Guerard(Chartulaire cit n.1007, p.465)e P.Tola (Codex DiplomaticusSardiniae, I, doc.VII, pp.182-183) si cita la donazione daparte di Benedetto vescovo diDolia ai confratelli monaci vitto-rini della “ecclesiam sanctaeDei genitricis et VirginisMariae de Archo”. A questopunto bisogna fare un po’ dichiarezza perché alcuni autori,anche recentemente, colleganoil toponimo ad Arco in agro diSelegas, curatoria di Trexenta,equivocando sul fatto che esi-steva in Trexenta il villaggio diArco (Arcu, Arcuasila) dipen-dente dalla diocesi di Dolia. Idocumenti storici invece confer-mano che la diocesi di Doliapossedeva nella curatoria diDecimo santa Maria di Arco,come ben chiarisce A.Boscolo(L’abbazia di S.Vittore, Pisa e laSardegna, 1958, n. pp.37-38)

che riprende idocumenti pubblicati da A.Solmi (Studi storici sulle istitu-zioni della Sardegna nel MedioEvo p.426) e da F.Artizzu(Rendite pisane nel Giudicato diCagliari nella seconda metà delsecolo XIII in Arch.St.Sardo, volXXV,1957, p. 400). A conferma,G. Serra (cfr. La diocesi diDolia, vol.I, 2005, p.47) cita ladura irritazione di Virgiliovescovo di Dolia, espressa apapa Urbano II, perché la chie-sa di S.Maria di Arco, datempo di pertinenza delvescovado di Dolia e dislo-cata nella curatoria diDecimo, in vicinanza diFinassuso, era stata donata aiVittorini dal giudice di CagliariCostantino Salusio II nel 1089,col beneplacito del legato papa-le, l’arcivescovo di PisaDaiberto. Finassuso è daidentificarsi probabilmente conFanari Suso, curatoria di Gippi,(distante da Arco in linea d’ariapoco più di 2 km.), come benchiarisce Elisabetta Artizzu (Fanari Donnicalia e Villa, inArchivio Storico Sardo, vol.XLV, Cagliari 2008-2009,p.381) soprattutto sulla base dialcuni nomi di luogo simili adaltri relativi ai beni possedutidall’Opera di S.Maria di Pisanelle ville di Fanari Giosso eFanari Suso. Nella querelleinnescata dal vescovo di Doliasi era inserito anche il vescovodi Sulci, lamentando il fatto cheDaiberto aveva agito, spontesua, pur essendo vacante allorail seggio arcivescovile diCagliari. Successivamente siaggiunse nella protesta proprio

il nuovo vescovo diCagliari,Ugo, che vedevapesantemente intaccati i suoiprivilegi. Detto per inciso, lalamentela non ottenne accogli-mento nelle stanze vaticane,grazie agli ottimi rapporti cheaveva col Papa l’abate del prio-rato di san Saturno, Riccardo.Urbano II emanò una bolla diconferma dei beni posseduti daiVittorini, ma l’arcivescovo diCagliari non si sottomise ini-ziando un duro contenziosocontro i monaci marsigliesi checontinuò coi suoi successori.Non sappiamo esattamente perquanto tempo i Vittorini manten-nero il possesso della chiesa diArco e delle sue pertinenze(costituiti da terre, servi ebestiame),ma ancora in data 22agosto 1218 S. Maria di Arcofigurava fra le chiese dipenden-ti dal Priorato di san Saturno nelGiudicato di Cagliari (D.Scano,Codice Diplomatico delle rela-zioni fra la Santa Sede e laSardegna, doc.LXV,p.43 esegg.). Certo è che nell’inventa-rio dei beni del priorato di SanSaturno del 1338 la chiesa diArco non appare più fra i beniposseduti dai monaci di sanVittore.Il villaggio, dopo la distruzionedel giudicato cagliaritano daparte dei pisani, divenne dal1258 possedimento dei dellaGherardesca, proclamatisisignori della terza parte delGiudicato Cagliaritano. Unaparte della curatoria, ovveroquella presumibilmente disloca-ta ad ovest del Flumini Mannu (comprendente quindi i territori diArco e Villaspeciosa), fu asse-

gnata secondo lo storicoS.Petrucci ( Re in Sardegna aPisa cittadini, p.160) al ramo diUgolino che divenne Signoredella sesta parte del Giudicatodi Cagliari fino alle dolorosevicende che videro soccomben-te lui e successivamente i suoifigli, Lotto e Guelfo, ad operadel Comune pisano e dei suoialleati (giudice di Arborea inparticolare)sul finire delDuecento. John Day (Villaggiabbandonati in Sardegna dalTrecento al Settecento, inventa-rio, pag.28) riporta che il villag-gio intorno al 1300 aveva appe-na 18 fuochi ed è comunquericordato nei conti del sale del1347/8, 1362/3 e 1389/91,anche se lo storico avanzadubbi che possa trattarsi di Arcuin Trexenta. J. Day però com-mette un errore quando collocala villa nei pressi dell’anticachiesa vittorina di S.Maria amezzo km. ad est di Uta. NellaComposizione del 1323 fattadai conti Donoratico, signori di56 ville, per Arco risultano 21uomini attivi di cui 5 aratori conbuoi, 1 aratore-pastore, 3 zap-patori, 2 pastori, 4 miliziani e 6uomini con lavori diversi. Il vil-laggio è già in fase di spopola-mento se pensiamo che nelvicino centro di VillanovaSaruis, sempre secondo ilcomponimento del 1323, gliuomini attivi erano ben 107. Nelcorso del primo quarto del XIVsecolo i territori, un tempo diUgolino e poi passati sotto l’egi-da del comune di Pisa, furonoacquisiti dagli eredi di Gherardoil vecchio. Grazie alle arti diplo-matiche di Bonifazio Novello

