VPER OMNIA CHARITAS N. 1 GIUGNO 2012 - Diocesi ......personale e quella dell’intera comunità...

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S S VPER O MNIA C HARITAS N. 1 GIUGNO 2012 PERIODICO DELLA POSTULAZIONE DELLA CAUSA DI CANONIZZAZIONE DEL SERVO DI DIO MONS. GIOVANNI JACONO L eggendo le Lettere Pa- storali di Mons. Jacono e cercando in esse il termi- ne speranza declinato se- condo le diverse accezioni, ci si accorge che il concet- to è ovunque presente, seppur non sempre in maniera esplicita. I credenti siamo chiamati a rendere ragione della speranza che è in noi (cfr. 1Pt 3,15). Qual è dunque questa speranza? Proprio quella che ci viene dalla professione della nostra fede… nel Verbo incarnato e divenuto uno di noi, “ab- breviato” nella creaturale finitudine dell’es- sere. Qui è la nostra salvezza. Questo hanno vissuto i Santi. Questo ha creduto sperato amato il santo Vescovo Giovanni con la sua vita e il suo ministero pastorale. La speranza è virtù teologale, grazie alla quale il nostro cuore è “proiettato” in Dio, che desideriamo e aspettiamo… come nostra fon- tale ultima unica felicità. Per Cristo con Cristo in Cristo noi viviamo nell’attesa che si compia la beata speranza. Mons. Jacono si nutrì avida- mente di questa virtù. I suoi scritti, privati e pubblici, ne sono prova incontrovertibile. Da essi risalta un esercizio continuo delle virtù teologali, condite di preghiera e, soprattutto, di sofferenza, in particolare nell’ansia dell’apo- stolato per la sua amata Diocesi nissena. «Togli la speranza e viene meno la fede. Non muoverebbe neanche un passo chi non spera di poter giungere alla meta. Se poi nel- l’un caso e nell’altro, cioè alla fede e alla spe- ranza, togli l’amore, a nulla giova credere, a nulla giova sperare se non c’è l’amore» (San- t’Agostino). Senza speranza, dunque, non si va da nessuna parte… non si parte nemmeno! La speranza pone l’uomo nella dimensione dell’avvento e nell’atteggiamento dell’attesa. Ma l’avvento implica l’esodo, un uscir-da-sè come punto di non-ritorno. Attesa non significa iner- zia o disimpegno, perché il Dio che verrà è il Dio che già è venuto, che ha già redento il mondo e la storia umana. L’uomo deve perciò accettare il rischio della sua libertà, da declinare nel quotidiano come etica della responsabilità al- l’insegna della più radicale gratuità. La spe- ranza è accettazione di questo rischio, con la consapevolezza che l’operare nel mondo non si perderà nella caducità della morte, ma pas- serà con l’uomo alla nuova vita. Per questo il cristiano vive nell’agone della storia, quella sua personale e quella dell’intera comunità umana, in uno stato di tensione e di attesa, in una spe- ranza crocifissa. La Croce di Cristo è il segno della speranza di Dio sulla terra per tutti co- loro che qui vivono all’ombra della sofferenza. Nel Cristo Crocifisso ci guarda il futuro di Dio. Per- ciò «Possa Egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati» (Ef 1,18). Questa è stata la tensione interiore e la “di- namica spirituale” di tutta la vita del Servo di Dio, spingendolo ad andare sempre avanti e oltre, nella speranza credente che il seme dell’Amore avrebbe certamente portato frutto! Mario Russotto La parola del Vescovo 1 NEL RISCHIO DELLA SPERANZA

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SS VPER OMNIA CHARITASN. 1 • GIUGNO 2012

PERIODICO DELLA POSTULAZIONE DELLA CAUSA DI CANONIZZAZIONE DEL SERVO DI DIO MONS. GIOVANNI JACONO

Leggendo le Lettere Pa-storali di Mons. Jacono

e cercando in esse il termi-ne speranza declinato se-condo le diverse accezioni,ci si accorge che il concet-to è ovunque presente,

seppur non sempre in maniera esplicita.