VILLAGGIO DI ARCO CURATORIA DI DECIMO

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SantaMaria

di Arco -2005

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cultura

(detto Fazio Novello) nipote diRanieri, i Gherardesca riusciro-no a salvare parte dei feudi conl’investitura more Italiae dopo laconquista catalano-aragonese(1326). Possessi destinati ascomparire dopo poco più di 25anni, nonostante gli sforzi deifigli di (Ra)Nieri, Bernabò(morto in Sardegna nel 1349) eGherardo il Giovane. quandoquest’ultimo, accusato di fello-nia e morto in disgrazia attornoal 1355, fu privato del feudo chevenne incamerato dalla Coronadi Aragona. Re Pietro IVd’Aragona concede la villa diArco nel 1358 (P. De Bofarull yMascarò, Compartiment deSardenya in “Repartimientos delos reinos de Mallorca, Valenciay Cerdeña”) a Francisch de St.Climents unitamente ad altrivillaggi della curatoria diDecimo: Mahiri (=Mairu, inagro di Assemini) già disabitata,Arsemen (=Assemini, con que-st’ultima anche il salto diSalagay), Sanvenessi (=SantuVenuci, Santu Inesu, SanGenesio; fra Uta e Assemini,zona Macchiareddu-Grogastu).Il St Climents ottiene in feudoaltri villaggi nella curatoria di“Campita” (=Campidano):Xituxi (=Situxi, agro di Sinnai),Moguero (=Mogoro de Liurus,sulle rive della laguna di SantaGilla, agro di Elmas), SantaMaria di Claro (Borgo delCastello di san Michele), Sazali(=Sisulu, Sasali; secondo J.Daysituato fra Mara e SettimoS.Pietro; secondo A. Boscolosituato “non lontano daSelargius”) . Nella curatoria diDolia riceve in feudo Bangarga(= Bangiargia; secondo J.Day inagro di Donori), Seanno(=Sedanu, Sedauno; secondoJ.Day in vicinanza dello stagnodi Simbirizzi)), Soleminis, Sirio(agro di Sinnai). Infine nellacuratoria del Sigerro possedevaGalbissa (=Gulbisa; secondoF.C.Casula identificabile conStiaorro, agro di Siliqua).L’imposta prevista per il villag-gio di Arco prevedeva 11 lire 6soldi e 2 denari in moneta, 6 liree 11 soldi in frumento e 4 lire e4 soldi in orzo (“Villa Archessituada in la dita Curatoria deDecimo pagar l’any en mone-da 11 l 6 s 2 d; en forment 6l 11 s; En ordi 4 l 4 s”). Nel1362 moriva il St.Climents e ilfeudo ritornava al fisco. Maormai la villa era in fase diabbandono e il territorio desti-nato ormai ad essere incorpora-to in quello della villa di Siliqua.Ne seguì le sorti, divenendo nelcorso dei secoli proprietà degliOtger, degli Aragall, dei Bellit,dei Gualbès, dei Brondo e infinedei Bou Crespi, dai quali il terri-

torio di Siliqua fu riscattato nel1838 con sentenza della RegiaDelegazione di Cagliari, confer-mata a Torino dal “SupremoReal Consiglio di Sardegna.Nonostante il villaggio fosseprobabilmente scomparso nelcorso della seconda metà delXIV secolo, la chiesa per secolicontinuò ad essere officiata efrequentata dagli abitanti diSiliqua. Possiamo ragionevol-mente presumere che la devo-zione iniziale sia partita dal pic-colo nucleo che, abbandonato ilvillaggio di Arco, si era trasferi-ta nel centro vicino di Siliqua,più forte e più sicuro. Questogrosso villaggio, adagiato sullasponda nord del fiume Cixerri,grazie alla sua posizione strate-gica, di fatto al centro della lineadi demarcazione fra la vallatadel Cixerri e il Campidano sotto-stante, esercitò la sua sfera diinfluenza su tutte le ville del cir-condario ormai in fase di irre-versibile spopolamento fra laseconda metà del Trecento e gliinizi del Quattrocento(Acquafredda, Villanova deConcha, Sebatzu josso,Sebatzu suso, Stia Orro,Massa, Borro, Villanova deSeruis e, ovviamente, Arco).La chiesa è nominata SantaMaria di Cabales nel 1604 fra

le chiese di Siliquacitate nel docu-mento successivoalla visita pastora-le dell’arcivescovodi Cagliari,