I credenti siamo chiamati a rendere ragionedella speranza che è in noi (cfr. 1Pt 3,15). Qual èdunque questa speranza? Proprio quella che civiene dalla professione della nostra fede… nelVerbo incarnato e divenuto uno di noi, “ab-breviato” nella creaturale finitudine dell’es-sere. Qui è la nostra salvezza. Questo hannovissuto i Santi. Questo ha creduto speratoamato il santo Vescovo Giovanni con la suavita e il suo ministero pastorale.

La speranza è virtù teologale, grazie allaquale il nostro cuore è “proiettato” in Dio, chedesideriamo e aspettiamo… come nostra fon-tale ultima unica felicità.Per Cristo con Cristo inCristo noi viviamo nell’attesa che si compia labeata speranza. Mons. Jacono si nutrì avida-mente di questa virtù. I suoi scritti, privati epubblici, ne sono prova incontrovertibile. Daessi risalta un esercizio continuo delle virtùteologali, condite di preghiera e, soprattutto, disofferenza, in particolare nell’ansia dell’apo-stolato per la sua amata Diocesi nissena.

«Togli la speranza e viene meno la fede.Non muoverebbe neanche un passo chi nonspera di poter giungere alla meta. Se poi nel-l’un caso e nell’altro, cioè alla fede e alla spe-

ranza, togli l’amore, a nulla giova credere, anulla giova sperare se non c’è l’amore» (San-t’Agostino). Senza speranza, dunque, non si vada nessuna parte… non si parte nemmeno!

La speranza pone l’uomo nella dimensionedell’avvento e nell’atteggiamento dell’attesa. Mal’avvento implica l’esodo, un uscir-da-sè comepunto di non-ritorno. Attesa non significa iner-zia o disimpegno, perché il Dio che verrà è ilDio che già è venuto, che ha già redento ilmondo e la storia umana. L’uomo deve perciòaccettare il rischio della sua libertà, da declinarenel quotidiano come etica della responsabilità al-l’insegna della più radicale gratuità. La spe-ranza è accettazione di questo rischio, con laconsapevolezza che l’operare nel mondo nonsi perderà nella caducità della morte, ma pas-serà con l’uomo alla nuova vita. Per questo ilcristiano vive nell’agone della storia, quella suapersonale e quella dell’intera comunità umana,in uno stato di tensione e di attesa, in una spe-ranza crocifissa. La Croce di Cristo è il segnodella speranza di Dio sulla terra per tutti co-loro che qui vivono all’ombra della sofferenza.Nel Cristo Crocifisso ci guarda il futuro di Dio. Per-ciò «Possa Egli davvero illuminare gli occhidella vostra mente per farvi comprendere aquale speranza vi ha chiamati» (Ef 1,18).

Questa è stata la tensione interiore e la “di-namica spirituale” di tutta la vita del Servo diDio, spingendolo ad andare sempre avanti eoltre, nella speranza credente che il semedell’Amore avrebbe certamente portato frutto!

�Mario Russotto

La parola del Vescovo

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NEL RISCHIO DELLA SPERANZA

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Èstato detto, giustamente, che nell’esi-stenza cristiana la priorità appartiene

alla fede, ma il primato alla speranza. Infat-ti, senza la conoscenza di Gesù che si ha at-traverso la fede, la speranza diventerebbeun’utopia sospesa in aria. E ancora, senza lasperanza, la fede stessa decade diventandotiepida e morta. Così, quando cerchiamo nel-