Françisco d’Esquivel.Interessante l’appellattivoCabales o cabalis come eradefinito il salto, oggi nominatoGibasoli. Bia Gibasoli era, fral’altro, la via campestre che col-legava Arco (ma anche Siliqua)a Villanova de Seruis. Con iltermine salto deve intendersi ilterritorio incolto dove un tempoera presente il villaggio poiabbandonato. Stessa storia vis-suta dal vicino villaggio diVillanova de Seruis: successi-vamente alla scomparsa delcentro demico il territorio sinoalla metà dell’800 era appellatosalto di san Giovanni diSarruis, poi spartito fra lecomunità di Decimomannu,Siliqua e Villaspeciosa.Nell’inventario del 1761 la chie-sa risulta dedicata a santaMaria di Monserrato(Arch.Storico Diocesano CA,Inventari, Siliqua). Fra il 27 e 29maggio 1762 la chiesa dedicataal “Nome di Maria” viene visita-ta dall’Arcivescovo di Cagliari,Natta, assieme alle chiese diSant’Anna, Sant’Antonio, SanSebastiano e san Marco(Archivio Storico DiocesanoCA, Visita pastorale TommasoIgnazio Maria Natta). NelleRespuestas, vero e proprioinventario ecclesiastico del1777, a Siliqua la chiesa dedi-cata alla Virgen de Monserraterisulta non ancora interdetta alculto, anche se ormai non sicelebravano più le messe nellefeste. Oggi rimangono ancora i

ruderi delle mura portanti edella zona absidale di un edifi-cio religioso costruito originaria-mente ad unica navata, con iltetto con copertura a doppiafalda in tegole poggianti su unaintelaiatura trasversale di travi-celli di legno (“serradizzos”),poggianti a loro volta da un latosulla trave lignea di colmo e dal-l’altro sul muro. L’edificio religio-so era largo e alto 4 metri circa,lungo 10 metri, e aveva dueentrate, una grande nella fac-ciata e l’altra laterale dalla partedell’epistola. La chiesa era inol-tre priva di scala e di campanaed aveva una tettoia protettivaantistante la facciata principalee un’altra nella parte delVangelo, ovvero a sinistrarispetto all’altare (dati desuntidall’inventario del 1761).Ancora nel 2005 (v.foto 1) lachiesa, anche se in rovina eraben visibile. Nella recente fotodel 2015 (foto 2), quello che eraun semplice macchione di lenti-sco dieci anni prima, si è svilup-pato fino a diventare albero e siè insinuato prepotentementefra le mura perimetrali, lesio-nandole ulteriormente. Il crollodel muro perimetrale è ormaiimminente e l’antica chiesa diSanta Maria è destinata irrime-diabilmente a fare la stessa finedella chiesa di San Marco, adovest dell’abitato di Siliqua, crol-lata rovinosamente un paio dianni fa.

SantaMaria

di Arco -2015

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cultura DECIMOMANNU

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di Maria Rosaria Scalas

Dall’agile penna di JohnWarre Tyndale argutoviaggiatore inglese

dell’Ottocento, curioso e attentoosservatore delle realtà isolane,ci viene la notizia di un’antica tra-dizione decimese ormai sepoltadal tempo. Tyndale effettuò questo suoviaggio in Italia nel 1843 e suproposta di alcuni suoi amici,imbarcatosi a Genova raggiunsela Sardegna. Come egli stessoaffermava nell’introduzione dellasua opera “The Island ofSardinia” pubblicata a Londranel 1849, visitare questa terramisteriosa lo incuriosiva in parti-colar modo e da abile esplorato-re, abituato alle fatiche degli spo-stamenti, si spinse fin nelle zonepiù impervie dell’isola studiando-ne attentamente l’ambientenaturale, la storia, le tradizioni e ilfolklore. La sua singolare saga-cia, mista a mordacità, lo porta-rono anche a stilare giudizialquanto lapidari sulle abitudinidella gente sarda, arrivando ascrivere che “i suoi abitanti sonoil legame intermedio tra la finedella mitologia e l’inizio dellaciviltà”; considerazione alquantonegativa che non si discosta di

molto da quella che qualche altroviaggiatore dell’Ottocento fecesulla Sardegna. Da Alghero, porto nel quale eraapprodato, Tyndale percorse lanostra regione da nord a sud e,dopo aver effettuato un’ampiaescursione nel Sulcis si trovò apassare anche per Decimo : “Una chiesa, fra le altre, èmolto venerata poiché custo-disce la tomba e le ossa diSanta Greca, santa e martiresarda, la cui intercessione èritenuta talmente preziosa chel’edificio è stracolmo di quat-tro o cinquemila ex-voto diogni genere. Fra i divertimentiche animano la sua festa, cen’è uno che probabilmente eraassociato a qualche anticosacrificio. Tre carrate di legnavengono impiegate per forma-re una grande catasta e indiverse parti di essa vengonosistemati dei “pani di zappa”,una confezione di pane e uvapassa. Questo “Falò”, o cata-sta, viene poi trasportato inpaese da due buoi, scelti eingrassati per l’occasione, ese il carico non risulta troppopesante, i giovanotti si arram-picano in cima cantando e gri-dando a squarcia gola e, dopoaver fatto il giro del paese, si