l’esperienza del Servo di Dio Mons. Gio-vanni Jacono questa virtù della speranza larintracciamo come conseguenza e frutto del-la sua ardente fede in Gesù. Mai l’una sen-za l’altra. E qui ci viene in mente subito latestimonianza che il Servo di Dio ha datodella speranza cristiana in uno dei momen-ti più tragici della sua vita. Ci riferiamo aquel terribile momento della seconda guer-ra mondiale allorché Caltanissetta venne pe-santemente bombardata dagli aerei alleati.Una distruzione devastante che squarciò an-che la Cattedrale a cui Mons. Jacono avevadedicato tante cure per la costruzione. Era il9 luglio 1943. Mentre tutti fuggivano, l’uni-co che tornò in città, dopo il bombarda-mento, fu il Vescovo che lasciando il romi-torio di S. Spirito, volle raggiungere Calta-nissetta a piedi. Il Pastore, nel momento del-la tragedia, non voleva abbandonare il suopopolo. Con gli occhi pieni di lacrime si av-vicinò allora ai feriti, s’inginocchiò intorno

alle rovine e pregò. Trovò danneggiati an-che la sua casa e il seminario. Eppure, nonpensò a se stesso, a mettersi in salvo in qual-che modo. Mons. Jacono attraversò subito ladiocesi portando a tutti i suoi figli la forzadel coraggio e della speranza. Non si dette,insomma, per vinto. Animato dalla fede in-defettibile in Gesù, si presenterà al coman-

dante delle truppe alleate per chiedere duecose: che il popolo della sua diocesi venisserispettato dai militari e che gli fosse consen-tito di aprire un pronto soccorso per venireincontro alle necessità più urgenti del suo po-polo. È una testimonianza eloquente – que-sto episodio tra i molti che se ne potrebberocitare – di quella speranza che abitava l’ani-ma del nostro Servo di Dio. Nonostante lamorte intorno, quest’uomo di Dio si fa servodella speranza, si rimbocca le maniche, percosì dire, per alleviare le sofferenze della suagente, non cede minimamente allo sconfortoche chiunque avrebbe provato (e forse sa-rebbe anche giustificato) in quelle circostan-ze drammatiche. E viene davvero in mentequel passo evangelico in cui Gesù sembraproporre la virtù della speranza, soprattuttoper quel Pastore che dà la vita per le sue pe-core: «Il pastore vede il lupo che viene e nonfugge» (Gv 10,11).

Don Carmelo Mezzasalma

PERIODICO DELLA POSTULAZIONE DELLA CAUSA DI CANONIZZAZIONE DEL SERVO DI DIO MONS. GIOVANNI JACONO

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Nel mese di Aprile dello scorso anno lamia vita ha avuto un percorso molto

tribolato, per questo desidero raccontarvi lamia storia. Il 20 Aprile 2011 dopo aver fatto alcuni esa-

mi mi è stato diagnosticato un tumore endo-crino alla testa del pancreas e tre metastasi alfegato. Vi lascio immaginare come ci siamo

sentiti io e la mia famiglia. Mia moglie chenon si lasciò prendere dallo sconforto inco-minciò a fare varie ricerche su internet, da cuivenne a conoscenza di un centro specializza-to dove curano esclusivamente il pancreas:“Casa di cura Clinica privata del Dott. Pe-derzoli” con sede a Peschiera Del Garda (VR).Nei giorni successivi ci siamo messi in con-tatto con un medico dell’equipe del Dott. Pe-derzoli che ci diede appuntamento e fece ul-teriori accertamenti.La diagnosi fu quella: car-cinoma maligno alla testa del pancreas conmetastasi al fegato. Mi programmò l’inter-vento per il 5 Luglio 2011. L’intervento duròdieci ore, mi hanno praticato una duodeno-cefapancreasectomia, metasectomia e una ra-dioterapia metabolica durante l’intervento.Tutto era perfettamente riuscito, ma nei gior-ni successivi, in seguito a varie complicazio-ni il mio stato di salute si aggravò, rimasi di-ciotto giorni in terapia intensiva, in prognosiriservata. Questo è stato il momento più cri-

tico, non per me, perchè in quelle condizionidi salute e per di più sedato e intubato nonriuscivo a capire la gravità della situazione,ma per mia moglie e i miei due figli che vi-vevano momenti di angoscia.Mia moglie cer-cò aiuto nella fede e dietro suggerimenti diuna nostra cara amica e parrocchiana si affi-dò all’intercessione del Servo di Dio Mons.