fermano di fronte alla chiesa edanno fuoco alla catasta fra ledanze e il clamore generale”.Il Tyndale riporta essenzialmenteun’informazione relativa alla ceri-monia di un falò a Decimomannue fa cenno ai comportamentirituali ad esso immediatamentecorrelati, particolarmente carichidi significati antropologici e stori-co-religiosi. Non è mia intenzio-ne dare una interpretazionecompleta e particolareggiata diquelli che saranno stati i tratti piùemblematici dell’antica tradizio-ne di Decimo, poiché con il ten-tativo di voler approfondire l’ar-gomento in tal senso, rischiereidi sconfinare nell’immaginario.La mia, vuole essere soltantouna semplice considerazionefatta alla luce delle componentiraccolte, dove tuttavia il condizio-nale è d’obbligo.In sostanza questa antica tradi-zione decimese, così come l’au-tore ce la descrive, sembrerebbeavere il “fuoco” come elementoqualificante del rito. La realizza-zione di questo falò, come anco-ra oggi avviene nella maggiorparte delle sagre, si sarà fattacoincidere con la vigilia dellafesta e la sua accensione avràpertanto annunciato l’approssi-marsi dei festeggiamenti, facen-

do da limina-re ad essi,con lo scopo di purificare iltempo e lo spazio sacri nonchégli appartenenti alla comunità. Intutta l’isola si perpetuano tradi-zioni in cui il fuoco rappresental’elemento connotativo di nume-rosi sistemi rituali apparente-mente comuni, in realtà si trattasempre di rituali pagani che coltempo sono andati assumendodeboli risignificazioni in chiavecristiana, per cui risulta partico-larmente laborioso poter dare adessi una sola, inequivocabileinterpretazione. La religiositàarcaica della Sardegna profon-damente ancorata ad un’econo-mia di tipo agrario e pastorale el’avvicendarsi di più popoli e cul-ture, ha favorito in essa il formar-si di un complesso universo reli-gioso, costituito da culti e riti dif-formi, visibilmente connessi allanatura e al suo perpetuo rigene-rarsi. Reminescenze paganeche, mescolandosi nel tempo ainuovi riti del Cristianesimo,hanno dato vita a molteplici tradi-zioni capaci di trasformare la cul-tura sarda nelle varie espressio-ni della sua religiosità. A fronte diquesto sincretismo religioso,quand’anche a Decimo fosseancora leggibile l’originale signifi-

FOGADONI E PAN’E SABA

Unarappresenta-

zione de“Su

Fogadoni”davanti alla

vecchiaChiesa

di SantaGreca

UN’ANTICA TRADIZIONE DECIMESE IN DISUSO DA TEMPO

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Preparazione

Dopo aver pulito bene i funghi, tagliateli a fettine sottilissime e disponeteli su un piat-to da portata, copriteli con il parmigiano tagliato a scaglie sottili; condite con un po'd'olio, sale e pepe.

Insalata di porcini e parmigiano

Ingredienti

√ grammi 30 funghi porcini √ olio d'oliva√ parmigiano √ sale e pepe

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le rubriche DI VULCANO

cato di quel “falò di SantaGreca”, esso potrebbe essereconsiderato, anche se nonesclusivamente, sotto il profilo diquesta arcaicità presente nellareligiosità di tutti i sardi.Qualunque fosse la valenzasimbolica e le funzioni che adesso fossero state attribuite, il“falò di Santa Greca” potrebbeessere interpretato come ceri-monia tendente a rifondare ilciclo dell’anno (Settembre, inSardegna, era denominatoKabudanni o Kabidanni, poichénel primo giorno di questo mesevenivano rinnovati i contratti dilavoro nei campi e aveva iniziol’anno agrario sardo).Verosimilmente, il rituale di que-sta “fiamma decimese” potreb-be essere inteso come cerimo-nia eccezionale che, interrom-pendo il tempo quotidiano nor-male, dava l’avvio ad un tempodi svago durante il quale si rifug-givano i patimenti solitamentepresenti nell’esistenza umana.Una pausa, insomma, durantela quale avrebbe avuto luogoquel caratteristico momento diaggregazione che, da sempre,ha accompagnato la festa patro-nale di ciascun paese. E l’altissi-mo valore socializzante di quelrituale sembrerebbe rendersigià manifesto nelle premessedella sua stessa realizzazione.Significativo in tal senso, saràstato infatti il generale lavorìo

attuato per raccattare la legnaoccorrente all’allestimento dellacatasta; evento, questo, chesicuramente avrà richiesto l’or-ganizzazione partecipata dell’in-tera popolazione. Tyndale rimar-ca soprattutto il decisivo concor-so dei giovani decimesi, ma l’im-pegno non si sarà limitato esclu-sivamente ad essi.Indubbiamente avrà coinvoltogruppi di vicinato o di quartiere,singoli devoti e componenti diconfraternite o, fors’anche, imembri dell’ “Obreria” e quellidell’ operosa “Aziend’e’Sant’Arega”. Un discorso aparte, in questa antica tradizionepaesana, meritano i “pani disapa” che, a detta del Tyndale,venivano disposti alla sommitàdella catasta di legna del carro.L’autore non fa alcun riferimentoal significato assunto da questipani, né alle loro dimensioni, néalla loro forma. Tuttavia, cometutti i pani cerimoniali essi avran-no avuto indubbiamente unvalore simbolico, propiziatorio dibuon raccolto per l’inizio delnuovo anno agrario.Salomone, nel “Cantico dei can-tici”, cita le “focacce d’uvapassa”; nella Bibbia parlano di“schiacciate d’uva” ancheSamuele e alcuni Profeti.Nell’antico Oriente, le focacced’uva passa venivano offertealle divinità dell’amore e dellafecondità.

A qualunque antica tradizionel’uso di questi pani cerimonialifosse riconducibile, qualunquesia stato il loro impiego nellafesta decimese dell’Ottocento,di sola offerta o per la consuma-zione comunitaria prima (dallaSignora Patrizia Corona hoappreso di recente che, la suanonna materna era solita prepa-rare i “pani di sapa”, come dolcida consumare in famiglia inoccasione della festa di SantaGreca. Forse la tradizione si èconservata in maniera nonmanifesta, solo nell’ambitofamiliare!?), durante o dopo ildivampare della fiamma, essisaranno stati, tuttavia, segniimprescindibili di quella festa,carichi di un evidente significatosacrale.Al gran falò, come riferisce ilTyndale, seguivano le danze e iltripudio della folla in festa. Lasera della vigilia, il sagrato dellachiesa di Santa Greca saràdivenuto teatro di balli, musiche,canti e copiose libagioni. Finito ilballo, a notte fonda o anche alleprime luci dell’alba, ancoraaccaldati dal salto tra le fiamme,esilarati dal nettare di Bacco, i“villici decimesi” avranno fattoritorno alle lorocase…L’indomani nuove emo-zioni li attendevano!Non ci è dato sapere se ilTyndale abbia soggiornato aDecimo anche nel giorno della

festa. Tuttavia, se ciò fosseeffettivamente avvenuto, dabuon protestante qual era, egliavrà sicuramente guardato conacredine il passaggio della pro-cessione e le genuine manife-stazioni di fede dei devoti alseguito del fercolo della Santa.Avrà arricciato il naso e, con unapunta di sarcasmo, avrà sorrisodi fronte ai semplici pastori cherecando con sé un capo dibestiame del loro gregge e,tenendolo sulle spalle a guisa di“pastor bonus”, entravano inchiesa a deporlo davanti alsimulacro della Santa, facendo-gliene dono… Dai tempi in cuil’autore inglese venne a Decimosono trascorsi ormai parecchilustri e dell’antica sagra di SantaGreca sono rimaste stabili solole cerimonie religiose.Conformemente ai dettami dellamodernità, sono invece variati ifesteggiamenti civili, per via dicerte ordinanze municipali, didiverse esigenze edilizie e dialcune trasformazioni urbanisti-che, economiche, sociali e cul-turali, che hanno contribuito amutare l’ideologia della festa. Dell’antica tradizione del falò,nella memoria storica dei deci-mesi, non è rimasto più neppureil ricordo…Soltanto, fra le carteingiallite di un vecchio librosquinternato, una pagina, cheporta le note del buon tempoantico!

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di Tonino Uscidda

Il 17 giugno 1970, allo stadio ‘’Atzeca’’ diCittà del Messico, va in scena una tra lepiù grandi, ‘pazze,’ disfide calcistiche che

la storia dei mondiali di calcio ricordi. Quelmercoledì pomeriggio, oltre centomilaspettatori gremivano lo splendido stadiodella capitale messicana per la semifinaleeuropea (l’altra, sudamericana, opponeva aGuadalajara Brasile e Uruguay). Il catinoribollente era tutto per capitan Beckenbauere compagni: i bianconeri della Germaniaovest, padroni di un gioco più aperto e spet-tacolare e freschi autori dell’eliminazionedell’’odiata’’ Inghilterra campione del mondouscente. Gli azzurri del commissario tecnicotoscano Ferruccio Valcareggi si erano inve-ce macchiati, qualche giorno prima, dellacolpa di estromettere nei quarti di finale (4-1)i rossi verdi messicani. Pertanto polliceverso dalle gradinate all’indirizzo della nazio-nale italiana.La squadra tedesca poteva vantare l’at-tacco più prolifico del mondiale con 13gol realizzati in quattro partite, mentrel’Italia aveva una delle migliori difeseavendo subito un solo gol in sei ore digioco.La Nazionale azzurra si schierò in campocon: Albertosi (Cagliari); Burnich (Inter);Facchetti (Inter); Bertini (Inter); Rosato(Milan); Cera (Cagliari); Domenghini(Cagliari); Mazzola (Inter); Boninsegna(Inter); De Sisti (Fiorentina); Riva (Cagliari);la Germania con: Maier; Vogth; Patzke;Beckenbauer; Schulz; Schnellinger;Grabowski; Seeler; Müller; Overath; Löhr.

All’inizio le due squadre sembrano studiarsicome due pugili che abbiano incominciatoda poco il combattimento ma, all’8° minuto,improvvisa, la rete italiana ad opera diBoninsegna che, dopo aver superato duedifensori, batte Maier dal limite dell’area. Aquel punto la partita si vivacizza con i tede-schi che premono e gli italiani che si affida-no al contropiede; nella fase finale del primotempo i bianchi costringono gli azzurri aduna difesa affannosa. Soltanto al 42° l’Italiariesce a rendersi pericolosa con Riva, bom-ber mancino del Cagliari fresco di scudetto,ma il suo tiro è deviato in angolo; un minutodopo lo stesso attaccante sferra un podero-so sinistro che esce di poco al lato. Secondo tempo: All’inizio della ripresaValcareggi si rifugia ancora una volta nellaindolore scappatoia della staffetta, conGianni Rivera che sostituisce SandroMazzola. Con il milanista (più portato all’im-postazione offensiva) il centrocampo filtrameno e la Germania si rovescia tutta avanti.Su un tiro di Overath la traversa salvaAlbertosi che poi compie due miracoloseparate mentre Rosato ferma un pallone sullalinea (!) E’ una resistenza eroica e disperataquella di capitan Facchetti & Co. In contro-piede Rivera ha l’opportunità del due a zeroche spreca. Forse in campo e fuori si rim-piange la più sostanziosa concretezza diMazzola, che aveva giocato un primo tempoesemplare. Helmut Schön, l’allenatore tede-sco, butta dentro altri due attaccanti: Held eLibuda. Da quel momento i bianchi attacca-no con cinque uomini schierati. Il pubblicomessicano (sic) ne sostiene lo slancio.Beckenbauer piomba a terra dopo un con-