Giovanni Jacono, rivolgendosi con devozionee fiducia. Inoltre a queste preghiere si ag-giunsero tutti i parrocchiani ed amici dellaparrocchia S. Maria del Rosario di S. Cataldoe il nostro paterno sacerdote Carmelo San-guedolce che con le sue parole riusciva a tran-quillizzare i miei familiari.La degenza in ospedale durò tre lunghi me-

si, ma la situazione all’improvviso si ribaltò.Avvenne qualcosa di grande e inspiegabileanche per i medici.Adesso posso dire che gra-zie a Dio sto bene, il mio percorso non è an-cora finito perché dovrò fare dei controlli pe-riodici, ma attualmente non sto facendo nes-suna terapia e quindi si pensa che tutto vadaper il verso giusto. Non ho ancora ripreso alavorare, ma spero che in futuro possa ri-prendere il mio vecchio lavoro.Voglio ringraziare immensamente il Signo-

re, la Madonna e Mons. Jacono per i beneficiche abbiamo ottenuto.

Giuseppe Manganaro

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UN ESITO INSPERATO

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Se la fede è la vittoria che vince il mon-do, la speranza non delude perché

l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuo-ri. Con l’ardente desiderio di diventare sacer-dote il giovane Jacono continuava a sognare ead aspettare non senza l’amarezza del cuoreper i rifiuti che riceveva. L’ultimo fu quello delsuo Arcivescovo Mons. Fiorenza che, senza ne-anche riceverlo gli fece dire: «Se non ha i mez-zi non può entrare in Seminario. Chi gli ha da-to la vocazione, gli dia anche i mezzi». Anche questa volta, però Giovanni non si

scoraggiò: la Provvidenza lo guidò a Cataniae da un suo concittadino P. Giuseppe Lanza ot-tenne di poter parlare con il Cardinale Nava:chi sentiva aveva poca fiducia, perché il Car-dinale era un uomo severo, che faceva atten-dere le sue decisioni: voleva capire, metteva al-

la prova: tutti avevano quasi paura di incon-trarlo. Giovanni Jacono si preparò all’udienzapregando. Già prima, alle parole di Don Lan-za, un clima di speranza aveva pervaso la suaanima come se un improvviso raggio di soleavesse squarciato una fitta tenebra. Giovanni

raccontò tutto di sé al Cardinale: ora aspetta-va soltanto l’ultima voce di Dio: dopo qualcheistante di silenzio, Mons. Nava disse: “Il Si-gnore vi ha guidato fin qui. La volontà di Dioè che vi facciate sacerdote. Continuate con co-

raggio” Tanti anni dopo, per il 25° di Sacerdo-zio di Mons. Jacono il Cardinale scriverà: «Lemie speranze non sono state deluse. Mons. Ja-cono, si è mostrato l’homo Dei, secondo l’Apo-stolo e si è saputo conquistare la venerazionee l’affetto delle anime a lui affidate». Tornando ai rifiuti, un giorno, dopo tanto

tempo, Mons. Fiorenza a Mons. Jacono, ormaiVescovo di Caltanissetta, si incontreranno aMonreale: allora il primo chiederà ripetuta-mente perdono al secondo che però gli ri-sponderà: «No, eccellenza, aveva ragione: chigli ha dato la vocazione, gli dia anche i mez-zi”. Me li ha dati i mezzi, quanti neppure iopensassi e mi ha dato perfino l’Episcopato.Queste sono le meraviglie che sgorgano

dalla speranza che non delude, perché se Dioè per noi chi sarà contro di noi?».

Sac. Carmelo Sanguedolce

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LA VOLONTÀ DI DIO È CHE VI FACCIATE SACERDOTE

Supplemento al Monitore Diocesano