trasto con Mazzola riportando la fratturadella clavicola, ma resta stoicamente sul ter-reno di gioco correndo con il braccio al collo.Al 90°, sull’ultima palla vagante davanti adAlbertosi, Schnellinger - difensore centraledel Milan! - mette a segno con una acrobati-ca spaccata su un cross in area. Per ironiadella sorte si tratta, ndr, del primo gol inassoluto di Karl Heinz, dopo cinquanta parti-te in nazionale. Tutto da rifare.Tempi supplementari: La squadra italianaperde subito Rosato, sostituito da Poletti(Torino) che subito pasticcia su un rinvioaereo, propiziando l’ennesima “rapina” delcapocannoniere Müller: 2-1. Finità?Macchè. Gli azzurri reagiscono immediata-mente e dopo quattro minuti ottengono ilpareggio con Tarcisio Burnich che realizza(su un calcio di punizione sciabolato daDomenghini) un incredibile rete, uscendodal suo guscio difensivo. I capovolgimenti difonte sono continui le emozioni violentissi-me, il pubblico, con tutta probabilità sta assi-stendo alla più bella partita di tutta la storiadei mondiali di calcio. A quel punto saltanotutti i meccanismi di gioco e le marcatu-re, con i ventidue contendenti a giocarsitutto com’è nelle proprie possibilità e capa-cità. Insomma calcio vero senza inutili tattici-smi e assilli di vincere a tutti i costi. Al 13°minuto del primo tempo supplementare è lavolta di Riva che in velocità, su passaggio di‘’Domingo’’ (Domenghini), si libera di unavversario e con un secco angolato rasoter-ra angolato alla sua maniera fa.. secco ilnumero uno tedesco: ‘’Riva rete!!’’, urla il maidimenticato radiocronista Rai Enrico Ameri:Italia 3, Germania 2. “Pensavo – dirà Gigi

a 45 anni dalla partita DEL SECOLO

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DELLO STADIO ‘’ATZECA’’ITALIA-GERMANIA LA ROULETTE

AL TERMINE DI UNA MIRABILE SUCCESSIONE DI RETI E DI SITUAZIONIL’ITALIA DI VALCAREGGI ACCEDE ALLA FINALE DI COPPA DEL MONDO 1970:

NON ACCADEVA DAL 1938. TUTTO IL PAESE, QUARANTACINQUE ANNI FA, CONOBBELE ESALTAZIONI IMPENSABILI DELLE FESTE IN STRADA E NELLE PIAZZE

In basso a destra. La nazionale italiana di “Messico '70”; nella pagina accanto Gigi Riva ha appena scoccato il gran tiro delprovvisorio 3-2

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COS’È IL BRAZILIAN JIU JITSU?

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di Carlo Manca

Il Brazilian Jiu Jitsu, spessoabbreviato con l’acronimoBJJ, si è sviluppato in Brasile

all’inizio del secolo scorso gra-zie ad alcuni allievi del giappo-nese Mitsuyo Maeda, tra cuispiccano Carlos ed Helio Graciee Luiz França. Questa arte mar-ziale si è specializzata nel com-battimento a terra perché por-tando lo scontro al suolo granparte del vantaggio di un avver-sario più potente viene mitigatoe la forza bruta può essere facil-mente neutralizzata da un lotta-tore esperto. Grazie ai successi in torneicome il famoso UFC nel quale,confrontato ad altre arti marziali,ha mostrato davanti a milioni dispettatori la sua incredibile effi-cacia, il BJJ ha registrato unacrescita senza precedenti siacome sport (dove le percussionisono vietate) sia come elemen-to fondamentale della prepara-zione dei combattenti di MMA

(Mixed Martial Arts).Il BJJ, basandosi su strangola-menti e leve articolari, permettea persone come donne, ragazzie persone più deboli in generaledi difendersi efficacemente daun’aggressione. La sua praticaregolare inoltre migliora l’autosti-ma e la sicurezza in sé stessi, fascaricare stress e tensioni eaiuta a ritrovare la forma fisica.Le tecniche del BJJ sono ormaiparte imprescindibile dell’adde-stramento di molti copri militari enegli Stati Uniti anche l’elemen-to chiave delle iniziative per lalotta al bullismo che hanno regi-strato i migliori risultati. La realtà del Jiu Jitsu inSardegna è sinonimo di sportivi-tà nel vero senso della parolapoiché, al di là dell’allenamento,

il Maestro Luca Melis insegnainnanzi tutto l’accettazione e lafratellanza, il rispetto e l’amici-zia, tutti elementi che fanno siche i suoi allievi non vendanol’ora di fare allenamento, siabbraccino alla fine di ciascunoe vadano via con il sorriso. Che

sia sicurezza personale, stress,pratica sportiva o semplicemen-te voglia di testare un ambientesportivo sano, c’è sempre unbuon motivo per provare!

Riva – che quello fosse stato il gol decisivoperché ormai eravamo nei supplementari;Riportare la squadra in vantaggio di 3 a 2poteva essere il risultato defini-tivo..” Già, sembrava ormaifatta per gli azzurri invece, al5° minuto del secondo temposupplementare, Müller, ancoralui, infila il 3 a 3 ristabilendo lesorti dell’incontro: un tiro cheRivera, ben appostato sullalinea di porta, non riuscì aribattere. Duramente – e pla-tealmente - rimproverato dalportiere azzurro, Rivera sicatapulta in avanti in cerca diriscatto e poco meno di unminuto dopo è una sua straor-dinaria rete omicida – su illu-minato passaggio filtrante diBoninsegna – che spiazza einginocchia Maier per il definiti-vo 4 a 3. Gli azzurri al fischio

finale dell’arbitro messicano (!) Yamasaki siabbracciano ebri di gioia (cosi come i 5000tifosi italiani presenti sugli spalti nemici

dell’’Atzeca’’) mentre in Italia sono una infini-tà coloro che scendono in strada per festeg-giare il grande successo. Le vie e le piazze

di paesi e città sono invaseimprovvisamente in pienanotte (come per la storica vit-toria della Coppa Europa nel1968) da una moltitudine diveicoli imbandierati. Quella splendida indimentica-bile partita è ricordata allo sta-dio di Città del Messico dauna targa: “Qui il 17 giugno1970 si giocò la partita Italia-Germania Occidentale del 9°Campionato del Mondo”. Un irripetibile , emozionante,incontro di calcio che entròquel giorno dritto nella storia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

C. Manca, L. Cucca, M° L.Melis e F. Pilia, atleti Nova

União Sardegna, ai cam-pionati italiani BJJ 2015

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DAMIANO BARTOLI: “SARÀ UN ANNO

A UNA SALVEZZA TRANQUILLADI TRANSIZIONE DOVE PUNTEREMO

E ALLA VALORIZZAZIONE DEI RAGAZZI LOCALI”

Il mister Damiano Bartoli in una foto direpertorio\foto di Tonino Uscidda

NUOVO ASSETTOSOCIETARIO E ALLA

GUIDA TECNICADELLA DECIMO '07

RIPESCATANEL CAMPIONATO

DI PRIMA CATEGORIA

di Sandro Bandu

Nuovi scenari e novità neinuovi campionati di cal-cio della FIGC. Sparisce

la Terza Categoria e i gironidella Prima e SecondaCategoria subiscono sostanzia-li variazioni. La prima novitàriguarda proprio la squadradella Decimo ‘07 che viene pro-mossa in Prima Categoria einserita in un girone che com-prende squadre dell’Interlandcagliaritano, del Sulcis e delSarrabus.Anche la società decimese sub-isce forti cambiamenti sia alivello societario che alla guidatecnica. Il direttivo vede un ritor-no di ex dirigenti che hanno por-tato in alto i colori della societàe proprio la carica più importan-te sarà ricoperta dall’ex presi-dente Gianni Serreli, che giàassolse questo compito neifastosi anni della Decimese,che militava in Eccellenza e cheaveva tra i suoi dirigenti i famo-si fratelli Orrù, ex Cagliari calcioanni ‘90, dei Francescoli,Fonseca e Matteoli e dell’alle-

natore Ranieri. Alla guida tecnica torna il deci-mese Damiano Bartoli, che alle-nò la squadra dal 2010 al 2013.Rientra a Decimo dopo un’esal-tante esperienza a Narcao, nelcampionato di Promozionedello scorso anno, che ha vistola squadra sulcitana protagoni-sta di una miracolosa salvezzanello spareggio contro ilSerramanna.Mister Bartoli ci parli dellasua esperienza a Narcao.“È stata un’esperienza più chepositiva, con un bellissimo epi-logo che ha del miracoloso. Lamia squadra, per una chiarascelta societaria, era infarcita dimolti giovani e giocatori alla loroprima esperienza inPromozione. Dopo un girone diandata a dir poco disastroso,soprattutto nei risultati, doveavevamo raccolto la miseria diotto punti, la squadra ha cam-biato marcia e ha conquistatonel girone di ritorno ben 25 puntiche ci hanno regalato lo spa-reggio, vinto contro ilSerramanna, e che ci hannoconsentito di salvarci”.

Perché ha lasciato Narcao?“Le motivazioni sono varie. Unpo’ perché viaggiare almeno trevolte la settimana a Narcao,stava diventando pesante estressante. Anche se quellasocietà, ambiente eccezionalecostituita da gente per bene,rimarrà per me sempre un belricordo: ci siamo lasciati comun-que con un arrivederci. Insecondo luogo la proposta dellaDecimo ‘07, da un punto di vistasentimentale e sportivo, è statafondamentale. Anche qui hodisputato in passato dei cam-pionati bellissimi che mi hannoforgiato sia come tecnico checome uomo”.Anche il presidente dellasocietà è cambiato?“Sì, è stato nominato GianniSerreli, un presidente compe-tente ed esperto, con il qualeabbiamo da subito condiviso ilprogetto”.La squadra?“Anche la squadra è stata rinno-vata. In accordo con la societàabbiamo puntato sui nostriragazzi del nostro settore giova-nile. Infatti in organico, oltre alla

conferma di alcuni giocatori delgruppo storico, avremo ragazzidella classe che va dal ‘95 al‘99”.Obiettivi?“Non ce ne poniamo. Vogliamofare un campionato di transizio-ne; vorremo raggiungere unasalvezza tranquilla e gettare lebasi per i prossimi anni valoriz-zando, appunto, i ragazzi locali;siamo convinti comunque dipoterci togliere qualche soddi-sfazione”.Chi sono i più promettenti?“Ne abbiamo diversi, tutti validi:il nostro obbiettivo e creareattorno a questi ragazzi l’am-biente ideale perché possanocrescere e migliorare”.Le strutture sportive le sem-brano all’altezza della situa-zione?“Lo stadio e il campo diDecimomannu lo conoscete: èuno dei più belli del circondario.Questo grazie soprattutto allecure e attenzioni dei nostri diri-genti che garantiscono un’otti-ma manutenzione, anche se lagestione è di competenza del-l’amministrazione comunale”.

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di Ettore Massa

Praticare lo sport, soprattutto quellopreferito, è il massimo della soddi-sfazione, se poi si vince, ancora

meglio. A Decimomannu queste occasio-ni non mancano, c’è l’imbarazzo dellascelta e sui campi e sulle palestre attrez-zate, i giovani realizzano le loro aspira-zioni, provano soddisfazioni e volentieridiventano bravi e spesso anche campio-ni. Succede così anche nell’ASDPallavolo Decimomannu che, dal suoanno di nascita,1987, ha vissuto in que-sta lunga attività momenti di successi egloria nelle categorie che più contano.E così anche quest’anno tutti nel pala-sport, atleti, allenatori, dirigenti e familiariper festeggiare insieme la conclusionedell’attività sportiva 2014-15. Tantissimigiovani in passerella per l’incontro primadella sospensione estiva, dai più piccolinidella categoria Topolini e Leprotti a quellipiù grandicelli Under 12 e Under 13 siamaschile che femminile, gli Under 14maschile e mista, l’Under 16 femminile ela 2^ Divisione femminile. Circa 110 atletitesserati, tutti giovanissimi, con grandissi-ma voglia di emergere ma soprattutto digiocare insieme per arrivare primi nelCampionato Under 13 maschile, conse-guendo il titolo di campioni provinciali.

Altre soddisfazioni con l’Under 14, arriva-ta seconda nel suo campionato e l’Under16 femminile classificata dodicesima su40 squadre partecipanti. Grande soddisfazione anche da partedella società che vede ricompensato illavoro svolto con costanza e serietà. In campo anche il nuovo staff dirigenzia-le, appena eletto, che riparte con la solitagrinta ed entusiasmo. Riconfermato per laterza volta il presidente Carlo Caria, incarica dal 2010 ma da sempre all’internodella società. Come vice lo affianca nelsuo lavoro Bernarda Ena, svolge invecele mansioni di segreteria Renzo Podda.Completano il quadro dello staff dirigen-ziale i soci Franco Cocco, Susanna Melis,Antonino Dessì, Annamaria Callippo,Mariella Arba, Daniela Melis, AnnaPuddu, Paolo Cassaro, Eliseo Secci. Con il riconfermato presidente CarloCaria, ormai veterano e conoscitoredel settore, cerchiamo di capire qualisono state le maggiori difficoltàriscontrate in questi ultimi anni: “Le dif-ficoltà sono sempre quelle legate all’a-spetto economico; nonostante tutto, gra-zie all’aiuto di vari sponsor che ci sosten-gono ormai da diversi anni, dei contributiche l’amministrazione comunale mette adisposizione delle società e alle quoteversate mensilmente dai genitori dei

nostri atleti riusciamo a portare avantitutte le attività nei vari campionati.”

La Pallavolo decimese ha calcato nelpassato non troppo lontano gli scenariche più contano, militando per diversianni nella B2 e B1 con squadre competi-tive che davano spettacolo e attiravanopubblico nel palazzetto: quali sono levostre aspirazioni per il prossimotriennio, potranno ripetersi i successidel passato oppure quel periodo reste-rà solo un bel ricordo?“Ritengo che l’impegno dei nostri atleti piùgiovani e la loro passione per questosport, coniugati ovviamente al fondamen-tale apporto di tecnici preparati, possanocostituire delle basi solide per futuri suc-cessi a livello regionale e nazionale. Ilnostro lavoro con i più giovani è infattimirato alla loro formazione sportiva colfine di riportare la pallavolo diDecimomannu ai massimi livelli.In conclusione, ci tengo a ringraziare tuttigli atleti, i tecnici, i dirigenti, i genitori, glisponsor che ci sostengono, l’amministra-zione comunale e tutti coloro che cihanno aiutato nel corso della passata sta-gione”. Il ringraziamento anche da partemia e del giornale augurando a tutti unbuon lavoro e un grande “In bocca allupo” agli atleti sia piccoli che grandi.

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lo sport DECIMOMANNU

foto diTonino

Uscidda

LA PALLAVOLO IN FESTA!!!

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